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13 PERCEZIONE DEL RISCHIO

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13 PERCEZIONE DEL RISCHIO
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PERCEZIONE DEL RISCHIO
L’accettabilità del rischio dipende strettamente dalla sua percezione, o meglio, dalla percezione di
un pericolo. Benché spesso confusi (soprattutto da persone non esperte) rischio e pericolo non sono
però sinonimi; mentre quest’ultimo è legato ad una valutazione personale del possibile danno, e
quindi alla paura di subirlo, il primo è la stima del pericolo stesso [Ippolito, 1994], ossia la
determinazione dell’effettiva possibilità di accadimento di conseguenze negative non volute, di un
qualunque evento. Da cui la distinzione tra “rischio percepito” e “rischio oggettivo”.
Non a caso, a livello operativo, è comune imputare il rischio percepito ai profani, mentre quello
oggettivo agli esperti; ma forse, la tendenza principale è che a tutt’oggi rischio oggettivo e percepito
siano avvertiti come contrapposti, l’uno associato all’interesse privato e l’altro al beneficio sociale
[Luria, 2002].
Tutto ciò comporta tre aspetti: 1) il rischio (non solo il danno) rappresenta di per sì un impatto
negativo misurabile, 2) i termini “possibilità” e “accadimento” rimandano al concetto di
“incertezza” e, quindi, all’approccio di stima probabilistico, 3) anche la percezione del rischio
rappresenta un impatto negativo che dovrebbe essere egualmente studiato e misurato in una
valutazione di impatto ambientale [Luria, 2002].
13.1. LA RILEVANZA DEL CONCETTO DI RISCHIO PERCEPITO
Secondo il sociologo Luhman [citato in Ruggiero, 2000] uno dei motivi principali per cui il
concetto di “rischio percepito” è divenuto rilevante nel mondo contemporaneo risiede nel fatto che
“il futuro delle nostre società dipende in misura crescente da decisioni sociali”. Se da un lato la
scienza e la tecnologia, con le loro possibilità ormai quasi illimitate, stanno soppiantando la natura,
dall’altro ci danno anche un senso di sfiducia basato essenzialmente su esperienze e congetture non
sempre positive. Ciò ci porta a credere che ogni eccesso di progresso possa comportare anche effetti
distruttivi: “Il timore che le cose possano andare per il verso sbagliato cresce rapidamente, e con
esso l’ammontare di rischio che viene attribuito alle decisioni” [Ruggiero, 2000, pag. 114]. Se una
PERCEZIONE DEL RISCHIO
volta la nozione di rischio implicava la prevedibilità completa degli effetti (e quindi una nozione
positiva di progresso), oggi si riconosce che nessuna decisione è totalmente priva di conseguenze
rischiose e maggiore ricerca e conoscenza non portano necessariamente a maggiore sicurezza e
minore rischio. Anzi, maggiore è il sapere conseguito e più pressante diviene la consapevolezza di
una complessità e molteplicità dei sistemi che implica potenziali rischi dovuti alla incertezza sul
futuro. Dal punto di vista pratico, ciò ha un peso enorme, in quanto, di fatto, è attraverso il consenso
pubblico che passa il beneficio sociale.
L’US-EPA, ha messo a confronto le stime oggettive dei più importanti rischi per l’ambiente e
per la salute con la percezione pubblica del rischio (Tabella 15.1 e 15.2). N’è risultato appunto che
la popolazione non sembra condividere le stime effettuate dai tecnici con metodologie tradizionali.
In particolare, percepisce come bassi i rischi stimati “oggettivamente” alti dall’EPA e derivanti sia
da fenomeni locali che globali, del tipo:
a) fenomeni locali: l’inquinamento atmosferico normale e le emissioni tossiche accidentali, l’uso di
pesticidi, la contaminazione dell’acqua potabile e delle acque superficiali in genere;
b) fenomeni globali: la riduzione della fascia dell’ozono, il cambiamento globale del clima, la
alterazione/distruzione delle zone umide e degli habitat naturali, l’inquinamento e il degrado di aree
costiere e di estuari, l’inquinamento di oceani in genere.
