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Un anno abbiamo cucinato settemila tortel

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Un anno abbiamo cucinato settemila tortel
Un anno abbiamo cucinato settemila tortelli per San Giovanni. Ce li hanno rubati due
settimane prima della data fatidica. Be’, li
abbiamo rifatti tutti.
Era così, al Buco Magico: ci si rimboccava
le maniche e si faceva quello che c’era da
fare. Ora non c’è ricambio generazionale, soprattutto di donne in cucina. Noi ci diciamo:
«Piuttosto che niente facciamo noi», però
ogni tanto siamo costrette ad appoggiarci
al bar, che è gestito da un privato, e così
non riusciamo sempre a raccogliere fondi
da reinvestire. C’è meno spirito di collaborazione, meno desiderio di impegnarsi nel
sociale. Noi veterane anni fa organizzavamo anche delle sfilate, ne abbiamo fatta
una memorabile, nel 1992, di abiti da sposa
14 100FACCE 100STORIE
dagli anni Trenta al Duemila: cento abiti per
cento ragazze. Le parrucchiere sono venute
gratuitamente, e gli abiti erano i nostri, quelli delle nostre zie, delle nostre nonne, delle
nostre mamme.
Oggi è tutto più difficile, per chi come me ha
visto come potevano funzionare le cose: facevamo la cena d’autunno con i funghi perché eravamo partiti alle cinque del mattino
per andare a raccoglierli, adesso bisogna
pagarli. Diventa difficile persino organizzare
la cena per gli anziani, che era un rito annuale. Nonostante tutto io continuo a crederci: d’estate faccio i turni per cucinare lo
gnocco, e non ho perso nemmeno per un
attimo il desiderio di stare con la gente e di
darmi da fare per gli altri.
”
Miria Notari
61 anni,
socia del
Buco Magico
IL RACCONTO DEI CENTRI SOCIALI DI REGGIO EMILIA 15
Afro Guidotti
90 anni,
socio del
Catomes Tot
16 100FACCE 100STORIE
“
Sono nato nel ’18, non vorrei sottilizzare ma
stava finendo la prima guerra mondiale. Ho
attraversato tutto un altro mondo. Mio padre mi ha mandato a scuola, e nel frattempo correvo in bicicletta. Ero bravo nell’una
e nell’altra cosa, correvo da dilettante con
Coppi e Bartali.
Poi ho piantato lì la scuola e la bici, e non
sono diventato né dottore né corridore: è
venuta la guerra e mi sono fatto cinque anni
di militare a Roma al Ministero dell’Aeronautica. A un certo punto mi hanno trasferito a
Reggio Emilia, per l’aeroporto, l’8 settembre
siamo scappati. I bombardieri chi se li scorda? Finita la seconda guerra mondiale sono
entrato nell’Intendenza di Finanza, anni e
anni a far di conto. A quei tempi a Reggio ho
visto cose incredibili: il sindaco e il vescovo
che si sfidavano a colpi di comizi ma, uno
accanto all’altro con le gambe sotto il tavolo, andavano d’accordissimo e si passavano
anche il sale.
A sessantaquattro anni sono andato in pensione. Facevo da autista a mia moglie e andavo in bicicletta. Un giorno, per caso, sono
passato al Catomes Tot, che adesso è la mia
seconda casa da dieci anni. Se non ci fosse
il circolo non saprei dove andare, non avrei
punti di riferimento. Ero abituato a essere
sempre impegnato e a correre con centinaia
di persone: cosa farei se non ci fosse un posto dove stare in compagnia e comunicare?
IL RACCONTO DEI CENTRI SOCIALI DI REGGIO EMILIA 17
Sono stato partigiano: ero nella Centoquarantaquattresima Brigata Garibaldi, col nome
di Bergonz. Tante sono le cose che potrei
raccontare ma ne ricordo in particolare una:
quando abbiamo preso Montecchio e avevamo i tedeschi da una parte, a Montechiarugolo, e i fascisti dall’altra, a Cavriago. Quella volta lì l’abbiamo proprio rischiata grossa.
Oggi sono in pensione, dedico la maggior
parte del mio tempo all’Anpi. Il mio impegno
è andare nelle scuole a parlare con i ragazzi
della guerra di Liberazione.
Frequento anche il Rosta Nuova ma, viste
le mie ottantatré primavere, non sono impegnato come volontario. È un bell’ambiente,
mi trovo bene, conosco quasi tutti e mi tengono anche in considerazione, un po’ per
l’anzianità e la simpatia e un po’ anche perché sono stato partigiano.
18 100FACCE 100STORIE
”
Renato Vacondio
83 anni,
socio del
Rosta Nuova
IL RACCONTO DEI CENTRI SOCIALI DI REGGIO EMILIA 19
Il Biasola è come una grande famiglia: facciamo quasi tutto noi soci, come volontari,
con mezzi nostri, perché ci crediamo. Crediamo nell’importanza di costruire qualcosa
con le nostre mani e del metterlo poi in comune, crediamo nella collaborazione.
Io mi occupo della manutenzione, ho sistemato i pavimenti della casetta di legno
esterna e ho fatto parte della squadra che
ha tirato su il gazebo nel parco. D’estate
20 100FACCE 100STORIE
organizziamo delle feste, che vanno avanti
per quindici giorni in agosto, e io mi occupo
della griglia. Sono il fochista, in due parole.
Penso che sia fondamentale avere a disposizione uno spazio condiviso con altra
gente, dove passare del tempo e nutrire le
amicizie. Per questo ce ne prendiamo cura
con tanta attenzione e sollecitudine. Siamo
soddisfatti quando le cose alle quali teniamo vengono bene.
”
Ivan Ilari
61 anni,
socio del
Biasola
IL RACCONTO DEI CENTRI SOCIALI DI REGGIO EMILIA 21
Giovannina Bizzarri
detta “Rosa”
72 anni,
socia del
Catomes Tot
22 100FACCE 100STORIE
“
Da quando sono in pensione vado spesso
al centro sociale. Le carte non mi piacciono,
così faccio i turni al bar o delle pulizie. Muovermi, stare in mezzo alla gente mi dà vita.
