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UN`ISOLA NELLA TORMENTA
MENSILE DELLA CARITAS ITALIANA - ORGANISMO PASTORALE DELLA CEI - ANNO XXXIX - NUMERO 5 - WWW.CARITASITALIANA.IT POSTE ITALIANE S.P.A. SPEDIZIONE IN ABBONAMENTO POSTALE - D.L. 353/2003 (CONV. IN L.27/02/2004 N.46) ART.1 COMMA 2 DCB - ROMA giugno 2006 Italia Caritas SRI LANKA, DOPO LO TSUNAMI RIESPLODE LA GUERRA UN’ISOLA NELLA TORMENTA RIFUGIATI ACCOGLIENZA TRA LUCI E OMBRE, LA LEGGE DOV’È? PERIFERIE D’ITALIA QUARTIERI IN BILICO TRA DEGRADO E SOCIALITÀ ALBANIA TRADITE E TRATTATE, L’INFERNO OLTRE ADRIATICO sommario ANNO XXXIX NUMERO 5 IN COPERTINA Organismo Pastorale della Cei viale F. Baldelli, 41 00146 Roma www.caritasitaliana.it email: [email protected] MENSILE DELLA CARITAS ITALIANA - ORGANISMO PASTORALE DELLA CEI - ANNO XXXIX - NUMERO 5 - WWW.CARITASITALIANA.IT giugno 2006 POSTE ITALIANE S.P.A. SPEDIZIONE IN ABBONAMENTO POSTALE - D.L. 353/2003 (CONV. IN L.27/02/2004 N.46) ART.1 COMMA 2 DCB - ROMA Un’istruttrice delle Tigri Tamil guida un’esercitazione con donne del villaggio di Udayanagar, controllato dai ribelli. Riesplode la violenza nell’isola: le Tigri affermano di aver addestrato 70 mila civili organizzati in forze di auto-difesa AP Photo/Gemunu Amarasinghe Mensile della Caritas Italiana Italia Caritas Italia Caritas direttore Don Vittorio Nozza direttore responsabile Ferruccio Ferrante SRI LANKA, DOPO LO TSUNAMI RIESPLODE LA GUERRA UN’ISOLA NELLA TORMENTA coordinatore di redazione RIFUGIATI ACCOGLIENZA TRA LUCI E OMBRE, LA LEGGE DOV’È? PERIFERIE D’ITALIA QUARTIERI IN BILICO TRA DEGRADO E SOCIALITÀ ALBANIA TRADITE E TRATTATE, L’INFERNO OLTRE ADRIATICO panoramacaritas VERONA, SERVIZIO CIVILE, GUATEMALA progetti AIUTO ALL’AMERICA LATINA 3 Danilo Angelelli, Paolo Beccegato, Renato Marinaro, Francesco Marsico, Francesco Meloni, Giancarlo Perego, Domenico Rosati 5 progetto grafico e impaginazione Francesco Camagna ([email protected]) Simona Corvaia ([email protected]) 6 stampa Omnimedia via Lucrezia Romana, 58 - 00043 Ciampino (Rm) Tel. 06 7989111 - Fax 06 798911408 8 sede legale viale F. Baldelli, 41 - 00146 Roma tel. 06 541921 (centralino) 06 54192226-7-77 (redazione) 13 14 offerte Paola Bandini ([email protected]) tel. 06 54192205 inserimenti e modifiche nominativi richiesta copie arretrate 18 19 Marina Olimpieri ([email protected]) tel. 06 54192202 spedizione in abbonamento postale D.L. 353/2003 (conv. in L.27/02/2004 n.46) art.1 comma 2 DCB - Roma Autorizzazione numero 12478 dell’8/2/1969 Tribunale di Roma 22 23 24 Chiuso in redazione il 19/5/2006 internazionale SRI LANKA, ISOLA SENZA PACE: «È IL MOMENTO PIÙ BRUTTO» di Francesco Paletti guerre alla finestra di Paolo Beccegato TRADITE E TRATTATE, L’INFERNO OLTREMARE di Mattia Bellei «IL NUMERO È DIMINUITO, MA CHI È LIBERATA NON RITORNA» di Mirta Da Pra Pocchiesa casa comune di Gianni Borsa UNIONE SENZA POVERTÀ? NON BUTTIAMO IL WELFARE di Patrizia Caiffa contrappunto di Alberto Bobbio agenda territori villaggio globale AVVISO AI LETTORI 26 Per ricevere Italia Caritas per un anno occorre versare un contributo alle spese di realizzazione di almeno 15 euro: causale contributo Italia Caritas. 31 32 La Caritas Italiana, su autorizzazione della Cei, può trattenere fino al 5% sulle offerte per coprire i costi di organizzazione, funzionamento e sensibilizzazione. Le offerte vanno inoltrate a Caritas Italiana tramite: 34 35 36 ● Versamento su c/c postale n. 347013 ● Bonifico una tantum o permanente a: - Banca Popolare Etica, piazzetta Forzaté 2, Padova Cin: S - Abi: 05018 - Cab: 12100 conto corrente 11113 Iban: IT23 S050 1812 1000 0000 0011 113 Bic: CCRTIT2T84A - Banca Intesa, piazzale Gregorio VII, Roma Cin: D - Abi: 03069 - Cab: 05032 conto corrente 10080707 Iban: IT20 D030 6905 0320 0001 0080 707 Bic: BCITITMM700 ● Donazione con Cartasì e Diners, telefonando a Caritas Italiana 06 541921 Cartasì anche on line, sul sito www.caritasitaliana.it (Come contribuire) 39 40 44 ritratto d’autore di Fabio Salviato LE FIGURINE DI GIORGIO, NONNO-VIGILE CHE ASCOLTA I BAMBINI FARE TAPPA IN CARCERE, SOSTENERE DETENUTI E VITTIME in redazione nazionale DECRETO E PREGIUDIZIO, RIFUGIATI SENZA LEGGE di Lê Quyên Ngô -Dình e Caterina Boca dall’altro mondo di Manuela De Marco VITE E QUARTIERI IN BILICO TRA SOCIALITÀ E DEGRADO FIRENZE L’anonimato attorno all’Isolotto di Annalisa Tonarelli BARI La metro ferma, la Lama desolata di Fausta Scardigno database di Walter Nanni PROGETTARE IN CARITAS, LA SFIDA DELLA QUALITÀ di Giancarlo Perego contrappunto di Domenico Rosati di Vittorio Nozza Paolo Brivio editoriale di Vittorio Nozza FARE TAPPA IN CARCERE, SOSTENERE DETENUTI E VITTIME parola e parole di Giovanni Nicolini LA NOBILTÀ DEL DUBBIO NELLA TRAVERSATA DELLA VITA verso verona di Walter Nanni FRAGILI, NON POVERI: LA SFIDA DELLA RESPONSABILITÀ editoriale 47 5 PER MILLE Per destinarlo a Caritas Italiana, firmare il primo dei quattro riquadri sulla dichiarazione dei redditi e indicare il codice fiscale 80102590587 enticinque anni fa una mano armata sparava contro Giovanni Paolo II, aprendo una ferita fisica e morale che segnò una svolta nella persona e nel magistero di quel grande papa. Nel misterioso trasfigurarsi del dolore per effetto dell’amore, l’amore giunse al perdono e così alla persona che quel perdono chiedeva. Era una richiesta confusa e contraddittoria, per l’ambiguità delle parole e dei comportamenti. Fatto sta che la strada del pontefice fece tappa in carcere. E da lì nel parlamento italiano, nuti. Innanzitutto la scelta di lavorare insieme, a rete nel territorio. Sovraffollamento urbano, periferie degradate, carenza di offerte dignitose di lavoro, modelli comportamentali distorti, prospettive di facile guadagno, latitanza degli organi rappresentativi dello stato, crisi del welfare, problemi valoriali sono spesso le cause della micro e macrodelinquenza, con effetti devastanti sul tessuto sociale, profonper tratteggiare il disegno complesso damente lacerato e perciò rassegnato, di una società che è veramente umadiffidente, se non ostile. L’accompaPapa Giovanni Paolo II na se dà voce a tutti, specialmente gnamento da parte della comunità 25 anni fa seppe agli ultimi, ai dimenticati (tra questi ai cristiana deve radicarsi nel territorio, perdonare il suo carcerati), sollecitando per loro un per creare occasioni di reinserimento attentatore e chiedere “gesto di clemenza”. Ma quella dosociale che garantiscano un cambia“un gesto di clemenza”. mento di vita reale in colui che ha ermanda non ricevette risposta. Oggi la chiesa torna rato. La crescita di una mentalità di Il cardinale Renato Raffaele Mara sollecitarlo per chi sta accettazione del diverso creerà occatino nella “Settimana della cittadiin prigione.I compiti sioni di comunicazione tra il mondo nanza”, svoltasi ad Arezzo in magdella politica.E della esterno e quello carcerario, fino a gio, in preparazione al Convegno comunità dei credenti giungere alla consapevolezza che il ecclesiale di Verona, ha riformulato carcere non può essere ritenuta l’unila richiesta di “un gesto di clemenza ca soluzione ai problemi di devianza per i detenuti”. La comunità cristiana sceglie-decide di farsi prossima: certo, la responsabi- della nostra società, mentre la ricerca di strade alternative, lità di un ordine infranto esige un intenso cammino di pur faticosa, tiene conto dell’intrinseca dignità della persoricostruzione della propria dignità e un rientro adegua- na umana e della sua capacità di riscatto. Il salto di qualità to nella società, ma relazioni autentiche, ricche di com- sarà garantito nella misura in cui si realizzerà una rete di prensione e misericordia permettono di capire i proble- rapporti che inglobi tutti i soggetti interessati: la comunità mi, cogliere i bisogni e scoprire le potenzialità che ogni ecclesiale e la comunità civile, coinvolgendo enti locali, persona possiede. Pertanto è bello riprendere la do- istituzioni, imprenditoria e volontariato. manda forte e accorata che fu del papa. E, da parte delIn secondo luogo, viene la scelta di avere cura delle fale istituzioni, sarebbe bello trovare finalmente lo stru- miglie dei detenuti. Non è inopportuno annoverare la famento tecnico-giuridico capace di soddisfare tale istan- miglia di un detenuto fra le vittime del suo reato. La carceza. Alla politica il compito di rispondere. razione di una persona rappresenta un momento di forte crisi dell’equilibrio del suo nucleo familiare. Scompensi afCambiamento di vita fettivi, relazionali ed economici rappresentano un’emerAlla comunità cristiana compete invece l’impegno a trova- genza di difficile gestione. Diventa allora urgente strutturare e moltiplicare le forme di presenza a servizio dei dete- re percorsi di accompagnamento delle famiglie nel perio- V I TA L I A C A R I TA S | GIUGNO 2006 3 editoriale parola e parole di Giovanni Nicolini do del distacco e della separazione, prevedendo aiuti assistenziali e legali. Anche nelle misure alternative alla detenzione e in vista del ritorno a casa è necessario costruire intorno alla famiglia percorsi di integrazione: formazione al lavoro e al lavoro cooperativistico, responsabilizzazione di tutti nella rielaborazione dei ruoli coniugali, genitoriali e filiali, educazione alla legalità e alla gestione dell’aggressività anche negli ambiti di riparazione del danno. Riconciliazione e risarcimento In terzo luogo, occorre sviluppare la scelta di prendersi cura delle vittime dei reati. Puntare l’attenzione sulla persona detenuta non significa ignorare le lacerazioni che la sua devianza ha provocato nella vita individuale e comunitaria delle vittime e nel tessuto sociale che è stato teatro delle sue azioni. In entrambi i casi le ferite sono profonde e se da un lato bisogna fare prevenzione perché certe situazioni non si ripetano, d’altro canto bisogna prevedere il ritorno della persona nel quartiere, nel condominio, nel contesto sociale che forse ancora conserva le cicatrici della violenza passata. Assistere passivamente a un reinserimento, lasciare da solo l’individuo di fronte alla responsabilità delle sue azioni, non operare alcun tentativo di riconciliazione o non individuare qualche forma di risarcimento significa rassegnarsi all’ineluttabilità del male, credere inutilmente che le cose possano accomodarsi e quindi, in ultima analisi, deresponsabilizzare detenuto, comunità e società. Compito della comunità cristiana è anche accom- pagnare le vittime dei reati, traumatizzate da un’esperienza che rischia di segnare in modo indelebile la loro esistenza. Spesso vengono lasciate sole, doppiamente colpite dalla violenza criminale e dall’indifferenza della società, capace di esprimere solo un’indignazione passeggera e una pietà emotiva quanto transitoria. Lo sforzo sarà indirizzato a un’eventuale riconciliazione, nella faticosa ricerca di un incontro-dialogo che punti al riconoscimento delle responsabilità e alla ricostruzione di legami e cammini comuni fortemente compromessi. Infine, c’è la scelta di accompagnare il reinserimento sociale del detenuto. Condizione indispensabile per un suo buon esito è accompagnare il rientro della persona nel contesto da cui era partita; sostegno, solidarietà, vicinanza sono elementi irrinunciabili per la ridefinizione della propria presenza nel territorio, una sorta di garanzia anche per la società ferita dal comportamento deviante. Qui si deve esprimere lo sguardo da “Padre misericordioso” che la parabola omonima ci consegna, come icona del nostro essere sua chiesa nel mondo. Occorre accompagnare con uno sguardo pieno di amore e misericordia ogni momento del progetto di reinserimento, aiutando la persona detenuta a scoprirsi un valore per sé e per gli altri, utile per la società, indispensabile per la propria famiglia, carico di un’affettività da incanalare nella giusta direzione. Bisogna educare a una responsabilità che abbracci non solo la propria persona, ma tutti i rapporti che si instaurano, in una logica di confronto e arricchimento reciproco. ‘‘ Puntare l’attenzione sulla persona detenuta non significa ignorare le lacerazioni causate dalla sua devianza. Bisogna prendersi cura anche di chi è vittima dei reati ’’ 4 I TA L I A C A R I TA S | GIUGNO 2006 LA NOBILTÀ DEL DUBBIO NELLA TRAVERSATA DELLA VITA In quel medesimo giorno, verso sera, disse loro: “Passiamo all’altra riva”. E lasciata la folla, lo presero con sé, così com’era, nella barca. (Mc 4, 35-41) a vita come una grande traversata. Nell’invito di Gesù ai discepoli – “Passiamo all’altra riva” – c’è tutto il segreto e tutta la bellezza della vita nuova donata al mondo: la vita non più come corsa inarrestabile verso la morte, ma appunto come navigazione verso la riva del Risorto. Un viaggio in compagnia, e con un compagno straordinario, Gesù. La barca dice anche fragilità, ma tuttavia rassicura, perchè non si è soli. L’evangelista nota, poco oltre: “C’erano anche altre barche con lui”. Si possono forse considerare altre dalla propria fede dunque non sostituisce l’impegno dell’uomo, ma lo moltiplica e lo approfondisce. Noi però siamo pieni di fragilità e diciamo al Signore: “Non t’importa che noi moriamo?”. E lui, come sempre, si piega paziente e comprensivo sulla pochezza della nostra misera fede! Ho visto che, quando possiamo riconoscerlo presente, vicino a quello che ci angoscia e ci spaventa, tutto diventa come un barca, diverse, con differenti tradiziomare in bonaccia. Il che non toglie ni di orientamento e di viaggio, eppuche avvertiamo il suo dolce rimproGesù si addormenta re anche quelle… sono con Lui! Il Sivero: “Perchè siete così paurosi? Non mentre i discepoli sono gnore è sempre più grande della noavete ancora fede?”. La nostra vita, suin balia della tempesta. stra barca. La sua signoria e la sua blime avventura della fede, è un inAnche noi talvolta ci contro inevitabilmente sproporzioguida vanno oltre le rotte e le regole sentiamo abbandonati. nato tra la potente bontà di Dio e il di viaggio che ci ha dato. Ma sono sue Ma il nostro viaggio tremore della nostra carne mortale. anche quelle. Proprio come dice annella storia è sempre Forse proprio nella nostra non-feche il Pastore Buono: “Ho altre pecoaccompagnato de comprendiamo qualcosa del mire, che non sono di questo ovile. Ane guidato. E la non-fede stero della fede. Il mio anziano arciveche quelle io devo condurre”. dice qualcosa scovo, cardinale Giacomo Biffi, uomo Ma si viaggia di notte, e c’è temdella fede… intelligente e di fede, mi ha insegnato pesta. Una grande tempesta di vento. a far mia la preghiera di quell’uomo La barca è piena d’acqua. Dice l’antico Salmo: “I cieli sono i cieli del Signore, ma ha dato la ter- del Vangelo, che a Gesù che gli chiedeva di credere, rira ai figli dell’uomo”. E i rabbini degli ebrei commentano spondeva: “Io credo, Signore. Aiuta la mia incredulità!”. dicendo che della terra e delle sue vicissitudini dobbiamo Quando gli Apostoli accolgono l’indicazione delle donprenderci noi la responsabilità, appunto perchè Dio “ha ne e si recano all’appuntamento con il Risorto sul monte dato la terra ai figli dell’uomo”: la fede non è dimissione, alto della Galilea, il Vangelo di Matteo ricorda che l’hanno ma assunzione di responsabilità! adorato, ma che qualcuno ha dubitato. Sembra che la nuova edizione della Bibbia italiana porterà una correzione Aiuta la mia incredulità doverosa al testo, per dire che tutti hanno adorato... e hanInfatti Gesù, si racconta ancora, “stava a poppa, sul cusci- no dubitato! Forse non si possono scindere dubbio e fede. no, e dormiva”. Molte volte il credente – e l’intera comunità Forse solo al credente compete l’umile nobiltà del dubbio, credente! – ha l’impressione che... il Signore dorma! Santa che incessantemente lo riconduce alla certezza che non Teresa di Gesù Bambino scrive addirittura di ritenersi lei solo la fede è dono, ma è dono l’accoglierla. E poterla cuquel “cuscino” su cui Gesù dorme, a poppa della barca. La stodire nella navigazione tempestosa della vita. L I TA L I A C A R I TA S | GIUGNO 2006 5 verso verona di Walter Nanni Italia Caritas + Valori I di specifiche e irripetibili esperienze familiari o individuali. Tutti e nessuno In questo senso, la fragilità rappresenta una condizione unificante e universalistica, che ci ricorda l’insopprimibile vulnerabilità dell’essere umano, a prescindere dalla condizione sociale di appartenenza. Però l’utilizzo incontrollato del termine fragiun fenomeno che riguarda un numelità comporta un rischio, che risiede ro limitato di soggetti, “fragilità”, per il nell’eccessiva dose di generalizzazioUn tempo la sociologia suo carattere generale ed estensivo, è ne di tale concetto: se siamo tutti frasi concentrava sulle forme un concetto che pone tutti sullo stesgili, allora nessuno è fragile. In una di disagio “visibili”. so piano, sottolineando la sostanziale sorta di filosofia del “mal comune Ma il mondo contemporaneo debolezza della condizione umana. mezzo gaudio”, si rischia di appiattire è percorso da malesseri Mentre in passato la povertà ecoe livellare le diverse situazioni uma“invisibili”, che sottolineano nomica poteva considerarsi una ne, trascurando le condizioni di parla debolezza realtà omogenea, che nasceva da ticolare sofferenza di taluni soggetti. In realtà, se è vero che siamo tutti cause simili tra loro e si sviluppava della condizione umana. un po’ fragili, è altrettanto vero che su percorsi prevedibili, oggi le situaUn compito per la chiesa esistono condizioni di fragilità “più zioni di povertà e disagio sociale si e per la Caritas fragili” di altre, su cui sarebbe necescaratterizzano per la presenza di elesario concentrare le già scarse risorse menti eterogenei: ai luoghi tradizionali di povertà e degrado, un tempo facilmente indivi- umane e finanziarie a disposizione. In effetti, esiste anche duabili e separati dal resto della città, si aggiungono sedi una “fragilità” nelle risposte e nelle politiche sociali. Non e luoghi invisibili di povertà (non solo) economica, som- tutte le situazioni di fragilità possono contare su un corremersi e difficilmente individuabili. Tale “invisibilità” co- do adeguato di risorse e politiche socio-assistenziali: acstituisce un rovesciamento di quanto era stato accertato canto a settori in cui è rilevabile da sempre un forte impedalla sociologia classica, che aveva dedicato un grande gno delle istituzioni e del volontariato organizzato (minosforzo allo studio dei quartieri-ghetto delle metropoli, ri e anziani), vi sono settori di disagio sociale trascurati aree urbane dove era possibile accertare la presenza “vi- (per esempio carcere e malattia mentale). sibile” di un forte degrado fisico e di un livello omogeneo Un’importante sfida che si delinea per la chiesa itadi emarginazione sociale. Così, anche in Italia, mentre liana (e in essa per la Caritas) è dunque proprio quella di un tempo non era difficile localizzare aree geografiche e attirare l’attenzione pubblica verso le situazioni “più fraquartieri caratterizzati da una “etichetta” negativa, at- gili” della fragilità, sensibilizzando la coscienza collettiva tualmente le diverse forme di disagio si diffondono nel a proposito di tali condizioni e favorendo una maggiore territorio senza rispondere a logiche di collocazione pri- assunzione di responsabilità da parte delle istituzioni e vilegiata, frantumandosi e sparpagliandosi, in funzione della società civile. 