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NON È GIUSTO CHI METTE IL FIAMMIFERO? VERGOGNA PARLA

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NON È GIUSTO CHI METTE IL FIAMMIFERO? VERGOGNA PARLA
http://www.ilpaese-buti.it/
Aut. Trib. di Pisa n. 11/90 del 9.4.1990
Direttore responsabile: Paola Alberti
Giugno 2011 - Anno XXII - N. 4
Stampa: TIPOGRAFIA MONTE SERRA - Via Barsiliana - Vicopisano (Pi) - Tel. (050) 799.477
INCENDI
NON È GIUSTO
Tutto il paese è rimasto colpito profondamente. Come accade al cospetto di morti
improvvise e premature. Le reazioni sono
di incredulità, di rabbia, di stordimento.
Ciò non avviene soltanto nelle persone più
coinvolte nella tragedia, ma anche negli
amici, nella folla che si stringe ai funerali.
Si assiste a grandi emozioni, manifestazioni di un dolore tanto visibile quanto
effimero. Non può che essere così, altrimenti la vita non potrebbe continuare.
"La morte dei giovani è un naufragio,
quella dei vecchi un approdare al porto"
dice Plutarco. Un naufragio che colpisce
duramente i familiari stretti. E quindi che
dire al babbo, alla mamma, al fratello.
Vogliamo credere che la partecipazione di
tanti al lutto sia stata una sia pur lieve
consolazione per loro. E conforto sia
venuto dall'affetto per Monica dimostrato
dagli amici ai funerali anche con le parole
dette da Giulia Pelosini e con l'intenso
ricordo di Pamela Radi, che riproduciamo:
“Lei era la vita fatta persona, con i suoi
eccessi e le sue debolezze, la sua grinta e
la sua sensibilità e non basterebbero mille
aggettivi per descriverla. La Mò è e resterà semplicemente la Mò!
Posso affermare però con assoluta certezza che lei era.....
- era bella, è tanto bella: era sempre sorridente e il suo sorriso era contagioso...
quella boccalona ti badava, ti rideva e
riusciva a farti stare sempre bene, lei ti
faceva sentire bene;
- era il folclore: quando arrivava....la sentivi....non c'era verso che potesse andà
diversamente, la sentivi rivà da lontano e
già ti rendeva felice! A Bientina quando
anche i miei amici hanno avuto l'onore di
conoscerla l'hanno subito soprannominata “Terremò”....la Mò!
- era dolce e sensibile: ebbene sì la Mò
era anche una dolciona. Io l'ho conosciuta in un momento un po' particolare della
mia vita e lei mi ha dato la forza per
riuscire a stare bene....non dimenticherò
mai i suoi abbracci, i suoi baci e le sue
espressioni tipo: “le mi bimbe, vi vò bene
sodo!”; per non parlare della sua bimbina adorata...la Cate...era la sua gioia più
grande, le brillavano gli occhi quando ne
parlava, era orgogliosissima d'avé una
nipotina così bella!
- era intelligente: mi ricordo come fosse
ieri quando mi disse che pensava di iscriversi all'università. All'inizio ero un po'
scettica, le dissi che doveva esser sicura,
che doveva farlo se se la sentiva ma che
avrebbe dovuto anche metterci tanto
impegno per concluderla in tempi relativamente brevi...e lei mi disse che ce l'avrebbe fatta se voleva perché lei era la Mò
! ...e così è stato....”mi laureooooo” diceva, l'ha fatto davvero e l'ha fatto anche
bene! Che capo ragazzi che aveva!
- era altruista e generosa: la Mò si sarebbe tagliata una gamba per aiutarti, sarebbe corsa in capo al mondo per soccorrerti...era unica...lei non chiedeva mai niente...lei dava e basta! Dopo il servizio civile alla Misericordia ha deciso di diventare infermiera, perché era troppo nella sua
indole, era più forte di lei...ni garbava
sodo! Lei riusciva a dare tanto alle persone, lei ci metteva l'anima in tutto quello
che faceva!
Che altro aggiungere....chi ha avuto l'onore di conoscerla l'ha amata e lo sa che
la Mò era tutto questo ed altro, lei ha
lasciato un po' di sé dentro ognuno di
noi...resterà per sempre nelle nostre teste
e nei nostri cuori...e ci mancherà terribilmente tanto...
Mò ti voglio un mondo di bene, ti amiamo
tutti infinitamente....non ti dimenticheremo mai....ciao!”
Gli effetti del naufragio rappresentato
dalla scomparsa di Monica, ci sono stati
comunicati anche da Andrea Bacci, che ha
detto: “Alcuni anni addietro, quando ci
siamo ritrovati in questa stessa chiesa per
dare l’ultimo saluto a Dolando, è stato
dato l’addio alla storia del canto del maggio, ad una persona che aveva contribuito
alla fondazione della compagnia “Pietro
Frediani” e che cantava il maggio da
sempre, fin dalla giovinezza essendo nato
in una famiglia di maggianti. In quel caso,
con l’addio alla storia si salutava una
persona che aveva vissuto una lunga vita.
