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Delfini, di Eugenia Cerchiari

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Delfini, di Eugenia Cerchiari
antonio delfini
Cerchiari Eugenia classe 5H
Anno scolastico 2012/2013
Istituto Professionale Ipsia Fermo Corni
Corso Grafico
indice
Antonio Delfini pag 1
Antonio Delfini e il Surrealismo pag 5
Un affresco digitale per Antonio Delfini pag 7
La tecnica pag 8
Gianluigi Toccafondo pag 11
Mercoledì 13 febbraio, presso la Biblioteca Civica di Modena, si é tenuto un incontro per approfondire le scarse conoscenze
relative allo scrittore Modenese Antonio
Delfini. A partecipare è la classe 5H dell’
Istituto Professionale Fermo Corni. Delfini è un personaggio poco conosciuto,
che non ha mai scritto opere di successo,
ma estremamente interessante. La relatrice, Bruna Bolognani, tramite foto, video e
documenti originali descrive in modo accurato la figura dello scrittore modenese...
A
ntonio Delfini nasce a Modena, in una
casa in Piazza Roma, sopra all’ancora
esistente ristorante “Oreste” da una famiglia con ricchi possedimenti terrieri il
10 giugno 1907 ,nonostante la sua carta
d’ identità, per errore o non si sa, consideri come anno di nascita quello successivo . Perde il padre un anno dopo la
sua nascita e per questo la sua vita sarà
molto condizionata dalla madre con la
quale stringerà un legame talmente forte
da definirla “la sua vera,unica fidanzata.”
Avendo grandi disponibilità economiche non frequenta la scuola pubblica ma
riceve lezioni private, non è un grande
studente,infatti viene bocciato all’esame di
terza media e men che meno raggiungerà
mai la laurea ma nonostante ciò, sviluppa
una vera e propria passione per la lettura,
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avendo a dispostizione una biblioteca lasciata in eredità dal padre, ed intorno ai diciotto anni sente proprio questa vocazione
per la letteratura in generale, indicata da lui
come una “compagna di vita pura”. Delfini,
quindi, ama definirsi autodidatta poiché
studia ciò che più gli piace da solo, come e
quando vuole; Secondo alcuni intellettuali
della sua epoca, lui si “ferma” all’età adolescenziale, sia a livello letterario che caratteriale: infatti, mantiene sempre un atteggiamento scherzoso e vivace anche in età più
avanzata. Non lavora, e ama moltissimo il
gioco d’azzardo (dove dissipa gran parte
del patrimonio di famiglia), le feste ed il divertimento con amici, che parleranno di lui
come di una piacevole compagnia per la
sua generosità ed il suo vasto patrimonio.
Nel 1920 aderisce alle avanguardie dei fasci di combattimento, probabilmente per
tradizione familiare e alla fine degli anni
‘20 comincia a scrivere collaborando con
alcuni scritti alla terza pagina del quotidiano Il Tevere. Insieme a Ugo Guandalini (il
futuro editore Guanda) fonda e dirige due
periodici, L’Ariete (1927, numero unico) e
Lo Spettatore Italiano (1928-1929) mentre
nel 1931 scrive il suo primo racconto “Ritorno in città”, raccolta di brevi prose di chiara matrice baudelairiana con una seconda
edizione che uscirà nel 33 presso Guanda.
el periodo adolescenziale e giovanile è un visionario, un sognatore,
che utilizza termini leggeri, soavi e raffinati affiancati a tantissime immagini per
trasmettere ideali belli come l’amore e si
innamora di tante donne le quali poi diventano protagoniste delle sue opere .
Dopo una delusione d’ amore, tuttavia,
il suo ottimismo e la sua voglia di vivere
si trasformano in delusione, distacco. Lo
scrittore ama molto Modena e spesso descrive le vie del centro nei suoi racconti,
ma nello stesso tempo però,si sente chiuso e soffocato e viaggia molto, tanto che,
nel 1932 va a Parigi insieme all’amico Pannunzio dove entra in contatto con l’avanguardia surrealista che stimola in lui una
grande apertura mentale verso il mondo.
Delfini conducendo una vita comoda, sregolata e soprattutto senza mai lavorare e
nel 1935 dovette vendere la casa sull’antico corso Canalgrande a Modena e inizia
così a viaggiare, da Roma a Firenze,dove
vive per diversi anni e dove ha la possibilità di entrare in contatto con molti intellettuali come Montale e Gadda,conosciuti
al caffè delle “Giubbe Rosse”, con i quali
ha un rapporto d’ amicizia, ma spesso anche di scontro. Delfini, infatti, è un anticonformista. Odia le etichette, ha una visione delmondo tutta sua ,tipico esempio
dell’ intellettuale disimpegnato,distratto,
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che scrive nei momenti di noia e fa fatica a trovare una collocazione nella società culturale del tempo. veniva criticato in
quanto “dilettante” se paragonato ai titoli
di studio dei suoi compagni. In particolare,
Landolfi e Moravia lo ritengono di scarsa
ispirazione e con ben poca dedizione alla
produzione letteraria, realizzando poco e
solo quando gli è più comodo. Egli stesso ama chiamarsi “dilettante”, ma non nel
vero senso della parola. È un dilettante
perché non vuole far parte di quella che è,
in quel periodo, la schiera di intellettuali, i
quali sono arrivati a mercificare l’arte e a
produrre soltanto ciò che il governo fascista permette di pubblicare senza censure.