6 I TA L I A C A R I TA S | GIUGNO 2006 Dieci numeri annui dei due mensili a 40 euro MENSILE DELLA CARITAS ITALIANA - ORGANISMO PASTORALE DELLA CEI - ANNO XXXIX - NUMERO 5 - WWW.CARITASITALIANA.IT giugno 2006 POSTE ITALIANE S.P.A. SPEDIZIONE IN ABBONAMENTO POSTALE - D.L. 353/2003 (CONV. IN L.27/02/2004 N.46) ART.1 COMMA 2 DCB - ROMA l tema della fragilità costituisce una sfida non solo concettuale ed epistemologica, rivolta a chi studia e opera nella solidarietà sociale, ma anche sul fronte pastorale, per una chiesa che voglia dialogare con la comunità nazionale di cui è parte, come accade alla chiesa italiana, incamminata verso il Convegno nazionale di Verona. Rispetto alla tradizionale categoria di povertà, il concetto di fragilità presenta un importante vantaggio. Mentre “povertà” richiama in modo automatico la dimensione economica, e rischia quindi di essere considerata È un mensile di economia sociale e finanza etica promosso da Banca Etica. Propone ogni mese “Osservatorio nuove povertà”, in collaborazione con Caritas Italiana. Italia Caritas + SRI LANKA, DOPO LO TSUNAMI RIESPLODE LA GUERRA Per aderire: • versamento su c/c postale n. 28027324 intestato a Soc. Cooperativa Editoriale Etica, via Copernico 1, 20125 Milano • bonifico bancario: c/c n. 108836 intestato a Soc. Cooperativa Editoriale Etica presso Banca Popolare Etica Abi 05018 - Cab 12100 - Cin A Indicare la causale “Valori + Italia Caritas” e inviare copia dell’avvenuto pagamento al fax 02.67.49.16.91 UN’ISOLA NELLA TORMENTA RIFUGIATI ACCOGLIENZA TRA LUCI E OMBRE, LA LEGGE DOV’È? PERIFERIE D’ITALIA QUARTIERI IN BILICO TRA DEGRADO E SOCIALITÀ ALBANIA TRADITE E TRATTATE, L’INFERNO OLTRE ADRIATICO Leggo doppio Leggo solidale Novità 2006 per i lettori: Italia Caritas a casa vostra, insieme a un altro periodico, per capire meglio la società e il mondo che ci ruotano attorno, nel segno della solidarietà. Alleanza di pagine e idee, a un prezzo conveniente. Italia Caritas + Mondo e Missione È il mensile del Pime: una rivista missionaria dinamica e attenta all’attualità internazionale ed ecclesiale. Dieci numeri annui dei due mensili a 40 euro MENSILE DELLA CARITAS ITALIANA - ORGANISMO PASTORALE DELLA CEI - ANNO XXXIX - NUMERO 5 - WWW.CARITASITALIANA.IT giugno 2006 POSTE ITALIANE S.P.A. SPEDIZIONE IN ABBONAMENTO POSTALE - D.L. 353/2003 (CONV. IN L.27/02/2004 N.46) ART.1 COMMA 2 DCB - ROMA FRAGILI, NON POVERI LA SFIDA DELLA RESPONSABILITÀ Italia Caritas + SRI LANKA, DOPO LO TSUNAMI RIESPLODE LA GUERRA UN’ISOLA NELLA TORMENTA RIFUGIATI ACCOGLIENZA TRA LUCI E OMBRE, LA LEGGE DOV’È? PERIFERIE D’ITALIA QUARTIERI IN BILICO TRA DEGRADO E SOCIALITÀ ALBANIA TRADITE E TRATTATE, L’INFERNO OLTRE ADRIATICO Per aderire: • versamento su c/c postale n. 39208202 intestato a Associazione PimEdit Onlus, via Mosè Bianchi 94, 20149 Milano indicare la causale “Mondo e Missione + Italia Caritas” • carta di credito Visa - MasterCard - CartaSì, tel. 02.43.82.23.62/3 • bonifico bancario: c/c 05733 intestato a PimEdit Onlus presso Credito Artigiano - Abi 03512 - Cab 01601 (inviare copia dell’avvenuto bonifico, fax 02.46.95.193) nazionale diritto d’asilo DECRETO E PREGIUDIZIO, RIFUGIATI SENZA LEGGE di Lê Quyên Ngô -Dình e Caterina Boca foto di Elena Marioni l 2005 è stato l’anno delle novità. Le nuove norme sulla procedura d’asilo e sul sistema di IN CERCA accoglienza in Italia hanno sensibilmente modificato un sistema in vigore da quindici an- DI FUTURO ni. Ma cosa è davvero cambiato per gli stranieri che scelgono il nostro paese come luogo Un passato drammatico, dove chiedere rifugio? Mentre si attende una legge organica in materia, le nuove regole so- la speranza di no state applicate con efficacia? Nei confronti dei rifugiati, di cui il 20 giugno si celebra la una vita migliore. In queste pagine, Giornata mondiale, l’Italia è un paese meno ostile? Torniamo a un anno fa. Il 21 aprile è entrato in vigore il regolamento di attuazione della legge richiedenti asilo Bossi-Fini, nella parte che riguarda l’asilo: in particolare, sono state istituite sette commissioni ter- ospiti di centri Caritas. ritoriali per l’esame delle nuove domande, a cui avrebbero dovuto corrispondere altrettanti centri A destra, d’identificazione destinati al trattenimento dei richiedenti asilo che, all’ingresso in Italia, avessero operaio sudanese eluso o tentato di eludere i controlli alle frontiere o si fossero trovati in posizione di irregolarità. Nel- a Torino la pratica, le commissioni hanno cominciato a operare con sensibile ritardo, anche per la difficoltà di completarImportanti novità normative, ne la composizione, soprattutto per la mancata presenza stabile di rappresentanti degli enti locali (che affiancano nel 2005, sul fronte dell’accoglienza. gli esponenti di prefettura, questura e Alto commissariato Ma l’applicazione lascia delle Nazioni Unite per i rifugiati - Unhcr). Fino all’ultimo, a desiderare. E il richiedente asilo la stessa partecipazione dell’Unhcr è stata messa in dubè considerato come un clandestino. bio, a causa della carenza di fondi per il personale. I 8 Carenza di fondi Solo il nostro paese, in Europa, è rimasto senza una legge organica La politica delle riforme a costo zero, in effetti, è densa di pericoli. Le prefetture, prive di fondi ad hoc, sono gravate da ulteriori compiti e l’intensa rotazione di personale impedisce il consolidamento delle prassi, soprattutto nell’attività istruttoria compiuta dalle sette commissioni territoriali, la cui istituzione ha comunque molto sveltito i tempi di attesa. Oggi lo straniero che avanza a esse domanda d’asilo ha una risposta entro i due mesi: tuttavia l’eterogeneità delle modalità di lavoro (e quindi degli esiti) emerge qua e là e dipende anche dai diversi carichi di lavoro. C’è chi deve ascoltare centinaia di persone e lavorare tutti i giorni, chi invece si può permettere ritmi più blandi. Molto dipende dall’esistenza del corrispettivo centro di identificazione: dei sette previsti solo tre sono attivi (Crotone, Foggia e Trapani, ma non senza problemi di operatività), mentre ancora incerta resta la situazione a Roma, Milano, Gorizia e Siracusa. In generale, perdura la tendenza a concentrare in un medesimo spazio centri di diversa destinazione (Cdi - centri di Identificazione, Cpt - centri di permanenza temporanea, centri di smistamento): ciò conferma l’importanza attribuita alla sorveglianza esercitata dalle forze dell’ordine. La mancanza di strutture disponibili e la volontà di trattenere anche chi avesse trovato alloggio in altri centri di accoglienza provoca situazioni critiche: le questure del centro-nord inviano richidenti asilo ai centri di identificazione di Crotone e Foggia, non di rado con informazioni e mezzi di trasporto poco chiari, quindi con il rischio concreto di smarrirsi da parte di persone che neanche conoscono l’italiano. In caso di afflussi consistenti o di altre emergenze, si è fatto inoltre impropriamente ricorso ai famigerati Cpt o a centri di natura ibrida, come quello di Bari, con un uso fin troppo discrezionale del trattenimento e della procedura semplificata. I TA L I A C A R I TA S | GIUGNO 2006 Hafiz dopo lo sbarco ritrova le tele e dipinge il suo “Mal d’Africa” Hafiz è uno dei 14.008 immigrati sbarcati sulle coste siciliane nel 2003. È fuggito, come tanti, dal dramma del Darfur e come tanti è stato ospite della rete di accoglienza Caritas per richiedenti asilo a Ragusa. Nel suo bagaglio di rifugiato, la sofferenza e il ricordo degli affetti lasciati in patria. Ma anche un grande talento per la pittura e anni di studio in una scuola d’arte in patria. Nel 2004 Hafiz ha ottenuto il riconoscimento dello status di perseguitato politico e ha ricevuto una proposta dal progetto di accoglienza della diocesi iblea. Così ha cominciato a insegnare alle donne immigrate la pittura su tessuto. Intanto la cooperativa sociale “Il Dono”, che opera per integrare i cittadini immigrati, gli ha commissionato una serie di quadri e oggetti artistici. Hafiz, in questo modo, ha avuto a disposizione i supporti per continuare la sua attività di artista, tanto da dipingere oltre 100 quadri. Una parte della sua produzione, 40 opere, grazie all’interessamento di una locale associazione culturale è stata esposta dal 19 al 28 maggio nel Convento dei Cappuccini di Ragusa Ibla, nell’ambito della personale “Mal d’Africa”, inaugurata dal direttore della Caritas, don Ignazio Grillo. Hafiz è un pittore autentico e dell’artista conserva alcuni vezzi: abiti eleganti (tranne quando dipinge), aspetto ben curato e qualche lampo di genialità. Le sue opere ritraggono i paesaggi del Sudan, i tramonti sull’oceano, la savana, le palme. Ma ora anche il barocco e i carrubi del ragusano. [Vincenzo La Monica] I TA L I A C A R I TA S | GIUGNO 2006 9 nazionale diritto d’asilo LASTRICATI DI DRAMMI Muratore afgano pone il selciato di una strada a Todi. Pagina a fianco, a Ragusa bambina somala fa i compiti Beati gli ultimi (arrivati) Ma le modifiche dettate dal nuovo regolamento hanno interessato solo le richieste presentate dopo il 21 aprile 2005. Le 22 mila pregresse, “storiche”, sono state affidate a una sezione straordinaria – denominata “Stralcio” – della Commissione nazionale, che ha sede a Roma. Nonostante gli sforzi prodotti, i ritardi accumulati hanno determinato audizioni andate spesso deserte, poiché un alto nu- mero (2.366) di richiedenti asilo sono ormai irreperibili, dispersi nel territorio, senza fissa dimora o emigrati all’estero e quindi passibili di rientro forzato in Italia, ai sensi del regolamento di Dublino. Siamo, dunque, in una situazione bicefala, che premia gli ultimi arrivati a detrimento dei primi. Così, di recente, è stato deciso di affidare anche alle commissioni territoriali una parte del lavoro sui casi ancora pendenti, che ammontano a 14 mila. Modalità e tempi non sono stati però definiti e questo fa aumentare il rischio di irreperibilità, in buona o in cattiva fede, di molti che attendono da uno o due anni la definizione del proprio status. Nodi più articolati e insidiosi, attinenti alla procedura in senso stretto, sono stati raccolti e segnalati invece dalla rete legale promossa recentemente dal Coordinamento nazionale di Caritas Italiana, cui aderiscono 24 fra avvocati e consulenti di 19 Caritas diocesane (Roma, Crotone, Milano, Palermo, Bolzano, Otranto, Cuneo, Rimini, Ragusa, Agrigento, Matera, Genova, Pordenone, Todi, Spoleto, Bari, Foggia, Trieste, Trapani) delle 45 che compongono il coordinamento. La collaborazione ha sortito esiti positivi sul versante legale, grazie allo scambio di documentazione e buone prassi, che pone le Commissione nazionale per il diritto d’asilo Esito del lavoro delle commissioni territoriali Domande pervenute Domande esaminate Domande pendenti o in attesa esame Riconosciuti Negativi senza protez. Negativi con protez. Istanze di riesame Irreperibili Sospesi Altro ROMA 510 427 CROTONE TRAPANI SIRACUSA FOGGIA* MILANO GORIZIA* 1.682 952 1.020 2.650 1.052 250 1.672 846 1.020 2.574 711 197 83 31 238 133 10 32 1.184 456 106 59 124 663 0 40 468 497 0 25 0 10 0 0 127 0 0 0 15 0 I TA L I A C A R I TA S | GIUGNO 2006 4.640 76 56 1.187 1.164 341 66 282 90 53 74 55 46 669 358 3.538 3.049 209 1.149 760 129 150 0 *17 (competenza dl altrI stati) 0 208 65 0 0 0 *22 (archIvIate) 266 398 65 39 2.366 32 124 I dati riguardano il periodo 21 aprile 2005 - 27 febbraio 2006. - Fonte: Commissione nazionale per il diritto d’asilo 10 Totale 8.116 7.447 SEZIONE SPECIALE STRALCIO basi di un’efficace ancorché embrionale giurisprudenza. Suscita preoccupazione, in particolare, la tendenza a riconoscere un numero molto basso di rifugiati, a favore della concessione della protezione umanitaria temporanea (riconosciuta per 3.049 su 8.116 domande presentate dal 21 aprile 2005 al 27 febbraio 2006). Questo status offre allo straniero richiedente asilo minori tutele e lo consegna a una maggiore precarietà: infatti non è chiaro per quanto tempo possa essere rinnovato il permesso di soggiorno, né è semplice convertirlo in permesso di lavoro, perché è necessario avere il passaporto originale, di cui molti sono sprovvisti. Sul piano procedurale, non mancano altri problemi. L’eventuale riesame della procedura risulta di difficile applicazione a causa dei tempi strettissimi per avanzare la domanda (cinque giorni dal rigetto) e delle scarse informazioni fornite in termini comprensibili ai richiedenti. Infatti il numero di domande di riesame avanzate (266), un anno dopo che il regolamento le ha rese possibili, è stato irrilevante. Pochi, e non di rado improvvisati, sono inoltre gli interpreti: manca ancora un albo professionale e per il loro reclutamento vige il passa parola. Anche la verbalizzazione dei colloqui non è sempre chiara ed esaustiva rispetto a quanto riferito dal richiedente e ciò, in caso di riesame o ricorso, ne pregiudica l’esito. La presenza dell’avvocato è prevista dalla normativa, ma non esiste una lista ufficiale: anche qui vige la regola del tam tam. Contro la decisione negativa è ammesso il ricorso al tribunale civile competente, ma il termine di quindici giorni per la presentazione è esiguo e, comunque, il ricorso non ha effetti sospensivi ai fini dell’espulsione. L’unico mezzo previsto, l’autorizzazione a permanere sul territorio concessa dal prefetto, non ha prodotto significativi miglioramenti. Posti assegnati a realtà Caritas nei progetti territoriali - Rete Sprar ENTE GESTORE Matera. Il Sicomoro (Caritas) Isola Capo Rizzuto. Caritas, alcuni servizi al Cid Bologna. Associazione Mosaico di Solidarietà (Caritas) Pordenone. Associazione Nuovi Vicini (Caritas) Codroipo (Ud). Associazione Nuovi Cittadini (vicina Caritas) Udine. Associazione Nuovi Cittadini (vicina Caritas) Trieste. Associazione Accoglienza Caritas Roma. Cooperativa Lavoro e integrazione (Caritas)\ Genova. Fondazione Auxilium (Caritas) Bergamo. Fondazione Battain (Caritas) Bergamo. Comunità immigrati Ruah Onlus (vicina Caritas) Caronno Pertusella (Va). Le Querce di Mamre (Caritas) Cremona. Associazione vicina Caritas Milano. Consorzio Farsi Prossimo (Caritas) Lecco. Cooperativa l'Arcobaleno (Caritas) SestoCalende (Va). Le Querce di Mamre (Caritas) Lodi. Lodi per Mostar (vicina Caritas) Varese. Le Querce di Mamre (Caritas) Bari. Ciscai (Caritas) Taranto. Confraternita S. Maria della Scala (Caritas) Acireale (Ct). Consorzio Il Nodo (Caritas) Agrigento. Centro di ascolto S. Giuseppe Maria Tomasi Caltanissetta. Servizio socio-sanitario e legale Caritas Catania. Consorzio Il Nodo (Caritas) Comiso (Pa). Fondazione S. Giovanni Battista (Caritas) Palermo. Associazione Stella Maris (vicina Caritas) Ragusa. Cooperativa sociale Il Dono (Caritas) Trapani. Ente chiesa SS. Trinità Badia Grande (Caritas) Siracusa. Associazione Alma mater (vicina Caritas) Firenze. Solidarietà Caritas Narni (Tr). Associazioni San Martino, Laboratorio Idea e Cidis Todi. Istituto Crispolti (Caritas) TOTALE POSTI 15 0 35 25 18 np 4 40 60 4 11 25 np 100 15 15 np 18 22 15 20 20 15 36 30 20 35 15 30 45 20 15 723 Si lavora, grazie all’Ue L’altro dato innovativo del 2005 è stato il recepimento, da parte del governo italiano, della direttiva dell’Unione europea sulle condizioni minime di accoglienza dei richiedenti asilo; il decreto in materia è entrato in vigore il 21 ottobre. Esso garantisce, al richiedente che aspetta da più di sei mesi una decisione della commissione, il diritto di lavorare: si tratta di un’innovazione importante, che consente di anticipare i processi di inserimento sociale, con evidenti benefici per richiedenti e comunità di accoglienza. Questa misura, che investe sia i richiedenti “storici” che quelli di “nuova procedura”, andrà monitorata con attenzione (sinora non ci sono dati consistenti per valutarI TA L I A C A R I TA S | GIUGNO 2006 11 nazionale nazionale dall’altro mondo diritto d’asilo La rete dei servizi Caritas è un terzo del sistema statale Caritas Italiana e le Caritas diocesane (con gli enti ad esse collegati) sono impegnate concretamente a favore dei richiedenti asilo: gestiscono servizi legali e sociali, creano occasioni di sensibilizzazione e formazione, dimostrano una costante capacità di apertura e adattamento a una realtà complessa e in continuo divenire. La rete Caritas, che si avvale anche dei fondi Cei otto per mille, è entrata a far parte rilevante del Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati (Sprar, ex Pna) varato dallo stato; la rete Caritas copre circa un terzo della rete nazionale di accoglienza. Attenzione particolare ai soggetti più vulnerabili e alle famiglie è offerta inoltre in molti centri Caritas: proprio a questo tema è consacrato uno dei gruppi di lavoro del Coordinamento nazionale asilo promosso da Caritas Italiana, svoltosi in modo itinerante dal 24 al 27 maggio con la collaborazione delle Caritas diocesane di Trieste, Concordia-Pordenone e Gorizia. Ma l’attività coinvolge anche gli aspetti di studio e sensibilizzazione. Caritas Italiana è promotrice, insieme all’università “La Sapienza” di Roma, Unhcr, Associazione mondiale per lo studio del problema mondiale dei rifugiati (Awr) e Consiglio italiano per i rifugiati (Cir), di un corso multidisciplinare sull’asilo e le migrazioni, che nell’anno accademico 2006-2007 raggiungerà la quattordicesima edizione. L’attività di promozione culturale e pastorale si avvale anche del contributo di mostre di fotografie sui rifugiati in Italia (realizzate da Elena Marioni): la mostra “Da Lampedusa a Varese” è stata esposta a Roma, Crotone e Cuneo; quella intitolata “Five minutes in my shoes – piccole storie di rifugiati” prossimamente farà tappa a Genova e Bergamo. Sono in preparazione anche un catalogo di foto e un documentario sull’asilo e l’esilio, che Caritas Roma metterà a disposizione delle altre Caritas, nonché dei comuni che ne faranno richiesta. ne l’impatto). Ma è certo che mancano percorsi di integrazione, finanziati con risorse stabili e sufficienti, per dare attuazione a questa indicazione, se si escludono i progetti europei, che non possono però sostituire i sistemi nazionali. Anche in questo caso si deve operare sulla scorta di fondi esigui, sproporzionati rispetto alla domanda e alle esigenze. Lo stesso decreto fissa inoltre il principio che tutti i richiedenti, prescindendo dai posti disponibili nelle strutture di ricezione, possano ottenere 12 I TA L I A C A R I TA S | GIUGNO 2006 VOGLIA DI NORMALITÀ Un rifugiato curdo impegnato nella mungitura a Genazzano (Roma) IMMIGRATI, TRE MILIONI RADDOPPIERANNO IN DIECI ANNI di Manuela De Marco ono state pubblicate a fine maggio le anticipazioni del Dossier statistico immigrazione 2006, promosso da Caritas e Fondazione Migrantes. Dai dati emerge che a fine 2005 la popolazione straniera soggiornante in Italia è arrivata a superare, seppure di poco, i 3 milioni di unità. Ma il 2005 si è rivelato un anno interessante anche perché è stato possibile effettuare un monitoraggio più preciso del mercato del lavoro, che ha evidenziato la persistente incongruenza tra quote stabilite e fabbisogno di lavoratori. Infatti, durante il 2005 sono stati emanati tre decreti flussi: il primo ha previsto l’ingresso di 79.500 neocomunitari, S comunque accoglienza in varie forme. Nella realtà, questa importante innovazione trova applicazione insoddisfacente; non di rado l’accoglienza ha luogo nei centri di identificazione, ove la libertà di circolazione è limitata. Tutte le novità portate dal 2005 mal si conciliano, in ogni caso, con la logica, nata nel 2000 con il Programma nazionale asilo (Pna), di un’accoglienza diffusa in tutto il territorio nazionale. Allora si partiva dal principio che il richiedente fosse persona in buona fede, bisognosa di protezione e assistenza, non un clandestino che fa uso strumentale delle procedure per entrare e fermarsi in Italia. Oggi, sia il dettato normativo che la sua applicazione macchinosa ed eterogenea sembrano contraddire quel presupposto. È veramente ora, dunque, che si lavori a una legge organica sull’asilo, che dia ordine a una materia sempre più complessa e presente nello scenario nazionale. Continuare sulla strada di interventi rapsodici e non collegati mortifica tutti: asilanti, istituzioni e operatori. Nonché l’Italia che, incredibile dictu, resta l’unico paese dei 25 componenti l’Ue privo di una legge sull’asilo. Non è solo un’esigenza pratica; è anche e soprattutto una prova Secondo paese d’immigrazione La distribuzione continentale degli arrivi ha visto prevalere l’Europa con il 44,5%, seguita da Asia (21,0%), America (18,1%) e Africa (15,9%). La graduatoria dei paesi è caratterizzata dalla preminenza della Romania (42.322 visti, pari al 18,9% del totale); al secondo posto si colloca l’Albania (25.530), di seil secondo di altrettanti extracomuniguito Stati Uniti (20.231), Marocco tari (di cui 25 mila stagionali) e il ter(17.343) e Cina (13.621). Pubblicate zo ha completato il contingente di Depurando i 224.080 visti di insele anticipazioni questi ultimi autorizzando altri 20 rimento da alcune tipologie che del “Dossier statistico mila lavoratori stagionali. escludono una permanenza stabile, immigrazione 2006”. Tuttavia, le richieste relative ai possiamo ipotizzare che l’immigraIl numero degli stranieri cittadini extracomunitari sono state zione venuta a stabilirsi in Italia sia in Italia ha superato, stata nel 2005 di circa 180 mila unità. 