Oggi, invece, siamo qui per dare l’ultimo
saluto ad una giovane vita che era il futuro della compagnia del maggio...”.
Toccante l’omaggio di Andrea con il canto
delle ultime tre quartine della Passione di
Gesù Cristo scritte dal nonno Enzo
Pardini proprio nel 1985, l’anno in cui
nasceva Monica. Un saluto è stato portato
dalla capo contrada dell'Ascensione
Wanda Bagni.
Un'ultima considerazione: quanto malata
è “nel midollo” una società come la nostra
che offre così poco ai giovani: non la serenità del lavoro, non la speranza offerta da
modelli di civismo, anzi essi sono usati
con spietatezza perché consumino; una
società che si riduce a rimpiangere di non
saper fissare poche, efficaci regole che
impediscano le cosiddette stragi del sabato sera.
CHI METTE IL FIAMMIFERO?
Un amico, giorni fa, mi ha sottoposto una
foto di un incendio in un bosco di conifere,
nelle Montagne Rocciose, commosso dalla
fuga di cervi che vi era ritratta. Gli ho detto
che non c'è niente di più bugiardo delle
immagini, perché la foto non portava scritto che l'incendio, da quelle parti, nella quasi
totalità dei casi, è figlio del fulmine e quindi del tutto naturale. L'uomo non aveva
ruolo, né come attore, né come comparsa,
giacché quelle aree sono a bassissima pressione antropica. Gli ho detto anche che
piante e animali si sono adattati a quel tipo
di evento, che in taluni casi risolve problemi di sovrappopolazione animale, o, per le
piante, elimina casi di parassitismo e malattia. Cioè, per certi aspetti, incendi benefici.
Il mio amico non doveva giudicare quegli
eventi sulla falsariga di cosa succede dalle
nostre parti, dove gli incendi scoppiano per
ragioni diverse dalle cause scatenanti nelle
Montagne Rocciose e zone simili.
A casa nostra, nel Monte Pisano, gli incendi boschivi sono provocati quasi sempre
dall'uomo. Intorno al Monte Pisano, che
copre poco più di settanta chilometri quadrati, in un raggio di dieci chilometri dai
suoi piedi vivono quasi quattrocentomila
persone, con densità superiore a 300 individui per chilometro quadrato. Una volta,
quando il bosco era parte del podere, e
veniva utilizzato per il taglio della lettiera,
erano le liti fra coltivatori la causa dell'innesco. Più raramente il fuoco veniva dato
dai pastori per il rinnovo del prato, oppure
la miccia era rappresentata dai conflitti fra
assegnatari e chi nel bosco andava per raccattare pinelli e stipa. In ogni caso, il motore primo era la lotta per la sopravvivenza.
Superata questa fase, che vede gli ultimi
(continua in 2a pagina)
VERGOGNA
Ad una prima lettura frettolosa del sito
“Spigai per cambiare”, da cui abbiamo
ricavato spunti per l’articolo “Non avete
perso nulla”, ci erano sfuggiti gli accenni vigliacchi a Roberto Serafini.
Dalle frasi di certi trogloditi, segnali evidenti di una regressione culturale e civile
preoccupante, si ricava che collaborano
strettamente con lo Spigai personaggi che
presentandosi sul proscenio della rete si
liberano di tutti i freni inibitori e si sentono in diritto di calunniare le persone.
Ciò è potuto avvenire con l’oggettiva
copertura dello Spigai, titolare responsa-
bile del sito, che poi in un messaggio
dell'11 maggio ha la faccia tosta di fare la
vittima affermando che lui è “stato oggetto sia di attacchi personali che alla lista”
e, massimo dell’ipocrisia, che verso ”chi
mi si è rivolto contro con frasi non convenzionali (?), ha prevalso dentro di me il
sentimento cristiano del perdono”.
Ritornando a Roberto Serafini, il 23
Maggio quei trogloditi sopradetti
improvvisano un siparietto sul “nuovo
incarico del Sindaco uscente”. In proposito abbiamo ricevuto una lettera dall’interessato.
PARLA ROBERTO SERAFINI
Mai ho avuto interesse a leggere gli interventi apparsi su “Spigai per cambiare”
durante e dopo il passaggio elettorale,
anche se in tanti mi suggerivano di farlo,
visto il rilievo che mi veniva dedicato in
quel sito. Sollecitato una volta di più, mi
sono deciso a verificare una serie di esternazioni che mi riguardavano, ma in quei
passaggi non ho rilevato ingiurie o accuse
tali da essere prese in seria considerazione.
