Le informative tipiche ed atipiche: che cosa sono? Le risposte della
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Le informative tipiche ed atipiche: che cosa sono? Le risposte della
Istituto Grandi Infrastrutture Le informative tipiche ed atipiche: che cosa sono? Le risposte della giurisprudenza Istituto Grandi Infrastrutture Le informative tipiche ed atipiche: che cosa sono? Le risposte della giurisprudenza Raccolta a cura di Laura Savelli La pubblicazione è disponibile anche sul sito www.igitalia.it PRESENTAZIONE Questo volume non è una raccolta di giurisprudenza in materia di informative tipiche ed atipiche, ma una ricognizione dei casi concreti, in cui le Prefetture hanno ravvisato tentativi di infiltrazione mafiosa o pericolo di tentativi di infiltrazione mafiosa. La ragione di questa ricognizione risiede nel fatto, che le norme non danno una definizione di questi due fenomeni, non dicono, cioè, che cosa sia un’infiltrazione mafiosa. Per di più, la stessa espressione “infiltrazione mafiosa” non è di immediata comprensione, perché, se, da un lato, è chiaro che allude al tentativo della criminalità organizzata di penetrare in un’impresa, dall’altro lato, non esprime con chiarezza la differenza tra l’impresa che accondiscende a farsi infiltrare e quella che subisce l’ “opa ostile” della mafia. Un ulteriore elemento di confusione è dato dalla convinzione dell’opinione pubblica, che l’infiltrazione mafiosa sia un reato, mentre così non è. Si tratta di un fenomeno che, pur non assurgendo al rango di reato, chè altrimenti interverrebbe il giudice penale e non l’autorità amministrativa, può costituire un prodromo di qualcosa che la società giudica opportuno combattere. In questo contesto, è chiaro che i contorni del fenomeno siano privi di una perimetrazione definitoria; il che costituisce la forza, ma anche la debolezza di questo strumento. In una prospettiva di riforma della normativa, sembra profilarsi un consenso circa la necessità di rivedere le informative atipiche, quelle, cioè, che le Prefetture trasmettono agli enti appaltanti, lasciando ad essi la valutazione se gli elementi forniti siano sufficienti oppure no, a configurare un pericolo di tentativo di infiltrazione. Per quanto riguarda, invece, le informative tipiche, l’esigenza è un’altra, vale a dire quella di dare maggiore contenuto all’istituto, in maniera che Prefetture, stazioni appaltanti, giudici amministrativi e imprese possano operare in un contesto meno evanescente, come si può riscontrare dalla lettura dei casi raccolti in questo volume, che vuole offrire un contributo di chiarezza e, quindi, di certezza giuridica. Le informative tipiche ed atipiche: che cosa sono? Le risposte della giurisprudenza __________________________________________________________________________________________ 1 Tar Campania, Napoli, Sezione I, 08 maggio 2008, n. 3651 2 Tar Sicilia, Palermo, Sez. III, 24 aprile 2008, n. 531 INFORMATIVA TIPICA INFORMATIVA ATIPICA Ritiene il Collegio che non sussistano vizi di razionalità o di illogicità nella valutazione operata dall'Ufficio Territoriale di Governo, che ha ritenuto sufficiente, ai fini di un giudizio di contiguità mafiosa, che il ricorrente fosse cognato di S. S.P., affiliato al clan dei C., tra l'altro fratello del celebre S.F., denominato C., nonché cugino di S.F., alias S. Il Comune di Paceco ha escluso automaticamente la ricorrente, per il fatto di meri rapporti familiari tra l’amministratore unico dell’impresa, relativamente al quale nessuna censura è stata mossa, e il padre, il nonno e il prozio dello stesso, per vicende giudiziarie che hanno riguardato questi ultimi, senza supportare tali determinazioni con concreti elementi a sostegno della permeabilità dell'attività concreta della società ricorrente a condizionamenti mafiosi. Tale stringente vincolo di parentela risulta avvalorato dalle dichiarazioni rese da un collaboratore di giustizia, che ha riferito come al ricorrente proprio il cugino, ossia il richiamato S.F., alias S., avesse fatto ottenere in passato l'appalto di illuminazione pubblica comunale, ossia quello oggetto della revoca. Nè la significatività intrinseca di tali elementi può essere in qualche modo scalfita o attenuata dalla circostanza per cui, nelle dichiarazioni del collaboratore, vi sarebbe un errore di identificazione del ricorrente, a torto ritenuto fratello di C.M. e C.A., soggetti orbitanti intorno al medesimo clan con riguardo alla attività di ristorazione, Invero, trattasi di un elemento ulteriore che, in ogni caso, non svaluta, né incide sui rilevanti e stretti rapporti parentali del ricorrente con esponenti del clan mafioso locale e nemmeno sulla circostanza per cui egli, proprio da uno di costoro, fu aiutato ad ottenere l'affidamento del medesimo appalto. Esito ricorso: respinto Esito ricorso: improcedibile 3 Tar Lazio, Roma, Sezione III ter, 21 aprile 2008, n. 3332 INFORMATIVA TIPICA Il Ministero delle Attività Produttive ha revocato le agevolazioni concesse alla M. s.r.l., ritenendo sussistere i seguenti motivi ostativi, ai sensi della legislazione antimafia: 1) procedimento penale che ha riguardato la società ricorrente, anche se conclusosi con sentenza della Corte di Appello di Napoli, con la quale i Sigg.ri M.G. e G.F., soci della M. s.r.l., sono stati prosciolti in sede di udienza preliminare, peraltro da reati che nulla hanno a che vedere con le misure di prevenzione; 2) procedimento penale instaurato nei confronti del Sig. G.F., socio della M. s.r.l., e del Sig. M.G., amministratore in carica all’epoca della richiesta del finanziamento, entrambi completamente assolti dai fatti loro addebitati con la già citata sentenza della Corte di Appello di Napoli, che ha accertato l’esclusione dell’intestazione fittizia dei beni ed, in particolare, del patrimonio della M. s.r.l., da parte di soggetti indiziati di appartenere ad associazioni di tipo criminale. 3) relazioni di parentela tra i soci della M. s.r.l., il Sig. G.M., amministratore della D., ed il fratello, Sig. R.G., coimputati all’epoca dei fatti penali, relativi alla presunta fittizia appartenenza della titolarità delle quote societarie della D. e della M. s.r.l., rispettivamente a G.M. e F.G., assunte invece come appartenenti a R.G. La ricorrente lamenta il fatto che si faccia riferimento a circostanze antecedenti al 2001, data di pubblicazione della sentenza di proscioglimento dei fratelli G. e dei soci della M. s.r.l., con contestuale revoca del provvedimento cautelare di sequestro. Aggiungono, inoltre, i ricorrenti che né la M. s.r.l., nella persona dell’amministratore in carica al momento della richiesta del finanziamento, Sig. M.G. e del suo nucleo familiare, né i componenti la compagine societaria sono mai risultati essere sottoposti alle misure di prevenzione, alla base dell’informativa tipica. Esito ricorso: respinto (cfr. anche Tar Lazio, Sezione III ter, 01 marzo 2006, n. 1532) 4 Tar Campania, Napoli, Sezione I, 31 marzo 2008, n. 1650 INFORMATIVA TIPICA 1 IGI – Istituto Grandi Infrastrutture __________________________________________________________________________________________ Dal provvedimento, con il quale la Prefettura di Caserta informa della sussistenza di cause interdittive a carico della T. s.r.l. e del suo amministratore unico, Sig. D.E., non emerge la segnalazione di alcun elemento specifico a carico di tali soggetti, ma solo un rinvio alle informazioni a suo tempo fornite sulla società D.F. e sul suo amministratore D.G., ritenuto legato al clan dei C. In queste informazioni viene riferito che D.V. e suo figlio D.E. (attuale amministratore della ricorrente) furono denunciati, nel 1989, per favoreggiamento nei confronti di quattro pluripregiudicati, elementi di spicco del clan dei C. Tuttavia, risulta provato che D.V. e D.E. sono stati successivamente assolti, con formula piena, dall'imputazione per il reato di favoreggiamento personale con sentenza passata in giudicato, che dichiara inammissibile l'appello proposto dal Pubblico Ministero e conferma, invece, la condanna nei confronti di coloro che, in primo grado, erano stati giudicati colpevoli del delitto di tentata estorsione proprio nei confronti di D.V. e D.E. Nel provvedimento si accenna anche a colpi di arma da fuoco esplosi per intimidire i D. È stato sostenuto, inoltre, che sarebbe desumibile l'esistenza di rapporti di stretta parentela tra più componenti della famiglia che controlla la società ricorrente ed esponenti della criminalità organizzata, facendo riferimento alla parentela che sussisterebbe tra D.E. e D.G., legato da vincoli di amicizia con un pluripregiudicato già appartenente alla N.C.O. e transitato, successivamente, nel clan dei C., nonché al fatto che quest'ultimo sarebbe stato socio accomandante in una società di cui era accomandatario D.V., padre di D.E. 2 Va rilevato, in contrario, che nelle informazioni fornite dalle Forze dell'Ordine nulla, in realtà, è detto sull'esistenza di vincoli di parentela o rapporti di altro genere tra D.G. e D.E., né si fa riferimento a qualsiasi rapporto, diverso da quello di filiazione, tra quest'ultimo e D.V., tale da poter far pensare ad un collegamento indiretto, tramite la D.F., di cui questi era accomandatario, con la persona di D.G.. delinquere di stampo mafioso, estorsione e ricettazione. Esito ricorso: accolto Nella specie vi era stato un procedimento penale, nel corso del quale l'ex amministratore della società ricorrente, il Dr. M.A., era stato tratto in arresto, in relazione all'ipotesi di reato di associazione a delinquere ex art. 416-bis c.p., associazione il cui capo è stato individuato nel Sig. R.M. 5 Tar Campania, Napoli, Sezione I, 31 marzo 2008, n. 1639 Esito ricorso: respinto 6 Tar Veneto, Venezia, Sezione I, 7 marzo 2008, n. 567 INFORMATIVA TIPICA INFORMATIVA TIPICA La prima informativa è fondata sulla nota del Comando Provinciale dei Carabinieri di Caserta, in cui si rappresenta che L.C., socio accomandante della società ricorrente, era stato controllato in San Marco Evangelista insieme a D.F., soggetto pregiudicato per i delitti di omicidio volontario, rapina, reati concernenti l’uso delle armi e associazione a delinquere di stampo mafioso. Nella stessa nota è riportato che sempre L.C. era stato controllato in Castelvolturno insieme a D.F. e a I.S., quest’ultimo pregiudicato per il delitto di cui all’art. 640-bis c.p. La seconda informativa è, invece, sostenuta dalla nota, sempre del Comando Provinciale dei Carabinieri di Caserta, con la quale si aggiunge che il socio accomandatario, L.R., era stato controllato in Villa Literno in compagnia di Z.M., ritenuto un affiliato al clan dei C., nonché sorvegliato speciale e gravato da precedenti per associazione a Tuttavia, è altrettanto vero che l'ordinanza cautelare è stata annullata dal Tribunale del Riesame di Potenza, il quale ha evidenziato che il Sig. M.A., pur essendo stato contattato da esponenti del clan M., si è però rifiutato di spartire l'appalto con le ditte contigue al suddetto clan, attraverso il subappalto. Infine, la Corte di Cassazione, I Sezione Penale, con sentenza del 20 aprile 2005, ha dichiarato inammissibile il ricorso proposto dal Pubblico Ministero, confermando le conclusioni cui era pervenuto il Tribunale della Libertà, rilevando che le valutazioni di quest'ultimo non appaiono sindacabili, tanto più che il ricorso del Pubblico Ministero si risolve, in buona sostanza, in una diversa lettura di quegli indizi, ritenuti forse un po’ apoditticamente pregnanti di solida ed univoca valenza accusatoria. Va, peraltro, rilevato che, nelle more del presente processo, la vicenda penale si è conclusa con la richiesta di archiviazione da parte del Pubblico Ministero. Le informative tipiche ed atipiche: che cosa sono? Le risposte della giurisprudenza __________________________________________________________________________________________ In definitiva, dallo sviluppo della vicenda penale si può evincere senza alcun dubbio che il sig. M.A. è del tutto estraneo alla realtà associativa e che la relativa impresa non è stata permeabile rispetto ai tentativi di infiltrazione mafiosa. Esito ricorso: accolto 7 quale l’Azienda Ospedaliera ha disposto la revoca del contratto in essere con l’appaltatrice E. s.p.a. Esito ricorso: accolto 8 Tar Campania, Napoli, Sezione I, 11 febbraio 2008, n. 673 INFORMATIVA TIPICA Consiglio di Stato, Sezione V, 12 febbraio 2008, n. 491 INFORMATIVA La risoluzione del contratto è stata motivata con richiamo alla nota della Prefettura di Napoli, nella quale si forniva un’informativa antimafia sfavorevole, giustificata con riferimento a vicende di natura penale, che avevano coinvolto l’amministratore della E. s.p.a. In primo grado, la ricorrente contestava l’intervento della Prefettura e dell’Azienda Ospedaliera, poiché il loro intervento giungeva mesi dopo che in sede penale, dapprima dinanzi al Tribunale del Riesame e, poi, dinanzi alla Corte di Cassazione, era stato accertato che il legale rappresentante di E. era estraneo all’ipotesi accusatoria. Il Comando Provinciale dei Carabinieri di Caserta rappresentava che l’amministratore della ricorrente E.I. s.r.l., quando questa aveva diversa denominazione, D.M.A. era stato tratto in arresto per riciclaggio, al fine di agevolare il clan camorristico dei C., per cui si ritenevano sussistenti elementi di pericolo d’infiltrazione mafiosa. La Direzione Investigativa Antimafia, inoltre, rappresentava che la società ricorrente faceva parte del consorzio C., cui partecipava anche la 3.DI s.r.l., i cui soci erano stati controllati in alcune occasioni con soggetti ritenuti vicini al clan dei C. L’informativa prefettizia, difatti, era già stata annullata con sentenza n. 363/2007 dal Tar Campania, Sezione I, confermata dal Consiglio di Stato con la decisione n. 2828 del 31 maggio 2007. A seguito di tre istanze di aggiornamento, avanzate nell’interesse della società, la Questura di Caserta, pur rilevando che nei confronti di D.M.A., già amministratore, era caduta l’accusa di partecipazione ad associazione