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Generazione di impulsi tunabili al picosecondo per
Facoltà di Scienze Matematiche Fisiche e Naturali Corso di Laurea Specialistica in Fisica Generazione di impulsi tunabili al picosecondo per spettroscopia Raman risolta in tempo Relatore: Correlatore: Dott. Tullio SCOPIGNO Prof. Giulio CERULLO Tesi di Laurea di: Michela BADIOLI Anno Accademico 2008-2009 Ringraziamenti Vorrei esprimere un ringraziamento a tutte le persone che mi hanno aiutato a portare a termine il lavoro di tesi. Innanzitutto ringrazio il Dott. Tullio Scopigno per avermi dato la possibilità di fare un’esperienza così ricca di risvolti scientifici e di crescita personale. Un sentito ringraziamento va al Prof. Giulio Cerullo che mi ha validamente guidato durante lo svolgimento del lavoro al Politecnico di Milano. Ringrazio inoltre Daniele Brida per la grande competenza e disponibilità mostrata nei miei confronti in tutte le fasi del lavoro di tesi. Desidero ancora ringraziare tutto il gruppo del laboratorio di Femtoscopy per il caloroso sostegno ed i preziosi suggerimenti: Sofia Kapetanaki, Alessia Quatela ed Emanuele Pontecorvo. Infine ringrazio tutti quelli che mi hanno incoraggiato durante questi anni di università: i “fisici”, in particolare Francesca, Laura, Maria e Matteo; gli splendidi amici conosciuti durante l’Erasmus, soprattutto Anna, Martin e Sakeena per il loro aiuto; tutti i compagni che conosco dal liceo e da sempre, che mi hanno sostenuto; i miei cugini, per i bei momenti condivisi; i miei genitori, che mi sono stati sempre vicini in questo percorso; infine tutti quelli che hanno reso piacevole il mio soggiorno a Milano. Indice Introduzione 3 1 Scattering Raman stimolato con impulsi al femtosecondo 7 1.1 1.2 Elementi generali di spettroscopia Raman . . . . . . . . . . . . . 7 1.1.1 Confronto tra Raman spontaneo e stimolato . . . . . . . . 8 1.1.2 Cenni di Raman risonante . . . . . . . . . . . . . . . . . 10 FSRS . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 12 1.2.1 Raman stimolato in regime impulsato . . . . . . . . . . . 15 1.2.2 Set up sperimentale per un esperimento di FSRS . . . . . 19 1.2.3 Scopo della tesi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 21 2 Richiami di ottica non lineare 27 2.1 Equazioni di Maxwell in presenza di polarizzazione non lineare . 28 2.2 Interazioni non lineari del secondo ordine . . . . . . . . . . . . . 29 2.2.1 Propagazione di impulsi in mezzi non lineari . . . . . . . 30 2.2.2 Interazione tra campi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 32 Conservazione dell’energia e del momento nei processi non lineari 34 2.3.1 Relazioni di Manley-Rowe . . . . . . . . . . . . . . . . . 35 2.3.2 Il Phase matching . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 37 2.3.3 Sovrapposizione spazio-temporale degli impulsi . . . . . 43 Effetti non lineari del secondo ordine . . . . . . . . . . . . . . . . 45 2.4.1 Generazione di seconda armonica-SHG . . . . . . . . . . 45 2.4.2 Generazione di frequenza somma e up conversion . . . . . 47 2.4.3 Generazione di frequenza differenza . . . . . . . . . . . . 49 Effetti non lineari del terzo ordine . . . . . . . . . . . . . . . . . 54 2.3 2.4 2.5 2 Indice 2.5.1 Automodulazione di fase . . . . . . . . . . . . . . . . . . 54 2.5.2 Altri fenomeni del terzo ordine . . . . . . . . . . . . . . . 56 3 Realizzazione della pompa Raman tunabile 3.1 3.2 3.3 59 La sorgente laser . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 60 3.1.1 Impulsi ottici . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 60 3.1.2 Generazione ed amplificazione di impulsi al femtosecondo 66 3.1.3 Misura della durata dell’impulso . . . . . . . . . . . . . . 73 Gli stadi di amplificazione parametrica . . . . . . . . . . . . . . . 75 3.2.1 L’amplificazione ottica parametrica . . . . . . . . . . . . 75 3.2.2 Descrizione dell’amplificatore parametrico realizzato . . . 81 3.2.3 Generazione del segnale . . . . . . . . . . . . . . . . . . 82 3.2.4 Primo stadio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 84 3.2.5 Secondo stadio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 86 La compressione spettrale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 90 3.3.1 Tecniche di riduzione della larghezza di banda . . . . . . 90 3.3.2 SHG in cristalli lunghi in presenza di grande GVM . . . . 93 3.3.3 Realizzazione sperimentale . . . . . . . . . . . . . . . . . 94 4 Performance del set up realizzato e conclusioni 99 4.1 Tunabilità . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 4.2 Larghezza di banda ed energia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 100 4.3 Conclusioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 104 Bibliografia 99 107 Introduzione Una delle direzioni principali di sviluppo della scienza moderna è quella che porta ad analizzare strutture sempre più piccole e trasformazioni sempre più veloci in sistemi complessi. Questa tendenza implica lo studio delle dinamiche di processi che hanno luogo sulla scala dei tempi dei femtosecondi (10−15 s), che interessa varie discipline: biologia, chimica, scienze dei materiali, etc. In questo senso, negli ultimi decenni sono state sviluppate tecniche in grado di indagare la materia su scale temporali estremamente brevi. Lo sviluppo di laser che emettono impulsi al femtosecondo, infatti, ha reso possibile realizzare dei set up sperimentali che permettono lo studio di processi chimici e biologici che avvengono su scale temporali inferiori al picosecondo. Lo schema tipico per l’indagine di fenomeni ultraveloci utilizza la tecnica di misura pump-probe. In questa procedura si investe il campione da analizzare con impulsi pump, innescando così una trasformazione nel campione stesso. Dopo un intervallo di tempo regolabile, il campione viene investito da un secondo impulso “sonda” (probe): questo consente di effettuare misure che ne rilevano le proprietà di interesse. Monitorando l’impulso di probe in funzione del ritardo temporale, si ottengono informazioni sul processo innescato dal pump con una risoluzione temporale fondamentalmente limitata solo dalla durata degli impulsi. In ambiti disciplinari quali la biofisica e la fotochimica, di particolare interesse è lo studio delle modificazioni di strutture molecolari durante reazioni veloci. A questo scopo si possono seguire due strade: o si utilizzano probe di lunghezza d’onda confrontabile con le dimensioni della struttura molecolare in esame, o si inferiscono le informazioni attraverso tecniche di spettroscopia ottica. Nel primo caso, occorre osservare che la diffrazione a raggi X risolta in tempo è limitata dalla risoluzione temporale (∼ 100ps nel caso di luce di sincrotrone) o da 4 Introduzione flussi molto bassi, che non sono efficaci nello studio di materia disordinata, mentre la diffrazione elettronica è uno strumento potente nello studio di sistemi a bassa densità o dimensionalità, ma la sua grande sezione d’urto ne rende difficile l’applicazione alla materia condensata. Nel campo delle spettroscopie ottiche, invece, le tecniche di assorbimento IR giocano un ruolo importante grazie alla loro sensibilità ai cambiamenti strutturali, ma la loro applicazione è limitata a causa della difficoltà tecnica di generare impulsi laser ultrabrevi nel MIR e nel FIR. Inoltre il fatto che l’acqua produce uno spettro IR molto intenso rende problematico l’uso di questa tecnica nel caso in cui l’acqua sia un solvente o un elemento della reazione. La spettroscopia Raman è complementare all’IR per quanto riguarda le regole di selezione, e offre molti vantaggi legati all’uso di luce visibile: il contributo dato dall’acqua allo spettro è piccolo e le sorgenti laser ultraveloci sono reperibili in questo range. Purtroppo l’implementazione pump and probe della spettroscopia Raman tradizionale può essere utilizzata per indagare cambiamenti strutturali solo su scale temporali dell’ordine dei picosecondi. Se infatti utilizziamo come sonda la diffusione da un singolo impulso è chiaro che la risoluzione spettrale ottenibile è inversamente proporzionale alla durata dell’impulso a causa del limite di Fourier: sotto al picosendo si perde gran parte dei dettagli della struttura del segnale Raman. Per aggirare le limitazioni della spettroscopia Raman risolta in tempo tradizionale è molto promettente l’utilizzo, recentemente proposto[1, 2], della tecnica FSRS (Femtosecond Stimulated Raman Spectroscopy), che consente di disaccoppiare risoluzione spettrale e temporale tramite l’impiego di un ulteriore impulso di probe. In questo caso quindi il probe è costituito da due impulsi, un impulso a banda stretta, detto impulso o pompa Raman, e un impulso la cui durata è dell’ordine dei femtosecondi e di larghezza di banda sufficientemente larga da poter agire come campo Stokes per l’acquisizione dell’intero spettro vibrazionale del campione, ottenuto mediante scattering stimolato (detto continuum o impulso di probe). L’applicazione di questa tecnica ha dato i primi importanti risultati nello studio delle dinamiche veloci nelle proteine fotoattive: in particolare è stato possibile studiare i primi istanti delle fotoreazioni che dannno origine al processo della visione tramite l’eccitazione della reazione di fotoimerizzazione cis-trans del cromoforo retinale nella rodopsina [3]. 5 Il progetto Femtoscopy si propone di realizzare un set up per FSRS presso il dipartimento di Fisica della Sapienza [4]. Tra i primi obiettivi del progetto è stato individuato lo studio delle modifiche nella struttura delle emoproteine in seguito alla reazione di fotolisi, ovvero la dissociazione dal gruppo eme del ligando (O2 , CO, NO) per effetto dell’assorbimento ottico. Questa classe di problemi è stata affrontata dalla spettroscopia Raman pump-probe tradizionale, che ha lasciato però aperte importanti questioni relative alla ricombinazione del ligando su scale di tempo inferiori al picosecondo. In questa tesi viene presentata la realizzazione di una pompa Raman adatta all’applicazione della spettroscopia FSRS alle proteine. E’ stato infatti implementato un sistema, in collaborazione con il National Laboratory of Ultrafast and Ultraintense Optical Science del dipartimento di Fisica del Politecnico di Milano, per generare gli impulsi a banda stretta per avere: • buona risoluzione spettrale; • energia dell’ordine dei µ J; • accordabilità nel range 330/500nm. Questa estrema tunabilità è necessaria per ottenere effetto Raman in regime di quasi risonanza sfruttando le bande di assorbimento delle proteine. Per il raggiungimento di questo obiettivo, ovvero per poter convertire gli impulsi al femtosecondo in uscita da un laser al Ti:Sa, centrati a 800nm e con larghezza di banda di 470cm−1 in impulsi di durata temporale dell’ordine dei picosecondi e di larghezza spettrale di ∼ 10 − 15cm−1 , tunabili tra 330nm e 500nm, è stato necessario ricorrere all’utilizzo di tecniche avanzate di ottica non lineare. In particolare è stato costruito un set up costituito da un amplificatore parametrico composto di due stadi e un sistema di compressione spettrale tramite generazione di seconda armonica, che, sotto opportune condizioni, permette la conversione di impulsi energetici a banda larga in bande molto strette con efficienze molto maggiori di un semplice filtraggio spettrale nel quale molta energia viene persa. Il testo della tesi sarà suddiviso in quattro capitoli. I primi due capitoli saranno dedicati rispettivamente all’esposizione del problema spettroscopico e dei processi 6 Introduzione di ottica non lineare utilizzati poi in laboratorio per la generazione degli impulsi. Nei capitoli 3 e 4 verrà discusso il lavoro sperimentale svolto. Nel terzo capitolo, che costituisce il nucleo centrale della tesi, verrà illustrata la realizzazione sperimentale della pompa Raman tunabile. Verranno preliminarmente discussi alcuni aspetti sperimentali importanti nella manipolazione e caratterizzazione di impulsi al femtosecondo, come la propagazione in un mezzo trasparente, la compressione e la misura della durata temporale e saranno esposti brevemente il principio di funzionamento e le caratteristiche della sorgente laser utilizzata. Quindi sarà descritto l’amplificatore parametrico in due stadi realizzato per alimentare lo stadio di compressione spettrale. Descriveremo, infine, quest’ultimo stadio, illustrando la tecnica di compressione spettrale non lineare utilizzata. Nel quarto capitolo verranno quindi esposte in dettaglio le prestazioni del set up con riferimento alle caratteristiche degli impulsi ottenuti. Capitolo 1 Scattering Raman stimolato con impulsi al femtosecondo Per contestualizzare il presente lavoro di tesi, ovvero la generazione di impulsi tunabili al picosecondo, si esporranno in questo capitolo i principi generali alla base della tecnica FSRS. Nel primo paragrafo si accennerà brevemente alle differenze tra scattering Raman spontaneo e stimolato. Si tratterà inoltre del Raman risonante, in quanto la necessità di studiare i modi vibrazionali, la cui sezione d’urto aumenta in condizione di risonanza con la banda di assorbimento elettronica Soret nelle emoproteine, ha determinato la scelta delle lunghezze d’onda alle quali generare gli impulsi. Nel secondo paragrafo si analizzerà un modello per la descrizione teorica del Raman stimolato con impulsi al femtosecondo e si illustrerà brevemente il set up sperimentale necessario per la spettroscopia FSRS risolta in tempo. 1.1 Elementi generali di spettroscopia Raman La spettroscopia Raman è una tecnica di analisi ampiamente usata in vari campi per rilevare la struttura vibrazionale del sistema di interesse. Il grande numero di bande vibrazionali risolte fornisce in un unico spettro moltissime informazioni strutturali sul campione. Questa tecnica, nella sua implementazione pump-probe, è inoltre molto sensibile a modifiche della struttura molecolare risolte in tempo. 8 Capitolo 1. Scattering Raman stimolato con impulsi al femtosecondo Nel Raman spontaneo un fascio laser a frequenza ωP illumina il campione e i fotoni diffusi sono quindi dispersi in frequenza e oppurtunamente rilevati. In questo caso i fotoni Stokes ωS e anti-Stokes ωAS vengono generati nel campo di radiazione di punto zero. La riga Stokes (anti-Stokes) è il risultato dello scattering anelastico della radiazione incidente, per cui la luce diffusa è spostata verso frequenze minori (maggiori) di una quantità pari alla frequenza della vibrazione molecolare nel campione ωV . Un inconveniente di questo tipo di tecnica è la difficoltà nell’ottenere alti rapporti segnale-rumore con tempi di acquisizione brevi. Lo scattering Raman è infatti un processo intrensicamente debole (a causa della piccola sezione d’urto), che è facilmente nascosto dalla fluorescenza. Infatti sia la fluorescenza che la radiazione dello scattering Raman sono emesse circa in modo isotropo, per cui non è possibile ridurre il contributo della fluorescenza con opportune aperture. Inoltre, per quanto riguarda gli esperimenti Raman risolti in tempo, dover sottostare al limite di Fourier 1 limita la tecnica al dominio dei picosecondi. Questo ne impedisce l’utilizzo per lo studio di reazioni chimiche che si verificano tra i ≈ 10 f s e 1ps. Infatti, gli impulsi utilizzati necessitano di una banda spettrale sufficientemente stretta, ovvero minore dell’inverso della vita media tipica dei livelli vibrazionali. Questo pone un limite inferiore alla durata temporale degli impulsi utilizzati, e quindi in ultima analisi alla risoluzione temporale ottenibile. Per esempio, ad una larghezza spettrale (e quindi risoluzione in frequenza minima) di 15 cm−1 corrisponde una risoluzione temporale minima di 1ps. 1.1.1 Confronto tra Raman spontaneo e stimolato Il processso di scattering Raman stimolato si verifica quando due fasci di luce, la pompa Raman a frequenza ωP e lo Stokes probe a frequenza ωS , vanno ad incidere sul campione la cui frequenza vibrazionale ων è pari alla differenza ωP − ωS . In questo caso l’emissione da parte del campione di fotoni a frequenza ωS è stimolata dalla presenza del campo di frequenza ωS del probe, si ottengono quindi fotoni emessi collinearmente al probe. Questo permette di migliorare notevolmente il 1 ∆t∆ν ≥ k, con k = 0, 441 nel caso di impulsi gaussiani 9 1.1. Elementi generali di spettroscopia Raman rapporto segnale-rumore2 , tramite l’uso oppotuno di una fenditura. In figura 1.1 sono illustrati schematicamente i set up sperimentali per il Raman spontaneo e stimolato. Possiamo farci un’idea delle differenze tra lo scattering Raman spontaneo e Figura 1.1: Confronto dei set up per il Raman spontaneo, a sinistra, e stimolato, a destra stimolato tramite un ragionamento che prende in considerazione i numeri di occupazione fotonici [5]. Definiamo la probabilità per unità di tempo che un fotone venga emesso nel modo Stokes S come: PS = DmL (mS + 1) (1.1) Dove mL è il numero medio di fotoni per modo nella radiazione laser della pompa, mS è il numero medio di fotoni nel modo Stokes S, D è una costante di proporzionalità che dipende dalle proprietà del materiale. La forma di PS nell’equazione 1.1 ha la dipendenza lineare attesa della probabilità di transizione dall’intensità del laser, mentre il fattore mS + 1 tiene conto dello scattering stimolato con il fattore mS . La variazione nel tempo del numero medio di occupazione per il modo Stokes è dato da dmS /dt = PS , ovvero: dmS = DmL (mS + 1) dt 2 La fluorescenza è isotropa, mentre i fotoni sono diffusi in direzione parallela al probe (1.2) 10 Capitolo 1. Scattering Raman stimolato con impulsi al femtosecondo Se consideriamo il modo Stokes come un’onda che si propaga in direzione z alla velocità c/n possiamo scrivere per la variazione nello spazio: dmS n dmS n = = DmL (mS + 1) dz c dt c (1.3) Nel limite ms << 1, ipotizzando che l’intensità della pompa rimanga costante (mL non dipende da z), abbiamo che: c mS (z) = mS (0) + DmL z n (1.4) Questo è il limite di scattering Raman spontaneo: l’intensità associata al modo Stokes cresce linearmente con lo spessore del materiale attraversato, e quindi con il numero di molecole contenute nella regione d’interazione. Nel limite mS >> 1 invece, considerando sempre mL indipendente da z, si ottiene: mS (z) = mS (0)e nDmL c z (1.5) Quindi l’intensità associata al modo Stokes cresce esponenzialmente lungo la distanza di propagazione; si ottengono così valori più alti dell’intensità all’uscita del mezzo Raman rispetto al caso dello scatterng spontaneo. 