D’altra parte, sono stati percepiti come estremamente elevati altri rischi che l’EPA ha “misurato”
oggettivamente scarsi per la salute e l’ambiente e derivanti da: presenza di discariche di rifiuti
pericolosi, emissioni inquinanti dalle discariche in acque superficiali e sotterranee, altre emissioni
accidentali di sostanze pericolose di vario tipo, radiazioni ed esposizioni a sostanze tossiche presenti
in ambito privato e di lavoro, trattamento di rifiuti solidi urbani.
Quando un esperto giudica il rischio, esprime un giudizio strettamente correlato alla stima dei
decessi annuali, ossia valutando la “frequenza” delle “conseguenze”. La popolazione, benché riesca
relativamente bene a stimare la cifra dei decessi, valuta il rischio in relazione anche ad altri fattori
[Slovic, 2000] e, di conseguenza, fatica a valutare la “frequenza” in relazione alle “conseguenze”.
In pratica, non percepisce linearmente i fattori “frequenza” e “conseguenze”, finendo per
sottostimare eventi pericolosi, con elevata frequenza di accadimento e conseguenze numericamente
modeste, rispetto ad altri eventi rari ma con effetti numericamente rilevanti. Bisogna infatti
considerare che l’essere umano ha una scarsa capacità di generalizzare, ossia di valutare rischi
frequenti, quali, per esempio, la probabilità di un incidente automobilistico nel corso della sua vita.
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PERCEZIONE DEL RISCHIO
Tabella 13.1.Confronto tra stime soggettive ed oggettive per fattori ad alto rischio [Clemente,
1994].
FATTORI
DI
ALTO
RISCHIO
RISCHIO SALUTE
RISCHIO AMBIENTE
PERCEZIONE PUBBLICA
alto
medio
medio
alto
medio
medio
alto
nc
alto
nc
medio-alto
medio-basso
sostanze inquinanti presenti
di norma nell’aria
sostanze tossiche inquinanti
presenti nell’aria
esposizione dei lavoratori
alle sostanze chimiche
inquinamento delle acque
superficiali in genere
Tabella 13.2. Confronto tra stime soggettive ed oggettive per fattori a medio rischio [Clemente,
1994].
FATTORI DI MEDIO RISCHIO
PERCEZIONE
RISCHIO SALUTE
RISCHIO AMBIENTE
basso
nc
alto
nc
medio
medio-alto
nc
basso
medio-alto
radiazioni
nc
basso
medio-alto
inquinamento delle acque sotterranee
nc
basso
nc
emissioni dalle discariche di rifiuti
nc
nc
alto
nc
nc
medio-basso
nc
basso
medio-alto
nc
basso
medio-alto
discariche inattive e/o abbandonate di
PUBBLICA
rifiuti pericolosi
discariche inquinanti per le acque
superficiali
emissioni
accidentali
di
sostanze
pericolose (incluso petrolio e derivati)
pericolosi
emissioni dovute al trattamento di
rifiuti solidi non pericolosi
esposizione
a
sostanze
chimiche
tossiche
perdite da serbatoi sotterranei
Questi fattori possono influenzare in modo decisivo la fase decisionale di qualsiasi intervento. In
particolare, la percezione del rischio può determinare l’esito di:
- una valutazione del tipo fare/fare diversamente/non fare una bonifica;
- una valutazione della priorità dei siti su cui intervenire con bonifica;
139
PERCEZIONE DEL RISCHIO
- una “valutazione di controllo” degli impatti e sui rischi (rapporti sulla sicurezza, ecc.).
Nel primo caso si ha in genere una levitazione eccessiva dei costi iniziali per la richiesta da parte
della popolazione (o per la pressione accolta dalle autorità competenti) di ulteriori indagini
preliminari non sempre razionalmente giustificate; oppure perché l’ente promotore del progetto (o
la autorità di controllo) preferisce adottare cautelativamente una lunga e onerosa procedura di
coinvolgimento della comunità. Come abbiamo già visto, nella peggiore delle ipotesi, può anche
capitare che il progetto (a volte già in fase di realizzazione) non venga portato a termine, con grave
perdita economica.