Se questo è tutto ciò che hanno scritto su di
me nella piazza virtuale, in quella reale ho
sentito di peggio. Comunque, fa piacere
che qualcuno si preoccupi di trovarmi un
lavoro. Magari, me lo avessero chiesto, gli
avrei dato un parere sia sull'Ecoform, sull’indifferenziata o differenziata o anche
sui…….Burattini. Da fastidio a queste
anime nobili il fatto che qualcuno, dopo
un'esperienza difficile e faticosa come
quella di rivestire il ruolo di Sindaco, decida di tornare al suo vecchio e nobile lavoro. Uno che può fare a meno dei Burattini,
laddove esistono, o a qualcuno che ci
“sistemi”. La preoccupazione più forte nel
voler ritornare alla mia Azienda, di cui sono
stato dipendente anche per questi dieci anni
di aspettativa, è che il mio lavoro, la mia
professione (tecnico TV e altro) nel frattempo non ha più mercato essendo cambiato radicalmente il mondo dell’elettronica.
Ciò poteva essere un motivo ulteriore di
riflessione per come immaginare il futuro.
Per me, però, le priorità in termini di bisogni, di necessità sono altre, tant’è che mancandomi otto mesi al raggiungimento del
diritto alla pensione, avevo deciso (seppur
particolarmente onerosa in tempi di difficoltà economiche) di passare alla contribuzione volontaria per raggiungere l'obbiettivo. Solo per riacquistare il tempo e la libertà. Qui, ho avuto l'opportunità di usare lo
strumento della Cassa Integrazione
Guadagni in deroga attivata dalla Regione
Toscana per sostenere situazioni di crisi
aziendali con ripercussioni sui livelli occupazionali, purtroppo molto frequenti oggigiorno. Per il percorso sopra delineato, il
sottoscritto è adesso in cassa integrazione.
Questo è il nuovo incarico del Sindaco
uscente, con buona pace delle bocche della
verità (a Buti si dice: quelle che si aprono e
“ni si dà fiato”), ma che, stante il mio sentimento cristiano.... perdono.
ELEZIONI
NON AVETE
PERSO NULLA
(in 2a pagina)
CHI METTE IL FIAMMIFERO?
(continua dalla 1a pagina)
episodi negli anni settanta del secolo scorso, con l'abbandono del podere da parte dei
mezzadri e dell'esercizio della pastorizia
che al podere era correlata, dovevano
scomparire gli incendi. E invece no, si sono
infittiti, man mano che si perdeva un qualsiasi interesse economico per il monte. E'
chiaro che la cosa non torna.
Si è fatta una dietrologia, da discorsi al bar,
che voleva gli incendi appiccati per alimentare gli interventi di rimboschimento. Da
qualche parte è stato vero, ma non qui dove
le maestranze forestali, sia quelle alle
dipendenze degli Enti preposti, che quelle
degli appaltatori, il lavoro l'avevano
comunque garantito. Infatti, non si lavora
solo per spegnere o per ripiantare, ma
anche per far taglio selettivo, apertura e
mantenimento di infrastrutture anticendio
(bacini d'acqua, piste forestali, cesse parafuoco) e per la bonifica forestale in genere.
E allora occorre avere il coraggio di dirsela
tutta: negli ultimi vent'anni, fatto salvo un
10% circa provocato da incendiari prezzolati per strategie di ampio respiro che miravano non a piccoli appalti locali, ma ad
enormi campagne acquisti a livello nazionale (vedi anno 1994) sostenute dal tamtam dell'informazione, e tolto ancora un 5%
imputabile a poveri balordi che davano
fuoco sempre negli stessi posti (e tutti regolarmente scoperti), il resto va imputato:
1) al mitomane, stimolato dalla comunicazione di massa televisiva, ma anche da
quella artigianale, che involontariamente
valorizza il suo operato (facebook, youtube, ecc.). L'azione del mitomane appartiene
ad una mentalità urbana, e presenta modalità di esecuzione riconoscibili in quanto il
fuoco è sempre appiccato vicino ad una
strada carrozzabile che consente la rapida e
sicura fuga dell'incendiario (che non è
uomo di bosco!); al massimo all'imbocco
d'una pista forestale, ma mai oltre.
2) all'agricoltore urbano, il coltivatore del
fine settimana. Figura che prolifera a seguito della suddivisione dei poderi dismessi.
Trattasi di soggetti acculturati (magari sono
direttori di banca o docenti universitari) che
fanno un bel falò ai bordi della proprietà,
vicino al bosco, magari aiutandosi con la
benzina. Poiché sono rispettosi della legge,
ciò non avviene d'estate.
Sommando le percentuali sin qui elencate,
si arriva si e no al 50%. E l'altro 50%?
Esso è riferibile, purtroppo, a motivazioni
che logica vorrebbe oggi estinte, perché
dovute a rivalità, vendette e rappresaglie.
Ma com'è possibile, se gli “interessi” sono
scomparsi con l'agricoltura e la pastorizia?
La risposta è semplice: perché si sono
introdotti nella zona nuovi interessi creandosi, così, una nuova categoria di utilizzatori legali, e nuove piccolissime bande di
utilizzatori fuori legge.