Lì conosco tutti, mi sento accolta e accettata, mi vogliono tutti bene. Sentiamo un po’
la mancanza di nuovi volontari, siamo solo
in quattro, ma finché possiamo ci prendiamo cura noi del circolo. Mi piace veramente.
L’ambiente è bellissimo, ne sono innamorata. D’estate è stupendo, quando si può stare
fuori all’ombra degli alberi.
IL RACCONTO DEI CENTRI SOCIALI DI REGGIO EMILIA 23
Sono socio del Buco Magico dall’85, mi ci
sono divertito moltissimo. Ho organizzato le
bocce, i giochi senza frontiere per le donne
– una veniva da Bologna! – diversi spettacoli teatrali con la compagnia “I + Tost… che
gnint”. Nel ’97 abbiamo fatto Lo zio d’America, tutta in dialetto. All’inizio era un gioco,
poi, dato che sapevamo far ridere, è diventata una cosa più seria. Abbiamo cominciato a
ricevere inviti in diversi posti, partivamo con
un furgone dove era caricata persino la scenografia: mobili che venivano dalle nostre
case, costumi cuciti dalle nostre donne. Ora
faccio parte della compagnia di Guidetti.
Erano anni bellissimi: c’era da lavorare tanto
ma avevamo costituito un gruppo che sapeva trovare l’accordo anche quando le opinioni erano divergenti. Ora è diverso, quel gruppo si è sfaldato, ognuno tende a pensare un
po’ di più a sé, ma forse sono i tempi che lo
richiedono.
24 100FACCE 100STORIE
”
Gianfranco Govi
68 anni,
socio del
Buco Magico,
ex consigliere
IL RACCONTO DEI CENTRI SOCIALI DI REGGIO EMILIA 25
Giacinto Maseroli
59 anni,
presidente del
Centro Insieme
26 100FACCE 100STORIE
“
Se uno non trova qualcosa da fare che gli piace al Centro Insieme, tanto vale che se ne stia
a casa sua a guardare dalla finestra. Balliamo,
giochiamo a tombola, a carte e a calcio, seguiamo le lezioni di storia dell’Università della
Terza età, facciamo feste, cene, serate danzanti. Abbiamo gruppi di motociclisti, di cicloturisti,
di pescatori, di podisti, persino gli Amici degli
anni Sessanta. Aiutiamo il Telefono Azzurro, che
ha presso di noi l’unica sede dell’Emilia occidentale, e la Croce Verde, che voleva avere
una postazione fissa in zona e ora ha quella e cinque o sei volontari in più. Andiamo a
fare feste e suonare nelle case di riposo. L’Ah
Bèin bar è gestito da Antonio Guidetti, l’attore, che ha dato nuova linfa alle nostre attività
culturali. In tutto si parla di duemila persone. Il
Centro, che non è un centro sociale, anche se
le attività più o meno si assomigliano, è nato
dalle menti illuminate dell’ex assessore Nedo
Borciani e del professor Luigi Geri, che hanno
fondato una cooperativa di diciannove soci sul
modello delle prime del Novecento, alla quale
il Comune ha dato in gestione la struttura nella
quale siamo attualmente. Lavoriamo per il tempo libero, e abbiamo tanto di bilancio. L’idea
di avere anche un locale pubblico di questo
genere, l’Ah Bèin bar, è stupenda: tutti possono
entrare senza dover fare nessuna tessera. Per
statuto mentale ci siamo imposti di non stare lì
dentro solo per pagare le spese ordinarie della
sede, che peraltro costa cara, ma di favorire
la socializzazione e di aiutare i bisognosi. Dire:
«Ti auguro tanta salute» non sposta una foglia,
aiutare concretamente forse sì. Non possiamo certo fare il ponte di Calatrava, ma quello
che ci è consentito lo doniamo: all’ospedale,
al parroco che raccoglie gli ultimi per strada,
alla casa Madonna dell’Uliveto di Montericco,
al Ceis, all’Associazione Celebrolesi, al Telefono
Azzurro, ecc. ecc. Se non ci fosse questo scopo,
così come quello della socializzazione, che ci
fa tenere in piedi alcune attività importanti per
le persone che partecipano anche se sono in
perdita, allora andrei in un bar normale e dedicherei la giornata alle mie passioni e non a fare
il presidente da undici anni. Invece ci credo.
Anzi crediamo, io e tutti i consiglieri e i sessanta volontari, in una società migliore, che parta
dal basso, crediamo nell’importanza di fare ciò
che possiamo per contribuire a renderla concreta. Sono cose che arricchiscono, queste: lo
stare insieme, il conoscere gente, lo scoprirsi
amici. Qualcuno che ti aiuta lo trovi sempre,
alla fine, perché le persone vedono quello che
facciamo e sono contenti di aiutarci.
IL RACCONTO DEI CENTRI SOCIALI DI REGGIO EMILIA 27
Sono cresciuta con il volontariato nel sangue. Trovo importante il punto dello Statuto
dei centri sociali nel quale si dice che gli anziani devono cercare di trasmettere i valori
ai giovani. Per questo mi do da fare sia nell’ambito del progetto “Educare ai sentimenti
contro la violenza sulle donne, la prostituzione e l’intolleranza”, sia per sostenere l’associazione Alice, che fa informazione e prevenzione sul tema dell’ictus cerebrale.
Il progetto “Educare ai sentimenti”, gestito in
collaborazione con diverse istituzioni, con il
circolo Arci Pigal, con i centri sociali di Santa Croce nella circoscrizione 7, e con vari
esperti di sessuologia, psicologia, sociologia e teatro artistico, è rivolto proprio agli
studenti della scuola media superiore.
28 100FACCE 100STORIE
Vogliamo offrire ai giovani un’occasione per
parlare di temi sui quali generalmente in famiglia si comunica poco, come la prostituzione, la violenza, l’intolleranza e il bullismo.
Interviene anche Rabbunì con don Daniele,
il parroco di Pratofontana, che da anni concretamente porta avanti la lotta alla prostituzione e cerca di aiutare le ragazze in difficoltà.
Prima del progetto (nato dieci anni fa) frequentavo meno sia il Tricolore che gli Orti di
Montenero, i circoli di cui sono socia, adesso invece vado spessissimo, per mantenere
viva la sinergia che si è creata tra associazioni che si occupano tutte di volontariato
e del sociale, anche se ognuna si muove in
modo differente.
