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ASSAGGIO Leggi un assaggio del libro, scarica il PDF!

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ASSAGGIO Leggi un assaggio del libro, scarica il PDF!
© minimum fax – tutti i diritti riservati
COME INIZIARE
Nikolaj Gogol’
Sono almeno dieci anni che ricopio pagine di romanzi
che amo. Riscrivendole, mi passano per un attimo nelle
punte delle dita e finiscono su un file del computer come
fossero cose mie. Per certi versi, è la stessa sensazione
che si prova suonando il riff di «Johnny B. Goode» o
«Day Tripper». La differenza è che per copiare un riff
devi saper suonare la chitarra, magari anche bene, quindi un po’ la sensazione di onnipotenza te la sei guadagnata. Ricopiare un paragrafo di Flaubert invece è un
puro autoregalo e ti dà la sensazione di essere diventato
di colpo un vero scrittore.
La cosa non ti trasforma in Flaubert, ma lascia qualcosa. Le dita possono incominciare a indispettirsi se ritorni alle tue frasi abborracciate. Qualcosa viene trattenuto, e continuando a rubare dai classici ricopiando
belle pagine magari la tua scrittura migliora.
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© minimum fax – tutti i diritti riservati
Così in questo libro ho raccolto brani di autori che
amo e/o temo. In più ho scritto cosa ci ho trovato dentro al momento di trascriverli. Non è un canone di classici, ma un elenco di persone derubate; molti autori che
amo non compaiono, e a molti classici non ho ancora
capito cosa rubare.
A forza di ricopiare mi sono fatto l’idea che la scrittura non sia una disciplina di cui si apprendono le regole; che insomma non esista lo «storytelling» o la «struttura del racconto». Sono ovviamente due affermazioni
ridicole, false e soprattutto molto retoriche. Le tengo
per buone perché mi portano un vantaggio: mi fanno
concentrare sulle cose espresse bene invece che sulle regole dell’espressione.
La scrittura è come uno strumento musicale di legno.
Serve un buon legno per avere un bel suono. Hai delle
melodie in testa, che sono le storie della tua vita, ma le
devi suonare con uno strumento: la tua lingua, la sintassi, un lessico. Serve un legno che sia buono e che sia
quello adatto alla tua melodia. Devi fabbricarti lo strumento da solo, con il legno giusto, andandotelo a cercare nei boschi della grande letteratura, trovando gli alberi giusti, i classici giusti. Non possiamo permetterci di
usare uno strumento industriale per suonare la melodia
degli affari nostri.
Un classico è un libro che non smette mai di lasciarsi
saccheggiare. Ma a volte non sai cosa prendere. Esci dal
bosco di Proust con una madeleine ammuffita in mano
– e te la dai in testa. Il cappotto di Gogol’ non ti sta. Il
naso di Pirandello addosso a te non sembra bello né
brutto e non ti causa crisi di identità. Certi furti non ti
arricchiscono.
Ma non serve rubare le cose famose. Dei libri più forti della nostra storia letteraria a volte basta leggere una
sola pagina per trovare una forma, un’idea, la struttura
della frase e del paragrafo, l’ordine in cui svolgere un
pensiero, come tratteggiare un personaggio: i grandi
scrittori hanno molti consigli da dare. Hanno passato
mattine e pomeriggi ingrati a limare pagine incredibili
di cui non si parla mai.
Gogol’ per esempio ha costruito un incipit – per il
racconto «Prospettiva Nevskij» – in cui cataloga tutti i
tipi umani che passano per il lungo Neva, in un giorno
freddo del diciannovesimo secolo, e come cambia la
gente e lo struscio nelle varie ore del giorno. Di solito
quando parliamo di Gogol’ parliamo di nasi, cappotti e
elenchi di morti. E queste cinque pagine? Questo bel catalogo di russi di ogni ceto e occupazione?
Qualche giorno fa ero in una redazione e parlavo con
un’amica. Su una scrivania all’entrata c’era una vecchia
copia dei Racconti di Pietroburgo. Ho detto alla mia
amica: «Leggiti subito l’incipit di “Prospettiva Nevskij”, è il mio incipit preferito, contiene eccetera eccetera». Ha risposto: «Grazie, mi hai fatto un regalo bellissimo: il libro era lì...» La frase «il libro era lì» è notevole. Molto spesso il libro era lì... ma ci respingeva. Teniamo così in conto la letteratura da finire a volte col te-
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merla: non ci sentiamo all’altezza di certi libri, certi titoli ci fanno sentire così in colpa che non li leggeremo
mai. Intanto, per aiutarsi a uscire da questo blocco del
lettore, si potrebbe dire in giro, ad esempio, che della
Recherche proustiana basterebbe leggere, per farsi un’idea, Un amore di Swann, che è la seconda metà di Dalla parte di Swann ma la considero una delle novelle più
riuscite di sempre.
Quando due anni fa cominciai a ricopiare brani non più
in privato ma per minima & moralia, il blog di minimum fax, l’idea era che i lettori provassero a rubare dal
brano del giorno, facendone una cover aggiornata ai
tempi. La rubrica si chiamava «Seminario sui luoghi comuni» a indicare come alla fine tutti scrivessero sempre
delle stesse cose, di cose di tutti, di cose per lo più ovvie,
come il denaro, la malattia, le faccende di una giornata
impegnativa, i rapporti con gli altri.
Nella prima puntata della rubrica dicevo:
I grandi scrittori di altre epoche ci consegnano un patrimonio il cui valore va perfino al di là delle loro intenzioni: hanno indovinato l’ordine in cui riferire ciò che vedevano, il criterio per selezionare le loro esperienze, ma
ci danno, senza volerlo, molto di più: col passare dei decenni i dettagli dell’esperienza cambiano radicalmente,
e molti termini e immagini – «pastrano», «fiacre», «dote», «corsetto» – diventano inutilizzabili. Cosa possiamo usare al posto di «pastrano», «fiacre», «dote»,
«corsetto»? Cosa c’è da dire, adesso, qui, al posto di
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quel che ha detto Gogol’ a Pietroburgo nell’Ottocento,
Gadda in Brianza sotto il fascismo, Arbasino in decappottabile su autostrade appena aperte? E queste sostituzioni inevitabili non trasformano per intero il paesaggio
di un paragrafo, esigendo ritmi e sentimenti diversi? Cos’è una ragazza il cui ragazzo non vuole sposarsi, oggi,
rispetto alla Roma degli anni Sessanta o alla Pietroburgo di metà Ottocento?
Chi vuole potrà rifare la propria versione, sostituendo,
stravolgendo, rubando ai ricchi per dare ai poveri, cioè
noi: prendere questi brani e riscriverli da capo, tentando
di sostituire ciò che valeva per lo scrittore che riporto
con ciò che vale per chi legge. La Prospettiva Nevskij
con piazza San Babila, una pensione in Brianza con un
ostello di Praga o un agriturismo in Umbria o un albergo di suore a Roma.
Ovviamente nessuno o quasi si prese la briga di farlo
(per lo meno in pubblico): perché fare figuracce davanti a tutti, e rimanere in rete per anni coi propri sgraziati
tentativi? Ma visto che questo è un libro e non ha lo spazio pubblico per i commenti alla fine, tu che lo tieni in
mano potresti andare alla galleria di piazza del Duomo
a Milano, o da H&M al centro commerciale Porta di
Roma, o sul lungomare di Riccione, per vedere se riesci
a prendere anche tu tanti appunti sullo struscio quanti
ne ha presi Gogol’.
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