Il nuovo “interesse” è peloso, figlia due
volte l'anno, non ha nessuna specie concorrente che ne limiti l'espansione e si chiama
cinghiale. Non mi sto a dilungare sul fatto
che la sua introduzione nel Monte Pisano è
stata, dal punto di vista ambientale, un'operazione scorretta, scellerata, e ancor più
grave perché garantita dalla Provincia,
competente per materia. Ma ritornando a
bomba, alle cause d'incendio, non è la categoria dei cinghialai (quelli legittimi) la colpevole. A coprire l'altro 50% sono le rappresaglie dirette contro di lui, il cinghialaio,
e che assumono la forma del fiammifero,
della candela e dell'innesco. Troppa sicurezza? No, solo così si spiegano motivazioni e modalità con cui il fuoco vendicatore
viene appiccato. Infatti, questi incendi partono da località difficilmente raggiungibili
e che consentono vie di scampo (per l'urgenza della fuga o per evitare premature
scoperte) note a pochissimi utilizzatori e/o
frequentatori del bosco. Va detto, ancora a
discolpa dei cinghialai legittimi, che questo
tipo di caccia è “costosissima” e che il
bosco è indispensabile per poterla praticare. Dar fuoco al bosco sarebbe da idioti.
Purtroppo sono oggetto di rappresaglia
dato che la loro attività regolamentata ha
limitato un diritto venatorio che qualcuno
considerava “ad libitum”, senza restrizioni
di sorta. In effetti la specie dei cacciatori
tradizionali si è sentita espropriata di diritti
eterni e inalienabili che credevano di possedere. E' possibile che qualcuno di loro,
ritenendosi “non garantito” da leggi e regolamenti, si faccia giustizia da solo al grido:
“Non posso più io, non potrà più nessuno”?
Ritengo sia un'eventualità possibile, ma di
peso marginale. E' invece la nuova specie,
quella del bracconiere, nata sul Monte
Pisano a seguito dell'introduzione del cinghiale (quindi dal 1980), il protagonista
della nuova rappresaglia. Il bracconiere
non ha regole, perché la sua attività è fuori
dalle regole; non ha diritti stanziali, perché
è nomade; non obbedisce a concessioni in
quanto sfrutta le concessioni altrui; non ha
remore perché è un fuorilegge. Il bracconiere è il primo nemico del cinghialaio, in
quanto lo depreda dei “suoi” cinghiali; e se
il cinghialaio ce lo intoppa, son dolori.
Peggio ancora se la lite scoppia fra un cinghialaio, “colluso e in affari” con il bracconiere, e quest'ultimo. E allora, senza far
riferimento alle molte leggende al riguardo,
che raccontano di coltelli alla gola, gomme
sventrate ai fuoristrada, e via lameggiando,
vige la regola del “non posso più io, non ti
diverti più neanche te”. Regola che viene
applicata nel peggiore e più efficace dei
modi. Chi va per bosco, per diletto e ancor
di più per lucro, sa come, dove, quando e
con quali condizioni di temperatura e di
vento, si può dar fuoco per ottenere l'effetto desiderato: l'avvertimento, l'intimidazione o la rappresaglia totale. E senza essere
scoperti in flagrante.
Renzo Zucchini
NON AVETE PERSO NULLA
Un po’ in ritardo qualcuno ci ha suggerito
di andare a leggere i proclami apparsi sul
sito “Spigai per cambiare” e abbiamo
visto che ce n’è di roba… Ad un certo
punto, si legge una nota sotto il titolo: “Il
Paese: capito perché non abbiamo risposto?”, che segue l’uscita del n. 2 del
nostro periodico, dove alle domande
rivolte ad Albertino seguiva uno spazio
bianco. Il testo integrale della nota è il
seguente:
“Le persone con un po di lungimiranza,
leggendo "Il Paese" capiranno il motivo
per cui Civica" non ha mandato le risposte. IL GIORNALE" IL PAESE" rappresenta molti cittadini e non siamo noi a dire
che è schierato politicamente... Noi ci
siamo sempre dissociati dall'anteporre
ideologie politiche al BUON SENSO! Le
nostre risposte per i CITTADINI sono nel
programma elettorale che state ricevendo
nelle vostre case! INOLTRE parlate anche
di Palio di Buti... di personaggi politici
nazionali a cui associate la figura di
Alberto Spigai, (ma non avete altro da
tirare fuori?).... Ma non avete capito che è
proprio questo che la gente non vuole più
vedere. NOI FAREMO il bene del
Territorio in cui viviamo? Gli interessi
politici ed economici resteranno sempre
Fuori!”.
A questo discorso parecchio sconclusionato non solo dal punto di vista della
forma, si aggiungono commenti del tipo
“Il Paese è veramente vergognoso”, e
“...purtroppo ci sono delle persone che
mettono prima i propri interessi al bene
del paese e la paura di perdere "tanti privilegi" li fa smattare...”.
Al soggetto che fa riferimento ai nostri
interessi e ai tanti privilegi che avremmo
sempre anteposto a quelli del paese, in
considerazione della sua giovane età chiederemo in privato che specifichi quali
L’angolo della memoria
interessi e privilegi, così nell'occasione
ricostruiremo meglio le rispettive biografie.
Andiamo al sodo: la tesi che sta alla base
della nota è il voler accreditare “Spigai
per cambiare” come “lista delle persone”.