”
Rosa Galeazzi
70 anni,
socia del
Tricolore
e degli Orti
di Montenero
IL RACCONTO DEI CENTRI SOCIALI DI REGGIO EMILIA 29
Emilio Davoli
75 anni,
vicepresidente
e fondatore
di Alice
30 100FACCE 100STORIE
“
Abbiamo fondato la sezione emiliana di Alice, l’Associazione Lotta all’Ictus Cerebrale,
senza mezzi e senza spazi, ma con moltissime idee e soprattutto con moltissima speranza. Era il 1998, ci trovavamo a casa dei
consiglieri, la sera, per pensare a cosa poter
fare e a come diffondere le informazioni che
riteniamo fondamentali perché il maggior
numero possibile di persone riesca a evitare
questa malattia.
Siamo approdati al Tricolore dopo poco, a un
solo anno dalla fondazione: ci hanno offerto
uno spazio dove riunirci e siamo ancora lì,
dopo la bellezza di dieci anni. Nel frattempo Alice è cresciuta, continua la mia attività
di volontariato Avo non più in Neurologia, da
dove ebbe inizio la fondazione di Alice, ma
nelle medicine del Santa Maria, e sono il vicepresidente dell’associazione.
Oggi seguiamo molte iniziative: due volte
l’anno, in maggio e novembre, diamo la possibilità di farsi visitare gratuitamente e di fare
gli esami necessari, sovvenzioniamo parzialmente una palestra per la riabilitazione post
ictus, organizziamo concerti e spettacoli per
raccogliere fondi da reinvestire in materiale
informativo, come un notiziario che inviamo
agli iscritti, o altro materiale specifico (per
il decimo compleanno di Alice devolveremo
una parte di quanto raccolto dalle manifestazioni sopracitate al nostro ospedale, per
l’acquisto di strumentazioni mediche), e ogni
mercoledì, dal 1999, teniamo aperto al Tricolore un ambulatorio neurologico, anch’esso
gratuito, prima col dottor Terenziani e poi
con la dottoressa Antonia Nuciera.
Si può dire che sia iniziata qua, al Tricolore. E
si può anche dire che in pochi casi la parola
“sociale” abbia mai avuto tanta pregnanza di
significato.
IL RACCONTO DEI CENTRI SOCIALI DI REGGIO EMILIA 31
Sono socia del Tricolore dal 2005, da quando sono presidente per l’Emilia Romagna
dell’associazione Alice. Il Tricolore ci ha concesso uno spazio dove poter allestire un
ambulatorio, e ogni mercoledì sono lì a fare
informazione e controlli. Sono dottoressa
di Neurologia, con una specializzazione in
ischemie cerebrali e una sfrenata passione
per la prevenzione.
Se non si conoscono i sintomi dell’ictus cerebrale è molto più difficile capire cosa sta
accadendo, e reagire in tempo per evitare
le conseguenze peggiori. Bisogna sapere
che non colpisce solo gli anziani ma anche
i giovani, bisogna sapere i fattori di rischio e
tenerli monitorati, bisogna sapere che fino
a pochi anni fa non c’erano terapie, mentre
ora esiste un farmaco che, se somministrato
entro tre ore dall’insorgere dei sintomi, dissolve il trombo.
Per questo vogliamo essere presenti sul territorio: per fare informazione, per fare prevenzione (attraverso giornate sul campo,
controlli gratis e comunicazione con la gente) e per offrire un sostegno ai pazienti che,
finita la riabilitazione in ospedale, tornano a
32 100FACCE 100STORIE
casa. Perché l’ictus non impegna solo dal
punto di vista economico, ma ha anche costi
sociali: la famiglia si trova con una persona
in casa da accudire, magari giovane e magari depressa, che soffre la solitudine.
Raccogliamo fondi attraverso concerti e
spettacoli per finanziare la palestra Airone,
insieme ad altre istituzioni, che si occupa
di riabilitazione post-ictus, e per mantenere
vivo il nostro sito (www.alice-re.it), dal quale
io rispondo per quanto riguarda dubbi medici e altri esperti per quanto riguarda dubbi
burocratici.
Abbiamo partecipato a Casa e Tavola, insieme a Confcommercio e all’Unione Panificatori, e con i proventi ricavati dalla vendita
dei prodotti fornari fatta dai nostri volontari
siamo riusciti ad avere i soldi necessari per
una borsa di studio destinata a una logoterapista.
Dato che Alice è una onlus, siamo grati al Tricolore per sostenere con tanta disponibilità
la nostra associazione e per consentirci di
utilizzare i fondi per le iniziative che riteniamo davvero utili.
”
Antonia Nuciera
41 anni,
socia del
Tricolore
IL RACCONTO DEI CENTRI SOCIALI DI REGGIO EMILIA 33
Paolo Zambonelli
42 anni,
presidente del
Quaresimo
34 100FACCE 100STORIE
“
Faccio il presidente del Quaresimo e il volontario a Ottavo giorno, un’associazione che
si occupa del tempo libero dei disabili adulti,
con la stessa mentalità: ci sono se c’è bisogno per la collettività e ci sono per stare
insieme alla gente.
Non si può essere volontari “obbligati”, non
credo: bisogna riuscire a stare bene e a divertirsi. Io ci riesco, tant’è che i ragazzi di Ot-
tavo giorno dopo tanti anni sono più amici
che altro, e uno è addirittura nel mio gruppo
dello gnocco al circolo.
Una cosa mi dispiace: le ore e le energie
sono quelle che sono, e dentro bisogna farci
stare la moglie, i genitori, il lavoro, il sonno…
un sacco di cose. Sento che nel volontariato
sto dando meno di quello che vorrei, ma ce
la metto tutta.
IL RACCONTO DEI CENTRI SOCIALI DI REGGIO EMILIA 35
I giovani del Primavera vivono fuori dalla porta, sotto il portichetto.
Un paio di quarantenni sono i ragazzini di un
circolo gestito da sessantenni. Ma io mi chiedo: cosa vogliono questi ragazzi? Mi sforzo di
andar loro incontro, ma la forbice generazionale è troppo grande, non capisco, per me
restano un enigma.
