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Generazione di impulsi tunabili al picosecondo per
Facoltà di Scienze Matematiche Fisiche e Naturali
Corso di Laurea Specialistica in Fisica
Generazione di impulsi tunabili al
picosecondo per spettroscopia Raman
risolta in tempo
Relatore:
Correlatore:
Dott. Tullio SCOPIGNO
Prof. Giulio CERULLO
Tesi di Laurea di:
Michela BADIOLI
Anno Accademico 2008-2009
Ringraziamenti
Vorrei esprimere un ringraziamento a tutte le persone che mi hanno aiutato a
portare a termine il lavoro di tesi. Innanzitutto ringrazio il Dott. Tullio Scopigno
per avermi dato la possibilità di fare un’esperienza così ricca di risvolti scientifici
e di crescita personale. Un sentito ringraziamento va al Prof. Giulio Cerullo che
mi ha validamente guidato durante lo svolgimento del lavoro al Politecnico di
Milano.
Ringrazio inoltre Daniele Brida per la grande competenza e disponibilità mostrata
nei miei confronti in tutte le fasi del lavoro di tesi. Desidero ancora ringraziare
tutto il gruppo del laboratorio di Femtoscopy per il caloroso sostegno ed i preziosi
suggerimenti: Sofia Kapetanaki, Alessia Quatela ed Emanuele Pontecorvo.
Infine ringrazio tutti quelli che mi hanno incoraggiato durante questi anni di
università: i “fisici”, in particolare Francesca, Laura, Maria e Matteo; gli splendidi
amici conosciuti durante l’Erasmus, soprattutto Anna, Martin e Sakeena per il
loro aiuto; tutti i compagni che conosco dal liceo e da sempre, che mi hanno
sostenuto; i miei cugini, per i bei momenti condivisi; i miei genitori, che mi sono
stati sempre vicini in questo percorso; infine tutti quelli che hanno reso piacevole
il mio soggiorno a Milano.
Indice
Introduzione
3
1 Scattering Raman stimolato con impulsi al femtosecondo
7
1.1
1.2
Elementi generali di spettroscopia Raman . . . . . . . . . . . . .
7
1.1.1
Confronto tra Raman spontaneo e stimolato . . . . . . . .
8
1.1.2
Cenni di Raman risonante . . . . . . . . . . . . . . . . .
10
FSRS . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
12
1.2.1
Raman stimolato in regime impulsato . . . . . . . . . . .
15
1.2.2
Set up sperimentale per un esperimento di FSRS . . . . .
19
1.2.3
Scopo della tesi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
21
2 Richiami di ottica non lineare
27
2.1
Equazioni di Maxwell in presenza di polarizzazione non lineare .
28
2.2
Interazioni non lineari del secondo ordine . . . . . . . . . . . . .
29
2.2.1
Propagazione di impulsi in mezzi non lineari . . . . . . .
30
2.2.2
Interazione tra campi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
32
Conservazione dell’energia e del momento nei processi non lineari
34
2.3.1
Relazioni di Manley-Rowe . . . . . . . . . . . . . . . . .
35
2.3.2
Il Phase matching . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
37
2.3.3
Sovrapposizione spazio-temporale degli impulsi . . . . .
43
Effetti non lineari del secondo ordine . . . . . . . . . . . . . . . .
45
2.4.1
Generazione di seconda armonica-SHG . . . . . . . . . .
45
2.4.2
Generazione di frequenza somma e up conversion . . . . .
47
2.4.3
Generazione di frequenza differenza . . . . . . . . . . . .
49
Effetti non lineari del terzo ordine . . . . . . . . . . . . . . . . .
54
2.3
2.4
2.5
2
Indice
2.5.1
Automodulazione di fase . . . . . . . . . . . . . . . . . .
54
2.5.2
Altri fenomeni del terzo ordine . . . . . . . . . . . . . . .
56
3 Realizzazione della pompa Raman tunabile
3.1
3.2
3.3
59
La sorgente laser . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
60
3.1.1
Impulsi ottici . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
60
3.1.2
Generazione ed amplificazione di impulsi al femtosecondo
66
3.1.3
Misura della durata dell’impulso . . . . . . . . . . . . . .
73
Gli stadi di amplificazione parametrica . . . . . . . . . . . . . . .
75
3.2.1
L’amplificazione ottica parametrica . . . . . . . . . . . .
75
3.2.2
Descrizione dell’amplificatore parametrico realizzato . . .
81
3.2.3
Generazione del segnale . . . . . . . . . . . . . . . . . .
82
3.2.4
Primo stadio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
84
3.2.5
Secondo stadio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
86
La compressione spettrale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
90
3.3.1
Tecniche di riduzione della larghezza di banda . . . . . .
90
3.3.2
SHG in cristalli lunghi in presenza di grande GVM . . . .
93
3.3.3
Realizzazione sperimentale . . . . . . . . . . . . . . . . .
94
4 Performance del set up realizzato e conclusioni
99
4.1
Tunabilità . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
4.2
Larghezza di banda ed energia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 100
4.3
Conclusioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 104
Bibliografia
99
107
Introduzione
Una delle direzioni principali di sviluppo della scienza moderna è quella che porta
ad analizzare strutture sempre più piccole e trasformazioni sempre più veloci in
sistemi complessi. Questa tendenza implica lo studio delle dinamiche di processi
che hanno luogo sulla scala dei tempi dei femtosecondi (10−15 s), che interessa varie discipline: biologia, chimica, scienze dei materiali, etc.
In questo senso, negli ultimi decenni sono state sviluppate tecniche in grado di indagare la materia su scale temporali estremamente brevi. Lo sviluppo di laser che
emettono impulsi al femtosecondo, infatti, ha reso possibile realizzare dei set up
sperimentali che permettono lo studio di processi chimici e biologici che avvengono su scale temporali inferiori al picosecondo.
Lo schema tipico per l’indagine di fenomeni ultraveloci utilizza la tecnica di misura pump-probe. In questa procedura si investe il campione da analizzare con
impulsi pump, innescando così una trasformazione nel campione stesso. Dopo un
intervallo di tempo regolabile, il campione viene investito da un secondo impulso
“sonda” (probe): questo consente di effettuare misure che ne rilevano le proprietà
di interesse. Monitorando l’impulso di probe in funzione del ritardo temporale, si
ottengono informazioni sul processo innescato dal pump con una risoluzione temporale fondamentalmente limitata solo dalla durata degli impulsi.
In ambiti disciplinari quali la biofisica e la fotochimica, di particolare interesse è lo
studio delle modificazioni di strutture molecolari durante reazioni veloci. A questo
scopo si possono seguire due strade: o si utilizzano probe di lunghezza d’onda confrontabile con le dimensioni della struttura molecolare in esame, o si inferiscono le
informazioni attraverso tecniche di spettroscopia ottica.
Nel primo caso, occorre osservare che la diffrazione a raggi X risolta in tempo è
limitata dalla risoluzione temporale (∼ 100ps nel caso di luce di sincrotrone) o da
4
Introduzione
flussi molto bassi, che non sono efficaci nello studio di materia disordinata, mentre
la diffrazione elettronica è uno strumento potente nello studio di sistemi a bassa
densità o dimensionalità, ma la sua grande sezione d’urto ne rende difficile l’applicazione alla materia condensata.
Nel campo delle spettroscopie ottiche, invece, le tecniche di assorbimento IR giocano un ruolo importante grazie alla loro sensibilità ai cambiamenti strutturali, ma
la loro applicazione è limitata a causa della difficoltà tecnica di generare impulsi
laser ultrabrevi nel MIR e nel FIR. Inoltre il fatto che l’acqua produce uno spettro
IR molto intenso rende problematico l’uso di questa tecnica nel caso in cui l’acqua
sia un solvente o un elemento della reazione.
La spettroscopia Raman è complementare all’IR per quanto riguarda le regole di
selezione, e offre molti vantaggi legati all’uso di luce visibile: il contributo dato
dall’acqua allo spettro è piccolo e le sorgenti laser ultraveloci sono reperibili in
questo range.
Purtroppo l’implementazione pump and probe della spettroscopia Raman tradizionale può essere utilizzata per indagare cambiamenti strutturali solo su scale temporali dell’ordine dei picosecondi. Se infatti utilizziamo come sonda la diffusione da
un singolo impulso è chiaro che la risoluzione spettrale ottenibile è inversamente
proporzionale alla durata dell’impulso a causa del limite di Fourier: sotto al picosendo si perde gran parte dei dettagli della struttura del segnale Raman.
Per aggirare le limitazioni della spettroscopia Raman risolta in tempo tradizionale è molto promettente l’utilizzo, recentemente proposto[1, 2], della tecnica FSRS
(Femtosecond Stimulated Raman Spectroscopy), che consente di disaccoppiare risoluzione spettrale e temporale tramite l’impiego di un ulteriore impulso di probe.
In questo caso quindi il probe è costituito da due impulsi, un impulso a banda stretta, detto impulso o pompa Raman, e un impulso la cui durata è dell’ordine dei
femtosecondi e di larghezza di banda sufficientemente larga da poter agire come
campo Stokes per l’acquisizione dell’intero spettro vibrazionale del campione, ottenuto mediante scattering stimolato (detto continuum o impulso di probe).
L’applicazione di questa tecnica ha dato i primi importanti risultati nello studio
delle dinamiche veloci nelle proteine fotoattive: in particolare è stato possibile studiare i primi istanti delle fotoreazioni che dannno origine al processo della visione
tramite l’eccitazione della reazione di fotoimerizzazione cis-trans del cromoforo
retinale nella rodopsina [3].
5
Il progetto Femtoscopy si propone di realizzare un set up per FSRS presso il dipartimento di Fisica della Sapienza [4]. Tra i primi obiettivi del progetto è stato
individuato lo studio delle modifiche nella struttura delle emoproteine in seguito
alla reazione di fotolisi, ovvero la dissociazione dal gruppo eme del ligando (O2 ,
CO, NO) per effetto dell’assorbimento ottico. Questa classe di problemi è stata
affrontata dalla spettroscopia Raman pump-probe tradizionale, che ha lasciato però aperte importanti questioni relative alla ricombinazione del ligando su scale di
tempo inferiori al picosecondo.
In questa tesi viene presentata la realizzazione di una pompa Raman adatta all’applicazione della spettroscopia FSRS alle proteine. E’ stato infatti implementato un
sistema, in collaborazione con il National Laboratory of Ultrafast and Ultraintense
Optical Science del dipartimento di Fisica del Politecnico di Milano, per generare
gli impulsi a banda stretta per avere:
• buona risoluzione spettrale;
• energia dell’ordine dei µ J;
• accordabilità nel range 330/500nm.
Questa estrema tunabilità è necessaria per ottenere effetto Raman in regime di quasi
risonanza sfruttando le bande di assorbimento delle proteine.
Per il raggiungimento di questo obiettivo, ovvero per poter convertire gli
impulsi al femtosecondo in uscita da un laser al Ti:Sa, centrati a 800nm e con
larghezza di banda di 470cm−1 in impulsi di durata temporale dell’ordine dei
picosecondi e di larghezza spettrale di ∼ 10 − 15cm−1 , tunabili tra 330nm e
500nm, è stato necessario ricorrere all’utilizzo di tecniche avanzate di ottica non
lineare.
In particolare è stato costruito un set up costituito da un amplificatore parametrico
composto di due stadi e un sistema di compressione spettrale tramite generazione
di seconda armonica, che, sotto opportune condizioni, permette la conversione
di impulsi energetici a banda larga in bande molto strette con efficienze molto
maggiori di un semplice filtraggio spettrale nel quale molta energia viene persa.
Il testo della tesi sarà suddiviso in quattro capitoli. I primi due capitoli saranno
dedicati rispettivamente all’esposizione del problema spettroscopico e dei processi
6
Introduzione
di ottica non lineare utilizzati poi in laboratorio per la generazione degli impulsi.
Nei capitoli 3 e 4 verrà discusso il lavoro sperimentale svolto. Nel terzo capitolo,
che costituisce il nucleo centrale della tesi, verrà illustrata la realizzazione sperimentale della pompa Raman tunabile. Verranno preliminarmente discussi alcuni
aspetti sperimentali importanti nella manipolazione e caratterizzazione di impulsi
al femtosecondo, come la propagazione in un mezzo trasparente, la compressione e la misura della durata temporale e saranno esposti brevemente il principio di
funzionamento e le caratteristiche della sorgente laser utilizzata. Quindi sarà descritto l’amplificatore parametrico in due stadi realizzato per alimentare lo stadio
di compressione spettrale. Descriveremo, infine, quest’ultimo stadio, illustrando la
tecnica di compressione spettrale non lineare utilizzata.
Nel quarto capitolo verranno quindi esposte in dettaglio le prestazioni del set up
con riferimento alle caratteristiche degli impulsi ottenuti.
Capitolo 1
Scattering Raman stimolato con
impulsi al femtosecondo
Per contestualizzare il presente lavoro di tesi, ovvero la generazione di impulsi
tunabili al picosecondo, si esporranno in questo capitolo i principi generali alla
base della tecnica FSRS.
Nel primo paragrafo si accennerà brevemente alle differenze tra scattering Raman
spontaneo e stimolato. Si tratterà inoltre del Raman risonante, in quanto la necessità di studiare i modi vibrazionali, la cui sezione d’urto aumenta in condizione
di risonanza con la banda di assorbimento elettronica Soret nelle emoproteine, ha
determinato la scelta delle lunghezze d’onda alle quali generare gli impulsi.
Nel secondo paragrafo si analizzerà un modello per la descrizione teorica del
Raman stimolato con impulsi al femtosecondo e si illustrerà brevemente il set up
sperimentale necessario per la spettroscopia FSRS risolta in tempo.
1.1 Elementi generali di spettroscopia Raman
La spettroscopia Raman è una tecnica di analisi ampiamente usata in vari campi
per rilevare la struttura vibrazionale del sistema di interesse. Il grande numero di
bande vibrazionali risolte fornisce in un unico spettro moltissime informazioni
strutturali sul campione. Questa tecnica, nella sua implementazione pump-probe,
è inoltre molto sensibile a modifiche della struttura molecolare risolte in tempo.
8
Capitolo 1. Scattering Raman stimolato con impulsi al femtosecondo
Nel Raman spontaneo un fascio laser a frequenza ωP illumina il campione e i
fotoni diffusi sono quindi dispersi in frequenza e oppurtunamente rilevati. In
questo caso i fotoni Stokes ωS e anti-Stokes ωAS vengono generati nel campo di
radiazione di punto zero. La riga Stokes (anti-Stokes) è il risultato dello scattering
anelastico della radiazione incidente, per cui la luce diffusa è spostata verso
frequenze minori (maggiori) di una quantità pari alla frequenza della vibrazione
molecolare nel campione ωV .
Un inconveniente di questo tipo di tecnica è la difficoltà nell’ottenere alti rapporti segnale-rumore con tempi di acquisizione brevi. Lo scattering Raman è infatti
un processo intrensicamente debole (a causa della piccola sezione d’urto), che è facilmente nascosto dalla fluorescenza. Infatti sia la fluorescenza che la radiazione
dello scattering Raman sono emesse circa in modo isotropo, per cui non è possibile
ridurre il contributo della fluorescenza con opportune aperture. Inoltre, per quanto
riguarda gli esperimenti Raman risolti in tempo, dover sottostare al limite di Fourier 1 limita la tecnica al dominio dei picosecondi. Questo ne impedisce l’utilizzo
per lo studio di reazioni chimiche che si verificano tra i ≈ 10 f s e 1ps.
Infatti, gli impulsi utilizzati necessitano di una banda spettrale sufficientemente
stretta, ovvero minore dell’inverso della vita media tipica dei livelli vibrazionali. Questo pone un limite inferiore alla durata temporale degli impulsi utilizzati, e quindi in ultima analisi alla risoluzione temporale ottenibile. Per esempio,
ad una larghezza spettrale (e quindi risoluzione in frequenza minima) di 15 cm−1
corrisponde una risoluzione temporale minima di 1ps.
1.1.1
Confronto tra Raman spontaneo e stimolato
Il processso di scattering Raman stimolato si verifica quando due fasci di luce, la
pompa Raman a frequenza ωP e lo Stokes probe a frequenza ωS , vanno ad incidere
sul campione la cui frequenza vibrazionale ων è pari alla differenza ωP − ωS . In
questo caso l’emissione da parte del campione di fotoni a frequenza ωS è stimolata
dalla presenza del campo di frequenza ωS del probe, si ottengono quindi fotoni
emessi collinearmente al probe. Questo permette di migliorare notevolmente il
1 ∆t∆ν
≥ k, con k = 0, 441 nel caso di impulsi gaussiani
9
1.1. Elementi generali di spettroscopia Raman
rapporto segnale-rumore2 , tramite l’uso oppotuno di una fenditura. In figura 1.1
sono illustrati schematicamente i set up sperimentali per il Raman spontaneo e
stimolato.
Possiamo farci un’idea delle differenze tra lo scattering Raman spontaneo e
Figura 1.1: Confronto dei set up per il Raman spontaneo, a sinistra, e stimolato, a destra
stimolato tramite un ragionamento che prende in considerazione i numeri di
occupazione fotonici [5]. Definiamo la probabilità per unità di tempo che un
fotone venga emesso nel modo Stokes S come:
PS = DmL (mS + 1)
(1.1)
Dove mL è il numero medio di fotoni per modo nella radiazione laser della pompa,
mS è il numero medio di fotoni nel modo Stokes S, D è una costante di proporzionalità che dipende dalle proprietà del materiale.
La forma di PS nell’equazione 1.1 ha la dipendenza lineare attesa della probabilità di transizione dall’intensità del laser, mentre il fattore mS + 1 tiene conto dello
scattering stimolato con il fattore mS .
La variazione nel tempo del numero medio di occupazione per il modo Stokes è
dato da dmS /dt = PS , ovvero:
dmS
= DmL (mS + 1)
dt
2 La
fluorescenza è isotropa, mentre i fotoni sono diffusi in direzione parallela al probe
(1.2)
10
Capitolo 1. Scattering Raman stimolato con impulsi al femtosecondo
Se consideriamo il modo Stokes come un’onda che si propaga in direzione z alla
velocità c/n possiamo scrivere per la variazione nello spazio:
dmS n dmS n
=
= DmL (mS + 1)
dz
c dt
c
(1.3)
Nel limite ms << 1, ipotizzando che l’intensità della pompa rimanga costante (mL
non dipende da z), abbiamo che:
c
mS (z) = mS (0) + DmL z
n
(1.4)
Questo è il limite di scattering Raman spontaneo: l’intensità associata al modo
Stokes cresce linearmente con lo spessore del materiale attraversato, e quindi con
il numero di molecole contenute nella regione d’interazione.
Nel limite mS >> 1 invece, considerando sempre mL indipendente da z, si ottiene:
mS (z) = mS (0)e
nDmL
c z
(1.5)
Quindi l’intensità associata al modo Stokes cresce esponenzialmente lungo la
distanza di propagazione; si ottengono così valori più alti dell’intensità all’uscita
del mezzo Raman rispetto al caso dello scatterng spontaneo.
1.1.2
Cenni di Raman risonante
Quando la frequenza della radiazione eccitatrice si avvicina molto a quella di una
transizione elettronica del sistema da studiare, si parla di Raman risonante (RR).
Seguendo la derivazione di Kramers-Heisenberg-Dirac, il tensore polarizzabilità,
il cui quadrato compare nell’espressione della sezione d’urto è [6]:
< nG|Mρ |Rr >< rR|Mσ |Gm > < rR|Mρ |Gm >< nG|Mσ |Rr >
1
[αnm ]ρσ = ∑
+
h R,r
νRr − νk − ν0 + iΓR
νRr − νk + ν0 + iΓR
(1.6)
In cui Mσ (ρ ) è il momento di dipolo della transizione elettronica espresso in
termini di un sistema di riferimento fermo rispetto alla molecola. Gli indici
maiuscoli e minuscoli, come R e r , si riferiscono rispettivamente agli stati elettronici e vibrazionali della molecola. ΓR è la costante di smorzamento associata
al tempo di vita dello stato vibronico di frequenza νrR . Le frequenze ν0 e νk sono
11
1.1. Elementi generali di spettroscopia Raman
rispettivamente la frequenza della radiazione incidente e la frequenza del modo
normale Qk .
La transizione tra lo stato iniziale e finale avviene secondo nG → Rr e Rr → Gm.
La somma su rR indica che per ottenere il tensore di scattering, e quindi l’intensità
Raman, bisogna tenere in considerazione le probabilità di transizione che coinvolgono tutti gli stati vibronici, anche nel caso in cui lo stato inziale e finale sono
rispettivamente lo stato vibrazionale fondamentale e il primo stato vibrazionale
eccitato dello stato fondamentale elettronico.
Quando l’energia di eccitazione ν0 si avvicina a quella di una transizione elettronica R, per questa specifica transizione il termine (νrR − ν0 − νk )−1 domina sugli
altri nella somma dell’equazione 1.6, che può quindi essere approssimata a:
[αnm ]ρσ
< nG|Mρ |Rr >< rR|Mσ |Gm >
1
∼
= ∑
h r
νRr − νk − ν0 + iΓR
(1.7)
La somma si estende ora solo agli stati vibrazionali r dello stato elettronico risonante R.
Utilizzando l’approssimazione di Born-Oppenheimer per separare le coordinate
elettroniche e vibrazionali abbiamo:
< nG|Mρ |Rr >=< nr >< G|Mρ |R >=< nr > MGR,ρ
(1.8)
Per cui l’equazione 1.7 si riscrive come:
[αnm ]ρσ
< nr >< rm > MGR,ρ MGR,σ
1
∼
= ∑
h r
νRr − νk − ν0 + iΓR
(1.9)
Espandendo in serie nelle coordinate normali Qk i termini MGR,σ (ρ ) , che si
riferiscono alla transizione elettronica tra lo stato fondamentale G e lo stato
elettronico eccitato risonante R, si ha al primo ordine3 :
MGR,σ (ρ ) (Qk ) =
(0)
MGR,σ (ρ ) (Qk ) +
∑
k
∂ MGR,σ (ρ )
∂ Qk
Qk
(1.10)
0
Inserendo quindi l’equazione 1.10 in 1.9 il tensore di scattering α si può riscrivere
come somma di due termini: [αnm ]ρσ ∼
= Aρσ + Bρσ . In cui:
Aρσ
3 Approssimazione
1
∼
= ∑
h r
armonica
0
0
< nr >< rm > MGR,
ρ MGR,σ
νRr − νk − ν0 + iΓR
!
(1.11)
12
Capitolo 1. Scattering Raman stimolato con impulsi al femtosecondo
Mentre:

Bρσ ∼
= h1 ∑r 

+ 1h ∑r 
<n|Qk |r><rm>
∂ MGR,ρ
∂ Qk
νRr −νk −ν0 +iΓR
<nr><r|Qk |m>
∂ MGR,σ
∂ Qk
νRr −νk −ν0 +iΓR
0
0
0
MGR,
σ
0
MGR,
ρ

+


I termini A e B descrivono diversi meccanismi di scattering. Il termine A
rappresenta il termine di Frank-Condon; la probabilità di transizione è controllata
dal momento di transizione di dipolo elettronico puro e dagli integrali di overlap
tra gli stati vibrazionali. Nel termine B sono invece contenuti termini di accoppiamento vibronico.
In entrambi i casi i denominatori diminuiscono rapidamente all’avvicinarsi di
νo alla frequenza di una transizione elettronica. L’intensità dei modi Raman della
specie molecolare associata a quella particolare transizione viene in questo caso
notevolmente aumentata, da 103 a 106 ordini di grandezza. Quindi la spettroscopia RR permette di concentrare l’attenzione su alcuni modi ben precisi, e ciò è
molto utile quando si ha a che fare con molecole con un numero elevato di modi
vibrazionali, come per esempio nel caso di macromolecole biologiche.
1.2 FSRS
La spettroscopia Raman pump-probe tradizionale (ps − T R3 ovvero picosecond
time resolved resonance Raman) utilizza due fasci, uno di pompa per iniziare il
processo fotochimico di interesse, e uno di probe, la cui lunghezza d’onda è vicina
alla risonanza con una transizione elettronica. La risoluzione temporale è data dal
ritardo tra pump e probe, quindi, dato che il probe deve necessariamente essere
un impulso di durata dell’ordine dei picosecondi per poter avere una sufficiente
risoluzione spettrale, non è possibile studiare reazioni che avvengono su scale
temporali inferiori a qualche picosecondo.
13
1.2. FSRS
Nella tecnica FSRS, Femtosecond Stimulated Raman Spectroscopy, si introduce un terzo fascio di probe, un continuum di durata dell’ordine dei femtosecondi
e di banda sufficientemente larga da poter agire come campo Stokes per l’acquisizione dell’intero spettro vibrazionale del campione, ottenuto mediante scattering
stimolato.
Come nel ps − T R3 un impulso ultrabreve, la pompa attinica, dà inizio al processo
fotochimico di interesse, ma nella tecnica FSRS l’evoluzione del sistema è studiata,
dopo un ritardo ∆T , dai due impulsi di probe che sono responsabili dello scattering
Raman stimolato: la pompa Raman (impulso 2 in fig. 1.3 e fig.1.2) e il continuum
(impulso 3 in fig1.3 e fig.1.2).
Figura 1.2: Schema dei livelli per un esperimento di FSRS
14
Capitolo 1. Scattering Raman stimolato con impulsi al femtosecondo
Figura 1.3: Durata relativa degli impulsi
In questo modo la risoluzione nel dominio delle frequenze è determinata
principalmente dalla larghezza di banda del fascio di pompa Raman,oltre che,
ovviamente, dallo spettrometro utilizzato, mentre la risoluzione temporale dipende
dal ritardo tra il fascio di pump,la pompa attinica, e il continuum.
Un esempio di applicazione della tecnica FSRS per osservare dinamiche che
avvengono su scale temporali inferiori al picosecondo è lo studio delle fasi iniziali
del processo della visione.
La vista è il risultato della conversione della energia luminosa in impulso elettrochimico. L’impulso è trasmesso attraverso i neuroni al cervello, dove i segnali
rivelati da tutti i recettori sono interpretati. Tale recettore è un pigmento chiamato
rodopsina, collocato nella retina. Il pigmento è composto da una molecola organica, il retinale, associato ad una proteina, l’opsina. Il primo step nel processo della
vista coinvolge la reazione di isomerizzazione4 cis-trans del retinale 11-cis che è
il cromoforo, ovvero la sede dell’assorbimento ottico nella catena proteica della
rodopsina. La produzione del transiente fotorodopsina è una delle reazioni fotochimiche più veloci in natura e avviene su una scala temporale dell’ordine dei 200
fs (fig.1.4). Conseguentemente, la reazione è estremamente efficiente, avendo un’
efficienza quantica del 65% . Circa il 60% dell’energia incidente è accumulata nel
primo stato termodinamicamente stabile (retinale all-trans) chiamato batorodopsina. Questa energia è utilizzata per indurre un cambiamento conformazionale nella
4 trasformazione
tra due diverse strutture (isomeri) di una molecola
15
1.2. FSRS
proteina accoppiata al cromoforo che porterà attraverso una serie di meccanismi
alla sensazione della vista. La tecnica di FSRS rappresenta un potente strumento in grado di registrare i vari stadi del processo che porta dalla rodopsina alla
batorodopsina [3].
Figura 1.4: Schema della formazione della batorodopsina
1.2.1
Raman stimolato in regime impulsato
In questo paragrafo si segue la trattazione data in [7] in cui si propone un
modello in cui la pompa Raman e il probe siano due impulsi gaussiani, con picchi
coincidenti e in cui la durata dell’impulso di probe (τS ) sia molto minore di quella
della pompa (τP ).
Il mezzo in esame viene schematizzato come un sistema di oscillatori con
coordinata vibrazionale Q. La polarizzazione ~P è data da ~P = N α ~E , in cui N sono
il numero degli oscillatori per unità di volume. Per semplicità si considera un solo
modo vibrazionale ωv .
Per la densità di Lagrangiana del sistema totale si ha: L = Lrad + Lvib + Lint in cui
Lrad = 1 (|E 2 | − |B2 |), Lvib = N( 1 Q̇2 − 1 ωv2 Q2 ) e Lint = ~P · ~E.
2
2
2
La polarizzabilità α si può espandere in serie in funzione della coordinata
vibrazionale, per cui: α = α0 + α0′ Q. Utilizzando l’equazione di Eulero-Lagrange
∂
∂t
∂L
∂L
−
=0
∂
Q
∂ Q̇
16
Capitolo 1. Scattering Raman stimolato con impulsi al femtosecondo
si ottiene Q̈ + ωv2 Q = α0′ |~E|2 . Aggiungendo un termine di smorzamento fenomenologico abbiamo quindi:
Q̈ + 2γ Q̇ + ωv2 Q = α0′ |~E(~r,t)|2
(1.12)
Dalle equazioni di Maxwell si ottiene:
∇2 ~E −
1 ∂ 2 ~E
1 ∂ 2~P
=
c2 ∂ t 2
ε0 c2 ∂ t 2
(1.13)
Consideriamo la luce polarizzata linearmente e che si propaga lungo z.
Espandendo la polarizzabilità, la polarizzazione si scrive, al primo ordine:
P = N α E = N α0 E + N α0′ QE.
Per cui dato che N α0 << 1 si ottiene:
2
1
∂ 2 E(z,t) 1 ∂ 2 E(z,t)
′ ∂ QE(z,t)
−
=
N
α
∂ z2
c2 ∂ t 2
ε0 c2 0
∂ t2
(1.14)
Osservando le equazione 1.12 e 1.14 notiamo che il campo elettrico E agisce
su Q, in quanto compare come termine forzante nelle’equazione 1.12, mentre a
sua volta Q modifica E tramite l’equazione 1.14.
Il campo elettrico è dato dalla somma del campo pump e probe, ovvero:
E(z,t) = EP (z,t) + ES (z,t). Lo scopo della trattazione è quello di trovare l’espressione per il campo Stokes che si propaga nel campione in presenza del campo
EP . Quindi procediamo ricavando Q da 1.12 e sostituendo il risultato in 1.14 per
trovare ES .
Consideriamo i campi di pompa Raman e Stokes probe come impulsi che agiscono
simultaneamente sul campione, e hanno inviluppi gaussiani:
E p (z,t) = E p0 e−(t−z/c)
Es (z,t) = Es0 e−(t−z/c)
2 /2τ 2
p
2 /2τ 2
s
e−iω p (t−z/c)
e−iωs (t−z/c)
(1.15)
17
1.2. FSRS
E le rispettive trasformate di Fourier:
√
2 2
E p (z, ω ) = E p0 2πτ p e−(ω −ω p ) τ p /2 eiω z/c
√
2 2
Es (z, ω ) = Es0 2πτs e−(ω −ωs ) τs /2 eiω z/c
Questi
|E(z,t)|2
campi
agiscono
da
termini
forzanti
ci sono 4 componenti, la componente
(1.16)
nell’equazione
E p (z,t)Es∗ (z,t)
1.12.In
oscilla come
∼ exp − i(ω p − ωs )t, pertanto darà luogo alla vibrazione coerente Q ∼ exp − iων t;
analogamente la componente E p∗ (z,t)Es (z,t) indurrà Q∗ ∼ exp iων t.
Quindi risolviamo l’equazione 1.12 per Q par usando come termine forzante
E p (z,t)Es∗ (z,t), e quella per Q∗par con E p∗ (z,t)Es (z,t). Per farlo, si passa al dominio
delle frequenze e si integra ottenendo quindi per le soluzioni particolari:
Q par (z, ω ) ≈
Q∗par (z, ω )
≈
α
E p0 Es0∗
′
√
α
E p0 Es0∗
′
√
2πτ e−(ω −ω p +ωs ) τ
ων2 − ω 2 − 2iγω
2 2 /2
2πτ e−(ω +ω p −ωs ) τ
ων2 − ω 2 − 2iγω
2 2 /2
eiω c
eiω c
(1.17)
(1.18)
Avendo definito 1/τ = 1/τs + 1/τ p . Queste soluzioni presentano un termine reale
di tipo dispersivo e un termine immaginiario di tipo Lorentziano di larghezza γ
centrato intorno a ω ≈ ±ων .
La soluzione dell’omogenea associata a 1.12, Qh , è semplicemente quella di un
oscillatore sottosmorzato.
Dopo aver trovato le soluzioni dell’equazione 1.12 le inseriamo nell’equazione
1.14, che vogliamo risolvere per Es . Per quanto riguarda il termine forzante, è
ragionevole considerare solo quello che oscilla nel range di frequenze del campo
Stokes, per cui consideriamo il prodotto Q∗ (z,t)E p (z,t).
Per risolvere l’equazione passiamo quindi alla trasformata di Fourier, ottenendo:
∂ 2 Es (z, ω ) ω 2
ω2
∼
−
ω
)
+
E
(z,
N α ′ FT {Q∗ (z,t)E p (z,t)} =
=
s
∂ z2
c2
ε0 c2 0
ω2
= − 2 N α0′ [FT {Q∗h (z,t)E p (z,t)} + FT {Q∗par (z,t)E p (z,t)}]
ε0 c
(1.19)
18
Capitolo 1. Scattering Raman stimolato con impulsi al femtosecondo
Il termine contenente Qh non dà contributo in quanto si riduce ad una media su un
fattore di fase casuale, mentre il termine FT {Q∗par (z,t)E p (z,t)} è la convoluzione:
Z
1 ∞
Q par (z, ω ′ )E p (z, ω − ω ′ )d ω ′
(1.20)
2π −∞
Di cui possiamo ottenere un’espressione analitica assumendo che la larghezza
Q∗par (z, ω ) ∗ E p (z, ω ) =
delle righe vibrazionali delle molecole in esame sia più larga della larghezza di
banda del laser di pompa e che τ ∼ τs .
Q∗par (z, ω ) ∗ E p (z, ω )
√
2 2
α0′ 2π 3/2 τs ων−1 e−(ω p −ωs −ων ) τs /2 0 2 0 iω z/c
=
≈
|E p | Es e
( ω − ω p + ω ν + iγ )
= g(ω )|E p0 |2 Es0 eiω z/c
(1.21)
Ovvero troviamo una distribuzione di larghezza 2γ centrata in ω = ω p − ων , da
inserire nell’equazione 1.19 per trovare Es . Dato che il termine nell’equazione
1.21 è diverso da zero solo nella regione intorno ad ω ∼ ω p − ων , al di fuori
di questa regione possiamo risolvere l’equazione omogenea la cui soluzione è
semplicemente il campo Stokes libero di partenza.
Risolviamo quindi l’equazione 1.19, ottenendo per il campo Stokes:
√
2 2
Es (z, ω ) = Es0 2πτs e−(ω −ωs ) τs eiωη +ziψ
(1.22)
dove l’indice di rifrazione complesso η è definito come :
η 2 = (ηr + iηi )2 = 1 + 4π χR (ω )|E p0 |2 =
′
1/ε0 N|E p0 |2 a02 (2ων )−1
= 1+
( ω − ω p + ω ν + iγ )
(1.23)
Quindi tramite l’equazione 1.22 è possibile spiegare la posizione e i picchi di uno
spettro di FSRS5 .
5 Per
il caso non risonante e in cui i livelli considerati si riferiscono allo stato elettronico fonda-
mentale è possibile mostrare che la trattazione quantistica conduce allo stesso risultato ottenuto con
la trattazione semiclassica [7]
19
1.2. FSRS
1.2.2
Set up sperimentale per un esperimento di FSRS
Per implementare un set up per spettroscopia FSRS risolta in tempo, la sorgente
utilizzata è un sistema laser costituito da un oscillatore e un amplificatore rigenerativo a titanio zaffiro (Ti:Sa) che emette impulsi al femtosecondo e di larghezza
di banda di qualche centinaio di cm−1 , e rate di ripetizione di 1KHz.
Figura 1.5: Set up per un esperimento di FSRS
Il fascio uscente dal laser viene suddiviso in tre rami, una per la realizzazione
della pompa Raman, una per la produzione del continuum di luce bianca tramite
processi non lineari descritti nel par. 2.5, e la terza per la pompa attinica, la cui
frequenza è tale da stimolare il processo fotochimico d’interesse [1, 8, 9].
20
Capitolo 1. Scattering Raman stimolato con impulsi al femtosecondo
Per quanto riguarda la pompa Raman è necessario utilizzare tecniche di
filtraggio spettrale (vedi par. 3.3.1) per ottenere un impulso che permetta di avere
una buona risoluzione, tipicamente intorno ai 15cm−1 .
L’impulso ultrabreve di luce bianca e l’impulso a banda stretta, la pompa Raman,
vengono fatti coincidere spazialmente e temporalmente sul campione.
Le transizioni Stokes del campione provocano un trasferimento efficiente di fotoni
dalla pompa Raman al probe, per cui lo spettro Raman viene determinato dal
guadagno netto dell’impulso probe, ovvero dal rapporto tra il probe in presenza
della pompa e il probe in assenza della pompa (fig.1.6):
Raman gain =
Probe PUMP ON
Probe PUMP OFF
(1.24)
Figura 1.6: Spettro FSRS del cicloesano, preso in laboratorio, in geometra collineare
tra pompa e probe, con lunghezza d’onda della pompa di 800nm. In basso: impulso di
probe(continuum in presenza di impulso Raman. In alto: impulso di probe senza pompa
Raman
1.2. FSRS
1.2.3
Scopo della tesi
Lo scopo del lavoro di tesi è stato quello di costruire una pompa Raman sufficientemente energetica ( µ J) e ampiamente tunabile in frequenza ( 350/500nm) per
il set up FSRS sviluppato nel laboratorio Femtoscopy del dipartimento di Fisica
di questa università. Si tratta quindi di convertire gli impulsi al femtosecondo a
banda larga ( 470cm−1 ) in uscita dalla sorgente laser in impulsi di durata temporale
dell’ordine dei picosecondi e di larghezza spettrale di ∼ 10 − 15cm−1 , quindi
utilizzabili per spettroscopia vibrazionale.
Una delle linee di attività del laboratorio [4], infatti, riguarda l’applicazione
della tecnica FSRS allo studio delle emoproteine. Poiché il segnale Raman è in
questi sistemi relativamente debole, è conveniente utilizzare lunghezze d’onda
in vicinanza delle bande di assorbimento associate alle transizioni elettroniche,
per sfruttare l’aumento della sezione d’urto dei modi vibrazionali d’interesse in
condizioni di risonanza.
Figura 1.7: (a) Struttura della porfirina(b) Struttura dell’eme b (c)Rappresentazione
schematica di un eme 5-coordinato, in cui la quinta posizione è occupata dall’istidina
21
22
Capitolo 1. Scattering Raman stimolato con impulsi al femtosecondo
Le emoproteine sono proteine che contengono l’eme, un cromoforo 6 costituito
da un atomo di ferro coordinato con i 4 atomi di azoto di una porfirina, come
illustrato nella figura 1.7.
Il ferro nell’eme può essere coordinato con uno (5-coordinato) o due ligandi (6coordinato), che possono essere aminoacidi o molecole esterne, come l’ossigeno
molecolare O2 e il monossido di carbonio CO.
I processi funzionali in molte emoproteine coinvolgono la formazione e la
distruzione dei legami dei ligandi, o lo scambio di ligandi esterni e interni. Quindi
è di particolare interesse studiare la dinamica ultraveloce di questi processi dopo
la fotolisi, ovvero dopo la dissociazione dei ligandi in seguito ad un impulso di
luce di lunghezza d’onda opportuna.
A questo scopo generalmente si fotolizza la proteina in corrispondenza delle bande
di assorbimento elettronico nella regione tra i 500nm e i 600nm, dette bande Q, e si
studiano i modi vibrazionali associati alla banda di assorbimento Soret, il cui picco
si trova tipicamente nel range 350 − 450nm. Questi modi danno informazioni sullo
stato di coordinazione, di spin e di ossidazione del ferro, sui costituenti periferici
dell’eme e sui legami dei ligandi.
Figura 1.8: Spettri di assorbimento per le forme oxy e deoxy del FixL
6 molecola
capace di conferire colorazione ad una sostanza in quanto la differenza di energia tra
due orbitali molecolari è nel range del visibile
23
1.2. FSRS
Come esempio di possibile applicazione della tecnica FSRS alle emoproteine
sfruttando la pompa Raman realizzata, vediamo il caso emblematico del FixL, il
cui spettro di assorbimento elettronico nelle forme oxy e deoxy è mostrato in fig.
1.8[10]. Nella forma oxy il ferro è 6-coordinato, e la sesta posizione è occupata
da una molecola di ossigeno, mentre nella forma deoxy il ferro è 5-coordinato. Il
FixL è un batterio sensore dell’ossigeno: la dissociazione dell’ossigeno dell’eme
del FixL è il primo passo del processo di segnalazione di ipossia7 .
La spettroscopia ps − T R3 è stata utilizzata per caratterizzare la configurazione
Figura 1.9: Confronto tra gli spettri CW (a) e ps-TRRR (b) dell’ oxy-FixL e (c) del
fotoprodotto
dell’eme del fotoprodotto primario. La figura 1.2.3 mostra gli spettri RR ad alte
frequenze dell’oxy-FixL ottenuti con eccitazioni CW e al picosecondo, e lo spettro
ps − T R3 del fotoprodotto [11].
A causa della ridotta risoluzione spettrale negli esperimenti Raman con risoluzione
temporale inferiore al picosecondo, le linee negli spettri ps−T 3 sono sensibilmente
più larghe di quelle ottenute con l’eccitazione CW, nonostante il fatto che gli spettri
7 ovvero
la riduzione del livello di ossigeno nei tessuti
24
Capitolo 1. Scattering Raman stimolato con impulsi al femtosecondo
ps − T 3 sono stati ottenuti con il miglior compromesso possibile tra risoluzione
spettrale e temporale permesso dal limite di Fourier8 .
Figura 1.10: Spettri ps-TRRR del complesso oxy-FixL e FixL-CO, dopo la fotolisi della
molecola di ossigeno e di CO rispettivamente
Per studiare in dettaglio la struttura del fotoprodotto, è stata analizzata la
regione delle basse frequenze ed in particolare il range 200-250 cm−1 (fig.1.10),
nel quale ci si aspetta di vedere la banda relativa al legame ferro-istidina (Fe-His)
nel caso di eme 5-coordinato, la cui struttura è detta domed ad indicare il fatto che
il ferro è spostato rispetto al piano della porfirina.
Nello spettro della forma deoxy (i), la banda intensa del legame Fe-His a 217cm−1
è la caratteristica principale sotto i 600 cm−1 .
La presenza di questa banda è evidente negli spettri del fotoprodotto CO (f,g,k);
8 Gli
spettri sono stati ottenuti con risoluzione temporale pari a 0.7ps, e spettrale pari a 30cm−1 .
1.2. FSRS
essa rivela la fotodissociazione del ligando CO e la creazione della struttura
domed.
Al contrario, già dopo 0.5 ps, gli spettri (b) del fotoprodotto del complesso oxy
non presentano alcuna evidenza della presenza della banda Fe-His. Questi studi
suggeriscono che la struttura dell’eme del fotoprodotto a 0.5ps non è domed nel
caso dell’oxy-FixLfatto che fa ipotizzare che la molecola di ossigeno si ricombina
nella scala di tempo dei femtosecondi.
Quindi è necessario l’uso di una spettroscopia vibrazionale risolta in tempo che
possa aggirare il limite di Fourier per poter indagare le dinamiche della proteina
su scale dell’ordine dei femtosecondi.
Utilizzando la tecnica FSRS sarà possibile disaccoppiare risoluzione temporale
e spettrale; una parte del lavoro svolto in questa tesi è stato quindi quello di studiare un sistema ottico per ridurre il più possibile la larghezza di banda della pompa
Raman.
Infatti l’utilizzo di una pompa Raman nel range 350 − 500nm permetterà lo studio
delle emoproteine con la tecnica FSRS.
L’obiettivo è stato, quindi, quello di ottenere degli impulsi di frequenza tunabile all’interno dello spettro di assorbimento delle emoproteine, a banda stretta e
sufficientemente energetici da poter essere utilizzati per FSRS.
25
26
Capitolo 1. Scattering Raman stimolato con impulsi al femtosecondo
Capitolo 2
Richiami di ottica non lineare
In questo capitolo verranno descritti gli aspetti teorici di alcuni processi non lineari
che sono stati alla base della produzione degli impulsi tunabili al picosecondo, da
utilizzare come pompa Raman per l’esperimento di FSRS.
Nei primi due paragrafi discuteremo l’origine fisica delle non linearità ottiche presentando le equazioni differenziali che le descrivono, inoltre nel 2.3 esporremo i principali parametri utili alla rappresentazione della propagazione e dell’interazione di onde elettromagnetiche in mezzi caratterizzati da proprietà non
lineari.
Il paragrafo 2.4 costituirà un approfondimento degli effetti del second’ordine,
con particolare risalto alla Generazione di Frequenza differenza ed alla Amplificazione Ottica Parametrica, direttamente implementati nell’apparato sperimentale,
presentando anche la Generazione di Seconda Armonica, utilizzata per ottenere la
compressione spettrale desiderata.
A conclusione del capitolo, nel paragrafo 2.5, esporremo brevemente un
effetto non lineare del terzo ordine su cui si basa la produzione del continuum di
luce bianca utilizzata nel sistema realizzato: l’Automodulazione di fase.
28
Capitolo 2. Richiami di ottica non lineare
2.1 Equazioni di Maxwell in presenza di polarizzazione
non lineare
Per fenomeni di ottica non lineare si intendono quei fenomeni che si verificano
quando la risposta di un sistema dipende in modo non lineare dall’intensità del
campo ottico applicato. Quindi la polarizzazione P indotta dal campo elettrico
E viene espressa, prendendo per semplicità i campi P(t) ed E(t) come quantità
scalari, come:
P(t) = ε0 [ χ (1) E(t) + χ (2) E 2 (t) + χ (3) E 3 (t) + ... ]
(2.1)
in cui χ (1) è la suscettività ottica lineare, mentre χ (2) e χ (3) sono chiamate suscettività non lineare del secondo e del terzo ordine. Trattando i campi P(t) ed E(t)
come quantità vettoriali, abbiamo che la suscettività ottica è in generale un tensore,
quella lineare di rango 2, quella non lineare del secondo ordine di rango 3 etc.. La
polarizzazione è fondamentale per la descrizione dei processi di ottica non lineare in quanto una polarizzazione che varia nel tempo agisce da sorgente di nuove
componenti del campo elettromagnetico.
Partendo dalle equazioni di Maxwell:
∇ · D = ρlib
∇× E = −
∂B
∂t
(2.2)
∇·B = 0
∇× H = J+
∂D
∂t
dove H è il campo magnetico, B il vettore induzione magnetica, E il campo elettrico e D il vettore spostamento elettrico; i termini di sorgente di campo sono J e
ρlib e rappresentano rispettivamente le correnti e le cariche libere. Per determinare
l’equazione delle onde nel mezzo non lineare ci poniamo in una regione priva di
cariche e di correnti libere (J = 0 e ρlib = 0) e assumiamo che il materiale abbia
una risposta magnetica lineare con µr ≈ 1, per cui B = µo H. Per quanto riguarda
il vettore spostamento elettrico D invece abbiamo[12]:
D = ε0 E + P = ε0 E + PL + PNL = DL + PNL
(2.3)
Quindi prendendo il rotore della terza equazione di Maxwell ed usando la
quarta con la condizione di linearità tra B ed H si ha:
29
2.2. Interazioni non lineari del secondo ordine
∇ × ∇ × E + µ0
∂ 2D
=0
∂ t2
(2.4)
Da cui, utilizzando una nota relazione vettoriale e l’equazione 2.3 si ottiene 1
∇2 E −
1 ∂ 2 DL
1 ∂ 2 PNL
=
ε0 c2 ∂ t 2
ε0 c2 ∂ t 2
(2.5)
2.2 Interazioni non lineari del secondo ordine
Analizziamo i processi in cui il campo ottico incide su un mezzo con non linearità
ottica del secondo ordine. La suscettività ottica del secondo ordine è non nulla solo
nei cristalli non centrosimmetrici2 . Se il campo elettrico consiste di due diverse
componenti in frequenza:
E(t) = E1 e−iω1t + E2 e−iω2t + c.c.
(2.6)
il contributo del secondo ordine alla polarizzazione diventa:
P(2) (t) = ε0 χ (2) E(t)2 =
= ε0 χ (2) [ E12 e−2iω1t + E22 e−2iω2t + 2E1 E2 e−i(ω1 +ω2 )t
(2.7)
+2E1 E2 e−i(ω1 −ω2 )t + c.c.] + 2ε0 χ (2) [E1 E1∗ + E2 E2∗ ]
Tale risultato può essere scritto con diversa espressione nella quale la somma
si estende sia ai valori positivi che a quelli negativi delle frequenze ωn
P(2) (t) = ∑ P(ωn )e−iωnt
(2.8)
n
1
∇ × ∇ × E = ∇(∇ · E) − ∇2 E. Il fatto che ∇ · E = 0 non è valido in generale in ottica non lineare
a causa della relazione 2.3 tra campo elettrico e vettore spostamento dielettrico. Si può però mostrare
che questo termine è trascurabile nei casi di interesse e nullo nel caso limite di onda piana[5]
2 Infatti solo nei cristalli non centrosimmetrici il termine cubico del potenziale anarmonico è non
nullo
30
Capitolo 2. Richiami di ottica non lineare
I valori di ampiezza complessa delle varie componenti delle frequenze della polarizzazione non lineare sono date dalle espressioni seguenti nelle quali si sono
indicati con sigle particolari alcuni processi fisici come SHG per second-armonic
generation ovvero generazione di seconda armonica, SFG per sum-frequency generation ovvero generazione di frequenza somma, DFG per difference-frequency
generation ovvero generazione di frequenza differenza, OR per optical rectification
ovvero rettificazione ottica:
P(2ω1 ) = ε0 χ (2) E12 (SHG),
P(2ω2 ) = ε0 χ (2) E22 (SHG),
P(ω1 + ω2 ) = 2ε0 χ (2) E1 E2 (SFG),
(2.9)
P(ω1 − ω2 ) = 2ε0 χ (2) E1 E2∗ (DFG),
P(0) = 2ε0 χ (2) (E1 E1∗ + E2 E2∗ ) (OR)
2.2.1
Propagazione di impulsi in mezzi non lineari
In seguito prenderemo in esame l’effetto delle non linearità indotte da onde
elettromagnetiche impulsate [5]: il campo elettrico si può scrivere come:
e
e
E(z,t) = |E(z,t)|
cos[ω t + φ (z,t)] = ℜ{E(z,t)
· eiω t }
(2.10)
Se l’inviluppo risulta lentamente variabile rispetto alla portante, è possibile esplicitare la dipendenza dello spostamento elettrico lineare da E secondo la
seguente espressione:
DL (z,t) = ε0 E(z,t) + PL = ε0 E(z,t) + ε0 χ (1) E(z,t) = ε0 εr E(z,t)
(2.11)
ed assumendo una risposta istantanea dei dipoli del materiale indotti dalla sollecitazione del campo elettrico, l’equazione (2.5) delle onde diventa rappresentabile
come:
∂ 2 E(z,t) 1 ∂ 2 E(z,t)
∂ 2 PNL (z,t)
µ
−
=
0
∂ z2
v2 ∂ t 2
∂ t2
(2.12)
31
2.2. Interazioni non lineari del secondo ordine
Inviluppo
B(0,t)
Durata
FWHM
t
t
Intensità
2
E (0,t)
Campo
E(0,t)
Figura 2.1: Sulla sinistra sono rappresentati inviluppo (blu) e portante in campo, a destra
le stesse costituenti del singolo impulso sono riportate in intensità.
√
in cui si è posta v come la velocità della luce nel mezzo : v = 1/ ε0 εr µ0 = c/n
√
e definendo quindi l’indice di rifrazione n = 1/ εr . Questa equazione include il
∂ 2 PNL
, responsabile della presenza di effetti non lineari.
termine di sorgente
∂ t2
Considerando una risposta non istantanea, invece, la funzione DL (z,t) è
descritta dalla seguente espressione:
DL (z,t) = ε0
Z ∞
0
εr (τ )E(z,t − τ )d τ
(2.13)
nella quale la costante dielettrica relativa risulta dipendente dal tempo. Passando
alla notazione esponenziale:
" Z
DL (z,t) = ε0
∞
0
−iωτ
e
εr (τ )E(z,t
− τ )e
#
e
d τ eiω t = D(z,t)
· eiω t
(2.14)
e
Sviluppando E(z,t
− τ ) in serie di MacLaurin si può giungere alla conclusione:
"
#
2E
e 1 ∂ 2e
e
e
E
∂
∂
ε
ε
∂
r
r
e
e
D(z,t)
= ε0 e
εr (ω )E(z,t)
−i
(2.15)
−
∂ω ∂t
2 ∂ ω2 ∂ t2
εr ,
nella quale compare la trasformata di Fourier della costante dielettrica relativa e
che abbiamo già detto essere legata all’indice di rifrazione; le derivate rispetto
alla frequenza di questa quantità sono in stretta relazione con velocità di gruppo e
dispersione che descrivono la propagazione dell’impulso.
32
Capitolo 2. Richiami di ottica non lineare
Dato che abbiamo ricavato lo spostamento elettrico, determinato da una risposta non istantanea ad una sollecitazione, possiamo ora inserirlo nell’equazione
delle onde (2.5) in una descrizione a numeri d’onda definiti da:
k=
k2 =
2π
ω
= n(ω )
λ
c
ω2 2
ω2
e
ω
)
=
εr
n
(
c2
c2
sviluppando il calcolo:
"
#
∂ 2 Ee 1 ∂ 2 Ee
∂ 2 PNL (z,t)
1 ∂ 2 (k) ∂ Ee
2 e iω t
=
µ
−
−
i
+
k
E
e
0
∂ z2 v2 ∂ t 2
2 ∂ ω2 ∂t
∂ t2
(2.16)
(2.17)
(2.18)
Passando alla notazione esponenziale per la descrizione dell’impulso, tenendo
ulteriormente conto della propagazione:
e
E(z,t)
= A(z,t)e−ikz
(2.19)
ed assumendo l’ipotesi di inviluppo lentamente variabile [13], (SVEA: Slowly
Varying Envelope Approximation), ipotesi che si può scrivere:
∂ 2 A ∂ k 2 ∂ 2 A ∂A
≪ 2k
2 −
2
∂z
∂ω
∂t ∂z
si ottiene finalmente l’equazione:
#
"
∂ A 1 ∂ 2k ∂ 2A ∂ k ∂ A
∂ 2 PNL (z,t)
i(ω t−kz)
(−2ik)e
+
+
=
µ
0
∂ z 2i ∂ ω 2 ∂ t 2 ∂ ω ∂ t
∂ t2
2.2.2
(2.20)
(2.21)
Interazione tra campi
La polarizzazione non lineare del secondo ordine viene definita come:
PNL (z,t) = 2ε0 deff E(z,t)E ∗ (z,t)
(2.22)
In questo modo si introduce, per semplificare la trattazione, il coefficiente deff , detto indice di non linearità, legato al tensore di suscettività χ (E), alla direzione della
polarizzazione e di propagazione all’interno del materiale.
Nel caso in cui a propagare non sia un’unica onda elettromagnetica, ma una
sovrapposizione di più onde piane a frequenze diverse, come:
E(z,t) = A1 (z,t)ei(ω1t−k1 z) + A2 (z,t)ei(ω2t−k2 z) + A3 (z,t)ei(ω3t−k3 z)
(2.23)
33
2.2. Interazioni non lineari del secondo ordine
e sotto ipotesi che ω3 = ω1 + ω2 , e quindi ω1 ≤ ω2 ≤ ω3 , si ottiene l’accoppiamento
delle onde stesse con la polarizzazione del materiale. Infatti la PNL si calcola essere:
PNL =
+
+
o
1n
A2 (z,t)∗ · A3 (z,t) · ei[ω1t−(k3 −k2 )z] + c.c. +
2
o
1n
2ε0 deff A1 (z,t)∗ · A3 (z,t) · ei[ω2t−(k3 −k1 )z] + c.c. +
2
o
1n
2ε0 deff A1 (z,t) · A2 (z,t) · ei[ω3t−(k1 +k2 )z] + c.c.
2
2ε0 deff
(2.24)
L’accoppiamento delle onde porta, quindi, nei mezzi non lineari a generare
dei termini che inseriti nell’equazione differenziale (2.21) fungono da forzanti,
ciascuna ad una specifica frequenza, con la conseguenza diretta di produrre una
miscelazione delle pulsazioni che determina effetti detti parametrici.
Inserendo l’equazione (2.24) appena ricavata nella (2.5) e quindi prendendo in
esame in particolare la propagazione relativa alla sola portante ω1 si ottiene:
"
#
∂ A1 1 ∂ 2 k ∂ 2 A1 ∂ k ∂ A1 i(ω1t−k1 z)
=
+
+
e
∂z
2i ∂ ω 2 ∂ t 2
∂ω ∂t
ω1
ω1
µ0 ε0 deff ω12 ∗
= −i
· A2 A3 · ei[ω1t−(k3 −k2 )z]
k1
in modo analogo si procede per le tre onde ottenendo il seguente sistema:

∂ A1 1 ∂ 2 k ∂ 2 A1
1 ∂ A1
deff ω1 ∗


+
+
= −i
A2 A3 · e−i∆kz


2
2

∂
z
2i
∂
ω
∂
t
v
∂
t
cn
g
1

1
ω1





 ∂A
1 ∂ 2 k ∂ 2 A2
1 ∂ A2
deff ω2 ∗
2
+
+
= −i
A1 A3 · e−i∆kz
2
2
∂
z
2i
∂
ω
∂
t
v
∂
t
cn

g2
2
ω2








∂ A3 1 ∂ 2 k ∂ 2 A3
1 ∂ A3
deff ω3


+
+
= −i
A1 A2 · e+i∆kz

2
2
∂z
2i ∂ ω
∂t
vg ∂ t
cn3
ω3
(2.25)
(2.26)
1
Il sistema di equazioni differenziali (2.26) descrive, quindi, la propagazione di
tre campi accoppiati dove sono possibili, sotto opportune condizioni, trasferimenti
di energia da un’onda all’altra.
Viene a determinarsi in questo modo, oltre ad uno stretto legame temporale
reciproco dei tre campi, anche una forte dipendenza dalle condizioni iniziali del
sistema esplicitabili attraverso la descrizione degli impulsi di partenza con l’assegnamento dei campi in ingresso; tuttavia la descrizione sistematica tratta esclusivamente l’andamento dell’inviluppo dei campi, quindi le condizioni al contorno sono
34
Capitolo 2. Richiami di ottica non lineare
semplificabili assegnando solamente gli inviluppi Ai (0,t) degli impulsi in ingresso
al materiale.
Il sistema (2.26) contiene anche alcuni parametri che risultano decisivi nella
comprensione dei fenomeni non lineari:
∂ ω • vgi =
ovvero la velocità di gruppo;
∂ k ωi
• ni indice di rifrazione per il campo i-esimo alla pulsazione ωi ;
n3 n2 n1
cioè il phase mismatch, espresso
− −
λ3 λ2 λ1
in termini scalari, che costituisce un importante parametro nella definizione
• ∆k = k3 − k2 − k1 = 2π
dell’efficienza del processo non lineare di conversione.
In generale non si riesce a ricavare una soluzione analitica per il sistema di equazioni accoppiate, se non per casi particolari o applicando ulteriori
semplificazioni; risulta possibile ricorrere a soluzioni ricavate con metodi numerici.
2.3 Conservazione dell’energia e del momento nei processi non lineari
Riprendendo la descrizione dell’accoppiamento dei campi, permesso dalla polarizzazione non lineare del mezzo di propagazione, è utile prendere in esame gli
aspetti energetici dei fenomeni di conversione passando dalla modellizzazione a
campi alla descrizione corpuscolare. Il primo passo verso questa direzione consiste nel considerare non più il campo elettromagnetico dell’onda incidente, ma la
sua intensità e, per semplicità, nel considerare solo onde stazionarie; le equazioni
di accoppiamento diventano quindi:

∂ A1
deff ω1 ∗


= −i
A2 A3 · e−i∆kz


∂
z
cn

1






∂ A2
deff ω2 ∗
= −i
A1 A3 · e−i∆kz

∂
z
cn
2








∂ A3
deff ω3


= −i
A1 A2 · e+i∆kz
∂z
cn3
(2.27)
35
2.3. Conservazione dell’energia e del momento nei processi non lineari
dato che le onde ora vengono considerate come stazionarie3 e che l’intensità media
per un campo elettromagnetico è:
1
1
Ii = ni cε0 Ai A∗i = ni cε0 |Ei |2
2
2
2.3.1
(2.28)
Relazioni di Manley-Rowe
L’equazione (2.28) porta alla considerazione che essendo i campi accoppiati anche
l’intensità risulta variare, nella propagazione lungo il materiale, della quantità:
∂ Ii 1
∂ Ai ∗
∂ A∗i
= ni cε0
A + Ai
(2.29)
∂z
2
∂z i
∂z
Riscrivendo, quindi, un sistema di accoppiamento anche per le intensità dei campi
si otterrà come risultato:

1
∂ I1


= i ε0 deff ω1 (A∗1 A∗2 A3 ei∆kz − A1 A2 A∗3 e−i∆kz )


∂z
2







∂ I2
1
= −i ε0 deff ω2 (A∗1 A∗2 A3 ei∆kz − A1 A2 A∗3 e−i∆kz )

∂z
2








∂I
1

 3 = −i ε0 deff ω3 (A1 A2 A∗3 e−i∆kz − A∗1 A∗2 A3 ei∆kz )
∂z
2
(2.30)
Da questo sistema si ricavano le equazioni di Manley-Rowe:
1 ∂ I2
1 ∂ I3
1 ∂ I1
=
=−
ω1 ∂ z
ω2 ∂ z
ω3 ∂ z
(2.31)
Tenendo presente che una delle ipotesi di partenza era che ω3 = ω1 + ω2 risulta
∂ I1 ∂ I2 ∂ I3
+
+
=0
∂z
∂z
∂z
(2.32)
in questa relazione si evidenzia chiaramente la conservazione dell’energia nel processo non lineare dato che un incremento in intensità di un campo deve essere
necessariamente compensato con una equivalente riduzione di un altro fascio. Tale
equazione è valida per ogni direzione nel mezzo di propagazione stesso.
In una visione corpuscolare ogni onda elettromagnetica è associata a un flusso di fotoni ognuno dei quali trasporta un quanto di energia proporzionale alla
frequenza con cui oscilla il campo:
E = hνi = h̄ωi
3 Non
elettrico.
(2.33)
è più necessaria la descrizione tramite l’inviluppo, dato che è sufficiente l’uso del campo
36
Capitolo 2. Richiami di ottica non lineare
e la conservazione dell’energia può essere schematizzata con la figura4 2.2.
h̄ω1
h̄ω3
h̄ω3 = h̄ω2 + h̄ω1
h̄ω2
Figura 2.2:
Conservazione dell’energia nel processo di conversione non lineare:
interazione a tre fotoni di cui i due in ingresso ad energia inferiore di quello in uscita.
L’intensità della radiazione luminosa è proporzionale al numero di fotoni per
unità di superficie e su un’area S di riferimento vale:
Ii (z) =
Ni (z) · h̄ω
c
S
(2.34)
Quindi una variazione di intensità durante la propagazione coincide con un equivalente cambiamento nel numero di fotoni. L’equazione di Manley-Rowe può quindi
essere riscritta in termini di popolazioni fotoniche:
∂ N1 ∂ N2
∂ N3
=
=−
∂z
∂z
∂z
(2.35)
da questa equazione si evince che, riferendosi alla generazione di frequenza somma, per ogni fotone guadagnato dal campo a frequenza maggiore si perde un fotone per ognuno dei due campi a frequenze più basse. Viene quindi rispettata la
conservazione dell’energia secondo la legge:
h̄ω1 + h̄ω2 = h̄ω3
(2.36)
Dato che il modello fin qui esposto è stato riferito a fenomeni non lineari del secondo ordine, occorre sottolineare che quanto discusso sulle equazioni di Manley4 Nell’esempio
si considera la generazione di frequenza somma.
37
2.3. Conservazione dell’energia e del momento nei processi non lineari
Rowe resta valido anche per gli ordini più elevati a patto di allargare i bilanciamenti
energetici ad un maggior numero di fotoni.
2.3.2
Il Phase matching
Abbiamo già accennato al fatto che il termine di phase mismatch, ∆k è molto importante nella descrizione dei fenomeni non lineari [14] e una prima spiegazione
di questo fatto è direttamente ricavabile dall’osservazione del sistema di equazioni
che descrive l’accoppiamento dei campi (2.26): la quantità in questione compare
in un esponenziale complesso
. . . · e−i∆kz
(2.37)
la parte reale di questo termine risulta unitaria per ∆k = 0 oltre che per tutti i
multipli di 2π /z tuttavia in questi ultimi casi il valore assunto dall’esponenziale
diventa dipendente da z. Il fatto che si moltiplichi il termine di interazione per
un valore inferiore ad 1 implica una peggiore efficienza del processo non lineare
stesso indipendentemente dal coefficiente deff del cristallo.
Per capire l’effetto che ha il fattore ∆k sulle equazioni di campo dal punto di
vista fisico, ipotizziamo di far interagire due fotoni identici di pulsazione ω in un
cristallo non lineare a generare un fotone di energia doppia, ovvero alla pulsazione
2ω , secondo un processo detto di generazione di seconda armonica (par. 2.4.2).
In questo processo il phase mismatch è ∆k = k2ω − 2kω ovvero il numero d’onda
della frequenza fondamentale a cui si sottraggono quelli della seconda armonica.
Riprendendo la modellizzazione del dipolo non lineare che investito dall’onda
elettromagnetica della fondamentale oscilla generando in fase con questa la seconda armonica, si può comprendere il phase mismatch valutando che, se l’onda
emessa in un dato istante non è in fase con quelle generate in altri punti del cristallo, si ha interferenza distruttiva e quindi non si ha un significativo incremento nella
generazione della pulsazione a 2ω (Fig 2.3).
Appurato che si ha necessità di mantenere un legame di fase nel campo di
seconda armonica generato a vari istanti, dobbiamo dire che ciò è possibile solo
se la velocità della fondamentale è uguale a quella del fascio a frequenza doppia;
questo fatto si traduce nella seguente relazione:
vω =
c
c
= v2ω =
nω
n2ω
(2.38)
38
Capitolo 2. Richiami di ottica non lineare
v?
v?
v2?
v2?
Interferenza tra le onde
Dipolo 2
generate dai dipoli ad
istanti diversi
v2?
Dipolo 1
z
Figura 2.3: Effetto del phase mismatch tra fotoni di seconda armonica generati ad istanti
diversi. I vari fotoni di seconda armonica interferiscono distruttivamente.
che quindi determina, oltre al fatto che 2kω = k2ω , anche un’equivalenza degli
indici di rifrazione:
nω = n2ω
(2.39)
Generalizzando al caso in cui si ottiene un’onda a pulsazione ω3 a partire da
due onde a frequenze più basse e diverse, occorre sottolineare come l’uguaglianza
delle velocità debba verificarsi tra v3 e la velocità della polarizzazione non lineare
ottenuta con la sovrapposizione degli effetti dei campi ω1 ed ω2 , infatti dato che la
sorgente del terzo campo è ∂ 2 PNL /∂ t 2 :
ei[ω3t−(k1 +k2 )z]
e
ei(ω3t−k3 z)
(2.40)
ω3
k3
(2.41)
le due velocità da considerare sono:
vPNL =
ω3
k1 + k2
e
v3 =
e, infatti, risultano uguali quando si raggiunge la condizione di phase matching,
cioè ∆k = 0.
Un ulteriore sviluppo consiste nell’estendere il concetto di phase matching a
campi impulsati e quindi non più monocromatici, ma caratterizzati da bande in frequenza più o meno estese; in questo caso necessariamente non si è più in grado
di soddisfare la condizione ∆k = 0 per ogni frequenza spettrale e si incorre necessariamente in un mismatch che limita l’effetto non lineare rispetto a quanto energeticamente possibile. Si tratta in effetti di una condizione ulteriore rispetto alla
39
2.3. Conservazione dell’energia e del momento nei processi non lineari
conservazione dell’energia, ed in una visione particellare (fig. 2.2) è riconducibile
alla conservazione della quantità di moto:
∆k = k3 − k2 − k1 = 0
oppure
k3 = k2 + k1
(2.42)
I processi del secondo ordine risultano,quindi, possibili se viene soddisfatto il
seguente sistema:


 h̄ω3 = h̄ω2 + h̄ω1

 h̄k
3
=
(2.43)
h̄k2 + h̄k1
ed è appunto questo sistema che permette di descrivere gli effetti non lineari su
bande spettrali estese.
Cristalli anisotropi
In tutti i materiali ordinari si verifica una variazione dell’indice di rifrazione (detta
dispersione normale ) in dipendenza dalla frequenza che, nell’intervallo spettrale dall’ultravioletto al vicino infrarosso, risulta essere monotòna crescente all’aumentare della frequenza. Riprendendo la prima equazione del sistema (2.43) e
tenendo conto che, secondo l’ipotesi iniziale,ω1 < ω2 < ω3 risulta: n1 < n2 < n3 .
Osservando la relazione necessaria per ottenere il phase matching deve risultare
che ω3 n3 = ω1 n1 + ω2 n2 da cui segue che ω1 n3 + ω2 n3 = ω1 n1 + ω2 n2 ed anche
ω1 (n3 − n1 ) = ω2 (n2 − n3 ). Quest’ultima relazione è impossibile da verificare in
un materiale isotropo in quanto i valori in parentesi sono uno positivo ed uno negativo. Pertanto i fenomeni non lineari desritti sono realizzabili solo in materiali
anisotropi, nei quali la dispersione dell’indice di rifrazione dipende anche dall’orientamento del fascio. In questi materiali il tensore di suscettività non è riconducibile, per questioni di simmetria5 ad uno scalare; ciò comporta il fatto che il
vettore di spostamento elettrico D dipenda, lungo un generico asse x, secondo una
notazione tensoriale da:
Dx = ε0 (εxx Ex + εxy Ey + εxz Ez )
5 Anche
(2.44)
il coefficiente deff è descritto da una natura tensoriale dovuta alle caratteristiche di sim-
metria del mezzo. Nel caso di materiali anisotropi deff non è riconducibile ad uno scalare e dipende
dalla direzione di propagazione rispetto agli assi di simmetria del reticolo cristallografico.
40
Capitolo 2. Richiami di ottica non lineare
Ma, trattandosi comunque di un tensore simmetrico è possibile trovare assi di riferimento secondo i quali esso si riduce ad una matrice diagonale ottenendo solo tre
coefficienti non nulli:


Px = ε0 χx Ex





Py = ε0 χy Ey





 P =ε χ E
z
0 z z
(2.45)
Per un materiale isotropo si ha χx = χy = χz e quindi l’indice di rifrazione, definito
p
come n j = 1 + χ j , risulta essere costante. In alcuni cristalli, per le diverse con-
dizioni di simmetria lungo gli assi, si possono avere coefficienti diversi nelle varie
direzionied in particolare:
• cristalli uniassici se χx = χy 6= χz ; l’indice di rifrazione secondo gli assi x e
y che è lo stesso, è detto ordinario, l’asse z si definisce come asse ottico e
l’indice corrispondente è detto straordinario; si possono, inoltre, distinguere
due possibilità:
- cristalli uniassici positivi se l’indice di rifrazione lungo l’asse ottico, è
maggiore di quello ordinario che si manifesta lungo gli altri due assi;
- cristalli uniassici negativi in caso contrario (fig. 2.4);
• cristalli biassici se ogni asse presenta un coefficiente diverso.
Considerando che nei cristalli anisotropi gli indici ordinario e straordinario
possono differire anche sensibilmente (fig. 2.4) si presenta la possibilità di risolvere il sistema (2.43) individuando un opportuno angolo mediante il quale gli indici
di rifrazione diversi consentono di verificare le condizioni poste.
Consideriamo il caso di un cristallo uniassico. Si può definire per questi
materiali un ellissoide degli indici (fig. 2.5) descritto da:
x2 y2 z2
+ + =1
n2o n2o n2e
(2.46)
(indicando con no l’indice ordinario e con ne l’indice straordinario) Il campo elettrico propaga con un indice di rifrazione che dipende dalla direzione della polarizzazione: se la polarizzazione è complanare al piano xy l’indice di rifrazione (in un
cristallo uniassico) è ordinario, no ; nel caso in cui la polarizzazione sia parallela
41
2.3. Conservazione dell’energia e del momento nei processi non lineari
Indice di rifrazione
1.9
1.8
1.7
Indice n
o
1.6
Indice n
e
1.5
0.2
0.4
0.6
0.8
1.0
1.2
1.4
1.6
1.8
Lunghezza d'onda ( m)
Figura 2.4: Indici di rifrazione ordinario e straordinario del BBO: si tratta di un cristallo
uniassico negativo. Risulta evidente la dispersione normale.
Figura 2.5: Ellissoide degli indici per un cristallo uniassico: sezione dell’ellissoide degli
indici per un cristallo uniassico con proiezione del campo elettrico sul piano ortogonale al
vettore di propagazione per determinare l’indice di rifrazione straordinario.
all’asse ottico,cioè lungo la direzione straordinaria, l’indice risulta essere ne . Se
invece la direzione di propagazione dell’onda porta il campo a non essere polariz-
42
Capitolo 2. Richiami di ottica non lineare
zato come nei due casi precedenti, si definisce l’indice di rifrazione straordinario
ne (θ ), scomponendo la direzione di E nelle componenti ordinaria e straordinaria,
come:
1
cos2 (θ ) sin2 (θ )
=
+
n2e (θ )
n2o
n2e
(2.47)
con θ che indica l’angolo tra direzione di propagazione k e asse ottico o
equivalentemente tra polarizzazione del campo elettrico e la direzione ordinaria.
Ritornando alla equazione (2.43) individuando l’angolo opportuno tra la polarizzazione del campo elettrico e l’asse ottico è possibile soddisfare la condizione di
phase matching; infatti sfruttando ad esempio l’indice di rifrazione straordinario di
un cristallo uniassico negativo, che a parità di ω risulta inferiore rispetto a quello
ordinario, per il campo oscillante alla frequenza più elevata diventa possibile avere
∆k = 0, se i tre campi sono fatti propagare in una direzione che formi un angolo
opportuno θ con l’asse ottico e con le polarizzazioni opportune.
Configurazioni
In base alla polarizzazione assunta dai tre campi si possono avere due tipi di
configurazioni:
• Il phase matching collineare di tipo I, per un cristallo uniassico negativo, si
ottiene facendp propagare il fascio caratterizzato dalla frequenza più elevata
con l’indice straordinario ne (θ ), ovvero lungo una direzione non complanare
con gli assi ordinari a formare un angolo θ con l’asse ottico. In questo modo
le onde a frequenze più basse mantengono la stessa direzione di propagazione ma sono polarizzate linearmente parallelamente al piano ordinario6 ed
ortogonalmente alla polarizzazione del campo con pulsazione a ω3 . Per un
cristallo uniassico positivo il fascio a frequenza più alta deve, invece, essere
ordinario mentre gli altri due straordinari.
• Il phase matching collineare di tipo II, prevede che la polarizzazione di uno
dei due campi a pulsazione inferiore sia parallela al campo somma. Per
questa configurazione Le condizioni da verificare risultano più restrittive,
6 Questa
configurazione si dice ooe ovvero due onde che propagano lungo un asse ordinario si
sommano a dare un’onda straordinaria (o + o = e).
2.3. Conservazione dell’energia e del momento nei processi non lineari
tanto che agendo su impulsi con bande spettrali estese la condizione di phase matching risulta adeguatamente soddisfatta su intervalli di frequenza più
stretti.
La tabella 2.1 elenca le varie configurazioni di phase matching possibili per i cristalli uniassici. Il parametro fondamentale per ottenere la relazione di fase voluta
è l’angolo θ di ingresso al materiale; tipicamente i cristalli vengono tagliati in
modo tale che l’incidenza normale su una lamina dello stesso coincida con una
propagazione ad un angolo θ prefissato.
Tipo
Polarizzazione
Cristallo Uniassico
di ω1 ω2 ω3
Tipo I
ooe
Negativo
Tipo II
oee
Negativo
Tipo II
eoe
Negativo
Tipo I
eeo
Positivo
Tipo II
eoo
Positivo
Tipo II
oeo
Positivo
Tabella 2.1: Elenco dei phase matching permessi per tipo di cristallo.
Nel caso di phase matching non collineare i fasci non propagano tutti nella stessa direzione e, pertanto, la notazione vettoriale atta ad esplicitare la conservazione
del momento diventa fondamentale per poter esprimere le considerazioni sulle polarizzazioni e sugli indici. In questo caso si possono ottenere migliori condizioni
di accoppiamento per segnali a banda larga.
Più complicata risulta la trattazione delle possibili configurazioni nel caso di
cristalli biassici dato che non si ha presenza di una simmetria che porti a semplificare le proprietà geometriche dell’ellissoide: la direzione di propagazione viene
quindi determinata da due angoli ϕ e θ , il primo rispetto all’asse x il secondo
rispetto all’asse z.
2.3.3
Sovrapposizione spazio-temporale degli impulsi
Per ottenere l’effetto non lineare voluto, in caso di onde elettromagnetiche impulsate e pertanto caratterizzate da una banda larga, i campi devono sovrapporsi
43
44
Capitolo 2. Richiami di ottica non lineare
e mantenere la sovrapposizione nella propagazione lungo il materiale per poter
aumentare l’efficienza del processo stesso.
Sembrerebbe che assicurare il phase matching, e uguagliare le velocità di propagazione, sia sufficiente, tuttavia in realtà esistono una serie di problematiche che
limitano la sovrapposizione.
Figura 2.6: Spostamento laterale del fascio con polarizzazione straordinaria dovuto al
walk-off.
La prima è il walk-off e vale anche in caso di fasci monocromatici. L’onda
straordinaria propaga con un ne (θ ) che è il risultato degli effetti di due indici diversi, no e ne ; ciò si traduce nel fatto che il vettore di Poynting, S = E × H la
cui direzione indica la propagazione dell’energia, non risulta più parallelo a ke
Per fasci di sezione trasversale finita, con la propagazione nel materiale, si perde,
quindi, la sovrapposizione iniziale dei fasci. Più si necessita di cristalli lunghi, per
migliorare l’efficienza di conversione, più questo problema risulta determinante.
Un ulteriore problema è costituito dal fatto che, negli impulsi propaganti in
un mezzo, si assiste alla dispersione delle velocità di gruppo7 , o GVM (Group
Velocity Mismatch), che causa una separazione temporale dei campi interagenti,
fatto che può limitare l’efficienza del processo non lineare. Questo aspetto verrà
7A
cui è legata direttamente dalla dispersione del ritardo di gruppo.
45
2.4. Effetti non lineari del secondo ordine
ulteriormente approfondito successivamente per quanto riguarda l’amplificazione
parametrica (par. 3.2.1).
2.4 Effetti non lineari del secondo ordine
La trattazione finora sviluppata tratta l’accoppiamento di tre campi generici attraverso la polarizzazione non lineare indotta nel materiale. Passando in ingresso
ad un materiale caratterizzato da un coefficiente deff non trascurabile, due campi oscillanti, sotto le opportune condizioni descritte, diventa possibile generare un
terzo campo secondo due meccanismi fondamentali:
Due fotoni alle frequenze
Somma
ω1 + ω2 = ω3
più basse si sommano a darne
un terzo.
L’interazione di due fotoni
Differenza
ω3 − ω2 = ω1
ne genera un terzo
con frequenza pari alla differenza
di quella dei primi due.
Tabella 2.2: Fenomeni di base non lineari del secondo ordine.
Un’analisi specifica più approfondita permette, tuttavia, di distinguere
ulteriormente i vari fenomeni sulla base delle intensità relative dei vari fasci.
2.4.1
Generazione di seconda armonica-SHG
Il primo importante caso di applicazione delle equazioni di accoppiamento è la
generazione di seconda armonica. Tale caso ha un significato particolarmente rilevante perchè con questo metodo possono essere generate coerenti armoniche di
un’onda fondamentale. Le equazioni del sistema (2.27) sono in questo caso ridotte a 2 in quanto si ha la degenerazione di ω1 ed ω2 che vengono a idenficarsi in ωFF . Nell’approssimazione di pompa costante, l’equazione da integrare è
semplicemente:
A3 (L) = ASHG (L) =
2ideff ω32 2 i∆kz
AFF e
k3 c2
(2.48)
46
Capitolo 2. Richiami di ottica non lineare
L’integrazione tra z = 0 e z = L porta a:
2ideff ω32 A2FF
ASHG (L) =
k3 c2
Z ∞
0
i∆kz
e
2ideff ω32 A2FF
dz =
k3 c2
ei∆kL − 1
i∆k
!2
(2.49)
Per cui per l’intensità si ha :
2
2 ω 2 I 2 i∆kL
8deff
e
−
1
3 FF
ISHG =
2
n1 n2 n3 ε0 c ∆k (2.50)
L’espressione in modulo può essere riscritta come segue:
ei∆kL − 1 2
sin2 (∆kL/2)
= L2 sinc2 (∆kL/2)
= L2
∆k (∆kL/2)2
(2.51)
Si può notare che l’efficienza del processo decresce all’aumentare di |∆k|L: il
motivo è che se L è più grande di circa 1/∆k, l’onda di uscita può andare fuori
fase rispetto alla sua polarizzazione forzante. Per questa ragione si definisce il parametro lunghezza di coerenza come Lcoh = 2/∆k. Solo in caso di perfetto phase
matching con (nω − n2ω ) = 0 l’intesità cresce con la lunghezza del cristallo secon-
do l’espressione ISHG = Γ2 IFF L2 .
Figura 2.7: Andamento dell’intensità della seconda armonica in funzione del phase
mismatch
47
2.4. Effetti non lineari del secondo ordine
2.4.2
Generazione di frequenza somma e up conversion
Assumiamo di iniettare nel cristallo due campi alle frequenze ω1 e ω2 ; per il processo di generazione di frequenza somma (SFG - Sum Frequency Generation) si
verrà a generare un terzo campo a ω3 = ω1 + ω2 ; qualora ω2 = ω1 il processo è
quello già descritto di generazione di seconda armonica (SHG - Second Harmonic
Generation). Nela caso più generale, per modellizzare il processo sulla base del
sistema (2.26) assegnamo dei valori iniziali per i campi A1 e A2 mentre il terzo non
è ancora presente: A3 (0) = 0. Come ulteriore semplificazione consideriamo che
uno dei due campi in ingresso, in questo caso il campo A1 , sia molto più intenso
degli altri e che quindi la sua popolazione di fotoni non subisca uno svuotamento
significativo; sotto queste condizioni si parla più propriamente di up-conversion.
Sotto tali condizioni semplificative il sistema di accoppiamento dei campi si
riduce a:

∂ A1 (z)


=0


∂z







∂ A2 (z)
deff ω2 ∗
= −i
A1 A3 (z) · e−i∆kz

∂
z
cn
2








∂ A3 (z)
deff ω3


= −i
A1 A2 (z) · ei∆kz
∂z
cn3
(2.52)
Le ultime due equazioni del sistema sono riscrivibili8 in un’unica equazione
differenziale funzione solo del campo A3 (z) e del campo costante A1 . Per un’
ulteriore semplificazione, dato che verrà a comparire il termine A21 , è possibile
1
esprimere il primo campo in intensità, I1 = cε0 n1 |A1 |2 , così da ottenere
2
∂ 2 A3
∂ A3
= i∆k
− Γ2 A 3
∂ z2
∂z
(2.53)
dove il fattore Γ2 include l’intensità del campo a ω1 .
Γ2 =
2 ω ω
2deff
2 3
I1
c3 ε0 n1 n2 n3
(2.54)
Da notare che nell’equazione (2.53) non è presente il campo oscillante a pulsazione
ω2 dato che ad ogni suo fotone è associato un fotone ad ω3 e quindi la descrizione delle due propagazioni è, a parte una costante, identica. Inserendo le condizioni al contorno precedentemente introdotte si giunge alle seguenti soluzioni per
8 Sostituendo
la seconda equazione nella terza dopo che quest’ultima è stata derivata.
48
Capitolo 2. Richiami di ottica non lineare
l’intensità dei campi propaganti:

sin(gz) 2
2 ω ω
deff

2 3


I
·
I
·
I
(z)
=
2
1
20
3

3
c ε0 n1 n2 n3
g



 I (z) = I · | cos(gz)|2
2
20
con
g=
r
(2.55)
∆k2
+ Γ2
4
(2.56)
Analizzando le soluzioni è evidente la dipendenza del campo della frequenza
somma dal parametro deff ; in un materiale non dotato di polarizzazione non lineare di secondo ordine, come ad esempio i materiali centrosimmetrici, questo processo risulterebbe impossibile. Con deff non nullo, invece, si ha istantaneamente
generazione dell’onda a pulsazione ω3 .
I3
I20
I2
z
L
Figura 2.8: Andamento dei campi in un cristallo non lineare.
Ora focalizziamo l’attenzione sulla modulazione sinusoidale delle intensità dei
campi: sia I2 che I3 risultano, infatti dipendenti da termini oscillanti in controfase.
Nella propagazione, quando il terzo campo raggiunge l’intensità massima, il secondo campo risulta annullato; continuando a propagare lo scambio di energia tra i
fasci si inverte a ricostituire l’onda di frequenza ω2 ed annullare quella a frequenza
ω3 .
49
2.4. Effetti non lineari del secondo ordine
π
Il massimo per I3 (z) si osserva qualora gz risulti pari a multipli di , ovvero,
2
lπ
lπ
9
avendo fissato ∆k = 0, si ha per z = L =
=
.
2g 2Γ
Ma una volta fissato il valore di lunghezza ottimale L del cristallo occorre
analizzare l’effetto di un eventuale phase mismatch presente. Per comodità conviene riscrivere l’equazione di propagazione dell’intensità per il terzo campo nel
seguente modo, esplicitando L come parametro:
I3 (z) = 2
dato che
2 ω ω
deff
2 3
2
2
I
I
L
sinc
gL
1
20
c3 ε0 n1 n2 n3
sin(gL) 2 sin[π /2p(∆kL/π )2 + 1] 2
p
=
2
π /2 (∆kL/π ) + 1 gL (2.57)
(2.58)
Risulta così evidente che uno spostamento dalla condizione di phase matching
ottimale ha l’effetto di abbattere velocemente la generazione del campo pulsante
ad ω3 . Ricordiamo che una delle premesse alla trattazione svolta è che il campo
A1 sia molto più intenso del secondo campo in ingresso al cristallo, e il fatto che
non sia stata presentata una descrizione dell’evoluzione dell’intensità per questo
fascio non vuole dire che non presenti variazioni10 . Anzi, nel caso in cui non si
verifichi la condizione I1 ≫ I2 i meccanismi di conversione risultano meno semplici
e l’efficienza del processo ne risente.
2.4.3
Generazione di frequenza differenza
L’altro processo che si può verificare è inverso rispetto a quello fin qui presentato:
la generazione di frequenza differenza (DFG - Difference Frequency Generation).
Il fotone associato al campo elettromagnetico oscillante alla frequenza più elevata
possiede un’energia h̄ω3 pari alla somma di h̄ω1 e di h̄ω2 ed è quindi possibile, sulla base di una serie di condizioni che devono essere sempre soddisfatte, che questo
stesso fotone si suddivida nei due ad energia più bassa. Bisogna tenere presente,
tuttavia, che, per il caso delle onde piane, tale fenomeno non si può verificare se
il fascio a cui è associata la pulsazione ω3 propaga da solo, cioè senza un ulterio9 Per
minimizzare g massimizzando il termine entro il modulo.
del campo A1 varia in fase con l’intensità del campo A2 per bilanciare
10 L’intensità
energeticamente la crescita del campo alla frequenza somma.
50
Capitolo 2. Richiami di ottica non lineare
re fascio, in quanto la polarizzazione non lineare, (2.22), sarebbe definita da due
porzioni dello stesso fascio ad identica pulsazione11 e quindi costante.
Perciò è necessario che ci sia una delle due componenti caratterizzate da fotoni
meno energetici per poter ottenere, attraverso la differenza, l’altro fascio. Si può
esprimere più correttamente il bilancio delle energie come segue:
h̄ω3 + h̄ω2 = 2 · h̄ω2 + h̄ω1
(2.59)
in una relazione che è solo formalmente differente dall’espressione h̄ω3 − h̄ω2 =
h̄ω1 .
h̄ω2
h̄ω3
h̄ω2
h̄ω1
Figura 2.9: Bilancio delle energie dei fotoni tramite schematizzazione a livelli virtuali.
Un’ulteriore possibilità di osservare questo effetto si verifica con la generazione di frequenza differenza tra componenti spettrali diverse di uno stesso impulso.
La condizione necessaria perchè si possa realizzare tale fenomeno è che l’impulso
in ingresso sia a banda estremamente larga, in modo che le code spettrali possano
interagire.
Nel caso in cui la generazione di frequenza differenza avvenga tra un primo fascio
molto energetico ed un secondo più debole e di pulsazione inferiore, il processo
è denominato Amplificazione ottica parametrica [15]; in questo caso i tre campi
possono essere così ridefiniti:
• pompa, il fascio in ingresso a frequenza più elevata, ω p , caratterizzato anche
da una maggiore intensità rispetto al secondo fascio in ingresso al cristallo;
11 Si
ottiene, infatti, un diverso fenomeno non lineare, detto rettificazione ottica, per il quale nel
materiale si genera un campo elettrico costante a fronte dell’annichilazione di due fotoni.
51
2.4. Effetti non lineari del secondo ordine
• segnale, il secondo fascio in ingresso al cristallo, di pulsazione ωs , anche
molto debole;
• idler, il fascio in uscita risultante dalla frequenza differenza ωi = ω p − ωs .
Pompa
ω3
OPA
Idler
ω2 = ω3 − ω1
ω1
Segnale
Figura 2.10: Amplificazione ottica parametrica.
Per descrivere questo fenomeno si parla di amplificazione in quanto il segnale
può essere amplificato di svariati ordini di grandezza purchè si possa disporre di
un fascio di pompa sufficientemente intenso; con l’amplificazione del segnale si
viene a generare anche il terzo fascio, l’idler, la cui intensità ha un andamento
paragonabile a quella del segnale stesso.
Per trattare l’amplificazione parametrica riprendiamo le equazioni del sistema
di accoppiamento (2.27) che, sempre considerando un’approssimazione di onde
monocromatiche e una pompa molto intensa, che comporta il fatto di considerarla
sostanziamente costante, può essere riformulato come:

∂ As (z)
deff ωs


= −i
Ai (z)∗ A p · e−i∆kz


∂
z
cn

s






∂ Ai (z)
deff ωi
= −i
As (z)∗ A p · e−i∆kz

∂
z
cn
i








∂ A p (z)


=0
=⇒ A p (z) ≃ costante
∂z
(2.60)
in questo caso il phase mismatch viene definito dalla relazione
∆k = k p − ks − ki
(2.61)
52
Capitolo 2. Richiami di ottica non lineare
Indichiamo le condizioni al contorno, che descrivono l’iniezione dei campi
di pompa e segnale con il primo molto più intenso del secondo: Is (z = 0) = Is0 ,
Ii (z = 0) = 0 e I p (∀ z) = I p . Ripercorrendo gli stessi passaggi descritti nel paragrafo precedente per l’up-conversion, cioè effettuando la derivata della prima
equazione del sistema e sostituendoci la seconda, si giunge a descrivere l’effetto di
amplificazione sul segnale con l’equazione differenziale:
∂ 2 As
∂ As
= −i∆k
+ Γ2 A s
2
∂z
∂z
con Γ definito come
Γ2 =
2 ω ω
2deff
s i
Ip
c3 ε0 ns ni n p
(2.62)
(2.63)
La propagazione del campo relativo alla pulsazione ωi è descritta da un’equazione del tutto simile dato che, una volta che il fascio di idler viene generato, questo
concorre al processo tramite la differenza ω p − ωi = ωs aumentando a sua volta
il numero di fotoni del fascio di segnale e di conseguenza incrementando i pro-
pri. Quindi, avendo innescato due diversi meccanismi di generazione di frequenza
differenza ci si aspetta una crescita esponenziale dell’intensità di idler e segnale;
questa analisi quantitativa viene confermata dalle soluzioni esatte per i campi in
questione:

2 
Γ


Is (z) = Is0 1 +
sinh(gz)


g



2 
Γ
ωi


Ii (z) = Is0
sinh(gz)