161.404: i posti per lavoro stagional’anno scorso, una soglia Se poi si fa riferimento al 2006 e si tiele sono stati sufficienti, mentre importante. ne conto che gli ingressi per lavoro quelli per lavoro non stagionale soAnche se le quote non definiti dalle quote sono aumentati no stati meno della metà di quelli riesauriscono le richieste (170 mila tra lavoratori fissi e stagiochiesti. Si è così evidenziata una del mercato del lavoro nali), che i nuovi nati da entrambi i frattura tra il mercato formale (progenitori stranieri (48.384 nel 2005) grammato) e quello reale espresso da aziende e famiglie (come dimostrano le domande potranno raggiungere la quota di 55-60 mila, che saranno circa 15 mila i neocomunitari a insediarsi in Italia, possiapresentate). Quanto ai nuovi ingressi di cittadini stranieri, desu- mo stimare che il ritmo d’aumento annuale della presenmibili attraverso i dati sui visti resi disponibili dal mini- za di stranieri in Italia sia oggi pari a circa 325 mila unità, il stero degli affari esteri, nel 2005 si è trattato di ben che porta a ipotizzare più che un raddoppio della popola1.076.680 unità. La tipologia più numerosa riguarda i vi- zione immigrata nel corso dei prossimi dieci anni. sti non di inserimento, cioè il turismo (554 mila) e gli afL’Italia, con sei milioni di immigrati, diventerà così il fari, nonché i visti per transito (64 mila), per invito (24 secondo paese di immigrazione in Europa, dopo la Germila) e per trasporto (16 mila). Quanto ai visti di lunga mania, e uno dei più grandi del mondo. La consistenza durata, sono stati 224.080 (appena un quinto del totale), attuale del fenomeno, il suo ritmo di crescita, gli scenarilasciati non solo per lavoro (quelli per lavoro dipen- ri ipotizzabili a breve e medio termine portano a condente sono il 35,2% del totale) e ricongiungimento fa- cludere che la società italiana deve adoperarsi per premiliare (sono la prima tipologia, con il 40,1%), ma an- parare una convivenza più fruttuosa e più serena, da geche per studio (14,2%), per motivi diplomatici, religiosi, stire con una visione d’insieme organica e realistica, con di reingresso, di residenza elettiva. norme e pratiche amministrative più efficaci. I TA L I A C A R I TA S | GIUGNO 2006 13 nazionale margini metropolitani VITE E QUARTIERI IN BILICO TRA SOCIALITÀ E DEGRADO Viaggio in due periferie nate negli anni ’60. All’Isolotto di Firenze bambini che giocano in strada e biblioteche autogestite, ma poco più in là le case sono dormitori. Il San Paolo, a Bari, ha molte potenzialità. Finora non sfruttate… e periferie d’Italia non sono necessariamente invivibili e arrabbiate. Molto spesso sono luoghi di luci e di ombre, dove il fattore umano può ribaltare, o quanto meno mitigare, l’effetto di segregazione prodotto da scelte politiche e pianificazioni urbanistiche discutibili. La scommessa è tessere comunità: ci provano in molti, nella società civile e anche nella comunità ecclesiale. Le istituzioni non sono completamente assenti, ma non sempre fanno di tutto per accompagnare processi che, soli, possono evitare che i margini cittadini diventino anche margini sociali ed esistenziali. Speranze e insuccessi, insomma, si accavallano. Come nel Quartiere 4, a Firenze, e al San Paolo di Bari. Emblemi di periferie contraddittorie, ma pur sempre vitali. L FIRENZE L’anonimato attorno all’Isolotto Nella città-satellite voluta da La Pira si godono i benefici di uno straordinario processo di partecipazione. Ma nel resto del Quartiere 4 prevale il disagio... testo e foto di Annalisa Tonarelli erò, mica male qui! Mattina di un giorno qualsiasi; l’autobus, facendosi strada nell’asfissia del traffico fiorentino, attraversa il centro e l’Arno, lasciandomi nella piazza del Mercato, all’Isolotto. La vita è intensa tra le bancarelle che offrono di tutto: dalla verdura ai vestiti cinesi a buon prezzo. Uomini e donne, giovani coppie, nonni con bambini e anziani soli si spostano a proprio agio sulla scena di una corale rappresentazione quotidiana: ci si incontra, si chiedono notizie di tizio, si commenta il titolo di un giornale o l’esito di una partita, ci si affida il passeggino per il tempo di una commissione, poi ci si saluta dandosi implicito appuntamento all’indomani. La coppia di pensionati che ho scelto come guida si avvia verso casa, attraversando stradine alberate e verdi corti interne. Si ferma davanti al portone di un palazzo di P 14 I TA L I A C A R I TA S | GIUGNO 2006 quell’edilizia popolare che in genere evoca fantasmi di muri scrostati e scale fatiscenti. Ma qui gli edifici, per quanto modesti, sono ben tenuti, come quei completi fuori moda ma di buon taglio portati con decoro dagli impiegati in pensione. Giro l’angolo e mi trovo davanti alla biblioteca di quartiere. Fuori, sui gradini, un gruppo di adolescenti fuma e chiacchiera; dentro, sugli scaffali, un patrimonio librario che per qualità e quantità fa impallidire le altre biblioteche di quartiere. L’impiegata, dopo avermi spiegato che quello spazio resta aperto in autogestione anche la sera, mi propone di accompagnarla a riprendere i figli che vanno alle medie. Ci avviamo lungo il viale dei Bambini dove, una volta fatti i compiti, i figli della bibliotecaria torneranno (da soli!) a giocare insieme agli amici. Nel racconto della donna l’inquietudine di ogni madre si stempera, grazie all’idea di “custodia sociale” che sembra impregnare l’aria; gli stessi piccoli ne sembrano consapevoli quando mi raccontano i loro pomeriggi: «Se abbiamo fame andiamo al circolino dei vecchini; lì sono tutti molto simpatici. Scherzano, ridono. E dalle 6 si mettono a ballare». Avevo cominciato il viaggio verso il Quartiere 4 riesumando reminescenze di un’infanzia anni Sessanta, quando nell’immaginario collettivo cittadino l’Isolotto era la frontiera, il Bronx, una terra oltre i margini della Firenze perbene. Un confino dove erano stati mandati “i poveri”, accezione generica in cui si facevano rientrare i tanti volti della numerosa e variegata popolazione (più di tremila tra terremotati, sfollati e profughi) a cui erano state consegnate gli alloggi costruiti con il piano Ina-Casa del lontano 1954, attuato a Firenze dal sindaco Giorgio La Pira. Oggi trovo un’isola di verde più simile a un borgo che a una periferia. Il segreto di questa nemesi, tutti mi dicono, sta nella nota esperienza delle comunità cristiane di base di don Enzo Mazzi, nella partecipazione dal basso che ha contraddistinto la società civile del luogo fin dai primi anni Sessanta e ha sviluppato un’idea di solidarietà, nel suc- cesso che qui ha avuto l’esperienza del decentramento amministrativo. E allora, mi chiedo, la periferia? Il disagio di stare ai bordi? Quotidiano e funzionale IL MERCATO E IL DORMITORIO Quartiere 4 è il cuore animato dell’Isolotto, ma anche la desolazione degli insediamenti circostanti A poche centinaia di metri dal mercato, incamminandosi lungo la direttrice del fiume o verso la superstrada, ci si inoltra in un tessuto urbanistico diverso: casermoni di edilizia popolare, costruiti dalla fine degli anni Sessanta con i fondi Gescal. Siamo all’Argingrosso, a Torri-Cintoia, alla Casella: sempre Quartiere 4, ma lontani anni luce dall’Isolotto. Qui i fattori significativi della progettazione sono passati dalla “quotidianità” alla “funzionalità”; nei nuovi insediamenti gli abitanti, soggetti che cumulavano spesso differenti situazioni di disagio sociale, dovevano solo risiedere. Dormire, mangiare, poco più. Fallite, purtroppo, esperienze spontanee di aggregazione, come quelle delle corti condominiali; chiusi i pochi esercizi commerciali, schiacciati dalla grande distribuzione; partiti i figli dei primi assegnatari: così il tessuto urbanistico e sociale, mai realmente compattatosi intorno a I TA L I A C A R I TA S | GIUGNO 2006 15 nazionale margini metropolitani un’idea di comunità, oggi si crepa, aprendo interstizi che disagio e degrado hanno buon gioco a colmare. Le corti si trasformano in parcheggi o in contesti insicuri, nei quali nemmeno il bibliobus della biblioteca di quartiere osa sostare, perché «i rarissimi prestiti non ripagano dei rischi corsi e dei furti subiti». Intanto i fondi commerciali passano freneticamente di mano, nell’attesa, forse, di un cambio di destinazione d’uso che consenta di trasformarli, come altrove in città, in minialloggi da mettere sul famelico mercato immobiliare. E gli anziani, rimasti soli nei grandi ap- partamenti, diventano un’emergenza sociale con cui tutti, anche la chiesa, hanno difficoltà a entrare in contatto. Resta come risorsa la solidarietà tra vicini, che riesce, almeno in parte, a tamponare le emergenze. Ma manca, a ogni livello, l’elemento di custodia sociale che connota l’Isolotto, nucleo storico del Quartiere. Forte è anche l’impulso delle istituzioni locali e della rete di solidarietà dell’associazionismo: sono stati creati centri di aggregazione per giovani e anziani, promosse iniziative di microcredito, attrezzate piazze e aree verdi. Siamo lontani dall’idea ste- reotipa della periferia degradata, ma siamo lontani anche dall’Isolotto. Il modello che ha funzionato poche centinaia di metri più in là, qui non porta i vantaggi sperati: forse perché, come diceva il sociologo Simmel, è la tensione della lotta per conquistarli a rendere preziosi i valori. Attraverso viale Canova. Qui l’orizzonte del Quartiere ha il profilo dei nuovi edifici che sembrano ritagliati nel cartone. Assenza pressoché totale di persone: dietro quelle facciate color pastello esistano case abitate da uomini? Sono le abitazioni a edilizia agevolata, o totalmente priva- ta, nate negli ultimi anni, dove giovani coppie dormono come farebbero in qualunque altro luogo. Qui gli interstizi sembrano destinati a trasformarsi in aporie, mentre il bisogno di socialità porta giovani e meno giovani a migrare massicciamente non già verso la piazza del mercato, dove potrebbero rincorrere tracce di una comunità alla quale non sentono di appartenere, ma verso i “non luoghi” della modernità liquida. I centri commerciali e il Warner Village, sorti anche nel Quartiere 4. Dove Isolotto è anche il nome di una resistenza, urbanistica e culturale. BARI La metro ferma, la Lama desolata Il quartiere San Paolo è simbolo di degrado sociale e abitativo. Le potenzialità per uno sviluppo innovativo ci sarebbero. A patto che qualcuno ci investa… di Fausta Scardigno l San Paolo? Non si può dire che non sia periferia. Nato agli inizi degli anni Sessanta, dista oltre otto chilometri dal centro di Bari e si presenta come un agglomerato infinito di palazzi e casermoni, prevalentemente di edilizia popolare, divisi da ampie strade a scorrimento veloce, con pochissimo verde, privo di strutture di aggregazione per la promozione della socialità urbana. Le abitazioni sono quasi tutte dotate di cancelli anche ai piani superiori e nei cortili abbondano fili spinati e segni della presenza di vandali dotati di una certa creatività. Capisci di essere arrivato dentro il quartiere San Paolo quando vedi la metropolitana sopraelevata, una bella struttura di cemento che taglia l’ingresso della scuola alberghiera “Perotti” e passa per tutto il quartiere con il suo colore giallo canarino che sembra appena tinteggiato, nonostante stia lì ormai da parecchi anni. In fondo, per essere una metropolitana mai partita non è poi così brutta da vedere. Per raggiungere il centro, ogni giorno i residenti del quartiere salgono allora sul “Tre sbarrato”, l’autobus che che quando non è pieno zeppo di studenti o non diventa teatro delle tante manifestazioni dei bulli del quartiere, permette un’allegra gita di oltre venti minuti passando per la zona mare (che si riconoscere per l’odore dello scarico fognario) e guardando i fumi neri appiccicati ai muri dei vecchi stabilimenti industriali dismessi. I 16 I TA L I A C A R I TA S | GIUGNO 2006 Lo scheletro neolitico Eppure, uscendo dal quartiere hai la sensazione di essere stato in un luogo in cui le istituzioni ci sono eccome, nonostante la distanza che percepiscono i residenti. A San Paolo si trovano infatti la Cittadella della Polizia e la Cittadella della Guardia di finanza, due imponenti strutture contigue, che delimitano i confini del quartiere e anticipano l’arrivo al nuovo aeroporto, appena ristrutturato, che oggi prende il nome da papa Wojtyla. Fu proprio lui, nella sua visita a Bari nel 1984, a posare la prima pietra della chiesa della parrocchia Madre della Divina Provvidenza, retta oggi dai Barnabiti, e a volere tra le altre cose il recupero di questa periferia, anche attraverso l’istituzione di una struttura educativa per i bambini e i giovani del quartiere, poi diventata la fondazione “Giovanni Paolo II”. Nel quartiere ha sede uno degli ospedali più all’avanguardia della Asl Bari 4, punto di riferimento per oltre 600 mila persone dell’area metropoltana e non, attrezzato ormai di ogni reparto. Insomma, un fiore all’occhiello della sanità pugliese, che non ha brillato recentemente per qualità ed efficacia delle prestazioni. Ma il San Paolo offre un’opportunità di riscatto per la città di Bari anche in questo senso; peccato però che per l’Associazione pugliese paraplegici e le persone disabili in genere l’ospedale sia quasi inaccessibile, a causa delle strade di accesso piene di buche, senza percorsi pedonali, la mancanza di controllo dei posti auto interni, le auto pardistesa di campagna in stato di abcheggiate sui marciapiedi e gli ascenbandono, utilizzata da alcuni come sori quasi tutti fermi... comoda discarica abusiva, da altri coCome se non bastasse a disegnare me tana per traffici illeciti di passagil quadro di una periferia dalle grandi gio. E se nella accogliente piazza della potenzialità, nonostante il degrado Nuova San Paolo decidi di investire i sociale e il disagio abitativo così evituoi risparmi per avviare un’attività commerciale, puoi anche sentirti ridenti anche a chi non vuol vedere, c’è CASERMONI A PERDITA D’OCCHIO del quartiere San Paolo, spondere, come è successo qualche la grande opportunità di sviluppo tu- Panoramica otto chilometri dal centro di Bari ristico (e non solo) rappresentata dalmese fa a due ragazze pioniere del la Lama Balice, circa 550 ettari di risorse naturali, ormai “fare impresa giovane e femminile”, che il comune ha area protetta regionale e primo vero parco di interesse me- esaurito i parametri disponibili per la concessione di tropolitano per la presenza di antichi casali, masserie e in- eventuali nuove autorizzazioni per pubblici esercizi nel sediamenti ipogeici. Nel piano di riqualificazione urbana quartiere… sono previsti ecomusei, alberghi, strutture e servizi per il Ma la forza del San Paolo sono l’associazionismo, il vorilancio dell’economia barese. Ma neppure il ritrovamen- lontariato, la miriade di associazioni e organizzazioni che to dello scheletro dell’uomo neolitico, alcuni mesi fa nella operano ormai da tanti anni e che insieme alle sette parLama, ha dato la spinta alle autorità per far partire investi- rocchie e ai centri di ascolto cercano di offrire una risposta menti reali, oltre la contesa politica che accende i tanti più vicina alla continua incidenza di fenomeni di devianconvegni che sistematicamente promettono valorizzazio- za, criminalità, disagio sociale e culturale. L’associazionine e recupero del quartiere. smo lavora in rete con le scuole del quartiere (oltre alla scuola superiore alberghiera ci sono due medie inferiori, mentre latitano strutture pubbliche per l’assistenza e l’eVillette private e licenze negate I privati? Quelli sì che capiscono in fretta. Sono stati più at- ducazione della prima infanzia), che combattono quotitenti e a ridosso della Lama da qualche anno costruiscono dianamente con la distanza degli enti locali e con la prostante belle case della Nuova San Paolo, area abitativa resi- simità dei bisogni e delle famiglie a rischio. Però anche il denziale che conta già 500 famiglie, ben distinta dalla vec- volontariato può costare troppo, e così succede che per lichia San Paolo (con i suoi oltre 35 mila abitanti ufficiali, mitare le spese di affitto il comune decida di sottrarre i loche diventano più di 60 mila secondo i censimenti porta a cali a un centro sociale che fino allo scorso marzo organizporta delle organizzazioni sociali di quartiere). La risorsa zava attività ludico-ricreative per oltre cento bambini e ranaturale diviene così linea di demarcazione sociale: che gazzi (e alla sera anche per i genitori). Ma il San Paolo può creatività, questi baresi! Intanto la Lama continua a rap- farcela: è un quartiere che promette tanto, anche se chi ha presentare, per la maggior parte dei residenti, un’ampia responsabilità pubbliche mantiene poco. I TA L I A C A R I TA S | GIUGNO 2006 17 nazionale nazionale esclusione politiche database sociale sociali società e solidarietà PIÙ LAVORO PER I MEDICI MA ANCORA POCHE CURE A CASA di Walter Nanni ufficio studi e ricerche Caritas Italiana L strutture di pronto soccorso, per prestazioni che potrebbero essere affrontate in regime ambulatoriale. Lievita il Fondo sanitario Sul fronte dell’assistenza ospedaliera, si va avvicinando l’obiettivo dei 4 posti letto per mille abitanti: nel 2003 sono stati 4,36. Altri dati: si è registrata la riduzione del numero di ricoveri, della durata media delle degenze e quinma tali medie risultano piuttosto di delle giornate di ricovero (quasi 2 difformi a livello regionale. milioni di giornate di ricovero in mePubblicata la Relazione Quanto al servizio di continuità no); la riduzione dei posti letto in desullo stato sanitario assistenziale, nel 2003 erano pregenza ordinaria, equilibrata dall’audel paese. Medie senti 3.069 punti di guardia medica, mento dei posti letto in day hospital; difformi, tra regioni, in cui operavano 13.876 medici titola significativa crescita dei posti letto riguardo alla diffusione lari che hanno effettuato 8.651.746 dedicati alle discipline di emergenza, dei “dottori” e delle visite. Tali medie assumono valori indicatore di una riqualificazione destrutture sanitarie molto diversificati a livello regionagli ospedali come centri per la cura di presidio del territorio. le: si va dai 4,7 medici ogni 100 mila delle patologie acute complesse. Aumentano le cure abitanti della provincia autonoma Sul fronte della riabilitazione, nodomiciliari, di Bolzano ai 71,9 della Basilicata. nostante la sensibile crescita dei poma non abbastanza Negli ultimi sei anni (1998-2003) è sti letto disponibili (31 mila nelle diminuito di circa il 15% il numero strutture ospedaliere pubbliche), dei medici titolari, mentre le visite effettuate sono au- l’indicatore è ancora lontano dall’obiettivo di 1 posto letmentate di circa il 64% e con esse il carico di lavoro per to per mille abitanti. I centri di riabilitazione sono 775 e diogni medico. spongono di 16 mila posti letto per l’attività residenziale e Nel 2003 i casi trattati in assistenza domiciliare inte- di 12 mila posti per l’attività semiresidenziale (0,5 per mille grata (Adi) sono stati in media 551 per 100 mila abitanti. abitanti). La variabilità regionale nella presenza e nella Nel periodo 1998-2003 è emerso un costante aumento dotazione di posti letto di queste strutture è elevata, così di tali casi, anche se il loro numero è ancora lontano come è estremamente eterogenea l’attività in esse svolta. dalla copertura dei bisogni socio-assistenziali domiciNegli ultimi anni è stato attuato un incremento del liari. Invece, in materia di emergenza sanitaria, la rete di Fondo sanitario nazionale: da 66 miliardi di euro del 2000 servizi e presidi risulta costituita da 742 ospedali; circa il a 93 miliardi di euro previsti dalla finanziaria 2006. La 42,6% degli ospedali pubblici risulta dotato di un dipar- spesa farmaceutica rappresenta una componente imtimento di emergenza-urgenza accettazione. Nel 2003 portante tra i costi che incidono sul bilancio pubblico: sono stati registrati circa 348 accessi al pronto soccorso nel 2004 la spesa (pubblica e privata) relativa a farmaci ogni 1.000 abitanti, di cui solo il 19,7% ha avuto come esi- erogati, attraverso le farmacie aperte al pubblico, è stato il ricovero; ancora alto è il ricorso improprio alle ta pari a 19.185 milioni di euro (più 5,5%). 