Nel 1938 esce l’opera piu famosa di Delfini
“Il ricordo della Basca” presso l’editore fiorentino Parenti ,una raccolta di dieci racconti in
cui Delfini crea l’immagine di una Modena
insieme reale e immaginaria in cui sogno
e realtà danno luogo a un intreccio di forte carica simbolica e emotiva, che verrà ristampato nel 1956 con resoconti personali.
Nel 1940 esce “Il fanalino della battimonda”dall’
Edizioni di Rivoluzione di Firenze ,uno dei
pochi testi ispirati al surrealismo italiano
dove Delfini adotta la scrittura automatica
Nel 1951 stringe amicizia con PierPaolo Pasolinisi e s’impegna nella vita politica pubblicando “Il manifesto per un partito
conservatore e comunista” presso Guanda
ella sua seconda fase, con grande abilità, cambia completamente registro
linguistico : utilizza un linguaggio volgare,
arrabbiato e deluso, ora è già entrato nella
concretezza dell’amore con una donna, Luisa; ha provato il dolore di essere lasciato ed
è quindi frustrato e disilluso. In questa contrapposizione si manifesta l’impressionante
flessibilità linguistica e lessicale del poeta.
Al termine del ventennio fascista in cui la
censura soffocava ed inibiva le libertà di
espressione, molti intellettuali dei circoli frequentati da Delfini decidono di dare
un “senso economico” ed una funzione
civile alla cultura, acquistando fama e notorietà: la maggior parte di loro, infatti,
diventa editore, professore o giornalista,
mentre lui si allontana dai circoli letterari
per non “sporcarsi le mani” guadagnando.
Nel 1957 esce “La Rosina perduta” presso Vallecchi di Firenze, che ripropone anche il testo (già pubblicato nel
1940) del Fanalino della Battimonda
Nel 1960 esce a Milano “Misa Bovetti” e
altre cronache in cui Antonio Delfini dà
luogo a un’opera in cui l’immaginario risulta ricco di spunti comici e grotteschi.
Nel 1961 due anni prima di morire,quando
ormai la vita gli stava crollando addosso,
pubblica una raccolta di poesie “Poesie
della fine del mondo”, che realizza prendendo titoletti di articoli di giornale e
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mettendoli insieme, cercando di creare
veri e propri versi, l’amico Bassani accorgendosi del suo capolavoro lo rese pubblico tramite la casa editrice Feltrinelli.
Nel 1962 Esce “Modena 1831, città della
Chartreuse” presso Scheiwiller di Milano.
Il buon Antonio perde quasi tutti i suoi
amici: Guendalini ad esempio apre una
casa editrice a Parma. Questo è un gesto
che il nostro poeta non può perdonare poiché una nuova casa editrice poteva
essere un’occasione per rilanciare Modena sul piano culturale mentre guandalini si è spostato a Parma per avere un
giro d’affari più cospicuo, e Delfini farà
tappezzare Modena di manifesti per denunciare questo tradimento. AnchePannunzio va a dirigere la rivista “Mondo” a Roma,
lasciando amarezza nell’amico modenese.
Questa solitudine sommata al ricordo
dell’abbandono di Luisa, unica donna di
cui si innamora, ed alle morti di madre e
sorella spingono Delfini ad un’inevitabile
sofferenza fino alla sua morte il 23 febbraio 1963, commentata poco sia dai giornali
che dagli intellettuali; Pochi mesi dopo la
sua morte I racconti nel Ricordo della Basca vinceranno il Premio letterario Viareggio e dall’82 inizia la riscoperta di Delfini
con la pubblicazione da Einaudi dei diari
inediti per cura di Natalia Ginzburg e Giovanna Delfini. Dagli anni ’90 ad opera di
vari editori (Garzanti, Einaudi, Scheiwiller,
Quodlibet, Lombardi, Via del vento) sono
state ripubblicate quasi tutte le opere.
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liberta’ associativa dei surrealisti: dai quali, semmai, Delfini potrebbe avere preso in
prestito la convizione che “il poeta pensa
sempre ad altro”.
osi’ , del Fanalino, resta in mente l’
imitazione scolastica del canone surrealista dove prende forma una vicenda allucinatoria, con scambi e deformazioni continui fra vissuto e fantastico.