mafiosa, essendo piuttosto egli vittima della criminalità, rappresentava che nella società figurava la di lui moglie, R.A.M. ed i suoi fratelli, D.M.A., quale amministratore, D.M.A. e D.M.C.. La nota concludeva richiamando la partecipazione al consorzio C. e ritenendo che non si poteva escludere una contiguità mafiosa della E.I. s.r.l. Se ne deduce che analoga sorte tocca alla determinazione con la A seguito di nota del G.I.A. la Questura di Caserta Con sentenza n. 827/2006, il Tar Liguria respingeva il ricorso, successivamente ritenuto fondato dal Consiglio di Stato. rappresentava, inoltre, che il processo penale a carico di D.M.A., sebbene fosse stata annullata dal Tribunale del Riesame l’ordinanza di custodia cautelare emessa nei confronti di questi, era ancora in corso. Inoltre, in sede di riesame, era stata comunque rilevata la sussistenza di collegamenti tra il D.M.A. e il clan dei C. Anche il Nucleo di Polizia Tributaria di Caserta riferiva che il D.M.A. era stato tratto in arresto in altre due precedenti occasioni nel corso del 1997 e, quindi, assolto, mentre per i fatti concernenti il terzo arresto, avvenuto nel 2006, e già menzionato, il processo era ancora in corso. Si evidenziava, altresì, il ruolo che egli aveva assunto rispetto al richiamato sodalizio criminale. Esito ricorso: respinto 9 Tar Campania, Salerno, Sezione I, n. 493/2008 INFORMATIVA TIPICA Con l’originaria denominazione di E.P.M., la società ricorrente svolgeva il servizio di pulizia dei plessi delle istituzioni scolastiche del Comune di Afragola. A seguito del cambio di denominazione sociale da E.P.M. a M. s.r.l., era stata anche trasferita la sede sociale da Napoli a Fiorenzuola d’Arda, in provincia di Piacenza, e, nel contempo, erano variati la persona dell’amministratore unico (A.C., in sostituzione di E.L.), nonché l’intera compagine sociale, posto che gli originari soci avevano venduto tutte le loro quote alla società O.V.L., la quale 3 IGI – Istituto Grandi Infrastrutture __________________________________________________________________________________________ risultava, perciò, titolare dell’intero capitale sociale. L’Ufficio Territoriale del Governo di Piacenza aveva reso certificazione liberatoria, comunicando che, dagli accertamenti esperiti sul conto della M. s.r.l., non erano emersi elementi ostativi al rilascio del nulla osta antimafia. Tuttavia, il Centro Servizi Amministrativi di Napoli aveva disposto la rescissione del citato contratto, sulla base della nota con la quale l’Ufficio Territoriale del Governo di Napoli aveva, invece, reso un’informativa antimafia interdittiva a carico della società ricorrente. Successivamente, anche il Prefetto di Piacenza mutava opinione, rilasciando un’informativa negativa, anche se in assenza di nuovi elementi. In tali atti viene affermato che la società in questione costituirebbe, pur dopo un cambio di denominazione, null’altro che una prosecuzione della preesistente E.P.M. s.r.l., già in precedenza gravata da informativa antimafia negativa, per la sua riconducibilità a tale E.L., soggetto ritenuto collegato a elementi della criminalità organizzata del napoletano, atteso che, a dispetto del mutamento della compagine sociale, nonché della nomina di un nuovo amministratore unico, sarebbe però rimasta inalterata la composizione del collegio sindacale. Esito ricorso: accolto 10 Tar Campania, Napoli, Sezione I, 31 gennaio 2008, n. 447 INFORMATIVA TIPICA 4 Nell’informativa prefettizia si dava atto delle seguenti circostanze: Con specifico riguardo all’esito degli accertamenti, veniva messo in risalto dalla ricorrente che: 1) il ricorrente D.C., titolare dell’omonima ditta individuale, risultava controllato in Caiazzo dai locali CC, unitamente a V.S., da Casal di Principe, gravato da precedenti penali per favoreggiamento personale, associazione per delinquere, truffa e falsi in genere; 1) il ricorrente non ricordava d’essere stato sottoposto ad un duplice controllo, rispetto a quello avvenuto in Caserta; 2) il ricorrente era stato, inoltre, controllato in Sessa Aurunca, unitamente ad E.F., da Sessa Aurunca, pregiudicato ed esponente di spicco del clan dei M., gravato da precedenti penali per associazione mafiosa, estorsione, detenzione abusiva di armi e munizioni ed altro, nonché insieme a M.P., da Casal di Principe, gravato da precedenti penali per associazione per delinquere e traffico di stupefacenti. Emergeva, inoltre, come dalla banca dati della Polizia, risultassero i seguenti ulteriori controlli, cui il ricorrente era stato sottoposto, in tempi più recenti: 1) era stato controllato, unitamente ad A.D., da Casal di Principe, pregiudicato per reati di estorsione, porto illegale di armi, ricettazione, associazione per delinquere e traffico di stupefacenti; 2) era stato controllato, in Caserta, insieme a B.F., da Casal di Principe, pregiudicato per reati di estorsione, porto illegale di armi, ricettazione, associazione per delinquere e traffico di stupefacenti; 3) lo stesso giorno, in Villa Literno, il ricorrente era stato, infine, controllato, unitamente a M.M., da Caserta, pregiudicato per reati di associazione a delinquere e traffico di stupefacenti. 2) quanto all’accertamento operato in Sessa Aurunca nel lontano 1994, il ricorrente, pur confermando la circostanza d’essere stato controllato dalla Polizia, unitamente ad M.P., non ricordava d’essersi trovato, in tale occasione, in compagnia anche di E.F., che non conosceva affatto; inoltre, evidenziava come M.P., all’epoca, fosse titolare d’impresa edile ed incensurato, essendo stato condannato per delitti legati agli stupefacenti, solo quattro anno dopo il suddetto accertamento; 3) non era stato considerato il rapporto di parentela che lo legava ad alcuni dei personaggi ivi indicati e, segnatamente, ai fratelli M.P. e M.M. (dai certificati anagrafici in atti, in effetti, risulta che M.P. ed M.M. sono figli di M.V., a sua volta fratello della moglie del ricorrente, M.B., sicchè i predetti M.P. e M.M. sono affini in terzo grado del ricorrente); 4) quanto a V.S., lo stesso, insegnante, risultava incensurato, a parte un carico pendente per abusivismo edilizio; 5) riguardo al controllo effettuato in compagnia di M.M., suo affine, si poneva in risalto come lo stesso M.M., all’epoca, fosse ancora privo di alcuna pendenza penale; 6) quanto, poi, all’episodio del controllo che, a detta dei Carabinieri, sarebbe avvenuto in pari data in Caserta, lo stesso era stato originato da circostanze del tutto occasionali. In particolare, racconta il ricorrente di essersi recato a Le informative tipiche ed atipiche: che cosa sono? Le risposte della giurisprudenza __________________________________________________________________________________________ Caserta per adempimenti di natura bancaria, dove aveva incontrato la suocera R.A., dipendente della Soprintendenza BB.AA.CC. di Caserta, per far rientro insieme a casa. Mentre si trovava al di fuori della sua autovettura, in attesa della suocera, era stato avvicinato da B.F., lontano parente di suo cognato, che, avendolo riconosciuto, gli aveva offerto un passaggio. Proprio in tale frangente era sopraggiunta una volante della Polizia, che aveva proceduto al riconoscimento non solo del conducente dell’autovettura (vale a dire di B.F.), ma anche del ricorrente, che si trovava al suo esterno. A comprova di ciò, esibiva ricevute bancarie, attestanti che quel giorno si era recato presso la C., per il pagamento di talune imposte, ed una dichiarazione sostitutiva resa dalla suocera, Sig.ra R.A. In ogni caso, anche B.F., all’epoca del controllo in questione, era immune dai pregiudizi penali. 7) con riferimento al controllo in compagnia di A.D., il ricorrente evidenziava come lo stesso fosse avvenuto nei pressi dell’abitazione dello stesso A.D., non distante dalla propria residenza, e come tale rapporto di vicinato fosse stata l’unica ragione dell’occasionale presenza di A.D. nell’autovettura del D.C., che l’aveva incontrato poco prima all’uscita di un bar e che non s’era saputo sottrarre alla richiesta di un passaggio a casa, dal medesimo proveniente. In ogni caso, la difesa del ricorrente poneva in risalto come gli episodi, riferiti dalle Forze dell’Ordine, fossero avvenuti in un contesto urbano, come quello di Casal di Principe, estremamente popolato, con pochi luoghi di ritrovo, nel quale si finiva per conoscere i propri concittadini per semplice contatto, senza necessità che tanto comportasse anche una particolare vicinanza d’interessi ovvero specifiche frequentazioni. Esito ricorso: respinto 11 Consiglio di Stato, Sezione V, 31 dicembre 2007, n. 6902 INFORMATIVA ATIPICA Con la riforma dell’annullamento dell’informativa, che aveva riguardato la D. s.r.l., società che ha effettuato la cessione d’azienda a favore della ricorrente, era stato stabilito il collegamento tra il figlio e il marito delle socie della D. e le organizzazioni criminali: collegamento che non appariva desunto dalla sola relazione di filiazione e di coniugio con le due socie, ma da elementi, sia pure indiziari, di indubbia consistenza, come l’accertato intrattenimento di conversazioni telefoniche di pertinente interesse con soggetti appartenenti a clan camorristici, attraverso un apparecchio radiomobile intestato alla società D. Il collegamento era finalizzato ad imporre assunzioni accettate per quieto vivere e per poter continuare ad operare nella zona, nonché ad effettuare prestiti di denaro a titolo usurario. Le telefonate ricevute presupponevano l’identificazione, da parte del chiamante, di rapporti fra la D., titolare dell’utenza, e il soggetto operante nella società o, quanto meno, una legittimazione dello stesso ad interloquire per detta società. Che l’Ufficio Territoriale di Governo di Napoli non abbia fatto riferimento alla persona del responsabile tecnico della società S.A.I., non implica che la sua attività non potesse essere stata influenzata dalla vicende pregresse della società D., nella quale il medesimo era amministratore e direttore tecnico, in considerazione del potere decisionale proprio delle funzioni rivestite. Funzioni, la cui conservazione nella nuova compagine sociale, erano significative per valutare l’idoneità morale della S.A.I. ad essere aggiudicataria del contratto. Avere conservato il medesimo soggetto nella stessa posizione lavorativa rivestita presso la società D., rappresenta di per sé un sintomo negativo di affidabilità della ricorrente. L’amministrazione ben poteva risolvere il rapporto contrattuale di lavoro, proprio in ragione di quanto in precedenza accaduto durante il periodo di lavoro prestato alle dipendenze della società D., senza attendere lo scioglimento per dimissioni volontarie avvenuto nel maggio 2005. Esito ricorso: respinto (cfr. Tar Campania, Napoli, Sezione II, 28 febbraio 2007, n. 1272; Tar Campania, Napoli, Sezione III, 9 gennaio 2003, n. 3367; Consiglio di Stato, Sezione VI, 17 luglio 2006, n. 4574) 12 Tar Sicilia, Palermo, Sezione I, 18 dicembre 2007, n. 3439 INFORMATIVA ATIPICA La vicenda si snoda attraverso una serie di provvedimenti 5 IGI – Istituto Grandi Infrastrutture __________________________________________________________________________________________ originati da una precedente informativa del Prefetto di Trapani, con la quale era stata accertata la sussistenza delle cause ostative previste dall’articolo 10, comma 5-ter, della l. n. 575/1965 nei confronti del Sig. R.C., presidente pro tempore della società ricorrente A.C. s.r.l., condannato a sei anni di reclusione per il delitto di associazione mafiosa. A seguito della nuova informativa, la società ricorrente comunicava l’avvenuta variazione della compagine sociale ed, in particolare, la sostituzione del presidente dimissionario R.C. con il Sig. G.P. La Prefettura di Trapani, in sede di verifica delle autocertificazioni prodotte dal presidente e dai sindaci, attestanti la mancanza di condizioni ostative al rilascio/proroga della concessione demaniale, accertava l’insussistenza delle cause di divieto, rilevando, tuttavia, che R.C., dimessosi dalla carica di presidente, ha mantenuto la quota di maggioranza pari ad euro 1.000.000,00, e che G.P. (presidente) e B.V. (sindaco) figurano in altre compagini sociali assieme a R.C. Esito ricorso: respinto 13 Tar Campania, Napoli, Sezione III, 05 dicembre 2007, n. 15777 INFORMATIVA TIPICA Le frequentazioni tra V.A., socio della società ricorrente, ed esponenti di primo piano del clan camorristico P., desumibile dal fatto che egli è stato controllato in compagnia di G.P., capo dell’omonimo clan, nonché dalla presenza all’interno della cava del 6 medesimo G.P., pluripregiudicato per mafia, omicidio volontario, porto e detenzione di armi, sono, infatti, più che idonee a legittimare il sospetto dell’esistenza di un condizionamento mafioso dell’attività della società ricorrente dei fratelli V. ad opera del clan P. A nulla rileva la circostanza che il controllo in compagnia di G.P. sia avvenuto in luogo pubblico, atteso che, peraltro, all’atto di tale controllo, le Forze di Polizia hanno accertato che il V. si trovasse insieme a G.P. In questo contesto, le contestazioni da parte della ricorrente in relazione al fatto che l’assunzione di V.A. sia stata di breve durata, e che i precedenti dei fratelli V. siano di lieve entità, non paiono significative. Tali circostanze, infatti, non valgono a sminuire la gravità e la significatività dei fatti sopra menzionati, circa i rapporti con il clan del P. e il rischio di una indebita interferenza sull’attività economica della società ricorrente. pregiudizi di sorta, si comunicava, tuttavia, che, nel corso degli accertamenti, era emerso che la SO.GE.ED. aveva acquisito un ramo d’azienda, quale affittuaria, dalla società E. di S.P., con sede in Santa Maria Capua Vetere, la quale era stata raggiunta da decreto interdittivo antimafia, in seguito alle risultanze delle indagini, espletate dal G.I.A. Sempre il Comandante dei Carabinieri di Caserta precisava, inoltre, che tale ultima società era amministrata da