ωs
g



(2.64)
con il fattore g che differisce dal caso precedente, equazione (2.56), ma che
comunque resta pari a Γ in caso di perfetto phase matching:
r
∆k2
g = Γ2 −
4
(2.65)
L’annullamento del ∆k agisce massimizzando g e quindi rendendo molto più
grande il guadagno di segnale, dato che la funzione sinh(x)/x diverge per x
tendente all’infinito.
La crescita esponenziale dei fasci di segnale e di idler all’aumentare del percorso nel cristallo, già sottolineata precedentemente, risulta quindi confermata dalla
soluzione esatta dell’evoluzione delle intensità: è il termine di seno iperbolico,
53
2.4. Effetti non lineari del secondo ordine
in dipendenza dal termine g che decresce all’aumentare del phase mismatch, che
descrive tale comportamento dei fasci in regime di amplificazione parametrica .
Dopo aver percorso una distanza L nel cristallo non lineare per ∆k = 0, g = Γ
nell’approssimazione di grande guadagno ΓL >> 1
1
Is (L) ≈ Is0 e2ΓL
4
Ii (L) ≈
ωi
Is0 e2ΓL
4ωs
(2.66)
Trattandosi di un meccanismo di amplificazione è definibile un fattore di
guadagno G(z) come:
Is (z)
(2.67)
Is0
Nel caso in cui si ottenga l’adattamento della fase e si consideri un grande guaG(z) =
dagno, Γz ≫ 1, G(z) si può esprimere attraverso la più semplice e significativa
espressione:
1
(2.68)
G(z) = 1 + sinh2 (Γz) ≃ e2Γz
4
che, non solo evidenzia la dipendenza esponenziale dell’amplificazione dal perp
corso nel cristallo, ma anche, essendo Γ ∝ I p , dall’intensità del fascio di
pompa.
Dopo una sufficiente propagazione nel cristallo non lineare, le intensità dei fasci di segnale e di idler raggiungono valori tali da rendere inapplicabile la semplificazione di considerare che il fascio di pompa sia soggetto ad un basso svuotamento
nel processo di amplificazione; in queste condizioni le intensità Is e Ii non aumentano più avendo raggiunto la saturazione del guadagno. Sperimentalmente, risulta
possibile ottenere efficienze massime di circa il 40% di svuotamento della pompa.
Il set up che implementa l’amplificazione parametrica è detto OPA, Optical
Parametric Amplifier; la sovrapposizione temporale viene ottenuta grazie ad una
linea di ritardo che permette di uguagliare i cammini ottici degli impulsi. I fasci
vengono quindi focalizzati12 in moto tale da ottenere densità di potenza sufficientemente elevate da poter innescare l’effetto non lineare di generazione di frequenza
differenza.
12 Tipicamente
il fuoco non è localizzato all’interno del mezzo non lineare, ma abbastanza lontano
da non ottenere densità di potenza superiori alla soglia di danneggiamento del cristallo stesso.
54
Capitolo 2. Richiami di ottica non lineare
2.5 Effetti non lineari del terzo ordine
Nei materiali centrosimmetrici non lineari il potenziale anarmonico non presenta
termini di spostamento dall’equilibrio dipendenti da potenze dispari e quindi è il
termine ∝ x4 a variare la forza di richiamo della nuvola elettronica verso il nucleo.
U(x)
B<0
x
Figura 2.11: Potenziale di richiamo della nuvola elettronica in funzione dello spostamento
dall’equilibrio. Viene evidenziato l’effetto dell’anarmonicità tipica di materiali non lineari
centrosimmetrici.
Se la curvatura del potenziale diminuisce è più facile, per un campo esterno,
deformare il sistema e questo si traduce in un aumento dell’indice di rifrazione.
La polarizzazione non lineare del terzo ordine è:
3
(2.69)
PNL (z,t) = ε0 χ (3) |A(z,t)|2 A(z,t)
4
e in caso di effetto dovuto ad un solo campo incidente i termini complessi eik0 z e
e−ik0 z si semplificano; il vettore d’onda della polarizzazione k p è quindi uguale a
quello dell’onda incidente k0 e si ottiene automaticamente la condizione di phase
matching per i fenomeni descritti di seguito13 .
2.5.1
Automodulazione di fase
L’automodulazione di fase, SPM da Self Phase Modulation, è un processo non
lineare estremamente utile dato che permette di estendere la banda spettrale di un
13 Necessario,
invece, per altri effetti non lineari del terzo ordine, quale la generazione di terza
armonica che non verrà trattata in dettaglio.
55
2.5. Effetti non lineari del terzo ordine
impulso, purché questo sia sufficientemente intenso, e arrivare alle condizioni di
poter avere un impulso di durata estremamente ridotta.
Ricordiamo che, per un’onda piana monocromatica:
D = ε0 E + P = ε0 E + PL + PNL
(2.70)
e quindi esplicitando la polarizzazione non lineare del terzo ordine e applicando la
definizione di indice di rifrazione per il termine lineare:
3
2
D = ε0 1 + χL + χNL |E| E = ε0 [n20 + δ n20 ]E
4
(2.71)
con la quantità δ n20 che, seppur piccola è approssimabile al primo ordine come
3
χNL |E|2 = δ n20 ≃ 2n0 δ n = 2n0 nNL |E|2
4
dove
δn =
3 χNL 2
|E| = nNL |E|2
8 n0
(2.72)
(2.73)
La dipendenza dell’indice di rifrazione da |E|2 è poi riconducibile ad un le1
game con l’intensità. Infatti la considerazione che I(t) = nε0 c|E(z,t)|2 porta a
2
concludere definendo:
n = n0 + n2 I(t) con n2 =
2nNL
nε0 c
(2.74)
Questo fenomeno, per cui n dipende linearmente dall’intensità dell’onda elettromagnetica incidente nel materiale, è detto effetto Kerr ed è direttamente responsabile
dell’automodulazione di fase.
Consideriamo ora la propagazione in un mezzo caratterizzato da non linearità
del terzo ordine; il vettore d’onda nella direzione di propagazione diventa:
k=
ω0 n ω0 n0 + n2 I(t)
=
c
c
(2.75)
La fase dell’impulso, propagando per un tratto L è
φ (t) = φL + φNL = ω0t −
con
φNL (t) = −
ω0 n0 + n2 I(t) L
c
ω0
n2 I(t)L
c
(2.76)
(2.77)
56
Capitolo 2. Richiami di ottica non lineare
La fase non lineare produce un allargamento spettrale di cui non è possibile
definire una forma analitica, ma che è comunque calcolabile numericamente grazie
al teorema di Parseval:
Z +∞
2
i(ω0 t+φNL (t)) −iω t E(t)e
dt e
S(ω ) = −∞
(2.78)
dove S(ω ) è lo spettro in intensità.
Una visione intuitiva dell’allargamento spettrale si può comunque dare facendo
riferimento alla frequenza istantanea ω (t) dell’impulso, che viene descritta da
ω (t) = ω0 + δ ω (t)
(2.79)
d
φNL (t)
dt
(2.80)
dove
δ ω (t) =
e quindi proporzionale alla derivata dell’intensità nel tempo.
Osservando la figura 2.12 e con l’assunzione che n2 > 0 si nota come, sul fronte
di salita dell’impulso, vengano generate frequenze più basse rispetto a quelle di
partenza dato che δ ω < 0; il contrario avviene al diminuire dell’intensità. Quindi
l’impulso in uscita dal cristallo presenterà un chirp positivo: temporalmente le
componenti spettrali a frequenza più bassa precederanno quelle a frequenza più
alta; compensare questo sfasamento porta ad ottenere impulsi molto brevi.
Sempre con riferimento alla figura 2.12, si può notare che lo stesso valore
di δ ω si ottiene a tempi differenti; questo implica che lo spettro allargato risulta anche modulato dall’interferenza di frequenze uguali generate in diversi istanti
dell’impulso.
È tuttavia presente una limitazione all’approccio di generare automodulazione
di fase in un materiale monolitico; consiste nel fatto che gli impulsi hanno, tipicamente, un profilo spaziale in intensità di forma gaussiana e quindi con code che
non raggiungono intensità significative per ottenere l’allargamento spettrale.
2.5.2
Altri fenomeni del terzo ordine
Oltre all’automodulazione di fase possiamo accennare ad altri due fenomeni dovuti
alla polarizzazione non lineare del terzo ordine che presentano aspetti di una certa
rilevanza:
57
2.5. Effetti non lineari del terzo ordine
I(t)
t
δω
ω (t) = ω0 + δ ω
t
Figura 2.12: Andamento dell’intensità dell’impulso nel tempo e generazione di nuove
frequenze.
• la Generazione di terza armonica, che si verifica per l’interazione di tre fotoni a pulsazione ω con l’effetto di produrre un solo fotone di pulsazione
3ω ;
• Il Self focusing, che invece è un fenomeno, come la SPM, dovuto all’effetto
Kerr. Il fascio gaussiano è sottoposto ad una focalizzazione dovuta al fatto
che la parte centrale del fascio, più intensa, propaga con un indice di rifrazione maggiore di quello percepito dalle code: l’effetto complessivo subito
dal fascio è analogo a quello che si verifica nell’attraversamento di una lente
convessa. Nel caso di utilizzo di fasci molto intensi occorre tenere conto di
questo fenomeno che può avere effetti non trascurabili.
58
Capitolo 2. Richiami di ottica non lineare
Capitolo 3
Realizzazione della pompa
Raman tunabile
In questo capitolo illustreremo il sistema realizzato in questo lavoro di tesi, descrivendo la sorgente laser di impulsi ultrabrevi e la realizzazione dell’amplificazione
ottica parametrica e della compressione spettrale attraverso cui si sono ottenuti impulsi utilizzabili come pompa Raman tunabile.
Nel primo paragrafo tratteremo gli aspetti connessi alla sorgente laser; discuteremo preliminarmente alcuni aspetti relativi agli impulsi ottici: vedremo come la
propagazione in un mezzo dispersivo altera le caratteristiche dell’impulso e alcuni
metodi tramite i quali gli impulsi possono essere compressi.
Verrà, quindi, descritta la generazione e l’amplificazione di impulsi laser al femtosecondo, illustrando le tecniche di mode-locking e CPA su cui si basa il sistema
laser, costituito da un oscillatore e un amplificatore al Ti:Sa, utilizzato in laboratorio. Infine, ci si soffermerà brevemente sulle tecniche di misura della durata
dell’impulso.
Nel secondo paragrafo entreremo nel vivo del set up realizzato. Descriveremo
dapprima alcuni aspetti generali dell’amplificazione ottica parametrica con fasci
monocromatici, illustreremo, quindi, brevemente, alcune problematiche relative all’amplificazione parametrica con impulsi ultrabrevi;Successivamente verrà descritto il funzionamento dell’amplificatore ottico parametrico nel sistema realizzato, illustrando in dettaglio l’apparato di generazione del segnale, lo schema costruttivo
e il sistema di regolazione dei due stadi di amplificazione;
60
Capitolo 3. Realizzazione della pompa Raman tunabile
Figura 3.1: Foto del sistema realizzato
Nel terzo paragrafo illustreremo l’ultimo stadio del sistema realizzato per raggiungere la compressione spettrale, necessaria ad avere impulsi al picosecondo sincronizzati con gli impulsi al femtosecondo in uscita dall’amplificatore al Ti:Sa. Verranno sinteticamente esposte alcune tecniche generalmente utilizzate per ottenere
impulsi a banda stretta, motivando le nostre scelte al riguardo.
Si tratterà, quindi, del meccanismo alla base della compressione spettrale con
la generazione di seconda armonica in cristalli lunghi in presenza di grande GVM,
e della sua implementazione sperimentale.
3.1 La sorgente laser
3.1.1
Impulsi ottici
Nella descrizione degli impulsi ottici il campo elettrico viene trattato secondo il modello di onda sinusoidale di frequenza ν , detta portante, modulata
61
3.1. La sorgente laser
temporalmente da un inviluppo:
e
E(z,t) = ℜ{E(z,t)
· ei2πν t }
(3.1)
la notazione esponenziale si rende molto utile nel calcolo delle trasformate di Fourier per portare l’informazione temporale nel dominio delle frequenze, in quanto
l’operazione di parte reale può essere omessa nell’applicazione di operatori lineari.
Partendo da uno spettro del campo elettrico in funzione della frequenza S(ν ), si
può ottenere la forma temporale dell’impulso, s(t), applicando l’antitrasformata di
Fourier:
s(t) =
Z ∞
−∞
S(ν ) · ei2πν t d ν
(3.2)
Questa operazione matematica porta ad ottenere l’impulso di durata minima possibile per una certa forma spettrale con una data larghezza di banda. Sebbene ponga
un limite inferiore alla durata dell’impulso, lo spettro dell’impulso stesso non può
essere usato per misurare la durata temporale, in quanto esso non contiene informazioni relative alla fase.
La propagazione in un materiale infatti introduce un termine di fase dovuto al fatto
che l’indice di rifrazione dipende dalla frequenza di oscillazione dell’onda elettromagnetica propagante.
Quando un impulso ha la minima variazione di fase lungo il suo spettro e il minimo prodotto ∆t∆ν relativamente alla sua forma, si dice che lo spettro di partenza è
limitato per trasformata di Fourier, o transform limited (TL)1 .
I principali parametri di caratterizzazione di un impulso sono: la frequenza centrale e la forma dello spettro, l’energia, la potenza di picco, il tasso di ripetizione e la
durata dell’impulso.
Propagazione di un impulso in un mezzo dispersivo
Quando un impulso ottico si propaga in un mezzo trasparente dispersivo subisce
una distorsione di fase che induce un aumento della sua durata temporale. Questo
fenomeno è dovuto alla dispersione della velocità di gruppo nel mezzo e diventa
1 Gli
spettri gaussiani TL sono quelli per cui il prodotto ∆t∆ν è minimo rispetto ad altre possibili
forme spettrali
62
Capitolo 3. Realizzazione della pompa Raman tunabile
più significativo al diminuire della durata degli impulsi, quindi all’aumentare della
banda.
Per analizzare il fenomeno consideriamo un impulso con inviluppo Gaussiano,
e ne effettuiamo la trasformata di Fourier in frequenza che può essere scritta come:
E0 (ω ) = e−
(ω − ω 0 )2
4Γ
(3.3)
Dopo aver attraversato una distanza x nel mezzo lo spettro diventa:
E(ω , x) = E0 (ω )e−ik(ω )x
(3.4)
In cui il vettore d’onda k(ω ) dipende dall’indice di rifrazione n(ω ) secondo la
relazione k = ω n/c.
Sviluppando k in serie di Taylor con punto di partenza ω0 e considerando i
primi due termini, l’espressione dello spettro a distanza x diventa2
h
E(ω , x) = e
−ik(ω0 x)−ik′ x(ω −ω0 )−
1
ik′′
4Γ + 2
i
(ω −ω0 )2
(3.5)
in cui k′ e k′′ sono rispettivamante la derivata prima e seconda calcolata in ω0
di k rispetto ad ω .
Antitrasformando si ottiene per l’inviluppo temporale:
E(t, x) =
r
Γ(x) iω0
e
π
t− v
x
φ (ω0 )
2
−Γ(x) t− vg (xω )
e
In cui abbiamo indicato con vφ la velocità di fase: vφ (ω0 ) =
1
velocità di gruppo: vg = ddkω ω , mentre Γ(x)
= Γ1 + 2ik′′ x.
0
(3.6)
0
ω
k ω0
e con vg la
Dal secondo termine dell’equazione 3.6 si può vedere che l’impulso dopo
aver percorso una distanza x in un mezzo dispersivo è ritardato di x/vg , e che il
suo fattore di forma Gaussiano Γ(x) risulta modificato durante la propagazione in
quanto dipende dalla dispersione della velocità di gruppo o GVD (Group Velocity
Dispersion), ovvero da:
k′′ =
Se si esplicita Γ(x)
2 la
d
d 2 k 1 =
d ω 2 ω0 d ω vg (ω ) ω0
condizione ∆ω << ω0 non è strettamente soddisfatta dagli impulsi più corti
(3.7)
63
3.1. La sorgente laser
Γ(x) =
Γ
2Γ2 k′′ x
−
i
1 + 4Γ2 k′′2 x2
1 + 4Γ2 k′′2 x2
(3.8)
e si inserisce 3.8 nel secondo termine dell’eq 3.6, si ottiene un’espressione
chiara dell’effetto della dispersione del mezzo sulla propagazione dell’impulso:
"
#
Γ
x 2
x 2
2Γ2 k′′ x
exp
t−
t−
(3.9)
−i
1 + 4Γ2 k′′2 x2
vg
1 + 4Γ2 k′′2 x2
vg
La parte reale dell’equazione 3.9 è una funzione Gaussiana ritardata, il cui fattore di forma è sempre minore di Γ, fatto che sta ad indicare un allargamento della
durata temporale dell’impulso. La parte immaginaria rappresenta invece la fase,
la cui derivata temporale è la frequenza istantanea ω (t) = ∂ Φ/∂ t. Quindi si ottiene che nell’attraversare un mezzo trasparente la fase cambia, per cui la frequenza
istantanea non è più costante e pari alla frequenza centrale ω0 come nel caso dell’impulso trasform-limited [16]. In questo caso si dice che l’impulso ha un chirp.
Nell’equazione 3.9 si osserva che la parte immaginaria contiene un termine quadratico nel tempo, per cui l’andamento della frequenza istantanea è lineare. Se il
coefficiente angolare, che dipende dalla dispersione (GVD) introdotta dal mezzo
trasparente, è positivo, cosa che di solito accade nella regione spettrale del visibile e
vicino infrarosso, l’impulso ha un chirp positivo, ovvero le componenti a frequenza
maggiore sono in ritardo rispetto a quelle a frequenza minore. Quindi nell’attraversare un mezzo trasparente l’impulso viene ritardato, la sua durata aumenta ed
acquista un chirp. Osserviamo tuttavia che un chirp può anche essere introdotto
nell’attraversare un mezzo dispersivo a causa di effetti non lineari del terzo ordine,
in particolare per l’automodulazione di fase (SPM Self-Phase Modulation), come
visto in 2.5.1.
Metodi di compressione dell’impulso
Tipicamente, la dispersione introdotta dai materiali è positiva. Per comprimere gli
impulsi occorre, quindi, introdurre un chirp negativo. Per ottenere questo risultato
si può utilizzare la dispersione radiale che si produce in funzione delle frequenze
in modo da sfasare opportunamente le componenti. Le due tecniche principali
utilizzate a questo scopo prevedono l’uso, rispettivamente, di reticoli di diffrazione
o di prismi [17, 18].
64
Capitolo 3. Realizzazione della pompa Raman tunabile
Nella compressione con i reticoli si sfrutta la riflessione di ordine m = −1. Gli
angoli per i quali questa si verifica si ottengono dalla legge di Bragg:
sin θrm = sin θi + m
λ
d
(3.10)
con θi angolo di incidenza, θr angolo di diffrazione e d che indica il passo del reticolo. All’ordine m = −1 si ha una maggior deflessione delle componenti spettrali
alle frequenze più basse; posizionando opportunamente un secondo reticolo è possibile aumentare il percorso ottico di queste frequenze, ritardandole in modo tale da
farle arrivare insieme a quelle di frequenza maggiore. Per annullare la dispersione
spaziale così introdotta può essere usata una seconda coppia di reticoli oppure uno
specchio per retroriflettere il fascio.
w2
M
w1
m=-1
w2>w1
Reticolo di
diffrazione
Figura 3.2: Compressione a reticoli di diffrazione. È necessario che la riflessione di
ordine -1 sia a sinistra della verticale (linea tratteggiata).
Il problema principale che pone questo sistema di compressione è la bassa
efficienza in riflessione all’ordine m = −1 del reticolo.
L’altro sistema, la compressione con una coppia di prismi, è più conveniente
dal punto di vista dell’efficienza se si utilizzano dei prismi tagliati in modo tale
da permettere al fascio di incidere all’angolo di Brewster. In questo caso si sfrutta
la normale dispersione angolare che avviene nell’attraversamento di un prisma. Si
ottiene una GVD negativa in quanto le componenti alle lunghezze d’onda maggiori
attraversano una quantità maggiore di materiale propagando nel secondo prisma.
E’ quindi necessario distanziare opportunamente gli apici dei due prismi in modo
65
3.1. La sorgente laser
da compensare il chirp positivo determinato nella propagazione perlo spessore di
materiale attraversato nei prismi comune a tutte le frequenze.
l
b
Figura 3.3: Schema di un compressore a prismi.
La dispersione al secondo ordine che viene introdotta da questo sistema è:
∂ 2φ
λ 3 ∂ 2P
=
∂ ω 2 2π 2 c2 ∂ ω 2
(3.11)
con
2
∂ 2P
∂ n
∂n 2
∂n 2
−3
l sin β − 8
l cos β
=4
+ (2n − n )
∂λ2
∂λ2
∂λ
∂λ
(3.12)
Sono evidenti due termini, il primo, responsabile della dispersione positiva, prevale per distanze l piccole; il secondo che, invece, compensa il chirp positivo e che
diventa decisivo oltre una certa distanza tra gli apici dei prismi. Un ulteriore vantaggio della compressione a prismi è che viene compensata anche la dispersione
del terzo ordine (TOD ovvero Third Order Diffraction), cosa che non avviene con
i reticoli.
Un’ulteriore tecnica per la compressione degli impulsi utilizza i cosiddetti chirped mirrors, specchi realizzati mediante un’opportuna progettazione dello spessore
degli strati dielettrici e della loro disposizione che permette di compensare la fase
spettrale;
Tutti questi sistemi possono essere utilizzati anche per la compressione
dell’impulso già nella cavità di un laser Ti:Zaffiro operante in mode locking.
66
Capitolo 3. Realizzazione della pompa Raman tunabile
3.1.2
Generazione ed amplificazione di impulsi al femtosecondo
Gli impulsi al femtosecondo utilizzati in laboratorio sono generati da una sorgente
di impulsi laser a 800 nm e di durata di circa 50 f s. L’energia di ogni impulso
generato raggiunge i 3,5 mJ che equivale ad una potenza media, nell’arco dei 50
f s, di ben 70 GW . Dato che l’emissione avviene alla cadenza di 1 kHz la potenza
media in continua è di 3,5 W .
La sorgente laser è composta di due parti principali: oscillatore e amplificatore.
Nell’oscillatore si stabilisce il regime impulsato, tramite l’agganciamento dei modi
longitudinali, si instaura cioè il regime di mode-locking[19]. Gli impulsi così prodotti vengono quindi amplificati con la tecnica detta CPA, ovvero Chirped Pulse
Amplification.
Oscillatore
In una cavità risonante l’interferenza porta alla formazione di onde stazionarie. I
modi longitudinali della cavità sono quelli per cui la distanza L tra gli specchi è
uguale ad un multiplo della metà della lunghezza d’onda: L = q λ2 . Tutte le altre
lunghezza d’onda sono soppresse dall’interferenza distruttiva. Il regime di modelocking si ha quando i modi longitudinali presenti in una cavità hanno una precisa
relazione di fase per cui i battimenti risultano nella creazione di impulsi. Infatti il
campo nella cavità si può scrivere come:
+n
E(t) = ∑ Ek ei(ωk t+φk )
−n
Se le fasi non sono tra di loro correlate l’output del laser è un segnale continuo la cui
intensità ha un andamento irregolare. Se invece le fasi φk sono correlate secondo
φk − φk−1 = a con a costante i modi (che nel caso dell’espressione sopra indicata
sono 2n + 1) si sommano in modo costruttivo e vanno a formare un impulso. Il
campo elettrico totale, in questo caso, si scrive, prendendo uguale a 0 per semplicità
il valore della fase centrale e indicando con ∆ω la distanza in frequenza fra due
modi longitudinali successivi, considerando le ampiezze tutte uguali:
+n
E(t) = ∑ E0 ei[(ω0 +k∆ω )t+ka]
−n
67
3.1. La sorgente laser
ed esso può essere calcolato come somma della serie geometrica di ragione
ei(∆ω t+a) ,
ottenendo:
E(t) = E0
sin[(2n + 1)(∆ω t + a)/2] i(ω0t+a)
e
sin[(∆ω t + a)/2]
In figura 3.4 sono mostrati rispettivamente i casi in cui sono presenti 3 modi,
con fase φn = 0, 10 modi con φn = 0 e 10 modi con fasi casuali.
Intensità (unit.arb.)
100
80
60
40
20
0
100
80
60
40
20
0
100
80
60
40
20
0
a)
0
50
100
150
200
b)
0
50
100
150
200
c)
0
50
100
150
200
Tempo (unit.arb.)
Figura 3.4:
Influenza della relazione di fase tra i modi sull’intensità risultante
dell’oscillazione: a 3 modi in fase b 10 modi in fase c 10 modi con fasi casuali
In una cavità la differenza di frequenza tra due modi longitudinali consecutivi
è
c
(3.13)
2L
Il treno di impulsi generato dall’agganciamento dei modi ha una frequenza di
∆ν =
ripetizione pari all’inverso del tempo impiegato dalla luce per percorrere la cavità:
T = 2L/c ovvero pari alla distanza modale ∆ν .
Sebbene parlare di agganciamento dei modi suggerisca una possibilità di descrizione del fenomeno nel dominio delle frequenze, tale descrizione non è conveniente per una comprensione immediata dei possibili processi per realizzazione
68
Capitolo 3. Realizzazione della pompa Raman tunabile
Figura 3.5: Schema di principio del funzionamento di un assorbitore saturabile veloce per
il mode-locking passivo
pratica del mode-locking. Per capire come avviene l’instaurarsi di un regimme impulsato conviene infatti passare ad una descrizione nel dominio del tempo.
Il principio alla base del mode-locking è fornire un meccanismo per una modulazione dipendente dal tempo delle perdite o del gaudagno di una cavità laser [20].
Questa modulazione può essere attiva, ovvero introdotta mediante un dispositivo
guidato dall’esterno3 ; oppoure passiva: in questo caso il sistema si automodula
sfruttando gli effetti ottici non lineari di alcuni materiali.
Tuttavia il mode-locking attivo non viene usato per produrre gli impulsi ultrabrevi
(∼ f s) in quanto la rapidità della modulazione è limitata dal tempo di risposta del
dispositivo che la induce.
Per quanto riguarda il mode-locking passivo, invece, il principio base è l’utilizzo di
un assorbitore saturabile, ovvero di un elemento la cui capacità di assorbimento è
ridotta in presenza di forti intensità. Gli assorbitori saturabili si definiscono veloci
o lenti a seconda del loro tempo di risposta, confrontato con la durata dell’impulso
ultrabreve prodotto. L’effetto di un assorbitore saturabile è quindi quello di favorire la propagazione nella cavità di un massimo dell’intensità rispetto alla radiazione
laser cw [21]. Quindi tipicamante una perturbazione viene amplificata dai passaggi
attraverso il materiale attivo.
3 Tramite
modulatori acustoottici o modulazione del laser di pompa.
69
3.1. La sorgente laser
Tuttavia, per generare impulsi estremamente brevi occorre un sistema passivo
che abbia una risposta virtualmente istantanea: quella impiegata nell’oscillatore
utilizzato è la diffusa tecnica di Kerr-lens mode-locking (KLM). Questa è una
tecnica di modelocking passivo, che sfrutta l’effetto Kerr, o effetto lente, per
cui un fascio intenso con distribuzione spaziale gaussiana attraversando un
mezzo dispersivo viene focalizzato. Con un’opportuna apertura si tagliano le
code meno intense e si fa passare il picco di intensità. In cavità l’elemento
che agisce da lente variabile è la barretta di materiale attivo stessa; le code
dell’impulso, meno intense, sono quindi soggette ad una scarsa focalizzazione
che non permette l’attraversamento dell’apertura (fig. 3.6) e vengono quindi
ulteriormente attenuate; la parte più intensa dell’impulso viene invece focalizzata maggiormente e passa per l’apertura senza ulteriori attenuazioni. Questo
meccanismo permette di innescare il mode locking agendo sul profilo dell’impulso.
Il KLM può essere realizzato anche senza utilizzare un’apertura fisica, in quanto si ottiene lo stesso effetto utilizzando un fascio di pompa più piccolo del diametro del modo trasverso in CW per la cavità [22], rendendo così sfavorita la CW
perche un impulso intenso vede un indice di rifrazione maggiore nel mezzo attivo
(questo è il principio di funzionamanto dell’oscillatore utilizzato in laboratorio).
A
Materiale
Kerr
Fascio più intenso
Fascio meno intenso
Figura 3.6: Principio di funzionamento del Kerr-lens mode locking. L’effetto lente varia
con l’intensità del fascio.
L’oscillatore utilizzato (Micra Coherent) impiega come mezzo attivo per il Kerr
lens mode-locking un cristallo di Ti:Sa, ovvero un cristallo di zaffiro (Al2 O3 ) dro-
70
Capitolo 3. Realizzazione della pompa Raman tunabile
gato con ioni di titanio (Ti3+ ). Questo materiale ha il vantaggio di avere una banda
di guadagno molto larga, centrata circa intorno a 800nm. La possibilità di avere
bande spettrali ampie permette di generare impulsi di breve durata. Inoltre questo
materiale ha una discreta resistenza al deterioramento anche a potenze abbastanza
alte.
Il Kerr lens mode locking che si instaura nel cristallo non è sufficiente, da solo, a
raggiungere le durate volute; per fare questo occorre una coppia di prismi che, come visto nel par. 3.1.1, compensa le dispersioni spettrali introdotte dagli elementi
della cavità.
Ti:Zaffiro
Prismi
Laser di
Pompa
Apertura
Figura 3.7: Schema della cavità di un laser a Ti:Zaffiro funzionante in regime di mode
locking. Il materiale attivo è una barretta di zaffiro drogato con ioni di Titanio con le
facce tagliate a Brewster. In cavità, oltre all’apertura per innescare l’aggancio dei modi, è
presente una coppia di prismi per la compressione dell’impulso.
Nella configurazione tipica la seconda armonica di un laser a Neodimio4 pompa la barretta di Ti:Zaffiro in modo da farle emettere il pettine di modi longitudinali
che ricade nella banda di guadagno centrata alla lunghezza d’onda di 800 nm.
Per una lunghezza ottica della cavità, L, di 1.5 m i modi risultano separati di 100
4 Nd:YLF
o Nd:YVO; la seconda armonica di questi laser è a 532 nm.
3.1. La sorgente laser
MHz: all’interno della banda di guadagno di alcune decine di THz del Ti:Zaffiro
vengono amplificati centinaia di migliaia di modi longitudinali.
Amplificatore rigenerativo
Quando si vogliono amplificare gli impulsi in uscita da un oscillatore come quello
appena descritto, si ricorre alla tecnica detta Chirped Pulse Amplification (CPA),
ovvero amplificazione di impulsi che hanno un chirp [16].
Tale tecnica deve essere usata in quanto è molto difficile aumentare l’energia di
impulsi già molto brevi ed intensi, quindi con elevati valori di potenza di picco,
dato che si rischia di superare la soglia di danneggiamento ottico nei materiali
attivi.
Figura 3.8: Schema della tecnica di amplificazione CPA
Per questa ragione il processo di amplificazione passa per vari stadi: gli impulsi estratti dall’oscillatore vengono allungati temporalmente da uno stretcher fino
a raggiungere una durata di 50ps; solo a questo punto gli impulsi vengono amplificati e, successivamente, si procede a comprimerli in modo tale da eliminare il
chirp.
71
72
Capitolo 3. Realizzazione della pompa Raman tunabile
Nd:YVO raddoppiato
in frequenza
Schema sorgente
laser - CPA
CW
Oscillatore
Ti:Zaffiro
76 Mhz
Stretcher
5nJ
1 kHz
Amplificatore
Rigenerativo
Nd:YAG Raddoppiato
in frequenza
800 nm, 50 fs,
3,5 mJ
Stadio di
compressione
Figura 3.9: Schema di principio della sorgente di impulsi, a Ti:Zaffiro con tecnica di
amplificazione CPA, utilizzata per l’esperimento.
Uno schema a blocchi del funzionamento dell’amplificatore, nel nostro caso un
Legend (Coherent), è mostrato nella figura 3.9.
La sorgente, come già fatto notare, è costituita da un oscillatore a Ti:Zaffiro, che
Intensità (unità arb.)
1,0
0,8
0,6
0,4
0,2
0,0
740
760
780
800
820
840
860
Lunghezza d'onda (nm)
Figura 3.10: Spettro dell’impulso in uscita dall’amplificatore.
genera impulsi di circa 5 nJ ad una cadenza di 76 MHz; tramite un sistema di estrazione a celle di Pockels viene amplificato un impulso ogni 76000.
73
3.1. La sorgente laser
L’amplificazione avviene tramite la CPA in un amplificatore rigenerativo il cui materiale attivo è sempre un cristallo di Ti:Zaffiro pompato da un laser a Nd:YAG in
regime di Q-switching [23] 5 . Il laser in questione emette ad 1 kHz. Occorre tenere
presente che gli impulsi da amplificare e quelli di pompa devono essere opportunamente sincronizzati.
Lo spettro degli impulsi amplificati che si ottengono è rappresentato in figura 3.10.
3.1.3
Misura della durata dell’impulso
Per poter risalire alla durata dell’impulso si ricorre ad una misura di
autocorrelazione per confrontare due repliche dell’impulso stesso.
Un metodo per ricavare la durata consiste nel rivelare la seconda armonica
generata da due repliche dell’impulso secondo una geometria non collineare. Il
fascio a frequenza doppia può essere generato, e quindi rivelato, solo quando i due
fasci si sovrappongono spazialmente e temporalmente su un cristallo non lineare;
per questo questa tecnica viene anche chiamata background free.
Si tratta di una misura molto valida soprattutto se si considerano impulsi di qualche
decina di f s; tuttavia non si ricavano informazioni sul chirp.
Il segnale rivelato è semplicemente:
Es (τ ) =
Z
I2ω (t, τ )dt = δ
Z
Ip (t)Ip (t + τ )dt
(3.14)
e la durata del singolo impulso si ricava facendo un’ipotesi sulla forma temporale
dell’impulso.
Un altro metodo, da preferire nel caso di impulsi < 20 f s è l’autocorrelazione
interferometrica. Questa tecnica sfrutta la generazione di seconda armonica in geometria collineare. Nel generare seconda armonica, infatti, le due repliche dell’impulso fondamentale interferiscono permettendo di ricostruirne la durata. Quando
le due repliche sono perfettamente sovrapposte, la frequenza fondamentale interferisce costruttivamente e porta a generare una seconda armonica molto elevata;
introducendo, invece, uno sfasamento pari a mezza lunghezza d’onda, l’interferenza diventa distruttiva e non si ha generazione di seconda armonica. Continuando
a sfasare gli impulsi si succedono massimi e minimi fino a quando le due repliche
non sono più sovrapposte [24].
5I
laser operanti in Q-switching emettono impulsi brevi (decine di ps)
74
Capitolo 3. Realizzazione della pompa Raman tunabile
Valutando come varia l’intensità della seconda armonica al variare del ritardo
introdotto tra le due repliche è possibile calcolare la durata dell’impulso stesso.
Nel caso della misura degli impulsi emessi dal laser in laboratorio viene utilizzato un autocorrelatore Ape Pulsecheck per ottenere un’autocorrelazione background free. Le funzioni utilizzate per l’ipotesi sulla forma temporale dell’impulso
sono sech2 o una gaussiana. Per esempio, nel caso in cui si assume una forma gaussiana per l’impulso, la relazione tra FWHM dell’autocorrelazione e quella dell’im√
pulso è semplicemente FW HMI = FW HMAc / 2. Nella figura 3.11 è mostrata
l’autocorrelazione misurata per gli impulsi in uscita dal laser.
1,0
intensità(unità arb.)
0,8
0,6
0,4
0,2
0,0
0
100
200
300
400
ritardo(fs)
Figura 3.11: Autocorrelazione del’impulso in uscita dal laser
500
75
3.2. Gli stadi di amplificazione parametrica
3.2 Gli stadi di amplificazione parametrica
3.2.1
L’amplificazione ottica parametrica
Approfondiamo ora l’amplificazione ottica parametrica ed alcuni aspetti dell’implementazione pratica degli amplificatori parametrici. In particolare andiamo ad
analizzare le differenze tra phase matching di tipo I e tipo II e le conseguenze
nell’amplificazione parametrica degli impulsi ultrabrevi.
Come abbiamo visto in precedenza, è necessario soddisfare la condizione di
phase matching ∆k = 0 per ottenere il massimo guadagno. Denotando con il pedice
p, s e i le quantità relative rispettivamente a pompa, segnale e idler, si ha che la
relazione che deve essere soddisfatta è:
np =
ni ωi + ns ωs
ωp
(3.15)
Questa condizione può essere soddisfatta nei cristalli birifrangenti assicurandosi
che la polarizzazione della pompa, ovvero il fascio con la frequenza più alta, sia
lungo la direzione in cui l’indice di rifrazione è più piccolo. Quindi nel caso dei
cristalli uniassici negativi, come il BBO utilizzato per la realizzazione dell’amplificatore parametrico prima della compressione spettrale, il fascio di pompa è
polarizzato lungo l’asse straordinario.
Il phase matching di tipo I si ha quando segnale e idler hanno entrambi polarizzazione ordinaria (os + oi → e p ), mentre il phase matching di tipo II, in cui uno
dei fasci a frequenza minore ha una polarizzazione parallela al fascio di pompa,
può realizzarsi o nella configurazione es + oi → e p in cui è il segnale ad essere polarizzato lungo la direzione straordinaria o nella configurazione os + ei → e p in cui
è invece l’idler ad avere polarizzazione straordinaria.
Quindi, sempre nel caso dei cristalli uniassici negativi, il phase matching di
tipo I si ottiene quando:
nep (θm )ω p = nos ωs + noi ωi
(3.16)
Dato che ω p = ωs + ωi , dall’equazione 3.16 è possibile determinare nep (θm ). Inserendo il valore trovato nell’equazione 2.47 che mette in relazione ne (θm ) con
i valori di ne ed no , indici di rifrazione lungo l’asse ordinario e straordinario, si
76
Capitolo 3. Realizzazione della pompa Raman tunabile
ottiene per l’angolo di phase matching:
s
#
"
n2op − n2ep (θm )
nep
θm = asin
nep (θm )
n2op − n2ep
(3.17)
Il phase matching di tipo II os + ei → e p si ottiene invece quando:
nep (θm )ω p = nos ωs + nei (θm )ωi
(3.18)
quindi in questo caso l’angolo θm si trova utilizzando la relazione 2.47 e
inserendola nell’equazione 3.18:
"
#−1/2
−1/2
2
sin (θm ) cos2 (θm )
sin2 (θm ) cos2 (θm )
+
ωp
(3.19)
= nos ωs + ωi
+
n2ep
n2op
n2ei
n2oi
Con un procedimento analogo si trova θm per la configurazione es + oi → e p .
In generale,come si può notare dalla figura 3.12 per il caso del BBO, si ottiene che
50
Angolo di phase matching (gradi)
48
nm
p
46
44
Tipo II (eoe)
42
Tipo II (oee)
40
Tipo I (ooe)
38
36
34
32
30
28
26
650
700
750
800
850
900
950
1000
1050
Lunghezza d'onda del segnale (nm)
Figura 3.12: Andamento dell’angolo θm per i diversi tipi di phase matching per il BBO
la dipendenza dell’angolo di phase matching dalla lunghezza d’onda è maggiore
nel caso di phase matching di tipo II rispetto al tipo I: da questo dipende il fatto
che il phase matching di tipo II è più stringente e sperimentalmente più delicato da
trovare rispetto al phase matching di tipo I.
77
3.2. Gli stadi di amplificazione parametrica
Amplificazione parametrica con impulsi ultrabrevi
La trattazione dell’amplificazione parametrica data finora è relativa a fasci interagenti monocromatici. Nell’OPA realizzato in laboratorio invece i fasci incidenti
sul cristallo sono degli impulsi di durata minore di 100fs, il cui campo elettrico
si può scrivere come E(z,t) = Re{A(z,t)exp[i(ω t − kz)]} , che si propagano nel
cristallo con velocità di gruppo diverse. Bisogna quindi tenerne conto e possiamo
quindi, ricordando quanto fatto in par.2.4.3, scrivere le equazioni differenziali che
descrivono il processo, usando la SVEA e trascurando sia l’allungamanto temporale dell’impulso dovuto alla dispersione di secondo grado e ordini superiori, sia
gli effetti non lineari di ordini superiori al secondo:

∂ As
1 ∂ As
deff ωs ∗


+
= −i
Ai A p · e−i∆kz


∂
z
v
∂
t
cn
gs
s






 ∂A
1 ∂ Ai
deff ωi ∗
i
+
= −i
As A p · e−i∆kz
∂
z
v
∂
t
cn

g
i
i







deff ω p
∂ Ap
1 ∂ Ap



+
= −i
As Ai · e+i∆kz
∂z
vg p ∂ t
cn p
(3.20)
Per ottenere alcune informazioni utili da queste equazioni senza doverle risolvere numericamente, ci mettiamo in un sistema di riferimento che si muove con la
velocità di gruppo della pompa. Le equazioni della trasformazione sono [25]:
z→r=z
t → τ = t − z/vgp
∂
∂
1 ∂
→
−
∂z
∂ r vgp ∂ τ
∂
∂
→
∂t
∂τ
(3.21)
78
Capitolo 3. Realizzazione della pompa Raman tunabile
Per cui otteniamo le equazioni:

1
∂ As
1 ∂ As
deff ωs ∗


+
−
Ai A p · e−i∆kr
= −i


∂
r
v
v
∂
τ
cn

gs
gp
s





 ∂A 1
deff ωi ∗
1 ∂ Ai
i
= −i
+
−
As A p · e−i∆kr

∂
r
v
v
∂
τ
cn
gi
gp
i







deff ω p
∂ Ap



= −i
As Ai · e+i∆kr
∂r
cn p
(3.22)
Osservando queste equazioni si nota subito che nel caso di impulsi ultrabrevi il
group velocity mismatch (GVM) ovvero la differenza tra l’inverso delle velocità
di gruppo dei fasci interagenti gioca un ruolo essenziale nel processo. Infatti il
GVM tra la pompa e i fasci a frequenza minore pone un limite alla lunghezza
d’interazione per l’amplificazione parametrica, mentre il GVM tra segnale e idler
determina la larghezza di banda di phase matching.
Prendendo in considerazione la distanza l dopo la quale il segnale o l’idler si
separano dalla pompa, definita come l jp = τ /δ jp con j = s, i, in cui τ rappresenta
la durata degli impulsi e δ jp il GVM tra il segnale o l’idler e l’impulso di pompa,
si nota che essa si riduce al diminuire della durata degli impulsi, e all’aumentare
del GVM. Questo rende più problematico l’utilizzo di cristalli più lunghi di questa
distanza caratteristica al fine una maggiore efficienza. In particolare è necessario
tenerne conto quando si lavora nel visibile, come nell’OPA realizzato, in quanto il
GVM è generalmente più alto in questo range spettrale.
Sono inoltre significativamente diversi i casi in cui il prodotto δip δsp ha segno
positivo o negativo. Alla determinazione del segno concorrono molti fattori come
il range spettrale da amplificare, la frequenza della pompa, il tipo di materiale usato
e il tipo di phase matching.
Quando il segno è positivo segnale e idler si allontanano dall’impulso di pompa
nella stessa direzione, per cui il guadagno diminuisce per distanze di propagazione
maggiori di l. Mentre nel caso in cui il segno del prodotto è negativo, segnale e
idler si muovono in direzioni opposte rispetto alla pompa, con l’effetto di rimanere
di fatto localizzati sul fascio di pompa. Immaginando infatti una situazione in cui
il segnale si sposta leggermente a destra del fascio di pompa, avremo quindi che
l’idler generato, che va verso sinistra, si ritroverà a muoversi verso il picco della
pompa. Allo stesso modo se l’idler si sposta verso la sinistra del fascio di pompa,
79
3.2. Gli stadi di amplificazione parametrica
i fotoni di segnale generati si muoveranno verso destra ovvero verso il picco della
pompa. In questo modo si viene a creare una concentrazione di fotoni di idler e
di segnale in corrispondenza del picco della pompa, fenomeno che dà luogo ad un
guadagno che cresce esponenzialmente anche per distanze maggiori di l.
Per cristalli più lunghi della distanza di separazione tra i fasci è necessario
risolvere numericamente le equazioni 3.22 per ottenere risultati sul guadagno dell’amplificazione. Per cristalli più corti possiamo invece trascurare in prima approssimazione gli effetti del GVM tra pompa e fasci a frequenza minore e utilizzare
i risultati ottenuti integrando le equazioni relative alle onde monocromatiche per
avere una stima delle quantità legate al guadagno.
Larghezza di banda di phase matching
Andiamo ora a mostrare come il GVM tra il segnale e l’idler ponga un limite alla
larghezza della banda di guadagno. Mettendoci quindi nella condizione in cui la
lunghezza L del cristallo è minore della distanza di separazione tra i fasci in cui
possiamo utilizzare l’equazione per il guadagno trovata nel paragrafo 2.60.
Supponiamo di aver soddisfatto la condizione di phase matching per una data
frequenza ωs del segnale e per la corrispondente frequenza ωi dell’idler. Vediamo
cosa succede se il segnale aumenta di una quantità ∆ω : per la conservazione dell’energia la frequenza dell’idler diventa ωi − ∆ω . Per piccoli ∆ω il mismatch del
vettore d’onda può essere sviluppato al primo ordine, ottenendo:
1
∂ ks
∂ ki
1
∼
∆k =
−
∆ω
∆ω −
∆ω =
∂ ωs
∂ ωi
vgs vgi
(3.23)
Possiamo quindi utilizzare questa equazione inserendola nell’espressione del
guadagno, dopo aver così approssimato il parametro g definito nell’equazione 2.65:
r
∆k2
∆k2
g = Γ2 −
≈ Γ−
(3.24)
4
8Γ
Come abbiamo visto, in approssimazione di grande guadagno (gL >> 1),
sinh2 (gL) ≈ e2gL /4. Per cui per l’andamento del guadagno abbiamo:
∆ω
L
− 4Γ
L
L
2
2
Γ2
1
Is (L)
(1/vgs −1/vgi )2
= 2 e2gL ≈ e2ΓL e− 4Γ ∆k = G0 e− 4Γ ∆k = G0 e
G=
Is0
4g
4
2
(3.25)
La larghezza della banda di guadagno sotto l’ipotesi fatte si trova quindi come
larghezza a mezza altezza della Gaussiana ottenuta in 3.25, per cui, in frequenza,
80
Capitolo 3. Realizzazione della pompa Raman tunabile
si ha:
2(ln(2))1/2
∆ν ≈
π
1/2
Γ
L
1
1
vgs
− v1gi (3.26)
Quindi un grande GVM tra il segnale e l’idler riduce la larghezza di banda di phase
matching.
A questo punto possiamo osservare intuitivamente una significativa differenza nell’andamento della larghezza di banda di guadagno tra il phase matching di tipo I e
il phase matching di tipo II. Infatti sappiamo che:
1
1
∂ n(ω )
∂k
=
=
n(ω ) + ω
vg ∂ ω
c
∂ω
(3.27)
Nel primo caso il fascio del segnale e quello dell’idler risentono dello stesso indice
di rifrazione ordinario no (ω ), quindi la larghezza di banda è maggiore e aumenta
all’avvicinarsi alla condizione di degenerazione (ωs = ωi )6 .
Per quanto riguarda il phase matching di tipo II invece, dato segnale e idler risentono di indici di rifrazione diversi, la larghezza di banda è minore e rimane
approssimativamente costante sul range di tunabilità spettrale.
Pertanto il phase matching di tipo I viene usato nell’amplificazione a banda
larga per la compressione degli impulsi, mentre il phase matching di tipo II è
preferibile quando si vogliono ottenere impulsi a banda relativamente stretta
tunabili, in particolare per applicazioni spettrocopiche.
Aspetti applicativi
Per quanto riguarda le caratteristiche comuni di implementazione degli amplificatori parametrici le parti fondamentali sono tre: la generazione del segnale, un
primo stadio di amplificazione e un secondo stadio di amplificazione.
Il segnale viene nella maggior parte dei casi prodotto tramite la generazione di
un continuum di luce bianca (white light continuum-WLC)) o tramite la superfluorescenza parametrica 7 . La generazione di WLC, tecnica da noi utilizzata per
produrre il segnale nell’OPA, si ottiene focalizzando un impulso ultrabreve in un
materiale trasparente, come la silice, lo zaffiro o il floruro di calcio (CaF2 ). Dalla
combinazione degli effetti non lineari del terzo ordine self-focusing e SPM risulta
6 in
cui l’equazione 3.26 non vale più e bisogna cosiderare lo sviluppo di ∆k al secondo ordine.
parametrica del rumore quantistico
7 amplificazione
3.2. Gli stadi di amplificazione parametrica
un forte allargamento spettrale; una buona qualità del fascio in uscita si ottiene con
un singolo filamento autofocalizzato.
La successiva amplificazione viene effettuata in due stadi in quanto l’utilizzazione
di due cristalli invece di uno di lunghezza doppia permette di limitare la separazione degli impulsi dovuta al GVM tra pompa e segnale e regolare opportunamente
l’intensità della pompa nei due stadi.
E’ possibile far incidere pompa e segnale sul cristallo anche sfruttando una geometria non collineare. La geometria non collineare consente, tramite l’introduzione di
un altro grado di libertà, l’angolo α tra pompa e segnale, di ottenere il phase matching per larghezze di banda di guadagno molto ampie, cosa che risulta utile nella
compressione degli impulsi. Questa geometria permette inoltre, e per questo è stata
da noi utilizzata nei due stadi amplificazione parametrica, di separare agevolmente
i fasci in uscita senza la necessità di selezionare la polarizzazione o mettere filtri.
3.2.2
Descrizione dell’amplificatore parametrico realizzato
Il sistema, che comprende l’OPA e la compressione spettrale, è stato realizzato su
una bredboard presso il National Laboratory of Ultrafast and Ultraintense Optical
Science del dipartimento di Fisica del Politecnico di Milano.
Il sistema laser è sostanzialmente lo stesso di quello descritto nel par. 3.1.2. Il fascio in uscita dal laser era diviso tra vari esperimenti. In ingresso al nostro sistema
si avevano 180µ J.
Una volta costruito e caratterizzato, il sistema è stato trasportato a Roma presso
il laboratorio Femtoscopy. Dopo il trasferimento sono stati necessari alcuni adattamenti dovuti al diverso valore dell’energia entrante, attualmente 1.6mJ, e alla
polarizzazione. Per evitare di danneggiare i cristalli 8 è stato necessario utilizzare
un filtro a densità neutraprima del primo stadio, e passare da una lente con focale
400mm ad un telescopio per la pompa del secondo stadio.
Inoltre il fascio in ingresso a Milano era polarizzato S, mentre quello di Roma è
polarizzato P9 . La polarizzazione S consente di trovare più facilmente l’angolo di
phase matching in quanto è possibilie ruotare il cristallo sul piano orizzontale senza la limitazione data da dover utilizzare esclusivamente il tilt del montaggio.
8 Il
BBO ha una soglia di danneggiamento di qualche centinaio di GW /cm2
al tavolo ottico
9 Parallelo
81
82
Capitolo 3. Realizzazione della pompa Raman tunabile
Pertanto è stato necessario inserire all’ingresso del sistema una lamina λ /2 per
ruotare di 90◦ la polarizzazione.
Il fascio entrante viene suddiviso da un beam splitter 70R/30T . La riflessione serve per la pompa del secondo stadio, mentre la trasmissione è utilizzata per il primo
stadio di amplificazione. Il fascio trasmesso dal primo beam splitter, dopo aver
attraversato il filtro a densità neutra, viene ulteriormente suddiviso da un secondo beam splitter 92T /8R. La trasmissione è usata per la pompa del primo stadio,
mentre la riflessione viene impiegata per la generazione del segnale.
3.2.3
Generazione del segnale
Il WLC da utilizzare come segnale viene generato (vedi figura 3.13) grazie alla
focalizzazione degli impulsi in un cristallo di 2mm di zaffiro. La generazione del
bianco è un processo a soglia, quindi è necessario regolare accuratamente l’energia
dell’impulso incidente e la focalizzazione per mettersi subito sopra la soglia che
consente di ottenere un solo filamento di luce bianca.
Zaffiro
f=50
f=100
Figura 3.13: Schema della generazione del WLC
83
3.2. Gli stadi di amplificazione parametrica
Il fascio viene diretto da uno specchio di argento su una lente di BK7 con
lunghezza focale di 100mm, passando attraverso un attenuatore variabile lineare,
montato su un traslatore, per la regolazione dell’energia. La lente focalizza il fascio sul cristallo di zaffiro che è montato su un traslatore per poter variare la sua
posizione rispetto al fuoco della lente.
Intensità (unità arb.)
10000
1000
100
10
1
840
860
880
900
920
940
960
980
Lunghezza d'onda (nm)
Figura 3.14: Spettro del bianco dopo filtro cut-on 830nm
All’uscita dal cristallo il fascio di luce bianca viene collimato da una lente di
BK7 con focale 50mm opportunamente dotata di un traslatore.
Lo spettro del bianco presenta, come ovvio, un picco in corrispendenza della
lunghezza d’onda della luce incidente sul cristallo, nel nostro caso 800nm. Questo
fatto può creare problemi nell’amplificazione di lunghezze d’onda vicine a 800nm.
Quindi per ovviare a ciò si utilizza un filtro cut − on 830nm da posizionare
subito dopo il cristallo quando si vogliono amplificare lunghezze d’onda tra
830nm e 900nm, mentre per le frequenze tra 700nm e 780nm si può utilizzare un
filtro interferenziale con banda di 10nm a 810nm da posizionare prima del cristallo.
84
Capitolo 3. Realizzazione della pompa Raman tunabile
3.2.4
Primo stadio
La figura 3.15 illustra dettagliatamente il set up per la realizzazione del primo
stadio di amplificazione. Il fascio trasmesso dal secondo beam splitter passa
attraverso una linea di ritardo, per la quale sono stati utilizzati specchi dielettrici
con coating a 800nm e incidenza 45◦ e viene quindi diretto da altri due specchi
dello stesso tipo sul cristallo per la SHG. Il cristallo è di BBO, ha uno spessore di
1mm ed è tagliato per un phase matching di tipo I con θ = 29.2◦ .
Dopo la generazione di seconda armonica la fondamentale viene soppressa tramite
l’uso di un filtro passa-banda (Schott BG38) spesso 1mm. Questo fascio, di 15µ J
di energia, viene quindi utilizzato come pompa del primo stadio, focalizzato subito
prima del cristallo per l’amplificazione parametrica (BBO 1mm, θ 29.2◦ ) da una
lente di silice con focale 200mm.
In questo modo, in assenza del fascio di segnale, si verifica la formazione di un
cono di luce coassiale con il fascio di pompa. Intercettando il fascio con uno
schermo infatti si osserva un anello detto di superfluorescenza;10 questo anello è
costituito dall’amplificazione dei fotoni del rumore quantistico che verificano le
condizioni di phase matching.
Il segnale proveniente dal processo di generazione del bianco visto in precedenza viene diretto tramite due specchi di argento sul cristallo per l’amplificazione
parametrica. L’angolo tra la pompa e il segnale è ridotto al minimo, per massimizzare la lunghezza di interazione tra i fasci, sfruttando così tutto il cristallo.
La focalizzazione migliore per il fascio di segnale si ottiene quando le sue
dimensioni trasversali nel cristallo sono confrontabili con quelle del fascio di
pompa. La perfetta sovrapposizione permette, infatti, l’interazione completa tra i
fasci e quindi il massimo svuotamento dell’energia della pompa. Per modificare la
grandezza dello spot del segnale incidente sul cristallo di BBO è possibile aggiustare la posizione della lente dopo il cristallo di zaffiro utilizzando il traslatore.
Le lunghezze d’onda nel visibile che possono essere amplificate vanno dal verde
10 La
comparsa dell’anello di superfluorescenza viene considerata come l’evidenza del fatto che si
sono raggiunte le condizioni di focalizzazione ottimali.
85
3.2. Gli stadi di amplificazione parametrica
Secondo
stadio
70R
30T
92T
8R
f=100
BBO
SHG
Linea di
ritardo
f=200
Zaffiro
WLC
f=50
BBO
1° OPA
f=125
Figura 3.15: Schema del primo stadio di amplificazione
( 500nm) in su, ma per la successiva applicazione alla compressione spettrale con
generazione di seconda armonica vengono utilizzate solo quelle oltre i 650nm,
in quanto la prima applicazione della pompa Raman sarà lo studio dei modi
vibrazionali associati alla transizione Soret la cui lunghezza d’onda è tipicamente
86
Capitolo 3. Realizzazione della pompa Raman tunabile
intorno ai 400nm. Nel NIR abbiamo amplificato efficacemente fino a 1020nm.
L’energia degli impulsi che escono dal primo stadio di amplificazione va da 0.5µ J
per gli impulsi con lunghezza d’onda nel NIR a 1µ J per gli impulsi con lunghezza
d’onda nel visibile.
1,0
Intensità (unità arb.)
0,8
0,6
0,4
0,2
0,0
600
700
800
900
1000
Lunghezza d'onda (nm)
Figura 3.16: Alcuni spettri del primo stadio di amplificazione, ottenuti variando l’angolo
di phase matching e il ritardo temporale tra pompa e segnale
3.2.5
Secondo stadio
Il fascio riflesso dal primo beam splitter passa attraverso un cristallo di BBO
lungo 1mm con θ = 29.2◦ per la SHG. La fondamentale viene filtrata attraverso
l’uso di specchi dielettrici con coating a 400nm fino a portare sul cristallo per
l’amplificazione parametrica 150µ J di seconda armonica.
Le dimensioni del fascio in uscita dal cristallo di SHG vengono ridotte di 1/3,
tramite l’uso di un telescopio con lenti di silice con focale 300mm e −100mm
per aumentare l’intensità, senza però raggiungere la soglia di danneggiamento del
BBO. Come nel caso del primo stadio il fascio di pompa percorre una linea di
ritardo in modo da essere temporalmente sovrapposto al segnale.
87
3.2. Gli stadi di amplificazione parametrica
BBO
SHG
Segnale
amplificato:
~650-1020nm
f=300
primo
stadio
IDLER
BBO
2° OPA
f=-100
Linea di
ritardo
f=125
Figura 3.17: Schema del secondo stadio di amplificazione
Il segnale in uscita dal primo stadio viene raccolto da uno speccho sferico a
focale 125mm e portato sul cristallo per l’amplificazione parametrica tramite l’uso
di due specchi piani di argento che permettono, come nel caso del primo stadio, la
sovrapposizione spaziale di pompa e segnale.
88
Capitolo 3. Realizzazione della pompa Raman tunabile
Segnale e pompa vanno quindi ad incidere sul cristallo per l’amplificazione
parametrica. In questo caso è stato utilizzato un cristallo di BBO lungo 1mm tagliato per il phase-matching di tipo II (os + ei → e p ) con θ = 42.4. Si è utilizzato
il phase-matching di tipo II perché in questo modo si ha banda di guadagno più
stretta quindi maggiore concentrazione di energia intorno alla frequenza centrale
(vedi fig.3.18). Dato che il processo di compressione spettrale ha una larghezza di
banda di accettazione finita (par.3.3.2 equazione 3.34), è necessario, per avere una
buona efficienza, che lo spettro in uscita dal secondo stadio rientri in questo range.
1,0
secondo stadio tipo I
secondo stadio tipo II
primo stadio
Intensità (unità arb.)
0,8
0,6
0,4
0,2
0,0
800
900
1000
Lunghezza d'onda (nm)
Figura 3.18: Confronto tra spettri in uscita dal secondo stadio con phase matching di tipo
I e II e spettro in uscita da primo stadio
89
3.2. Gli stadi di amplificazione parametrica
In uscita dal secondo stadio di amplificazione si ottengono quindi impulsi di
lunghezza d’onda accordabile tra 650nm e 1020nm, con larghezze di banda da
11nm a 22nm, con energie che vanno da 20µ J nell’IR a 30µ J nel visibile.
1,0
0,8
Intensità (unità arb.)
0,6
0,4
0,2
0,0
600
650
700
750
800
850
800
850
900
950
1000
1050
1,0
0,8
0,6
0,4
0,2
0,0
Lunghezza d'onda (nm)
Figura 3.19: Alcuni spettri in uscita dal secondo stadio di amplificazione, ottenuti
variando l’angolo di phase matching e il ritardo tra pompa e segnale
90
Capitolo 3. Realizzazione della pompa Raman tunabile
3.3 La compressione spettrale
3.3.1
Tecniche di riduzione della larghezza di banda
Esistono diverse tecniche di filtraggio spettrale, lineari e non. Le tecniche lineari
sono poco efficienti in quanto il restringimento dello spettro è proporzionale alla
perdita di energia. Utilizzando fenomeni di ottica non lineare è possibile trasferire
una parte maggiore dell’energia dall’impulso a banda larga all’impulso a banda
stretta.
Il metodo lineare più semplice è l’utilizzo di un filtro interferenziale passabanda.
Questa tecnica viene utilizzata per esperimenti di FSRS o utilizzando direttamente
la luce filtrata a partire da impulsi provenienti da un laser a Ti:Sa, quindi con
lunghezza d’onda di circa 800nm, oppure come in [26] dopo una generazione di
seconda armonica per avere impulsi centrati a 400nm. Questo metodo, indubbiamente comodo per la semplicità di implementazione, ha come punti deboli la
bassa efficienza (si perde l’energia relativa alle lunghezze d’onda soppresse, e per
ottenere energie dell’ordine del µ J si incorre facilmente nel danneggiamento del
filtro stesso), la limitata riduzione di banda (∼ 1nm), e la ridottissima tunabilità
(pochi nm inclinando il filtro).
Un’altra tecnica lineare è il filtraggio spettrale tramite reticolo e fenditura [27, 1]:
l’impulso viene disperso da un reticolo e quindi focalizzato su una fenditura con
apertura e posizione regolabili, la cui variazione permette di variare rispettivamente larghezza di banda e lunghezza d’onda del fascio in uscita; il fascio viene quindi
focalizzato su un secondo reticolo per eliminare la dispersione spaziale. I reticoli
e la fenditura distano dalle lenti una distanza focale: in questo modo si rende
trascurabile la dispersione della velocità di gruppo (GVD) del filtro e, quindi, si ha
un impulso in uscita privo di chirp.
Con questo sistema l’energia del fascio in uscita è proporzionale alla sua larghezza,
e la tunabilità è ovviamente limitata dalla larghezza di banda dell’impulso in
ingresso, si riescono però ad ottenere impulsi con energie dell’ordine dei µ J e
larghezza inferiore a 1nm.
Una possibile variante è quella di usare un solo reticolo in doppio passaggio,
posizionando uno specchio dietro la fenditura. Questo set up, con l’utilizzo
di un reticolo da 1200 linee/mm con blazing ottimizzato a 800nm e una lente
3.3. La compressione spettrale
cilindrica con focale 150mm, costituisce la pompa Raman intorno a 800nm nel
nostro laboratorio. Venendo alle tecniche non lineari, ampiamente diffusa è la
Figura 3.20: Schema di due possibili implementazioni del filtro con reticolo e fenditura
generazione di frequenza somma tra due impulsi con chirp opposto [26, 28, 29].
In modo analogo si può sfruttare la generazione di frequenza differenza tra due