DELFINI E IL SURREALISMO
essuno scrittore italiano ha mai considerato direttamente i programmi
poetici e politici del surrealismo. Si può
piuttosto immaginare un surrealismo più
generale, plasmato dal realismo della
nostra tradizione, ma aperto a quel fantastico fatto anche di leggerezza e curiosità (certo pure di eredità futurista), tratti
dunque che sono integrati della migliore
narrativa italiana.Il fanalino della Battimoda, nel corso di mezzo secolo, ha goduto
di un prestigio almeno statistico: essere
cioe’ uno degli scarsi esempi di surrealismo italiano.
Questa “scrittura automatica”, prodotta
di getto in due sere, del gennaio 1933 e
del novembre 1934, nel “salotto rosso, al
primo piano di casa Delfini a Modena” nasce dal bottino che nel ‘ 32 Delfini aveva
fatto a Parigi, abbastanza confuso e superficiale, di entusiasmi surrealistici ma e’
dubbio che avesse preso molto sul serio
la cosa se, come confessa, “a quell’ epoca
il mio sogno maggiore di pensatore era...
di trovare una giovane donna che accettasse di accompagnarsi con me a sparare
rivolverate per le vie della citta’ di Modena”.Il tratto caratteristico della scrittura di
Delfini come la sottile sconnessione della
forma racconto, con i suoi anacoluti narrativi, ha molto a che fare con l’ assoluta
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L’interno della casa di
Cavezzo dopo la morte
di Delfini
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un affresco digitale
per antonio delfini
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el 2007, a cento anni dalla sua nascita, la biblioteca ha chiesto al disegnatore e regista Gianluigi Toccafondo di
realizzare un affresco digitale incentrato
su Delfini per decorare il soffitto della sala
conferenze. L’ artista usa foto, disegni, collage e manifesti custoditi dalla figlia dello
scrittore e dalla Biblioteca Estense Universitaria di Modena. Li trasforma a suo piacimento e ne nasce un’ opera suggestiva
e sorprendente. Semplici immagini di Modena o di Delfini sono colorate in modo
originale, caricaturale o ironico per descrivere l’unicità, l’emblematicità e la stranezza di questo personaggio dai tanti volti.
'artista che ama lavorare attraverso il
recupero di vecchie immagini e frammenti testuali, non segue un ordine preciso, non quello cronologico.La biografia
documentata sfuma in un racconto senza trama, che vive di vita propria in una
dimensione fantastica e persino enigmatica: una casa abbandonata piena di
libri, un uomo con il cappello,un cielo
rosso,una figura mitolgica,figure femminili per strada. A guardare bene si riconoscono persone e luoghi. Antonio Delfini bambino, giovane, adulto,gli amici
artisti della Saletta, il teatro Storchi, piazza
Roma,il Foro Boario. Ma il colore - rosso, rosa, giallo, grigio- avvolge i soggetti e trasfigura i contorni,creando nuove
prospettive e reinventando i personaggi.
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L
'affresco è costituito
dalle foto proposte nel
2007 dalla Biblioteca Estense, dalla mostra Immagini di Antonio Delfini: con
ritratti dello scrittore da
solo o con familiari, amici e
conoscenti e foto scattate
da Delfini stesso, che ritraggono alcuni luoghi nevralgici
della sua Modena personale.
LA TECNICA
Gli originali di GianLuigi Toccafondo sono stati ingranditi e riprodotti, con
procedimento a stampa digitale a plotter, su un particolare film in pvc laminato con pellicola trasparente opaca, applicato manualmente sul soffitto a volta della sala conferenze per mezzo di spatole particolari. Stampa e applicazione sono state eseguite da Logo pubblicità di Modena
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ianluigi Toccafondo nato a
San Marino nel 1965. Ha studiato all’istituta d’Arte di Urbino ,vive e lavora a Bologna.
Dal 1989 realizza cortometraggi di animazione , sigle televisive per la Rai, sigle e loghi animati per il cinema e spot
pubblicitari. Numerose le mostre ersonali in Italia e in Francia. Dal 99 disegna
le copertine per Fandango libri. I suoi
disegni sono stati pubblicati da Einaudi,
Feltrinelli, Mondadori, Giunti, Frassinelli,
alani, Pulcinoelefante, Corraini e Coccoino Press. Nel 2007 è stato aiuto regista
per il film Gomorra di Matteo Garrone.
“Nella goffaggine di Delfini c'era sempre qualcosa di virgineo: egli dissacrava un intero modo di vivere, ma appunto perché la sua dissacrazione era così totale egli sentiva il bisogno di vergognarsene. Egli è lo scrittore aggraziato per definizione, ma mai grazia costò sacrifici così grandi. Egli ha dovuto difenderla con le
unghie e contro tutti i suoi contrari, che in letteratura sono molti”. Con queste parole Pier Paolo Pasolini ricordava, a Modena, Antonio Delfini a pochi mesi dalla morte, in un convegno-commemorazione voluto dall'allora sindaco Rubes Triva.
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