S.P., residente in Casal di Principe, e da B.P., pure ivi residente, fratello di B.A. (amministratore unico della SO.GE.ED.). Il Comandante Provinciale dei Carabinieri riteneva che l’affitto d’azienda in questione fosse null’altro che un artifizio finalizzato ad aggirare la normativa antimafia e, pertanto, non escludeva che sussistesse, nei confronti della ricorrente, il pericolo di infiltrazioni mafiose, tendenti a condizionare le scelte e gli indirizzi operativi della stessa società. Esito ricorso: accolto Esito ricorso: respinto 15 14 Tar Campania, Napoli, Sezione I, 29 novembre 2007, n. 15595 INFORMATIVA TIPICA Dalla lettura degli atti, trasmessi dalla Prefettura di Caserta, è emerso che gli elementi, dai quali è stato desunto il tentativo di infiltrazione camorristica a carico della società ricorrente, sono costituiti da una nota, nella quale, premesso che B.A., amministratore unico della società ricorrente, residente in Casal di Principe, risultava immune da Tar Calabria, R. Calabria, Sez. I, 22 novembre 2007, n. 1180 INFORMATIVA TIPICA L’informativa negativa sulla A. s.r.l. è fondata solo sul rilievo che i soci A. e P.A. sono legati da rapporto di parentela con persone inserite, a pieno titolo, nella criminalità locale, senza che alcun altro elemento indiziario, ulteriore rispetto alla parentela, sorregga il giudizio discrezionale di pericolo di infiltrazione mafiosa, espresso dall’Amministrazione. Esito ricorso: accolto Le informative tipiche ed atipiche: che cosa sono? Le risposte della giurisprudenza __________________________________________________________________________________________ 16 Tar Lazio, Roma, Sezione I, 25 ottobre 2007, n. 10507 17 Tar Campania, Napoli, Sezione III, 08 ottobre 2007, n. 9115 INFORMATIVA TIPICA INFORMATIVA TIPICA La nota del Comando Provinciale di Caserta della Regione Carabinieri Campania ha posto in evidenza che la ricorrente E.T. s.a.s. è a conduzione familiare, in quanto nella stessa operano tutti i fratelli F. Dalle conclusioni della relazione della Commissione Interforze risulta che è stato ritenuto sussistente il condizionamento della società Fratelli D.P. da consorterie criminali, in quanto collaboratori di giustizia hanno affermato che l’impresa calcestruzzi dei D.P. era impresa di fiducia del clan M. di Afragola, con ottimi rapporti con il clan dei C. e in quanto, al momento dell’accesso delle Forze di Polizia presso la sede della ditta in oggetto, era presente, oltre a D.P.D., A.A., che registra pregiudizi per associazione mafiosa, ed altro dipendente della ditta F., oltre ad A.P., fratello di A.D., il prestanome di W.S., capo del clan dei C., e di A.V., affiliato al medesimo clan. I Sigg.ri F.A. e F.P., soci della società ricorrente, sono risultati immuni da pregiudizi di sorta, fatta eccezione per F.A., sul conto del quale figura una pendenza penale per concorso in gioco d’azzardo. Lo stesso F.A., peraltro, risulta interessato da una segnalazione del C.E.D. del Dipartimento di P.S., per reati relativi al settore dei rifiuti e per il reato di truffa in concorso. Il fratello dei soci della società anzidetta, F.G., amministratore e liquidatore di talune società di trasporto, calcestruzzo, sbancamento e movimento terra, risulta, poi, essere stato controllato dai Carabinieri di Casal di Principe presso l’abitazione di un latitante, in compagnia di taluni pregiudicati per associazione mafiosa. Nei confronti del predetto nominativo, inoltre, risultano essere state rese da un collaboratore di giustizia, nel corso di un interrogatorio reso al magistrato inquirente, talune dichiarazioni, comprovanti un’estorsione perpetrata nei riguardi dello stesso da esponenti di clan camorristici, in relazione ad attività di sbancamento, all’epoca svolte nella zona di Caiazzo. Esito ricorso: respinto Va, inoltre, rilevato che, sempre dagli accertamenti effettuati dalle Forze di Polizia, si evince che i fratelli D.P.P. e D.P.R. sono stati arrestati per art. 416-bis, nell’ambito del procedimento nel quale i collaboratori di giustizia hanno reso le dichiarazioni valorizzate dalla Commissione Interforze, ai fini della valutazione circa la sussistenza del pericolo di condizionamento mafioso. Tali dichiarazioni, rese tra il 1996 ed il 1997, devono, però, essere riferite ai rappresentanti legali della società dell’epoca (D.P.P. e R.), inquisiti, appunto, in detto procedimento. Risulta, inoltre, dalla consultazione dell’archivio del Centro Operativo di Napoli, che uno dei fratelli ricorrenti figura in due informative di reato: la prima, redatta dal GI.CO. nel 1994, per reati finanziari, e la seconda dalla stesso GI.CO., per il reato di cui all’art. 416-bis c.p. e per falsi in genere. Nel caso di specie, deve giungersi alla conclusione che l’informativa prefettizia impugnata si presenta lacunosa sotto il profilo dell’istruttoria e della motivazione. In primo luogo, infatti, non risulta che l’informativa prefettizia faccia alcun cenno alla sopravvenienza della sentenza di assoluzione n. 1266/2000 del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, nei confronti dei germani P. e R.D.P., ai quali, addirittura, è stata corrisposta la riparazione per ingiusta detenzione. La sola presenza di A.P. nel sito della cava, per quanto inquietante, non può, tuttavia, ritenersi di per sé significativa, in assenza di altri elementi indiziari o, almeno, di valutazioni logico-deduttive plausibili, di un tentativo di condizionamento mafioso in atto. L’informativa, infatti, non ha tenuto conto del fatto che tale presenza potrebbe anche essere dovuta a normali rapporti di tipo commerciale della sua impresa (la E.B. s.r.l.) con la C.G.F. s.r.l. Alle stesse conclusioni deve giungersi anche per quanto riguarda la presenza, al momento dell’accesso, di A.A., gravato da pregiudizi penali per associazione mafiosa, ricettazione ed altri reati. L’informativa, infatti, nel dare atto che egli risulterebbe dipendente della ditta C. di C.F., la quale ha comprovati rapporti commerciali con la C.G.F. s.r.l., non spiega per quale ragione la sua presenza potrebbe costituire un indice di un tentativo di condizionamento mafioso. Infine, le risalenti informative della Polizia, nelle quali figura il nome di D.P.D., in relazione a 7 IGI – Istituto Grandi Infrastrutture __________________________________________________________________________________________ non meglio specificate richieste per reati finanziari, non possono da sole dirsi particolarmente significative di una contiguità della società con ambienti della criminalità organizzata. Esito ricorso: accolto 18 Tar Lazio, Roma, Sezione III ter, 02 agosto 2007, n. 7432 INFORMATIVA TIPICA L’informativa antimafia è integralmente derivata dal provvedimento, di rigore, adottato a carico della società E.B., esteso in via derivata alla società ricorrente A. s.r.l., in virtù dell’identità soggettiva dei soci delle due compagini. Ne deriva che, essendo venuta meno, per effetto della sentenza del Giudice di appello, l’informativa antimafia a carico della E.B., il correlativo giudizio espresso a carico della società A. deve ritenersi conseguentemente caducato. Esito ricorso: accolto 19 Tar Campania, Napoli, Sezione VI, 02 agosto 2007, n. 7226 INFORMATIVA TIPICA Il fulcro dell’indagine attiene alla esistenza di un procedimento penale, nel corso del quale l'ex amministratore della ricorrente E. s.p.a. è stato tratto in arresto, con la misura di massimo rigore, in relazione ad ipotesi di reato di associazione a delinquere (art. 416-bis c.p.). 8 L'ordinanza coercitiva e gli atti degli Organi di Polizia, acquisiti nel corso dell'indagine, hanno ipotizzato uno stretto rapporto collaborativo fra l'impresa, mediante il suo amministratore unico, ed un noto clan operante nel potentino. A fronte di tali circostanze, parte ricorrente ha documentato che il Tribunale del Riesame, poco tempo dopo l'emissione dell'ordinanza custodiale, ha annullato la misura coercitiva per carenza dei gravi indizi di colpevolezza. In particolare, dall’analisi del provvedimento di riesame, emerge che l'amministratore di E. è stato contattato da esponenti del clan potentino per rinunziare al contenzioso su una gara di appalto di pulizia locale, e per subappaltare i lavori di un ulteriore appalto che la società si era aggiudicato. Egli avrebbe, dunque, subito una pressione malavitosa, diretta a favorire le società che orbitavano intorno all'associazione a delinquere dominante nel territorio locale. Peraltro, a seguito di impugnazione del provvedimento da parte della Procura, la Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso, confermando l'ordinanza emessa dal Tribunale del Riesame. In ogni caso, il ricorrente documenta l'esito finale del procedimento penale in esame, il quale si è concluso con la richiesta di archiviazione da parte del Pubblico Ministero. Dall'analisi di tali atti si evince che la motivazione di chiusura del procedimento penale a carico dell'ex amministratore di E. s.p.a. risiede nella circostanza che l'indagato è risultato estraneo alla realtà associativa di cui, peraltro, ricorre la prova degli elementi costitutivi, non essendo emersi ulteriori elementi utili a carico dello stesso. Esito ricorso: accolto 20 Tar Calabria, Catanzaro, Sezione I, 17 luglio 2007, n. 991 INFORMATIVA TIPICA Il giudizio espresso nell’informativa interdittiva dell’Ufficio Territoriale di Governo di Vibo Valentia si fonda sulle seguenti circostanze di fatto, emerse dagli accertamenti effettuati dalle Forze di Polizia: 1) a carico di E.D., padre dei soci, i fratelli E.R., F., M. e A., sussisteva, alla data dell’informativa, un procedimento penale pendente per il delitto di cui all’art. 416-bis c.p., per il quale è stato tratto in arresto, nonché due condanne, passate in giudicato, per i reati di estorsione continuata e in concorso e ricettazione in concorso, nonché una proposta, non accolta, per la misura di prevenzione della sorveglianza speciale; 2) il Sig. E.D., in occasione di un sopralluogo nei cantieri della ditta ricorrente, non solo si trovava sul posto, ma appariva anche ben edotto della conduzione del cantiere, a testimoniare il suo, non solo potenziale, bensì reale coinvolgimento nell’attività dei figli; 3) il socio E.A. risulta coniugato con la figlia di L.B.C., noto esponente e capo storico della omonima famiglia di Vibo Valentia, risiede nello stesso stabile dove abita L.B.P., altro figlio di L.B.C. Le informative tipiche ed atipiche: che cosa sono? Le risposte della giurisprudenza __________________________________________________________________________________________ Esito ricorso: respinto 21 Tar Campania, Napoli, Sezione I, 09 luglio 2007, n. 6591 INFORMATIVA ATIPICA La misura interdittiva impugnata appare basata su un insieme di elementi che sono indicati in: rapporti di parentela, frequentazioni, precedenti, nonché cointeressenze societarie e gestionali. Negli atti istruttori presi in esame dal Gruppo Interforze Antimafia, un accento particolare è stato posto sulla figura di D.P.G. (ex socio della C. s.r.l. e padre del socio D.P.F.), di cui viene riferito che si sarebbe trattato del reale amministratore della società del gruppo. Parte ricorrente eccepisce la estraneità formale di D.P.G. alla C. s.r.l., avendone ceduto le quote, ma la sua posizione di cointeressenza sostanziale nell’attività della C. è dimostrata proprio dall’episodio concernente la sua presenza nei locali del Comune di Arzano, in compagnia del responsabile tecnico della C., allo scopo di sollecitare presso il Segretario generale del Comune il rilascio di un permesso di costruire per un capannone della C. stessa. Più precisamente, va detto che i rapporti di parentela e le connesse cointeressenze societarie e gestionali, di cui si tratta, sono i seguenti: 1) D.P.G., quale socio e amministratore della S.C., aveva legami con le attività imprenditoriali riconducibili alla famiglia E., avente diversi profili di contiguità al clan camorristico M. In particolare, socio della S.C. era anche E.U., accomandatario della E.U. s.a.s., con sede allo stesso indirizzo della S.C., il quale era figlio del defunto E.G., definito fiancheggiatore della N.C.O., successivamente transitato al clan M., e fratello di E.F., il cui marito era socio ed amministratore unico della E.R. s.r.l. La S.C. e l’E.U. s.a.s. avevano presentato un piano di lottizzazione, in qualità di comproprietari di un terreno, con la E.R. Nessuna decisiva importanza è stata attribuita alle vicende giudiziarie, che hanno coinvolto i germani D.P. a seguito dell’indagine E., su cui parte ricorrente a lungo si trattiene per dimostrarne la irrilevanza ai fini del giudizio antimafia. Tuttavia, nella comunicazione dell’A.S.I.A., veniva rimarcata, specificamente, la circostanza che dal casellario giudiziale e carichi pendenti del Sig. M.D.P. insistono reati di natura ambientale. Di quest’ultima società, oltre alla sorella di E.U., era socia A.R., coniugata con E.G., a sua volta nipote del predetto E.G. e, dunque, parente di E.U., già definito in passato dalla Squadra Mobile della Questura di Napoli esponente di spicco della malavita organizzata, ed unico referente tra i capi indiscussi dell’intera organizzazione criminale della potente famiglia M. di Afragola, il quale avrebbe in passato trattato direttamente l’acquisto di un immobile per la E.R. La circostanza, di per sé considerata, rende moralmente inidoneo contrarre con soggetti gravati di precedenti o procedimenti penali per reati attinenti al settore dei rifiuti. Inoltre, in un cantiere della E.R., era risultato presente in via continuativa, con funzioni direttive, tale S.R., fratello di un pluripregiudicato appartenente al clan M., assassinato, come la moglie, in un agguato di stampo mafioso. INFORMATIVA TIPICA 2) la moglie di D.P.G. era socia accomandante della società di costruzioni I. s.a.s., di cui era accomandataria la figlia di R.S., deceduto, indicato quale costruttore per conto del clan M. La significanza di tali elementi, per i legami che pongono in luce, non può venir meno solo