1.1.2 Cenni di Raman risonante Quando la frequenza della radiazione eccitatrice si avvicina molto a quella di una transizione elettronica del sistema da studiare, si parla di Raman risonante (RR). Seguendo la derivazione di Kramers-Heisenberg-Dirac, il tensore polarizzabilità, il cui quadrato compare nell’espressione della sezione d’urto è [6]: < nG|Mρ |Rr >< rR|Mσ |Gm > < rR|Mρ |Gm >< nG|Mσ |Rr > 1 [αnm ]ρσ = ∑ + h R,r νRr − νk − ν0 + iΓR νRr − νk + ν0 + iΓR (1.6) In cui Mσ (ρ ) è il momento di dipolo della transizione elettronica espresso in termini di un sistema di riferimento fermo rispetto alla molecola. Gli indici maiuscoli e minuscoli, come R e r , si riferiscono rispettivamente agli stati elettronici e vibrazionali della molecola. ΓR è la costante di smorzamento associata al tempo di vita dello stato vibronico di frequenza νrR . Le frequenze ν0 e νk sono 11 1.1. Elementi generali di spettroscopia Raman rispettivamente la frequenza della radiazione incidente e la frequenza del modo normale Qk . La transizione tra lo stato iniziale e finale avviene secondo nG → Rr e Rr → Gm. La somma su rR indica che per ottenere il tensore di scattering, e quindi l’intensità Raman, bisogna tenere in considerazione le probabilità di transizione che coinvolgono tutti gli stati vibronici, anche nel caso in cui lo stato inziale e finale sono rispettivamente lo stato vibrazionale fondamentale e il primo stato vibrazionale eccitato dello stato fondamentale elettronico. Quando l’energia di eccitazione ν0 si avvicina a quella di una transizione elettronica R, per questa specifica transizione il termine (νrR − ν0 − νk )−1 domina sugli altri nella somma dell’equazione 1.6, che può quindi essere approssimata a: [αnm ]ρσ < nG|Mρ |Rr >< rR|Mσ |Gm > 1 ∼ = ∑ h r νRr − νk − ν0 + iΓR (1.7) La somma si estende ora solo agli stati vibrazionali r dello stato elettronico risonante R. Utilizzando l’approssimazione di Born-Oppenheimer per separare le coordinate elettroniche e vibrazionali abbiamo: < nG|Mρ |Rr >=< nr >< G|Mρ |R >=< nr > MGR,ρ (1.8) Per cui l’equazione 1.7 si riscrive come: [αnm ]ρσ < nr >< rm > MGR,ρ MGR,σ 1 ∼ = ∑ h r νRr − νk − ν0 + iΓR (1.9) Espandendo in serie nelle coordinate normali Qk i termini MGR,σ (ρ ) , che si riferiscono alla transizione elettronica tra lo stato fondamentale G e lo stato elettronico eccitato risonante R, si ha al primo ordine3 : MGR,σ (ρ ) (Qk ) = (0) MGR,σ (ρ ) (Qk ) + ∑ k ∂ MGR,σ (ρ ) ∂ Qk Qk (1.10) 0 Inserendo quindi l’equazione 1.10 in 1.9 il tensore di scattering α si può riscrivere come somma di due termini: [αnm ]ρσ ∼ = Aρσ + Bρσ . In cui: Aρσ 3 Approssimazione 1 ∼ = ∑ h r armonica 0 0 < nr >< rm > MGR, ρ MGR,σ νRr − νk − ν0 + iΓR ! (1.11) 12 Capitolo 1. Scattering Raman stimolato con impulsi al femtosecondo Mentre: Bρσ ∼ = h1 ∑r + 1h ∑r <n|Qk |r><rm> ∂ MGR,ρ ∂ Qk νRr −νk −ν0 +iΓR <nr><r|Qk |m> ∂ MGR,σ ∂ Qk νRr −νk −ν0 +iΓR 0 0 0 MGR, σ 0 MGR, ρ + I termini A e B descrivono diversi meccanismi di scattering. Il termine A rappresenta il termine di Frank-Condon; la probabilità di transizione è controllata dal momento di transizione di dipolo elettronico puro e dagli integrali di overlap tra gli stati vibrazionali. Nel termine B sono invece contenuti termini di accoppiamento vibronico. In entrambi i casi i denominatori diminuiscono rapidamente all’avvicinarsi di νo alla frequenza di una transizione elettronica. L’intensità dei modi Raman della specie molecolare associata a quella particolare transizione viene in questo caso notevolmente aumentata, da 103 a 106 ordini di grandezza. Quindi la spettroscopia RR permette di concentrare l’attenzione su alcuni modi ben precisi, e ciò è molto utile quando si ha a che fare con molecole con un numero elevato di modi vibrazionali, come per esempio nel caso di macromolecole biologiche. 1.2 FSRS La spettroscopia Raman pump-probe tradizionale (ps − T R3 ovvero picosecond time resolved resonance Raman) utilizza due fasci, uno di pompa per iniziare il processo fotochimico di interesse, e uno di probe, la cui lunghezza d’onda è vicina alla risonanza con una transizione elettronica. La risoluzione temporale è data dal ritardo tra pump e probe, quindi, dato che il probe deve necessariamente essere un impulso di durata dell’ordine dei picosecondi per poter avere una sufficiente risoluzione spettrale, non è possibile studiare reazioni che avvengono su scale temporali inferiori a qualche picosecondo. 13 1.2. FSRS Nella tecnica FSRS, Femtosecond Stimulated Raman Spectroscopy, si introduce un terzo fascio di probe, un continuum di durata dell’ordine dei femtosecondi e di banda sufficientemente larga da poter agire come campo Stokes per l’acquisizione dell’intero spettro vibrazionale del campione, ottenuto mediante scattering stimolato. Come nel ps − T R3 un impulso ultrabreve, la pompa attinica, dà inizio al processo fotochimico di interesse, ma nella tecnica FSRS l’evoluzione del sistema è studiata, dopo un ritardo ∆T , dai due impulsi di probe che sono responsabili dello scattering Raman stimolato: la pompa Raman (impulso 2 in fig. 1.3 e fig.1.2) e il continuum (impulso 3 in fig1.3 e fig.1.2). Figura 1.2: Schema dei livelli per un esperimento di FSRS 14 Capitolo 1. Scattering Raman stimolato con impulsi al femtosecondo Figura 1.3: Durata relativa degli impulsi In questo modo la risoluzione nel dominio delle frequenze è determinata principalmente dalla larghezza di banda del fascio di pompa Raman,oltre che, ovviamente, dallo spettrometro utilizzato, mentre la risoluzione temporale dipende dal ritardo tra il fascio di pump,la pompa attinica, e il continuum. Un esempio di applicazione della tecnica FSRS per osservare dinamiche che avvengono su scale temporali inferiori al picosecondo è lo studio delle fasi iniziali del processo della visione. La vista è il risultato della conversione della energia luminosa in impulso elettrochimico. L’impulso è trasmesso attraverso i neuroni al cervello, dove i segnali rivelati da tutti i recettori sono interpretati. Tale recettore è un pigmento chiamato rodopsina, collocato nella retina. Il pigmento è composto da una molecola organica, il retinale, associato ad una proteina, l’opsina. Il primo step nel processo della vista coinvolge la reazione di isomerizzazione4 cis-trans del retinale 11-cis che è il cromoforo, ovvero la sede dell’assorbimento ottico nella catena proteica della rodopsina. La produzione del transiente fotorodopsina è una delle reazioni fotochimiche più veloci in natura e avviene su una scala temporale dell’ordine dei 200 fs (fig.1.4). Conseguentemente, la reazione è estremamente efficiente, avendo un’ efficienza quantica del 65% . Circa il 60% dell’energia incidente è accumulata nel primo stato termodinamicamente stabile (retinale all-trans) chiamato batorodopsina. Questa energia è utilizzata per indurre un cambiamento conformazionale nella 4 trasformazione tra due diverse strutture (isomeri) di una molecola 15 1.2. FSRS proteina accoppiata al cromoforo che porterà attraverso una serie di meccanismi alla sensazione della vista. La tecnica di FSRS rappresenta un potente strumento in grado di registrare i vari stadi del processo che porta dalla rodopsina alla batorodopsina [3]. Figura 1.4: Schema della formazione della batorodopsina 1.2.1 Raman stimolato in regime impulsato In questo paragrafo si segue la trattazione data in [7] in cui si propone un modello in cui la pompa Raman e il probe siano due impulsi gaussiani, con picchi coincidenti e in cui la durata dell’impulso di probe (τS ) sia molto minore di quella della pompa (τP ). Il mezzo in esame viene schematizzato come un sistema di oscillatori con coordinata vibrazionale Q. La polarizzazione ~P è data da ~P = N α ~E , in cui N sono il numero degli oscillatori per unità di volume. Per semplicità si considera un solo modo vibrazionale ωv . Per la densità di Lagrangiana del sistema totale si ha: L = Lrad + Lvib + Lint in cui Lrad = 1 (|E 2 | − |B2 |), Lvib = N( 1 Q̇2 − 1 ωv2 Q2 ) e Lint = ~P · ~E. 2 2 2 La polarizzabilità α si può espandere in serie in funzione della coordinata vibrazionale, per cui: α = α0 + α0′ Q. Utilizzando l’equazione di Eulero-Lagrange ∂ ∂t ∂L ∂L − =0 ∂ Q ∂ Q̇ 16 Capitolo 1. Scattering Raman stimolato con impulsi al femtosecondo si ottiene Q̈ + ωv2 Q = α0′ |~E|2 . Aggiungendo un termine di smorzamento fenomenologico abbiamo quindi: Q̈ + 2γ Q̇ + ωv2 Q = α0′ |~E(~r,t)|2 (1.12) Dalle equazioni di Maxwell si ottiene: ∇2 ~E − 1 ∂ 2 ~E 1 ∂ 2~P = c2 ∂ t 2 ε0 c2 ∂ t 2 (1.13) Consideriamo la luce polarizzata linearmente e che si propaga lungo z. Espandendo la polarizzabilità, la polarizzazione si scrive, al primo ordine: P = N α E = N α0 E + N α0′ QE. Per cui dato che N α0 << 1 si ottiene: 2 1 ∂ 2 E(z,t) 1 ∂ 2 E(z,t) ′ ∂ QE(z,t) − = N α ∂ z2 c2 ∂ t 2 ε0 c2 0 ∂ t2 (1.14) Osservando le equazione 1.12 e 1.14 notiamo che il campo elettrico E agisce su Q, in quanto compare come termine forzante nelle’equazione 1.12, mentre a sua volta Q modifica E tramite l’equazione 1.14. Il campo elettrico è dato dalla somma del campo pump e probe, ovvero: E(z,t) = EP (z,t) + ES (z,t). Lo scopo della trattazione è quello di trovare l’espressione per il campo Stokes che si propaga nel campione in presenza del campo EP . Quindi procediamo ricavando Q da 1.12 e sostituendo il risultato in 1.14 per trovare ES . Consideriamo i campi di pompa Raman e Stokes probe come impulsi che agiscono simultaneamente sul campione, e hanno inviluppi gaussiani: E p (z,t) = E p0 e−(t−z/c) Es (z,t) = Es0 e−(t−z/c) 2 /2τ 2 p 2 /2τ 2 s e−iω p (t−z/c) e−iωs (t−z/c) (1.15) 17 1.2. FSRS E le rispettive trasformate di Fourier: √ 2 2 E p (z, ω ) = E p0 2πτ p e−(ω −ω p ) τ p /2 eiω z/c √ 2 2 Es (z, ω ) = Es0 2πτs e−(ω −ωs ) τs /2 eiω z/c Questi |E(z,t)|2 campi agiscono da termini forzanti ci sono 4 componenti, la componente (1.16) nell’equazione E p (z,t)Es∗ (z,t) 1.12.In oscilla come ∼ exp − i(ω p − ωs )t, pertanto darà luogo alla vibrazione coerente Q ∼ exp − iων t; analogamente la componente E p∗ (z,t)Es (z,t) indurrà Q∗ ∼ exp iων t. Quindi risolviamo l’equazione 1.12 per Q par usando come termine forzante E p (z,t)Es∗ (z,t), e quella per Q∗par con E p∗ (z,t)Es (z,t). Per farlo, si passa al dominio delle frequenze e si integra ottenendo quindi per le soluzioni particolari: Q par (z, ω ) ≈ Q∗par (z, ω ) ≈ α E p0 Es0∗ ′ √ α E p0 Es0∗ ′ √ 2πτ e−(ω −ω p +ωs ) τ ων2 − ω 2 − 2iγω 2 2 /2 2πτ e−(ω +ω p −ωs ) τ ων2 − ω 2 − 2iγω 2 2 /2 eiω c eiω c (1.17) (1.18) Avendo definito 1/τ = 1/τs + 1/τ p . Queste soluzioni presentano un termine reale di tipo dispersivo e un termine immaginiario di tipo Lorentziano di larghezza γ centrato intorno a ω ≈ ±ων . La soluzione dell’omogenea associata a 1.12, Qh , è semplicemente quella di un oscillatore sottosmorzato. Dopo aver trovato le soluzioni dell’equazione 1.12 le inseriamo nell’equazione 1.14, che vogliamo risolvere per Es . Per quanto riguarda il termine forzante, è ragionevole considerare solo quello che oscilla nel range di frequenze del campo Stokes, per cui consideriamo il prodotto Q∗ (z,t)E p (z,t). Per risolvere l’equazione passiamo quindi alla trasformata di Fourier, ottenendo: ∂ 2 Es (z, ω ) ω 2 ω2 ∼ − ω ) + E (z, N α ′ FT {Q∗ (z,t)E p (z,t)} = = s ∂ z2 c2 ε0 c2 0 ω2 = − 2 N α0′ [FT {Q∗h (z,t)E p (z,t)} + FT {Q∗par (z,t)E p (z,t)}] ε0 c (1.19) 18 Capitolo 1. Scattering Raman stimolato con impulsi al femtosecondo Il termine contenente Qh non dà contributo in quanto si riduce ad una media su un fattore di fase casuale, mentre il termine FT {Q∗par (z,t)E p (z,t)} è la convoluzione: Z 1 ∞ Q par (z, ω ′ )E p (z, ω − ω ′ )d ω ′ (1.20) 2π −∞ Di cui possiamo ottenere un’espressione analitica assumendo che la larghezza Q∗par (z, ω ) ∗ E p (z, ω ) = delle righe vibrazionali delle molecole in esame sia più larga della larghezza di banda del laser di pompa e che τ ∼ τs . Q∗par (z, ω ) ∗ E p (z, ω ) √ 2 2 α0′ 2π 3/2 τs ων−1 e−(ω p −ωs −ων ) τs /2 0 2 0 iω z/c = ≈ |E p | Es e ( ω − ω p + ω ν + iγ ) = g(ω )|E p0 |2 Es0 eiω z/c (1.21) Ovvero troviamo una distribuzione di larghezza 2γ centrata in ω = ω p − ων , da inserire nell’equazione 1.19 per trovare Es . Dato che il termine nell’equazione 1.21 è diverso da zero solo nella regione intorno ad ω ∼ ω p − ων , al di fuori di questa regione possiamo risolvere l’equazione omogenea la cui soluzione è semplicemente il campo Stokes libero di partenza. Risolviamo quindi l’equazione 1.19, ottenendo per il campo Stokes: √ 2 2 Es (z, ω ) = Es0 2πτs e−(ω −ωs ) τs eiωη +ziψ (1.22) dove l’indice di rifrazione complesso η è definito come : η 2 = (ηr + iηi )2 = 1 + 4π χR (ω )|E p0 |2 = ′ 1/ε0 N|E p0 |2 a02 (2ων )−1 = 1+ ( ω − ω p + ω ν + iγ ) (1.23) Quindi tramite l’equazione 1.22 è possibile spiegare la posizione e i picchi di uno spettro di FSRS5 . 5 Per il caso non risonante e in cui i livelli considerati si riferiscono allo stato elettronico fonda- mentale è possibile mostrare che la trattazione quantistica conduce allo stesso risultato ottenuto con la trattazione semiclassica [7] 19 1.2. FSRS 1.2.2 Set up sperimentale per un esperimento di FSRS Per implementare un set up per spettroscopia FSRS risolta in tempo, la sorgente utilizzata è un sistema laser costituito da un oscillatore e un amplificatore rigenerativo a titanio zaffiro (Ti:Sa) che emette impulsi al femtosecondo e di larghezza di banda di qualche centinaio di cm−1 , e rate di ripetizione di 1KHz. Figura 1.5: Set up per un esperimento di FSRS Il fascio uscente dal laser viene suddiviso in tre rami, una per la realizzazione della pompa Raman, una per la produzione del continuum di luce bianca tramite processi non lineari descritti nel par. 2.5, e la terza per la pompa attinica, la cui frequenza è tale da stimolare il processo fotochimico d’interesse [1, 8, 9]. 20 Capitolo 1. Scattering Raman stimolato con impulsi al femtosecondo Per quanto riguarda la pompa Raman è necessario utilizzare tecniche di filtraggio spettrale (vedi par. 3.3.1) per ottenere un impulso che permetta di avere una buona risoluzione, tipicamente intorno ai 15cm−1 . L’impulso ultrabreve di luce bianca e l’impulso a banda stretta, la pompa Raman, vengono fatti coincidere spazialmente e temporalmente sul campione. Le transizioni Stokes del campione provocano un trasferimento efficiente di fotoni dalla pompa Raman al probe, per cui lo spettro Raman viene determinato dal guadagno netto dell’impulso probe, ovvero dal rapporto tra il probe in presenza della pompa e il probe in assenza della pompa (fig.1.6): Raman gain = Probe PUMP ON Probe PUMP OFF (1.24) Figura 1.6: Spettro FSRS del cicloesano, preso in laboratorio, in geometra collineare tra pompa e probe, con lunghezza d’onda della pompa di 800nm. In basso: impulso di probe(continuum in presenza di impulso Raman. In alto: impulso di probe senza pompa Raman 1.2. FSRS 1.2.3 Scopo della tesi Lo scopo del lavoro di tesi è stato quello di costruire una pompa Raman sufficientemente energetica ( µ J) e ampiamente tunabile in frequenza ( 350/500nm) per il set up FSRS sviluppato nel laboratorio Femtoscopy del dipartimento di Fisica di questa università. Si tratta quindi di convertire gli impulsi al femtosecondo a banda larga ( 470cm−1 ) in uscita dalla sorgente laser in impulsi di durata temporale dell’ordine dei picosecondi e di larghezza spettrale di ∼ 10 − 15cm−1 , quindi utilizzabili per spettroscopia vibrazionale. Una delle linee di attività del laboratorio [4], infatti, riguarda l’applicazione della tecnica FSRS allo studio delle emoproteine. Poiché il segnale Raman è in questi sistemi relativamente debole, è conveniente utilizzare lunghezze d’onda in vicinanza delle bande di assorbimento associate alle transizioni elettroniche, per sfruttare l’aumento della sezione d’urto dei modi vibrazionali d’interesse in condizioni di risonanza. Figura 1.7: (a) Struttura della porfirina(b) Struttura dell’eme b (c)Rappresentazione schematica di un eme 5-coordinato, in cui la quinta posizione è occupata dall’istidina 21 22 Capitolo 1. Scattering Raman stimolato con impulsi al femtosecondo Le emoproteine sono proteine che contengono l’eme, un cromoforo 6 costituito da un atomo di ferro coordinato con i 4 atomi di azoto di una porfirina, come illustrato nella figura 1.7. Il ferro nell’eme può essere coordinato con uno (5-coordinato) o due ligandi (6coordinato), che possono essere aminoacidi o molecole esterne, come l’ossigeno molecolare O2 e il monossido di carbonio CO. I processi funzionali in molte emoproteine coinvolgono la formazione e la distruzione dei legami dei ligandi, o lo scambio di ligandi esterni e interni. Quindi è di particolare interesse studiare la dinamica ultraveloce di questi processi dopo la fotolisi, ovvero dopo la dissociazione dei ligandi in seguito ad un impulso di luce di lunghezza d’onda opportuna. A questo scopo generalmente si fotolizza la proteina in corrispondenza delle bande di assorbimento elettronico nella regione tra i 500nm e i 600nm, dette bande Q, e si studiano i modi vibrazionali associati alla banda di assorbimento Soret, il cui picco si trova tipicamente nel range 350 − 450nm. Questi modi danno informazioni sullo stato di coordinazione, di spin e di ossidazione del ferro, sui costituenti periferici dell’eme e sui legami dei ligandi. Figura 1.8: Spettri di assorbimento per le forme oxy e deoxy del FixL 6 molecola capace di conferire colorazione ad una sostanza in quanto la differenza di energia tra due orbitali molecolari è nel range del visibile 23 1.2. FSRS Come esempio di possibile applicazione della tecnica FSRS alle emoproteine sfruttando la pompa Raman realizzata, vediamo il caso emblematico del FixL, il cui spettro di assorbimento elettronico nelle forme oxy e deoxy è mostrato in fig. 1.8[10]. Nella forma oxy il ferro è 6-coordinato, e la sesta posizione è occupata da una molecola di ossigeno, mentre nella forma deoxy il ferro è 5-coordinato. Il FixL è un batterio sensore dell’ossigeno: la dissociazione dell’ossigeno dell’eme del FixL è il primo passo del processo di segnalazione di ipossia7 . La spettroscopia ps − T R3 è stata utilizzata per caratterizzare la configurazione Figura 1.9: Confronto tra gli spettri CW (a) e ps-TRRR (b) dell’ oxy-FixL e (c) del fotoprodotto dell’eme del fotoprodotto primario. La figura 1.2.3 mostra gli spettri RR ad alte frequenze dell’oxy-FixL ottenuti con eccitazioni CW e al picosecondo, e lo spettro ps − T R3 del fotoprodotto [11]. A causa della ridotta risoluzione spettrale negli esperimenti Raman con risoluzione temporale inferiore al picosecondo, le linee negli spettri ps−T 3 sono sensibilmente più larghe di quelle ottenute con l’eccitazione CW, nonostante il fatto che gli spettri 7 ovvero la riduzione del livello di ossigeno nei tessuti 24 Capitolo 1. Scattering Raman stimolato con impulsi al femtosecondo ps − T 3 sono stati ottenuti con il miglior compromesso possibile tra risoluzione spettrale e temporale permesso dal limite di Fourier8 . Figura 1.10: Spettri ps-TRRR del complesso oxy-FixL e FixL-CO, dopo la fotolisi della molecola di ossigeno e di CO rispettivamente Per studiare in dettaglio la struttura del fotoprodotto, è stata analizzata la regione delle basse frequenze ed in particolare il range 200-250 cm−1 (fig.1.10), nel quale ci si aspetta di vedere la banda relativa al legame ferro-istidina (Fe-His) nel caso di eme 5-coordinato, la cui struttura è detta domed ad indicare il fatto che il ferro è spostato rispetto al piano della porfirina. Nello spettro della forma deoxy (i), la banda intensa del legame Fe-His a 217cm−1 è la caratteristica principale sotto i 600 cm−1 . La presenza di questa banda è evidente negli spettri del fotoprodotto CO (f,g,k); 8 Gli spettri sono stati ottenuti con risoluzione temporale pari a 0.7ps, e spettrale pari a 30cm−1 . 