18 I TA L I A C A R I TA S | GIUGNO 2006 ROMANO SICILIANI a Relazione sullo stato sanitario del paese 2003-2004, diffusa ad aprile dal ministro della salute, risponde all’esigenza di informare il parlamento e il paese sulle condizioni di salute della popolazione italiana, le risorse impiegate e le attività svolte dal servizio sanitario nazionale. Nel 2003, la medicina di base è stata garantita nel nostro paese da 47.111 medici di medicina generale (Mmg) e da 7.358 pediatri di libera scelta (Pls). Ogni Mmg ha acquisito in media 1.099 scelte; ad ogni Pls, invece, sono state affidate in media 805 pazienti, PROGETTARE IN CARITAS, LA SFIDA DELLA QUALITÀ di Giancarlo Perego “L Caritas Italiana e le Caritas diocesane sono impegnate, ogni anno, in centinaia di progetti di carattere sociale rivolti a soggetti poveri e fragili. Ma quali sono i criteri-guida? Coinvolgimento dei destinatari e lavoro di rete a qualità della progettazione sociale”: al seminario di Caritas Italiana hanno partecipato, a fine aprile, 180 direttori e operatori, rappresentanti di oltre cento Caritas diocesane. La qualità di un progetto sociale è ciò che ne fa trasparire motivazioni di fondo e modello cristologico di riferimento (l’icona conciliare del Buon Samaritano), ma rivela anche l’idea di chiesa e società che si intende costruire. L’elaborazione di un progetto “di qualità”, presuppone una comunità corresponsabile e a sua volta la costruisce; incrementa uno stile sinodale che esprime e crea comunione. Caritas Italiana ha rafforzato negli ultimi anni il proprio impegno per diffondere nel territorio nazionale le operesegno, direttamente promosse o gestite dalle Caritas diocesane, con un’attenzione particolare ai servizi agli ultimi e ad alcune aree di povertà (carcere, emarginazione giovanile, tratta, prostituzione, immigrazione, disagio mentale, riI TA L I A C A R I TA S | GIUGNO 2006 19 nazionale società e solidarietà fugiati, richiedenti asilo). In particolare, nel triennio 20032005 Caritas Italiana ha contribuito, attraverso i fondi Cei, alla realizzazione di oltre mille progetti: 410 relativi alle aree di bisogno e 614 relativi al sostegno delle reti diocesane e regionali dei centri di ascolto e alla elaborazione di dossier sulle povertà. Nell’anno 2006, a questi progetti si aggiungono 312 progetti di servizio civile delle Caritas diocesane e 20 progetti sociali post-emergenza. Inoltre sono stati raccolti 220 progetti provenienti dalle Caritas diocesane, da finanziare con i fondi dell’8 per mille 2006. Ancora, numerosi sono stati i progetti promossi direttamente da Caritas Italiana a favore delle diocesi, rivolti a giovani (servizio civile nazionale), famiglie (progetto “Famiglie solidali”), volontariato (progetto Ceas), mondo del lavoro (progetto Policoro, progetto Equal “Extreme”), peri- ferie (progetto aree metropolitane), migranti (progetto Odissea-Itaca, progetti in Romania, Dossier statistico, Biblioteca delle migrazioni), richiedenti asilo e rifugiati, tratta, mondo del carcere (carcere e comunicazione). nel coinvolgimento dei destinatari e degli attori già nella formulazione del problema. Se si desidera porre il destinatario al centro del progetto, sarà opportuno assumere un modello di progettazione che fondi sulla relazione la definizione e la concretizzazione delle soluzioni: nella realizzazione specifica delle attività e degli interventi il destinatario non sarà quindi un soggetto passivo, ma un soggetto attivo nel percorso di costruzione del proprio benessere. Alle Caritas diocesane non è chiesto dunque di diventare organizzazioni capaci di progettare efficacemente, quanto – è lo specifico Caritas – di essere strumenti pastorali capaci di far emergere e rilevare i veri bisogni di un territorio e di animare la comunità alla testimonianza della carità, attraverso i “luoghi pastorali propri” che una Caritas diocesana dovrebbe aver maturato: centri di ascolto, os- Far emergere e rilevare Ma cosa significa, per Caritas, promuovere un’opera-segno? Significa animare e coordinare la testimonianza della carità in modo non emotivo e occasionale; significa individuare obiettivi reali di cambiamento della realtà. Il seminario ha approfondito due aspetti importanti della progettazione in Caritas: il coinvolgimento dei destinatari e l’importanza del lavoro di rete. Un’importante condizione perché un progetto sia efficace, cioè in grado di corrispondere ai bisogni espressi dai destinatari, consiste COLTIVARE RELAZIONI «Chi ha i problemi può risolverli, nelle reti condividiamo il potere» Una cooperativa sociale che fa florovivaismo. Costruire reti è la sfida vitale per il non profit italiano C 20 I TA L I A C A R I TA S | GIUGNO 2006 vera, o di rivalità, tra le organizzazioni di welfare. Sebbene tutte debbano essere finalizzate al bene comune, esse rischiano di essere spinte a pensare al proprio tornaconto per poter sopravvivere sul mercato. E l’ente pubblico, secondo la teoria liberistica più radicale, dovrebbe addirittura aizzarle l’una contro l’altra per selezionare le migliori. Come rendere compatibili le necessità della concorrenza con quelle della collaborazione solidale? Le organizzazioni del terzo settore dovrebbero impiegare il proprio apparato organizzativo e le proprie capacità imprenditoriali per facilitare, nell’ottica della sussidiarietà, lo sviluppo di reti societarie. Non devono essere solo provider di prestazioni vendute all’ente pubblico, ma possibili fulcri di azioni societarie, condotte da reti di soggetti, per il benessere locale. È una sfida difficile ma vitale, nell’attuale appannarsi delle idealità di welfare e delle loro basi etiche. Una pianificazione troppo spinta o un’organizzazione troppo ferrea non irrigidiscono le reti di relazioni? Certamente. Ma una forma di organizzazione, sia pure blanda, è necessaria: fornisce una formidabile spinta all’attivarsi di relazioni, che pure possono conservare sufficiente spontaneità e originalità. In ogni caso, un’organizzazione che non fabbrica prodotti, bensì accompagna il ROMANO SICILIANI Intervista a Fabio Folgheraiter, studioso di lavoro nelle reti sociali. «Le organizzazioni sociali non devono essere solo provider di prestazioni» ome progettare, in campo sociale, nel rispetto della complessità dei tempi? Come affermare nella progettazione il proprio patrimonio ideale, senza sacrificarlo alle esigenze della competenza tecnica e della buona gestione economica? E come sviluppare reti, per dialogare meglio con la politica e la pubblica amministrazione, senza rimanere prigionieri delle loro logiche? Sono quesiti cruciali, per il futuro del volontariato, dell’associazionismo, della cooperazione sociale e, in definitiva, del terzo settore in Italia. Quesiti che Fabio Folgheraiter affronta quotidianamente nel suo lavoro di docente di metodologia di lavoro con i gruppi e le reti sociali all’Università Cattolica di Milano. Professore, perché è cruciale, oggi, lavorare in rete? Il lavoro sociale di rete è una metodologia che si realizza solo se si radica nella comunità locale. Quando ci riferiamo al benessere dovremmo pensare la rete non solo entro i confini del sistema organizzato del welfare locale, ma in una cornice allargata, che ricomprende le relazioni sociali e la loro capacità di produrre assistenza in modo autonomo. Oggi però le logiche di “quasi mercato” e di esternalizzazione, che caratterizzano gli appalti degli enti pubblici, comportano anche tensioni, sotto forma di concorrenza servatori delle povertà e delle risorse, laboratori per la promozione e l’accompagnamento delle Caritas parrocchiali, progetti sociali, progetti di servizio civile, progetti in situazione di emergenza e a favore della tutela ambientale. La progettazione sociale in Caritas aiuta a inserire la comunità ecclesiale nel tessuto vivo della società e la connette al territorio. L’elaborazione autentica del progetto chiama alla solidarietà, alla collaborazione, alla costruzione della città dell’uomo insieme ad altri soggetti. La progettazione sociale che nasce dalla Caritas, per essere tale deve essere essenzialmente legata alla vita della comunità ecclesiale e non deve rispondere primariamente a esigenze organizzative e di pianificazione, ma di discernimento ecclesiale: solo così avrà un carattere profetico e cercherà di tracciare i sentieri del cammino storico della chiesa. cammino di una rete sociale, deve essere sui generis. L'organizzazione finalizzata alla reticolazione deve essere capace di sostenere l’attività e gli obiettivi delle persone e dei singoli soggetti che si relazionano entro la rete. Come definire i servizi forniti dalle realtà non profit? Io distinguo tra servizi “convenzionali” e “relazionali”. I primi sono le attività promosse da organizzazioni che offrono servizi diretti alla persona: sono i servizi sociali che siamo abituati a vedere nell'attuale pluralismo di welfare. Un servizio relazionale è invece la disponibilità a lavorare affinché altri lavorino congiuntamente, mettendo in atto le loro capacità, quali che siano. L’operatore, o l’organizzazione, non lavora per realizzare qualche cosa, ma per far sì che altri possano realizzare quanto ad essi preme. Nell’ottica della rete, come impostare il rapporto tra erogatori di un servizio e beneficiari? Io sostengo il modello dell’empowerment, che potremmo definire della condivisione del potere. Alla base vi è l’idea dell’agency degli interessati, ovvero della presunta loro “capacità di azione libera”. Chi ha il problema ha spesso anche il potere di agire dall’interno di esso per fronteggiarlo e, se possibile, risolverlo. Empowerment vuol dire che il potere di agire per la soluzione di problemi di vita è diffuso e ripartito tra tutti coloro che hanno disponibilità e interesse verso un determinato fine, sentito come desiderabile. Quale può essere la rilevanza pubblica di una rete supportata da questo potere diffuso? Una finalità possibile, oltre al lavoro per affrontare problemi concreti dei soggetti coinvolti, è la rappresentanza formale nel sistema politico-amministrativo locale. Una rete di cittadini interessati può muoversi per avere voce nella determinazione dei piani socio-assistenziali locali o nell’assunzione di decisioni politiche che incidano a livello collettivo. Così la rete diviene una forza o un movimento sociale con valenza, per così dire, di lobby politica, per produrre influenza e condizionamento delle politiche pubbliche. Soprattutto in uno scenario, come quello attuale, in cui l'operatore pubblico è per gran parte assorbito (e sempre più si può supporre che lo sarà in futuro) da tassative incombenze istituzionali di regolazione e controllo. I TA L I A C A R I TA S | GIUGNO 2006 21 nazionale contrappunto VOTARE PER INTERESSE, CONTANO SOLO I “BENI AL SOLE”? panoramacaritas SUSSIDIO VERSO VERONA Schede e video sulla Caritas in parrocchia La terza tappa spostata a settembre di Domenico Rosati ai proposizione politica era stata enunciata con tanta nitida (ancorché volgare) chiarezza: “Solo un c… può votare contro il proprio interesse”. Frase come tante che si dicono in campagna elettorale, o riflesso concitato di un modo di vedere la vita e i rapporti umani, di una ben strutturata dottrina politica? Per esplicitare la sostanza dell’affermazione dell’ex presidente del consiglio – che proclama il nesso tra voto politico e interesse privato – occorre in realtà un ragionamento sul “bene comune” come oggetto della ricerca politica: sintesi che non annulla le istanze particolari, materiali e morali, degli individui, ma le armonizza in un disegno che tiene conto anche degli “altri”. giore competitività in tema di agevolazioni fiscali, stato “leggero”, contrasto senza enfasi all’evasione e – perché no? – nuovi condoni. Proprio la provenienza di queste critiche dimostra che il consenso all’equivalenza politica-interessi è riflesso di una cultura diffusa. Ciò esclude una considerazione per il prossimo non strumentale al conseguimento del fine ritenuto primario; dunque una chiusura verso i doveri di solidarietà, In questa accezione, la politica è il che pure restano scritti nella costitucontrario dell’egoismo, il rifiuto di zione e, per i cattolici, nella dottrina Una frase “colorita” ridursi alla tutela di ciò che giustasociale della chiesa. dell’ex premier mente ognuno possiede, ma si apre Se la deriva utilitaristica ha orha animato la campagna (dovrebbe aprirsi) alla consideraziomai invaso l’intero tessuto civile, ne elettorale. Una cultura ne di bisogni e aspirazioni dell’intesono chiamati in causa tutti i sogtrasversale, che cerca ro corpo sociale. getti che hanno un ruolo pedagoginel pubblico la tutela Ricerca ed esperienza, in passato, co nella società. Tranne poche voci, del privato, reclama si sono in vario modo esercitate sul non sembra vi sia una piena cogniun ragionamento tema, oscillando tra un impianto più zione della portata del problema. sul bene comune o meno solidale e un altro più o meQuanti furono, come chi scrive, allecome oggetto no individualistico. Berlusconi non vati a pane e… dottrina sociale non della politica ha detto nulla di nuovo: con maggioriescono a dimenticare con quale re eleganza (“Non conosco la società, puntualità e pertinenza, in anni orsolo gli individui”) la signora Thatcher aveva espresso il mai remoti, a quei principi si facesse riferimento per giumedesimo concetto, e secoli fa il Guicciardini aveva di- stificare interventi limitativi del diritto di proprietà (pensquisito sulla propensione italiana al “particulare”. so alla riforma agraria), in base al criterio della sua sottomissione a una preminente finalità sociale. Pane e dottrina sociale Certamente altre questioni, come la bioetica, hanno Secondo gli analisti, tuttavia, il richiamo alla “roba”, ai “be- fatto irruzione sulla scena ed esigono inedite assunzioni di ni al sole” o ai titoli in borsa ha avuto un non trascurabile responsabilità. Ma il rischio è che ogni attenzione si esaueffetto elettorale. L’ex premier avrebbe dimostrato di in- risca su di esse, con il risultato di non comprendere che tercettare pulsioni profonde dell’elettorato, mentre il cen- una linfa comune alimenta sia i sostenitori delle manipotro-sinistra, troppo legato a una visione “sociale”, non sa- lazioni indiscriminate della vita sia i fautori del “mio” interebbe stato capace di sottoscrivere l’equazione utilitaristi- resse (profitto, rendita, dominio) come principio e fine delca: il mio “bene” è la misura del bene di tutti. la convivenza umana. C’è materia per un impegno chiariIl rimprovero viene anche da molti sostenitori dell’U- ficatore, che semini qualche inquietudine, là dove appaganione. I quali, si intuisce, avrebbero preferito una mag- mento e angustia etica sbarrano la via alla speranza. M 22 I TA L I A C A R I TA S | GIUGNO 2006 Il trentesimo convegno nazionale delle Caritas diocesane, svoltosi nel giugno 2005 a Fiuggi, ha delineato un modo nuovo di concepire la Caritas parrocchiale, individuandone tre coordinate fondamentali: un metodo basato sull’ascolto, l’osservazione e il discernimento; azioni capaci di cogliere l’emergenza per ricollocarla nella quotidianità della vita parrocchiale; percorsi educativi che intrecciano esperienze e riflessione. Ciò dà concretezza al profilo e ai compiti della Caritas in parrocchia. Ora Caritas Italiana pubblica, per l’editrice Monti, il sussidio Caritas parrocchiale e azioni (Saronno, pagine 40, euro 9): tratto dai lavori del convegno di Fiuggi, consiste in un volumetto a schede e un video, che offrono criteri ed esperienze capaci di orientare l’operato delle Caritas attraverso la pedagogia dei fatti. Il sussidio può essere richiesto a Caritas Italiana (vedi sito), oppure acquistato in tutte le librerie cattoliche. Caritas Italiana e le Caritas diocesane stanno proseguendo nel cammino di avvicinamento al Convegno ecclesiale nazionale di Verona (16-20 ottobre). Il cammino Caritas intende “informare” (attraverso un commento alla traccia di preparazione al Convegno), “formare” (attraverso momenti di qualificato approfondimento) per “elaborare” un “contributo Caritas” in vista dell’evento veronese. Dopo i seminari svolti in febbraio a Milano e in marzo a Fiuggi, il convegno per i membri della presidenza e del consiglio nazionale Caritas e per i direttori delle Caritas diocesane, fissato in un primo momento a Firenze in maggio, è stato rinviato ai giorni 7-9 settembre, in località ancora da decidere (Firenze o Roma). Oltre ai rappresentanti di Caritas Italiana, vedrà coinvolti rappresentanti della rivista Il Regno e dell’Associazione teologi italiani (Ati). SERVIZIO CIVILE Progetti 2006 in Italia e all’estero Sono stati comunicati gli esiti della valutazione dei progetti di servizio civile presentati a settembre 2005. L’Ufficio nazionale servizio civile (Unsc), pur non approvando circa il 30% dei progetti per vizi di forma, ha dato via libera a 216 progetti (ma non tutti verranno finanziati per carenza di fondi) in Italia e all’estero, presentati da 109 Caritas diocesane, per un totale di 1.704 volontari. Per il 2006 sono stati approvati anche tre progetti di servizio civile all’estero denominati “Caschi bianchi”, proposti da Caritas Italiana alle Caritas diocesane che non hanno iniziative di servizio civile all’estero: consentiranno a 5 giovani volontari di prestare servizio in Africa, 6 in America Latina e 8 tra Balcani e Asia. Nella seconda decade di maggio è invece stato pubblicato il bando per i progetti 2007; intanto l’Unsc ha emanato le nuove linee guida sulla formazione generale dei volontari: Caritas Italiana ha organizzato a Roma, il 24 e 25 maggio, un seminario per approfondirle. Infine ha realizzato un nuovo kit informativo rivolti ai giovani sul tema del servizio civile nazionale in Caritas: si compone di un poster (nella foto), un pieghevole e alcuni segnalibiri. GUATEMALA Così si è affrontata l’emergenza Stan La tormenta tropicale Stan mise a dura prova, nella scorsa estate, le popolazioni del Guatemala. L’importo dei danni ammonta a 983 milioni di dollari, il 2% del Pil del paese. La solidarietà della rete Caritas e di altri soggetti (istituzioni e privati) di cui ha beneficiato Caritas Guatemala nell’aiuto in favore delle sette diocesi colpite dall’emergenza, ha consentito di sfamare 12.077 famiglie, distribuite in 246 comunità; 172.607 i dollari Usa impiegati. Il totale delle donazioni ricevute per la ricostruzione (entro febbraio 2006) è stato invece di 594.198 dollari. Oltre al problema della sicurezza alimentare, pesanti sono stati i danni alle infrastrutture civili e produttive. Molto danneggiati sono stati piccoli agricoltori e piccoli commercianti. Ma i più colpiti e vulnerabili sono gli sfollati: le abitazioni distrutte sono state 5.475, quelle danneggiate 12.285; molte di esse erano anche sedi di attività economiche. Caritas Guatemala ha elaborato un progetto di ricostruzione, presentato a Caritas Internationalis e alle Caritas donatrici, che hanno approvato la scelta di destinare alla ricostruzione parte dei fondi raccolti per la prima emergenza. I TA L I A C A R I TA S | GIUGNO 2006 23 internazionale progetti > aiuto all’america latina a cura dell’Area internazionale L’America Latina continua a essere una delle regioni meno eque del mondo: la forbice tra ricchi e poveri si allarga, mentre gli sforzi per ridurre la povertà sono insufficienti. Nel 2005 Caritas Italiana è intervenuta con progetti di cooperazione, per circa 1 milione 200 mila euro, in El Salvador, Guatemala, Honduras, Nicaragua, Haiti, Bolivia, Colombia, Ecuador, Perù, Venezuela, Argentina, Brasile, Paraguay e Uruguay; i microprogetti sono stati 66 in 12 paesi, per circa 300 mila euro. Nei primi cinque mesi del 2006 sono 31 i microprogetti in corso in otto paesi, soprattutto per migliorare le strutture irrigue che servono ad agricoltori e allevatori, costituire gruppi di lavoro in ambito rurale e sostenere la produzione artigianale. [ ] MODALITÀ OFFERTE E 5 PER MILLE A PAGINA 2 LISTA COMPLETA MICROREALIZZAZIONI, TEL. 06.54.19.22.28 24 I TA L I A C A R I TA S | GIUGNO 2006 Casa e lavoro per le “vittime” di Ilamatepec Le famiglie dei desplazados chiedono di lavorare Nell’ottobre scorso una quarantina di famiglie hanno dovuto fuggire dalla zona dove abitavano in seguito all’eruzione del vulcano Ilamatepec, nella provincia di Santa Ana, e si sono rifugiate nella città di Sonsonate. Provvedendo ai bisogni di emergenza e alla riabilitazione in loro favore, la Caritas di Sonosnate si è attivata per comprare un terreno dove costruire le abitazioni per le famiglie di contadini, costrette ad abbandonare la propria terra. Con l’aiuto di emergenza proveniente da Caritas Italiana il terreno è stato acquistato di recente, ma le esigenze di costruzione di case, riabilitazione e inserimento lavorativo per tutte le famiglie richiedono un nuovo sforzo di solidarietà. > Costo 100 mila euro > Causale El Salvador / Vulcano Ilamatepec Uno dei dolori più laceranti, nella guerra dimenticata in corso in Colombia, è la sofferenza dei rifugiati interni o desplazados (dislocati): intere famiglie, bambini e anziani, donne e uomini migranti che hanno lasciato le loro terre a causa del terrore generato dalla violenza, dai sospetti, dalla furia omicida che imperversano a causa del conflitto armato. Essi vivono emarginati, spesso anche nel contesto che li accoglie, per la diffidenza che la loro presenza genera. Il dolore che li ha segnati profondamente rende difficile il loro inserimento lavorativo nelle zone, risparmiate dal conflitto, dove si sono trasferiti. Caritas Italiana sta sostenendo lo sforzo complessivo e molto articolato di Caritas Colombia; in particolare, in questo momento invita ad aiutare (attraverso la parrocchia locale e grazie all’avvio di piccole imprese di indumenti, artigianato, prodotti locali) un gruppo di famiglie rifugiatesi a Facatativà, Cartagenita. > Costo 5 mila euro (per due anni di attività) > Causale Colombia/sostegno dislocati BOLIVIA, sostegno a microimprese familiari Nella zona rurale di Guayaramerin si punta alla creazione di microimprese familiari, mediante la costruzione di piccole infrastrutture irrigue nelle comunità di Antacollo (20 famiglie) e Carpani (25 famiglie). È prevista la costruzione di una vasca di raccolta e la depurazione dalla sabbia delle tubazioni di adduzione e distribuzione. > Costo 5.200 euro > Causale MP 13/06 Bolivia COLOMBIA, macchinari per lavorare la frutta Inclusione sociale per i bambini disabili La Caritas diocesana di Tacna, nell’estremo sud del Perù, vicino ai confini con la Bolivia, ha avviato un programma di riabilitazione e inclusione sociale di bambini e adulti disabili. Il progetto si propone l’integrazione socio-economica della popolazione con disabilità nella provincia di Tacna, che comprende centri popolati sulle Ande e sulla costa. È importante portare all’attenzione della comunità cristiana e della società civile la vita e la crescita delle