perché, poco tempo addietro, sia D.P.G., che la di lui moglie, avevano ceduto le loro partecipazioni sociali. Esito ricorso: respinto 22 Tar Campania, Napoli, Sezione I, 12 giugno 2007, n. 6081 La circostanza centrale posta a base del giudizio sfavorevole a carico della ricorrente viene ravvisata nella posizione dei tre proprietari della società, i quali risultano interessati da segnalazioni relative a reati contro la Pubblica Amministrazione (concussione e peculato), non solo intrinsecamente gravi dal punto di vista criminoso, ma anche direttamente ricollegati alla gestione dell'attività di riscossione tributi, oltre ad essere interessati da precedenti concernenti il falso ed il gioco d'azzardo. All'interno di tale quadro, si inserisce, in particolar modo, la posizione di uno dei tre soci, il quale, oltre ad essere destinatario del provvedimento prefettizio di divieto di detenzione di armi ed 9 IGI – Istituto Grandi Infrastrutture __________________________________________________________________________________________ esplosivi, risulta essere il figlio di un pluripregiudicato, annoverato come affiliato del clan dei C., e proposto per l'irrogazione della sorveglianza di pubblica sicurezza. La cornice dei presupposti a base dell'informativa tipica risulta, poi, completata dalla cointeressenza degli altri due soci, nei primi anni novanta, con un altro esponente del clan dei C., gestore di una bisca clandestina. Sul punto, la difesa di parte ricorrente denunzia l'inattualità di tale vicenda e l'impertinenza del richiamo alla cointeressenza con un soggetto che è stato destinatario dell'ordinanza di custodia cautelare solo alcuni anni più tardi, laddove la società comune era stata posta in liquidazione nel 1993. In particolare, l’informativa ha posto l'accento sul dato della potenziale influenza e del condizionamento latente, che le coinvolte associazioni criminali possono esercitare sullo svolgimento di attività economiche formalmente lecite, in ragione della strettissimo e particolarmente qualificato rapporto di parentela esistente tra un socio dell'impresa in questione ed un soggetto colpito da condanna per reati di matrice camorristica. In disparte, la scarsa significanza di una cessione avvenuta nel corso di un procedimento di accertamento della contiguità mafiosa dell'impresa, l'avvenuta cessione all'interno della famiglia sembra viceversa rafforzare l'idea di una comunione gestionale ed economica del gruppo familiare. Esito ricorso: respinto 23 10 Consiglio di Stato, Sezione V, 12 giugno 2007, n. 3126 INFORMATIVA TIPICA Conferma il Consiglio di Stato che l’attualità dei fatti e del rischio derivante dall’emersione di tentativi di infiltrazione della criminalità organizzata in organismi imprenditoriali, va intesa nel senso che, se non vi sono fatti nuovi, rispetto ad una precedente valutazione di presenza di tentativi siffatti, non è ragionevole, per ciò solo, concludere per il venir meno di essa. Esito ricorso: respinto (cfr. Tar Campania, Napoli, Sezione I, aprile 2005, n. 3577) 24 Tar Sicilia, Catania, Sezione IV, 08 giugno 2007, n. 964 INFORMATIVA TIPICA Secondo la Prefettura di Enna, la C.A.T. s.r.l. sarebbe permeabile al condizionamento mafioso, soltanto perché i proprietari delle quote di partecipazione alla suddetta società sono parenti od affini del Sig. C.G., relativamente al quale viene ritenuta determinante un’asserita condanna per i reati di cui all’art. 416-bis, assieme ad altri esponenti di spicco della criminalità organizzata di stampo mafioso, fra i quali viene citato tale V.V., noto e pericoloso capomafia. Osserva il Collegio che, al di là del mero rapporto di parentela, non vi è traccia di alcun elemento volto a suffragare il rischio della permeabilità dell’impresa. Nè risultano accertati fatti che, anche in via ipotetica, possano ricondurre, ancora oggi, l’operato della società al Sig. C., anche in considerazione del fatto che la figlia ed il genero vivono lontani dal predetto. La circostanza che le quote di partecipazione della ricorrente C.A.T. siano intestate alla moglie, alla figlia ed al genero del Sig. C.G., non può costituire, di per sé, prova sufficiente di infiltrazione nella gestione dell’impresa, atteso che a tale dato anagrafico non si accompagna un’acclarata frequentazione e comunanza di interessi, da parte di tali intestatari, con ambienti della criminalità. Esito ricorso: accolto 25 Tar Lazio, Roma, Sezione III ter, 07 maggio 2007, n. 4043 INFORMATIVA TIPICA Le informazioni fornite dalla Prefettura di Vibo Valentia concludono nel senso che, poiché M.F.A., padre del ricorrente, è affiliato al sodalizio criminoso denominato L.R., operante nella Provincia di Vibo Valentia, è ragionevole ritenere che l'attività della citata ditta possa essere strumentale anche alla gestione e al perseguimento di affari illeciti. Esito ricorso: respinto 26 Tar Campania, Napoli, Sezione I, 04 maggio 2007, n. 4739 INFORMATIVA TIPICA Il giudizio di controindicazione sulla C.P.G. s.p.a. si fonda sulla sussistenza di plurimi, univoci e concordanti indizi di permeabilità e/o contiguità della società col contesto camorristico come Le informative tipiche ed atipiche: che cosa sono? Le risposte della giurisprudenza __________________________________________________________________________________________ richiamato dalla Polizia di Stato di Afragola, che riferisce, altresì, che, sin data del 14 settembre 2005, soci della C.P.G. erano i germani C., la cui famiglia di origine risultava strettamente legata, non solo per parentela, ma anche per assidua frequentazione, ad esponenti della famiglia M. Difatti: 1) i germani C. sono figli di C.S., il quale, imparentato con il capostipite del clan M. tramite la nonna materna, aveva avuto colloqui con M.L., durante il periodo di detenzione in carcere di questi; lo stesso dicasi per i genitori, la sorella di C.S. ed il marito di quest’ultima; 2) la sorella di C.S. aveva ospitato nella sua abitazione M.T., durante il periodo di ricovero della convivente di M.A. Il quadro che ne emerge è di un intero contesto familiare legato da consuetudine e contiguità con i M., dovendosi senz’altro convenire col provvedimento della Sezione Misure di Prevenzione del Tribunale, nel senso che le frequentazioni con M.L., durante il suo periodo di detenzione, paiono espressione sintomatica di collateralità e vicinanza ideologica ad esponenti del crimine organizzato. Si tratta di circostanze non indifferenti ai fini in esame, considerando la vocazione familiare della società ricorrente, che non sembra venuta meno col mutamento della compagine sociale del settembre 2005, poiché alla fuoriuscita di due dei fratelli C. non solo è corrisposto il rafforzamento della quota di C.F., ma l’ingresso, come socio, del nipote di C.S. Completa il quadro ambientale la circostanza della coincidenza di indirizzo tra la sede della società, sino al 14 settembre 2005, la residenza di C.F. e di M.B., figlio di M.A., considerato massimo esponente del clan M. di Afragola. Esito ricorso: respinto 27 Consiglio di Stato, Sezione VI, 02 maggio 2007, n. 1916 INFORMATIVA TIPICA A differenza del Tar Campania, il Collegio ritiene che gli elementi indiziari posti alla base della informativa non siano di per sé sufficienti a giustificare l’adozione della misura interdittiva. Deve, innanzitutto, escludersi che la ricorrente società E.C. continui ad essere nella disponibilità degli stessi soggetti, nei cui confronti il Prefetto di Caserta aveva emesso l’informativa interdittiva, e che essa, dunque, non sia altro che la continuazione della E.C. Invero, a seguito dell’informativa antimafia volta a contestare la posizione degli allora amministratori G.A. e S.R., con verbale di assemblea straordinaria del 22 giugno 2000: 1) è stata modificata la denominazione sociale della società da E.C. a E.C.; 2) è stata trasferita la sede legale della società da Caserta a Napoli; 3) sono stati sostituiti i precedenti amministratori, essendosi nominato come amministratore unico il Sig. I.S. Successivamente, i soci E.C., S.C. e G.T. hanno ceduto le proprie quote sociali ai soci della nuova società E.C., I.S. e D.L.G. Infine, non solo i soci Sigg. G.A. e S.R. non rivestono alcuna carica all’interno della E.C., ma gli attuali soci e amministratori I. e D.I. non hanno con essi alcun rapporto di parentela. Secondo la ricostruzione operata dalla Prefettura, l’elemento di collegamento tra le compagini delle due società, sintomatico della continuazione di E.C., sarebbe costituito dalla circostanza che il Sig. I, attuale socio e amministratore della E.C., è il cognato di S.C., a sua volta moglie di S.R., e già detentrice di una quota sociale nella E.C. Ma da ciò non può trarsi la conclusione che il mutamento dell’assetto societario sarebbe soltanto apparente e che esso rappresenterebbe un mero espediente volto ad evitare gli effetti della misura interdittiva adottata dal Prefetto di Caserta. Intanto, deve darsi atto che le operazioni poste in essere all’indomani dell’informativa prefettizia emessa nei confronti della E.C. palesano l’intendimento della società di liberarsi da ogni precedente condizionamento mafioso attraverso l’integrale sostituzione della compagine sociale. Quanto ai rapporti di parentela indicati nella relazione della Prefettura, che sarebbero la spia della asserita continuità tra vecchia e nuova società, a parte il rilievo che, in realtà, il rapporto che lega lo I. a S.C. è di semplice affinità, ritiene il Collegio che tali rapporti non possano essere assunti quali indizio della non estraneità della società ricorrente alle consorterie camorristiche, né tantomeno come prova che la società sia rimasta nell’ambito della stessa cerchia familiare e, pertanto, continui ad essere esposta a condizionamenti mafiosi. 11 IGI – Istituto Grandi Infrastrutture __________________________________________________________________________________________ La circostanza, dunque, che l’attuale socio e amministratore unico sia imparentato o, più esattamente, legato da un rapporto di affinità con S.C., il cui marito è ritenuto elemento collegato a clan mafiosi, non può essere di per sé prova sufficiente di infiltrazione mafiosa nella gestione dell’impresa, ove a tale dato anagrafico non si accompagni una acclarata frequentazione e comunanza di interessi con ambienti della criminalità di cui, peraltro, non vi è traccia negli atti impugnati. Esito ricorso: accolto (cfr. Tar Campania, Napoli, Sezione I, 02 marzo 2006, n. 2533) 28 Tar Campania, Salerno, Sezione I, 26 aprile 2007, n. 458 INFORMATIVA ATIPICA Il presupposto su cui si fonda il pericolo di infiltrazione mafiosa consiste in una cointeressenza tra un consigliere di amministrazione della A. s.r.l. con la società S.A., i cui organi elettivi sono stati disciolti per condizionamento da parte della criminalità organizzata. Tale società è stata dichiarata fallita con sentenza del Tribunale di Taranto n.77/04 ed il consigliere, con il quale vi sarebbe stata la cointeressenza, ha assunto tale carica soltanto due mesi prima di tale pronuncia. I precedenti penali, che riguardano la persona di detto consigliere, sono estranei al novero tassativo dei reati riconducibili alla criminalità mafiosa. Il pregiudicato, in compagnia del quale il medesimo consigliere 12 sarebbe stato sorpreso, non è gravato da precedenti penali di stampo camorristico. parentela, nonché dal rinvenimento, in un’autovettura della società, di documenti personali allo stesso riconducibili. Esito ricorso: accolto 29 Tar Campania, Salerno, Sezione I, 19 aprile 2007, n. 427 INFORMATIVA TIPICA La revoca dell’affidamento del servizio alla G. s.r.l. e la relativa interdittiva antimafia risultano emesse all’esito di una precedente complessa vicenda, parimenti contrassegnata da atti di revoca in danno della società ricorrente, le cui ragioni venivano riconosciute dal Tar Campania, Napoli, Sezione I, con sentenza 8 novembre 2005, n. 18714, a seguito della quale anche il Tar Campania, Salerno, con sentenza 23 dicembre 2005, n. 3078, provvedeva ad annullare la misura atipica adottata. Nonostante i chiarimenti resi dalla ricorrente in ordine al quadro indiziario, il gruppo di lavoro investigativo riteneva sussistere, in termini di attualità, ulteriori elementi utili a sorreggere una nuova informativa antimafia tipica, con specifico riferimento alla figura di N.G., i cui effetti personali, rinvenuti all’interno dell’auto della G. s.r.l., avrebbero evidenziato come questo pericolosissimo malavitoso di oltre Oceano sia ancora oggi cointeressato alle attività delittuose dei suoi germani. In sostanza, il nuovo elemento sarebbe dato dalla figura di N.G., detto “J.”, nato a Saviano nel 1939, elemento di primo piano della criminalità organizzata internazionale e zio degli attuali soci della G. s.r.l., i cui legami con la società sarebbero evidenziati dal rapporto di Le riferite circostanze vengono smentite dalla parte ricorrente, che assume essersi verificato un evidente scambio di persona tra lo zio dei soci della G. s.r.l., cioè N.G., nato a Saviano nel 1939, e N.G., detto “J.”, nato a Saviano nel 1959, e che detto scambio di persona sarebbe già stato chiarito in occasione dell’audizione relativa alla predente informativa antimafia. Esito ricorso: accolto 30 Tar Campania, Napoli, Sezione III, 05 aprile 2007, n. 3217 INFORMATIVA TIPICA Il titolare della ditta individuale P.L. è stato rinviato a giudizio per il reato di tentata estorsione e tale provvedimento è tra quelli che l’art.10, comma 7, lettera a) della legge n.252 del 1998 considera, di per sé, sintomatico dei tentativi di infiltrazione mafiosa, senza che possa rilevare il carattere tentato o consumato del delitto o che sia in concreto necessario l’esame dell’intero provvedimento, tenuto conto anche del fatto che il dibattimento è disposto dal GUP, solo ove non ritenga di definire il processo nella fase preliminare, e senza una particolare motivazione nel merito circa l’ascrivibilità dei fatti delittuosi, riservata, appunto, al giudice del dibattimento. Inoltre, lo