1.2. FSRS essa rivela la fotodissociazione del ligando CO e la creazione della struttura domed. Al contrario, già dopo 0.5 ps, gli spettri (b) del fotoprodotto del complesso oxy non presentano alcuna evidenza della presenza della banda Fe-His. Questi studi suggeriscono che la struttura dell’eme del fotoprodotto a 0.5ps non è domed nel caso dell’oxy-FixLfatto che fa ipotizzare che la molecola di ossigeno si ricombina nella scala di tempo dei femtosecondi. Quindi è necessario l’uso di una spettroscopia vibrazionale risolta in tempo che possa aggirare il limite di Fourier per poter indagare le dinamiche della proteina su scale dell’ordine dei femtosecondi. Utilizzando la tecnica FSRS sarà possibile disaccoppiare risoluzione temporale e spettrale; una parte del lavoro svolto in questa tesi è stato quindi quello di studiare un sistema ottico per ridurre il più possibile la larghezza di banda della pompa Raman. Infatti l’utilizzo di una pompa Raman nel range 350 − 500nm permetterà lo studio delle emoproteine con la tecnica FSRS. L’obiettivo è stato, quindi, quello di ottenere degli impulsi di frequenza tunabile all’interno dello spettro di assorbimento delle emoproteine, a banda stretta e sufficientemente energetici da poter essere utilizzati per FSRS. 25 26 Capitolo 1. Scattering Raman stimolato con impulsi al femtosecondo Capitolo 2 Richiami di ottica non lineare In questo capitolo verranno descritti gli aspetti teorici di alcuni processi non lineari che sono stati alla base della produzione degli impulsi tunabili al picosecondo, da utilizzare come pompa Raman per l’esperimento di FSRS. Nei primi due paragrafi discuteremo l’origine fisica delle non linearità ottiche presentando le equazioni differenziali che le descrivono, inoltre nel 2.3 esporremo i principali parametri utili alla rappresentazione della propagazione e dell’interazione di onde elettromagnetiche in mezzi caratterizzati da proprietà non lineari. Il paragrafo 2.4 costituirà un approfondimento degli effetti del second’ordine, con particolare risalto alla Generazione di Frequenza differenza ed alla Amplificazione Ottica Parametrica, direttamente implementati nell’apparato sperimentale, presentando anche la Generazione di Seconda Armonica, utilizzata per ottenere la compressione spettrale desiderata. A conclusione del capitolo, nel paragrafo 2.5, esporremo brevemente un effetto non lineare del terzo ordine su cui si basa la produzione del continuum di luce bianca utilizzata nel sistema realizzato: l’Automodulazione di fase. 28 Capitolo 2. Richiami di ottica non lineare 2.1 Equazioni di Maxwell in presenza di polarizzazione non lineare Per fenomeni di ottica non lineare si intendono quei fenomeni che si verificano quando la risposta di un sistema dipende in modo non lineare dall’intensità del campo ottico applicato. Quindi la polarizzazione P indotta dal campo elettrico E viene espressa, prendendo per semplicità i campi P(t) ed E(t) come quantità scalari, come: P(t) = ε0 [ χ (1) E(t) + χ (2) E 2 (t) + χ (3) E 3 (t) + ... ] (2.1) in cui χ (1) è la suscettività ottica lineare, mentre χ (2) e χ (3) sono chiamate suscettività non lineare del secondo e del terzo ordine. Trattando i campi P(t) ed E(t) come quantità vettoriali, abbiamo che la suscettività ottica è in generale un tensore, quella lineare di rango 2, quella non lineare del secondo ordine di rango 3 etc.. La polarizzazione è fondamentale per la descrizione dei processi di ottica non lineare in quanto una polarizzazione che varia nel tempo agisce da sorgente di nuove componenti del campo elettromagnetico. Partendo dalle equazioni di Maxwell: ∇ · D = ρlib ∇× E = − ∂B ∂t (2.2) ∇·B = 0 ∇× H = J+ ∂D ∂t dove H è il campo magnetico, B il vettore induzione magnetica, E il campo elettrico e D il vettore spostamento elettrico; i termini di sorgente di campo sono J e ρlib e rappresentano rispettivamente le correnti e le cariche libere. Per determinare l’equazione delle onde nel mezzo non lineare ci poniamo in una regione priva di cariche e di correnti libere (J = 0 e ρlib = 0) e assumiamo che il materiale abbia una risposta magnetica lineare con µr ≈ 1, per cui B = µo H. Per quanto riguarda il vettore spostamento elettrico D invece abbiamo[12]: D = ε0 E + P = ε0 E + PL + PNL = DL + PNL (2.3) Quindi prendendo il rotore della terza equazione di Maxwell ed usando la quarta con la condizione di linearità tra B ed H si ha: 29 2.2. Interazioni non lineari del secondo ordine ∇ × ∇ × E + µ0 ∂ 2D =0 ∂ t2 (2.4) Da cui, utilizzando una nota relazione vettoriale e l’equazione 2.3 si ottiene 1 ∇2 E − 1 ∂ 2 DL 1 ∂ 2 PNL = ε0 c2 ∂ t 2 ε0 c2 ∂ t 2 (2.5) 2.2 Interazioni non lineari del secondo ordine Analizziamo i processi in cui il campo ottico incide su un mezzo con non linearità ottica del secondo ordine. La suscettività ottica del secondo ordine è non nulla solo nei cristalli non centrosimmetrici2 . Se il campo elettrico consiste di due diverse componenti in frequenza: E(t) = E1 e−iω1t + E2 e−iω2t + c.c. (2.6) il contributo del secondo ordine alla polarizzazione diventa: P(2) (t) = ε0 χ (2) E(t)2 = = ε0 χ (2) [ E12 e−2iω1t + E22 e−2iω2t + 2E1 E2 e−i(ω1 +ω2 )t (2.7) +2E1 E2 e−i(ω1 −ω2 )t + c.c.] + 2ε0 χ (2) [E1 E1∗ + E2 E2∗ ] Tale risultato può essere scritto con diversa espressione nella quale la somma si estende sia ai valori positivi che a quelli negativi delle frequenze ωn P(2) (t) = ∑ P(ωn )e−iωnt (2.8) n 1 ∇ × ∇ × E = ∇(∇ · E) − ∇2 E. Il fatto che ∇ · E = 0 non è valido in generale in ottica non lineare a causa della relazione 2.3 tra campo elettrico e vettore spostamento dielettrico. Si può però mostrare che questo termine è trascurabile nei casi di interesse e nullo nel caso limite di onda piana[5] 2 Infatti solo nei cristalli non centrosimmetrici il termine cubico del potenziale anarmonico è non nullo 30 Capitolo 2. Richiami di ottica non lineare I valori di ampiezza complessa delle varie componenti delle frequenze della polarizzazione non lineare sono date dalle espressioni seguenti nelle quali si sono indicati con sigle particolari alcuni processi fisici come SHG per second-armonic generation ovvero generazione di seconda armonica, SFG per sum-frequency generation ovvero generazione di frequenza somma, DFG per difference-frequency generation ovvero generazione di frequenza differenza, OR per optical rectification ovvero rettificazione ottica: P(2ω1 ) = ε0 χ (2) E12 (SHG), P(2ω2 ) = ε0 χ (2) E22 (SHG), P(ω1 + ω2 ) = 2ε0 χ (2) E1 E2 (SFG), (2.9) P(ω1 − ω2 ) = 2ε0 χ (2) E1 E2∗ (DFG), P(0) = 2ε0 χ (2) (E1 E1∗ + E2 E2∗ ) (OR) 2.2.1 Propagazione di impulsi in mezzi non lineari In seguito prenderemo in esame l’effetto delle non linearità indotte da onde elettromagnetiche impulsate [5]: il campo elettrico si può scrivere come: e e E(z,t) = |E(z,t)| cos[ω t + φ (z,t)] = ℜ{E(z,t) · eiω t } (2.10) Se l’inviluppo risulta lentamente variabile rispetto alla portante, è possibile esplicitare la dipendenza dello spostamento elettrico lineare da E secondo la seguente espressione: DL (z,t) = ε0 E(z,t) + PL = ε0 E(z,t) + ε0 χ (1) E(z,t) = ε0 εr E(z,t) (2.11) ed assumendo una risposta istantanea dei dipoli del materiale indotti dalla sollecitazione del campo elettrico, l’equazione (2.5) delle onde diventa rappresentabile come: ∂ 2 E(z,t) 1 ∂ 2 E(z,t) ∂ 2 PNL (z,t) µ − = 0 ∂ z2 v2 ∂ t 2 ∂ t2 (2.12) 31 2.2. Interazioni non lineari del secondo ordine Inviluppo B(0,t) Durata FWHM t t Intensità 2 E (0,t) Campo E(0,t) Figura 2.1: Sulla sinistra sono rappresentati inviluppo (blu) e portante in campo, a destra le stesse costituenti del singolo impulso sono riportate in intensità. √ in cui si è posta v come la velocità della luce nel mezzo : v = 1/ ε0 εr µ0 = c/n √ e definendo quindi l’indice di rifrazione n = 1/ εr . Questa equazione include il ∂ 2 PNL , responsabile della presenza di effetti non lineari. termine di sorgente ∂ t2 Considerando una risposta non istantanea, invece, la funzione DL (z,t) è descritta dalla seguente espressione: DL (z,t) = ε0 Z ∞ 0 εr (τ )E(z,t − τ )d τ (2.13) nella quale la costante dielettrica relativa risulta dipendente dal tempo. Passando alla notazione esponenziale: " Z DL (z,t) = ε0 ∞ 0 −iωτ e εr (τ )E(z,t − τ )e # e d τ eiω t = D(z,t) · eiω t (2.14) e Sviluppando E(z,t − τ ) in serie di MacLaurin si può giungere alla conclusione: " # 2E e 1 ∂ 2e e e E ∂ ∂ ε ε ∂ r r e e D(z,t) = ε0 e εr (ω )E(z,t) −i (2.15) − ∂ω ∂t 2 ∂ ω2 ∂ t2 εr , nella quale compare la trasformata di Fourier della costante dielettrica relativa e che abbiamo già detto essere legata all’indice di rifrazione; le derivate rispetto alla frequenza di questa quantità sono in stretta relazione con velocità di gruppo e dispersione che descrivono la propagazione dell’impulso. 32 Capitolo 2. Richiami di ottica non lineare Dato che abbiamo ricavato lo spostamento elettrico, determinato da una risposta non istantanea ad una sollecitazione, possiamo ora inserirlo nell’equazione delle onde (2.5) in una descrizione a numeri d’onda definiti da: k= k2 = 2π ω = n(ω ) λ c ω2 2 ω2 e ω ) = εr n ( c2 c2 sviluppando il calcolo: " # ∂ 2 Ee 1 ∂ 2 Ee ∂ 2 PNL (z,t) 1 ∂ 2 (k) ∂ Ee 2 e iω t = µ − − i + k E e 0 ∂ z2 v2 ∂ t 2 2 ∂ ω2 ∂t ∂ t2 (2.16) (2.17) (2.18) Passando alla notazione esponenziale per la descrizione dell’impulso, tenendo ulteriormente conto della propagazione: e E(z,t) = A(z,t)e−ikz (2.19) ed assumendo l’ipotesi di inviluppo lentamente variabile [13], (SVEA: Slowly Varying Envelope Approximation), ipotesi che si può scrivere: ∂ 2 A ∂ k 2 ∂ 2 A ∂A ≪ 2k 2 − 2 ∂z ∂ω ∂t ∂z si ottiene finalmente l’equazione: # " ∂ A 1 ∂ 2k ∂ 2A ∂ k ∂ A ∂ 2 PNL (z,t) i(ω t−kz) (−2ik)e + + = µ 0 ∂ z 2i ∂ ω 2 ∂ t 2 ∂ ω ∂ t ∂ t2 2.2.2 (2.20) (2.21) Interazione tra campi La polarizzazione non lineare del secondo ordine viene definita come: PNL (z,t) = 2ε0 deff E(z,t)E ∗ (z,t) (2.22) In questo modo si introduce, per semplificare la trattazione, il coefficiente deff , detto indice di non linearità, legato al tensore di suscettività χ (E), alla direzione della polarizzazione e di propagazione all’interno del materiale. Nel caso in cui a propagare non sia un’unica onda elettromagnetica, ma una sovrapposizione di più onde piane a frequenze diverse, come: E(z,t) = A1 (z,t)ei(ω1t−k1 z) + A2 (z,t)ei(ω2t−k2 z) + A3 (z,t)ei(ω3t−k3 z) (2.23) 33 2.2. Interazioni non lineari del secondo ordine e sotto ipotesi che ω3 = ω1 + ω2 , e quindi ω1 ≤ ω2 ≤ ω3 , si ottiene l’accoppiamento delle onde stesse con la polarizzazione del materiale. Infatti la PNL si calcola essere: PNL = + + o 1n A2 (z,t)∗ · A3 (z,t) · ei[ω1t−(k3 −k2 )z] + c.c. + 2 o 1n 2ε0 deff A1 (z,t)∗ · A3 (z,t) · ei[ω2t−(k3 −k1 )z] + c.c. + 2 o 1n 2ε0 deff A1 (z,t) · A2 (z,t) · ei[ω3t−(k1 +k2 )z] + c.c. 2 2ε0 deff (2.24) L’accoppiamento delle onde porta, quindi, nei mezzi non lineari a generare dei termini che inseriti nell’equazione differenziale (2.21) fungono da forzanti, ciascuna ad una specifica frequenza, con la conseguenza diretta di produrre una miscelazione delle pulsazioni che determina effetti detti parametrici. Inserendo l’equazione (2.24) appena ricavata nella (2.5) e quindi prendendo in esame in particolare la propagazione relativa alla sola portante ω1 si ottiene: " # ∂ A1 1 ∂ 2 k ∂ 2 A1 ∂ k ∂ A1 i(ω1t−k1 z) = + + e ∂z 2i ∂ ω 2 ∂ t 2 ∂ω ∂t ω1 ω1 µ0 ε0 deff ω12 ∗ = −i · A2 A3 · ei[ω1t−(k3 −k2 )z] k1 in modo analogo si procede per le tre onde ottenendo il seguente sistema: ∂ A1 1 ∂ 2 k ∂ 2 A1 1 ∂ A1 deff ω1 ∗ + + = −i A2 A3 · e−i∆kz 2 2 ∂ z 2i ∂ ω ∂ t v ∂ t cn g 1 1 ω1 ∂A 1 ∂ 2 k ∂ 2 A2 1 ∂ A2 deff ω2 ∗ 2 + + = −i A1 A3 · e−i∆kz 2 2 ∂ z 2i ∂ ω ∂ t v ∂ t cn g2 2 ω2 ∂ A3 1 ∂ 2 k ∂ 2 A3 1 ∂ A3 deff ω3 + + = −i A1 A2 · e+i∆kz 2 2 ∂z 2i ∂ ω ∂t vg ∂ t cn3 ω3 (2.25) (2.26) 1 Il sistema di equazioni differenziali (2.26) descrive, quindi, la propagazione di tre campi accoppiati dove sono possibili, sotto opportune condizioni, trasferimenti di energia da un’onda all’altra. Viene a determinarsi in questo modo, oltre ad uno stretto legame temporale reciproco dei tre campi, anche una forte dipendenza dalle condizioni iniziali del sistema esplicitabili attraverso la descrizione degli impulsi di partenza con l’assegnamento dei campi in ingresso; tuttavia la descrizione sistematica tratta esclusivamente l’andamento dell’inviluppo dei campi, quindi le condizioni al contorno sono 34 Capitolo 2. Richiami di ottica non lineare semplificabili assegnando solamente gli inviluppi Ai (0,t) degli impulsi in ingresso al materiale. Il sistema (2.26) contiene anche alcuni parametri che risultano decisivi nella comprensione dei fenomeni non lineari: ∂ ω • vgi = ovvero la velocità di gruppo; ∂ k ωi • ni indice di rifrazione per il campo i-esimo alla pulsazione ωi ; n3 n2 n1 cioè il phase mismatch, espresso − − λ3 λ2 λ1 in termini scalari, che costituisce un importante parametro nella definizione • ∆k = k3 − k2 − k1 = 2π dell’efficienza del processo non lineare di conversione. In generale non si riesce a ricavare una soluzione analitica per il sistema di equazioni accoppiate, se non per casi particolari o applicando ulteriori semplificazioni; risulta possibile ricorrere a soluzioni ricavate con metodi numerici. 2.3 Conservazione dell’energia e del momento nei processi non lineari Riprendendo la descrizione dell’accoppiamento dei campi, permesso dalla polarizzazione non lineare del mezzo di propagazione, è utile prendere in esame gli aspetti energetici dei fenomeni di conversione passando dalla modellizzazione a campi alla descrizione corpuscolare. Il primo passo verso questa direzione consiste nel considerare non più il campo elettromagnetico dell’onda incidente, ma la sua intensità e, per semplicità, nel considerare solo onde stazionarie; le equazioni di accoppiamento diventano quindi: ∂ A1 deff ω1 ∗ = −i A2 A3 · e−i∆kz ∂ z cn 1 ∂ A2 deff ω2 ∗ = −i A1 A3 · e−i∆kz ∂ z cn 2 ∂ A3 deff ω3 = −i A1 A2 · e+i∆kz ∂z cn3 (2.27) 35 2.3. Conservazione dell’energia e del momento nei processi non lineari dato che le onde ora vengono considerate come stazionarie3 e che l’intensità media per un campo elettromagnetico è: 1 1 Ii = ni cε0 Ai A∗i = ni cε0 |Ei |2 2 2 2.3.1 (2.28) Relazioni di Manley-Rowe L’equazione (2.28) porta alla considerazione che essendo i campi accoppiati anche l’intensità risulta variare, nella propagazione lungo il materiale, della quantità: ∂ Ii 1 ∂ Ai ∗ ∂ A∗i = ni cε0 A + Ai (2.29) ∂z 2 ∂z i ∂z Riscrivendo, quindi, un sistema di accoppiamento anche per le intensità dei campi si otterrà come risultato: 1 ∂ I1 = i ε0 deff ω1 (A∗1 A∗2 A3 ei∆kz − A1 A2 A∗3 e−i∆kz ) ∂z 2 ∂ I2 1 = −i ε0 deff ω2 (A∗1 A∗2 A3 ei∆kz − A1 A2 A∗3 e−i∆kz ) ∂z 2 ∂I 1 3 = −i ε0 deff ω3 (A1 A2 A∗3 e−i∆kz − A∗1 A∗2 A3 ei∆kz ) ∂z 2 (2.30) Da questo sistema si ricavano le equazioni di Manley-Rowe: 1 ∂ I2 1 ∂ I3 1 ∂ I1 = =− ω1 ∂ z ω2 ∂ z ω3 ∂ z (2.31) Tenendo presente che una delle ipotesi di partenza era che ω3 = ω1 + ω2 risulta ∂ I1 ∂ I2 ∂ I3 + + =0 ∂z ∂z ∂z (2.32) in questa relazione si evidenzia chiaramente la conservazione dell’energia nel processo non lineare dato che un incremento in intensità di un campo deve essere necessariamente compensato con una equivalente riduzione di un altro fascio. Tale equazione è valida per ogni direzione nel mezzo di propagazione stesso. In una visione corpuscolare ogni onda elettromagnetica è associata a un flusso di fotoni ognuno dei quali trasporta un quanto di energia proporzionale alla frequenza con cui oscilla il campo: E = hνi = h̄ωi 3 Non elettrico. (2.33) è più necessaria la descrizione tramite l’inviluppo, dato che è sufficiente l’uso del campo 36 Capitolo 2. Richiami di ottica non lineare e la conservazione dell’energia può essere schematizzata con la figura4 2.2. h̄ω1 h̄ω3 h̄ω3 = h̄ω2 + h̄ω1 h̄ω2 Figura 2.2: Conservazione dell’energia nel processo di conversione non lineare: interazione a tre fotoni di cui i due in ingresso ad energia inferiore di quello in uscita. L’intensità della radiazione luminosa è proporzionale al numero di fotoni per unità di superficie e su un’area S di riferimento vale: Ii (z) = Ni (z) · h̄ω c S (2.34) Quindi una variazione di intensità durante la propagazione coincide con un equivalente cambiamento nel numero di fotoni. L’equazione di Manley-Rowe può quindi essere riscritta in termini di popolazioni fotoniche: ∂ N1 ∂ N2 ∂ N3 = =− ∂z ∂z ∂z (2.35) da questa equazione si evince che, riferendosi alla generazione di frequenza somma, per ogni fotone guadagnato dal campo a frequenza maggiore si perde un fotone per ognuno dei due campi a frequenze più basse. Viene quindi rispettata la conservazione dell’energia secondo la legge: h̄ω1 + h̄ω2 = h̄ω3 (2.36) Dato che il modello fin qui esposto è stato riferito a fenomeni non lineari del secondo ordine, occorre sottolineare che quanto discusso sulle equazioni di Manley4 Nell’esempio si considera la generazione di frequenza somma. 37 2.3. Conservazione dell’energia e del momento nei processi non lineari Rowe resta valido anche per gli ordini più elevati a patto di allargare i bilanciamenti energetici ad un maggior numero di fotoni. 2.3.2 Il Phase matching Abbiamo già accennato al fatto che il termine di phase mismatch, ∆k è molto importante nella descrizione dei fenomeni non lineari [14] e una prima spiegazione di questo fatto è direttamente ricavabile dall’osservazione del sistema di equazioni che descrive l’accoppiamento dei campi (2.26): la quantità in questione compare in un esponenziale complesso . . . · e−i∆kz (2.37) la parte reale di questo termine risulta unitaria per ∆k = 0 oltre che per tutti i multipli di 2π /z tuttavia in questi ultimi casi il valore assunto dall’esponenziale diventa dipendente da z. Il fatto che si moltiplichi il termine di interazione per un valore inferiore ad 1 implica una peggiore efficienza del processo non lineare stesso indipendentemente dal coefficiente deff del cristallo. Per capire l’effetto che ha il fattore ∆k sulle equazioni di campo dal punto di vista fisico, ipotizziamo di far interagire due fotoni identici di pulsazione ω in un cristallo non lineare a generare un fotone di energia doppia, ovvero alla pulsazione 2ω , secondo un processo detto di generazione di seconda armonica (par. 2.4.2). In questo processo il phase mismatch è ∆k = k2ω − 2kω ovvero il numero d’onda della frequenza fondamentale a cui si sottraggono quelli della seconda armonica. Riprendendo la modellizzazione del dipolo non lineare che investito dall’onda elettromagnetica della fondamentale oscilla generando in fase con questa la seconda armonica, si può comprendere il phase mismatch valutando che, se l’onda emessa in un dato istante non è in fase con quelle generate in altri punti del cristallo, si ha interferenza distruttiva e quindi non si ha un significativo incremento nella generazione della pulsazione a 2ω (Fig 2.3). Appurato che si ha necessità di mantenere un legame di fase nel campo di seconda armonica generato a vari istanti, dobbiamo dire che ciò è possibile solo se la velocità della fondamentale è uguale a quella del fascio a frequenza doppia; questo fatto si traduce nella seguente relazione: vω = c c = v2ω = nω n2ω (2.38) 38 Capitolo 2. Richiami di ottica non lineare v? v? v2? v2? Interferenza tra le onde Dipolo 2 generate dai dipoli ad istanti diversi v2? Dipolo 1 z Figura 2.3: Effetto del phase mismatch tra fotoni di seconda armonica generati ad istanti diversi. I vari fotoni di seconda armonica interferiscono distruttivamente. che quindi determina, oltre al fatto che 2kω = k2ω , anche un’equivalenza degli indici di rifrazione: nω = n2ω (2.39) Generalizzando al caso in cui si ottiene un’onda a pulsazione ω3 a partire da due onde a frequenze più basse e diverse, occorre sottolineare come l’uguaglianza delle velocità debba verificarsi tra v3 e la velocità della polarizzazione non lineare ottenuta con la sovrapposizione degli effetti dei campi ω1 ed ω2 , infatti dato che la sorgente del terzo campo è ∂ 2 PNL /∂ t 2 : ei[ω3t−(k1 +k2 )z] e ei(ω3t−k3 z) (2.40) ω3 k3 (2.41) le due velocità da considerare sono: vPNL = ω3 k1 + k2 e v3 = e, infatti, risultano uguali quando si raggiunge la condizione di phase matching, cioè ∆k = 0. Un ulteriore sviluppo consiste nell’estendere il concetto di phase matching a campi impulsati e quindi non più monocromatici, ma caratterizzati da bande in frequenza più o meno estese; in questo caso necessariamente non si è più in grado di soddisfare la condizione ∆k = 0 per ogni frequenza spettrale e si incorre necessariamente in un mismatch che limita l’effetto non lineare rispetto a quanto energeticamente possibile. Si tratta in effetti di una condizione ulteriore rispetto alla 39 2.3. Conservazione dell’energia e del momento nei processi non lineari conservazione dell’energia, ed in una visione particellare (fig. 2.2) è riconducibile alla conservazione della quantità di moto: ∆k = k3 − k2 − k1 = 0 oppure k3 = k2 + k1 (2.42) I processi del secondo ordine risultano,quindi, possibili se viene soddisfatto il seguente sistema: h̄ω3 = h̄ω2 + h̄ω1 h̄k 3 = (2.43) h̄k2 + h̄k1 ed è appunto questo sistema che permette di descrivere gli effetti non lineari su bande spettrali estese. Cristalli anisotropi In tutti i materiali ordinari si verifica una variazione dell’indice di rifrazione (detta dispersione normale ) in dipendenza dalla frequenza che, nell’intervallo spettrale dall’ultravioletto al vicino infrarosso, risulta essere monotòna crescente all’aumentare della frequenza. Riprendendo la prima equazione del sistema (2.43) e tenendo conto che, secondo l’ipotesi iniziale,ω1 < ω2 < ω3 risulta: n1 < n2 < n3 . Osservando la relazione necessaria per ottenere il phase matching deve risultare che ω3 n3 = ω1 n1 + ω2 n2 da cui segue che ω1 n3 + ω2 n3 = ω1 n1 + ω2 n2 ed anche ω1 (n3 − n1 ) = ω2 (n2 − n3 ). Quest’ultima relazione è impossibile da verificare in un materiale isotropo in quanto i valori in parentesi sono uno positivo ed uno negativo. Pertanto i fenomeni non lineari desritti sono realizzabili solo in materiali anisotropi, nei quali la dispersione dell’indice di rifrazione dipende anche dall’orientamento del fascio. In questi materiali il tensore di suscettività non è riconducibile, per questioni di simmetria5 ad uno scalare; ciò comporta il fatto che il vettore di spostamento elettrico D dipenda, lungo un generico asse x, secondo una notazione tensoriale da: Dx = ε0 (εxx Ex + εxy Ey + εxz Ez ) 5 Anche (2.44) il coefficiente deff è descritto da una natura tensoriale dovuta alle caratteristiche di sim- metria del mezzo. Nel caso di materiali anisotropi deff non è riconducibile ad uno scalare e dipende dalla direzione di propagazione rispetto agli assi di simmetria del reticolo cristallografico. 