Facciamo notare che alla testa della lista
degli innocenti ci sta un immacolato alfiere, che è riuscito a dichiarare (si sente che
ha un attimo di esitazione alla domanda
dell’intervistatore di Punto Radio, ma poi
si butta) di essere socialista e insieme il
Berlusconcino di Buti. Un alfiere che ha
messo insieme, strumentalmente, socialismo (un’idea a cui i suoi più stretti familiari erano molto “attaccati”), Berlusconi e
la destra (pronunciamenti a suo favore sia
del PdL che della Lega). Un’operazione
volgare, di cui Spigai, è evidente, nemmeno si rende conto. A questo proposito è il
caso di raccontare un aneddoto che circolò nei primi anni 80. Apparso sulla stampa
l'elenco degli iscritti alla P2 di Gelli, uno
di questi, Cicchitto (oggi capogruppo del
PdL alla Camera dei Deputati), a quei
tempi socialista lombardiano, si avvicina
in una riunione a Riccardo Lombardi
dicendogli: “Scusa, sai...”. E per tutta
risposta riceve un manrovescio in piena
faccia. Ecco come verrebbero giudicati
dai veri socialisti coloro che oggi si
dichiarano socialisti e berlusconiani.
Si diceva, riguardo al sito, che contiene
tanta roba, ma credeteci, di “poco succhio”: strizzando strizzando rimangono
solo le notizie, ripetute ossessivamente,
sulle numerose apparizioni degli elicotteri
dell’ENEL che volteggiano sulle Cascine
per stabilire dove piazzare “il camino”. Ci
sono butesi che in buona fede hanno votato la “lista degli innocenti” sperando di
cambiare in meglio. Li vogliamo rassicurare: il cambiamento vero l’ha fatto il centrosinistra, non avete perso nulla.
di Giuliano Cavallini
50° anniversario dei nati nel 1921. Da sinistra: Leopoldo Bernardini, Paolo Leporini, Carlo Filippi, Ario Ciampi, Natale Baschieri, Nello
Balducci, Rino Leporini, Alfredo Guerrazzi, Opelio Degl’Innocenti, Giacomo Scarpellini, Castellazzo Batisti, Rosaldo Bacci, Angiolo Nocchi,
Gino Pasqualetti, Giuseppe Balducci, Mario Buti, Adriano Palamidessi, Spartaco Vannucci, Marino Guidi, Dino Priori, Narciso Bonaccorsi,
Natale Pratali, Paolo Parenti, Vando Franceschini, e Valentino Filidei.
OMAGGIO A WILLIAM
Antonio Batisti, nel quindicennale della scomparsa di William Landi, gli ha voluto rendere omaggio pubblicando un cd che comprende la digitalizzazione dei quaderni relativi alla raccolta di soprannomi, stornelli, giochi, filastrocche e modi di dire, che a più riprese sono stati riprodotti anche sul nostro periodico. Il cd può essere acquistato nelle edicole. Il ricavato
dalla vendita sarà impiegato da Antonio per donare alla Biblioteca Comunale un lettore di libri digitali per incentivare la lettura.
Nel cd troviamo anche il romanzo “Un vestito di cotone stampato”, edito nel 1994 a cura de “Il Paese”. In poche righe, ne vogliamo tratteggiare il contenuto. Ammirando in modo specialissimo il romanzo di William, speriamo che il riassunto sia di incentivo all’acquisto del cd e quindi un contributo per il successo della lodevole iniziativa di Antonio.
La vicenda della protagonista, Gonda,
una contadina, si colloca all’inizio del
millenovecento e ha come cornice il
nostro paese e le figure sociali in esso
dominanti: i mezzadri, i corbellai, le
tessitrici e i “sor padroni”.
I primi subiscono il giogo di un contratto che conserva alcuni caratteri
medioevali come le servitù derivanti
dal patto colonico. Ad esempio la
scelta del nome del neonato è un diritto del proprietario (…il sor Lorenzo
aveva dato un’occhiata al calendario…;
quel giorno era l’undici agosto Santa
Radegonda, e “Radegonda” aveva detto…
Per giorni e giorni Giovacco aveva cercato di abituarsi a quel nome, ma sembrava
aver l’argento vivo addosso, poi cominciò
a chiamarla Gonda, così restava più nella
mente, e Gonda era rimasta). Le donne
del contadino periodicamente sono
costrette a fare il bucato al padrone e
si devono portare al “sor padrone” le
primizie, polli, uova, ecc. Alla difesa
strenua da parte dei proprietari dei
loro privilegi feudali, si contrappone
però la crescente consapevolezza dei
propri diritti da parte dei contadini.