stesso risulta sottoposto alla misura di prevenzione personale dell’avviso orale, prevista dall’art. 2 della l. n. 327/98, per coloro che debba ritenersi, sulla base di elementi di fatto, debba ritenersi abitualmente dediti a traffici delittuosi, per Le informative tipiche ed atipiche: che cosa sono? Le risposte della giurisprudenza __________________________________________________________________________________________ coloro che, per la condotta ed il tenore di vita, debba ritenersi che vivono abitualmente, anche in parte, con i proventi di attività delittuose e, infine, per coloro che, per il loro comportamento, debba ritenersi che sono dediti alla commissione di reati che offendono o mettono in pericolo l’integrità fisica o morale dei minorenni, la sanità, la sicurezza o la tranquillità pubblica. Ciò posto, non possono non rilevare le ulteriori circostanze che la medesima annotazione nel certificato dei carichi pendenti fa riferimento anche ai reati di lesioni personali aggravate, di detenzione di porto d’armi da fuoco e che, analogamente, il P. nel 1997 ha conseguito una pronuncia di non doversi procedere per i reati di minacce e lesioni solo per intervenuta remissione di querela. Esito ricorso: respinto 31 Tar Campania, Napoli, Sezione I, 20 marzo 2007, n. 2493 INFORMATIVA TIPICA L’informativa antimafia è fondata su elementi di fatto, che hanno costituito oggetto di valutazione da parte del G.I.A. e che sono stati acquisiti nel corso di accertamenti compiuti dalle Forze dell’Ordine, a seguito di un esposto anonimo pervenuto presso l’Ufficio Territoriale del Governo di Napoli lo stesso giorno in cui alla società ricorrente era stata rilasciata un’informativa favorevole, poi revocata. Detti elementi consistono nella supposta esistenza di un’associazione temporanea di imprese tra la G.S. s.r.l. e due imprese gravate da interdittiva antimafia, al fine di gestire il servizio di igiene urbana nel comune di Giugliano in Campania In secondo luogo, elementi di controindicazione erano stati individuati in collegamento con la società C., attualmente fallita, anche questa colpita da provvedimento interdittivo. Gli elementi di contatto, che consentivano di considerare la società ricorrente come una sostanziale continuazione della C., erano individuati nella coincidenza della sede di quest’ultima con l’attuale deposito dei mezzi della G.S. s.r.l., nonché nella figura dell’amministratore di questa, che era un ex dipendente della C. Inoltre, emergeva che il socio di minoranza della ricorrente, G.F., era figlio di G.D. ex amministratore della C., indagato ed arrestato per reato associativo di natura mafiosa, oltre che fratello di G.A., anche questo pregiudicato, la cui presenza era stata notata ad un banchetto di nozze di un soggetto affiliato ad un clan malavitoso locale, circostanza in cui la Polizia Giudiziaria aveva proceduto all’arresto di un noto pluripregiudicato. Il Tribunale ha smentito tali fatti, poiché ritenuti inidonei a sostenere un’ipotesi di contiguità mafiosa della società ricorrente, dal momento che non sussiste la circostanza relativa all’esistenza di un’associazione temporanea di imprese, due delle quali gravate da pregiudizi antimafia, cui avrebbe partecipato la G.S. s.r.l. Gli elementi addotti riguardo alla C. si ascrivono alla personalità del suo amministratore unico, G.D. Ebbene, in epoca antecedente all’adozione del provvedimento interdittivo, gli elementi indiziari di una presunta contiguità mafiosa di costui, originariamente contenuti in un provvedimento cautelare ed in una richiesta di applicazione di misura di prevenzione personale e patrimoniale, sono stati oggetto di valutazione definitiva da parte del Tribunale di Napoli, che ha escluso che la condotta dell’amministratore della C., seppur implicante ipotesi di reati contro la Pubblica Amministrazione, potesse essere anche significativa di un’orbitanza mafiosa. Pur in presenza di due provvedimenti del Tribunale di Napoli, che non hanno accolto l’ipotesi di una contiguità mafiosa della C. e del suo amministratore G.D. e, quindi, ritenendo a tal fine inadeguati gli elementi contenuti nell’ordinanza cautelare, posta a fondamento dell’interdittiva antimafia impugnata, l’Ufficio Territoriale di Governo di Napoli ha sostenuto, senza addurre ulteriori elementi di fatto o, comunque, senza confutare quanto asserito dal giudice penale e della prevenzione, l’ipotesi di sussistenza di tentativi di infiltrazione mafiosa nella G.S. s.r.l. attraverso la medesima C. Tale valutazione, in assenza di qualsiasi altro elemento di sospetto, appare carente sotto il profilo dell’istruttoria e della motivazione in punto di contiguità mafiosa. Esito ricorso: accolto 32 Tar Campania, Napoli, Sezione I, 28 febbraio 2007, n. 1281 INFORMATIVA TIPICA 13 IGI – Istituto Grandi Infrastrutture __________________________________________________________________________________________ In punto di fatto, alla luce dell’iter istruttorio seguito dall’Ufficio Territoriale di Governo e degli elementi fattuali posti a fondamento del formulato giudizio sfavorevole a carico dell’impresa ricorrente, emerge che le circostanze poste a base di tale conclusione sono riconducibili a due fattori. Il primo è relativo ai precedenti penali di un soggetto, doppiamente legato da vincoli coniugali e parentali agli amministratori della società, fra i quali spicca l’arresto e la custodia cautelare in carcere per il reato di cui all’art. 416-bis c.p., nonché per reati di altra natura. Il secondo concerne un episodio in cui uno dei soci è stato oggetto di un’aggressione con uso di armi da fuoco. La legittimità dell’informativa non può ritenersi inficiata dalla circostanza che i suoi destinatari siano immuni da precedenti penali o risultino essere stati assolti da fatti penalmente rilevanti in processi celebrati a loro carico. Pertanto, l’esito assolutorio del procedimento penale, in cui il coniuge e genitore degli amministratori è stato assolto non è, di per sé, circostanza necessariamente idonea ad annichilire gli elementi di indagine, che hanno viceversa condotto ad una ordinanza cautelare impositiva della massima misura di rigore. Nè risulta che, al di là del dispositivo della sentenza, vi siano stati elementi di giudizio positivamente valutabili, al fine di escludere con certezza la vicinanza dell’imputato ad ambienti di criminalità organizzata. Una denuncia di reato successivamente archiviata o una 14 ordinanza cautelare, pur seguita da una sentenza di assoluzione, possono ben valere come indizi di infiltrazione mafiosa, rilevanti ai fini dell’informativa antimafia. Infatti, non può disconoscersi che talune evenienze sfavorevoli, quali la informazione di garanzia, le imputazioni o le dichiarazioni di collaboratori di giustizia, costituiscano elementi presuntivi del rischio di infiltrazione mafiosa e, quindi, possano rappresentare legittimo presupposto della relativa informazione prefettizia, a meno che tali elementi non siano in concreto smentiti dall’andamento processuale dei fatti in contestazione. Nè può opporsi che le suddette emergenze hanno riguardo a familiari non interessati all’esercizio dell’attività autorizzata, poiché il rapporto di parentela non è considerato di per sé, ma rappresenta l’humus per l’infiltrazione mafiosa o, quanto meno, per possibili interferenze illecite della malavita nella vita societaria. Esito ricorso: respinto 33 Tar Campania, Napoli, Sezione I, 28 febbraio 2007, n. 1278 INFORMATIVA TIPICA E.C., con sede in Napoli e con amministratore unico, L.S., detentore del 70% delle quote sociali; 2) G.A., già amministratore unico della società E., è nipote di S.V., S.R. e S.G.: il primo, imprenditore edile, pregiudicato affiliato al clan camorristico B. operante in Marcianise e comuni limitrofi, con numerosi precedenti penali a carico; il secondo, imprenditore edile, con pregiudizi penali per reati ecologici ed omessa custodia di armi, nonché fiancheggiatore del clan B.; il terzo, pregiudicato, affiliato alla N.C.O., deceduto a colpi di arma da fuoco e fedele servitore del boss C.P.; 3) la società E., nonostante il mutamento formale della denominazione e della sede, continuava ad essere nella disponibilità degli stessi soggetti, nei cui confronti il Prefetto di Caserta aveva emesso l’informativa interdittiva, come si ricava dall’esame dei soggetti interessati dai movimenti di cessione delle quote sociali, avvenuti in connessione con il cennato cambio di denominazione, e puntualmente riportati nella citata relazione. Esito ricorso: respinto 34 Risulta dalla documentazione in atti che: Tar Campania, Napoli, Sezione II, 28 febbraio 2007, n. 1272 1) la società ricorrente, fino all’8 settembre 2000 denominata E. con sede in Caserta, era già stata colpita da informativa prefettizia tipica, in relazione agli stretti collegamenti che i suoi amministratori avevano avuto con la criminalità organizzata e che, successivamente cancellata dal registro delle imprese di Caserta, aveva mutato denominazione in INFORMATIVA ATIPICA La ricorrente S.A.I. s.r.l. è subentrata, per cessione di azienda del 22 novembre 2001, alla società D. s.r.l., nell’espletamento del servizio di igiene urbana del Comune di San Giuseppe Vesuviano, protrattosi sino all’anno 2005, quando è stata indetta la gara per l’affidamento Le informative tipiche ed atipiche: che cosa sono? Le risposte della giurisprudenza __________________________________________________________________________________________ del servizio di igiene ambientale per la raccolta integrata domiciliare, spazzamento viario e servizi accessori. società, per il tramite di soggetto in grado di determinare, per i ruoli ricoperti, scelte ed indirizzi delle aziende. Nelle more della gara, il Prefetto di Napoli aveva fornito informazioni antimafia, secondo le quali il direttore tecnico della S.A.I. era stato, in precedenza, amministratore unico della società D., società colpita da un provvedimento antimafia interdittivo, inizialmente annullato dal Tar Campania, con sentenza del 9 gennaio 2003, n. 3367. Esito ricorso: respinto (cfr. Consiglio di Stato, Sezione V, 31 dicembre 2007, n. 6902; Tar Campania, Napoli, Sezione III, 9 gennaio 2003; Consiglio di Stato, Sezione VI, 17 luglio 2006, n. 4574) Successivamente, a seguito di intercettazioni telefoniche di persone operanti nella società, il Consiglio di Stato, con sentenza del 17 luglio 2006, n. 4574, aveva dedotto il collegamento della D. con attività illecite, sulla base di elementi indiziari di forte spessore, riguardanti sia la permeabilità, ancorché per timore o quieto vivere. a condizionamenti da parte della criminalità organizzata del soggetto, che appariva il gestore di fatto della società, sia l’utilizzazione, per la corrispondenza della D., di un fax intestato ad altra società, parimenti destinataria di interdittiva antimafia. La circostanza che tutto ciò avvenisse allorché l’attuale direttore tecnico della ricorrente rivestiva la carica di amministratore unico della D. non appare priva di rilevanza, nella prospettiva del giudizio di pericolo propria delle informative antimafia, ancorché egli non sia menzionato negli atti istruttori del procedimento a carico della D. Dunque, il fatto che la ricorrente, cessionaria dell’azienda della D., abbia acquisito come suo direttore tecnico l’amministratore unico della D. medesima, determina un significativo legame tra le due 35 Tar Sicilia, Palermo, Sezione I, 16 febbraio 2007, n. 542 INFORMATIVA ATIPICA Nelle more del procedimento di revoca, il Sig. P.I.P., amministratore unico della società ricorrente, dichiara di aver già depositato memorie con le quali documentava che il procedimento penale a suo carico, posto a base dell’informativa prefettizia, si era concluso con una sentenza di non luogo a procedere, e chiede alla Prefettura di Palermo di riesaminare il contenuto della predetta informativa alla luce delle nuove risultanze processuali. La Prefettura di Palermo ha, però, confermato il pericolo di condizionamenti mafiosi nei confronti della società, a causa dei rapporti di affinità del legale rappresentante con esponenti della criminalità organizzata e nonostante l’intervenuta sentenza assolutoria. Per l’esattezza, gli elementi di sospetta contiguità mafiosa della società ricorrente sono da ricondursi a fatti che hanno costituito oggetto di un’imputazione penale nei confronti dell’amministratore unico, per vicende di partecipazione ad associazione mafiosa, e conseguenti condotte di illecita concorrenza con violenza e minaccia, corruzione e turbata libertà degli incanti. Ulteriori elementi addotti sono costituiti dal fatto che l’amministratore unico della società ricorrente è cognato di B.S. e B.F., entrambi sottoposti a misura di prevenzione e condannati per associazione a delinquere di stampo mafioso, riflettendosi il rapporto di affinità su comuni interessi imprenditoriali. Dagli atti di causa emerge, tuttavia, che nei confronti del P. non solo è stata emessa sentenza di non luogo a procedere perché il fatto non sussiste, ma anche che, in sede di richiesta di aggiornamento dell’informativa, il ricorrente ha dimostrato l’estraneità della società rispetto alle società partecipate dai cognati. Esito ricorso: accolto 36 Tar Calabria, Catanzaro, Sez. II, 12 febbraio 2007, n. 36, 37 e 38 INFORMATIVA TIPICA L’amministratore delegato della Ferservizi s.p.a. revoca alla F.P. s.r.l. l’aggiudicazione della gara, in seguito all’acquisizione dell’informativa antimafia da parte della Prefettura di Catanzaro, da cui risultavano cause ostative alla 15 IGI – Istituto Grandi Infrastrutture __________________________________________________________________________________________ formalizzazione quadro. dell’accordo Tale informativa riferisce che il coniuge dell’amministratore unico della società, Sig. F.G., pur se separato dalla moglie, in base agli elementi acquisiti, è capace di determinare le scelte e gli indirizzi della società, in quanto gestisce di fatto la ditta di che trattasi. Lo stesso ha numerosi precedenti