40 Capitolo 2. Richiami di ottica non lineare Ma, trattandosi comunque di un tensore simmetrico è possibile trovare assi di riferimento secondo i quali esso si riduce ad una matrice diagonale ottenendo solo tre coefficienti non nulli: Px = ε0 χx Ex Py = ε0 χy Ey P =ε χ E z 0 z z (2.45) Per un materiale isotropo si ha χx = χy = χz e quindi l’indice di rifrazione, definito p come n j = 1 + χ j , risulta essere costante. In alcuni cristalli, per le diverse con- dizioni di simmetria lungo gli assi, si possono avere coefficienti diversi nelle varie direzionied in particolare: • cristalli uniassici se χx = χy 6= χz ; l’indice di rifrazione secondo gli assi x e y che è lo stesso, è detto ordinario, l’asse z si definisce come asse ottico e l’indice corrispondente è detto straordinario; si possono, inoltre, distinguere due possibilità: - cristalli uniassici positivi se l’indice di rifrazione lungo l’asse ottico, è maggiore di quello ordinario che si manifesta lungo gli altri due assi; - cristalli uniassici negativi in caso contrario (fig. 2.4); • cristalli biassici se ogni asse presenta un coefficiente diverso. Considerando che nei cristalli anisotropi gli indici ordinario e straordinario possono differire anche sensibilmente (fig. 2.4) si presenta la possibilità di risolvere il sistema (2.43) individuando un opportuno angolo mediante il quale gli indici di rifrazione diversi consentono di verificare le condizioni poste. Consideriamo il caso di un cristallo uniassico. Si può definire per questi materiali un ellissoide degli indici (fig. 2.5) descritto da: x2 y2 z2 + + =1 n2o n2o n2e (2.46) (indicando con no l’indice ordinario e con ne l’indice straordinario) Il campo elettrico propaga con un indice di rifrazione che dipende dalla direzione della polarizzazione: se la polarizzazione è complanare al piano xy l’indice di rifrazione (in un cristallo uniassico) è ordinario, no ; nel caso in cui la polarizzazione sia parallela 41 2.3. Conservazione dell’energia e del momento nei processi non lineari Indice di rifrazione 1.9 1.8 1.7 Indice n o 1.6 Indice n e 1.5 0.2 0.4 0.6 0.8 1.0 1.2 1.4 1.6 1.8 Lunghezza d'onda ( m) Figura 2.4: Indici di rifrazione ordinario e straordinario del BBO: si tratta di un cristallo uniassico negativo. Risulta evidente la dispersione normale. Figura 2.5: Ellissoide degli indici per un cristallo uniassico: sezione dell’ellissoide degli indici per un cristallo uniassico con proiezione del campo elettrico sul piano ortogonale al vettore di propagazione per determinare l’indice di rifrazione straordinario. all’asse ottico,cioè lungo la direzione straordinaria, l’indice risulta essere ne . Se invece la direzione di propagazione dell’onda porta il campo a non essere polariz- 42 Capitolo 2. Richiami di ottica non lineare zato come nei due casi precedenti, si definisce l’indice di rifrazione straordinario ne (θ ), scomponendo la direzione di E nelle componenti ordinaria e straordinaria, come: 1 cos2 (θ ) sin2 (θ ) = + n2e (θ ) n2o n2e (2.47) con θ che indica l’angolo tra direzione di propagazione k e asse ottico o equivalentemente tra polarizzazione del campo elettrico e la direzione ordinaria. Ritornando alla equazione (2.43) individuando l’angolo opportuno tra la polarizzazione del campo elettrico e l’asse ottico è possibile soddisfare la condizione di phase matching; infatti sfruttando ad esempio l’indice di rifrazione straordinario di un cristallo uniassico negativo, che a parità di ω risulta inferiore rispetto a quello ordinario, per il campo oscillante alla frequenza più elevata diventa possibile avere ∆k = 0, se i tre campi sono fatti propagare in una direzione che formi un angolo opportuno θ con l’asse ottico e con le polarizzazioni opportune. Configurazioni In base alla polarizzazione assunta dai tre campi si possono avere due tipi di configurazioni: • Il phase matching collineare di tipo I, per un cristallo uniassico negativo, si ottiene facendp propagare il fascio caratterizzato dalla frequenza più elevata con l’indice straordinario ne (θ ), ovvero lungo una direzione non complanare con gli assi ordinari a formare un angolo θ con l’asse ottico. In questo modo le onde a frequenze più basse mantengono la stessa direzione di propagazione ma sono polarizzate linearmente parallelamente al piano ordinario6 ed ortogonalmente alla polarizzazione del campo con pulsazione a ω3 . Per un cristallo uniassico positivo il fascio a frequenza più alta deve, invece, essere ordinario mentre gli altri due straordinari. • Il phase matching collineare di tipo II, prevede che la polarizzazione di uno dei due campi a pulsazione inferiore sia parallela al campo somma. Per questa configurazione Le condizioni da verificare risultano più restrittive, 6 Questa configurazione si dice ooe ovvero due onde che propagano lungo un asse ordinario si sommano a dare un’onda straordinaria (o + o = e). 2.3. Conservazione dell’energia e del momento nei processi non lineari tanto che agendo su impulsi con bande spettrali estese la condizione di phase matching risulta adeguatamente soddisfatta su intervalli di frequenza più stretti. La tabella 2.1 elenca le varie configurazioni di phase matching possibili per i cristalli uniassici. Il parametro fondamentale per ottenere la relazione di fase voluta è l’angolo θ di ingresso al materiale; tipicamente i cristalli vengono tagliati in modo tale che l’incidenza normale su una lamina dello stesso coincida con una propagazione ad un angolo θ prefissato. Tipo Polarizzazione Cristallo Uniassico di ω1 ω2 ω3 Tipo I ooe Negativo Tipo II oee Negativo Tipo II eoe Negativo Tipo I eeo Positivo Tipo II eoo Positivo Tipo II oeo Positivo Tabella 2.1: Elenco dei phase matching permessi per tipo di cristallo. Nel caso di phase matching non collineare i fasci non propagano tutti nella stessa direzione e, pertanto, la notazione vettoriale atta ad esplicitare la conservazione del momento diventa fondamentale per poter esprimere le considerazioni sulle polarizzazioni e sugli indici. In questo caso si possono ottenere migliori condizioni di accoppiamento per segnali a banda larga. Più complicata risulta la trattazione delle possibili configurazioni nel caso di cristalli biassici dato che non si ha presenza di una simmetria che porti a semplificare le proprietà geometriche dell’ellissoide: la direzione di propagazione viene quindi determinata da due angoli ϕ e θ , il primo rispetto all’asse x il secondo rispetto all’asse z. 2.3.3 Sovrapposizione spazio-temporale degli impulsi Per ottenere l’effetto non lineare voluto, in caso di onde elettromagnetiche impulsate e pertanto caratterizzate da una banda larga, i campi devono sovrapporsi 43 44 Capitolo 2. Richiami di ottica non lineare e mantenere la sovrapposizione nella propagazione lungo il materiale per poter aumentare l’efficienza del processo stesso. Sembrerebbe che assicurare il phase matching, e uguagliare le velocità di propagazione, sia sufficiente, tuttavia in realtà esistono una serie di problematiche che limitano la sovrapposizione. Figura 2.6: Spostamento laterale del fascio con polarizzazione straordinaria dovuto al walk-off. La prima è il walk-off e vale anche in caso di fasci monocromatici. L’onda straordinaria propaga con un ne (θ ) che è il risultato degli effetti di due indici diversi, no e ne ; ciò si traduce nel fatto che il vettore di Poynting, S = E × H la cui direzione indica la propagazione dell’energia, non risulta più parallelo a ke Per fasci di sezione trasversale finita, con la propagazione nel materiale, si perde, quindi, la sovrapposizione iniziale dei fasci. Più si necessita di cristalli lunghi, per migliorare l’efficienza di conversione, più questo problema risulta determinante. Un ulteriore problema è costituito dal fatto che, negli impulsi propaganti in un mezzo, si assiste alla dispersione delle velocità di gruppo7 , o GVM (Group Velocity Mismatch), che causa una separazione temporale dei campi interagenti, fatto che può limitare l’efficienza del processo non lineare. Questo aspetto verrà 7A cui è legata direttamente dalla dispersione del ritardo di gruppo. 45 2.4. Effetti non lineari del secondo ordine ulteriormente approfondito successivamente per quanto riguarda l’amplificazione parametrica (par. 3.2.1). 2.4 Effetti non lineari del secondo ordine La trattazione finora sviluppata tratta l’accoppiamento di tre campi generici attraverso la polarizzazione non lineare indotta nel materiale. Passando in ingresso ad un materiale caratterizzato da un coefficiente deff non trascurabile, due campi oscillanti, sotto le opportune condizioni descritte, diventa possibile generare un terzo campo secondo due meccanismi fondamentali: Due fotoni alle frequenze Somma ω1 + ω2 = ω3 più basse si sommano a darne un terzo. L’interazione di due fotoni Differenza ω3 − ω2 = ω1 ne genera un terzo con frequenza pari alla differenza di quella dei primi due. Tabella 2.2: Fenomeni di base non lineari del secondo ordine. Un’analisi specifica più approfondita permette, tuttavia, di distinguere ulteriormente i vari fenomeni sulla base delle intensità relative dei vari fasci. 2.4.1 Generazione di seconda armonica-SHG Il primo importante caso di applicazione delle equazioni di accoppiamento è la generazione di seconda armonica. Tale caso ha un significato particolarmente rilevante perchè con questo metodo possono essere generate coerenti armoniche di un’onda fondamentale. Le equazioni del sistema (2.27) sono in questo caso ridotte a 2 in quanto si ha la degenerazione di ω1 ed ω2 che vengono a idenficarsi in ωFF . Nell’approssimazione di pompa costante, l’equazione da integrare è semplicemente: A3 (L) = ASHG (L) = 2ideff ω32 2 i∆kz AFF e k3 c2 (2.48) 46 Capitolo 2. Richiami di ottica non lineare L’integrazione tra z = 0 e z = L porta a: 2ideff ω32 A2FF ASHG (L) = k3 c2 Z ∞ 0 i∆kz e 2ideff ω32 A2FF dz = k3 c2 ei∆kL − 1 i∆k !2 (2.49) Per cui per l’intensità si ha : 2 2 ω 2 I 2 i∆kL 8deff e − 1 3 FF ISHG = 2 n1 n2 n3 ε0 c ∆k (2.50) L’espressione in modulo può essere riscritta come segue: ei∆kL − 1 2 sin2 (∆kL/2) = L2 sinc2 (∆kL/2) = L2 ∆k (∆kL/2)2 (2.51) Si può notare che l’efficienza del processo decresce all’aumentare di |∆k|L: il motivo è che se L è più grande di circa 1/∆k, l’onda di uscita può andare fuori fase rispetto alla sua polarizzazione forzante. Per questa ragione si definisce il parametro lunghezza di coerenza come Lcoh = 2/∆k. Solo in caso di perfetto phase matching con (nω − n2ω ) = 0 l’intesità cresce con la lunghezza del cristallo secon- do l’espressione ISHG = Γ2 IFF L2 . Figura 2.7: Andamento dell’intensità della seconda armonica in funzione del phase mismatch 47 2.4. Effetti non lineari del secondo ordine 2.4.2 Generazione di frequenza somma e up conversion Assumiamo di iniettare nel cristallo due campi alle frequenze ω1 e ω2 ; per il processo di generazione di frequenza somma (SFG - Sum Frequency Generation) si verrà a generare un terzo campo a ω3 = ω1 + ω2 ; qualora ω2 = ω1 il processo è quello già descritto di generazione di seconda armonica (SHG - Second Harmonic Generation). Nela caso più generale, per modellizzare il processo sulla base del sistema (2.26) assegnamo dei valori iniziali per i campi A1 e A2 mentre il terzo non è ancora presente: A3 (0) = 0. Come ulteriore semplificazione consideriamo che uno dei due campi in ingresso, in questo caso il campo A1 , sia molto più intenso degli altri e che quindi la sua popolazione di fotoni non subisca uno svuotamento significativo; sotto queste condizioni si parla più propriamente di up-conversion. Sotto tali condizioni semplificative il sistema di accoppiamento dei campi si riduce a: ∂ A1 (z) =0 ∂z ∂ A2 (z) deff ω2 ∗ = −i A1 A3 (z) · e−i∆kz ∂ z cn 2 ∂ A3 (z) deff ω3 = −i A1 A2 (z) · ei∆kz ∂z cn3 (2.52) Le ultime due equazioni del sistema sono riscrivibili8 in un’unica equazione differenziale funzione solo del campo A3 (z) e del campo costante A1 . Per un’ ulteriore semplificazione, dato che verrà a comparire il termine A21 , è possibile 1 esprimere il primo campo in intensità, I1 = cε0 n1 |A1 |2 , così da ottenere 2 ∂ 2 A3 ∂ A3 = i∆k − Γ2 A 3 ∂ z2 ∂z (2.53) dove il fattore Γ2 include l’intensità del campo a ω1 . Γ2 = 2 ω ω 2deff 2 3 I1 c3 ε0 n1 n2 n3 (2.54) Da notare che nell’equazione (2.53) non è presente il campo oscillante a pulsazione ω2 dato che ad ogni suo fotone è associato un fotone ad ω3 e quindi la descrizione delle due propagazioni è, a parte una costante, identica. Inserendo le condizioni al contorno precedentemente introdotte si giunge alle seguenti soluzioni per 8 Sostituendo la seconda equazione nella terza dopo che quest’ultima è stata derivata. 48 Capitolo 2. Richiami di ottica non lineare l’intensità dei campi propaganti: sin(gz) 2 2 ω ω deff 2 3 I · I · I (z) = 2 1 20 3 3 c ε0 n1 n2 n3 g I (z) = I · | cos(gz)|2 2 20 con g= r (2.55) ∆k2 + Γ2 4 (2.56) Analizzando le soluzioni è evidente la dipendenza del campo della frequenza somma dal parametro deff ; in un materiale non dotato di polarizzazione non lineare di secondo ordine, come ad esempio i materiali centrosimmetrici, questo processo risulterebbe impossibile. Con deff non nullo, invece, si ha istantaneamente generazione dell’onda a pulsazione ω3 . I3 I20 I2 z L Figura 2.8: Andamento dei campi in un cristallo non lineare. Ora focalizziamo l’attenzione sulla modulazione sinusoidale delle intensità dei campi: sia I2 che I3 risultano, infatti dipendenti da termini oscillanti in controfase. Nella propagazione, quando il terzo campo raggiunge l’intensità massima, il secondo campo risulta annullato; continuando a propagare lo scambio di energia tra i fasci si inverte a ricostituire l’onda di frequenza ω2 ed annullare quella a frequenza ω3 . 49 2.4. Effetti non lineari del secondo ordine π Il massimo per I3 (z) si osserva qualora gz risulti pari a multipli di , ovvero, 2 lπ lπ 9 avendo fissato ∆k = 0, si ha per z = L = = . 2g 2Γ Ma una volta fissato il valore di lunghezza ottimale L del cristallo occorre analizzare l’effetto di un eventuale phase mismatch presente. Per comodità conviene riscrivere l’equazione di propagazione dell’intensità per il terzo campo nel seguente modo, esplicitando L come parametro: I3 (z) = 2 dato che 2 ω ω deff 2 3 2 2 I I L sinc gL 1 20 c3 ε0 n1 n2 n3 sin(gL) 2 sin[π /2p(∆kL/π )2 + 1] 2 p = 2 π /2 (∆kL/π ) + 1 gL (2.57) (2.58) Risulta così evidente che uno spostamento dalla condizione di phase matching ottimale ha l’effetto di abbattere velocemente la generazione del campo pulsante ad ω3 . Ricordiamo che una delle premesse alla trattazione svolta è che il campo A1 sia molto più intenso del secondo campo in ingresso al cristallo, e il fatto che non sia stata presentata una descrizione dell’evoluzione dell’intensità per questo fascio non vuole dire che non presenti variazioni10 . Anzi, nel caso in cui non si verifichi la condizione I1 ≫ I2 i meccanismi di conversione risultano meno semplici e l’efficienza del processo ne risente. 2.4.3 Generazione di frequenza differenza L’altro processo che si può verificare è inverso rispetto a quello fin qui presentato: la generazione di frequenza differenza (DFG - Difference Frequency Generation). Il fotone associato al campo elettromagnetico oscillante alla frequenza più elevata possiede un’energia h̄ω3 pari alla somma di h̄ω1 e di h̄ω2 ed è quindi possibile, sulla base di una serie di condizioni che devono essere sempre soddisfatte, che questo stesso fotone si suddivida nei due ad energia più bassa. Bisogna tenere presente, tuttavia, che, per il caso delle onde piane, tale fenomeno non si può verificare se il fascio a cui è associata la pulsazione ω3 propaga da solo, cioè senza un ulterio9 Per minimizzare g massimizzando il termine entro il modulo. del campo A1 varia in fase con l’intensità del campo A2 per bilanciare 10 L’intensità energeticamente la crescita del campo alla frequenza somma. 50 Capitolo 2. Richiami di ottica non lineare re fascio, in quanto la polarizzazione non lineare, (2.22), sarebbe definita da due porzioni dello stesso fascio ad identica pulsazione11 e quindi costante. Perciò è necessario che ci sia una delle due componenti caratterizzate da fotoni meno energetici per poter ottenere, attraverso la differenza, l’altro fascio. Si può esprimere più correttamente il bilancio delle energie come segue: h̄ω3 + h̄ω2 = 2 · h̄ω2 + h̄ω1 (2.59) in una relazione che è solo formalmente differente dall’espressione h̄ω3 − h̄ω2 = h̄ω1 . h̄ω2 h̄ω3 h̄ω2 h̄ω1 Figura 2.9: Bilancio delle energie dei fotoni tramite schematizzazione a livelli virtuali. Un’ulteriore possibilità di osservare questo effetto si verifica con la generazione di frequenza differenza tra componenti spettrali diverse di uno stesso impulso. La condizione necessaria perchè si possa realizzare tale fenomeno è che l’impulso in ingresso sia a banda estremamente larga, in modo che le code spettrali possano interagire. Nel caso in cui la generazione di frequenza differenza avvenga tra un primo fascio molto energetico ed un secondo più debole e di pulsazione inferiore, il processo è denominato Amplificazione ottica parametrica [15]; in questo caso i tre campi possono essere così ridefiniti: • pompa, il fascio in ingresso a frequenza più elevata, ω p , caratterizzato anche da una maggiore intensità rispetto al secondo fascio in ingresso al cristallo; 11 Si ottiene, infatti, un diverso fenomeno non lineare, detto rettificazione ottica, per il quale nel materiale si genera un campo elettrico costante a fronte dell’annichilazione di due fotoni. 