La spinta maggiore al cambiamento,
però, viene dalla categoria più matura, i
corbellai. Alcuni di loro formano il
Circolo Francesco Ferrer (L’indirizzo
politico del Circolo era confuso come
era confusa la valutazione che gli altri,
interessati o no, ne facevano. I fondatori si dicevano anarchici; in seguito,
nella commozione del martirio, avevano preso il nome di Francesco Ferrer
come simbolo di ribellione al potere
costituito. D’altra parte avevano allacciato legami con i socialisti di città:
erano parte di quella lunga catena di
gente mossa da un oscuro e incontrollato moto di rivolta che si avviavano
verso la ribellione organizzata. Gli
altri consideravano questa gente, quanto meno, dei sovversivi, ma più spesso
un’associazione a delinquere, una
diretta derivazione della “mano nera”,
come già avevano chiamato i primi
assertori di un rinnovamento sociale…).
Momento centrale è il comizio dell’oratore socialista ( i soci del Circolo Ferrer
sono andati a cercarlo a Pisa) che incoraggia la lotta delle tessitrici che stanno
per dare inizio ad uno sciopero per
strappare un maggior compenso per la
tela. La piazza dove si svolge il comizio
è quella di San Francesco. Si contrappone alla voce dell'oratore il suono
delle campane della vicina chiesa (...il
quaresimalista per tutta risposta si girò
e con un gesto imperioso e con la voce
dette inizio di nuovo all'Uffizio, che gli
altri cantarono incerti, ma che lui proseguì a voce piena recandosi verso la
porta. Prese le due imposte, le aprì lentamente, con solennità, senza smettere
di cantare; a braccia aperte stava per
spingerle verso il muro quando un urto
violento sulla faccia lo fece cadere per
terra. “Porca M...” bestemmiò Florio,
dopo la labbrata, richiudendo di
schianto la porta. Don Giordano accorse, portò il quaresimalista, stordito,
verso il centro della chiesa, dove tutti
gli si fecero intorno. “Gliel'avevo detto
io di lasciar perdere!” gli disse...). Un
episodio che conferma il ruolo conservatore giocato della Chiesa, che nella
sostanza pende dalla parte dei borghesi.
In tale contesto dove si fronteggiano e
si scontrano le forze sociali presenti a
Buti, si dipana la storia d’amore di
Gonda con Pietro. Gonda scende dalla
casa poderale a mezza costa e non sop-
porta più di entrare in paese ed essere
vestita in un modo miserabile (...”C'è
che in questo saccone sono stufa di
starci” proruppe Gonda strusciando le
mani sulla gonna e con le lacrime agli
occhi salì di corsa le scale..). Allora
decide, con i risparmi, di acquistare un
vestito di cotone stampato e lo indossa
(… con il senso di sfida che sentiva in
quel suo vestito nuovo, un senso che,
per il paese, le servì di difesa... perfino
gli uomini si voltavano a guardarla e
sussurravano qualcosa fra loro; in
quelle parole e in quegli sguardi si
accavallavano e si confondevano complimenti, invidia, rimprovero... “Guà,
la contadina s'è fatta signora” disse
velenosamente, e forte per farsi sentire
da Gonda, la Manolunga...). Il gesto di
Gonda viene mal giudicato fino al
punto che Giovacco, il padre, è buttato
fuori dal podere per il comportamento
scandaloso della figlia.
“Tanti nomi non sono più neanche
ricordi, tanti fatti sono quasi meno credibili di favole; fra altri nomi e altri
fatti Gonda, per le feste, la sera aspetta ancora fra l'ansia e la rabbia il suo
vecchio che non di rado beve un pò più
del necessario.
I poderi intorno al suo, uno alla volta,
sono stati abbandonati quasi tutti e il
suo sor padrone attuale se la tiene
cara, pur cercando di fare il più possibile il proprio interesse. Il sor Lorenzo,
sempre vivo anche lui, spesso spesso
s'abbocca con Pietro, vorrrebbe rivederlo in un suo podere, sarebbe disposto a portargli l'energia elettrica su, a
mezza costa, nella vecchia casa di
Taddeo o a dargli una casa anche giù,
in paese; per Gonda non ci sarebbe
neppure da pensare al bucato; ormai
da tempo, anche per opera di Gosto
che organizzò i sindacati bianchi, non
esiste più quell'obbligo. Pietro, corte-
giorno non possono fare a meno di
avere pietà l'uno dell'altro e di essere
tristi per se. Si consolano una volta
ogni tanto a bere un caffè insieme,
magari nel bar dei padroni che, ormai,
dopo una guerra, qualche schiaffo e
un'altra guerra è diventato il bar di
tutti.
Gonda non ha più quel vestito di cotone stampato; le durò tanto, più di qualsiasi altro vestito, ci vollero anni e anni
perchè potesse portarlo senza scandalo
e oggi che potrebbe portarli più belli è
ridotta, dai lutti e dagli anni, a vestirsi
sempre di nero.
Però ha fatto con le figlie prima, poi
con le nipoti, quello che ha potuto: le
ha viste scendere con i vestiti che i raccolti potevaano permettere, con le
scarpe coi tacchi alti e le calze di seta
in mano, che si sarebbero cambiate giù,
in una casa amica o in un andito; ed
ora non hanno più bisogno neppure di
far così, ora stanno tutte al paese e cercano di avere, o sognano, per se e per i
figli cose che Gonda non riesce a capire e che qualche volta condanna, così
come non capivano e condannavano lei
le contaadine dei suoi tempi”.