persone con limitazioni di attività, ridando loro valore e dignità in famiglia e nella società. > Costo 6.600 euro > Causale Perù / Tacna Nella parrocchia-missione di Marialabaja si intende realizzare una fornitura di macchinari per consentire l'attività di trasformazione della frutta in favore di giovani e donne. Il progetto consentirà di utilizzare al meglio alcuni prodotti della regione: mango, ananas, maracupa e guayaba. La missione e la comunità beneficiaria parteciperanno alla realizzazione del programma con materiali di costruzione, manodopera e trasporto di materiali. > Costo 4.750 euro > Causale MP 68/06 Colombia ECUADOR, un aiuto alle donne che allevano cuyes Il programma promosso dalla pastorale per le donne della diocesi di Guaranda prevede la fornitura di attrezzature per l’allevamento di cuyes (animali simili ai porcellini d’India) a 27 gruppi di donne associate, nella zona di Guanuyo, per favorire le loro attività di allevamento. I cuyes sono molto apprezzati sul mercato locale e vi è grande richiesta anche nelle zone vicine. Tutti i costi organizzativi saranno a carico dei beneficiari. > Costo 5 mila euro > Causale MP 17/06 Ecuador I TA L I A C A R I TA S | GIUGNO 2006 25 internazionale servizi di Francesco Paletti Nell’isola asiatica, flagellata un anno e mezzo fa dallo tsunami, riesplode la violenze tra governo e ribelli tamil, ora divisi. Una lunga scia di violenze e stragi: 300 vittime da gennaio ad aprile, la metà civili. La preoccupazione della Caritas 26 I TA L I A C A R I TA S | GIUGNO 2006 ffici nuovamente chiusi a Hudec, la Caritas diocesana di Jaffna, capoluogo della provincia settentrionale dello Sri Lanka: una settimana per riflettere e ponderare bene il “da farsi”, perché il rischio comincia a diventare davvero alto. Una decisione analoga era sta presa anche ad aprile, quando Pathmanathan Shanmugaratnam e Salvendra Pradeepkumar, i due operatori della Caritas diocesana di Jaffna, erano stati ammazzati da una mina diretta contro un veicolo dell’esercito srilankese. Allora si era chiuso per protesta e in segno di lutto per la tragedia. Adesso, a maggio, per paura. O meglio, per non correre ulteriori rischi. La Caritas diocesana di Jaffna, insomma, si è fermata ancora: un fatto emblematico del- U la difficile situazione del paese, se è vero – come è vero – dosi minacciate nel campo tamil, accusano il governo che l’organizzazione non era quasi mai ricorsa a scelte co- di Colombo di non fare abbastanza per smilitarizzare sì drastiche, nemmeno nei venti anni della guerra civile quelle che loro giudicano fazioni paramilitari, se non che hanno lacerato l’isola asiatica. addirittura di fomentare i loro avversari interni. Ma la D’altronde, che la situazione dello Sri Lanka sia torna- situazione è di difficile decifrazione; l’unico dato certo è ta molto grave è nei fatti. Lo tsunami, un anno e mezzo fa, che la lista dei fatti violenti si è fatta incandescente tra sembrava aver consolidato l’esigenza e la voglia di pace. aprile e maggio: ai fatti già citati vanno aggiunti sparaMa ora è in atto un’escalation di violenze, solo brevemen- torie, omicidi, il ritrovamento dei resti di persone rapite te interrotta a metà febe uccise, esecuzioni da braio dal primo – e per il parte di militari e mine momento ultimo – round che esplodono contro di di negoziati fra il governo di essi (colpendo anche civiColombo e la formazione li), persino l’irruzione nelribelle delle Tigri tamil (Ltla redazione di Jaffna del te). La data d’inizio è l’agquotidiano tamil Uthayan (uccisi due giornalisti) e guato del 27 dicembre, couna sparatoria da un’auto stato la vita a dieci militari, in corsa contro un gruppo vittime di un attacco della di devoti, accampati nelle guerriglia indipendentista. vicinanze del tempio inDa allora un costante creduista di Kelathu Amman, scendo di tensione, culmia Chavakachcheri (otto nato nell’attacco kamikaze uccisi, l’Ltte ha accusato del 25 aprile, quando una l’esercito srilankese). donna si è fatta saltare in aria nel quartier generale Bassa intensità delle forze terrestri srilankesi, a Colombo, uccisolo per i media Una strage dopo l’altra, indendo quattordici persone. L’immediata reazione, il somma, il sangue torna a giorno seguente, delle forze scorrere in una guerra che armate ha prodotto il di “bassa intensità” ha solo bombardamento a tappe- I PROFUGHI PIANGONO, LE TIGRI COMBATTONO l’attenzione dei media e pagina a fianco, anziana cingalese rifugiata in un campo to delle basi militari delle Nella della comunità internazioa Jaffna, nord-est dello Sri Lanka. Sopra, combattenti Tamil Tigri nei dintorni di Mutur nale. In tutto, da gennaio (Trincomalee, Sri Lanka nord-orientale), uccidendo an- ad aprile, sono state circa trecento le vittime del conflitto, che dodici civili (fra cui, secondo l’Unicef, anche tre bam- la metà civili. Ad affermarlo è la Slmm, la missione di mobini) e causando l’esodo di circa ottomila persone. Prima nitoraggio norvegese incaricata di vigilare sulla corretta e dopo ancora stragi e violenze: il 10 aprile l’esplosione attuazione del “cessate il fuoco” stipulato dalle due parti della mina costata la vita ai due operatori di Caritas Jaffna combattenti nel febbraio 2002. Un accordo di cui sono e a cinque militari, l’11 un attacco dei ribelli che ha ucciso state denunciate circa ottomila violazioni negli ultimi dodici militari, il 12 un’esplosione nel mercato del porto di quattro anni. E di cui si temeva l’ulteriore indebolimento, Trincomalee (quattordici persone uccise), il 20 la battaglia dopo che nello scorso novembre le elezioni nazionali eranella giungla di Welikanda (trenta vittime) fra l’Ltte e la fa- no state disertate dai tamil (soggiogati dalla violenza delle Tigri) e vinte da un’alleanza cingalese nazionalista e zione tamil dissidente guidata dal comandante Karuna. La novità degli ultimi mesi, che rende ancora più in- populista, eterogenea e litigiosa ma determinata a non stabile lo scenario srilankese, è infatti l’inasprimento dare spazio alle rivendicazioni indipendentiste che i terdella lacerazione tra i tamil. Le mosse di Karuna e dei ritori nord-orientali, popolati dai tamil, esprimono da suoi si sono fatte più intraprendenti e le Tigri, senten- due decenni. L’assenza di ogni trattativa e la cancellazioARCHIVIO PIME / MONDO E MISSIONE L’ISOLA SENZA PACE «È IL MOMENTO PIÙ BRUTTO» AP PHOTO / RAFIQ MAQBOOL sri lanka I TA L I A C A R I TA S | GIUGNO 2006 27 internazionale valentemente si dirigono verso Colombo e nei distretti sud-occidentali dell’isola, ma sono ripresi anche i flussi verso la regione indiana del Tamil Nadu. ne dell’opzione federale per il riassetto dello stato avevano gettato la politica in un’impasse, da cui ora sembra scuoterla il riaccendersi del conflitto su vasta scala. «La crisi attuale è unica e terribile», conferma padre Jeyakumar, direttore di Hudec da circa un decennio. Due, secondo il religioso, sono le peculiarità dell’attuale situazione, circostanze che la rendono diversa da quelle del passato: in primo luogo, «durante i venti anni precedenti al “cessate il fuoco” il governo era molto più attento alla questione dei diritti umani e questo spiega, purtroppo, l’alto numero di civili coinvolti nelle stragi e negli omicidi». A ciò si deve aggiungere il ruolo delle organizzazioni della società civile, anche loro «impaurite da una violenza che, potenzialmente, potrebbe coinvolgere chiunque: in pochi hanno il coraggio di esporsi pubblicamente per denunciare ciò che sta accadendo». D’altronde, per padre Jeyakumar, non potrebbe essere diversamente: «Queste organizzazioni sono espressione della società e del contesto in cui vivono, e nel nord-est dell’isola la gente è in uno stato di panico e caos». Lo conferma l’esodo dalle zone di conflitto da parte della popolazione civile: secondo l’Unhcr (Alto commissariato per i rifugiati delle Nazioni Unite) oltre ventimila persone avrebbero già abbandonato le zone di conflitto e altri si preparerebbero a farlo. Pre- La previsioni sono pessime: «Purtroppo non credo che l’escalation di violenza sia destinata a fermarsi in tempi brevi – osserva il direttore di Hudec –, a meno che soggetti della comunità internazionale non comincino a fare pressioni energiche sulle parti in conflitto. Mi riferisco all’India, ma anche a Stati Uniti e Unione Europea». La conclusione è quasi ancora più cupa: «A parere mio questo non è solo il peggiore periodo dall’entrata in vigore del “cessate il fuoco”; credo proprio che sia addirittura il momento più brutto dall’inizio del conflitto etnico». Parole pesanti, tanto quanto il clima che si respira nel nord-est dello Sri Lanka. Ma guai a considerarle come una dichiarazione di disimpegno da parte della Caritas locale: «Quella che ci siamo presi all’inizio di maggio è stata solo una pausa di riflessione in un momento assai delicato. Ma, nonostante le difficoltà, non ridurremo il nostro impegno accanto ai poveri e alle vittime. Non lo abbiamo mai fatto in passato, non cominceremo certo adesso». Il conflitto ha ridotto a profughi 800 gipsy fishermen: cingalesi che da sempre pescavano anche lungo le coste tamil, segno di un’integrazione possibile avanti alla parrocchia di Duma c’è un piccolo campo profughi, in tutto una cinquantina di famiglie. Ma sono solo una piccola parte dei profughi di guerra che hanno lasciato le coste del nord-est dello Sri Lanka, per trovare riparo a Negombo, città portuale a nord della capitale Colombo. Quelli che sono saliti sui pullman e sui furgoni approntati in fretta da Croce Rossa Internazionale e governo dello Sri Lanka sono circa ottocento; la maggior parte ha trovato una sistemazione di fortuna presso parenti o amici. Si tratta di profughi particolari, perché cingalesi e perché gipsy fishermen, ossia “zingari pescatori”. È gente che trascorre buona parte della propria vita pescando e scap- DANILO FELICIANGELI D I TA L I A C A R I TA S | GIUGNO 2006 Lo stato non compra più riso, compromessa la dieta nazionale Urgono pressioni energiche La violenza inquina l’oceano, cacciati gli “zingari pescatori” 28 DANILO FELICIANGELI sri lanka DIETA A RISCHIO, INFANZIA VIOLATA Sopra, donne in cucina: la “crisi del riso” rischia di compromettere la dieta nazionale. Sotto, minori srilankesi: l’arruolamento di bambini soldato, soprattutto da parte delle Tigri tamil, è un dramma sociale molto acuto pando dal monsone. Da giugno ad ottobre, quando le piogge e le mareggiate s’abbattono sulla costa di Negombo, circumnavigano l’isola e si fermano al largo di Mullaitivu. Quando, invece, arriva il monsone nord-orientale fanno lo stesso percorso all’inverso. È così da generazioni. Gli zingari del mare si muovono spinti dal bisogno, perché la pesca e l’oceano sono l’unica loro risorsa. Ma il fatto che anche durante il ventennio della guerra civile abbiano continuato a spostarsi lungo le rotte e i percorsi consueti ne aveva fatto una sorta di manifesto di un’integrazione possibile: loro, cingalesi, che spendono buona parte della loro vita a pescare nelle acque antistanti Mullaitivu, la base navale della marina mi- Sullo fondo di un paese sempre più spaccato dal conflitto si profila anche una potenziale “crisi del riso”, che rischia di contrapporre le famiglie dei piccoli contadini (circa un milione) al governo e alla sua politica agraria. La questione verte intorno all’acquisto pubblico del riso, che lo stato adesso non compie più, perché la pratica è contraria ai “suggerimenti” di Banca mondiale e Fondo monetario internazionale in materia di libera concorrenza. A illustrare i nodi problematici e la posta in palio di una questione che è anche esplicativa della complessità dell’attuale modello di globalizzazione, è un rapporto di Molnar, organizzazione nazionale di piccoli agricoltori, uno dei principali partner di Caritas Sri Lanka. Il risultato della decisione del governo di porre fine al “riso di stato” si è rivelato duplice: da un lato tantissime famiglie rurali srilankesi (sono circa un milione quelle che vivono grazie al riso) non riescono a vendere la loro produzione a un prezzo che consenta loro di avere l’utile minimo necessario alla sopravvivenza; d’altro canto il prezzo del riso (alimento base della popolazione srilankese) è cresciuto, al punto tale da diventare difficilmente sopportabile per le popolazioni urbane meno abbienti. Nei fatti è venuto meno l’effetto calmiere sul prezzo dell’alimento base della dieta srilankese, dovuto all’immissione sul mercato del riso statale a prezzi popolari. Il ministero dell’agricoltura sta prendendo atto della situazione e ha fatto una parziale marcia indietro, che però potrebbe avere scarso impatto concreto: i 700 milioni di rupie srilankesi (circa 5 milioni 800 mila euro) nuovamente stanziati per l’acquisto del riso, infatti, sono sufficienti a coprire appena il 2% della produzione totale. litare delle Tigri tamil, etnia che si oppone a quella cingalese, maggioritaria nell’isola, chiedendo l’indipendenza della propria porzione di territorio. Inalterate da sempre, fino ad aprile Per gli zingari pescatori le rotte tracciate dai venti e dalle generazioni hanno funzionato inalterate, almeno fino agli ultimi giorni di aprile. Quando, durante una battuta di pesca, alle loro spalle è comparso un gruppo di guerriglieri dell’Ltte che ha cominciato a fare fuoco, uccidendo una persona e ferendone molte altre. La “colpa” degli zingari è, appunto, quella di essere cingalesi e l’agguato contro di loro, civili innocenti, «è probabilmente una ritorsione, doI TA L I A C A R I TA S | GIUGNO 2006 29 internazionale internazionale guerre alla finestra sri lanka Ricostruzione e bambini soldato, forte l’impegno di Caritas Italiana Il programma d’emergenza e riabilitazione post-tsunami (insieme agli altri partner del network di Caritas Internationalis), il supporto ad altri progetti di Caritas Sri Lanka, l’impegno nelle diocesi di Chilaw, Colombo e Jaffna. Sono cinque le linee di lavoro del programma-paese Sri Lanka di Caritas Italiana, accomunate da scelte strategiche di fondo: l’accompagnamento alla chiesa locale, a livello diocesano e nazionale; l’impegno alla partecipazione delle popolazioni e delle organizzazioni locali; un marcato impegno a costruire percorsi di sensibilizzazione e ricaduta pastorale in Italia. Il programma prevede un impegno economico per il medio-lungo periodo di 6,2 milioni di euro; gli operatori espatriati attualmente sono cinque. Livello nazionale. Presa di coscienza della complessità del paese e attenzione a uno sviluppo equilibrato dei vari programmi di Caritas Sri Lanka: a partire da questi elementi Caritas Italiana è andata sempre più diversificando il proprio impegno. Al sostegno al programma tsunami si sono affiancati interventi a supporto dei programmi nazionali “animazione”, “pace” e “vittime di guerra”. Chilaw. Diocesi a nord di Colombo, è stata solo lambita dallo tsunami e forse per questo dimenticata dal grande “circo” umanitario. Caritas Italiana è pressoché l’unica organizzazione internazionale presente in quel territorio: il programma spazia dalla ricostruzione all’accompagnamento psico-sociale, passando attraverso il supporto socio-economico e il capacity building della Caritas locale. Colombo. Il compito affidato a Caritas Italiana è curare il supporto socio-economico del programma tsunami della Caritas diocesana. L’approccio scelto è innovativo, sia nella definizione delle vittime (includente anche le famiglie colpite indirettamente) che nel modello di sviluppo scelto (partecipativo e integrale, non solo supporto economico, ma anche socio-politico e psicologico, con un’attenzione peculiare alla sostenibilità ambientale). Jaffna. Tredici cosiddette Children home, una sorta di collegio, ospitano oltre cinquecento bambini: è il Children programme, il programma principale del settore psico-sociale della Caritas diocesana di Jaffna, accompagnato da Caritas Italiana. La scelta di dedicare una marcata attenzione all’infanzia nasce dalla particolare situazione di vulnerabilità dei bambini delle regioni nord-orientali, colpiti dallo tsunami e vittime del conflitto, con il rischio di essere reclutati dall’Ltte come bambini-soldato. 30 I TA L I A C A R I TA S | GIUGNO 2006 po il bombardamento, da parte dell’esercito srilankese, contro le basi militari ribelli di Mutur (Trincomalee), il quale pure non ha risparmiato la popolazione civile, facendo quattordici vittime, di cui tre bambini». Fernando spiega documentato: è operatore di Sethsarana, la Caritas diocesana di Colombo, e ha avuto un ruolo non secondario nel mini-esodo degli ottocento di Negombo. Sono stati lui e padre Kingsley Ivan Appuhramy, il parroco di Duma, a fare pressioni sul governo e le altre organizzazioni del territorio perché realizzassero il soccorso. «Le persone di questo gruppo sono le prime a subire la nuova situazione – commenta il parroco –, ma temo che non saranno le ultime. Ho molti amici nel nord-est e mi dicono che il clima è teso, molto più di quanto appaia dai giornali». Voci che trovano conferma nelle informazioni dell’Alto commissariato per i rifugiati (Unhcr), secondo il quale sarebbero circa 21 mila le persone già scappate, probabilmente dalle zone del nord-est circostanti Trincomalee. I più cercano rifugio sulla costa occidentale o nell’entroterra dell’isola, ma è ricominciato anche un mini-esodo verso il Tamil Nadu, lo stato indiano madrepatria dei tamil: l’Unhcr ha contato 596 persone che dall’inizio dell’anno hanno attraversato il braccio di mare che separa la punta nord dell’isola dal subcontinente indiano, ma è lecito supporre che il numero sia superiore. Le responsabilità del governo Sethsarana non fa mancare il suo supporto, ma nella vicenda ha scelto di mantenere un profilo basso: «Il tentativo – spiega Daniele Lodola, operatore di Caritas Italiana e consulente della Caritas diocesana di Colombo – è mettere il governo di fronte alle proprie responsabilità: aiutare gli sfollati di guerra e cominciare a parlarne significa riconoscere l’esistenza di un conflitto nel paese. Sarebbe un’ammissione di non poco conto, nella situazione attuale». Anche Fernando ci spera, ma non pare crederci più di tanto. «Sinceramente non sono ottimista, se anche gli zingari pescatori non vogliono più stare là, è segno che la pace s’allontana sempre più». Perché la vicenda di questi nomadi dell’oceano, agli occhi di molti srilankesi, è una metafora emblematica del caos in cui rischia di cadere lo Sri Lanka. Le circostanze della vita e la lotta per sopravvivere li avevano costretti a scommettere sul mare e sull’integrazione. Hanno perso due volte: la prima nel dicembre del 2004, quando lo tsunami rubò loro affetti e mezzi di sussistenza. La seconda a metà aprile. Ma questa volta non è la natura, a mettere tutto sottosopra. INTERNET, UN ALLEATO PER SAPERE DI PIÙ SUI CONFLITTI di Paolo Beccegato è un motivo di grande speranza nel panorama dell’informazione sui conflitti: negli ultimi anni la domanda e l’offerta di informazione che riguarda la rete internet è aumentata sensibilmente. L’accesso a una pluralità di fonti d’informazione è uno strumento fondamentale per ricostruire quella verità dei fatti che, per sua natura, permette di lottare contro le guerre, le ingiustizie e le povertà nel mondo. Le modalità più utilizzate dagli utenti per l’accesso alle informazioni presenti in rete sono essenzialmente quattro: le interrogazioni sui motori di ricerca, i servizi di news, i newsportal di testate C’ che geopolitiche e storiche agli aggiornamenti più recenti, dalla consultazione di banche dati alla visualizzazione di elementi multimediali. Picchi di audience All’aumento dell’offerta di contenuti veicolata da siti indipendenti, o comunque alternativi ai tradizionali network dell’informazione, è corrisposto negli ultimi anni anche un che operano su altri media (stampa, notevole aumento della domanda tv), infine l’interazione in gruppi di da parte degli utenti. Basta dare Negli ultimi anni discussione (newsgroup). un’occhiata ai dati di traffico di alcuè cresciuta molto Se ci si limita a osservare l’auni siti del circuito non profit italiano, l’offerta di notizie mento della domanda nei confronti che ormai sono parte integrante delon line su crisi e guerre. delle iniziative on line di operatori lo scenario informativo nazionale, Il merito è di network giornalistici italiani tradizionali per la qualità e la quantità di contee testate indipendenti, (grandi quotidiani, Rai, Mediaset, nuti offerti: Misna, Indymedia, Peaecc.), bisogna notare che queste foncereporter, Unimondo, Warnews, che spesso rappresentano ti offrono un tipo di informazione Equilibri, Peacelink, Informazione il settore non profit: fortemente allineata sull’agenda nasenza frontiere. Negli anni 2001fanno informazione zionale. Gli elementi più interessan2004 i siti indipendenti si sono rapiaggiornata e di qualità ti per capire l'offerta di informazione damente trasformati da nicchia sui conflitti dimenticati arrivano ininformativa a bassa