Quando cerchiamo di coinvolgerli nella gestione del circolo fanno delle gran sparate,
ma poi non collaborano alla realizzazione
delle loro idee. È come se si aspettassero
di trovare tutto pronto, cucinato e servito. Ma
loro sono il circolo tanto quanto noi anziani.
Non mi corrisponde, questo modo di fare: il
centro sociale ce lo siamo costruito e guadagnato, ci aspettiamo un atteggiamento propositivo, più coinvolto.
36 100FACCE 100STORIE
Con gli anziani riusciamo a mettere insieme
delle attività – che so, delle feste, la tombola… – con i giovani no, il che è tragico se
si pensa che un centro sociale va mandato
avanti anche dal punto di vista economico.
Se una festa richiede molte energie e parte
dei fondi e non incassa niente, ma ha uno
scopo sociale, va bene lo stesso. Non voglio
dire che il circolo è un’azienda, per carità, ma
che un contributo di idee e di collaborazione
aiuterebbe e sarebbe solo gradito.
L’ordinaria amministrazione riusciamo a mandarla avanti, quello che ci manca sono le novità, il brio di persone che investono energie
nuove nel circolo. Noi l’abbiamo costruito,
adesso chi se lo prende?
”
Giorgio Corradini
64 anni,
consigliere ed
economo del
Primavera
IL RACCONTO DEI CENTRI SOCIALI DI REGGIO EMILIA 37
Fabio Catellani
25 anni,
presidente del
Pratofontana
38 100FACCE 100STORIE
“
Ho sempre lavorato nel sociale e servito alla
Festa dell’Unità, perché nella mia famiglia
era così. Cinque anni fa si è posto un problema a Pratofontana, perché nessuno voleva prendere in mano il centro sociale. Mi
dispiaceva: la struttura era nuova e bella e
le alternative erano due: restituire le chiavi al
Comune o appaltarlo a qualche privato. Così
mi sono fatto avanti e ho costruito un gruppo
di lavoro giovane: presidente, vicepresidente, cassiere e segretaria sono tutti al di sotto
dei trentacinque anni. Gli anziani collaborano
volentieri a tutto, che si tratti del progetto di
cooperazione con la Bosnia Erzegovina, dove
andiamo a portare aiuti una volta al mese
per un orfanotrofio a Tuzla; o che si tratti del
doposcuola, iniziativa che coinvolge tutti gli
attori sociali della zona, dalla sezione dei Ds
al circolo Arci al gruppo di lavoro parrocchiale. Ci siamo uniti per creare un’occasione di
ritrovo ai ragazzi, perché mancava un luogo
per loro.
Certo, bisogna saper appianare le proprie
differenze e accettarsi come si è, bianchi o
rossi, vecchi o giovani. E, per me, è anche un
eterno compromesso con il lavoro e con gli
amici, ma è un’esperienza soddisfacente, e
tanto mi basta.
IL RACCONTO DEI CENTRI SOCIALI DI REGGIO EMILIA 39
A Codemondo non c’è mai stato granché, a
parte i campi, che ci sono ancora oggi, per
fortuna. Il luogo per ritrovarsi era uno solo:
il bar della cooperativa. Quando ha chiuso,
tutta la cittadinanza ha pensato di costruire
un centro sociale. Noi cinque abbiamo deciso di collaborare a trovare i soldi per la ristrutturazione dello stabile: volevamo contribuire anche noi alla creazione di uno spazio
per riunirci, per passare del tempo insieme.
È stato naturale: siamo amiche da sempre,
e ci siamo messe a fare una cosa che facevamo da decenni, lo gnocco.
Stavamo in un piccolo capannone in via Pigoni a cucinare in una padella di rame della
Clara. Non avevamo messo nessun cartello – non ci avevamo pensato – ma la gente arrivava lo stesso: seguivano il profumo.
Un pezzo di gnocco costava 25 lire, quattro
pezzi per 100 lire. La gente pagava, e anche
noi compravamo qualche pezzo, per dare
più soldi. Abbiamo cominciato così, e piano piano siamo riuscite a organizzare anche
alcune feste. In breve ci siamo ritrovate con
ottanta-novanta persone tutte le domeniche.
Si pranzava in sezione, dato che non c’era-
Lia Castioni
83 anni,
socia del
Quaresimo
Ilde Strozzi
82 anni,
socia del
Quaresimo
40 100FACCE 100STORIE
no altri spazi a disposizione, e per renderla
più accogliente coglievamo fiori da mettere
sulla tavola.
I nostri mariti hanno ristrutturato il Quaresimo
che si vede oggi, con le loro mani e l’aiuto
dei muratori, per le cose grosse. Ci dispiace
che oggi non ci sia più questo tipo di entusiamo, questo desiderio di collaborare. Evidentemente non siamo riusciti a insegnarlo
ai nostri figli. I giovani non fanno niente per
niente. È un peccato: i nostri mariti dedicavano le ferie alla Festa dell’Unità, e facevano
le notti per tirare su i muri del centro.
Clara Fregni
78 anni,
socia del
Quaresimo
Maria Nizzoli
76 anni,
socia del
Quaresimo
”
Emilia Beggi
76 anni,
socia del
Quaresimo
IL RACCONTO DEI CENTRI SOCIALI DI REGGIO EMILIA 41
L’Orologio nasce negli anni Settanta, in coincidenza con il cambiamento del ruolo dei
bar che, se prima erano soprattutto luoghi di
ritrovo per giovani e anziani, con spazi destinati al gioco delle carte o al biliardino, si trasformano in punti di passaggio e restringono
gli spazi destinati alla socialità.
I partiti al tempo avevano altre priorità, erano
distratti sul sociale. Io mi presto da sempre
alla politica, ma credo che ci siano occasioni
in cui debba fare un passo indietro, per privilegiare le esigenze dei singoli cittadini. Ecco
perché quando, nel ’78, decisero di abbattere
il Casino dell’Orologio, che era abbandonato
da anni, per costruire delle palazzine, tutti insieme, bianchi e rossi, lo occupammo. Io al
tempo ero presidente della circoscrizione.