e pendenze penali per vari reati (condanne riportate per un tentativo di concussione e per l’emissione di assegni a vuoto, ma non per reati di stampo mafioso), e frequenta pericolosi pregiudicati ed elementi di spicco della criminalità organizzata del circondario del lamentino. Risulta, inoltre, essere stato proposto dalla Questura di Catanzaro per l’applicazione della misura di prevenzione della sorveglianza speciale di P.S., non concessa in quanto infondata. A F.G. era stata revocata dal Questore di Catanzaro anche la misura dell’avviso orale, sul presupposto che non erano ravvisabili elementi attestanti la sua attuale pericolosità sociale, persistendo solamente una segnalazione di carattere amministrativo, relativa al divieto di detenzione di armi, munizioni ed esplosivi. Il Collegio premette che l’amministratrice unica, Sig.ra G.P., si era sposata con il Sig. F.G. nel 1976, che da tale matrimonio erano nati due figli e che, nel 1994, veniva pronunciata separazione giudiziale tra i coniugi, oltre ad essere disposto l’affidamento dei figli alla madre. Nelle more del predetto giudizio, G.P., unitamente alla sorella minore, costitutiva la società F.P. s.r.l., divenendone amministratrice unica e dichiarando, al riguardo, di non 16 essere mai stata influenzata nelle proprie scelte dal marito, con cui avrebbe avuto contatti solo per comunicazioni inerenti ai figli, e che avrebbe sempre trattato in prima persona con i diversi fornitori, enti ed istituti bancari. La medesima aggiunge che, a fronte del fatto che F.G. aveva assoluto bisogno di avere un’occupazione, che i propri figli premevano perché il padre fosse assunto e che lo stesso era indubbiamente competente in materia di acquisto e manutenzione dei mezzi, stipulava con quest’ultimo, in data 1° dicembre 2002, in nome e per conto della società, un contratto di lavoro a tempo indeterminato, risolto con una lettera di licenziamento del 18 novembre 2005. Va rilevato che, al momento in cui la società ha partecipato alla gara per la fornitura di gasolio, la compagine aziendale annoverava al suo interno F.G., presumibilmente addetto all’acquisto ed alla manutenzione dei mezzi, compiti per i quali era stato ritenuto competente. Il rapporto di lavoro con F.G. ha trovato svolgimento durante tutta la durata della gara, fino alla comunicazione dell’aggiudicazione, e si è protratto fino a pochi giorni prima della revoca, generata dall’informativa prefettizia. Esito ricorsi: respinti risultava gestita e controllata da persona che, ricoprendo la carica di socio, doveva considerarsi socialmente pericolosa, oltre ad essere destinataria dei divieti e delle decadenze di cui all'art. 10 del d.P.R. n. 252/1998, mentre altro socio, in virtù del vincolo familiare e della comune esperienza lavorativa protratta nel tempo, era coinvolto nelle vicissitudini che coinvolgevano il primo. Esito ricorso: accolto 38 Tar Campania, Napoli, Sezione I, 23 gennaio 2007, n. 596 INFORMATIVA ATIPICA Nel corso dell’informativa si dà conto di una serie di elementi sintomatici della permeabilità dell’impresa a condizionamenti da parte della delinquenza organizzata. In punto di fatto, alla luce dell’iter istruttorio seguito dall’U.T.G. e degli elementi fattuali posti a fondamento del formulato giudizio sfavorevole a carico dell’impresa ricorrente, emerge che la circostanza centrale posta a base di tale conclusione viene ravvisata nell’accertamento di una linea di continuità gestionale ed imprenditoriale fra la società N.E.S. e l’attuale società ricorrente. INFORMATIVA TIPICA Il punto focale è rappresentato dalla verifica della correttezza del giudizio espresso dalla Prefettura, secondo cui la società ricorrente, nata per filiazione dalla N.E.S., ne manterrebbe inalterato il sostanziale assetto gestionale e proprietario. La ricorrente C. s.r.l. non offriva alcuna garanzia di gestione indipendente dalla I. s.r.l., che Secondo l’assunto difensivo, sebbene la società ricorrente derivi, per trasformazione 37 Tar Calabria, R. Calabria, Sez. I, 01 febbraio 2007, n. 88 Le informative tipiche ed atipiche: che cosa sono? Le risposte della giurisprudenza __________________________________________________________________________________________ societaria, dalla N.E.S., occorre tener conto di una serie di elementi, che escludono ogni tipo di continuità tra le due imprese e, segnatamente, la modifica della compagine sociale (cessione di quote da parte di C.T., socia unica della N.E.S.), la modifica della compagine dirigenziale (nomina di un nuovo amministratore), la estromissione dalla società di tutti i personaggi ritenuti vicini ad ambienti delinquenziali (sia a livello di procuratori e quadri intermedi, che a livello di dipendenti). Occorre chiarire, in via generale, che la mera trasformazione societaria, la quale origina un soggetto solo formalmente nuovo ed autonomo dal precedente, non è in grado di fugare il rischio della permanenza di una permeabilità dell’impresa, rimasta immutata sul piano sostanziale. La Prefettura ha rimarcato il persistente collegamento fra la compagine societaria attuale ed i personaggi di vertice della N.E.S., sia mediante l’emersione di significativi legami familiari, che attraverso l’accertata presenza in loco dei precedenti gestori della società poi trasformata. Questi due elementi hanno ragionevolmente condotto alla valutazione di una continuità dell’assetto societario fra la ricorrente e la N.E.S., ed una persistente permeabilità dell’impresa nei confronti di ingerenze della malavita organizzata. La necessità di emendare la società N.E.S. dai sospetti di mafiosità riversati nelle informative prefettizie sfavorevoli può, secondo l’id quod plerumque accidit, realizzarsi proprio attraverso la cessione apparente della formale gestione societaria a persone estranee, ma comunque strettamente collegate ai veri domini della società da vincoli di parentela ovvero di altra natura. Esito ricorso: respinto 39 Tar Campania, Napoli, Sezione I, 17 gennaio 2007, n. 367 INFORMATIVA TIPICA Gli elementi relativi a tentativi di infiltrazione mafiosa, dei quali la Prefettura aveva ritenuto la sussistenza, derivavano, secondo la documentazione trasmessa dall’Ufficio Territoriale di Governo di Napoli, dai seguenti accertamenti di polizia: 1) da un’interrogazione al C.E.D. del Ministero dell’Interno, il ricorrente, quale amministratore unico della M.C. s.r.l., con comunicazione di reato, era stato denunziato dal Comando Gruppo della Guardia di Finanza di Caserta, per bancarotta fraudolenta; 2) nota a firma del Comandante della Compagnia Guardia di Finanza di Caserta, in cui si dava atto che la Procura della Repubblica presso il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere aveva delegato quel Comando a svolgere indagini nei confronti di C.A., nella sua qualità di ex socio accomandatario, sino al 05 giugno 2002, della M.M.A.E.S. di C.A. s.a.s., società che aveva ceduto, in data 29 novembre 2001, alla M.C. s.r.l. di M.A., per l’importo di lire sessanta milioni, l’intero ramo d’azienda concernente gli appalti di forniture di pasti, stipulati con vari enti pubblici, oltre 7 furgoni marca FIAT ed a tutte le attrezzature di cucina. Nella stessa nota si segnalava che M.A., presunto acquirente del ramo aziendale relativo alla somministrazione dei pasti, era stato un dipendente del C. e che, per tali fatti, sia il M., sia il C., erano stati denunziati alla Procura della Repubblica di Santa Maria Capua Vetere, per il delitto di bancarotta fraudolenta. 3) nei confronti di M.A. era stato chiesto il giudizio, dalla Procura della Repubblica di Santa Maria Capua Vetere, per il reato di cui agli artt. 477-482 c.p.; 4) nel 2001, C.A. era divenuto unico socio, nonché amministratore della M.C. s.r.l., società costituita il 20 luglio 1998; in data 29 novembre 2001, la M.A.S. s.a.s. aveva ceduto alla M.C., della quale era intanto divenuto amministratore unico M.A., il ramo d’azienda concernente gli appalti con vari enti pubblici, oltre a numerosi beni strumentali. Nella stessa data, C.A. aveva altresì ceduto l’intero capitale sociale della M.C. s.r.l. a M.A. Nel 2004 era stato deliberato il trasferimento della sede sociale da Santa Maria Capua Vetere a Caserta, sede che era risultata inattiva nel corso di un’operazione d’accesso, alle quali erano intervenuti sia M.A., socio unico ed amministratore della società, sia C.A., nella dichiarata qualità di esperto di tecnica alberghiera e consulente esterno della società. In data 30 giugno 2004, il capitale sociale della M.C. era stato aumentato da euro 10.200,00 ad euro 100.000,00, mediante un versamento in conto capitale di euro 89.800,00 effettuato dall’unico socio ed amministratore, M.A. Lo stesso ricorrente, negli anni dal 1996 al 2003, aveva conseguito redditi per un totale di euro 45.044,35, pari soltanto alla metà 17 IGI – Istituto Grandi Infrastrutture __________________________________________________________________________________________ del versamento in conto capitale effettuato nel 2004. 5) nel procedimento penale a carico di C.A. e di M.A., instaurato presso la Procura della Repubblica di Santa Maria Capua Vetere, per il delitto di bancarotta fraudolenta, era stata inoltrata dal Pubblico Ministero richiesta di rinvio a giudizio, che avrebbe riguardato solo C., ma non M.; 6) C.A. ebbe a versare lire 15.000.000 al clan camorristico facente capo a M.F., operante in San Felice Carnello e zone limitrofe. Erano riportate, in particolare, le dichiarazioni rese da taluni appartenenti all’organizzazione camorristica in questione, tra cui lo stesso M.F., da cui risultava che C.A. si sarebbe rivolto allo zio di M.F., tale M.A.C., perché alcune sue dipendenti avevano intenzione di promuovere, od avevano già promosso, una causa di lavoro nei suoi confronti, in quanto non le aveva mai regolarmente inquadrate, ma che le stesse avevano poi desistito da tale intento, per effetto dell’intervento del clan, in cambio del quale il C., invece dei 40 milioni di lire inizialmente promessi, avrebbe versato, alla fine, solo venti milioni di lire al citato M.A.C. Alla nota dei Carabinieri era allegata copia della richiesta della misura cautelare della custodia in carcere, avanzata dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli, nell’ambito del procedimento penale nei confronti di M.F., nella quale, peraltro, il C. rivestiva la posizione di persona offesa. Esito ricorso: respinto 40 Tar Campania, Napoli, Sezione I, 18 17 gennaio 2007, n. 363 INFORMATIVA ATIPICA La Prefettura ha evidenziato l’esistenza di una serie di indici fattuali, da cui è emerso il complessivo giudizio sfavorevole oggetto di gravame. Il fulcro dell’indagine attiene all’esistenza di un procedimento penale, nel corso del quale l’ex amministratore di E. s.p.a. è stato tratto in arresto, con la misura di massimo rigore, in relazione ad ipotesi di reato di associazione a delinquere (416 bis c.p.). L’ordinanza coercitiva e le indagini hanno ipotizzato uno stretto rapporto collaborativo fra l’impresa, mediante il suo amministratore unico, ed un noto clan operante nel potentino. A fronte di tali circostanze parte ricorrente ha documentato che il Tribunale del Riesame, poco tempo dopo l’emissione dell’ordinanza custodiale, ha annullato la misura coercitiva per carenza dei gravi indizi di colpevolezza. In particolare, dall’analisi del provvedimento di riesame depositato in atti, emerge che l’amministratore di E. è stato contattato da esponenti del clan potentino, per rinunziare al contenzioso in atti su una gara di appalto di pulizia locale e per subappaltare i lavori di un ulteriore appalto che la società si era aggiudicato. Egli avrebbe, dunque, subito una pressione malavitosa diretta a favorire le società che orbitavano intorno all’associazione a delinquere dominante nel territorio locale. A seguito di impugnazione del provvedimento da parte della Procura, la Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso confermando l’ordinanza emessa dal Tribunale del Riesame. Secondo la tesi di parte ricorrente, la Prefettura non avrebbe tenuto conto degli esiti della vicenda cautelare del procedimento penale, la quale avrebbe dovuto dissipare i dubbi relativi all’esistenza di infiltrazioni mafiose e, dunque, non ha proceduto all’aggiornamento della posizione di E. s.p.a. In ogni caso, il ricorrente documenta l’esito finale del procedimento penale in esame, il quale si è concluso con la richiesta di archiviazione da parte del Pubblico Ministero. Esito ricorso: accolto (confermato dal Consiglio di Stato, Sezione V, 28 marzo 2008, n. 1310) 41 Tar Campania, Napoli, Sezione I, 17 gennaio 2007, n. 362 INFORMATIVA ATIPICA La Prefettura di Napoli ha trasmesso al Comune di Arzano l’informativa atipica, nella quale viene rappresentata la sussistenza di pericoli di condizionamento da parte della criminalità organizzata, e in cui si faceva riferimento all’esistenza di un decreto interdittivo emesso dalla Prefettura di Roma. Tale ultima informativa prefettizia sarebbe stata eliminata da una successiva dell’Ufficio Territoriale di Governo di Roma. Il Prefetto di Roma avrebbe, infatti, rivalutato gli stessi originari elementi posti a fondamento della prima informativa, accedendo ad una diversa valutazione degli stessi. Le informative tipiche ed atipiche: che cosa sono? Le risposte della giurisprudenza __________________________________________________________________________________________ A conferma di tale assunto militerebbe la circostanza per cui erano stati revocati tutti i provvedimenti interdittivi. Ciononostante, il Comune ha confermato la revoca dell’aggiudicazione provvisoria. Esito ricorso: respinto 42 Tar Sicilia, Catania, Sezione II, 27 dicembre 2006, n. 2538 INFORMATIVA TIPICA Si rileva la legittimità della informativa prefettizia negativa a carico della società D.P., in quanto, a prescindere dal concreto accertamento in sede penale dell'esistenza di reati, gli elementi raccolti dagli organi inquirenti consentono di affermare che varie imprese, tra cui quella