affluenza di convece da fonti collegate al terzo settore, cioè da quella ga- tatti in realtà comunicative sempre più apprezzate. L’elassia di media indipendenti che, specialmente nel pe- sempio paradigmatico è Misna, che nel giro di pochi anriodo successivo al 2001, si sono ampiamente affermati ni è passata da poche centinaia di accessi unici ai cinque nella rete. Il più delle volte questi network hanno dato vi- milioni di user unici nel 2004, con lo straordinario risulta a interessanti esperienze di condivisione dell’informa- tato di 14 milioni di accessi della primavera del 2004. zione, basate sullo sviluppo di reti sociali impensabili in Altra riflessione interessante deriva invece dai dati assenza dell’infrastruttura comunicativa rappresentata di traffico dei principali siti di informazione indipenda internet. dente: i picchi di audience nei momenti di maggiore Questi network, oltre a offrire una fertile diversifica- crisi sono un segnale di una forte domanda da parte zione delle fonti rispetto agli argomenti più battuti dagli dell’utenza di un’informazione svincolata da interessi operatori mainstream, garantiscono al pubblico interes- di potere. Non è un caso, quindi, se proprio quando le sato una copertura aggiornata della maggioranza dei guerre “infinite” vivono i loro momenti di più intensa conflitti presenti nel mondo. E, soprattutto, nella mag- attività mediatica (come il caso dell’Iraq), gli utenti delgioranza dei casi si tratta di un’informazione approfon- la rete tendono a indirizzarsi di più anche verso siti indita e accurata, che va dalla ricostruzione delle dinami- dipendenti e alternativi. I TA L I A C A R I TA S | GIUGNO 2006 31 internazionale albania TRADITE E TRATTATE, L’INFERNO OLTREMARE di Mattia Bellei mmigrazione e prostituzione sono cresciute insieme. Anche perché l’Italia, di là del RAPITE O mare, fungeva da polo d’attrazione e da piattaforma di collegamento con altri paesi. Ol- “FIDANZATE” Prostituta tre a essere sede di organizzazioni criminali ramificate, candidate naturali a fare da albanese su una sponda nei traffici di esseri umani. E così il fenomeno della prostituzione dall’Albania strada italiana. si è sviluppato, negli ultimi quindici anni, in proporzione alla crescente emigrazione Molte arrivano sottratte in modo dal paese delle Aquile. Flussi alimentati entrambi dalla condizione di clandestinità: non esi- coatto alle stono cifre attendibili. Ma è certo che in Albania, oggi, tutti hanno almeno una parente, un’a- famiglie, o illuse da uomini mica o una conoscente andata in Italia o in Grecia per prostituirsi. a cui si erano Le migrazioni di albanesi verso l’Italia ci sono sempre state, ma gli anni Novanta hanno as- promesse sunto il carattere di un esodo. Nel quale, con il tempo, sono aumentate le presenze femminili. La prostituzione è stata un’ovvia conseguenza di una serie di congiunture: forte divario economico tra i due paesi, difficoltà di inserimento delle donne albanesi nel mercato del lavoro italiano, esistenza di una domanda di prostituzione in aumento. Il giro di prostituzione delle ragazze albanesi si è co- Non esistono dati sul traffico di donne sì strutturato. Interamente gestito da gruppi di immidall’Albania verso l’Italia a fini grati albanesi, è una vera e propria tratta, che comincia con il reclutamento delle ragazze secondo diverse mo- di sfruttamento sessuale. Ma l’esodo dalità: il rapimento coatto, il “fidanzamento” o l’intra- è stato massiccio, alimentato da crisi prendenza di adolescenti che decidono di partire per l’estero, chiedendo “passaggi” che non è difficile trova- sociale e elementi culturali. E oggi re, alla ricerca di una vita migliore. Le storie, in realtà, si diffonde la prostituzione interna non sono mai lineari, ma sempre determinate da più fattori. Però le condizioni di deprivazione economica, Attività d’appartamento sociale e culturale in cui versa l’Albania rendono diffici- Il viaggio verso l’Italia avviene sempre allo stesso modo, le credere che prostituirsi sia davvero una scelta libera. su imbarcazioni che, in genere di notte, partono da DuResta da chiarire il ruolo delle famiglie di origine: al- razzo. Il prezzo varia, ma vi è una sorta di accordo di gacune manifestano una certa arrendevolezza riguardo al- ranzia tra scafisti e trasportati: chi viene fermato dalle le sorti della ragazza, altre sono all’oscuro degli esiti del autorità italiane e rispedito in Albania poco dopo il suo viaggio oltremare. Le famiglie albanesi possono finire col viaggio, ha diritto, senza dover versare altro denaro, a “cedere” le proprie figlie, nel rispetto delle antiche tradi- una nuova traversata. zioni contadine di origine clanica, oppure pressate dalla La prostituzione albanese nel nostro paese negli ultipovertà. Ma negli ultimi anni sia la tv che l’esperienza di mi anni si è fatta meno visibile, trasformandosi da fenotante persone hanno diffuso informazione. Oggi le ra- meno di strada in attività esercitata in appartamenti prigazze vengono reclutate nelle zone meno accessibili del vati, grazie a contatti ben poco casuali, alimentati da repaese, mentre qualche anno fa il fenomeno interessava ti di comunicazione fra prostituite e clienti difficilmente maggiormente le aree costiere e i centri abitati più gran- intercettabili ma efficaci. Il controllo da parte degli sfrutdi: ciò dimostra l’esistenza di una correlazione tra la trat- tatori è, per le albanesi, pressoché totale. Una prostituta può guadagnare anche 7-800 euro al giorno e ogni giorta, l’ignoranza e la scarsa disponibilità di notizie. 32 I TA L I A C A R I TA S | GIUGNO 2006 ROMANO SICILIANI I no il “protettore” incassa tutti i soldi e provvede alle spese della ragazza, cui non è consentita alcuna autonomia, né economica né logistica. Spesso tra protettore e prostituita intercorre un legame sentimentale, elemento forte del rapporto, che tende a rimanere intenso anche quando lo sfruttamento raggiunge toni aspri. Tra le chiavi di lettura del fenomeno, spiccano due ipotesi fortemente contrapposte. Quella dello “sfrangimento culturale” evidenzia i fattori di crisi e rottura rispetto alla cultura albanese: il popolo albanese, vessato da congiunture sociali, politiche ed economiche sfavorevoli, è forzato a produrre fenomeni di devianza e criminalità diffusa. L’ipotesi della “continuità culturale”, invece, enfatizza il mantenimento di modelli tradizionali albanesi e il loro riadattamento all’interno del nuovo contesto italiano. È certo, comunque, che la tratta albanese tende ad assumere caratteristiche proprie. Il pervasivo controllo degli sfruttatori, le modalità violente dello sfruttamento, la pronunciata sottomissione e la giovane età delle ragazze, la vicinanza del paese di provenienza (con il conseguente mantenimento di forti legami economici, di solidarietà e clientela con l’Albania) sono tratti peculiari della prostituzione albanese. E sarebbe ingenuo non rintracciarvi elementi di continuità con la cultura e la mentalità albanesi. Ma è necessario non criminalizzare pregiudizialmente dati culturali e di tradizione che, a una sensibilità europea, appaiono perlomeno discutibili. Può essere utile, in effetti, ragionare sulla percezione che dall’Albania si ha della tratta in Italia. La contraddittorietà delle opinioni dipende dalla tradizionale condanna della prostituzione presente nella cultura albanese, mitigata però dal persistere di forme di sostanziale accondiscendenza al fatto che padre, fratelli, mariti e fidanzati dispongano delle donne, soprattutto delle più giovani. Le violenze fisiche esercitate da alcuni sfruttatori albanesi nei confronti delle loro ragazze non appaiono peggiori di quelle esercitate da alcuni mariti sulle loro mogli. Il fatto che in Albania la prostituzione tradizionalmente non esista, non ha impedito che negli ultimi anni il fenomeno abbia cominciato a manifestarsi nei principali centri del paese, sotto forma di prostituzione d’albergo ad uso degli stranieri (ma non solo). Hanno un ruolo, in proposito, l’opportunismo e l’omertà. Non sapere, o fingere di non sapere, è comodo per molti. Finché la cosa resta ambigua, è possibile non prenderla in considerazione. Se la prostituzione non esiste, è inutile combatterla… I TA L I A C A R I TA S | GIUGNO 2006 33 internazionale internazionale casa comune albania «Il numero è molto diminuito, ma chi è liberata non ritorna» di Mirta Da Pra Pocchiesa Gruppo Abele e coordinamento Caritas contro la tratta COSTITUZIONE EUROPEA, I CITTADINI RESTANO LONTANI di Gianni Borsa è un debito di riconoscenza. È tempo naggio sono interessati in particolare i rom. Quanto al di dire grazie”. Con questo titolo Caritas traffico in vista di eventuali adozioni illegali, si ha la perAlbania, Missione cattolica di Blinisht- cezione che avvenga, ma non ci sono dati in proposito. Lezhe e Oim hanno organizzato a ini- Se invece ci riferiamo alle ragazze minori di 18 anni, la zio marzo, a Lezhe, una conferenza tratta è aumentata: l’età delle donne trafficate a fini sespubblica dedicata ai progetti di aiuto a chi è vittima del- suali si è notevolmente abbassata. Il fenomeno del trafla tratta di esseri umani. All’iniziativa hanno partecipato ficking è inoltre ormai non più emergenziale, ma strutanche una delegazione di Caritas Italiana, esponenti del turale: ridottosi nei numeri, è tutt’altro che superato. Le donne sottratte al traffico chiedono di tornare? Vaticano, della chiesa e dell’associazionismo cattolico italiani, della società civile e delle istituzioni di Italia e Non vogliono tornare a casa, per tanti motivi: la paura del Albania. Tra loro c’era Ada Trifirò, attenta osservatrice giudizio, ma anche il rifiuto di ricominciare in una situadel fenomeno della prostituzione e della tratta, che a Ti- zione di estrema povertà sociale ed economica, in cui alle donne sono negati elementari dirana coordina un progetto dell’ong italiana Cies (Centro formazione Intervista a Ada Trifirò, ritti. Recentemente è stata presentata una ricerca che segnala livelli di maleducazione allo sviluppo), finanziato osservatrice trattamento domestico allarmanti: dalla Commissione europea e finadel fenomeno-tratta. l’Albania è il paese d’Europa dove il lizzato, oltre che a offrire supporto «In Albania fenomeno è più diffuso. Una donna alle donne trafficate che tornano in la negazione dei diritti albanese ha scarse possibilità di sceAlbania, a prevenire il fenomeno, ingliere la sua vita. Non stupisce che tervenendo nei quartieri a rischio, delle donne ostacola molte ritengano preferibile un’espedove vivono giovani in situazioni il recupero. svantaggiate (molte di origine rom). rienza di prostituzione all’estero, Ma di prostituzione Quali sono le novità nel traffico di piuttosto che un futuro in patria. donne provenienti dall’Albania? La prostituzione interna è in almeno oggi si parla» Il numero delle donne albanesi trafespansione? ficate si è ridotto considerevolmente, non solo verso l’I- Le donne che si prostituiscono in Albania sono giovani; altalia ma anche verso gli altri paesi dell’Europa occiden- cune, trafficate all’estero e rispedite in patria, tornano a tale. Il picco c’è stato dal 1996 al 1998, anni in cui le don- prostituirsi a causa della mancanza di altre opportunità. ne erano molto disinformate e partivano ignare. Spesso La legge sulla prostituzione, in Albania, è proibizionista, erano accompagnate da pseudo-fidanzati che promet- ma non viene applicata con rigore. I clienti all’inizio erano tevano un lavoro sicuro e poi le mettevano sulla strada. gli internazionali, ma oggi il fenomeno interessa per lo più Le famiglie non sapevano, o pensavano che non sarebbe uomini albanesi. I clienti sono persone di tutte le età e di toccato alla propria figlia. Alla diminuzione dei traffici tutti gli strati sociali. Come ovunque. hanno contributo le vendette tra famiglie: le donne a Contro tratta e prostituzione qualcosa si muove anvolte vengono vendicate da fratelli o parenti. Così i trafche in Albania? ficanti albanesi, con il tempo, hanno messo in piedi Oggi se ne parla, mentre fino a qualche anno fa, specie a un’organizzazione più ramificata: si sono dedicati a traf- livello governativo e di gerarchie, anche ecclesiastiche, le ficare donne rumene, moldave o ucraine, per correre cose erano taciute e negate. In materia di tratta si è arrivameno rischi, e hanno cominciato a gestire droga e armi. ti persino a promuovere una strategia che prevede un inE il traffico di minori? tervento plurisettoriale a sostegno della vittima. Sulla carÈ un fenomeno costante nel tempo. Ai fini dell’accatto- ta tutti sono coinvolti nel processo: è già qualcosa. “C’ 34 I TA L I A C A R I TA S | GIUGNO 2006 trascorso un anno dal secco “no” giunto da Olanda e Francia alla Costituzione Ue. Eppure la ferita inferta all’integrazione comunitaria non si è rimarginata. Anzi. Il doppio stop ai sogni dei più convinti europeisti ha dato avvio a uno stallo politico, dal quale i 25 si devono ancora riprendere. I capi di stato e di governo avevano deciso, all’indomani delle autorevoli bocciature giunte da due paesi fondatori, una “pausa di riflessione” sulle ratifiche alla Carta, per ragionare su identità, obiettivi, confini e futuro dell’Unione europea. Il summit di metà È Quanti appassionati? Si può dunque pensare che qualcosa si stia muovendo a livello istituzionale. Ma permane una domanda: quanti cittadini effettivamente hanno partecipato ai Forum o ne conoscono l’esito? Quante persone si sono appassionate al dibattito sul futuro dell’Europa, mentre a Bruxelles si susseguono i litigi sul bilancio comunitario, sulle politiche energetiche, giugno 2006 avrebbe dovuto raccosui rapporti con “il resto del mondo”? gliere le idee, per poi rilanciare il Probabilmente il gap che divide A un anno processo di unità continentale, cittadini e istituzioni comuni si condalle bocciature scommettendo soprattutto sulla ferma e non viene scalfito dagli ultimi di Olanda e Francia, presidenza tedesca del 2007 e sull’eeventi. Rimane la necessità di prosea che punto è il dibattito sito “eurofavorevole” di molte eleguire la verifica sui nodi principali sulla nuova Carta dell’integrazione. La commissione zioni politiche nazionali previste tra dell’Europa a 25? Barroso, mediante il Piano D, ne indiquest’anno e il prossimo. L’iniziativa istituzionale ca almeno tre. In primo luogo lo sviOccorre riconoscere che la guida è ripartita. del consiglio Ue, affidata da genluppo economico e sociale dell’EuroMa non è abbastanza naio all’Austria, ha risvegliato l’atpa, cioè la “capacità dell’Ue di generaper far partecipare tenzione su questo fronte. Il goverre crescita e creare più posti di lavoro, l’“europeo comune”… no del cancelliere Schüssel si è dato sfruttando al massimo gli effetti della da fare, spalleggiato dalla commisstrategia concordata a Lisbona; i valosione Barroso e dal parlamento europeo, per mettere a ri comuni su cui si basano i modelli economici e sociali in tema la necessità di dare a una Ue così ampia e com- Europa; le riforme necessarie per affrontare la concorrenplessa una “legge fondamentale” che ne regoli vita e mi- za planetaria”. Secondo, i sentimenti nei confronti dell’Euracoli, evitando una “morte annunciata”. ropa e i compiti dell’Unione: “Partendo dai traguardi già Nei mesi scorsi, dunque, si sono moltiplicate le oc- raggiunti e dai benefici concreti apportati dall’Unione alla casioni di confronto; il parlamento ha approvato la riso- vita quotidiana dei cittadini, il dibattito potrebbe incenluzione Duff-Voggenhuber, che segna principi e tappe trarsi su quello che secondo i cittadini dovrebbe essere fatper discutere di Costituzione; la commissione ha co- to a livello locale e su quale dovrebbe essere secondo loro minciato a concretizzare gli obiettivi del Piano D (de- il futuro ruolo dell’Unione”. Infine, le frontiere dell’Europa e mocrazia, dialogo, dibattito), che fissa una calendario di il suo ruolo nel mondo: “La prospettiva di nuovi allargaForum interparlamentari, per cittadini, società civile e menti – si legge nel Piano D –, la capacità dell’Unione di asassociazionismo. I Forum più importanti si sono svolti il sorbire nuovi membri, la sicurezza globale del continente, 24 e 25 aprile e l’8 e 9 maggio a Bruxelles: i risultati han- le relazioni con i suoi vicini o l’influenza dell’Europa a rafno contribuito a stabilire l’ordine del giorno del summit fronto con quella di altre grandi potenze mondiali”. Temi del 15 e 16 giugno. cruciali, sui cui serve un confronto reale e capillare. I TA L I A C A R I TA S | GIUGNO 2006 35 internazionale forum sociale europeo Moldavia, viaggi “all inclusive”: la prostituzione cambia pelle UNIONE SENZA POVERTÀ? NON BUTTIAMO IL WELFARE testi e foto di Patrizia Caiffa immagine è cruda, ma rende bene i contenuti del Forum: una donna nuda, mol- UN’ALTRA to grassa, decadente e anziana, è portata sulle spalle da un giovane magrissimo, EUROPA L’ingresso curvo e gravato dal suo peso. Lei regge tra le mani una bilancia, la giustizia e i de- al quartiere stini del mondo. L’Europa e l’Africa, il primo mondo e i paesi impoveriti. È la scul- fieristico Atene, dove tura in bronzo collocata davanti a uno degli ingressi del quarto Forum sociale eu- di si è svolto ropeo, svoltosi ad Atene dal 4 al 7 maggio, con la partecipazione di circa 20 mila appartenen- il quarto Forum ti a movimenti sociali e oltre 600 eventi tra workshop, seminari, convegni su pace, diritti uma- sociale europeo. sinistra, ni, povertà, migrazioni, per chiedere “un’altra Europa e un altro mondo possibili”. Il Forum si A lo stand è svolto in una atmosfera tranquilla ma quasi irreale, in un’Atene sbiadita e un po’ indifferen- della te, tra il vento greco che agitava striscioni colorati contro guerra e ingiustizie e il brulicare di delegazione Caritas giovani sperduti tra centinaia di stand e stanze in cerca del seminario giusto. Caritas Italiana era presente ad Atene con una delegazione di 18 persone e ha organizzato per la prima volta incontri, insieme ad altri partner europei, come Secours Catholique Caritas Francia e le Caritas dei Balcani. «È una preDelegazioni Caritas ad Atene al quarto senza che non vuole essere episodica – ha spiegato Paolo Beccegato, responsabile dell’area internazionaForum sociale continentale, con le di Caritas Italiana –, ma intende diventare un perriflessioni e una “Carovana della pace” corso di condivisione e confronto con le altre realtà dai Balcani. «I membri Ue devono fare della società civile europea e mondiale». Anche monsignor Antonio Varthalitis, presidente di Caritas Hellas di più contro il disagio materiale. e vescovo emerito di Corfù, accogliendo ad Atene le delegazioni Caritas ha ricordato che «la Chiesa è preDentro e fuori dai propri confini» sente al Forum per far sentire la sua voce e far vedere la sua presenza accanto ai poveri. Non si può essere assenti in uno spazio aperto, nel quale si riflette sul futuro della società europea». Tra gli incontri organizzati dalla rete Caritas, ci sono stati il seminario sui conflitti dimenticati dai media, con l’esempio dei Balcani, e altri seminari sulla povertà in Europa, la tratta, i rom, i senza tetto. E dai Balcani è arrivata al Forum una “Carovana della pace”, con una ventina di delegati dalle Caritas di Macedonia, Croazia, Bosnia Erzegovina, Serbia-Montenegro, Bulgaria e Albania, persone che lavorano nella regione per la riconciliazione e la pace. Si sono incontrati nelle città dei Balcani e riuniti a Skopjie, concludendo l’esperienza con un convegno a Belgrado. Ad Atene hanno portato la loro testimonianza ed esperienza. L’ 36 I TA L I A C A R I TA S | GIUGNO 2006 Eppure l’Unione funziona Ma un’Europa senza povertà è davvero possibile? Abbiamo girato la domanda, oggetto di riflessione al Forum greco, ad Antoine Sondag, responsabile del Dipartimento Europa di Caritas France, che ad Atene ha moderato l’incontro sui conflitti dimenticati. Un’Europa senza povertà: un’utopia realizzabile? Penso sia possibile un’Europa senza povertà, perché nella situazione attuale abbiamo le risorse finanziarie e tecniche per combattere almeno quella materiale. Le altre forme di povertà, quelle relazionali, sono più complicate e in questi casi il denaro non è una soluzione. Alcuni paesi dell’Unione europea hanno tassi di povertà economica molto bassi, tra il 3 e il 5% (ad esempio la Danimarca), altri tassi molto elevati, tra il 10 e il 15% (Polonia, Portogallo, Francia, Italia). È una vergogna che un paese ricco non dedichi risorse e sforzi a combattere la povertà materiale. I paesi europei non prendono sul serio la lotta contro la povertà. L’Unione europea fa molti sforzi per avere una moneta comune o criteri vincolanti di gestione riguardo a temi come inflazione, deficit, debito; invece in materia di povertà gli obiettivi sono molto meno ambiziosi, solo un’ideale. Non sono impegni seri come quelli presi in altri campi. Come giudica le politiche verso gli otto nuovi membri dell’Est, notoriamente più poveri? Schegge