Nel secondo caso, è molto comune la sindrome NIMBY (Not In My Back Yard, “non nel mio
cortile”), ossia che la paura di uno sviluppo negativo e delle sue conseguenze influenzi
negativamente l’attitudine della popolazione nei confronti di un particolare cambiamento, anche
qualora si trattasse di una bonifica.
Riguardo alla percezione del rischio come impatto negativo, si accentua il divario di pensiero già
normalmente esistente tra tecnici e popolazione poiché, in genere, la popolazione non condivide la
stima “oggettiva” degli impatti e del rischio che i primi propongono. I motivi possono essere così
sintetizzati:
1) nell’approccio quantitativo di stima, “di solito” vengono ignorati gli aspetti non
quantificabili, quali le perdite economiche indirette, danni politici e sociali, ed effetti sulla
salute a lungo termine (cancerogeni e mutageni, eccetera), particolarmente sentiti dalla
popolazione.
2) Nel calcolo delle probabilità di accadimento di un incidente che comporta conseguenze per
l’ambiente e l’essere umano, l’uomo comune teme che possa venire esclusa un’ipotesi di
rischio non statisticamente significativa che in seguito risulti vera. Di contro, la popolazione
sarebbe invece portata ad accettare un’ipotesi (sempre non significativa) che invece può
risultare falsa. Inoltre, la significatività dei risultati dipende dalla determinazione di un
livello soglia non sempre condiviso dalla popolazione interessata.
3) Infine, l’accettabilità dei dati finali di una valutazione, presentati in forma statistica, è
comunque soggetta a percezione. Normalmente, valori probabilistici bassi, che sono tipici
dell’analisi oggettiva del rischio, sono difficilmente interpretabili dalla maggior parte delle
persone. Ne consegue che molti tendono ad accettare un incidente ad alta probabilità e basse
conseguenze, piuttosto che uno a bassa probabilità e alte conseguenze, benché entrambi,
secondo la teoria dell’utilità attesa, abbiano lo stesso costo sociale previsto. Inoltre, sono
presenti maggiori resistenze ad accettare un rischio privato anziché pubblico, a parità di
probabilità di accadimento.
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PERCEZIONE DEL RISCHIO
13.2. DA CHE COSA È INFLUENZATA LA PERCEZIONE DEL RISCHIO?
E’ ormai appurato che la percezione del rischio non ha una relazione diretta con gli effetti fisici
dell’evento negativo che lo genera[Clemente, 1994].
Negli ultimi anni, si sono quindi moltiplicate (a dismisura) le ricerche sui possibili fattori che
possono influenzare la sua l’accettabilità. Di seguito si riporta qualche cenno su alcuni di questi
studi, quelli più interessanti e comuni, facendo presente al lettore la complessità dell’argomento che
coinvolge aspetti psicologici e sociologici e che ha prodotto ipotesi a volte contrastanti. Nei
precedenti paragrafi si è visto che l’accettabilità del rischio può variare sensibilmente in rapporto
alla probabilità di accadimento dell’evento negativo. La variazione della sua percezione può essere
descritta da una funzione di correlazione, evidenziata per la prima volta da Starr nel 1969, del tipo
di Figura 15.4 [Ragusa, 1986].
Probabilità percepita
1
10-1
10-2
10-3
10-4
10-5
10-6
Probabilità reale
10-7
10-7 10-6 10-5 10-4 10-3 10-2 10-1 1
Figura 12.1. La percezione del rischio confrontata con le probabilità reali secondo Starr [Ragusa,
1986].