ricorrente, sono condizionate nelle scelte e negli indirizzi da parte della criminalità organizzata. Pertanto, legittimamente il Comune di Acerra è stato informato della sussistenza di tentativi di infiltrazione mafiosa, disponendo la risoluzione del contratto. Esito ricorso: respinto 43 Tar Campania, Napoli, Sezione I, 13 dicembre 2006, n. 10518 INFORMATIVA ATIPICA La Prefettura ha evidenziato l’esistenza di una serie di indici fattuali da cui è emerso il complessivo giudizio sfavorevole oggetto di gravame. Tali elementi consistono, oltre che nei precedenti penali dell’interessata, dalla situazione familiare della stessa, caratterizzata dalla presenza di tre figli che, per aspetti diversi, denotano contiguità con gli ambienti delinquenziali. In particolare, uno dei figli è stato arrestato, nell’ambito di un’operazione particolarmente importante di contrasto alla delinquenza organizzata, con l’accusa di partecipazione in associazione mafiosa (art. 416-bis c.p.). Parte ricorrente invoca, quale scriminante, l’esito della vicenda penale, che si è conclusa con una sentenza favorevole all’imputato. Tuttavia, va considerato, in primo luogo, che lo stesso giudice penale non ha escluso perentoriamente l’esistenza dei fatti oggetto di contestazione, visto che l’assoluzione è stata decisa con formula dubitativa, mediante l’utilizzo del capoverso dell’art. 530 c.p.p.. Difatti, le decisioni prese dall’Autorità giudiziaria in sede penale risultano rilevanti solo laddove esse ne hanno escluso l’esistenza o, comunque, ridotto notevolmente o, addirittura, azzerato la significatività. Inoltre, e l’argomento assume portata dirimente, una denunzia di reato successivamente archiviata o una conseguita assoluzione possono ben valere come indizi di infiltrazione mafiosa, rilevanti ai fini dell’informativa antimafia. relativa informazione prefettizia, anche se non sia stata accertata la loro fondatezza, a meno che tali elementi non siano in concreto smentiti dall’andamento processuale dei fatti in contestazione. Accanto a tale elemento principale, la Prefettura ha evidenziato altre circostanze, a carico di altri due figli della ricorrente, di sicura rilevanza sintomatica, quali la frequentazione o, addirittura, un matrimonio con soggetti ritenuti appartenenti a clan camorristici. Il rapporto di parentela, in questa ipotesi, non è considerato di per sé, ma rappresenta l’humus per l’infiltrazione mafiosa o, quanto meno, per possibili interferenze illecite della malavita nella vita societaria, anche in considerazione delle specifiche situazioni politico-sociali dell’area geografica in cui opera l’impresa. Il fatto che un figlio sia stato visto frequentare un soggetto in odore di mafia, e che la figlia fosse moglie di un elemento di spicco della malavita organizzata della zona, tratto in arresto nell’ambito della imponente operazione di polizia, denominata “S”, rappresentano elementi da cui ragionevolmente può dedursi che sussisteva il pericolo di infiltrazione mafiosa, atteso che la compagine societaria, proprio in ragione dei predetti legami familiari, non assicurava assoluta impermeabilità circa possibili pressioni malavitose. Esito ricorso: respinto Difatti, non può disconoscersi che talune evenienze sfavorevoli quali le informazioni di garanzia o le imputazioni o le dichiarazioni di collaboratori di giustizia costituiscano elementi presuntivi del rischio di infiltrazione mafiosa e, quindi, possano rappresentare legittimo presupposto della 44 Tar Calabria, Catanzaro, Sezione II, 4 dicembre 2006, n. 1569 INFORMATIVA TIPICA 19 IGI – Istituto Grandi Infrastrutture __________________________________________________________________________________________ L’Università della Calabria riceveva dalla Prefettura di Catanzaro la nota prefettizia dalla quale è emerso che il coniuge dell’amministratore unico della società Sig. F.G. s.r.l., pur se separato dalla moglie, è capace di determinare le scelte e gli indirizzi della società in quanto gestisce di fatto la ditta di che trattasi. Lo stesso ha numerosi precedenti e pendenze penali per reati vari e frequenta pericolosi pregiudicati ed elementi di spicco della criminalità organizzata del circondario lamentino. Risulta, inoltre, essere stato proposto dalla Questura di Catanzaro per l’applicazione della misura di prevenzione della sorveglianza speciale di P.S. A contestazione di quanto affermato nella nota prefettizia, parte ricorrente ha prodotto la sentenza n. 498 del 1994 dichiarativa della separazione tra la sig.ra P.G., amministratore unico e legale rappresentante della società ricorrente, la nota indirizzata al Prefetto di Catanzaro, dalla quale risulta che la detta legale rappresentante ha assunto il marito, in data 1 dicembre 2002, per le difficoltà economiche in cui quest’ultimo versava, la lettera del 18 novembre 2005 con la quale il Sig. F.G. è stato licenziato ed il decreto del Questore della Provincia di Catanzaro in data 8 maggio 2004, dal quale risulta che il provvedimento di avviso orale emesso a carico di F.G. in data 3 gennaio 2003 è stato revocato. Va rilevato che, al momento in cui l’esponente ha partecipato alla gara, la compagine societaria annoverava al suo interno il Sig. F.G. in atto separato dalla Sig.ra P.G., amministratore unico della società deducente. Tale rapporto di lavoro si è protratto per tutta la durata della 20 gara e si è risolto con il licenziamento del Sig. F. soltanto dopo la rescissione del contratto. La legale rappresentante della società ben era a conoscenza di avere assunto il proprio ex coniuge fin dal 2002 ed appare, altresì, poco probabile che non fosse a conoscenza della serie dei pregiudizi penali che risultano a carico di quest’ultimo e pure esposti nel decreto di revoca dell’avviso orale. In particolare, nelle premesse del provvedimento si legge: “Esaminati gli atti di ufficio dai quali risulta che F.G. è stato condannato per emissione di assegni a vuoto continuata, esercizio abusivo di una professione in concorso, trasporti abusivi, corruzione per un atto contrario ai doveri d’ufficio, furto, violazione al T.U. delle norme sulla circolazione stradale; è stato tratto in arresto per usura ed estorsione; è stato denunciato per tentato omicidio volontario, porto e detenzione abusiva di armi, fabbricazione e detenzione di materiale esplodente”. È vero che con il decreto è stata disposta la revoca della misura dell’avviso orale, in quanto l’interessato avrebbe prodotto sentenze di assoluzione in diversi procedimenti penali a suo carico, ma parte ricorrente non produce le dette sentenze e si limita a sostenere che il decreto dimostrerebbe la erroneità di quanto riportato dalla nota prefettizia a carico del F., laddove si afferma che egli sarebbe stato proposto per l’applicazione della misura di prevenzione della sorveglianza speciale di PS. Se di erroneità si deve parlare, questa è a carico di parte ricorrente, laddove confonde la misura dell’avviso orale, che è stata effettivamente revocata con il decreto del Questore, con l’altra misura della sorveglianza speciale di Pubblica Sicurezza, che è più grave della prima. Esito ricorso: respinto 45 Consiglio di Stato, Sezione VI, 29 novembre 2006, n. 6986 INFORMATIVA TIPICA Viene, anzitutto, rilevata la circostanza che la camorra locale, anziché estorcere denaro alle imprese subappaltanti, preferisce eseguire direttamente i lavori mediante la stipulazione di contratti di subappalto. Inoltre, dai rapporti si evince che: 1) la R.R. s.a.s. e la ricorrente S. s.a.s. di C.R. fanno capo alle stesse persone; 2) con la ditta R.R. è stato stipulato contratto di subappalto vero e proprio, con il quale la ditta subappaltante si è presa l'incarico di stendere e porre in opera il materiale per il rilevato, mentre con l'ATI composta dalla stessa R.R. e dalla S. è stato stipulato un contratto di fornitura del materiale prelevato; 3) è chiaro che tale stratagemma ha consentito di abbassare il limite del 30%, per cui i fratelli R. hanno potuto effettuare tutti i lavori di movimento terra su quel lotto, perché la S. è una ditta che fa comunque capo a loro; 4) R.R., figura sicuramente preminente alle due società, è solito accompagnarsi a pregiudicati; 5) tali collegamenti hanno evidenziato la pericolosità sociale di R.R., in considerazione della Le informative tipiche ed atipiche: che cosa sono? Le risposte della giurisprudenza __________________________________________________________________________________________ sua appartenenza ad associazione di stampo camorristico. Dalle riferite circostanze emerge in maniera chiara come tra i due fratelli esista un sistema integrato di impresa con reciproche offerte di personale e di mezzi, che realizza così un vero e proprio sodalizio. Esito ricorso: respinto (anche dal Tar Campania, Napoli, Sezione I, n. 17726/2004) 46 Tar Campania, Napoli, Sezione I, 29 novembre 2006, n. 10298 INFORMATIVA ATIPICA Riguardo alla P.R.G. Costruzioni s.a.s., la nota si è limitata a riferire che P.G., socio accomandante della ditta, risultava denunziato per reati inerenti agli stupefacenti. La concreta entità dell'episodio, riferito dalla Prefettura, si evince dalla nota dei Carabinieri della Stazione di Nola, in cui si rappresentava che quel Comando aveva denunziato a piede libero P.G., in quanto trovato in possesso di sostanza stupefacente (uno spinello) e che la relativa denunzia non era sfociata in alcun procedimento penale, bensì in una mera segnalazione amministrativa a carico del trasgressore. Esito ricorso: accolto 47 Consiglio di Stato, Sezione VI, 25 settembre 2006, n. 5595 INFORMATIVA TIPICA Il Sig. C.D.P., amministratore unico della S. s.r.l., società subappaltatrice dei lavori per la realizzazione dell’Alta Velocità, era stato colpito da ordinanza di custodia in carcere, poiché accusato del reato di favoreggiamento, per avere aiutato l’organizzazione di tipo mafiosa, denominata clan C., ad assicurarsi il profitto rientrante nel suo programma criminoso, consistente nell’acquisizione di appalti pubblici. L’impugnato provvedimento della T.A.V. s.p.a. di revoca delle autorizzazioni al subappalto e di risoluzione di qualsiasi ulteriore rapporto contrattuale in essere con la società appellante è stato respinto dal Tar di Napoli con sentenza in data 1° settembre 2003, ma anche il ricorso in appello è risultato essere infondato. Quanto alla circostanza per cui, all’emissione dell’informativa prefettizia, il Sig. C.D.P. sarebbe stato estromesso dai poteri gestionali della S s.r.l., che facevano invece capo al figlio, Sig. V.D.P., la Sezione ne sostiene l’irrilevanza. C.D.P. aveva amministrato la S s.r.l. sin dalla sua costituzione così che il fatto che egli fosse cessato dalla carica solo qualche mese prima dell’informativa prefettizia, tra l’altro a favore del figlio, non ha influenza determinante sul pericolo di condizionamento da parte della criminalità organizzata, che resta di per sé intatto. La Sezione osserva che l’annullamento disposto dal Tribunale del Riesame di Napoli risale a cinque giorni dopo la contestata informativa prefettizia. Ne consegue l’irrilevanza della circostanza, dovendo aversi riguardo alla situazione esistente al momento dell’informativa prefettizia. Dalla citata ordinanza del Tribunale del Riesame di Napoli consegue il coinvolgimento di C.D.P., nei cui confronti non viene configurato il reato di favoreggiamento reale solo in quanto la condotta criminosa atteneva a un momento antecedente, e non successivo, il conseguimento di uno dei profitti del programma criminoso dell’associazione camorristica di cui trattasi, consistente nell’acquisizione di appalti pubblici. Così che la condotta criminosa del medesimo non era considerata sussumibile nell’ambito dell’art. 379 del c.p. Nell’ordinanza, infatti, rilevato che C.D.P.: viene 1) era un personaggio di primo piano nella gestione dei rapporti tra la C. e gli imprenditori della camorra; 2) svolgeva il ruolo di mediatore tra la C. e le imprese criminali; 3) aveva il ruolo di gestore degli appalti della C. Esito ricorso: respinto 48 Tar Calabria, R. Calabria, Sez. I, 28 agosto 2006, n. 1391 INFORMATIVA TIPICA Nel caso in esame, il pericolo di infiltrazioni mafiose nell'ambito della società G. è stato ritenuto sussistente a motivo che persona, già ricoprente la veste di socia, è legata da stretti vincoli di parentela con soggetto, sottoposto a misura di prevenzione, ritenuto elemento di spicco di cosca mafiosa operante nella provincia e che il mutamento dell'assetto societario, intervenuto nel corso 21 IGI – Istituto Grandi Infrastrutture __________________________________________________________________________________________ del procedimento, appare effettuato per aggirare la normativa antimafia. In primo luogo, l'unico collegamento tra la società ricorrente e soggetti sospettati di appartenere alla malavita organizzata è indicato dalla Prefettura nel semplice rapporto di parentela con questi ultimi, esistente con una ex socia, senza che si rinvenga nell'atto impugnato e negli atti istruttori alcuna affermazione e, tantomeno indizi o prove, dell'esistenza in concreto di contatti tra la società ricorrente ed i soggetti in odore di mafiosità. Né, in secondo luogo, risulta condivisibile la valorizzazione della cessione della partecipazione nella società ricorrente da parte della predetta socia, intervenuta in corso di procedimento, ritenuta dalla Prefettura elusiva della normativa antimafia. Ed invero, la società ricorrente deduce di aver seguito al riguardo un suggerimento fornitole dalla stessa Prefettura, per rendere meno impervio il cammino della pratica. A prescindere da ciò, la cessione in parola non si appalesa comunque idonea a fornire supporto alcuno al giudizio di presenza di un pericolo di infiltrazione, dato che l'amministrazione non fornisce riscontri concreti dell'esistenza di contatti tra soggetti malavitosi e società. Un simile riscontro non è individuabile neanche nella circostanza che il Sig. G.F. continui a svolgere attività lavorativa presso la società della quale era socio, perché ciò, ancora una volta, non dimostra l'esistenza di contatti tra l'impresa e soggetti malavitosi. 