La motivazione che ci spinse a farlo era unicamente sociale: ci insediammo nella stalla,
lo spazio più ampio, che rimettemmo a nuovo con le nostre forze e i nostri soldi per renderla uno spazio accogliente dove potersi
trovare.
L’Orologio è stato uno dei primi centri sociali
della città, una specie di esperienza pilota,
che si reggeva in piedi grazie al volontariato
e all’autofinanziamento. Lentamente, siamo
42 100FACCE 100STORIE
riusciti a organizzare anche attività che ci
consentissero di guadagnare qualcosa, da
reinvestire poi nell’Orologio stesso.
Nella seconda metà degli anni Ottanta cambiarono molte cose: il Comune intervenne
progettando i nuovi locali con la collaborazione della cooperativa muratori di Reggiolo,
che ci fece credito perché i soldi erano sempre troppo pochi; ci scegliemmo un nuovo
presidente, Lina Montanari, che si impegnò
subito con energia per aprire alle donne e
per valorizzare le capacità femminili.
Oggi i soci sono oltre ottocento, e ciascuno collabora attivamente. Pensiamo che un
centro come questo non debba essere solo
uno spazio ludico, ma destiniamo parte degli
introiti anche a iniziative differenti: abbiamo
donato un pullmino allo Stradello di Scandiano, abbiamo finanziato borse di studio per i
giovani del Mozambico e fondato una banca
etica per i circoli in difficoltà.
Fa ridere che siano i centri sociali e non la
politica a pensare al domani. Comunque, la
gente oggi affronta problemi nuovi, discute
di come arrivare alla fine del mese. Ci piacerebbe trovare un modo per star vicino alle
persone anche in questi frangenti.
”
Adler Landini
63 anni,
presidente onorario
dell’Orologio
IL RACCONTO DEI CENTRI SOCIALI DI REGGIO EMILIA 43
Sono vent’anni che frequento il Primavera, da
quando ero un ragazzino. Negli ultimi anni ci
passo meno tempo, perché la famiglia ha le
sue esigenze, ma partecipo alle serate più
spesso possibile e sono nel consiglio, mi
piace aiutare quando ce n’è bisogno.
Mi dispiace che si sia sfaldato il nucleo di
ragazzi sotto i quaranta, che per vari motivi
hanno abbandonato il centro. I ragazzi che
frequentano il campo sportivo ci sono, e i
giovani genitori che d’estate vengono nel
parco attrezzato con i bimbi anche. La loro è
una partecipazione occasionale, sporadica.
Sono proprio cambiate le abitudini: per me
e i miei amici a vent’anni era normale andare al circolo la sera, adesso magari si sta a
casa, non si esce.
44 100FACCE 100STORIE
”
Alessandro Iob
36 anni,
consigliere del
Primavera
IL RACCONTO DEI CENTRI SOCIALI DI REGGIO EMILIA 45
Giuseppe Gallinari
78 anni,
socio del
Venezia e del
Buco Magico
46 100FACCE 100STORIE
“
Sono impegnato in politica da sempre, per
una politica che aiuti i lavoratori e gli sfruttati. Sono stato nella Cgil, e ho sempre lavorato
come volontario al Venezia. Da quando sono
andato in pensione – ho fatto prima il contadino e poi l’operaio e l’ispettore alle vendite
alle Cantine Riunite – ho potuto dedicare il
mio tempo interamente alla solidarietà. Poche cose danno così soddisfazione.
Per otto anni, insieme all’Arci, sono riuscito
a organizzare viaggi in Italia per i bambini di
Chernobyl: li abbiamo ospitati a Reggio nelle nostre famiglie, li abbiamo portati al mare
o in montagna, li abbiamo curati nei nostri
ospedali. Erano raggianti, e anch’io lo ero.
Chi come me ha visto la desolazione dell’area colpita, chi è stato permeato da quel
senso di vuoto non può non provare gioia
nel vedere anche solo uno di quei bambini
sorridere.
La mia preferita si chiama Natasha: l’ho incontrata quando mi sono recato a Chernobyl
in occasione del decennale dell’esplosione.
Natasha era molto malata, e la sua mamma
ci ha chiesto aiuto. L’abbiamo invitata in Italia, ed è rimasta qua sei mesi, prima a Reggio e poi a Bologna, per le cure ospedaliere.
Oggi Natasha ha vent’anni, è una splendida
ragazza, per me è come una figlia.
IL RACCONTO DEI CENTRI SOCIALI DI REGGIO EMILIA 47
Il volontariato è una costante della mia vita,
come il lavoro: ho cominciato a tredici anni,
facevo il ragazzo del pasticcere, poi sono
stato alle Reggiane e infine alle Poste, per
la bellezza di quarantadue anni.
Adesso faccio soprattutto il nonno, e quando sono libero dagli impegni familiari scappo al Fogliano a giocare a carte.
Oggi sono solo socio, ma per decenni ho
fatto ben altro tipo di volontariato: sono stato nel direttivo del Dopolavoro delle Poste,
sono stato attivista del sindacato di catego-
48 100FACCE 100STORIE
ria alla Cgil per vent’anni, e poi sono andato
alla Planetario, impiegando là le mie ore libere dal lavoro.
Nel 1985, quando sono andato in pensione,
ho cominciato a collaborare con l’ufficio gite
per i soci della Coop Nord Emilia. Passavo
interi pomeriggi presso l’associazione ItaliaUrss, per organizzare viaggi in Unione Sovietica. Poi sono finito all’Etli (l’Ente turismo
lavoratori italiani) presso la Camera del Lavoro. Una vera passione, quella dei viaggi.
”
Pietro Gasparini
82 anni,
socio del
Fogliano
IL RACCONTO DEI CENTRI SOCIALI DI REGGIO EMILIA 49
Giuliano Adami
68 anni,
consigliere del
Fogliano
50 100FACCE 100STORIE
“
Non riesco a stare fermo: ho fatto per vent’anni il magazziniere in un caseificio, un lavoro
faticosissimo ma lo stipendio era buono.
Oggi faccio soprattutto il nonno, e mi occupo della manutenzione del verde di Fogliano.