Da questa figura si evince che, quando gli eventi sono molto familiari, rischio oggettivo e percepito
coincidono. Quando gli avvenimenti si fanno meno frequenti, si ha una errata percezione in eccesso;
quando infine gli eventi sono estremamente rari, la percezione è in difetto[Starr e Whipple, 1980;
Slovic, 2000]. In linea di principio, secondo Starr, (in uno dei suoi più famosi studi che è ritenuto
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PERCEZIONE DEL RISCHIO
un “classico” della materia e che ha posto la famosa domanda: “How safe is safe enough”, 1969),
propone queste interessanti motivazioni:
- inconsciamente l’uomo raffronta di continuo la percentuale di mortalità naturale con quella di
rischio relativa ad una attività pericolosa, e la rifiuta se la seconda è maggiore;
- l’accettabilità del rischio dipende in modo inversamente proporzionale dal numero di persone
che partecipano all’attività rischiosa;
- l’accettabilità del rischio è proporzionale al cubo del beneficio reale o supposto;
- i rischi involontari sono accettati mille volte meno dei rischi volontari.
In particolare, i rischi possono apparire ingigantiti, e di conseguenza difficilmente accettati, nel
caso in cui si presentano, o concorrono, queste condizioni [Conrad, 1980]:
- l’esposizione al rischio non è necessaria poiché l’attività rischiosa ha delle alternative;
- la probabilità di accadimento degli eventi negativi, così come l’entità delle conseguenze, non è
determinabile con precisione;
- le conseguenze di questi eventi sono irreversibili o possono manifestarsi in un secondo tempo, o
essere catastrofiche;
Ma, l’ “accettazione del rischio” dipende anche dalla localizzazione geografica della fonte di
pericolo rispetto al recettore. E’ noto infatti che la popolazione residente nei pressi di una fonte di
rischio, può accettarne più volentieri i pericoli rispetto a quelli che ne sono lontani, per tre ovvi
motivi: primo, in certe condizioni può subentrare una “assuefazione al rischio”; secondo, molte
delle persone che vivono nei pressi di una attività pericolosa accettano volontariamente questi rischi
in cambio dei vantaggi diretti o indiretti che ne derivano, soprattutto di tipo occupazionale; terzo,
essi hanno una conoscenza diretta del rischio, più vicina a quella degli analisti, e non largamente
influenzata da mass media. In ciò, le caratteristiche intrinseche della persona, in particolare il livello
culturale e la posizione sociale, può giocare anche un ruolo fondamentale: è infatti noto che gli
uomini sono meno preoccupati dei pericoli rispetto alle donne [Slovic, 2000] e che una persona di
madio-alto livello culturale è più sensibile a certi tipi di problematiche. Meno noto è il fatto che le
persone che hanno una visione sociale e politica di tipo egualitario sembrano essere portate a
percepire più intensamente e un numero più elevato di rischi, rispetto a chi preferisce un ordine
sociale di tipo gerarchico [Slovic, 2000]. Tutto ciò determina anche una notevole differenza di
accettazione del rischio a seconda della nazione considerata.
In realtà, l’informazione sui rischi è un elemento che può facilitare l’accettabilità di questi, ma
non stravolgerla: informazioni aggiuntive (anche dettagliate) sul rischio non mutano la sua
percezione iniziale da parte della popolazione interessata. Infatti, è stato infatti rilevato che spesso
l’atteggiamento di una persona avversa al rischio è da mettere in relazione con la sua proiezione di
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PERCEZIONE DEL RISCHIO
valori positivi/negativi sull’oggetto da valutare. Ne consegue che individui con atteggiamenti
opposti mostrano di attribuire diversa importanza ai vari aspetti della fonte di rischio e di dissentire
non solo sulla probabilità di accadimento delle varie conseguenze, ma anche sulla loro rilevanza.
Il peso assegnato all’evidenza della loro convinzione è in larga misura consistente con le
impressioni iniziali e le altre convinzioni già presenti nei soggetti. L’idea iniziale negativa
(l’opinione originaria), che è difficilmente sradicabile dall’opinione pubblica, è di solito
determinata da un evento che ha colpito fortemente l’immaginazione per le sensazioni suscitate;
questo avvenimento è richiamato alla memoria con maggior frequenza di altri avvenimenti più
consueti e si risolve in un aumento della stima della sua probabilità di accadimento [Ragusa, 1986;
Sustain, 2002]. Questo evento viene “stigmatizzato” ed assume un forte significato di “repulsione”.