dalle mille sollecitazioni del Forum di Atene. Tra stand e seminari si viene per esempio a sapere che in Moldavia, il paese più povero d’Europa, la tratta offre viaggi “tutto compreso”. Agenzie di viaggio fittizie propongono ai clienti turchi, italiani e francesi weekend o vacanze in alberghi “rispettosi”. Ma l’unico itinerario previsto è un soggiorno di turismo sessuale, con donne, ragazzi e bambini vittime della tratta, al modico prezzo di 20 euro al giorno. È la nuova tendenza, che sta sostituendo il traffico di esseri umani dalla Moldavia verso i paesi occidentali, perché non è più conveniente alle reti criminali portare persone all’estero. Lo spiega Otilia Sirbu, direttrice di Caritas Moldavia. Motivo di questo nuovo fenomeno, spiega, «è l’impossibilita per i moldavi di ottenere i visti per andare a lavorare all’estero; per farlo sono costretti a ricorrere alle mafie, che chiedono loro 2-3 mila euro. A molte famiglie, per estinguere il debito, viene chiesto in cambio che qualcuno si prostituisca. Da quel momento è impossibile uscire dal giro. Inoltre il 50% delle donne coinvolte fugge da situazioni di violenza domestica inaudite. Nei villaggi più poveri le madri insegnano alle figlie che la donna se non è picchiata non è amata, dunque a tacere e sopportare». Per reclutare “manovalanza” girano per il paese camion che raccolgono persone, promettendo lavori onesti all’estero. «Ma quei camion non escono mai dalla Moldavia, al massimo vanno in Romania o nei Paesi della ex Jugoslavia», precisa Otilia Sirbu. E la cosa più triste «è che da città come Parigi e San Pietroburgo aumentano richieste di ragazzine di 8-10 anni». Dal 1993 – anno della grande crisi, in seguito alla caduta dell’impero sovietico – la popolazione si è enormemente impoverita e si stima che un milione di moldavi (circa il 25% della popolazione) sia emigrata all’estero. Per cercare di contrastare la piaga del traffico di esseri umani l’unica possibilità per la Caritas è la prevenzione: nelle scuole, aiutando i bambini di strada, con la formazione professionale e la promozione di occupazione e sviluppo a livello locale. I TA L I A C A R I TA S | GIUGNO 2006 37 internazionale internazionale contrappunto forum sociale europeo Grecia, una terra di passaggio per un popolo di stralunati Una lunga fila di piatti e bicchieri azzurri e verdi ricolmi di buon cibo. Una lunga fila di curdi, iracheni, somali, mediorientali stralunati, provati da chissà quale viaggio della speranza via mare o via terra. È il pasto dei rifugiati che passano ogni giorno ad Atene, nella struttura messa a disposizione da Caritas Hellas, piccola realtà che riunisce i cattolici greci di rito romano, bizantino e armeno. Qui vengono distribuiti quotidianamente viveri, pacchi di alimenti e indumenti a 200-300 immigrati (in maggioranza profughi) che non hanno possibilità di accedere alla legalità per via di leggi troppo severe. Di solito stanno in Grecia un po’ di tempo, cercano lavoro senza trovarlo e fuggono di nuovo, verso altri paesi europei. È la consueta, interminabile trafila “da una terra che li odia a un altra che non li vuole”. Non ci sono dati ufficiali sulla presenza degli stranieri in Grecia (la maggior parte sono curdi, iracheni, albanesi, afgani, mediorientali e africani), anche perché molti sono di passaggio. Si valuta però che possano essere il 15-17%, su una popolazione totale di 11 milioni di greci. Anche in Grecia non mancano, purtroppo, le tragedie del mare. «Soprattutto in inverno con i mari agitati – racconta don Andreas Vuccinos, direttore di Caritas Atene –. Ma molti provengono dai paesi dell’est ed entrano anche dalle montagne, poco controllate». BENEVENUTI IN EUROPA La mensa per rifugiati gestita da Caritas Grecia 38 I TA L I A C A R I TA S | GIUGNO 2006 Questi otto paesi, che vengono dall’ex blocco sovietico, occupano il posto che era occupato una volta da Grecia e Portogallo. È un segno di speranza, perché in passato i più poveri hanno fatto veloci progressi: oggi l’Irlanda è molto più ricca dell’Inghilterra e questo vuol dire che l’Unione europea funziona. Aiuta le regioni più povere a recuperare il loro ritardo. Non è un buon segno, invece, il fatto che i membri Ue si dimostrino un po’ egoisti, non vogliano aiutare troppo i paesi poveri. Bisognerebbe essere più generosi e capire che è un bene aiutare paesi come la Polonia, perché quando sarà ricca come l’Italia avremo un partner economico in più. Ma mi sembra che ci sia molta paura, come se rimpiangessimo di averli accolto. In Europa, fuori dall’Ue, ci sono paesi con situazioni di povertà ancora più drammatiche, come Moldavia, Albania, Balcani e Caucaso. Dovremmo occuparcene di più? Dovremmo occuparci dei nostri vicini per ragioni etiche, ma anche politiche. Proprio perché l’Unione europea è una tale potenza economica, uno spazio di libertà, non possiamo tollerare che accanto a noi ci siano situazioni caratterizzate da cattivi governi e corruzione, sede di criminali che fanno traffico di armi, droga, esseri umani. Anche solo per ragioni egoistiche dovremmo occuparci dei nostri vicini. Nel caso della Moldavia, per esempio, il paese più povero d’Europa, con 4 milioni di abitanti e un traffico di esseri umani spaventoso, dovremmo aiutarla a svilupparsi sul piano politico, per avere una situazione più stabile. Cosa chiedere allora a Bruxelles per combattere la povertà? In realtà bisognerebbe agire di più e meglio nelle politiche sociali a livello nazionale, perché per lottare contro la povertà bisogna essere vicini alle persone. I più indicati sono i comuni, allora bisogna rinforzarne competenze e budget. L’Unione europea può però assicurare un quadro macroeconomico stabile e dinamico in materia di politiche economiche e monetarie, in modo che lo sviluppo sia ricco di posti di lavoro. Creare occupazione è un modo indiretto per lottare contro la povertà. Inoltre non bisogna distruggere il welfare state: è giusto avere uno stato forte, che protegga i cittadini più deboli. Non bisogna abbandonare ciò che fa parte della cultura politica europea, sia di destra che di sinistra: noi cattolici dobbiamo ricordare che questa lezione è molto vicina all’insegnamento sociale della chiesa, che accetta l’economia di mercato ma anche uno stato sociale che interviene fortemente per proteggere i più deboli. INSABBIATI IN IRAQ: TRATTATIVA, SOLA VIA D’USCITA di Alberto Bobbio re anni dopo, la “coalizione dei volonterosi” non esiste più. Tre anni dopo, quella che gli inquilini di molte cancellerie dell’Occidente consideravano una valida alternativa alle Nazioni Unite è svanita nelle sabbie del deserto e in Iraq resta una coalizione tripartita: Usa, Gran Bretagna e Italia. Ma chi decide sono inglesi e americani. L’Italia non ha mai contato nulla e a tutti i colloqui politici sul futuro dell’Iraq Roma non è mai stata nemmeno invitata. Né la coalizione militare ha mai avuto un comando a rotazione, come avviene per tutti gli altri luoghi del mondo dove, sotto varie ombrelli (Nato, Onu, Unione Europea), le truppe italiane si trovano a operare. gna trattare con gli insorti, distinguendo tra terrorismo e resistenza, proprio per battere il terrorismo. E per comporre un quadro istituzionale e di governo a Bagdad. Gli americani, dopo tre anni di fallimenti e una lunghissima fila di morti, se ne stanno rendendo conto. Per primi militari, generali, esperti di strategia, cioè quelli che restano a ogni cambio di amministrazione, per assicurare continuità nell’applicazione delle decisioni politiche. Eppure la nostra presenza militaAnche tra i nostri generali lo L’Italia ha pagato re tra le sabbie di Nassiriya ci è coscontento è elevato. La missione itaun prezzo elevato, stata molto cara in termini di vittiliana è stata lasciata in una sorta di ma ha ottenuto poco me, feriti e costi per il contribuente. limbo: missione di pace o di guerra? dalla spedizione Dal punto di vista militare, la missioLa discussione non è da poco e le a Nassiriya. ne italiana è risultata decisiva. Abambiguità di questi anni a volte ci si Era una missione biamo protetto il fianco sud agli sono ritorte contro. Se la missione di pace o di guerra? americani e il fianco nord agli ingleera di guerra i soldati andavano proLe ambiguità si, altrimenti la loro missione sarebtetti meglio, sia con strumenti di pronon le hanno giovato. be stata più problematica e sanguitezione passiva, sia con una migliore E adesso serve un Piano nosa. Tuttavia, dal punto di vista potattica strategica. Andava per esemMarshall a guida Onu litico non abbiamo “incassato” nulpio presidiata la strada che usciva la, né chi ha governato il paese negli dalla base e dove un blindato dei cascorsi cinque anni è riuscito a formulare un’idea per l’I- rabinieri è saltato in aria a fine aprile. Il generale Fabio raq, che non fosse quella di porsi come fedeli scudieri Mini, il più autorevole, lucido e preparato tra i nostri gedei cavalieri di una coalizione sempre più sfilacciata. Gli nerali, esperto di guerra e analisi geopolitiche, lo ha detspagnoli se ne sono andati, l’Ucraina, fedelissima della to con chiarezza, non solo dopo l’attentato. Casa Bianca, ha richiamato i suoi: oggi per essere amici Il fastidio delle forze armate, usate dai politici solo per degli Usa non conta combattere tra le sabbie irachene. le esibizioni televisive e poi messe da parte, indica, in modo netto, il fallimento politico della missione in Iraq. Di cui Generale scontento ora va cambiata la natura: non più soldati, ma cooperaProprio qui sta il punto. Gli Stati Uniti vanno aiutati a zione civile. Eppure se l’Italia farà da sola, senza cercare il trovare una soluzione. E l’unica accettabile dal resto del- consenso politico e diplomatico a una sorta di grande Piala comunità internazionale è darsi da fare perché la mis- no Marshall per l’Iraq, guidato dalle Nazioni Unite e consione in Iraq cambi natura e fini, non più sotto comando temporaneamente tenuto al riparo dai pasticci americani, americano e inglese. L’unica parola che può aiutare a la missione sarà buona solo per un altro set mediatico, sul cambiare le cose nel teatro iracheno è “trattativa”. Biso- quale cambieranno gli attori: da destra a sinistra. T I TA L I A C A R I TA S | GIUGNO 2006 39 agenda territori parrocchia e mondialità BOLOGNA Corso per imparare ad aiutare le vittime di violenze in famiglia Due vigilesse, due ispettori di polizia, tre carabinieri, tre mediatrici culturali, dodici volontarie di diverse associazioni che si occupano di diritti delle donne. E ancora, una quarantina di operatrici di servizi sanitari e sociali: sono i partecipanti al primo corso di formazione sulla violenza domestica contro donne e minori, promosso dall’Azienda Usl di Bologna in collaborazione con enti locali e associazioni del territorio, tra cui la Caritas diocesana. Apertosi a inizio maggio, il corso intende favorire collegamenti tra istituzioni che intervengono in situazioni di violenza intrafamiliare e la costruzione di una rete territoriale per la prevenzione. Il corso si avvale del contributo di operatori di pronto soccorso, dei consultori, del servizio tossicodipendenze, del centro di salute mentale, della medicina di base e specialistica. «In numerosi paesi occidentali – spiegano dall’Ausl bolognese – i dati evidenziano che subisce maltrattamenti non occasionali una donna convivente o sposata su tre o su quattro. L’estensione e la gravità del fenomeno indicano che la violenza contro le donne va considerata come una patologia a carattere sociale, cioè strutturale in più o meno tutte le società attuali, e non può essere ridotta a una patologia individuale o psicologica». [redattore sociale] TRIESTE Un 2005 intenso, 91 mila prestazioni per chi ha bisogno Ben 91mila prestazioni erogate in 47 servizi, grazie all’impegno di 207 persone tra volontari e operatori. Sono i numeri del servizio svolto dalla Caritas diocesana di Trieste nel 2005 e sintetizzati nel “Report servizi Caritas 2005”, presentato a fine aprile. Il Report si concentra sui servizi diurni, residenziali (case di accoglienza sparse in città, per persone multiproblematiche, donne sole, richiedenti asilo e rifugiati) e di seconda accoglienza, che si aggiungono all’opera dei diversi centri di ascolto e ai progetti destinati a utenze specifiche (assistenza legale ai nomadi, supporto 40 I TA L I A C A R I TA S | GIUGNO 2006 ai detenuti nelle carceri, programmi di reinserimento nella società e nel mondo del lavoro di ex detenuti). Il report presenta poi anche i dati del monitoraggio dei servizi di carità di 28 parrocchie cittadine. In generale, è emerso un incremento delle richieste di aiuto in tutti i campi di intervento, segno di un allarme sociale «sempre più pressante e in continua crescita. In cinque anni – ha affermato il direttore, Mario Ravalico – il numero delle prestazioni erogate è raddoppiato». PORDENONE Insieme alla regione via al Fondo che aiuta a trovare casa Una riunione a inizio maggio, svoltasi nelle sede della Caritas della diocesi di Concordia-Pordenone, alla quale hanno partecipato i rappresentati delle realtà che nella regione Friuli Venezia Giulia si occupano di abitare sociale, ha sancito la costituzione del nuovo Fondo di rotazione, finanziato dall’assessorato regionale all’ambiente e ai lavori pubblici. Gestori del fondo saranno Nuovi Vicini onlus di Pordenone, l’associazione Vicini di casa di Udine e la cooperativa sociale Libra di Trieste. Alla riunione era presenta anche la Caritas di Gorizia, che sta pensando di organizzare un simile servizio nell’ambito del suo territorio diocesano. Il nuovo Fondo di rotazione è un riconoscimento del lavoro svolto da tutte le realtà che sostengono persone svantaggiate nella ricerca di un’abitazione dignitosa; la novità è che questo fondo muta, ampliandola, la sfera dei destinatari: l’accesso è garantito non solo agli stranieri, ma anche a tutti gli italiani che si trovino nelle condizioni di avanzare richiesta. Presto verrà costituito anche un nuovo soggetto che diventi il referente, a livello regionale, delle esperienze in atto nei quattro capoluoghi di provincia friulani e giuliani. ROMA “Festa dei popoli”, quindici nazionalità nella basilica laterana Un momento di incontro che raduna quindici comunità etniche, e che ha ormai raggiunto la quindicesima edizione. La “Festa dei popoli”, promossa da Missionari scalabriniani, Caritas e Migrantes diocesane, comune e provincia di Roma, ha richiamato anche quest’anno migliaia di persone. L’evento, che ha avuto come tema “Volti diversi, una famiglia”, di Silvia Buzi Gemellaggio con una diocesi della Tanzania, conoscenza e aiuto reciproci cambiano lo stile di vita Un gemellaggio tra chiese di continenti diversi. Del quale beneficia non solo chi riceve un aiuto materiale, ma anche chi lo offre. Mostre fotografiche, percorsi di educazione alla mondialità (proposti ai bambini delle scuole elementari, medie e superiori) sui temi della solidarietà, del consumo critico, del mercato equo: sono i frutti, che vengono portati anche alle parrocchie italiane, del legame che unisce da dieci anni la comunità diocesana di Assisi - Nocera Umbra - Gualdo Tadino alla diocesi di Kigoma (Tanzania) e in particolare alla missione di Kasumo. «É maturo il tempo per un incontro profondo tra le due chiese sorelle di Assisi e Kigoma, con la prospettiva di accogliere quanto la comunità africana può effettivamente donarci: un cristianesimo vivo e una fede semplice ma solida, con uno stile di vita lontano dal nostro per ritmo e livello di benessere». Giocondo Leonardi, direttore della Caritas diocesana di Assisi, presenta così il viaggio che si svolgerà questa estate e che avrà per meta un incontro formativo tra chiese, capace di arricchire vicendevolmente i soggetti che vi parteciperanno. L’iniziativa, aperta agli operatori pastorali della diocesi, sarà un’altra occasione per fare rifluire nel territorio e nella pastorale ordinaria una relazione nata in ambito missionario e di cooperazione allo sviluppo. L’organizzazione sarà curata congiuntamente dall’ufficio catechistico diocesano e dalla Caritas; l’accoglienza avrà luogo nel centro spirituale e pastorale di Muylanwja, gestito da padre Ezekiel Buthoke, un sacerdote della diocesi di Kigoma che ha svolto il suo ministero pastorale per due anni nella diocesi di Assisi, esattamente nella parrocchia di Bastia Umbra. AIUTO VICENDEVOLE Momenti di lavoro e incontro in Tanzania, dove la Caritas di Assisi finanzia alcuni progetti Alla sera un piccolo secchio Il viaggio sarà occasione per sperimentare uno stile di vita improntato a sobrietà, nonché qualche piccolo sacrificio. A Muylanwja la corrente elettrica è fruibile per due ore al mattino e due ore alla sera; ci sarà acqua corrente per un’ora al mattino, mentre di sera, per lavarsi, dovrà bastare un piccolo secchio. Ma questo consentirà di condividere appieno la realtà locale. Poi ci saranno appuntamenti per conoscere e capire, con il vescovo locale, monsignor Paul Ruzoka, e con alcuni sacerdoti locali e missionari, che illustreranno la storia della nascita delle missioni cattoliche, la struttura della famiglia e l’organizzazione sociale dei villaggi, le tradizioni e la cultura della regione di Kigoma, e sul piano ecclesiale la struttura giuridica e l’organizzazione pastorale della parrocchia e della diocesi, il ruolo del catechista, le attività sociali e di carità. Verranno visitati, in particolare, l’ospedale missionario di Kabanga e la diga che gli fornisce l’energia elettrica, l’ospedale psichiatrico di Marumba, l’orfanotrofio per i minori figli di genitori morti di Aids. Infine, la visita alle scuole primaria e secondaria di Kasumo, costruite grazie agli aiuti della diocesi di Assisi, alla collaborazione con il comune di Bastia Umbra e al contributo di donatori pubblici e privati. La diocesi di Assisi finanzia, nell’area, anche alcuni progetti di cooperazione allo sviluppo: una cooperativa di produzione dei batik, corsi di falegnameria e batik, borse di studio. Ai nastri di partenza è anche un progetto di microcredito per consentire l’avvio di piccole imprese, che nasceranno in seguito a corsi di formazione al lavoro. I TA L I A C A R I TA S | GIUGNO 2006 41 agenda territori sto in campagna Congo: elezioni ancora rinviate, un video sui drammi del paese Lo scenario La Repubblica democratica del Congo sta vivendo una fase di grande incertezza, ma allo stesso tempo di grande speranza. Nel 2003 è terminata la sanguinosa guerra, che si era meritata l’appellativo di “guerra mondiale africana”, perché aveva visto il coinvolgimento di numerosi paesi (in particolare Ruanda, Uganda, Angola e Zimbabwe). Il termine “mondiale” è appropriato, purtroppo, anche per le terribili conseguenze che la guerra ha avuto: quasi 4 milioni di morti, in gran parte causati dagli effetti indiretti del conflitto. Gli accordi di pace e il dialogo intercongolese hanno previsto un periodo di transizione, il cui termine è stato prolungato per due volte e ora è fissato al 30 giugno 2006: ma è ormai certo che la scadenza verrà superata senza che si tengano le elezioni, rinviate - pare - al 30 luglio. L’approvazione a larga maggioranza della nuova Costituzione, nel dicembre 2005, testimonia della voglia di pace e di normalità del popolo congolese, vessato dalla trentennale dittatura di Mobutu e poi vittima della guerra. Ma molto resta ancora da fare: violenze e instabilità continuano nelle province dell’Ituri, Kivu e nord Katanga, nonostante la presenza di 17 mila caschi blu dell’Onu; la riunificazione dell’esercito non è stata completata e si teme che le milizie dei signori della guerra tornino a prendere le armi; infine, continua anche il saccheggio illegale delle immense risorse del paese. L’iniziativa Nei mesi scorsi Caritas Internationalis ha lanciato una campagna (“La transizione verso la democrazia: una questione di vita o di morte”; nella foto, la locandina) con lo scopo di sollecitare la comunità internazionale ad agire per arrivare a una reale e totale pacificazione del Congo e alla realizzazione delle elezioni. La campagna ha realizzato un video, che illustra le vicende degli ultimi anni e le sfide che devono essere ancora superate. Il popolo congolese continua ad aspettare la democrazia, nella speranza che porti alla soluzione degli enormi problemi sociali ed economici. Le elezioni però sono un primo obiettivo, indispensabile ma non sufficiente. È importante che anche dall’Italia venga sostenuta, come fa la campagna Caritas, l’azione delle chiese congolesi e della società civile organizzata, affinché il processo democratico non porti a risultati di facciata, ma a reali cambiamenti, che incidano sulla qualità dell’esistenza delle persone. Per saperne di più www.caritas.org o www.caritasitaliana.it 42 I TA L I A C A R I TA S | GIUGNO 2006 bacheca di Maurizio Marmo si è svolto domenica 21 maggio in piazza San Giovanni in Laterano. Stand culturali, spettacoli, una celebrazione religiosa nella cattedrale romana, incontri a