Siamo in due, io e Fabiano Armini, perché tener dietro a un parco di quarantacinquemila
metri quadri non è una cosa che si possa
fare in un giorno. Fortunatamente l’Enìa ci
concede l’uso dei mezzi, quindi abbiamo a
disposizione tutto quello che serve, dal trattore al decespugliatore, dal soffiatore per le
foglie al tagliaerba.
Non mi piace tanto giocare a carte, preferisco muovermi. Con un mio amico a volte
andiamo a piedi o in bici fino al Buco Magico
e oltre, facendo lunghe chiacchierate. Prendiamo un caffè e torniamo indietro, d’estate
è una passeggiata stupenda.
Al Fogliano si sta bene: ci conosciamo tutti, la sera il centro è frequentato anche da
giovani. Con loro c’è un po’ di distacco, bisognerebbe che sia i giovani che gli anziani
smussassero un po’ gli angoli e cercassero
di andare d’accordo, ma non sempre è facile. Ci sono stati anche degli episodi un po’
spiacevoli, che hanno facilitato unicamente
le incomprensioni. Ma ora la situazione è
migliorata: il circolo si regge sul volontariato e prima o poi ci sarà bisogno di braccia
nuove e forti.
IL RACCONTO DEI CENTRI SOCIALI DI REGGIO EMILIA 51
Vado all’Orologio dal ’94, da quando sono in
pensione. Dopo decenni alla Sip ho pensato di dedicarmi al volontariato.
Assieme ad altri soci ho creato la squadra
di cicloturisti: siamo una quindicina, facciamo uscite di gruppo sulle nostre colline e
partecipiamo ai sette raduni della Resistenza. Uno è organizzato dall’Orologio col Conad Le Querce, vengono circa settecento
persone!
Mi piace passare lì il mio tempo, organizzare i turni, incastrare gli impegni di tutti.
52 100FACCE 100STORIE
Ho conosciuto molta gente e fatto amicizie,
questo non può che rendermi felice.
Il mio cruccio sono i giovani: dovrei essere
io l’addetto al coinvolgimento, ma è sempre
più difficile. Magari frequentano il centro
per un po’ di tempo, poi trovano la ragazza
da un’altra parte e spariscono. Tra l’altro non
è facile gestire il rapporto tra due generazioni piuttosto distanti: gli anziani sentono
il circolo come “roba loro” e i giovani, che
spesso non sono delicatissimi nell’esprimersi, non li aiutano.
”
Gisberto Vernizzi
65 anni,
vicepresidente
dell’Orologio
IL RACCONTO DEI CENTRI SOCIALI DI REGGIO EMILIA 53
Luca Neviani
24 anni,
socio del
Fogliano
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“
Gioco in difesa nella squadra della Caam, e
al momento siamo primi.
La squadra ha fatto un accordo col Fogliano
e faremo un campo da pallone. Noi ci mettiamo la squadra e loro metteranno il campo: questione di sinergia.
Frequento il circolo da almeno nove anni, è
un punto di riferimento di Fogliano, è lì che
mi ritrovo con gli amici, e poi negli ultimi anni
l’hanno ampliato e migliorato. Noi ragazzi in
passato avevamo un rapporto burrascoso
con gli anziani, forse anche perché noi stessi eravamo un po’ più burrascosi di ora…
Adesso va meglio: abbiamo uno spazio a
nostra disposizione, e per fortuna che c’è,
anche se ancora non c’è quella comunicazione che permetterebbe una crescita del
gruppo del centro.
IL RACCONTO DEI CENTRI SOCIALI DI REGGIO EMILIA 55
Quando prendo un impegno lo porto a termine.
Avevo servito da piccolo alla Festa dell’Unità, ma la mia prima esperienza di volontariato consapevole è stata con La Paradisa:
preparavano la fiera di Massenzatico e io
mi sono occupato sia di trovare gli sponsor, sia di organizzare il torneo di calcetto.
Alla fine abbiamo premiato tutte le squadre,
che erano composte da giovani del paese,
e ho dovuto anche arbitrare. Il centro nella
quotidianità non lo frequento molto, anche
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perché sono presissimo dal lavoro. Vado di
sicuro in occasione delle cene che facciamo nella sala al piano superiore con il Real
Massenzatico, che coinvolgono ogni volta
settanta-ottanta persone.
Quella volta mi sono divertito: è stato impegnativo, ma mi ha dato soddisfazione vedere le cose fatte. Ora mi piacerebbe occuparmi del verde insieme a qualche amico,
sistemare un po’ il parco pubblico, tenerci
dietro. Sarebbe bello fare qualcosa per il
mio paese. Vedremo.
”
Mirco Prandi
30 anni,
socio della
Paradisa
IL RACCONTO DEI CENTRI SOCIALI DI REGGIO EMILIA 57
Ivano Germini
60 anni,
vicepresidente
della bocciofila del
Tricolore
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“
Mi occupo di bocce da una vita: sono stato
un giocatore e sono tuttora negli organismi
della Federazione Italiana Bocce con funzioni arbitrali.
Otto anni fa mi sono avvicinato al Tricolore e
ho collaborato all’organizzazzione delle varie
manifestazioni sportive che allestisce la bocciofila. Poi per cinque anni me ne sono allontanato, perché ero stato eletto presidente di
un circolo Arci, ma ho sempre mantenuto i
rapporti collaborativi. Ecco perché, quando
sono tornato, sono stato scelto ed eletto
consigliere, con assunzione di responsabilità nel settore bocce. Posso definirmi uno
degli ultimi arrivati nel consiglio direttivo.
Nella mia esperienza precedente come nell’attuale ho spiacevolmente constatato che
circoli palpitanti come il Tricolore siano afflitti dalla mancanza di ricambio non solo nell’attività specifica del volontariato – perché il
lavoro è tanto e la gente disponibile sempre
meno – ma anche nel gioco delle bocce: le
nuove generazioni risultano assenti e ostili
ad avvicinarsi a questa che io ritengo una
sana attività sportiva.
La domanda del perché e la ricerca delle
motivazioni è costantemente all’ordine del
giorno, ma non si è ancora trovata risposta
precisa.