Alcuni studiosi si riferiscono ad esso con il termine di “fattore stigma” [Slovic, 2000]; altri invece
lo mettono in relazione ai “saliences” (stimoli salienti). Questi stimoli salienti sembrano avere
un’influenza sproporzionata sull’atteggiamento di giudizio delle persone (soprattutto quelle non
esperte), in quanto sarebbero una naturale reazione fisiologica e comportamentale delle persone,
sottoposte ad un numero eccessivo di sollecitazioni, per ridurre la complessità dell’ambiente
durante il processo di percezione [Jazwinski, 1999].
Benché le “immagini stigmatizzate” siano create direttamente dall’esperienza (come per esempio
i cattivi odori, le malattie, ecc.), il maggior contributo alla “stigma” è dato dai mass media,
attraverso un processo di amplificazione sociale [Slovic, 2000].
Riassumendo, la percezione del rischio può dipendere sia dalle caratteristiche dell’incidente
(Tabella 15.3) sia dalle caratteristiche dell’individuo specifico:
• età;
• sesso;
• grado di cultura;
• contesto sociale, economico e politico;
• interessi;
• grado di conoscenza del problema.
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PERCEZIONE DEL RISCHIO
Tabella 13.3. Dicotomia di caratteristiche dell’evento dannoso che influenzano la percezione del
rischio [modificato da Kletz, 1996].
MENO RISCHIOSO
PIÙ RISCHIOSO
Volontario
Non volontario
Familiare
Non familiare
Controllo personale sulla variabilità del rischio
nessun controllo personale sulla variabilità del rischio
Probabile
Non probabile
Cause del possibile incidente ben identificate
Cause del possibile incidente non ben identificate
Cause dell’ incidente ben descrivibili da leggi fisiche
Cause dell’ incidente non descrivibili da leggi fisiche
Scarsa memorizzazione degli eventi
Memorizzazione degli eventi
Non terribile
Terribile
Cronico
Acuto
Diffuso temporalmente e spazialmente
Localizzato spazialmente e temporalmente
Confinato distante
Confinato vicino
Non fatale
Fatale
Immediato
Ritardato
Naturale
Artificiale
Possibilità di individuare possibili mitigazioni
Impossibilità di individuare possibili mitigazioni
Avvertibile
Non avvertibile
13.3. POSSIBILI “SOLUZIONI”
Alcune possibili “strategie” per affrontare in modo corretto il problema si basano essenzialmente
sull’idea di conciliare (per quanto possibile) stime esperte e consenso generale in un unico risultato.
Ciò può avvenire attraverso tecniche del tipo:
1) Coinvolgimento di un numero elevato di esperti, la cui opinione viene “ponderata” a seconda
della loro diversa competenza (si veda il già menzionato approccio proposto da Karlsson and
Haimes).
2) Coinvolgimento e “negoziazione” tra esperti e profani.
3) La “trasparenza” della procedura, al fine di incentivare la fiducia della popolazione inesperta e
non direttamente coinvolta.
4) L’introduzione di un numero elevato di “intangibilità”, ossia indicatori non quantificabili con
unità di misura tradizionali, nella procedura di valutazione del dato tecnico, al fine di ottenere un
quadro più vasto del concetto di rischio.
Si fa comunque notare che i primi tre approcci si riferiscono ad una valutazione dei dati della
stima del rischio, ossia cercano di ricomporre una pluralità di giudizi su uno o più stime
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PERCEZIONE DEL RISCHIO
precedentemente effettuate (la fase della “valutazione della accettabilità”). L’ultima invece prevede
che già in fase di raccolta informazioni e stima (la fase della “identificazione del rischio e la sua
natura”) sia presa in considerazione una pluralità di fattori quanto più vasta possibile [Luria, 2002].