51 2.4. Effetti non lineari del secondo ordine • segnale, il secondo fascio in ingresso al cristallo, di pulsazione ωs , anche molto debole; • idler, il fascio in uscita risultante dalla frequenza differenza ωi = ω p − ωs . Pompa ω3 OPA Idler ω2 = ω3 − ω1 ω1 Segnale Figura 2.10: Amplificazione ottica parametrica. Per descrivere questo fenomeno si parla di amplificazione in quanto il segnale può essere amplificato di svariati ordini di grandezza purchè si possa disporre di un fascio di pompa sufficientemente intenso; con l’amplificazione del segnale si viene a generare anche il terzo fascio, l’idler, la cui intensità ha un andamento paragonabile a quella del segnale stesso. Per trattare l’amplificazione parametrica riprendiamo le equazioni del sistema di accoppiamento (2.27) che, sempre considerando un’approssimazione di onde monocromatiche e una pompa molto intensa, che comporta il fatto di considerarla sostanziamente costante, può essere riformulato come: ∂ As (z) deff ωs = −i Ai (z)∗ A p · e−i∆kz ∂ z cn s ∂ Ai (z) deff ωi = −i As (z)∗ A p · e−i∆kz ∂ z cn i ∂ A p (z) =0 =⇒ A p (z) ≃ costante ∂z (2.60) in questo caso il phase mismatch viene definito dalla relazione ∆k = k p − ks − ki (2.61) 52 Capitolo 2. Richiami di ottica non lineare Indichiamo le condizioni al contorno, che descrivono l’iniezione dei campi di pompa e segnale con il primo molto più intenso del secondo: Is (z = 0) = Is0 , Ii (z = 0) = 0 e I p (∀ z) = I p . Ripercorrendo gli stessi passaggi descritti nel paragrafo precedente per l’up-conversion, cioè effettuando la derivata della prima equazione del sistema e sostituendoci la seconda, si giunge a descrivere l’effetto di amplificazione sul segnale con l’equazione differenziale: ∂ 2 As ∂ As = −i∆k + Γ2 A s 2 ∂z ∂z con Γ definito come Γ2 = 2 ω ω 2deff s i Ip c3 ε0 ns ni n p (2.62) (2.63) La propagazione del campo relativo alla pulsazione ωi è descritta da un’equazione del tutto simile dato che, una volta che il fascio di idler viene generato, questo concorre al processo tramite la differenza ω p − ωi = ωs aumentando a sua volta il numero di fotoni del fascio di segnale e di conseguenza incrementando i pro- pri. Quindi, avendo innescato due diversi meccanismi di generazione di frequenza differenza ci si aspetta una crescita esponenziale dell’intensità di idler e segnale; questa analisi quantitativa viene confermata dalle soluzioni esatte per i campi in questione: 2 Γ Is (z) = Is0 1 + sinh(gz) g 2 Γ ωi Ii (z) = Is0 sinh(gz) ωs g (2.64) con il fattore g che differisce dal caso precedente, equazione (2.56), ma che comunque resta pari a Γ in caso di perfetto phase matching: r ∆k2 g = Γ2 − 4 (2.65) L’annullamento del ∆k agisce massimizzando g e quindi rendendo molto più grande il guadagno di segnale, dato che la funzione sinh(x)/x diverge per x tendente all’infinito. La crescita esponenziale dei fasci di segnale e di idler all’aumentare del percorso nel cristallo, già sottolineata precedentemente, risulta quindi confermata dalla soluzione esatta dell’evoluzione delle intensità: è il termine di seno iperbolico, 53 2.4. Effetti non lineari del secondo ordine in dipendenza dal termine g che decresce all’aumentare del phase mismatch, che descrive tale comportamento dei fasci in regime di amplificazione parametrica . Dopo aver percorso una distanza L nel cristallo non lineare per ∆k = 0, g = Γ nell’approssimazione di grande guadagno ΓL >> 1 1 Is (L) ≈ Is0 e2ΓL 4 Ii (L) ≈ ωi Is0 e2ΓL 4ωs (2.66) Trattandosi di un meccanismo di amplificazione è definibile un fattore di guadagno G(z) come: Is (z) (2.67) Is0 Nel caso in cui si ottenga l’adattamento della fase e si consideri un grande guaG(z) = dagno, Γz ≫ 1, G(z) si può esprimere attraverso la più semplice e significativa espressione: 1 (2.68) G(z) = 1 + sinh2 (Γz) ≃ e2Γz 4 che, non solo evidenzia la dipendenza esponenziale dell’amplificazione dal perp corso nel cristallo, ma anche, essendo Γ ∝ I p , dall’intensità del fascio di pompa. Dopo una sufficiente propagazione nel cristallo non lineare, le intensità dei fasci di segnale e di idler raggiungono valori tali da rendere inapplicabile la semplificazione di considerare che il fascio di pompa sia soggetto ad un basso svuotamento nel processo di amplificazione; in queste condizioni le intensità Is e Ii non aumentano più avendo raggiunto la saturazione del guadagno. Sperimentalmente, risulta possibile ottenere efficienze massime di circa il 40% di svuotamento della pompa. Il set up che implementa l’amplificazione parametrica è detto OPA, Optical Parametric Amplifier; la sovrapposizione temporale viene ottenuta grazie ad una linea di ritardo che permette di uguagliare i cammini ottici degli impulsi. I fasci vengono quindi focalizzati12 in moto tale da ottenere densità di potenza sufficientemente elevate da poter innescare l’effetto non lineare di generazione di frequenza differenza. 12 Tipicamente il fuoco non è localizzato all’interno del mezzo non lineare, ma abbastanza lontano da non ottenere densità di potenza superiori alla soglia di danneggiamento del cristallo stesso. 54 Capitolo 2. Richiami di ottica non lineare 2.5 Effetti non lineari del terzo ordine Nei materiali centrosimmetrici non lineari il potenziale anarmonico non presenta termini di spostamento dall’equilibrio dipendenti da potenze dispari e quindi è il termine ∝ x4 a variare la forza di richiamo della nuvola elettronica verso il nucleo. U(x) B<0 x Figura 2.11: Potenziale di richiamo della nuvola elettronica in funzione dello spostamento dall’equilibrio. Viene evidenziato l’effetto dell’anarmonicità tipica di materiali non lineari centrosimmetrici. Se la curvatura del potenziale diminuisce è più facile, per un campo esterno, deformare il sistema e questo si traduce in un aumento dell’indice di rifrazione. La polarizzazione non lineare del terzo ordine è: 3 (2.69) PNL (z,t) = ε0 χ (3) |A(z,t)|2 A(z,t) 4 e in caso di effetto dovuto ad un solo campo incidente i termini complessi eik0 z e e−ik0 z si semplificano; il vettore d’onda della polarizzazione k p è quindi uguale a quello dell’onda incidente k0 e si ottiene automaticamente la condizione di phase matching per i fenomeni descritti di seguito13 . 2.5.1 Automodulazione di fase L’automodulazione di fase, SPM da Self Phase Modulation, è un processo non lineare estremamente utile dato che permette di estendere la banda spettrale di un 13 Necessario, invece, per altri effetti non lineari del terzo ordine, quale la generazione di terza armonica che non verrà trattata in dettaglio. 55 2.5. Effetti non lineari del terzo ordine impulso, purché questo sia sufficientemente intenso, e arrivare alle condizioni di poter avere un impulso di durata estremamente ridotta. Ricordiamo che, per un’onda piana monocromatica: D = ε0 E + P = ε0 E + PL + PNL (2.70) e quindi esplicitando la polarizzazione non lineare del terzo ordine e applicando la definizione di indice di rifrazione per il termine lineare: 3 2 D = ε0 1 + χL + χNL |E| E = ε0 [n20 + δ n20 ]E 4 (2.71) con la quantità δ n20 che, seppur piccola è approssimabile al primo ordine come 3 χNL |E|2 = δ n20 ≃ 2n0 δ n = 2n0 nNL |E|2 4 dove δn = 3 χNL 2 |E| = nNL |E|2 8 n0 (2.72) (2.73) La dipendenza dell’indice di rifrazione da |E|2 è poi riconducibile ad un le1 game con l’intensità. Infatti la considerazione che I(t) = nε0 c|E(z,t)|2 porta a 2 concludere definendo: n = n0 + n2 I(t) con n2 = 2nNL nε0 c (2.74) Questo fenomeno, per cui n dipende linearmente dall’intensità dell’onda elettromagnetica incidente nel materiale, è detto effetto Kerr ed è direttamente responsabile dell’automodulazione di fase. Consideriamo ora la propagazione in un mezzo caratterizzato da non linearità del terzo ordine; il vettore d’onda nella direzione di propagazione diventa: k= ω0 n ω0 n0 + n2 I(t) = c c (2.75) La fase dell’impulso, propagando per un tratto L è φ (t) = φL + φNL = ω0t − con φNL (t) = − ω0 n0 + n2 I(t) L c ω0 n2 I(t)L c (2.76) (2.77) 56 Capitolo 2. Richiami di ottica non lineare La fase non lineare produce un allargamento spettrale di cui non è possibile definire una forma analitica, ma che è comunque calcolabile numericamente grazie al teorema di Parseval: Z +∞ 2 i(ω0 t+φNL (t)) −iω t E(t)e dt e S(ω ) = −∞ (2.78) dove S(ω ) è lo spettro in intensità. Una visione intuitiva dell’allargamento spettrale si può comunque dare facendo riferimento alla frequenza istantanea ω (t) dell’impulso, che viene descritta da ω (t) = ω0 + δ ω (t) (2.79) d φNL (t) dt (2.80) dove δ ω (t) = e quindi proporzionale alla derivata dell’intensità nel tempo. Osservando la figura 2.12 e con l’assunzione che n2 > 0 si nota come, sul fronte di salita dell’impulso, vengano generate frequenze più basse rispetto a quelle di partenza dato che δ ω < 0; il contrario avviene al diminuire dell’intensità. Quindi l’impulso in uscita dal cristallo presenterà un chirp positivo: temporalmente le componenti spettrali a frequenza più bassa precederanno quelle a frequenza più alta; compensare questo sfasamento porta ad ottenere impulsi molto brevi. Sempre con riferimento alla figura 2.12, si può notare che lo stesso valore di δ ω si ottiene a tempi differenti; questo implica che lo spettro allargato risulta anche modulato dall’interferenza di frequenze uguali generate in diversi istanti dell’impulso. È tuttavia presente una limitazione all’approccio di generare automodulazione di fase in un materiale monolitico; consiste nel fatto che gli impulsi hanno, tipicamente, un profilo spaziale in intensità di forma gaussiana e quindi con code che non raggiungono intensità significative per ottenere l’allargamento spettrale. 2.5.2 Altri fenomeni del terzo ordine Oltre all’automodulazione di fase possiamo accennare ad altri due fenomeni dovuti alla polarizzazione non lineare del terzo ordine che presentano aspetti di una certa rilevanza: 57 2.5. Effetti non lineari del terzo ordine I(t) t δω ω (t) = ω0 + δ ω t Figura 2.12: Andamento dell’intensità dell’impulso nel tempo e generazione di nuove frequenze. • la Generazione di terza armonica, che si verifica per l’interazione di tre fotoni a pulsazione ω con l’effetto di produrre un solo fotone di pulsazione 3ω ; • Il Self focusing, che invece è un fenomeno, come la SPM, dovuto all’effetto Kerr. Il fascio gaussiano è sottoposto ad una focalizzazione dovuta al fatto che la parte centrale del fascio, più intensa, propaga con un indice di rifrazione maggiore di quello percepito dalle code: l’effetto complessivo subito dal fascio è analogo a quello che si verifica nell’attraversamento di una lente convessa. Nel caso di utilizzo di fasci molto intensi occorre tenere conto di questo fenomeno che può avere effetti non trascurabili. 58 Capitolo 2. Richiami di ottica non lineare Capitolo 3 Realizzazione della pompa Raman tunabile In questo capitolo illustreremo il sistema realizzato in questo lavoro di tesi, descrivendo la sorgente laser di impulsi ultrabrevi e la realizzazione dell’amplificazione ottica parametrica e della compressione spettrale attraverso cui si sono ottenuti impulsi utilizzabili come pompa Raman tunabile. Nel primo paragrafo tratteremo gli aspetti connessi alla sorgente laser; discuteremo preliminarmente alcuni aspetti relativi agli impulsi ottici: vedremo come la propagazione in un mezzo dispersivo altera le caratteristiche dell’impulso e alcuni metodi tramite i quali gli impulsi possono essere compressi. Verrà, quindi, descritta la generazione e l’amplificazione di impulsi laser al femtosecondo, illustrando le tecniche di mode-locking e CPA su cui si basa il sistema laser, costituito da un oscillatore e un amplificatore al Ti:Sa, utilizzato in laboratorio. Infine, ci si soffermerà brevemente sulle tecniche di misura della durata dell’impulso. Nel secondo paragrafo entreremo nel vivo del set up realizzato. Descriveremo dapprima alcuni aspetti generali dell’amplificazione ottica parametrica con fasci monocromatici, illustreremo, quindi, brevemente, alcune problematiche relative all’amplificazione parametrica con impulsi ultrabrevi;Successivamente verrà descritto il funzionamento dell’amplificatore ottico parametrico nel sistema realizzato, illustrando in dettaglio l’apparato di generazione del segnale, lo schema costruttivo e il sistema di regolazione dei due stadi di amplificazione; 60 Capitolo 3. Realizzazione della pompa Raman tunabile Figura 3.1: Foto del sistema realizzato Nel terzo paragrafo illustreremo l’ultimo stadio del sistema realizzato per raggiungere la compressione spettrale, necessaria ad avere impulsi al picosecondo sincronizzati con gli impulsi al femtosecondo in uscita dall’amplificatore al Ti:Sa. Verranno sinteticamente esposte alcune tecniche generalmente utilizzate per ottenere impulsi a banda stretta, motivando le nostre scelte al riguardo. Si tratterà, quindi, del meccanismo alla base della compressione spettrale con la generazione di seconda armonica in cristalli lunghi in presenza di grande GVM, e della sua implementazione sperimentale. 3.1 La sorgente laser 3.1.1 Impulsi ottici Nella descrizione degli impulsi ottici il campo elettrico viene trattato secondo il modello di onda sinusoidale di frequenza ν , detta portante, modulata 61 3.1. La sorgente laser temporalmente da un inviluppo: e E(z,t) = ℜ{E(z,t) · ei2πν t } (3.1) la notazione esponenziale si rende molto utile nel calcolo delle trasformate di Fourier per portare l’informazione temporale nel dominio delle frequenze, in quanto l’operazione di parte reale può essere omessa nell’applicazione di operatori lineari. Partendo da uno spettro del campo elettrico in funzione della frequenza S(ν ), si può ottenere la forma temporale dell’impulso, s(t), applicando l’antitrasformata di Fourier: s(t) = Z ∞ −∞ S(ν ) · ei2πν t d ν (3.2) Questa operazione matematica porta ad ottenere l’impulso di durata minima possibile per una certa forma spettrale con una data larghezza di banda. Sebbene ponga un limite inferiore alla durata dell’impulso, lo spettro dell’impulso stesso non può essere usato per misurare la durata temporale, in quanto esso non contiene informazioni relative alla fase. La propagazione in un materiale infatti introduce un termine di fase dovuto al fatto che l’indice di rifrazione dipende dalla frequenza di oscillazione dell’onda elettromagnetica propagante. Quando un impulso ha la minima variazione di fase lungo il suo spettro e il minimo prodotto ∆t∆ν relativamente alla sua forma, si dice che lo spettro di partenza è limitato per trasformata di Fourier, o transform limited (TL)1 . I principali parametri di caratterizzazione di un impulso sono: la frequenza centrale e la forma dello spettro, l’energia, la potenza di picco, il tasso di ripetizione e la durata dell’impulso. Propagazione di un impulso in un mezzo dispersivo Quando un impulso ottico si propaga in un mezzo trasparente dispersivo subisce una distorsione di fase che induce un aumento della sua durata temporale. Questo fenomeno è dovuto alla dispersione della velocità di gruppo nel mezzo e diventa 1 Gli spettri gaussiani TL sono quelli per cui il prodotto ∆t∆ν è minimo rispetto ad altre possibili forme spettrali 62 Capitolo 3. Realizzazione della pompa Raman tunabile più significativo al diminuire della durata degli impulsi, quindi all’aumentare della banda. Per analizzare il fenomeno consideriamo un impulso con inviluppo Gaussiano, e ne effettuiamo la trasformata di Fourier in frequenza che può essere scritta come: E0 (ω ) = e− (ω − ω 0 )2 4Γ (3.3) Dopo aver attraversato una distanza x nel mezzo lo spettro diventa: E(ω , x) = E0 (ω )e−ik(ω )x (3.4) In cui il vettore d’onda k(ω ) dipende dall’indice di rifrazione n(ω ) secondo la relazione k = ω n/c. Sviluppando k in serie di Taylor con punto di partenza ω0 e considerando i primi due termini, l’espressione dello spettro a distanza x diventa2 h E(ω , x) = e −ik(ω0 x)−ik′ x(ω −ω0 )− 1 ik′′ 4Γ + 2 i (ω −ω0 )2 (3.5) in cui k′ e k′′ sono rispettivamante la derivata prima e seconda calcolata in ω0 di k rispetto ad ω . Antitrasformando si ottiene per l’inviluppo temporale: E(t, x) = r Γ(x) iω0 e π t− v x φ (ω0 ) 2 −Γ(x) t− vg (xω ) e In cui abbiamo indicato con vφ la velocità di fase: vφ (ω0 ) = 1 velocità di gruppo: vg = ddkω ω , mentre Γ(x) = Γ1 + 2ik′′ x. 0 (3.6) 0 ω k ω0 e con vg la Dal secondo termine dell’equazione 3.6 si può vedere che l’impulso dopo aver percorso una distanza x in un mezzo dispersivo è ritardato di x/vg , e che il suo fattore di forma Gaussiano Γ(x) risulta modificato durante la propagazione in quanto dipende dalla dispersione della velocità di gruppo o GVD (Group Velocity Dispersion), ovvero da: k′′ = Se si esplicita Γ(x) 2 la d d 2 k 1 = d ω 2 ω0 d ω vg (ω ) ω0 condizione ∆ω << ω0 non è strettamente soddisfatta dagli impulsi più corti (3.7) 63 3.1. La sorgente laser Γ(x) = Γ 2Γ2 k′′ x − i 1 + 4Γ2 k′′2 x2 1 + 4Γ2 k′′2 x2 (3.8) e si inserisce 3.8 nel secondo termine dell’eq 3.6, si ottiene un’espressione chiara dell’effetto della dispersione del mezzo sulla propagazione dell’impulso: " # Γ x 2 x 2 2Γ2 k′′ x exp t− t− (3.9) −i 1 + 4Γ2 k′′2 x2 vg 1 + 4Γ2 k′′2 x2 vg La parte reale dell’equazione 3.9 è una funzione Gaussiana ritardata, il cui fattore di forma è sempre minore di Γ, fatto che sta ad indicare un allargamento della durata temporale dell’impulso. La parte immaginaria rappresenta invece la fase, la cui derivata temporale è la frequenza istantanea ω (t) = ∂ Φ/∂ t. Quindi si ottiene che nell’attraversare un mezzo trasparente la fase cambia, per cui la frequenza istantanea non è più costante e pari alla frequenza centrale ω0 come nel caso dell’impulso trasform-limited [16]. In questo caso si dice che l’impulso ha un chirp. Nell’equazione 3.9 si osserva che la parte immaginaria contiene un termine quadratico nel tempo, per cui l’andamento della frequenza istantanea è lineare. Se il coefficiente angolare, che dipende dalla dispersione (GVD) introdotta dal mezzo trasparente, è positivo, cosa che di solito accade nella regione spettrale del visibile e vicino infrarosso, l’impulso ha un chirp positivo, ovvero le componenti a frequenza maggiore sono in ritardo rispetto a quelle a frequenza minore. Quindi nell’attraversare un mezzo trasparente l’impulso viene ritardato, la sua durata aumenta ed acquista un chirp. Osserviamo tuttavia che un chirp può anche essere introdotto nell’attraversare un mezzo dispersivo a causa di effetti non lineari del terzo ordine, in particolare per l’automodulazione di fase (SPM Self-Phase Modulation), come visto in 2.5.1. Metodi di compressione dell’impulso Tipicamente, la dispersione introdotta dai materiali è positiva. Per comprimere gli impulsi occorre, quindi, introdurre un chirp negativo. Per ottenere questo risultato si può utilizzare la dispersione radiale che si produce in funzione delle frequenze in modo da sfasare opportunamente le componenti. Le due tecniche principali utilizzate a questo scopo prevedono l’uso, rispettivamente, di reticoli di diffrazione o di prismi [17, 18]. 64 Capitolo 3. Realizzazione della pompa Raman tunabile Nella compressione con i reticoli si sfrutta la riflessione di ordine m = −1. Gli angoli per i quali questa si verifica si ottengono dalla legge di Bragg: sin θrm = sin θi + m λ d (3.10) con θi angolo di incidenza, θr angolo di diffrazione e d che indica il passo del reticolo. All’ordine m = −1 si ha una maggior deflessione delle componenti spettrali alle frequenze più basse; posizionando opportunamente un secondo reticolo è possibile aumentare il percorso ottico di queste frequenze, ritardandole in modo tale da farle arrivare insieme a quelle di frequenza maggiore. Per annullare la dispersione spaziale così introdotta può essere usata una seconda coppia di reticoli oppure uno specchio per retroriflettere il fascio. w2 M w1 m=-1 w2>w1 Reticolo di diffrazione Figura 3.2: Compressione a reticoli di diffrazione. È necessario che la riflessione di ordine -1 sia a sinistra della verticale (linea tratteggiata). Il problema principale che pone questo sistema di compressione è la bassa efficienza in riflessione all’ordine m = −1 del reticolo. L’altro sistema, la compressione con una coppia di prismi, è più conveniente dal punto di vista dell’efficienza se si utilizzano dei prismi tagliati in modo tale da permettere al fascio di incidere all’angolo di Brewster. In questo caso si sfrutta la normale dispersione angolare che avviene nell’attraversamento di un prisma. Si ottiene una GVD negativa in quanto le componenti alle lunghezze d’onda maggiori attraversano una quantità maggiore di materiale propagando nel secondo prisma. E’ quindi necessario distanziare opportunamente gli apici dei due prismi in modo 65 3.1. La sorgente laser da compensare il chirp positivo determinato nella propagazione perlo spessore di materiale attraversato nei prismi comune a tutte le frequenze. l b Figura 3.3: Schema di un compressore a prismi. La dispersione al secondo ordine che viene introdotta da questo sistema è: ∂ 2φ λ 3 ∂ 2P = ∂ ω 2 2π 2 c2 ∂ ω 2 (3.11) con 2 ∂ 2P ∂ n ∂n 2 ∂n 2 −3 l sin β − 8 l cos β =4 + (2n − n ) ∂λ2 ∂λ2 ∂λ ∂λ (3.12) Sono evidenti due termini, il primo, responsabile della dispersione positiva, prevale per distanze l piccole; il secondo che, invece, compensa il chirp positivo e che diventa decisivo oltre una certa distanza tra gli apici dei prismi. Un ulteriore vantaggio della compressione a prismi è che viene compensata anche la dispersione del terzo ordine (TOD ovvero Third Order Diffraction), cosa che non avviene con i reticoli. Un’ulteriore tecnica per la compressione degli impulsi utilizza i cosiddetti chirped mirrors, specchi realizzati mediante un’opportuna progettazione dello spessore degli strati dielettrici e della loro disposizione che permette di compensare la fase spettrale; Tutti questi sistemi possono essere utilizzati anche per la compressione dell’impulso già nella cavità di un laser Ti:Zaffiro operante in mode locking. 