tema, degustazioni tipiche, danze folcloristiche e persino un concorso musicale sono state le componenti di una della manifestazione che riesce a radunare e far incontrare molte comunità giunte nella capitale da ogni parte del mondo. Quest’anno da villa Fiorelli a piazza san Giovanni si è inoltre tenuta la prima maratona “Ponti tra i popoli”, intitolata a don Andrea Santoro, ucciso in Turchia nello scorso inverno da alcuni fanatici islamici. LAMEZIA TERME Positivo bilancio per la nuova Agenzia che aiuta gli immigrati Primo bilancio positivo per l’Agenzia di mediazione culturale voluta dalla Caritas diocesana di Lamezia Terme. La nuova struttura della Caritas fornisce informazioni e consulenze per cercare casa, il disbrigo di pratiche legali e amministrative, l’accesso ai servizi e all’assistenza sanitaria offerti dalle strutture territoriali, l’orientamento al mondo del lavoro. Nei primi mesi l’Agenzia ha registrato oltre mille contatti, con 260 utenti stabili. Allo sportello si sono rivolti immigrati per il 48% originari dell’Europa dell’est (rumeni, bulgari, polacchi, ucraini) e provenienti per il 40% da paesi nordafricani e arabi, in gran parte marocchini. L’Agenzia si sta rivelando un’esperienza importante per Lamezia, terza città della Calabria per popolazione, dove la presenza straniera è sempre più intensa. L’Agenzia ha intrapreso un lavoro di rete con il centro per l’impiego, il consultorio familiare, alcune scuole elementari e medie, le organizzazioni sindacali, cooperative sociali e parrocchie. MAZARA DEL VALLO Sacerdoti e giovani, studio e lavoro con la chiesa tunisina Estate fitta di proposte da parte della Caritas diocesana di Mazara del Vallo. In collaborazione con la chiesa tunisina, la Caritas siciliana organizza a Tunisi un’esperienza formativa e culturale per sacerdoti: dal 24 al 30 luglio, guidati dal vescovo di Tunisi, monsignor Lahham Maroun, si svolgeranno incontri sui temi del dialogo interreligioso e sul rapporto vangelo-chiesa-islam, nonché visite nei principali luoghi storico-culturali e nei siti archeologici della presenza cristiana in Tunisia. Dal 26 giugno al 2 luglio si svolgerà invece l’annuale campo di lavoro e conoscenza in Tunisia: la proposta Caritas, aperta a giovani oltre i 16 anni, avrà base a Tunisi e alternerà momenti di lavoro, di incontro con realtà sociali ed ecclesiali, visite archeologiche e spazi di ricreazione. Intanto il comune di Pantelleria, la Caritas cittadina e la fondazione San Vito onlus di Mazara del Vallo (diocesi cui appartiene l’isola) hanno firmato una convenzione per dare vita al Fondo di solidarietà sociale: gestito finanziariamente dalla fondazione San Vito e operativamente anche dalla Caritas, che dovranno produrre relazioni trimestrali sull’argomento, il fondo servirà a sostenere persone e famiglie in difficoltà che vivono nell’isola. di Ferruccio Ferrante Un anno di Caritas nel Rapporto, realizzati progetti per 35 milioni Attività di solidarietà, iniziative di formazione e coordinamento, servizio di animazione alla comunità cristiana, come tentativi di risposta alle aspettative del nostro tempo. È la chiave di lettura del Rapporto annuale 2005 di Caritas Italiana. Un anno, avviato con gli effetti del devastante maremoto dell’Oceano indiano, che ha visto aprirsi molti nuovi fronti di impegno. Il lavoro di Caritas Italiana è stato orientato dal documento “Partire dai poveri per costruire comunità”, condiviso con le delegazioni regionali; l’obiettivo è rimasto quello di connettere le funzioni dell’ascoltare (centri d’ascolto), osservare (osservatori delle povertà e delle risorse) e discernere per animare (laboratori per la promozione di Caritas parrocchiali). Un progetto di “rete”, a servizio di poveri, comunità e territorio, che ha coinvolto oltre 150 Caritas diocesane e 13 reti regionali. Dall’Italia a tutto il mondo Fedele al suo approccio (proporre percorsi educativi a partire dai fatti), Caritas Italiana anche nel 2005 ha realizzato progetti per oltre 35 milioni di euro, più di 13 in Italia e quasi 22 all’estero. Tramite l’otto per mille Italia, oltre 100 Caritas diocesane hanno presentato più di 200 progetti per circa 10 milioni di euro in diverse aree: carcere, minori, disagio familiare, senza dimora, immigrazione, disagio mentale, salvaguardia del territorio. Dopo la fine della leva obbligatoria, hanno terminato il servizio gli ultimi 900 obiettori, ma è proseguito l’impegno nel servizio civile volontario, con 189 Caritas diocesane accreditate e 1.830 sedi operative; 315 sono stati i progetti presentati tra maggio e settembre in Italia e nel mondo, oltre mille i giovani coinvolti. Molte le pubblicazioni e le ricerche, come il Dossier immigrazione 2005 con Caritas Roma e Fondazione Migrantes e il volume Guerre alla finestra. Rapporto di ricerca su conflitti dimenticati, guerre infinite, terrorismo internazionale, in collaborazione con Famiglia Cristiana e Il Regno. Forte anche l’impegno con altre realtà del mondo cattolico nel rilanciare in Italia la campagna internazionale sugli Obiettivi di sviluppo del millennio. A livello internazionale i progetti hanno riguardato gli ambiti sociale, di aiuto d’urgenza, promozione, formazione, animazione, pace e diritti umani, socio-economico e sanitario. In Asia e Oceania sono stati impiegati più di 15,5 milioni di euro, quasi 2,6 in Africa, 1,3 in Medio Oriente e Nord Africa, oltre 1,2 in America Latina, 1 in Europa. I TA L I A C A R I TA S | GIUGNO 2006 43 villaggio globale a tu per tu INTERNET INFORMAZIONE SOCIALE Navigare per trovare lavoro grazie a Vita.it Portale e rassegna di “corti” contro la tratta di esseri umani Il primo sito del non profit italiano, secondo Google.com, è Vita.it: il portale ha fatto registrare l’anno scorso 70mila articoli, 4 milioni di pagine viste al mese, oltre 23mila visitatori. Intanto a Civitas, salone dell’economia solidale, svoltosi a Padova a inizio maggio, il portale ha presentato Vita lavoro (www.vitalavoro.it), servizio on line che offre la possibilità di cercare, fra decine di offerte, il proprio lavoro. E che Vita.it intende trasformare in una vera e propria piazza virtuale, dove chiunque potrà depositare il proprio curriculum, consultare o pubblicare liberamente le proposte di lavoro. Chi sta cercando un lavoro o chi lo offre nell’ambito sociale potranno così incontrarsi e scambiarsi informazioni senza intermediari e gratuitamente. Sempre a Civitas è stata presentata un’altra sezione del portale: il Database del non profit per il 5 per mille. CINEMA Tre donne si avvicinano nella “Free Zone” Il regista israeliano Amos Gitai sta sviluppando la vena di attento indagatore dei dilemmi e delle contraddizioni della sua terra. Se ne ha una ulteriore prova in Free Zone, pellicola presentata l’anno scorso a Cannes e distribuita nelle sale italiane da metà maggio. Il film racconta la vicenda di tre donne (Rebecca, Hana 44 I TA L I A C A R I TA S | GIUGNO 2006 Il lungo salto di Fiona dallo sport alla tv: «Voglio raccontare l’immigrazione oltre gli stereotipi» No alla tratta. Ovvero, “Tratta No!”. Si tratta di un progetto di informazione sociale contro un fenomeno deplorevole dei nostri tempi, lo spostamento di persone, soprattutto donne e minori, contro la loro volontà, con il fine di sfruttarne il lavoro o il corpo. La tratta non approda solo sulle strade, alimentando la prostituzione, ma anche nelle fabbriche e nei campi, dove fornisce manodopera al lavoro forzoso e privo di qualunque diritto. Il progetto “Tratta No!” ha creato un portale internet dove è possibile trovare le normative, storie di vita, notizie dal mondo sul tema della tratta e le iniziative che il progetto sta conducendo. Tra queste, oltre a due cicli di seminari in varie città d’Italia, spicca il concorso nazionale “AlterVideo”, aperto ai giovani che vogliano realizzare un cortometraggio sul fenomeno della tratta degli esseri umani. I giovani autori potranno raccontare una storia in totale libertà, utilizzando qualunque genere di espressione (film di animazione, documentari, interviste, spot di impegno sociale, riprese con videofonini o altro). Il tema obbligatorio è “Tratta degli esseri umani”: i video dovranno essere presentati su supporto dvd entro il 20 novembre. e Leila, una statunitense, un’israeliana e una palestinese) differenti per cultura, ambizioni e carattere, ma capaci di entrare in comunione durante un travagliato viaggio. Tre destini s’intrecciano per poi allontanarsi nuovamente: un film profondo, un road movie dell’anima pervaso di poesia, sentimento e rabbia repressa. La Free Zone del titolo indica uno spazio geografico di frontiera, ma allude anche a una terra promessa dove cercare chi si vorrebbe diventare, o dove scoprire che, in realtà, si è sempre stati ciò che si è. TV Reportage sociali per ricordare il coraggio di Ilaria Una rassegna di dieci documentari e reportage, per portare l’attenzione su temi sociali, di solidarietà, non violenza, giustizia e di impegno civile. Ia Doc, rassegna che ha dato il via all’intera manifestazione, è stata anche la principale novità della dodicesima edizione del premio giornalistico televisivo “Ilaria Alpi”, che si è svolto a Riccione dal 28 maggio al 3 giugno. È stata un’edizione assai ricca di eventi: dibattiti, mostre, proiezioni e, ovviamente, il gala di premiazione. A una delle tavole rotonde ha partecipato anche monsignor Vittorio Nozza, direttore di Caritas Italiana, per contribuire al confronto sul tema “La periferia dell’informazione. Quando l’immigrazione non ha voce”. di Danilo Angelelli SALTATRICE, ATTRICE Tre belle immagini di Fiona May: quando era impegnata sui campi di atletica, oggi da attrice protagonista nella fiction “Butta la luna”, che andrà in onda su RaiUno dopo l’estate Fino a ieri la telecamera ha fatto di tutto per catturarne prodezze, sudore e muscoli. Adesso tocca a lei cercare di padroneggiarla. La sfida non è facile, ma Fiona May – inglese di genitori giamaicani, atleta azzurra per via di matrimonio, due ori mondiali e due argenti olimpici nel salto in lungo – ce la mette tutta, perché la storia è di quelle che possono contribuire a dare un’immagine più positiva dell’immigrato. In Butta la luna, fiction che aprirà la prossima stagione di Raiuno, Fiona è Alyssa, nigeriana che ha una figlia da un tecnico italiano. Giunta da noi, nonostante il mancato riconoscimento della bimba da parte del padre, riesce ad affrancarsi dall’emarginazione. Nelle nostre fiction i personaggi stranieri sono quasi sempre comparse. Butta la luna segna una svolta? Sì e ne sono davvero felice. Quando il regista Vittorio Sindoni mi ha proposto questo ruolo ho subito aderito, cercando di far passare in secondo piano la paura dettata dall’inesperienza. È un’ottima occasione per far vedere qualcosa in più delle persone straniere. È possibile raccontare un fenomeno complesso come l’immigrazione con il linguaggio, a volte fin troppo semplice, di certe fiction italiane? Abbiamo fatto uno sforzo per arricchire la storia di sfumature, pur restando nei limiti di un linguaggio semplice e comprensibile a tutti. Ci sono più livelli di lettura. Ne è un esempio la crisi di identità dell’ormai cresciuta figlia di Alyssa, che rimanda a questioni fondamentali per chi vive sulla propria pelle l’immigrazione. L’immagine dell’immigrato in tv per una volta non è legata alla cronaca nera… Rispondo con un altro esempio: quando Alyssa arriva in Italia e riceve il rifiuto del padre della figlia, lo saluta senza neanche chiedere un centesimo e si rimbocca le maniche. Comincia a lavorare facendo le pulizie 12-13 ore al giorno per risparmiare e far vedere al Tribunale dei minori che è una madre giusta per la figlia. E riesce anche a farla laureare. Come giudica la rappresentazione degli immigrati nei media? C’è ancora pochissimo spazio. Anche quando non si dà un’immagine negativa si ricorre a stereotipi banali, come la brasiliana mezza nuda. La maggior parte degli stranieri vengono qui per fare cose molto più serie. Spero che questa fiction contribuisca a far sì che le persone di colore appaiano in televisione anche in altre vesti, magari in quelle di giornalista o conduttore; che vengano intervistate anche per parlare di altri argomenti, oltre all’immigrazione. Lo sport: quanto ha facilitato la sua integrazione? Mi sento una privilegiata. Nello sport non c’è spazio per il razzismo o i pregiudizi. Si lotta per vincere, per superare i propri limiti, non per battere una persona. Che, tra l’altro, rappresenta un paese solo ai fini della competizione, senza implicazioni politiche. Quello sportivo è un ambiente in cui tutto è più facile, sia per le donne che per la gente di colore. In Italia ha vissuto situazioni di difficoltà? I primi anni in cui io e mio marito (Gianni Iapichino, suo ex allenatore, ndr) eravamo insieme, tutti ci guardavano con stupore. Ero comunque abituata: alle scuole medie in Inghilterra (ero già una realtà dell’atletica) un’insegnante mi disse che potevo anche abbandonare la scuola e dedicarmi allo sport, tanto era inutile continuare. Non l’ho ascoltata e ho proseguito le mie sfide, nella vita come sui campi. Ma il mio salto più lungo, confesso, è questa fiction. I TA L I A C A R I TA S | GIUGNO 2006 45 ritratto d’autore villaggio globale pagine altre pagine di Francesco Meloni SEGNALAZIONI Viaggio nei meandri del paese reale: l’insicurezza, la precarietà e l’evoluzione dei ceti popolari Il paese “reale” e sociale sembrava quasi non esistere più, nelle convulse settimane pre e postelettorali. Per fortuna emerge in alcune recenti pubblicazioni, che affrontano temi impegnativi, che il “Palazzo” però non può eludere. L’insicurezza sociale. Che significa essere protetti?, di Robert Castel (Einaudi 2005, pagine 104), si sofferma sul senso d’insicurezza che domina le nostre vite. Le protezioni dalla violenza e dai rischi sono oggi piú elevate di un secolo fa, ma ogni protezione è scorticata da un’ideologia che attribuisce solo all’individuo la responsabilità dei suoi mali e da un sistema produttivo e sociale che divide maldestralmente le persone in vincitori e vinti. I nuovi ceti popolari. Chi ha preso il posto della classe operaia?, di Mauro Magatti e Mario De Benedittis (Feltrinelli 2006, pagine 248), presenta un’indagine nazionale, condotta da un gruppo di ricerca dell’Università Cattolica, su un ampio campione di italiani tra i 20 e i 50 anni. I nuovi ceti popolari sono fluidi, diversificati, invisibili allo scenario politico. Chi sta “in basso” nella nostra società? Che peso hanno il lavoro, i consumi, i media, la politica e la religione nei gruppi che hanno scarsa autonomia culturale? Il libro parla di ceti e non di classi, privilegiando la dimensione culturale e identitaria rispetto a quella economica, evidenziando identità diversificate ma che restano “popolari” per due aspetti: la scarsa capacità di intervenire sul mondo e il complesso ma intenso rapporto con la “tradizione”. Mi chiamo Roberta, ho 40 anni, guadagno 250 euro al mese… di Aldo Nove (Einaudi 2006, pagine 182) non è il titolo di una fiction. È la realtà del lavoro, oggi: una vicenda che riguarda tutti, come evidenziano le 15 interviste-testimonianze, affilate come lame, a giovani e non piú giovani, “privati del futuro”. Ne emerge il ritratto di “quarantenni narcotizzati da una quotidianità sovrastante”, per i quali è sempre piú difficile permettersi di sposarsi o di fare figli. Anche Le risorse umane, di Angelo Ferracuti (Feltrinelli 2006, pagine 224) è un libro che parla di lavoro, di “risorse umane”, in un’Italia che è cambiata e continua a cambiare, dando voce a figure professionali altrimenti ignote o banalizzate dai luoghi comuni. Si parla di morti, mobbing, competizione e anche rivolta, operai, manager e camionisti… 46 I TA L I A C A R I TA S | GIUGNO 2006 Lettere di don Andrea e un paradiso fatto da uomini concreti Proponiamo ai lettori libri e audiovisivi che meritano attenzione. Ulteriori suggerimenti su www.caritasitaliana.it Don Andrea Santoro, Lettere dalla Turchia (Città Nuova 2006, pagine 252). Raccolta di 33 lettere inedite (2000-2006), scritte dal sacerdote missionario ucciso a Trebisonda il 5 febbraio: sono la testimonianza di una scelta di vita consumata per favorire rispetto, pace e comunione tra chiese sorelle cristiane e tra ebraismo, cristianesimo e islam. Don Gennaro Matino, Angelo per un giorno (Feltrinelli 2006, pagine 117). Racconto inusuale: essere “angelo per un giorno” significa trovarsi in un paradiso abitato da persone concrete, che cercano la strada che conduce alle autentiche radici, umane e spirituali, della propria e altrui identità. José Noriega, Il destino dell’eros. Prospettive di morale sessuale (Edb 2006, pagine 324). Il saggio presenta la morale sessuale cattolica senza evitare il confronto critico e costruttivo con altre visioni culturali ed etiche e senza ignorare il vissuto umano concreto. Le riflessioni si soffermano sulle difficoltà di amare, le differenti integrazioni dell’affettività, la virtù della castità, la carità-agape. di Fabio Salviato presidente di Banca popolare Etica LE FIGURINE DI GIORGIO, NONNO-VIGILE CHE ASCOLTA I BAMBINI gni mattina, quando accompagno a scuola i miei bambini, al cancello incrocio Giorgio, il nonno-vigile. Giorgio è un pensionato che, come molti altri suoi coetanei, fa la propria opera di volontariato aiutando i bambini ad attraversare la strada davanti alla scuola. Ma con il tempo, per chi ha imparato a conoscerlo, Giorgio è diventato un personaggio speciale, più che un semplice volontario, un vero e proprio amico dei bambini, un punto di riferimento per la loro giornata. «Sai – mi racconta mio figlio Riccardo, mentre lo riaccompagno a casa –, Giorgio questa mattina mi ha dato due figurine che mancavano alla mia collezione». E mia figlia Marta aggiunge: «A me ha dato una caramella perché ho preso un bel voto in italiano». E così ogni mattina tutti i bambini passano da lui, che per ciascuno ha una parola, un pensiero, un saluto, una figurina, una caramella. E se alcuni genitori devono essere per forza in ufficio qualche minuto prima delle 8, orario di apertura della scuola, nessun problema: Giorgio alle 7,50, anche d'inverno con la pioggia o con la neve, è sempre al suo posto, si prende cura dei bambini tenendoli con sé, come farebbe un nonno con i propri nipotini. Per questo è diventato un punto di riferimento anche per le famiglie, che lo invitano alle cene di classe o gli fanno piccoli regali, lo considerano una presenza rassicurante e preziosa nella vita dei bambini. Così quando qualche settimana fa Giorgio non si è presentato, la sua assenza è apparsa a tutti un vero e proprio vuoto. Una breve malattia, un ricovero in ospedale, due settimane soltanto, ma sufficienti a far capire ai bambini e agli adulti il peso quell’assenza. Il ritorno di Giorgio davanti a scuola è stato una festa Sempre puntuale, per tutti, ha restituito alla nostra quotidianità un elemento prezioso, familiare, anche d’inverno ormai insostituibile. con la neve. Aiuta Ora quando incontro Giorgio, non vedo più soltanto un nonno-vigile. gli scolari ad attraversare Attraverso di lui immagino i milioni di volontari che ogni giorno compiono la strada.Ma per i piccoli piccoli o grandi gesti gratuiti a favore degli altri. La loro opera mi sembra è diventato un amico. l’incarnazione concreta di un concetto altrimenti troppo astratto come “l’amore Un punto di riferimento, per il prossimo” e mi chiedo cosa sarebbe il mondo senza il volontariato, che migliora la vita senza la capacità di donarsi agli altri in modo totalmente disinteressato, di tutti, anche dei di mettere a disposizione il proprio tempo a favore di tutti, anche di persone genitori:quando manca, sconosciute. Questa stessa gratuità, che riconosce nell’altro un fratello, si avverte il vuoto è alla base anche dello sviluppo sempre più esteso delle reti sociali di base, che in questi ultimi decenni si stanno moltiplicando nel mondo. Si tratta di movimenti e organizzazioni che hanno come obiettivo non tanto la creazione del profitto, ma la massimizzazione dell'utilità sociale e il miglioramento della qualità della vita di tutti, in uno spirito di gratuità e reciprocità. Quanto sarebbe più bello e più semplice vivere in una società capace di moltiplicare presenze come quella di Giorgio, che con la loro umanità e generosità spontaneamente “aiutano” a far crescere un mondo di giustizia, pace e solidarietà. Giorgio, senza saperlo, mi ha segnato la vita, insegnandomi quanto sia importante esserci, senza commenti, senza discorsi, semplicemente e spontaneamente a servizio degli altri. O I TA L I A C A R I TA S | GIUGNO 2006 47 I lettori, utilizzando il c.c.p. allegato e specificandolo nella causale, possono contribuire ai costi di realizzazione, stampa e spedizione di Italia Caritas, come pure a progetti e interventi di solidarietà, con offerte da far pervenire a: Caritas Italiana - c.c.p. 347013 - viale F. Baldelli, 41 - 00146 Roma - www.caritasitaliana.it