In ultimo, è doveroso citare anche la “scuola di pensiero” che considera rischio percepito e
oggettivo come due aspetti della stessa stima. Il vero problema sarebbe la determinazione precisa
della gravità delle conseguenze del danno (il pericolo), piuttosto che una corretta comprensione del
meccanismo di percezione del rischio. Una errata stima dei danni sarebbe infatti alla base del
disaccordo tra rischio oggettivo e percepito, in quanto, nella prassi corrente, i principali indicatori
del rischio reale sono le conseguenze materiali (letalità e sub-letalità) dell’evento, mentre la
valutazione soggettiva si fonda su ipotesi non certe delle stesse conseguenze. Solo in ambito di
incertezza debole, ossia quando ci si può basare su una precisa e affidabile distribuzione di
probabilità additiva, avrebbe senso applicare metodologie “oggettive” per la stima del rischio. Ma
anche in questo caso, e soprattutto quando la valutazione implica sia la pubblica amministrazione
che la collettività, il problema è quello di giungere ad un accordo sulla soglia di accettabilità delle
conseguenze di un eventuale impatto, che riscuota il consenso pubblico.
13.4. ACCETTABILITÀ DEL RISCHIO
Il livello di rischio accettabile è il costo (economico/altro) che si è disposti a sostenere a fronte di
alcuni eventi indesiderati, e questo è funzione:
- del danno probabile;
- dei vantaggi direttamente conseguibili;
e convenzionalmente si esplica con “soglie di accettabilità” (del danno e/o della probabilità di
accadimento)
Secondo Shreder-Frechette [Shrader-Frechette, 1993], una valutazione corretta della accettabilità
generale del rischio può avvenire attraverso quattro principali metodi: l’analisi “rischio-costobeneficio”, le preferenze rivelate, le preferenze espresse, e gli standard naturali. Il primo si basa
sulla analisi costi/benefici corretta con un termine negativo che rappresenta il rischio. Il secondo, si
basa sull’idea che, in una valutazione di una attività reale o di progetto, gli attributi, positivi o
negativi, che vengono “riconosciuti” e giudicati dalla singola persona sono generalmente molto
limitati in numero. Il problema è riconoscere questi attributi poiché che non tutti gli aspetti sono
importanti per la determinazione del rischio percepito, e, al contempo, non è possibile basare la
valutazione del rischio su uno solo di questi. Un modo pratico e semplice per determinare la loro
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PERCEZIONE DEL RISCHIO
rilevanza è quello di chiedere ai soggetti coinvolti (tramite questionari o simili strumenti) di
esprimere la loro convinzione su alcuni argomenti campione, inclusi quelli in oggetto. Le
preferenze mostrate dalle persone, dette appunto “preferenze rivelate”, se adeguatamente misurate e
standardizzate, possono essere usate dall’analista nella procedura di valutazione come degli
indicatori soggettivi. Va comunque considerato che anche il modo di rilevare le preferenze ha la sua
importanza.
Il terzo si basa sulla accettabilità dei livelli di rischio già pubblicamente accettati e adottati in
passato. L’ultimo si basa su indici geologici, biologici, eccetera, tratti da casi studio e letteratura
scientifica. Generalmente ci si riferisce a valori di riferimento internazionali. Da quasi vent’anni
ormai, varie Istituzioni internazionali (OECD, Banca Mondiale, CEFIC, CONCAWE, ecc.) hanno
introdotto il concetto di rischio come combinazione di probabilità ed entità del possibile danno,
definendo così una soglia di rischio accettabile. Queste soglie sono in genere riferite al rischio
individuale o al rischio sociale e sono basate sul concetto ALARP, “As Low As Reasonably
Practicable” (o achievable negli Stati Uniti), che correla la soglia di tollerabilità del rischio alla
miglior tecnologia ragionevolmente disponibile.
Nel caso di terreni contaminati si distinguono in particolare il rischio letale causato da sostanze
cancerogene e il rischio subletale dato da sostanze non cancerogene.
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