66 Capitolo 3. Realizzazione della pompa Raman tunabile 3.1.2 Generazione ed amplificazione di impulsi al femtosecondo Gli impulsi al femtosecondo utilizzati in laboratorio sono generati da una sorgente di impulsi laser a 800 nm e di durata di circa 50 f s. L’energia di ogni impulso generato raggiunge i 3,5 mJ che equivale ad una potenza media, nell’arco dei 50 f s, di ben 70 GW . Dato che l’emissione avviene alla cadenza di 1 kHz la potenza media in continua è di 3,5 W . La sorgente laser è composta di due parti principali: oscillatore e amplificatore. Nell’oscillatore si stabilisce il regime impulsato, tramite l’agganciamento dei modi longitudinali, si instaura cioè il regime di mode-locking[19]. Gli impulsi così prodotti vengono quindi amplificati con la tecnica detta CPA, ovvero Chirped Pulse Amplification. Oscillatore In una cavità risonante l’interferenza porta alla formazione di onde stazionarie. I modi longitudinali della cavità sono quelli per cui la distanza L tra gli specchi è uguale ad un multiplo della metà della lunghezza d’onda: L = q λ2 . Tutte le altre lunghezza d’onda sono soppresse dall’interferenza distruttiva. Il regime di modelocking si ha quando i modi longitudinali presenti in una cavità hanno una precisa relazione di fase per cui i battimenti risultano nella creazione di impulsi. Infatti il campo nella cavità si può scrivere come: +n E(t) = ∑ Ek ei(ωk t+φk ) −n Se le fasi non sono tra di loro correlate l’output del laser è un segnale continuo la cui intensità ha un andamento irregolare. Se invece le fasi φk sono correlate secondo φk − φk−1 = a con a costante i modi (che nel caso dell’espressione sopra indicata sono 2n + 1) si sommano in modo costruttivo e vanno a formare un impulso. Il campo elettrico totale, in questo caso, si scrive, prendendo uguale a 0 per semplicità il valore della fase centrale e indicando con ∆ω la distanza in frequenza fra due modi longitudinali successivi, considerando le ampiezze tutte uguali: +n E(t) = ∑ E0 ei[(ω0 +k∆ω )t+ka] −n 67 3.1. La sorgente laser ed esso può essere calcolato come somma della serie geometrica di ragione ei(∆ω t+a) , ottenendo: E(t) = E0 sin[(2n + 1)(∆ω t + a)/2] i(ω0t+a) e sin[(∆ω t + a)/2] In figura 3.4 sono mostrati rispettivamente i casi in cui sono presenti 3 modi, con fase φn = 0, 10 modi con φn = 0 e 10 modi con fasi casuali. Intensità (unit.arb.) 100 80 60 40 20 0 100 80 60 40 20 0 100 80 60 40 20 0 a) 0 50 100 150 200 b) 0 50 100 150 200 c) 0 50 100 150 200 Tempo (unit.arb.) Figura 3.4: Influenza della relazione di fase tra i modi sull’intensità risultante dell’oscillazione: a 3 modi in fase b 10 modi in fase c 10 modi con fasi casuali In una cavità la differenza di frequenza tra due modi longitudinali consecutivi è c (3.13) 2L Il treno di impulsi generato dall’agganciamento dei modi ha una frequenza di ∆ν = ripetizione pari all’inverso del tempo impiegato dalla luce per percorrere la cavità: T = 2L/c ovvero pari alla distanza modale ∆ν . Sebbene parlare di agganciamento dei modi suggerisca una possibilità di descrizione del fenomeno nel dominio delle frequenze, tale descrizione non è conveniente per una comprensione immediata dei possibili processi per realizzazione 68 Capitolo 3. Realizzazione della pompa Raman tunabile Figura 3.5: Schema di principio del funzionamento di un assorbitore saturabile veloce per il mode-locking passivo pratica del mode-locking. Per capire come avviene l’instaurarsi di un regimme impulsato conviene infatti passare ad una descrizione nel dominio del tempo. Il principio alla base del mode-locking è fornire un meccanismo per una modulazione dipendente dal tempo delle perdite o del gaudagno di una cavità laser [20]. Questa modulazione può essere attiva, ovvero introdotta mediante un dispositivo guidato dall’esterno3 ; oppoure passiva: in questo caso il sistema si automodula sfruttando gli effetti ottici non lineari di alcuni materiali. Tuttavia il mode-locking attivo non viene usato per produrre gli impulsi ultrabrevi (∼ f s) in quanto la rapidità della modulazione è limitata dal tempo di risposta del dispositivo che la induce. Per quanto riguarda il mode-locking passivo, invece, il principio base è l’utilizzo di un assorbitore saturabile, ovvero di un elemento la cui capacità di assorbimento è ridotta in presenza di forti intensità. Gli assorbitori saturabili si definiscono veloci o lenti a seconda del loro tempo di risposta, confrontato con la durata dell’impulso ultrabreve prodotto. L’effetto di un assorbitore saturabile è quindi quello di favorire la propagazione nella cavità di un massimo dell’intensità rispetto alla radiazione laser cw [21]. Quindi tipicamante una perturbazione viene amplificata dai passaggi attraverso il materiale attivo. 3 Tramite modulatori acustoottici o modulazione del laser di pompa. 69 3.1. La sorgente laser Tuttavia, per generare impulsi estremamente brevi occorre un sistema passivo che abbia una risposta virtualmente istantanea: quella impiegata nell’oscillatore utilizzato è la diffusa tecnica di Kerr-lens mode-locking (KLM). Questa è una tecnica di modelocking passivo, che sfrutta l’effetto Kerr, o effetto lente, per cui un fascio intenso con distribuzione spaziale gaussiana attraversando un mezzo dispersivo viene focalizzato. Con un’opportuna apertura si tagliano le code meno intense e si fa passare il picco di intensità. In cavità l’elemento che agisce da lente variabile è la barretta di materiale attivo stessa; le code dell’impulso, meno intense, sono quindi soggette ad una scarsa focalizzazione che non permette l’attraversamento dell’apertura (fig. 3.6) e vengono quindi ulteriormente attenuate; la parte più intensa dell’impulso viene invece focalizzata maggiormente e passa per l’apertura senza ulteriori attenuazioni. Questo meccanismo permette di innescare il mode locking agendo sul profilo dell’impulso. Il KLM può essere realizzato anche senza utilizzare un’apertura fisica, in quanto si ottiene lo stesso effetto utilizzando un fascio di pompa più piccolo del diametro del modo trasverso in CW per la cavità [22], rendendo così sfavorita la CW perche un impulso intenso vede un indice di rifrazione maggiore nel mezzo attivo (questo è il principio di funzionamanto dell’oscillatore utilizzato in laboratorio). A Materiale Kerr Fascio più intenso Fascio meno intenso Figura 3.6: Principio di funzionamento del Kerr-lens mode locking. L’effetto lente varia con l’intensità del fascio. L’oscillatore utilizzato (Micra Coherent) impiega come mezzo attivo per il Kerr lens mode-locking un cristallo di Ti:Sa, ovvero un cristallo di zaffiro (Al2 O3 ) dro- 70 Capitolo 3. Realizzazione della pompa Raman tunabile gato con ioni di titanio (Ti3+ ). Questo materiale ha il vantaggio di avere una banda di guadagno molto larga, centrata circa intorno a 800nm. La possibilità di avere bande spettrali ampie permette di generare impulsi di breve durata. Inoltre questo materiale ha una discreta resistenza al deterioramento anche a potenze abbastanza alte. Il Kerr lens mode locking che si instaura nel cristallo non è sufficiente, da solo, a raggiungere le durate volute; per fare questo occorre una coppia di prismi che, come visto nel par. 3.1.1, compensa le dispersioni spettrali introdotte dagli elementi della cavità. Ti:Zaffiro Prismi Laser di Pompa Apertura Figura 3.7: Schema della cavità di un laser a Ti:Zaffiro funzionante in regime di mode locking. Il materiale attivo è una barretta di zaffiro drogato con ioni di Titanio con le facce tagliate a Brewster. In cavità, oltre all’apertura per innescare l’aggancio dei modi, è presente una coppia di prismi per la compressione dell’impulso. Nella configurazione tipica la seconda armonica di un laser a Neodimio4 pompa la barretta di Ti:Zaffiro in modo da farle emettere il pettine di modi longitudinali che ricade nella banda di guadagno centrata alla lunghezza d’onda di 800 nm. Per una lunghezza ottica della cavità, L, di 1.5 m i modi risultano separati di 100 4 Nd:YLF o Nd:YVO; la seconda armonica di questi laser è a 532 nm. 3.1. La sorgente laser MHz: all’interno della banda di guadagno di alcune decine di THz del Ti:Zaffiro vengono amplificati centinaia di migliaia di modi longitudinali. Amplificatore rigenerativo Quando si vogliono amplificare gli impulsi in uscita da un oscillatore come quello appena descritto, si ricorre alla tecnica detta Chirped Pulse Amplification (CPA), ovvero amplificazione di impulsi che hanno un chirp [16]. Tale tecnica deve essere usata in quanto è molto difficile aumentare l’energia di impulsi già molto brevi ed intensi, quindi con elevati valori di potenza di picco, dato che si rischia di superare la soglia di danneggiamento ottico nei materiali attivi. Figura 3.8: Schema della tecnica di amplificazione CPA Per questa ragione il processo di amplificazione passa per vari stadi: gli impulsi estratti dall’oscillatore vengono allungati temporalmente da uno stretcher fino a raggiungere una durata di 50ps; solo a questo punto gli impulsi vengono amplificati e, successivamente, si procede a comprimerli in modo tale da eliminare il chirp. 71 72 Capitolo 3. Realizzazione della pompa Raman tunabile Nd:YVO raddoppiato in frequenza Schema sorgente laser - CPA CW Oscillatore Ti:Zaffiro 76 Mhz Stretcher 5nJ 1 kHz Amplificatore Rigenerativo Nd:YAG Raddoppiato in frequenza 800 nm, 50 fs, 3,5 mJ Stadio di compressione Figura 3.9: Schema di principio della sorgente di impulsi, a Ti:Zaffiro con tecnica di amplificazione CPA, utilizzata per l’esperimento. Uno schema a blocchi del funzionamento dell’amplificatore, nel nostro caso un Legend (Coherent), è mostrato nella figura 3.9. La sorgente, come già fatto notare, è costituita da un oscillatore a Ti:Zaffiro, che Intensità (unità arb.) 1,0 0,8 0,6 0,4 0,2 0,0 740 760 780 800 820 840 860 Lunghezza d'onda (nm) Figura 3.10: Spettro dell’impulso in uscita dall’amplificatore. genera impulsi di circa 5 nJ ad una cadenza di 76 MHz; tramite un sistema di estrazione a celle di Pockels viene amplificato un impulso ogni 76000. 73 3.1. La sorgente laser L’amplificazione avviene tramite la CPA in un amplificatore rigenerativo il cui materiale attivo è sempre un cristallo di Ti:Zaffiro pompato da un laser a Nd:YAG in regime di Q-switching [23] 5 . Il laser in questione emette ad 1 kHz. Occorre tenere presente che gli impulsi da amplificare e quelli di pompa devono essere opportunamente sincronizzati. Lo spettro degli impulsi amplificati che si ottengono è rappresentato in figura 3.10. 3.1.3 Misura della durata dell’impulso Per poter risalire alla durata dell’impulso si ricorre ad una misura di autocorrelazione per confrontare due repliche dell’impulso stesso. Un metodo per ricavare la durata consiste nel rivelare la seconda armonica generata da due repliche dell’impulso secondo una geometria non collineare. Il fascio a frequenza doppia può essere generato, e quindi rivelato, solo quando i due fasci si sovrappongono spazialmente e temporalmente su un cristallo non lineare; per questo questa tecnica viene anche chiamata background free. Si tratta di una misura molto valida soprattutto se si considerano impulsi di qualche decina di f s; tuttavia non si ricavano informazioni sul chirp. Il segnale rivelato è semplicemente: Es (τ ) = Z I2ω (t, τ )dt = δ Z Ip (t)Ip (t + τ )dt (3.14) e la durata del singolo impulso si ricava facendo un’ipotesi sulla forma temporale dell’impulso. Un altro metodo, da preferire nel caso di impulsi < 20 f s è l’autocorrelazione interferometrica. Questa tecnica sfrutta la generazione di seconda armonica in geometria collineare. Nel generare seconda armonica, infatti, le due repliche dell’impulso fondamentale interferiscono permettendo di ricostruirne la durata. Quando le due repliche sono perfettamente sovrapposte, la frequenza fondamentale interferisce costruttivamente e porta a generare una seconda armonica molto elevata; introducendo, invece, uno sfasamento pari a mezza lunghezza d’onda, l’interferenza diventa distruttiva e non si ha generazione di seconda armonica. Continuando a sfasare gli impulsi si succedono massimi e minimi fino a quando le due repliche non sono più sovrapposte [24]. 5I laser operanti in Q-switching emettono impulsi brevi (decine di ps) 74 Capitolo 3. Realizzazione della pompa Raman tunabile Valutando come varia l’intensità della seconda armonica al variare del ritardo introdotto tra le due repliche è possibile calcolare la durata dell’impulso stesso. Nel caso della misura degli impulsi emessi dal laser in laboratorio viene utilizzato un autocorrelatore Ape Pulsecheck per ottenere un’autocorrelazione background free. Le funzioni utilizzate per l’ipotesi sulla forma temporale dell’impulso sono sech2 o una gaussiana. Per esempio, nel caso in cui si assume una forma gaussiana per l’impulso, la relazione tra FWHM dell’autocorrelazione e quella dell’im√ pulso è semplicemente FW HMI = FW HMAc / 2. Nella figura 3.11 è mostrata l’autocorrelazione misurata per gli impulsi in uscita dal laser. 1,0 intensità(unità arb.) 0,8 0,6 0,4 0,2 0,0 0 100 200 300 400 ritardo(fs) Figura 3.11: Autocorrelazione del’impulso in uscita dal laser 500 75 3.2. Gli stadi di amplificazione parametrica 3.2 Gli stadi di amplificazione parametrica 3.2.1 L’amplificazione ottica parametrica Approfondiamo ora l’amplificazione ottica parametrica ed alcuni aspetti dell’implementazione pratica degli amplificatori parametrici. In particolare andiamo ad analizzare le differenze tra phase matching di tipo I e tipo II e le conseguenze nell’amplificazione parametrica degli impulsi ultrabrevi. Come abbiamo visto in precedenza, è necessario soddisfare la condizione di phase matching ∆k = 0 per ottenere il massimo guadagno. Denotando con il pedice p, s e i le quantità relative rispettivamente a pompa, segnale e idler, si ha che la relazione che deve essere soddisfatta è: np = ni ωi + ns ωs ωp (3.15) Questa condizione può essere soddisfatta nei cristalli birifrangenti assicurandosi che la polarizzazione della pompa, ovvero il fascio con la frequenza più alta, sia lungo la direzione in cui l’indice di rifrazione è più piccolo. Quindi nel caso dei cristalli uniassici negativi, come il BBO utilizzato per la realizzazione dell’amplificatore parametrico prima della compressione spettrale, il fascio di pompa è polarizzato lungo l’asse straordinario. Il phase matching di tipo I si ha quando segnale e idler hanno entrambi polarizzazione ordinaria (os + oi → e p ), mentre il phase matching di tipo II, in cui uno dei fasci a frequenza minore ha una polarizzazione parallela al fascio di pompa, può realizzarsi o nella configurazione es + oi → e p in cui è il segnale ad essere polarizzato lungo la direzione straordinaria o nella configurazione os + ei → e p in cui è invece l’idler ad avere polarizzazione straordinaria. Quindi, sempre nel caso dei cristalli uniassici negativi, il phase matching di tipo I si ottiene quando: nep (θm )ω p = nos ωs + noi ωi (3.16) Dato che ω p = ωs + ωi , dall’equazione 3.16 è possibile determinare nep (θm ). Inserendo il valore trovato nell’equazione 2.47 che mette in relazione ne (θm ) con i valori di ne ed no , indici di rifrazione lungo l’asse ordinario e straordinario, si 76 Capitolo 3. Realizzazione della pompa Raman tunabile ottiene per l’angolo di phase matching: s # " n2op − n2ep (θm ) nep θm = asin nep (θm ) n2op − n2ep (3.17) Il phase matching di tipo II os + ei → e p si ottiene invece quando: nep (θm )ω p = nos ωs + nei (θm )ωi (3.18) quindi in questo caso l’angolo θm si trova utilizzando la relazione 2.47 e inserendola nell’equazione 3.18: " #−1/2 −1/2 2 sin (θm ) cos2 (θm ) sin2 (θm ) cos2 (θm ) + ωp (3.19) = nos ωs + ωi + n2ep n2op n2ei n2oi Con un procedimento analogo si trova θm per la configurazione es + oi → e p . In generale,come si può notare dalla figura 3.12 per il caso del BBO, si ottiene che 50 Angolo di phase matching (gradi) 48 nm p 46 44 Tipo II (eoe) 42 Tipo II (oee) 40 Tipo I (ooe) 38 36 34 32 30 28 26 650 700 750 800 850 900 950 1000 1050 Lunghezza d'onda del segnale (nm) Figura 3.12: Andamento dell’angolo θm per i diversi tipi di phase matching per il BBO la dipendenza dell’angolo di phase matching dalla lunghezza d’onda è maggiore nel caso di phase matching di tipo II rispetto al tipo I: da questo dipende il fatto che il phase matching di tipo II è più stringente e sperimentalmente più delicato da trovare rispetto al phase matching di tipo I. 77 3.2. Gli stadi di amplificazione parametrica Amplificazione parametrica con impulsi ultrabrevi La trattazione dell’amplificazione parametrica data finora è relativa a fasci interagenti monocromatici. Nell’OPA realizzato in laboratorio invece i fasci incidenti sul cristallo sono degli impulsi di durata minore di 100fs, il cui campo elettrico si può scrivere come E(z,t) = Re{A(z,t)exp[i(ω t − kz)]} , che si propagano nel cristallo con velocità di gruppo diverse. Bisogna quindi tenerne conto e possiamo quindi, ricordando quanto fatto in par.2.4.3, scrivere le equazioni differenziali che descrivono il processo, usando la SVEA e trascurando sia l’allungamanto temporale dell’impulso dovuto alla dispersione di secondo grado e ordini superiori, sia gli effetti non lineari di ordini superiori al secondo: ∂ As 1 ∂ As deff ωs ∗ + = −i Ai A p · e−i∆kz ∂ z v ∂ t cn gs s ∂A 1 ∂ Ai deff ωi ∗ i + = −i As A p · e−i∆kz ∂ z v ∂ t cn g i i deff ω p ∂ Ap 1 ∂ Ap + = −i As Ai · e+i∆kz ∂z vg p ∂ t cn p (3.20) Per ottenere alcune informazioni utili da queste equazioni senza doverle risolvere numericamente, ci mettiamo in un sistema di riferimento che si muove con la velocità di gruppo della pompa. Le equazioni della trasformazione sono [25]: z→r=z t → τ = t − z/vgp ∂ ∂ 1 ∂ → − ∂z ∂ r vgp ∂ τ ∂ ∂ → ∂t ∂τ (3.21) 78 Capitolo 3. Realizzazione della pompa Raman tunabile Per cui otteniamo le equazioni: 1 ∂ As 1 ∂ As deff ωs ∗ + − Ai A p · e−i∆kr = −i ∂ r v v ∂ τ cn gs gp s ∂A 1 deff ωi ∗ 1 ∂ Ai i = −i + − As A p · e−i∆kr ∂ r v v ∂ τ cn gi gp i deff ω p ∂ Ap = −i As Ai · e+i∆kr ∂r cn p (3.22) Osservando queste equazioni si nota subito che nel caso di impulsi ultrabrevi il group velocity mismatch (GVM) ovvero la differenza tra l’inverso delle velocità di gruppo dei fasci interagenti gioca un ruolo essenziale nel processo. Infatti il GVM tra la pompa e i fasci a frequenza minore pone un limite alla lunghezza d’interazione per l’amplificazione parametrica, mentre il GVM tra segnale e idler determina la larghezza di banda di phase matching. Prendendo in considerazione la distanza l dopo la quale il segnale o l’idler si separano dalla pompa, definita come l jp = τ /δ jp con j = s, i, in cui τ rappresenta la durata degli impulsi e δ jp il GVM tra il segnale o l’idler e l’impulso di pompa, si nota che essa si riduce al diminuire della durata degli impulsi, e all’aumentare del GVM. Questo rende più problematico l’utilizzo di cristalli più lunghi di questa distanza caratteristica al fine una maggiore efficienza. In particolare è necessario tenerne conto quando si lavora nel visibile, come nell’OPA realizzato, in quanto il GVM è generalmente più alto in questo range spettrale. Sono inoltre significativamente diversi i casi in cui il prodotto δip δsp ha segno positivo o negativo. Alla determinazione