RIPENSANDO AGLI ANNI ‘50
UN’AVVENTURA
William con la sorella Ilelda.
Successivamente, durante “la Festa” del
paese, si ha un’ulteriore e più seria provocazione. Un gruppo di giovani: (...
per lo più contadini: vino, ponci, sigarette e un po' di schiamazzo portarono
ben presto qualcuno a reggersi in piedi
a stento. Quando Stefano s'accorse che
tutti, più o meno, ed anche lui stesso,
erano su di giri, li portò verso il bar dei
padroni e premendo dentro Pietro si
rivolse agli altri:”Ed ora un ponce qui,
pago io a tutti!”). Uno sberleffo irriverente verso i padroni, a cui segue un
ultimo gesto di rivolta di Gonda: (...
Gonda, ora, capiva solo l'umiliazione
di Pietro, quello che avrebbe dovuto
passare
a
seguito
di
quel
gesto...”Bettina voglio mettermi il
vestito” disse trasognata toccandole un
braccio. Un quarto d'ora dopo erano a
giro insieme...). Nel racconto, a questo
punto, si ha un salto temporale e ci
ritroviamo nel 1961:
semente, rifiuta sempre, non è risentimento per quanto successe dopo quella
"Festa", passò dei momenti brutti, è
vero: qualche giorno senza tornare a
casa, neppure un'opra al frantoio, poi,
dopo il raccolto, quel terremoto di
cambio dei poderi e dei sor padroni; e
le botte che avevano avuto lui e Gonda,
ma tutto questo non brucia più. Se
rifiuta è per lo stesso motivo che non
ha più risentimenti, per lo stesso motivo che lo tiene attaccato alla terra,
quando ormai figli, salvo uno che sta
con lui, e nipoti se ne sono allontanati:
‘Siamo tropppo vecchi per cambiare’.
È così, troppo vecchi. Pietro e il sor
Lorenzo sono ancora un contadino e un
padrone, ognuno tira ancora al proprio interesse, con più forza di quei
tempi il contadino, con meno il sor
padroone, ma quando per qualche
momento capita loro di guardarsi l'un
l'altro il fisico che decade giorno per
Conservo il ricordo di un fatto accadutomi
nel mese di luglio del cinquantuno alla
gora di Puntaccolle, precisamente di
Migliaia. Una gora che era una magia e che
attirava come una calamita tutti i ragazzetti. Ci si arrivava attraverso un passaggio
buio e stretto affacciandosi, all'improvviso,
sullo scenario assolato del rio Magno; una
vista che andava da Borgo Maggiore fino
alla Vandinella compreso tutta la Via Nova
e il suo via-vai. In più lo spettacolo dell'acqua che di fondo al muretto cadeva a precipizio accanto alla gigantesca ruota del
frantoio, laggiù laggiù in uno sprofondo
che sembrava una voragine. Forse tutti
s'era attratti per il solo star lì, sui muretti, a
guardare scorrere l'acqua, di cui ce n'era
tantissima. Quando le donne vi si immettevano dentro per lavare i panni, gli raggiungeva il ginocchio.
Quella mattina (avevo appena sei anni)
corsi alla gora, così come facevo spesso, e
contenta "d'un ci trovà' nimo", decisi di
entrare nell'acqua. Tante volte avevo provato a fare quel passo temerario, ma c'era
sempre qualcuno che me lo impediva. Misi
gli zoccolini sul lavatoio e mi addentrai
nell'acqua. Dopo tanti anni, ho ben presente la vivissima sensazione che avvertii.
Allo stesso tempo, però, fu come posare i
piedi sul burro. Percepire l'intensità di
stare dentro quell'acqua e "cascacci" dentro fu tutt'uno. Rialzarsi non fu per niente
facile perché i piedi non facevano presa.
Quando mi riuscì, rimisi gli zoccoli uscendo fuori dal cancello. Ero completamente
bagnata e pensai impaurita: “Chissà che
succede quando torna la mi' mamma”.
Infatti, l'ultima raccomandazione prima di
dirigersi verso la segheria, era proprio
quella di non andare per rii e per gore.
Terrorizzata rimasi al sole facendo lo sdingolo sul cancello per tutta la mattina.
Purtroppo, mentre la brusina di telamare
s'asciugò in un volo, i calzoncini di "frustagno" no.
Quel giorno non si arrivò neppure a sera
per "riscòte' la paga", la ricevetti prima di
“desinà'” e con una bella frustina fresca
(mamma diceva che ci voleva fresca perché avvettava meglio).
F.MV.
Cascine ieri
di Claudio Parducci
Una bella formazione del Circolo " Le due vie" che partecipò, con alterne fortune, al campionato amatori anno 1980. Da sinistra, in piedi: Yarcek, Cioppe, Tons, Otellino, Puppino, Resembrik, Tarantini, Gufo;
accosciati: Darietti, Natale, il Gatto, Bologna, Tobia, il Grebano e Marchino.