IL RACCONTO DEI CENTRI SOCIALI DI REGGIO EMILIA 59
Il primo viaggio Casablanca-Italia l’ho fatto
bambino, nel 1989, al seguito dei miei genitori. Abbiamo girato tutta la penisola, e infatti
ho molti amici sparsi per le diverse regioni. Arrivato a Reggio Emilia non conoscevo
nessuno, così mi sono iscritto al Foscato,
perché abito vicino. Non mi piace la solitudine, sentivo il bisogno di comunicare e di fare
qualcosa insieme ad altri finito il lavoro.
Sono stato accolto subito bene e mi sono
integrato nel gruppo velocemente. Bisogna
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darsi un po’ da fare perché il circolo si basa
sul volontariato, tranne il bar, che è affidato
a due ragazze, ma lo facciamo senza grossi
problemi.
Ci sono moltissimi giovani, anche diciottoventenni. Giochiamo a biliardino, alla PlayStation, stiamo al bar a chiacchierare, facciamo partite di calcetto. Quando ero più
giovane giocavo in attacco, adesso, dato
che sono lo zio dei miei compagni di squadra, mi sono ritirato in difesa.
”
Adil Amrani
32 anni,
socio del
Foscato
IL RACCONTO DEI CENTRI SOCIALI DI REGGIO EMILIA 61
Giuseppe Iori
73 anni,
consigliere
dell’Orologio
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“
Sono già otto anni che sono nel consiglio
dell’Orologio. Mi trovo bene, mi piace partecipare alle riunioni e dare del mio quando
posso. Tempo fa facevo anche il magazziniere, finché c’è forza va bene!
Quando la forza comincia a mancare, bisogna che ci sia qualcuno che prenda il tuo
posto. Adesso stanno entrando alcuni giovani al circolo, è una bella cosa. Facciamo
di tutto per inserirli e coinvolgerli, e spero
proprio che rimangano, il ricambio generazionale è importante.
IL RACCONTO DEI CENTRI SOCIALI DI REGGIO EMILIA 63
Sky ha rovinato tutto perché ti guardi la partita a casa: prima la gente la sera usciva e
andava al circolo, si stava insieme e si chiacchierava. Adesso la gente esce meno, è proprio diverso. E quindi non fanno nemmeno i
volontari. Fino a poco tempo fa al Primavera
non avevamo altro che gente che chiedeva
di collaborare, e infatti facevamo un sacco
di cose: feste, cene, serate danzanti d’estate.
Continuiamo a fare tutto anche se siamo in
meno, e ci costa un po’ più fatica. Di giovani ce ne sono pochi: i giovani vanno dove
64 100FACCE 100STORIE
sono le ragazze. Quando c’era un gruppetto
di cinque o sei ragazze, di giovani era pieno. Adesso che le ragazze non ci sono sono
scomparsi anche i maschi. La solita storia.
Ma capisco, anch’io ai miei tempi, forse,
avrei fatto la stesa cosa.
È un po’ un peccato, perché eravamo tutti
volontari quando il centro l’abbiamo voluto, inventato, restaurato e poi inaugurato. È
stato inaugurato in primavera, da lì viene il
nome. Mi piacerebbe che tutta la sua storia
non andasse perduta.
”
Luciano Bezzecchi
78 anni,
socio fondatore e
presidente del
Primavera
IL RACCONTO DEI CENTRI SOCIALI DI REGGIO EMILIA 65
Roberto Govi
37 anni,
consigliere del
Primavera
66 100FACCE 100STORIE
“
Al Primavera sono cresciuto: era ed è lì la
mia compagnia, il circolo è il punto di riferimento quando organizzo qualunque cosa
con gli amici, da almeno vent’anni.
Aiuto volentieri quando ci sono serate, cene,
feste. Ho visto che ce n’era bisogno e non mi
sono tirato indietro, e la stessa cosa ho fatto
quando c’era da entrare nel direttivo.
Data la mia esperienza, mi stupisco vedendo
che sono proprio cambiati i ritmi e lo stile di
vita, che il bar non è più il centro nevralgico
dell’organizzazione dei ragazzi.
IL RACCONTO DEI CENTRI SOCIALI DI REGGIO EMILIA 67
Eros Bu≠agni
63 anni,
vicepresidente del
Tasselli
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“
Sono socio del Tasselli da quando c’è, cioè
dall’83. L’abbiamo costruito con le nostre
mani, finché il Comune non ci ha dato una
mano e siamo riusciti ad ampliare la struttura. Incredibile a dirsi, non ho la passione
delle bocce, cosa che accomuna il novanta
per cento dei soci.
C’è addirittura gente che viene fino a Roncocesi apposta, grazie alla tessera Ancescao.
Quando non mi occupo di organizzare le riunioni, dei volantini, del servizio al bar, mi fermo a guardare gli altri giocare. È pur sempre
un modo per stare insieme.
IL RACCONTO DEI CENTRI SOCIALI DI REGGIO EMILIA 69
Sono presidente del Tasselli dal 1994, e ho
il terrore di vederlo completamente vuoto,
un giorno. Forse i tempi sono cambiati e
il modo di uscire oggi è diverso rispetto a
quello di qualche anno fa. Ne capisco poco,
io in casa dopo cena non riesco proprio a
starci, mi viene voglia di vedere gente e di
fare una mano alle carte.
La sera al circolo non ci sono più di quindici-venti persone. Giovani non se ne parla,
anche perché abbiamo avuto alcuni problemi: avevamo destinato loro una sala ma non
ci piaceva come la utilizzavamo, così ora la
situazione è in stallo.
D’estate l’affluenza e le attività aumentano,
la gente frequenta di più anche durante il
pomeriggio. Ci piacerebbe che andasse
sempre in questo modo, con i bambini delle
elementari che vengono a pranzo. I volontari
sono solo cinque, ma cerchiamo di fare in
modo che vada bene così.
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”
Enea Fratti
69 anni,
presidente del
Tasselli
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Silvio Gattamelati
76 anni,
socio del
Catomes Tot
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“
Noi vecchietti dove andiamo? Io e mia moglie ci siamo iscritti al Catomes Tot per ballare e giocare a carte. Ci andiamo dal 1990,
era il primo dell’anno. Allora la sede era alla
Caserma Zucchi.
Oggi conosco tutti, siamo come fratelli.