impulsi con lo stesso chirp [30]. Uno schema di massima del set up nel caso della
SFG è mostrato in fig.3.21. Il fascio viene diviso in due da un beam-splitter, e
ai due fasci vengono dati chirp opposti tramite l’uso di reticoli. I fasci vengono
poi fatti incidere non collinearmente su un cristallo non lineare per la SFG11 . Il
principio alla base di questa tecnica sta nel fatto che quando un impulso ha un
chirp i colori arrivano ad istanti divesi, quindi, se si riesce a dare il giusto chirp
ai due impulsi facendo in modo che sul cristallo arrivino in un dato istante solo
i colori che sommati o sottratti danno una certa lunghezza d’onda, l’impulso in
uscita non ha chirp e la sua larghezza di banda risulta essere più stretta di quella
degli impulsi incidenti proprio nella misura in cui si riesce a fare in modo che
questa somma o differenza sia sempre costante. Quindi maggiore è il chirp, più
le frequenze sono distanziate e, quindi, maggiore è la riduzione della banda che
11 La
geometria non collineare permette di scegliere un angolo per cui i due fasci non vengono
convertiti singolarmente nella seconda armonica e di avere il segnale in uscita lungo la bisettrice
dell’angolo tra i fasci
91
92
Capitolo 3. Realizzazione della pompa Raman tunabile
si può ottenere. Nel caso semplice di un chirp lineare si avrà per le frequenze
Figura 3.21: Schema di principio di un set up per SFG con implusi con chirp opposto
dei due impulsi incidenti ω1 = ω0 + α t e ω2 = ω0 − α t + δ t per cui la frequenza
dell’impulso generato sarà ω3 = 2ω0 + δ t.
Questa tecnica, se applicata direttamente alla fondamentale del laser, permette
solo una limitata accordabilità, grazie alla variazione del ritardo δ t. Il suo utilizzo
in successione ad un OPA è possibile,anche se non molto efficiente a causa
dell’utilizzo dei reticoli, ma abbastanza complicato, anche perché i reticoli sono
ottimizzati per una data lunghezza d’onda.
Noi abbiamo scelto, quindi, di utilizzare la tecnica di compressione che sfrutta
la SHG in cristalli lunghi in presenza di grande GVM [31, 32], descritta nel
paragrafo seguente, in successione ad un OPA nel visibile e NIR, per avere
tunabilità e semplicità di implementazione.
Questa tecnica è stata utilizzata
[33, 34]in successione ad una fibra non lineare che può generare impulsi tunabili
variando il chirp degli impulsi in entrata, ma l’ulteriore semplicità di questo set
up non sarebbe riproducibile nel nostro caso, in quanto per il pompaggio della
fibra vengono utilizzati laser a Erbio ( 1500nm), a Ytterbio ( 1000nm) o OPA con
lunghezze d’onda in uscita di 1500nm.
93
3.3. La compressione spettrale
3.3.2
SHG in cristalli lunghi in presenza di grande GVM
Quando due impulsi con frequenze o direzione di polarizzazione diversa attraversano un mezzo trasparente, possono, dopo una certa distanza, separarsi a causa
delle loro differenti velocità di gruppo. Come abbiamo visto parlando degli OPA
nel paragrafo 3.2.1, il GVM consiste nella differenza dell’inverso delle velocità di
gruppo:
GV M =
1
1
∂ k ∂ k −
=
−
vg1 vg2 ∂ ω 1 ∂ ω 2
Il GVM riduce la larghezza di banda di phase-matching, e questo effetto viene
sfruttato per produrre degli impulsi a banda stretta attraverso SHG e SFG in un cristallo di BBO partendo dagli impulsi generati da un OPA costruito appositamente.
La possibilità di variare la lunghezza d’onda della pompa Raman si ottiene modificando la lunghezza d’onda dell’impulso fornito dall’OPA e variando la condizione
di phase-matching di conseguenza.
Per avere una stima della larghezza di banda attesa utilizzando questa tecnica
di compressione spettrale, possiamo immaginare di far variare la frequenza della
fondamentale (ωFF ) di ∆ω /2 e quindi - dato che la frequenza della seconda armonica è ωFF + ωFF = 2ωFF = ωSH - di far variare la seconda armonica di ∆ω . In
questo modo, sviluppando il wave vector mismatch ∆k al primo ordine si ottiene:
∆k =
per cui
∂ k ∂ k ∆ω /2∆k =
∆ω
∂ ω FF
∂ ω SH
2∆k − ∆k =
∂ k ∂ k ∆ω
−
∂ ω FF ∂ ω SH
(3.28)
(3.29)
quindi, utilizzando la definizione di velocità di gruppo data in precedenza:
∆k =
1
vgFF
−
1
vgSH
(3.30)
Dato che l’intesità della seconda armonica è ISH ∝ sinc2 ( ∆kL
2 ) e che
sinc2 ( ∆kL
2 ) = 1/2 quando
∆kL
2
≈ 0.4429π si ha che la semilarghezza a mezza al-
tezza in funzione della pulsazione è
|δ |∆ωHW HM L
2
= 0.4429π , da cui si ottiene per la
larghezza a mezza altezza in frequenza:
∆νFW HM =
0.886
|δ |L
(3.31)
94
Capitolo 3. Realizzazione della pompa Raman tunabile
Dove con |δ | indichiamo il GVM tra la fondamentale e la seconda armonica,
ovvero |δ | = |1/vgFF − 1/vgSH |. In presenza di grande GVM e cristalli lunghi,
quindi, è possibile generare la seconda armonica a banda stretta.
Per quanto riguarda l’efficienza di questo processo, ci si potrebbe aspettare che
essa sia bassa in quanto solo una piccola parte di spettro della fondamentale viene
trasformata nella seconda armonica. In realtà, dato che in ingresso c’è un impulso a
banda larga, le frequenze di seconda armonica possono essere generate anche come
risultato di generazione di frequenza somma (SFG) tra le componenti spettrali dell’impulso della fondamentale simmetriche ripetto alla frequenza di phase-matching
ωFF . Infatti, se consideriamo due frequenze ω1 = ωFF + ∆ω e ω2 = ωFF − ∆ω
possiamo sviluppare in serie i vettori d’onda alle frequenze corrispondenti:
k(ω1 ) = k(ωFF ) +
1 ∂ 2 k ∂ k ∆ω +
∆ω 2
∂ ω FF
2 ∂ ω 2 FF
(3.32)
1 ∂ 2 k ∂ k k(ω1 ) = k(ωFF ) −
∆ω +
∆ω 2
∂ ω FF
2 ∂ ω 2 FF
Quindi per phase mismatch del processo di SFG si ottiene:
∆k = k(ω1 ) + k(ω2 ) − k(ωSH ) ≈
∂ 2 k ∆ω 2
∂ ω 2 FF
(3.33)
Per cui abbiamo una larghezza di banda della fondamentale12 che può
effettivamente essere convertita in seconda armonica pari a [31]:
∆νFF = 0.886
1/2
2 2π L ∂∂ωk2 (3.34)
FF
In questo modo è possibile convertire in modo efficiente un impulso a banda larga
in un impulso di seconda armonica a banda stretta.
3.3.3
Realizzazione sperimentale
Per produrre impulsi di seconda armonica a banda stretta sfruttando il processo
appena descritto si è utilizzato come fondamentale il segnale amplificato in uscita
dall’OPA, in modo tale da ottenere per le lunghezze d’onda della seconda armonica
12 Risolvendo le equazioni per i tre campi in cui ω = ω = ω
FF si trova che anche l’intensità della
1
2
2
fondamentale è ∝ sinc (x), con un valore dell’argomento diverso rispetto al caso della SH [35, 36]
95
3.3. La compressione spettrale
valori tra ∼ 350nm e ∼ 450nm, con cui sfruttare il Raman risonante in corrispondenza della banda Soret delle emoproteine.
Uno schema di principio del set-up realizzato è illustrato in figura 3.22.
800 nm
1.6mJ
1kHz
50fs
OPA VIS/ NIR
ω
WLG
primo
stadio
tipo I
secondo
stadio
tipo II
SHG
COMPRESSIONE
SPETTRALE
BBO
SHG
Figura 3.22: Schema complessivo del set up realizzato:OPA in due stadi e compressione
spettrale
Per la generazione di seconda armonica sono stati utilizzati due cristalli di BBO
tagliati per il phase matching di tipo I a θ = 31.3◦ e θ = 27.6◦ lunghi rispettivamente 20mm e 25mm. Gli angoli sono tali da poter trovare agevolmente il phase
matching: nella regione in cui la lunghezza d’onda della fondamentale è nel visibile con il cristallo tagliato a θ = 31.3◦ ; nella regione in cui la lunghezza d’onda
della fondamentale è nel vicino infrarosso con il cristallo tagliato a θ = 27.6◦ .
L’andamento del valore dell’angolo di phase matching in funzione della lunghezza d’onda è mostrato in figura 3.23. La condizione di phase matching per le
frequenze intorno a quelle corrispondenti agli angoli ai quali sono tagliati i cristalli
è ottenuta ruotando il cristallo orizzontalmente .
La maggiore lunghezza del cristallo tagliato per il phase matching nell’IR com-
96
Capitolo 3. Realizzazione della pompa Raman tunabile
Angolo di phase matching (gradi)
36
34
32
30
28
26
24
650
700
750
800
850
900
950
1000
Lunghezza d'onda (nm)
Figura 3.23: Angolo di phase-matching per la generazione di seconda armonica nel BB0
con phase matching di tipo I. I punti in rosso sono gli angoli ai quali sono stati tagliati i
cristalli
pensa in parte il fatto che per il BBO il GVM tra fondamentale e seconda armonica
ha un andamento decrescente in funzione della lunghezza d’onda, come si può
vedere dalla figura 3.24.
0,30
GVM (ps/mm)
0,25
0,20
0,15
0,10
650
700
750
800
850
900
950
1000
Lunghezza d'onda (nm)
Figura 3.24: GVM tra FF e SH per il BBO
Dovendo sfruttare l’intera lunghezza del cristallo in modo tale da ottenere la
minima larghezza di banda di seconda armonica secondo l’equazione 3.31, è stato necessario tenere in considerazione il walkoff spaziale dovuto al fatto che in
97
3.3. La compressione spettrale
un cristallo birifrangente per impulsi con polarizzazione straordinaria il vettore di
Poynting non è parallelo al vettore d’onda k . Quindi in un cristallo uniassico la
distribuzione dell’intensità del fascio si sposta di un angolo β rispetto al vettore
d’onda k dato dalla relazione [25]:
tan(β ) =
sinθm cosθm (n2e − n2o )
n2e cos2 θm + n2o sin2 θm
(3.35)
con β positivo nel caso dei cristalli uniassici positivi (ne > no ) e negativo per
Angolo di walk off (gradi)
quelli negativi come il BBO.
-3,2
-3,4
-3,6
-3,8
-4,0
-4,2
w ottimale sul cristallo (mm)
-4,4
650
700
750
800
850
900
950
1000
650
700
750
800
850
900
950
1000
0,9
0,8
0,7
0,6
Lunghezza d'onda (nm)
Figura 3.25: Angolo di walkoff:la SH si avvicina all’asse straordinario rispetto alla FF
Per ovviare al fatto che, a causa del walkoff, dopo una certa distanza le distribuzioni di intensità della fondamentale e della seconda armonica generata non si
sovrappongono più, è necessario operare sulla grandezza dello spot incidente sul
cristallo. Dato che l’efficienza del processo di generazione di seconda armonica
98
Capitolo 3. Realizzazione della pompa Raman tunabile
dipende dall’intensità della fondamentale non è però opportuno espandere troppo
il fascio, per cui la grandezza dello spot ottimale è quella per cui 2w = Ltanβ .
La regolazione della grandezza del fascio viene eseguita volta per volta con telescopi con magnificazione maggiore o minore di uno a seconda della grandezza
del fascio in uscita dal secondo stadio di amplificazione parametrica. Nella figura
3.25 è riportato l’andamento dell’angolo di walk off in funzione della lunghezza
d’onda e il waist ottimale sul cristallo, considerando di utilizzare sotto gli 800nm il
cristallo lungo 20mm e per lunghezze d’onda maggiori il cristallo lungo 25mm per
contrastare l’effetto della riduzione del GVM.
Capitolo 4
Performance del set up realizzato
e conclusioni
A conclusione dell’illustrazione del lavoro svolto e dell’apparato realizzato, in questo capitolo esporremo la caratterizzazione del sistema e presenteremo gli importanto obiettivi raggiunti, in particolare per quanto riguarda la tunabilità e la larghezza di banda ed anche una valutazione complessiva dell’efficienza dell’apparato. Infine, sulla base dei risultati ottenuti, prenderemo in esame le prospettive di
applicabilità del sistema.
4.1 Tunabilità
Gli impulsi di seconda armonica in uscita dal sistema possono essere separati dalla
fondamentale tramite l’uso di prismi Brewster-cut di silice o con la riflessione su
specchi dicroici, per poter essere caratterizzati e diretti sul campione.
Sono stati ottenuti impulsi tunabili tra 330nm (3.75eV ) e 510nm (2.4eV ) accordando contemporaneamente i due stadi dell’amplificatore parametrico e l’angolo
di phase matching del cristallo di BBO per la generazione di seconda armonica.
Per quanto riguarda le frequenze tra i 390nm e i 410nm si è utilizzata come fondamentale quella ottenuta direttamente dal laser. In figura 4.1 sono mostrati alcuni
spettri che coprono il range di accordabilità della pompa presi a Milano con un
OMA Ocean Optics S4000.
La tunabilità di questo sistema potrà essere estesa ulteriormente, per poter andare
100
Capitolo 4. Performance del set up realizzato e conclusioni
1,0
Intensità (unità arb.)
0,8
0,6
0,4
0,2
0,0
350
400
450
500
Lunghezza d'onda (nm)
Figura 4.1: Range di tunabilità della pompa
ad indagare una classe ancora più ampia di sistemi, sia verso l’UV che verso lunghezze d’onda maggiori. Infatti l’amplificatore parametrico può fornire lunghezze
d’onda fino a 500nm, rendendo possibile, tramite SHG, la generazione di impulsi
a banda stretta a partire da 250nm. Sarà in questo caso necessario disporre di un
cristallo di BBO tagliato per un angolo di phase-matching opportuno.
Per estendere la tunabilità verso il rosso è possibile pompare l’OPA con la fondamentale del laser, in modo tale da avere maggiore energia di pompaggio. Sarebbe
però necessario, nella generazione di seconda armonica finale, utilizzare un tipo
di cristallo diverso rispetto al BBO1 , in quanto per questo materiale la GVM tra
fondamentale e seconda armonica diminuisce molto in questo range spettrale.
4.2 Larghezza di banda ed energia
Gli impulsi generati hanno una larghezza di banda inferiore ai 15cm−1 (che
corrisponde ad una durata dell’impulso dell’ordine dei picosecondi) ed energia
tra i 2µ J per impulsi di seconda armonica la cui fondamentale è nel NIR e i 3µ J
1 ad
esempio il tantalato di litio
101
4.2. Larghezza di banda ed energia
per gli impulsi la cui fondamentale è nel visibile. Questi valori di energia sono
sufficienti per poter utilizzare questi impulsi per esperimenti di FSRS [1].
Confrontiamo ora gli spettri in uscita dal sistema con quelli degli impulsi prima
della generazione di seconda armonica nel cristallo di BBO lungo; ricordando
che gli impulsi in uscita dall’OPA hanno energie di 20/30µ J e larghezze di
banda comprese tra gli 11nm e i 22nm a seconda della lunghezza d’onda, si
osserva che si ottengono valori di rendimento energetico del 10% e rapporti di
compressione spettrale, ovvero ∆λSH /∆λFF , dell’ordine dell’ 1%.
Quindi si
ottiene una concentrazione di energia per nanometro circa 10 volte superiore a
quella di partenza. L’efficacia della compressione spettrale è evidente dalla figura
4.2.
Lunghezza d'onda della seconda armonica (nm)
300
320
340
360
380
400
1,0
Intensità normalizzata
0,8
0,6
0,4
0,2
0,0
660
680
700
720
740
Lunghezza d'onda della fondamentale (nm)
Figura 4.2: Spettro della fondamentale (rosso, ottenuto con un OMA ocean optics S2000)
e della seconda armonica corrispondente (blu)
102
Capitolo 4. Performance del set up realizzato e conclusioni
Per quanto riguarda il confronto delle larghezze di banda con i valori attesi
stimati con 3.31, è stato utilizzato un monocromatore Acton SP-2500i, focale
500mm, con il reticolo da 1200 linee/mm per avere una risoluzione maggiore
rispetto a quella dello spettrometro utilizzato nelle misure prese a Milano. E’
stato comunque necessario tenere conto della risoluzione del monocromatore,
in quanto, come si può vedere in figura 4.3, le larghezze di banda degli impulsi
ottenuti sono confrontabili con le righe dello spettro del mercurio.
1,0
spettro @ 346,5nm
riga Hg @405nm
Intensità (unità arb.)
0,8
0,6
0,4
0,2
0,0
-0,5
0,0
0,5
(nm)
0
Figura 4.3: Confronto dello spettro dell’output della pompa e riga del mercurio
Quindi sono stati presi gli spettri di due righe del mercurio, a 405 e 435 nm,
e sono stati utilizzati per effettuare la deconvoluzione. Per semplicità abbiamo
assunto per gli spettri della pompa un profilo lorentziano. La figura 4.4 mostra
la buona corrispondenza tra i risultati ottenuti e quelli attesi, indicati dalla linea
tratteggiata. Possiamo sottolineare che i valori della larghezze di banda, tenendo
conto della deconvoluzione, sono compresi tra ∼ 6cm−1 e ∼ 11cm−1 .
103
4.2. Larghezza di banda ed energia
0,35
larghezze attese
0,30
larghezze degli spettri misurati
larghezza di banda (nm)
larghezze degli spettri deconvoluti
0,25
0,20
0,15
0,10
0,05
340
360
380
400
420
440
460
480
500
lunghezza d'onda (nm)
Figura 4.4: Confronto della larghezza di banda misurata e attesa
Possiamo infine sintetizzare le performance del sistema in una tabella, per poterle agevolmente confrontare con i risultati che sono stati ottenuti con la pompa a
reticolo del nostro laboratorio e con il caso di utilizzo di SFG di impulsi con chirp
per la realizzazione di una pompa Raman per un set up di FSRS riportato in [26].
tipo
∆λ λ e energia iniziali
∆λ finale
tunabilità
energia
pompa tunabile
30nm a 800nm 1,6mJ
<0.3nm
330-510nm
2-3 µ J
pompa a reticolo
30nm a 800nm 1,6mJ
0.2-2 nm
790-810nm
pompa in [26]
2,3nm a 775nm 150 µ J
0.17nm
- - -(λ = 387.5nm)
∼ 10µ J (∆λ 0.4nm)
14µ J
Per confrontare questi dati, e in particolare quelli relativi alle pompe Raman
nell’UV, quindi la nostra pompa tunabile e la pompa Raman presentata in [26] Se
definiamo un parametro di efficienza η della compressione come:
η=
Iout ∆λin
Iin ∆λout
(4.1)
104
Capitolo 4. Performance del set up realizzato e conclusioni
otteniamo, nel caso della pompa in [26], un valore di ∼ 1.2, mentre nel caso del
nostro set up si ottiene un valore di ∼ 0.6. Tuttavia l’energia in entrata al nostro
set-up, con ulteriori ottimizzazioni, potrebbe essere sensibilmente diminuita (fino
ad avere 1mJ) senza ridurre le prestazioni energetiche2 . Considerando quindi di
avere in ingresso 1mJ si potrebbe ottenere un valore del parametro η di valore
confrontabile con il caso citato. Quindi con valori del parametro η non dissimili,
il grande vantaggio del nostro set-up è l’ampio range di tunabilità.
Infine, volendo fare un confronto più accurato, alla stessa lunghezza d’onda,
λ = 387, 5nm, bisognerebbe considerare il fatto che questa lunghezza d’onda si può
ottenere direttamente come seconda armonica degli impulsi del laser: in questo caso le percentuali di rendimento energetico e compressione spettrale viste all’inizio
del paragrafo portano quindi ad un valore di η di ∼ 10.
4.3 Conclusioni
In questo lavoro di tesi abbiamo illustrato quanto realizzato e gli obiettivi finora
raggiunti, in rapporto al programma che il progetto Femtoscopy si propone nella
sua fase di start-up, in particolare per quanto riguarda lo studio delle proteine fotoattive e specificatamente le emoproteine. Attualmente siamo dunque in grado di
generare impulsi al picosecondo di 2 − 3µ J di energia, con una larghezza di banda
minore di 15cm−1 in un range di tunabilità degli impulsi che si estende da 330nm
a 510nm.
Tali risultati e gli aspetti tecnici che abbiamo descritto sono oggetto di un lavoro
che e’ stato sottoposto alla conferenza CLEO/QLS 2010. Se confrontiamo i valori
da noi ottenuti per gli impulsi tunabili al picosecondo con quelli di esperimenti
caratteristici di ps − T R3 sulle emoproteine [11], vediamo che sono stati usati ti-
picamente come probe impulsi al ps di circa 20 − 30nJ (circa 30cm−1 di banda a
400nm); va dunque evidenziato come nel nostro caso sia già possibile raggiungere
risoluzioni e scale di tempo inferiori, con energie disponibili per impulso molto
maggiori di quelle riportate in letteratura per il ps − T R3 . Il caso specifico del FixL
è oggetto di una collaborazione con il gruppo del Prof. Brunori del dipartimento di
2
in quanto con meno energia entrante si potrebbero ridurre le dimensioni del fascio di pompa del
secondo stadio senza rischiare di danneggiare il BBO dell’amplificazione parametrica, permettendo
una migliore sovrapposizione spaziale tra segnale e pompa
4.3. Conclusioni
Biochimica della Sapienza che ha una notevole esperienza nello studio delle emoproteine.
Se poi guardiamo al range di tunabilità del sistema sviluppato, e alle sue possibili estensioni, delle quali si è discusso nel par. 4.1, risulta interessante valutare la
quantità di sistemi di interesse biologico accessibili in prospettiva al nostro setup
FSRS. In primo luogo i sistemi su cui già sono presenti risultati di FSRS in letteratura, come la rodopsina [3], sono stati osservati fuori risonanza e sarebbe molto
interessante riesaminarne il segnale selezionato dal nostro impulso Raman.
Inoltre vi sono famiglie importantissime di proteine fotoattive le cui risonanze di
maggior interesse risiedono nel range di tunabilità a noi accessibile: per fare un
esempio tra i più emblematici, i primi istanti della fotoreazione delle proteine legate alla fotosintesi, reazione tra le più veloci in natura, sono oggetto di innumerevoli
studi, dal momento che si ritengono quelle le scale di tempo fondamentali per la
comprensione della straordinaria efficienza dei sistemi biologici nella conversione
di energia solare in energia chimica.
105
106
Capitolo 4. Performance del set up realizzato e conclusioni
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