LA STREGATA
Conoscevo una vecchia donnetta che
aveva dei dubbi superstiziosi sulla vicina di casa, diceva che la stregava. E
pensà che questa poveretta gli faceva
anche le faccende domestiche. Me lo
disse una amìa della vecchia, una di
‘velle che nun regge neppure ‘r piscio.
Lì per lì nun ci ‘redevo, mi pareva
impossibile che fusse ‘osì perché nun
‘redevo che fusse maligna a quel mo'
dato che tutta la su’ vita l’aveva finita
in chiesa (ci andava senza capire er
signifìato perché ci andava). Io nun so
perché ci sono questi soggetti e d’artra
parte vanno sopportati: dev’essere una
paura che hanno drento che lì fa ragionà
a quer mo'. Rimanendo nel caso, lo diceva doppo che ni faceva mille favori: era
come lavà’ la testa all’asino, anzi peggio.
Badate che è diffusa sodo ‘vesta malattia, si io la chiamo malattia. Diceva un
medìo di una condotta ‘vi vicina a proposito di ’veste ‘ose ‘vi: “Vengano da te
se hanno una malattia, ma contemporaneamente vanno dai guaritori. E se nun
guarisceno, la colpa la danno a noialtri,
mentre se guarisceno dìano che sono
stati quell'artri. Vacci a capi’ ‘varcosa”.
Insomma ‘vella donna, se ni sentiva la
testa, dubitava forte della su’ amìa. E
pretendeva che ni facesse le faccende.
Se fòri trovava i fiori secchi nei vasi, un
ci pensà’ neppure un seòndo ch’èra lèi la
causa. Invece èra er su’ marito che ce lo
sgocciolava quando a sera rivava alticcio. Lui, quando la sentiva sbraitare a
quer mò, ci rideva. E invece di fargli una
parola confessando la propia colpa,
attenuando così ‘vella tensione che
c’èra verso 'vella donna generosa per l’idèe stupide che aveva preso la su’
moglie. Il marito nun solo nun ni diceva
nulla alla vecchietta che era sua la colpa
der fatto che gli seccava i fiori, ma nemmeno faceva trapelà’ di come la pensava, che la moglie avesse idèe malate
circa la donna sospettata ingiustamente
di essere una strega.
Un giorno la vecchia andò dar prete ritenendo che l’averebbe messa sulla via
bona, che ce l’averebbe levate le streghe
di casa sua, ma nun trovò pane per e su’
denti. Il prete, rendendosi subito conto
delle ‘ose, gli fece un discorso che averebbe persuaso
anco un maiale. Gli
disse, infatti, di farsi visitare da un
medìo che n’averebbe detto ‘verche avevano tutti ‘ vecchi di ‘vell’età e che er
sangue, probabilmente, gli scorreva pòo
bene e n’aveva dato, si vede, alla testa e
che nun poteva darsi che una la ‘vale si
dimostri generosa pòi ti facci stà male,
cioè ti streghi. Insomma, ci si confondette parecchio. Ma nun ci fù verso,
anche er prete dovette accorgisi che nun
aveva ottenuto nulla con la lavata di
testa che n’aveva fatto. Alla vecchia, il
problema, gli durò finché fù decrepita.
Attilio Gennai
AVVISO
PER “L’ANGOLO DELLA
MEMORIA” SIAMO ALLA
RICERCA DI FOTO DI GRUPPO: SCOLARESCHE, GITE,
ALTRO. FATEVI VIVI CON
GIULIANO CAVALLINI ALLO
0587 723610.
ANAGRAFE
NATI
Pacini Gaia
nata a Pontedera il 2 giugno 2011
Iacopini Riccardo e Signorini Serena
sposi a Ponsacco il 18 giugno 2011
Graziani Stefano e Loretti Tiziana
sposi a Vicopisano il 4 giugno 2011
Xhebexhiu Kristjano
nato a Pontedera l’11 giugno 2011
MORTI
Cantini Mattia
nato a Pontedera il 12 giugno 2011
Tedeschi Giulietta
nata a Pontedera il 9 giugno 2011
De Ranieri Olivia
nata a Pontedera l’11 giugno 2011
Passetti Amedeo
nato a Pontedera il 16 giugno 2011
Pratali Elena
nata a Pisa il 31 maggio 2011
De Nicolais Francesca
nata a Pisa il 19 giugno 2011
MATRIMONI
Giusti Maria
nata a Vicopisano il 28 maggio 1925
morta a Pontedera il 27 maggio 2011
Foti Maria
nata a Gioiosa Ionica (RC) il 10 dicembre
1940
morta a Pontedera il 19 maggio 2011
Leporini Mario
nato a Buti il 3 aprile 1926
morto a Buti il 19 giugno 2011
Giorgi Moreno
nato a Peccioli il 5 agosto 1949
morto a Buti il 12 giugno 2011
Doveri Ginevra
nata a Capannoli il 21 dicembre 1925
morta a Buti il 6 giugno 2011
Barzacchini Pietro e Peri Elisa
sposi a Porcari (LU) il 14 maggio 2011
(dati aggiornati al 30 giugno 2011)
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