Mi dispiacerebbe se chiudesse, ma vedo i
soci calare sempre di più e anche i volontari:
quest’anno lo gnocco l’abbiamo fatto anche
io e mia moglie, perché c’era bisogno.
IL RACCONTO DEI CENTRI SOCIALI DI REGGIO EMILIA 73
Fogliano è come una famigliola. Il lunedì
è un giorno tristissimo, perché il circolo è
chiuso. È la mia seconda casa: un punto di
riferimento, c’è gente di ogni età, di ragazzi
è pieno.
Sembra strano a dirsi, ma con gli anziani
siamo nella stessa compagnia: d’inverno
siamo tutti chiusi dentro e capita di fare
una partita a carte insieme, o solo di stare a chiacchierare. È gente con molta più
esperienza di me, cui chiedo consiglio nel
momento del bisogno.
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”
Daniele Benevisi
19 anni,
socio del
Fogliano
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Ivaldo Montermini
68 anni,
socio fondatore del
Primavera
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“
L’uomo ha bisogno di socialità. Io di sicuro:
senza contatto con le persone, addirittura
senza discussione, non campo. Finché posso voglio esserci, comunicare. Credo che la
cosa migliore sia stare in mezzo alle persone: poco o tanto, tutti mi danno qualcosa del
quale essere grato.
Vivo in campagna da sempre. Lì c’è poco
in generale per saziare questi bisogni, ma
è andata anche peggio quando ha chiuso
il bar della cooperativa, l’unico posto dove
potevi prendere un caffè e fermarti a fare
due chiacchiere con gli amici senza essere buttato fuori di corsa per lasciar posto al
prossimo che si deve avvicinare al bancone.
Questa fretta non la condivido, non mi piace.
Il Primavera l’abbiamo proprio voluto.
IL RACCONTO DEI CENTRI SOCIALI DI REGGIO EMILIA 77
Negli anni Settanta a Buco della Signora
c’era un solo bar, dove peraltro gli anziani
erano malvisti, perché consumavano poco.
Un gruppo se ne andò a giocare a briscola
sotto il portico del nucleo centrale attorno al
quale sorse poi il Buco Magico, e così venne
l’idea: il demolitore che occupava la casa se
ne era andato, e dalla sezione del Pci partì
l’input a fondare lì un centro sociale. Subito
raccogliemmo dei fondi con una sottoscrizione, per autofinanziarci, poi entrò il Comune,
che diede un contributo per sistemare il verde attorno e farci un bel parco, che oggi c’è
e che mettemmo a posto noi volontari con
della terra da riporto. Al tempo lavoravamo
tutti, io facevo l’idraulico, ma spendevamo il
nostro tempo libero per fare qualcosa che
potesse servire a tutti. Ci sembrava un bene
collaborare alla nascita di un luogo che sarebbe appartenuto alla cittadinanza. È stato
un periodo stupendo della mia vita. Allora
era sindaco Benassi, che ci aiutò insieme all’ingegner Venturi dell’Ufficio tecnico.
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Ci credevamo.
Dopo anni di lavoro, nell’80 noi soci fondatori sottoscrivemmo il primo statuto. L’abbiamo
firmato in quattro: Paolo Gallinari, Ugo Ferrari, Natale Bertoldi e io.
Poi seguì tutto il resto.
Per prima cosa il nome, che ci venne in mente quando la Simona della sezione disse:
«Sarà una cosa magica!» Dato che eravamo
a Buco della Signora lo chiamammo Buco
Magico.
Poi il direttivo, che era misto, cioè comprendeva tutte le forze politiche, anche se l’iniziativa era partita dal Pci. Se una cosa è di tutti, è giusto che ognuno possa parteciparvi.
Anzi, ognuno dovrebbe parteciparvi, e offrire
il suo contributo creativo. Dato che si parla
di un bene della collettività, bisognerebbe
in teoria riuscire a trovare accordo anche
quando la si pensa diversamente. Magari
prima si litiga ferocemente, ma poi bisogna
essere capaci di trovare un punto d’incontro.
Qua è andata piuttosto bene, direi.
”
Enzo Poli
90 anni,
socio fondatore del
Buco Magico
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Gildo Veroni
83 anni,
socio fondatore del
Tricolore
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“
Il Tricolore nacque ufficialmente nel 1976, ma
la sua storia inizia ancora prima, nel 1964,
quando venne stipulato un contratto di locazione tra il Comune e quella che allora si
chiamava Srat (Società Ricreativa Assistenziale Tricolore), per il bocciodromo di via
Agosti. Nel 1976, dopo diversi incontri con il
Comune, si decise, saggiamente, di fondere
tre bocciofile (Reggiana, Gattaglio e Gardenia) e di creare una grande società multiculturale. Ottenuta la convenzione dalla Srat per
uso gratuito ventennale degli impianti, c’era
bisogno di un nuovo fabbricato. Il Comune
contribuì per due terzi della spesa, mentre
un terzo rimase a carico della nuova associazione. La somma necessaria venne ottenuta soltanto dietro fidejussione bancaria,
controfirmata da me e dall’amministratore
James Bertani: fu un gesto di responsabilità,
e di fiducia nel futuro del centro sociale.
Sull’onda dell’entusiasmo, parte dei lavori
vennero sostenuti gratuitamente dai soci,
che si diedero da fare per pavimentare,
fare impianti elettrici e idraulici, tinteggiare
e quant’altro fosse necessario. Il nuovo impianto venne inaugurato nel 1998.
Tutte le attività sono possibili grazie al volontariato. Non ho mai smesso di pensare
quanto sia importante dare il proprio contributo per la collettività. Quando c’è la volontà di lavorare e si crede nell’obiettivo da
raggiungere, ci si riesce. A noi è successo e
ne siamo fieri.
Gianni Iotti organizza la tombola, la serata
del ballo è seguita da Emilio Fontanili, l’organizzazione della società ciclistica poggia sulle spalle di Luigi Iotti. Il settore delle bocce, presieduto da Athos Bagnacani,
svolge un’intensa attività con gare ufficiali e
competizioni di grande rilievo provinciale e
nazionale. Voglio esprimere un sentito apprezzamento al nostro presidente, Antonio
Frignani, per la costante presenza e l’attività
che svolge per il bene del Tricolore.
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