del segno concorrono molti fattori come il range spettrale da amplificare, la frequenza della pompa, il tipo di materiale usato e il tipo di phase matching. Quando il segno è positivo segnale e idler si allontanano dall’impulso di pompa nella stessa direzione, per cui il guadagno diminuisce per distanze di propagazione maggiori di l. Mentre nel caso in cui il segno del prodotto è negativo, segnale e idler si muovono in direzioni opposte rispetto alla pompa, con l’effetto di rimanere di fatto localizzati sul fascio di pompa. Immaginando infatti una situazione in cui il segnale si sposta leggermente a destra del fascio di pompa, avremo quindi che l’idler generato, che va verso sinistra, si ritroverà a muoversi verso il picco della pompa. Allo stesso modo se l’idler si sposta verso la sinistra del fascio di pompa, 79 3.2. Gli stadi di amplificazione parametrica i fotoni di segnale generati si muoveranno verso destra ovvero verso il picco della pompa. In questo modo si viene a creare una concentrazione di fotoni di idler e di segnale in corrispondenza del picco della pompa, fenomeno che dà luogo ad un guadagno che cresce esponenzialmente anche per distanze maggiori di l. Per cristalli più lunghi della distanza di separazione tra i fasci è necessario risolvere numericamente le equazioni 3.22 per ottenere risultati sul guadagno dell’amplificazione. Per cristalli più corti possiamo invece trascurare in prima approssimazione gli effetti del GVM tra pompa e fasci a frequenza minore e utilizzare i risultati ottenuti integrando le equazioni relative alle onde monocromatiche per avere una stima delle quantità legate al guadagno. Larghezza di banda di phase matching Andiamo ora a mostrare come il GVM tra il segnale e l’idler ponga un limite alla larghezza della banda di guadagno. Mettendoci quindi nella condizione in cui la lunghezza L del cristallo è minore della distanza di separazione tra i fasci in cui possiamo utilizzare l’equazione per il guadagno trovata nel paragrafo 2.60. Supponiamo di aver soddisfatto la condizione di phase matching per una data frequenza ωs del segnale e per la corrispondente frequenza ωi dell’idler. Vediamo cosa succede se il segnale aumenta di una quantità ∆ω : per la conservazione dell’energia la frequenza dell’idler diventa ωi − ∆ω . Per piccoli ∆ω il mismatch del vettore d’onda può essere sviluppato al primo ordine, ottenendo: 1 ∂ ks ∂ ki 1 ∼ ∆k = − ∆ω ∆ω − ∆ω = ∂ ωs ∂ ωi vgs vgi (3.23) Possiamo quindi utilizzare questa equazione inserendola nell’espressione del guadagno, dopo aver così approssimato il parametro g definito nell’equazione 2.65: r ∆k2 ∆k2 g = Γ2 − ≈ Γ− (3.24) 4 8Γ Come abbiamo visto, in approssimazione di grande guadagno (gL >> 1), sinh2 (gL) ≈ e2gL /4. Per cui per l’andamento del guadagno abbiamo: ∆ω L − 4Γ L L 2 2 Γ2 1 Is (L) (1/vgs −1/vgi )2 = 2 e2gL ≈ e2ΓL e− 4Γ ∆k = G0 e− 4Γ ∆k = G0 e G= Is0 4g 4 2 (3.25) La larghezza della banda di guadagno sotto l’ipotesi fatte si trova quindi come larghezza a mezza altezza della Gaussiana ottenuta in 3.25, per cui, in frequenza, 80 Capitolo 3. Realizzazione della pompa Raman tunabile si ha: 2(ln(2))1/2 ∆ν ≈ π 1/2 Γ L 1 1 vgs − v1gi (3.26) Quindi un grande GVM tra il segnale e l’idler riduce la larghezza di banda di phase matching. A questo punto possiamo osservare intuitivamente una significativa differenza nell’andamento della larghezza di banda di guadagno tra il phase matching di tipo I e il phase matching di tipo II. Infatti sappiamo che: 1 1 ∂ n(ω ) ∂k = = n(ω ) + ω vg ∂ ω c ∂ω (3.27) Nel primo caso il fascio del segnale e quello dell’idler risentono dello stesso indice di rifrazione ordinario no (ω ), quindi la larghezza di banda è maggiore e aumenta all’avvicinarsi alla condizione di degenerazione (ωs = ωi )6 . Per quanto riguarda il phase matching di tipo II invece, dato segnale e idler risentono di indici di rifrazione diversi, la larghezza di banda è minore e rimane approssimativamente costante sul range di tunabilità spettrale. Pertanto il phase matching di tipo I viene usato nell’amplificazione a banda larga per la compressione degli impulsi, mentre il phase matching di tipo II è preferibile quando si vogliono ottenere impulsi a banda relativamente stretta tunabili, in particolare per applicazioni spettrocopiche. Aspetti applicativi Per quanto riguarda le caratteristiche comuni di implementazione degli amplificatori parametrici le parti fondamentali sono tre: la generazione del segnale, un primo stadio di amplificazione e un secondo stadio di amplificazione. Il segnale viene nella maggior parte dei casi prodotto tramite la generazione di un continuum di luce bianca (white light continuum-WLC)) o tramite la superfluorescenza parametrica 7 . La generazione di WLC, tecnica da noi utilizzata per produrre il segnale nell’OPA, si ottiene focalizzando un impulso ultrabreve in un materiale trasparente, come la silice, lo zaffiro o il floruro di calcio (CaF2 ). Dalla combinazione degli effetti non lineari del terzo ordine self-focusing e SPM risulta 6 in cui l’equazione 3.26 non vale più e bisogna cosiderare lo sviluppo di ∆k al secondo ordine. parametrica del rumore quantistico 7 amplificazione 3.2. Gli stadi di amplificazione parametrica un forte allargamento spettrale; una buona qualità del fascio in uscita si ottiene con un singolo filamento autofocalizzato. La successiva amplificazione viene effettuata in due stadi in quanto l’utilizzazione di due cristalli invece di uno di lunghezza doppia permette di limitare la separazione degli impulsi dovuta al GVM tra pompa e segnale e regolare opportunamente l’intensità della pompa nei due stadi. E’ possibile far incidere pompa e segnale sul cristallo anche sfruttando una geometria non collineare. La geometria non collineare consente, tramite l’introduzione di un altro grado di libertà, l’angolo α tra pompa e segnale, di ottenere il phase matching per larghezze di banda di guadagno molto ampie, cosa che risulta utile nella compressione degli impulsi. Questa geometria permette inoltre, e per questo è stata da noi utilizzata nei due stadi amplificazione parametrica, di separare agevolmente i fasci in uscita senza la necessità di selezionare la polarizzazione o mettere filtri. 3.2.2 Descrizione dell’amplificatore parametrico realizzato Il sistema, che comprende l’OPA e la compressione spettrale, è stato realizzato su una bredboard presso il National Laboratory of Ultrafast and Ultraintense Optical Science del dipartimento di Fisica del Politecnico di Milano. Il sistema laser è sostanzialmente lo stesso di quello descritto nel par. 3.1.2. Il fascio in uscita dal laser era diviso tra vari esperimenti. In ingresso al nostro sistema si avevano 180µ J. Una volta costruito e caratterizzato, il sistema è stato trasportato a Roma presso il laboratorio Femtoscopy. Dopo il trasferimento sono stati necessari alcuni adattamenti dovuti al diverso valore dell’energia entrante, attualmente 1.6mJ, e alla polarizzazione. Per evitare di danneggiare i cristalli 8 è stato necessario utilizzare un filtro a densità neutraprima del primo stadio, e passare da una lente con focale 400mm ad un telescopio per la pompa del secondo stadio. Inoltre il fascio in ingresso a Milano era polarizzato S, mentre quello di Roma è polarizzato P9 . La polarizzazione S consente di trovare più facilmente l’angolo di phase matching in quanto è possibilie ruotare il cristallo sul piano orizzontale senza la limitazione data da dover utilizzare esclusivamente il tilt del montaggio. 8 Il BBO ha una soglia di danneggiamento di qualche centinaio di GW /cm2 al tavolo ottico 9 Parallelo 81 82 Capitolo 3. Realizzazione della pompa Raman tunabile Pertanto è stato necessario inserire all’ingresso del sistema una lamina λ /2 per ruotare di 90◦ la polarizzazione. Il fascio entrante viene suddiviso da un beam splitter 70R/30T . La riflessione serve per la pompa del secondo stadio, mentre la trasmissione è utilizzata per il primo stadio di amplificazione. Il fascio trasmesso dal primo beam splitter, dopo aver attraversato il filtro a densità neutra, viene ulteriormente suddiviso da un secondo beam splitter 92T /8R. La trasmissione è usata per la pompa del primo stadio, mentre la riflessione viene impiegata per la generazione del segnale. 3.2.3 Generazione del segnale Il WLC da utilizzare come segnale viene generato (vedi figura 3.13) grazie alla focalizzazione degli impulsi in un cristallo di 2mm di zaffiro. La generazione del bianco è un processo a soglia, quindi è necessario regolare accuratamente l’energia dell’impulso incidente e la focalizzazione per mettersi subito sopra la soglia che consente di ottenere un solo filamento di luce bianca. Zaffiro f=50 f=100 Figura 3.13: Schema della generazione del WLC 83 3.2. Gli stadi di amplificazione parametrica Il fascio viene diretto da uno specchio di argento su una lente di BK7 con lunghezza focale di 100mm, passando attraverso un attenuatore variabile lineare, montato su un traslatore, per la regolazione dell’energia. La lente focalizza il fascio sul cristallo di zaffiro che è montato su un traslatore per poter variare la sua posizione rispetto al fuoco della lente. Intensità (unità arb.) 10000 1000 100 10 1 840 860 880 900 920 940 960 980 Lunghezza d'onda (nm) Figura 3.14: Spettro del bianco dopo filtro cut-on 830nm All’uscita dal cristallo il fascio di luce bianca viene collimato da una lente di BK7 con focale 50mm opportunamente dotata di un traslatore. Lo spettro del bianco presenta, come ovvio, un picco in corrispendenza della lunghezza d’onda della luce incidente sul cristallo, nel nostro caso 800nm. Questo fatto può creare problemi nell’amplificazione di lunghezze d’onda vicine a 800nm. Quindi per ovviare a ciò si utilizza un filtro cut − on 830nm da posizionare subito dopo il cristallo quando si vogliono amplificare lunghezze d’onda tra 830nm e 900nm, mentre per le frequenze tra 700nm e 780nm si può utilizzare un filtro interferenziale con banda di 10nm a 810nm da posizionare prima del cristallo. 84 Capitolo 3. Realizzazione della pompa Raman tunabile 3.2.4 Primo stadio La figura 3.15 illustra dettagliatamente il set up per la realizzazione del primo stadio di amplificazione. Il fascio trasmesso dal secondo beam splitter passa attraverso una linea di ritardo, per la quale sono stati utilizzati specchi dielettrici con coating a 800nm e incidenza 45◦ e viene quindi diretto da altri due specchi dello stesso tipo sul cristallo per la SHG. Il cristallo è di BBO, ha uno spessore di 1mm ed è tagliato per un phase matching di tipo I con θ = 29.2◦ . Dopo la generazione di seconda armonica la fondamentale viene soppressa tramite l’uso di un filtro passa-banda (Schott BG38) spesso 1mm. Questo fascio, di 15µ J di energia, viene quindi utilizzato come pompa del primo stadio, focalizzato subito prima del cristallo per l’amplificazione parametrica (BBO 1mm, θ 29.2◦ ) da una lente di silice con focale 200mm. In questo modo, in assenza del fascio di segnale, si verifica la formazione di un cono di luce coassiale con il fascio di pompa. Intercettando il fascio con uno schermo infatti si osserva un anello detto di superfluorescenza;10 questo anello è costituito dall’amplificazione dei fotoni del rumore quantistico che verificano le condizioni di phase matching. Il segnale proveniente dal processo di generazione del bianco visto in precedenza viene diretto tramite due specchi di argento sul cristallo per l’amplificazione parametrica. L’angolo tra la pompa e il segnale è ridotto al minimo, per massimizzare la lunghezza di interazione tra i fasci, sfruttando così tutto il cristallo. La focalizzazione migliore per il fascio di segnale si ottiene quando le sue dimensioni trasversali nel cristallo sono confrontabili con quelle del fascio di pompa. La perfetta sovrapposizione permette, infatti, l’interazione completa tra i fasci e quindi il massimo svuotamento dell’energia della pompa. Per modificare la grandezza dello spot del segnale incidente sul cristallo di BBO è possibile aggiustare la posizione della lente dopo il cristallo di zaffiro utilizzando il traslatore. Le lunghezze d’onda nel visibile che possono essere amplificate vanno dal verde 10 La comparsa dell’anello di superfluorescenza viene considerata come l’evidenza del fatto che si sono raggiunte le condizioni di focalizzazione ottimali. 85 3.2. Gli stadi di amplificazione parametrica Secondo stadio 70R 30T 92T 8R f=100 BBO SHG Linea di ritardo f=200 Zaffiro WLC f=50 BBO 1° OPA f=125 Figura 3.15: Schema del primo stadio di amplificazione ( 500nm) in su, ma per la successiva applicazione alla compressione spettrale con generazione di seconda armonica vengono utilizzate solo quelle oltre i 650nm, in quanto la prima applicazione della pompa Raman sarà lo studio dei modi vibrazionali associati alla transizione Soret la cui lunghezza d’onda è tipicamente 86 Capitolo 3. Realizzazione della pompa Raman tunabile intorno ai 400nm. Nel NIR abbiamo amplificato efficacemente fino a 1020nm. L’energia degli impulsi che escono dal primo stadio di amplificazione va da 0.5µ J per gli impulsi con lunghezza d’onda nel NIR a 1µ J per gli impulsi con lunghezza d’onda nel visibile. 1,0 Intensità (unità arb.) 0,8 0,6 0,4 0,2 0,0 600 700 800 900 1000 Lunghezza d'onda (nm) Figura 3.16: Alcuni spettri del primo stadio di amplificazione, ottenuti variando l’angolo di phase matching e il ritardo temporale tra pompa e segnale 3.2.5 Secondo stadio Il fascio riflesso dal primo beam splitter passa attraverso un cristallo di BBO lungo 1mm con θ = 29.2◦ per la SHG. La fondamentale viene filtrata attraverso l’uso di specchi dielettrici con coating a 400nm fino a portare sul cristallo per l’amplificazione parametrica 150µ J di seconda armonica. Le dimensioni del fascio in uscita dal cristallo di SHG vengono ridotte di 1/3, tramite l’uso di un telescopio con lenti di silice con focale 300mm e −100mm per aumentare l’intensità, senza però raggiungere la soglia di danneggiamento del BBO. Come nel caso del primo stadio il fascio di pompa percorre una linea di ritardo in modo da essere temporalmente sovrapposto al segnale. 87 3.2. Gli stadi di amplificazione parametrica BBO SHG Segnale amplificato: ~650-1020nm f=300 primo stadio IDLER BBO 2° OPA f=-100 Linea di ritardo f=125 Figura 3.17: Schema del secondo stadio di amplificazione Il segnale in uscita dal primo stadio viene raccolto da uno speccho sferico a focale 125mm e portato sul cristallo per l’amplificazione parametrica tramite l’uso di due specchi piani di argento che permettono, come nel caso del primo stadio, la sovrapposizione spaziale di pompa e segnale. 88 Capitolo 3. Realizzazione della pompa Raman tunabile Segnale e pompa vanno quindi ad incidere sul cristallo per l’amplificazione parametrica. In questo caso è stato utilizzato un cristallo di BBO lungo 1mm tagliato per il phase-matching di tipo II (os + ei → e p ) con θ = 42.4. Si è utilizzato il phase-matching di tipo II perché in questo modo si ha banda di guadagno più stretta quindi maggiore concentrazione di energia intorno alla frequenza centrale (vedi fig.3.18). Dato che il processo di compressione spettrale ha una larghezza di banda di accettazione finita (par.3.3.2 equazione 3.34), è necessario, per avere una buona efficienza, che lo spettro in uscita dal secondo stadio rientri in questo range. 1,0 secondo stadio tipo I secondo stadio tipo II primo stadio Intensità (unità arb.) 0,8 0,6 0,4 0,2 0,0 800 900 1000 Lunghezza d'onda (nm) Figura 3.18: Confronto tra spettri in uscita dal secondo stadio con phase matching di tipo I e II e spettro in uscita da primo stadio 89 3.2. Gli stadi di amplificazione parametrica In uscita dal secondo stadio di amplificazione si ottengono quindi impulsi di lunghezza d’onda accordabile tra 650nm e 1020nm, con larghezze di banda da 11nm a 22nm, con energie che vanno da 20µ J nell’IR a 30µ J nel visibile. 1,0 0,8 Intensità (unità arb.) 0,6 0,4 0,2 0,0 600 650 700 750 800 850 800 850 900 950 1000 1050 1,0 0,8 0,6 0,4 0,2 0,0 Lunghezza d'onda (nm) Figura 3.19: Alcuni spettri in uscita dal secondo stadio di amplificazione, ottenuti variando l’angolo di phase matching e il ritardo tra pompa e segnale 90 Capitolo 3. Realizzazione della pompa Raman tunabile 3.3 La compressione spettrale 3.3.1 Tecniche di riduzione della larghezza di banda Esistono diverse tecniche di filtraggio spettrale, lineari e non. Le tecniche lineari sono poco efficienti in quanto il restringimento dello spettro è proporzionale alla perdita di energia. Utilizzando fenomeni di ottica non lineare è possibile trasferire una parte maggiore dell’energia dall’impulso a banda larga all’impulso a banda stretta. Il metodo lineare più semplice è l’utilizzo di un filtro interferenziale passabanda. Questa tecnica viene utilizzata per esperimenti di FSRS o utilizzando direttamente la luce filtrata a partire da impulsi provenienti da un laser a Ti:Sa, quindi con lunghezza d’onda di circa 800nm, oppure come in [26] dopo una generazione di seconda armonica per avere impulsi centrati a 400nm. Questo metodo, indubbiamente comodo per la semplicità di implementazione, ha come punti deboli la bassa efficienza (si perde l’energia relativa alle lunghezze d’onda soppresse, e per ottenere energie dell’ordine del µ J si incorre facilmente nel danneggiamento del filtro stesso), la limitata riduzione di banda (∼ 1nm), e la ridottissima tunabilità (pochi nm inclinando il filtro). Un’altra tecnica lineare è il filtraggio spettrale tramite reticolo e fenditura [27, 1]: l’impulso viene disperso da un reticolo e quindi focalizzato su una fenditura con apertura e posizione regolabili, la cui variazione permette di variare rispettivamente larghezza di banda e lunghezza d’onda del fascio in uscita; il fascio viene quindi focalizzato su un secondo reticolo per eliminare la dispersione spaziale. I reticoli e la fenditura distano dalle lenti una distanza focale: in questo modo si rende trascurabile la dispersione della velocità di gruppo (GVD) del filtro e, quindi, si ha un impulso in uscita privo di chirp. Con questo sistema l’energia del fascio in uscita è proporzionale alla sua larghezza, e la tunabilità è ovviamente limitata dalla larghezza di banda dell’impulso in ingresso, si riescono però ad ottenere impulsi con energie dell’ordine dei µ J e larghezza inferiore a 1nm. Una possibile variante è quella di usare un solo reticolo in doppio passaggio, posizionando uno specchio dietro la fenditura. Questo set up, con l’utilizzo di un reticolo da 1200 linee/mm con blazing ottimizzato a 800nm e una lente 3.3. La compressione spettrale cilindrica con focale 150mm, costituisce la pompa Raman intorno a 800nm nel nostro laboratorio. Venendo alle tecniche non lineari, ampiamente diffusa è la Figura 3.20: Schema di due possibili implementazioni del filtro con reticolo e fenditura generazione di frequenza somma tra due impulsi con chirp opposto [26, 28, 29]. In modo analogo si può sfruttare la generazione di frequenza differenza tra due impulsi con lo stesso chirp [30]. Uno schema di massima del set up nel caso della SFG è mostrato in fig.3.21. Il fascio viene diviso in due da un beam-splitter, e ai due fasci vengono dati chirp opposti tramite l’uso di reticoli. I fasci vengono poi fatti incidere non collinearmente su un cristallo non lineare per la SFG11 . Il principio alla base di questa tecnica sta nel fatto che quando un impulso ha un chirp i colori arrivano ad istanti divesi, quindi, se si riesce a dare il giusto chirp ai due impulsi facendo in modo che sul cristallo arrivino in un dato istante solo i colori che sommati o sottratti danno una certa lunghezza d’onda, l’impulso in uscita non ha chirp e la sua larghezza di banda risulta essere più stretta di quella degli impulsi incidenti proprio nella misura in cui si riesce a fare in modo che questa somma o differenza sia sempre costante. Quindi maggiore è il chirp, più le frequenze sono distanziate e, quindi, maggiore è la riduzione della banda che 11 La geometria non collineare permette di scegliere un angolo per cui i due fasci non vengono convertiti singolarmente nella seconda armonica e di avere il segnale in uscita lungo la bisettrice dell’angolo tra i fasci 91 92 Capitolo 3. Realizzazione della pompa Raman tunabile si può ottenere. Nel caso semplice di un chirp lineare si avrà per le frequenze Figura 3.21: Schema di principio di un set up per SFG con implusi con chirp opposto dei due impulsi incidenti ω1 = ω0 + α t e ω2 = ω0 − α t + δ t per cui la frequenza dell’impulso generato sarà ω3 = 2ω0 + δ t. Questa tecnica, se applicata direttamente alla fondamentale del laser, permette solo una limitata accordabilità, grazie alla variazione del ritardo δ t. Il suo utilizzo in successione ad un OPA è possibile,anche se non molto efficiente a causa dell’utilizzo dei reticoli, ma abbastanza complicato, anche perché i reticoli sono ottimizzati per una data lunghezza d’onda. Noi abbiamo scelto, quindi, di utilizzare la tecnica di compressione che sfrutta la SHG in cristalli lunghi in presenza di grande GVM [31, 32], descritta nel paragrafo seguente, in successione ad un OPA nel visibile e NIR, per avere tunabilità e semplicità di implementazione. Questa tecnica è stata utilizzata [33, 34]in successione ad una fibra non lineare che può generare impulsi tunabili variando il chirp degli impulsi in entrata, ma l’ulteriore semplicità di questo set up non sarebbe riproducibile nel nostro caso, in quanto per il pompaggio della fibra vengono utilizzati laser a Erbio ( 1500nm), a Ytterbio ( 1000nm) o OPA con lunghezze d’onda in uscita di 1500nm. 93 3.3. La compressione spettrale 3.3.2 SHG in cristalli lunghi in presenza di grande GVM Quando due impulsi con frequenze o direzione di polarizzazione diversa attraversano un mezzo trasparente, possono, dopo una certa distanza, separarsi a causa delle loro differenti velocità di gruppo. Come abbiamo visto parlando degli OPA nel paragrafo 3.2.1, il GVM consiste nella differenza dell’inverso delle velocità di gruppo: GV M = 1 1 ∂ k ∂ k − = − vg1 vg2 ∂ ω 1 ∂ ω 2 Il GVM riduce la larghezza di banda di phase-matching, e questo effetto viene sfruttato per produrre degli impulsi a banda stretta attraverso SHG e SFG in un cristallo di BBO partendo dagli impulsi generati da un OPA costruito appositamente. La possibilità di variare la lunghezza d’onda della pompa Raman si ottiene modificando la lunghezza d’onda dell’impulso fornito dall’OPA e variando la condizione di phase-matching di conseguenza. Per avere una stima della larghezza di banda attesa utilizzando questa tecnica di compressione spettrale, possiamo immaginare di far variare la frequenza della fondamentale (ωFF ) di ∆ω /2 e quindi - dato che la frequenza della seconda armonica è ωFF + ωFF = 2ωFF = ωSH - di far variare la seconda armonica di ∆ω . In questo modo, sviluppando il wave vector mismatch ∆k al primo ordine si ottiene: ∆k = per cui ∂ k ∂ k ∆ω /2∆k = ∆ω ∂ ω FF ∂ ω SH 2∆k − ∆k = ∂ k ∂ k ∆ω − ∂ ω FF ∂ ω SH (3.28) (3.29) quindi, utilizzando la definizione di velocità di gruppo data in precedenza: ∆k = 1 vgFF − 1 vgSH (3.30) Dato che l’intesità della seconda armonica è ISH ∝ sinc2 ( ∆kL 2 ) e che sinc2 ( ∆kL 2 ) = 1/2 quando ∆kL 2 ≈ 0.4429π si ha che la semilarghezza a mezza al- tezza in funzione della pulsazione è |δ |∆ωHW HM L 2 = 0.4429π , da cui si ottiene per la larghezza a mezza altezza in frequenza: ∆νFW HM = 0.886 |δ |L (3.31) 94 Capitolo 3. Realizzazione della pompa Raman tunabile Dove con |δ | indichiamo il GVM tra la fondamentale e la seconda armonica, ovvero |δ | = |1/vgFF − 1/vgSH |. In presenza di grande GVM e cristalli lunghi, quindi, è possibile generare la seconda armonica a banda stretta. Per quanto riguarda l’efficienza di questo processo, ci si potrebbe aspettare che essa sia bassa in quanto solo una piccola parte di spettro della fondamentale viene trasformata nella seconda armonica. In realtà, dato che in ingresso c’è un impulso a banda larga, le frequenze di seconda armonica possono essere generate anche come risultato di generazione di frequenza somma (SFG) tra le componenti spettrali dell’impulso della fondamentale simmetriche ripetto alla frequenza di phase-matching ωFF . Infatti, se consideriamo due frequenze ω1 = ωFF + ∆ω e ω2 = ωFF − ∆ω possiamo sviluppare in serie i vettori d’onda alle frequenze corrispondenti: k(ω1 ) = k(ωFF ) + 1 ∂ 2 k ∂ k ∆ω + ∆ω 2 ∂ ω FF 2 ∂ ω 2 FF (3.32) 1 ∂ 2 k ∂ k k(ω1 ) = k(ωFF ) − ∆ω + ∆ω 2 ∂ ω FF 2 ∂ ω 2 FF Quindi per phase mismatch del processo di SFG si ottiene: ∆k = k(ω1 ) + k(ω2 ) − k(ωSH ) ≈ ∂ 2 k ∆ω 2 ∂ ω 2 FF (3.33) Per cui abbiamo una larghezza di banda della fondamentale12 che può effettivamente essere convertita in seconda armonica pari a [31]: ∆νFF = 0.886 1/2 2 2π L ∂∂ωk2 (3.34) FF In questo modo è possibile convertire in modo efficiente un impulso a banda larga in un impulso di seconda armonica a banda stretta. 3.3.3 Realizzazione sperimentale Per produrre impulsi di seconda armonica a banda stretta sfruttando il processo appena descritto si è utilizzato come fondamentale il segnale amplificato in uscita dall’OPA, in modo tale da ottenere per le lunghezze d’onda della seconda armonica 12 Risolvendo le equazioni per i tre campi in cui ω = ω = ω FF si trova che anche l’intensità della 1 2 2 fondamentale è ∝ sinc (x), con un valore dell’argomento diverso rispetto al caso della SH [35, 36] 95 3.3. La compressione spettrale valori tra ∼ 350nm e ∼ 450nm, con cui sfruttare il Raman risonante in corrispondenza della banda Soret delle emoproteine. Uno schema di principio del set-up realizzato è illustrato in figura 3.22. 800 nm 1.6mJ 1kHz 50fs OPA VIS/ NIR ω WLG primo stadio tipo I secondo stadio tipo II SHG COMPRESSIONE SPETTRALE BBO SHG Figura 3.22: Schema complessivo del set up realizzato:OPA in due stadi e compressione spettrale Per la generazione di seconda armonica sono stati utilizzati due cristalli di BBO tagliati per il phase matching di tipo I a θ = 31.3◦ e θ = 27.6◦ lunghi rispettivamente 20mm e 25mm. Gli angoli sono tali da poter trovare agevolmente il phase matching: nella regione in cui la lunghezza d’onda della fondamentale è nel visibile con il cristallo tagliato a θ = 31.3◦ ; nella regione in cui la lunghezza d’onda della fondamentale è nel vicino infrarosso con il cristallo tagliato a θ = 27.6◦ . L’andamento del valore dell’angolo di phase matching in funzione della lunghezza d’onda è mostrato in figura 3.23. La condizione di phase matching per le frequenze intorno a quelle corrispondenti agli angoli ai quali sono tagliati i cristalli è ottenuta ruotando il cristallo orizzontalmente . La maggiore lunghezza del cristallo tagliato per il phase matching nell’IR com- 96 Capitolo 3. Realizzazione della pompa Raman tunabile Angolo di phase matching (gradi) 36 34 32 30 28 26 24 650 700 750 800 850 900 950 1000 Lunghezza d'onda (nm) Figura 3.23: Angolo di phase-matching per la generazione di seconda armonica nel BB0 con phase matching di tipo I. I punti in rosso sono gli angoli ai quali sono stati tagliati i cristalli pensa in parte il fatto che per il BBO il GVM tra fondamentale e seconda armonica ha un andamento decrescente in funzione della lunghezza d’onda, come si può vedere dalla figura 3.24. 0,30 GVM (ps/mm) 0,25 0,20 0,15 0,10 650 700 750 800 850 900 950 1000 Lunghezza d'onda (nm) Figura 3.24: GVM tra FF e SH per il BBO Dovendo sfruttare l’intera lunghezza del cristallo in modo tale da ottenere la minima larghezza di banda di seconda armonica secondo l’equazione 3.31, è stato necessario tenere in considerazione il walkoff spaziale dovuto al fatto che in 97 3.3. La compressione spettrale un cristallo birifrangente per impulsi con polarizzazione straordinaria il vettore di Poynting non è parallelo al vettore d’onda k . Quindi in un cristallo uniassico la distribuzione dell’intensità del fascio si sposta di un angolo β rispetto al vettore d’onda k dato dalla relazione [25]: tan(β ) = sinθm cosθm (n2e − n2o ) n2e cos2 θm + n2o sin2 θm (3.35) con β positivo nel caso dei cristalli uniassici positivi (ne > no ) e negativo per Angolo di walk off (gradi) quelli negativi come il BBO. -3,2 -3,4 -3,6 -3,8 -4,0 -4,2 w ottimale sul cristallo (mm) -4,4 650 700 750 800 850 900 950 1000 650 700 750 800 850 900 950 1000 0,9 0,8 0,7 0,6 Lunghezza d'onda (nm) Figura 3.25: Angolo di walkoff:la SH si avvicina all’asse straordinario rispetto alla FF Per ovviare al fatto che, a causa del walkoff, dopo una certa distanza le distribuzioni di intensità della fondamentale e della seconda armonica generata non si sovrappongono più, è necessario operare sulla grandezza dello spot incidente sul cristallo. Dato che l’efficienza del processo di generazione di seconda armonica 98 Capitolo 3. Realizzazione della pompa Raman tunabile dipende dall’intensità della fondamentale non è però opportuno espandere troppo il fascio, per cui la grandezza dello spot ottimale è quella per cui 2w = Ltanβ . La regolazione della grandezza del fascio viene eseguita volta per volta con telescopi con magnificazione maggiore o minore di uno a seconda della grandezza del fascio in uscita dal secondo stadio di amplificazione parametrica. Nella figura 3.25 è riportato l’andamento dell’angolo di walk off in funzione della lunghezza d’onda e il waist ottimale sul cristallo, considerando di utilizzare sotto gli 800nm il cristallo lungo 20mm e per lunghezze d’onda maggiori il cristallo lungo 25mm per contrastare l’effetto della riduzione del GVM. Capitolo 4 Performance del set up realizzato e conclusioni A conclusione dell’illustrazione del lavoro svolto e dell’apparato realizzato, in questo capitolo esporremo la caratterizzazione del sistema e presenteremo gli importanto obiettivi raggiunti, in particolare per quanto riguarda la tunabilità e la larghezza di banda ed anche una valutazione complessiva dell’efficienza dell’apparato. Infine, sulla base dei risultati ottenuti, prenderemo in esame le prospettive di applicabilità del sistema. 4.1 Tunabilità Gli impulsi di seconda armonica in uscita dal sistema possono essere separati dalla fondamentale tramite l’uso di prismi Brewster-cut di silice o con la riflessione su specchi dicroici, per poter essere caratterizzati e diretti sul campione. Sono stati ottenuti impulsi tunabili tra 330nm (3.75eV ) e 510nm (2.4eV ) accordando contemporaneamente i due stadi dell’amplificatore parametrico e l’angolo di phase matching del cristallo di BBO per la generazione di seconda armonica. Per quanto riguarda le frequenze tra i 390nm e i 410nm si è utilizzata come fondamentale quella ottenuta direttamente dal laser. In figura 4.1 sono mostrati alcuni spettri che coprono il range di accordabilità della pompa presi a Milano con un OMA Ocean Optics S4000. La tunabilità di questo sistema potrà essere estesa ulteriormente, per poter andare 100 Capitolo 4. Performance del set up realizzato e conclusioni 1,0 Intensità (unità arb.) 0,8 0,6 0,4 0,2 0,0 350 400 450 500 Lunghezza d'onda (nm) Figura 4.1: Range di tunabilità della pompa ad indagare una classe ancora più ampia di sistemi, sia verso l’UV che verso lunghezze d’onda maggiori. Infatti l’amplificatore parametrico può fornire lunghezze d’onda fino a 500nm, rendendo possibile, tramite SHG, la generazione di impulsi a banda stretta a partire da 250nm. Sarà in questo caso necessario disporre di un cristallo di BBO tagliato per un angolo di phase-matching opportuno. Per estendere la tunabilità verso il rosso è possibile pompare l’OPA con la fondamentale del laser, in modo tale da avere maggiore energia di pompaggio. Sarebbe però necessario, nella generazione di seconda armonica finale, utilizzare un tipo di cristallo diverso rispetto al BBO1 , in quanto per questo materiale la GVM tra fondamentale e seconda armonica diminuisce molto in questo range spettrale. 4.2 Larghezza di banda ed energia Gli impulsi generati hanno una larghezza di banda inferiore ai 15cm−1 (che corrisponde ad una durata dell’impulso dell’ordine dei picosecondi) ed energia tra i 2µ J per impulsi di seconda armonica la cui fondamentale è nel NIR e i 3µ J 1 ad esempio il tantalato di litio 101 4.2. Larghezza di banda ed energia per gli impulsi la cui fondamentale è nel visibile. Questi valori di energia sono sufficienti per poter utilizzare questi impulsi per esperimenti di FSRS [1]. Confrontiamo ora gli spettri in uscita dal sistema con quelli degli impulsi prima della generazione di seconda armonica nel cristallo di BBO lungo; ricordando che gli impulsi in uscita dall’OPA hanno energie di 20/30µ J e larghezze di banda comprese tra gli 11nm e i 22nm a seconda della lunghezza d’onda, si osserva che si ottengono valori di rendimento energetico del 10% e rapporti di compressione spettrale, ovvero ∆λSH /∆λFF , dell’ordine dell’ 1%. Quindi si ottiene una concentrazione di energia per nanometro circa 10 volte superiore a quella di partenza. L’efficacia della compressione spettrale è evidente dalla figura 4.2. Lunghezza d'onda della seconda armonica (nm) 300 320 340 360 380 400 1,0 Intensità normalizzata 0,8 0,6 0,4 0,2 0,0 660 680 700 720 740 Lunghezza d'onda della fondamentale (nm) Figura 4.2: Spettro della fondamentale (rosso, ottenuto con un OMA ocean optics S2000) e della seconda armonica corrispondente (blu) 102 Capitolo 4. Performance del set up realizzato e conclusioni Per quanto riguarda il confronto delle larghezze di banda con i valori attesi stimati con 3.31, è stato utilizzato un monocromatore Acton SP-2500i, focale 500mm, con il reticolo da 1200 linee/mm per avere una risoluzione maggiore rispetto a quella dello spettrometro utilizzato nelle misure prese a Milano. E’ stato comunque necessario tenere conto della risoluzione del monocromatore, in quanto, come si può vedere in figura 4.3, le larghezze di banda degli impulsi ottenuti sono confrontabili con le righe dello spettro del mercurio. 1,0 spettro @ 346,5nm riga Hg @405nm Intensità (unità arb.) 0,8 0,6 0,4 0,2 0,0 -0,5 0,0 0,5 (nm) 0 Figura 4.3: Confronto dello spettro dell’output della pompa e riga del mercurio Quindi sono stati presi gli spettri di due righe del mercurio, a 405 e 435 nm, e sono stati utilizzati per effettuare la deconvoluzione. Per semplicità abbiamo assunto per gli spettri della pompa un profilo lorentziano. La figura 4.4 mostra la buona corrispondenza tra i risultati ottenuti e quelli attesi, indicati dalla linea tratteggiata. Possiamo sottolineare che i valori della larghezze di banda, tenendo conto della deconvoluzione, sono compresi tra ∼ 6cm−1 e ∼ 11cm−1 . 103 4.2. Larghezza di banda ed energia 0,35 larghezze attese 0,30 larghezze degli spettri misurati larghezza di banda (nm) larghezze degli spettri deconvoluti 0,25 0,20 0,15 0,10 0,05 340 360 380 400 420 440 460 480 500 lunghezza d'onda (nm) Figura 4.4: Confronto della larghezza di banda misurata e attesa Possiamo infine sintetizzare le performance del sistema in una tabella, per poterle agevolmente confrontare con i risultati che sono stati ottenuti con la pompa a reticolo del nostro laboratorio e con il caso di utilizzo di SFG di impulsi con chirp per la realizzazione di una pompa Raman per un set up di FSRS riportato in [26]. tipo ∆λ λ e energia iniziali ∆λ finale tunabilità energia pompa tunabile 30nm a 800nm 1,6mJ <0.3nm 330-510nm 2-3 µ J pompa a reticolo 30nm a 800nm 1,6mJ 0.2-2 nm 790-810nm pompa in [26] 2,3nm a 775nm 150 µ J 0.17nm - - -(λ = 387.5nm) ∼ 10µ J (∆λ 0.4nm) 14µ J Per confrontare questi dati, e in particolare quelli relativi alle pompe Raman nell’UV, quindi la nostra pompa tunabile e la pompa Raman presentata in [26] Se definiamo un parametro di efficienza η della compressione come: η= Iout ∆λin Iin ∆λout (4.1) 104 Capitolo 4. Performance del set up realizzato e conclusioni otteniamo, nel caso della pompa in [26], un valore di ∼ 1.2, mentre nel caso del nostro set up si ottiene un valore di ∼ 0.6. Tuttavia l’energia in entrata al nostro set-up, con ulteriori ottimizzazioni, potrebbe essere sensibilmente diminuita (fino ad avere 1mJ) senza ridurre le prestazioni energetiche2 . Considerando quindi di avere in ingresso 1mJ si potrebbe ottenere un valore del parametro η di valore confrontabile con il caso citato. Quindi con valori del parametro η non dissimili, il grande vantaggio del nostro set-up è l’ampio range di tunabilità. Infine, volendo fare un confronto più accurato, alla stessa lunghezza d’onda, λ = 387, 5nm, bisognerebbe considerare il fatto che questa lunghezza d’onda si può ottenere direttamente come seconda armonica degli impulsi del laser: in questo caso le percentuali di rendimento energetico e compressione spettrale viste all’inizio del paragrafo portano quindi ad un valore di η di ∼ 10. 4.3 Conclusioni In questo lavoro di tesi abbiamo illustrato quanto realizzato e gli obiettivi finora raggiunti, in rapporto al programma che il progetto Femtoscopy si propone nella sua fase di start-up, in particolare per quanto riguarda lo studio delle proteine fotoattive e specificatamente le emoproteine. Attualmente siamo dunque in grado di generare impulsi al picosecondo di 2 − 3µ J di energia, con una larghezza di banda minore di 15cm−1 in un range di tunabilità degli impulsi che si estende da 330nm a 510nm. Tali risultati e gli aspetti tecnici che abbiamo descritto sono oggetto di un lavoro che e’ stato sottoposto alla conferenza CLEO/QLS 2010. Se confrontiamo i valori da noi ottenuti per gli impulsi tunabili al picosecondo con quelli di esperimenti caratteristici di ps − T R3 sulle emoproteine [11], vediamo che sono stati usati ti- picamente come probe impulsi al ps di circa 20 − 30nJ (circa 30cm−1 di banda a 400nm); va dunque evidenziato come nel nostro caso sia già possibile raggiungere risoluzioni e scale di tempo inferiori, con energie disponibili per impulso molto maggiori di quelle riportate in letteratura per il ps − T R3 . Il caso specifico del FixL è oggetto di una collaborazione con il gruppo del Prof. Brunori del dipartimento di 2 in quanto con meno energia entrante si potrebbero ridurre le dimensioni del fascio di pompa del secondo stadio senza rischiare di danneggiare il BBO dell’amplificazione parametrica, permettendo una migliore sovrapposizione spaziale tra segnale e pompa 4.3. Conclusioni Biochimica della Sapienza che ha una notevole esperienza nello studio delle emoproteine. Se poi guardiamo al range di tunabilità del sistema sviluppato, e alle sue possibili estensioni, delle quali si è discusso nel par. 4.1, risulta interessante valutare la quantità di sistemi di interesse biologico accessibili in prospettiva al nostro setup FSRS. In primo luogo i sistemi su cui già sono presenti risultati di FSRS in letteratura, come la rodopsina [3], sono stati osservati fuori risonanza e sarebbe molto interessante riesaminarne il segnale selezionato dal nostro impulso Raman. Inoltre vi sono famiglie importantissime di proteine fotoattive le cui risonanze di maggior interesse risiedono nel range di tunabilità a noi accessibile: per fare un esempio tra i più emblematici, i primi istanti della fotoreazione delle proteine legate alla fotosintesi, reazione tra le più veloci in natura, sono oggetto di innumerevoli studi, dal momento che si ritengono quelle le scale di tempo fondamentali per la comprensione della straordinaria efficienza dei sistemi biologici nella conversione di energia solare in energia chimica. 105 106 Capitolo 4. Performance del set up realizzato e conclusioni Bibliografia [1] D. W. McCamant, P. Kukura, S. Yoon, and R. A. Matheis, “Femtosecond broadband stimulated Raman spectroscopy: Apparatus and methods,” Rev. Sci. Instrum. 75, 4971–4980 (2004). [2] M. Yoshizawa, Y. Hattori, and T. Kobayashi, “Femtosecond time-resolved resonance Raman gain spectroscopy in polydiacetylene,” Phys. Rev. B 49, 13 259–13 262 (1994). [3] P. Kukura, D. 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