22 In terzo luogo, la stessa Prefettura di Reggio Calabria ha ritenuto, con riferimento alla società cooperativa A.R., che la presenza in essa, addirittura quale amministratrice, della Sig.ra I.T. non comportasse il pericolo di infiltrazioni mafiose. Esito ricorso: accolto 49 Tar Lombardia, Milano, Sez. III, 31 luglio 2006, n. 1892 INFORMATIVA TIPICA I documenti esibiti evidenziano l’esito delle indagini, condotte negli anni passati dalla D.I.A. di Milano, su M.A., coniuge del legale rappresentante della R.N.A. (T.N.), nonché collaboratore attivo nella gestione della società ricorrente, dalle quali è emersa una possibile contiguità del predetto con ambienti criminali, anche di tipo mafioso. confermato di collaborare alla condizione operativa dei cantieri della R.N.A., e che le due società si scambiano i mezzi da lavoro in ragione della tipologia di attività da svolgere. Nel cantiere in questione è stata, inoltre, riscontrata la presenza di mezzi e di dipendenti appartenenti alla G.S. s.a.s., di cui M. è socio accomandatario. La Prefettura riferisce, inoltre, che sempre nel corso della predetta ispezione, sia il direttore del cantiere, che altri lavoratori, hanno dichiarato di interloquire direttamente con il M., essendo quest’ultimo referente per la ditta R.N.A. Esito ricorso: respinto 50 Tar Lombardia, Sezione III, 27 luglio 2006, n. 1878 INFORMATIVA TIPICA Viene evidenziato che il M., oltre a risultare gravato da diversi precedenti penali, è stato sottoposto alla misura di prevenzione della sorveglianza speciale ed è stato segnalato dai Carabinieri per l’ulteriore applicazione della sorveglianza speciale di P.S. Nelle motivazioni contenute nell’ordinanza di applicazione della misura di prevenzione si fa riferimento alla frequentazione del M., definito pericoloso esponente della malavita organizzata operante nella provincia di Milano, in contatto con ambienti camorristici. La nota della Prefettura di Milano riferisce anche di un accesso ispettivo nel cantiere in cui opera l’impresa ricorrente, durante il quale è stata riscontrata la presenza di M. che ha, fra l’altro, L’informativa è stata emessa sulla base delle seguenti circostanze: il capitale sociale della G.I.A era, in origine, detenuto dai germani F.N. e L., figli di F.S., tratto in arresto e sottoposto al regime degli arresti domiciliari, in relazione ad un procedimento penale, poi archiviato dal G.I.P. con la formula assolutoria per non aver commesso il fatto, in cui l’interessato è stato indagato per i reati di rapina ed estorsione, con l’aggravante di avvalersi delle condizioni previste dall’art. 416 c.p. La società, attualmente partecipata al 98% da F.N. e per il restante 2% da N.P., fa parte di un consorzio di imprese costituito, tra l’altro, dalle società E. e T. Le informative tipiche ed atipiche: che cosa sono? Le risposte della giurisprudenza __________________________________________________________________________________________ Entrambe le società, il cui capitale sociale è in parte detenuto da F.N., sono risultate destinatarie di provvedimento interdittivo antimafia emesso dalla Prefettura di Napoli. F.L., accusato di partecipazione a delinquere di tipo mafioso, è risultato nel relativo processo assolto, perché il fatto non sussiste. Sua moglie S.N. è cugina di secondo grado di S.F., alias “S”, noto capo del clan dei C.; Entrambi i fratelli sono stati indagati per detenzione abusiva di 49 cartucce per pistola calibro 9 e per truffa, ma poi assolti per non aver commesso il fatto. Con provvedimento giudiziario sono stati segnalati collegamenti tra F.N. con R.D., già condannato con sentenza definitiva per il reato di associazione mafiosa ex art. 416-bis c.p. e con altra sentenza per il reato di estorsione ex art. 629 c.p.. Il relativo provvedimento, benché annullato per vizi di forma dal Tribunale del Riesame, ha comunque consentito di evidenziare che le società facenti capo ai fratelli F. hanno partecipato alle strategie di infiltrazione negli appalti pubblici del noto camorrista R.D.. I rapporti intercorrenti tra il gruppo imprenditoriale facente capo al R. e quello riconducibile a F.N. trovano conferma nelle intercettazioni delle conversazioni telefoniche intercorse tra i due. Alla stregua delle riferite circostanze, l’informativa in esame ha ritenuto fondato il pericolo che le scelte e gli indirizzi della società siano permeabili a condizionamenti da parte della criminalità organizzata, in particolare considerazione del fatto che il F.N. è proprietario del 98% del capitale sociale della G.L. s.r.l.. A giudizio della Sezione, questo dato non trova conferma documentale, atteso che dagli atti risulta invece che la G.L., già all’epoca delle indagini in questione, era interamente detenuta dal N. e da C.A., moglie di questi, soggetti a carico dei quali non sono stati compiuti accertamenti di sorta. Neppure risulta, in alcun modo, enunciata l’ipotesi che la società ricorrente, benché posseduta e amministrata dai coniugi N., possa ritenersi controllata di fatto dal F. L’amministrazione avrebbe dovuto quindi valutare, con una istruttoria più adeguata, se effettivamente il rischio di infiltrazione mafiosa potesse considerarsi sussistente anche dopo la modifica della compagine sociale, intervenuta a seguito della cessione al N. delle quote detenute da F.N. Ciò proprio in considerazione del fatto che gli organi investigativi riconoscono che nulla risulta sul conto del nuovo amministratore unico N.P. e del suo nucleo familiare, a carico dei quali non vi sono precedenti di polizia, né si annoverano risultanze utili ad accreditare la ragionevole presunzione che la società ricorrente abbia collegamenti con organizzazioni mafiose o ne possa subire l’influenza. Esito ricorso: accolto 51 Tar Campania, Napoli, Sezione I, 20 luglio 2006, n. 7609 INFORMATIVA TIPICA La E.I. s.r.l., impresa capogruppo e mandataria dell’ATI con la C. s.r.l., contesta che il rapporto di coniugio del legale rappresentante dell'impresa, oggetto di informativa, potesse costituire l'unico ed esclusivo indice del condizionamento dell'impresa. Rimarca, in secondo luogo, che la sentenza di condanna a carico del Sig. E.C., coniuge del legale rappresentante della C., gli aveva riconosciuto i benefici, di cui all'art. 8 d.l. n. 151/91. in ragione della sua dissociazione da Cosa Nostra, affermando l'esistenza di elementi sintomatici di una irreversibile rottura col suo passato: ciò infatti, unito alla circostanza dell'esistenza di una mera contiguità affettiva tra il Sig. E.C. e l'amministratore della C., dimostrerebbe l'insussistenza di un collegamento dell'impresa con la criminalità organizzata. Le censure non possono trovare condivisione, in quanto il Sig. E.C. è stato fatto oggetto di sentenza di applicazione della pena su richiesta delle parti per il delitto di cui all'art. 416-bis c.p. e, pertanto, non può intrattenere rapporti contrattuali con la Pubblica Amministrazione. Inoltre, contrariamente a quanto sostenuto dalle ricorrenti, l'informativa a carico della C. non è stata determinata dalla mera sussistenza del rapporto di coniugio del Sig. E.C. col legale rappresentante della società, bensì dal fatto che gli elementi in possesso dell'Autorità prefettizia hanno indotto la stessa a ravvisare nel soggetto in questione il reale dominus della società. Nell'ampia e dettagliata motivazione del provvedimento interdittivo del Prefetto di Palermo vengono, infatti, riportati gli esiti degli accertamenti effettuati dalla Guardia di Finanza nei confronti della I., nonché ulteriori elementi riferiti 23 IGI – Istituto Grandi Infrastrutture __________________________________________________________________________________________ all'attualità, dai quali emerge che, in realtà, la gestione e l'amministrazione attiva della C. s.r.l. sarebbero riferibili direttamente al Sig. E.C. Da questi presupposti correttamente il Prefetto di Palermo conclude per la sussistenza delle condizioni interdittive a carico del Sig. E.C., nella qualità di dominus e procuratore della società I., oggi trasformatasi in C. s.r.l., nonché la sussistenza delle condizioni ostative, di cui all'art. 10 del d.P.R. n. 252/98, nei riguardi della C. s.r.l. Esito ricorso: respinto 52 Consiglio di Stato, Sezione VI, 17 luglio 2006, n. 4574 propria attività estorsiva da parte di componenti del clan F., che gli imponevano assunzioni accettate per quieto vivere e per poter continuare ad operare in zona e che il danaro era a lui imprestato a titolo usurario, con ciò escludendosi che il C. potesse fungere da canale di riciclaggio. L’assunto del Tar non può essere condiviso. Esito ricorso: accolto (cfr. Tar Campania, Napoli, Sezione III, 9 gennaio 2003, n. 3367; Tar Campania, Napoli, Sezione II, 28 febbraio 2007, n. 1272; Consiglio di Stato, Sezione V, 31 dicembre 2007, n. 6902) 53 Tar Campania, Napoli, Sezione I, 17 luglio 2006, n. 7520 INFORMATIVA TIPICA INFORMATIVA TIPICA Nel caso di specie, il condizionamento della società D. è stato affermato dall'Autorità amministrativa sul rilievo che la stessa appariva gestita di fatto da C.F.S., figlio e marito delle due socie, in rapporto con vari esponenti di organizzazioni criminali, interessate alla gestione dei rifiuti, come emergente da intercettazioni telefoniche eseguite nell'ambito di una indagine penale. Tale informativa è intervenuta dopo che questa Sezione, con sentenza n. 5543 dell’8 novembre 2005, aveva annullato un analogo provvedimento interdittivo sul conto della G., poiché basato su addebiti remoti, non sorretti da un riesame condotto sulla scorta di nuovi accertamenti. Il primo giudice ha ritenuto tali conclusioni non sorrette da adeguata motivazione, in quanto non supportate da idonei elementi atti a comprovare, da un lato, il collegamento tra il C. e la società; dall'altro, la stessa posizione di quest'ultimo, nei confronti dell'organizzazione criminale, alla luce dell'archiviazione del procedimento penale, nel corso del quale era stato riscontrato come l'imprenditore fosse, in realtà, assoggettato ad una vera e 24 Essa si fonda sul rilievo che assumerebbe la figura di N.G. detto “J”, nato a Saviano nel 1939, elemento di primo piano della criminalità organizzata internazionale e zio degli attuali soci della G. Alle censure della ricorrente, che sostiene essersi verificato uno scambio di persona tra lo zio dei soci della G., N.G., nato a Saviano nel 1939, e N.G., detto “J.”, nato a Saviano nel 1959, replica l’Ufficio Territoriale del Governo di Napoli, affermando non doversi confondere il N.G., oggetto del provvedimento impugnato, legato alla criminalità organizzata con filiazione in Canada, ed il N.G., considerato personaggio legato alla criminalità organizzata con filiazione negli Stati Uniti. In altri termini, secondo le difese dell’Ufficio Territoriale di Governo, vi sarebbero due omonimi, entrambi nati a Saviano ed entrambi collegati ad organizzazioni malavitose di oltreoceano, l’uno nato il 1939 e legato alla criminalità canadese, l’altro nato il 1959 e legato alla criminalità statunitense: e sarebbe, appunto, il primo ad essere il trait d’union tra la malavita organizzata e la G. Pacifica sembra essere l’estraneità della società ricorrente rispetto al N.G., classe 1939, con pregiudizi per traffico internazionale di stupefacenti. Il punto problematico è, invece, se il “J.”, segnalato per traffico di stupefacenti, sia il N., classe 1939, nel quale mancherebbe il legame con la G., ovvero il N, classe 1959, residente in Canada e zio dei soci G. E, in ogni caso, se quest’ultimo sia, o meno, persona segnalata per fatti legati alla criminalità organizzata. A tale riguardo, l’identificazione di “J.” con il N., classe 1959, residente negli Stati Uniti, e non già con il N., classe 1939, residente in Canada, è affermata dalla sentenza del G.I.P. di Napoli del 15 settembre 1995 n. 1654, che, in ragione dello scambio di persona, assolve quest’ultimo dai reati a lui ascritti. Per quanto riguarda la possibilità che il N., classe 1939, residente in Canada, sia anch’egli un esponente della criminalità organizzata dedita al traffico di stupefacenti, l’elemento su cui fa leva il provvedimento prefettizio Le informative tipiche ed atipiche: che cosa sono? Le risposte della giurisprudenza __________________________________________________________________________________________ è l’informativa dell’Interpol relativa alle informazioni rese dall’ufficio canadese. antimafia tipica, revocando la liberatoria precedentemente rilasciata. L’Ufficio Interpol di Ottawa rappresentava che sarebbe stato necessario un raffronto delle impronte digitali, e ha riferito che le stesse non trovano riscontro presso quella documentazione. Senonchè il Tribunale del Riesame di Napoli annullava il decreto di sequestro, a fronte del quale il Prefetto di Napoli emanava una nuova informativa interdittiva, ravvisando la sussistenza di un pericolo di infiltrazione mafiosa, nonché una ulteriore informativa atipica, riferita ad una gara di appalto, bandita dal Comune di Monte di Procida. Ciò contraddice la tesi che il N.G., classe 1939, zio dei soci della G., sia lo stesso N.G. che, secondo le evidenze dell’Interpol di Ottawa, risulta inquisito per fatti legati al crimine organizzato. Il che rende altresì non significativa, ai fini antimafia, la circostanza che nell’autovettura della G. fossero presenti documenti canadesi intestati al N.G., classe 1939. Esito ricorso: accolto 54 Tar Campania, Sezione I, 14 luglio 2006, n. 7510 INFORMATIVE TIPICHE ED ATIPICHE Il Prefetto di Napoli comunicava al Comune di San Giuseppe Vesuviano informazioni atipiche in danno della società D.P. s.p.a. A seguito di tale comunicazione, il G.I.P. presso il Tribunale di Napoli emetteva sequestro preventivo a carico della D.P. s.p.a., in quanto ritenuta, insieme ad altre società, nella disponibilità di tale R.D., già condannato per associazione a delinquere di stampo mafioso, contestando all’amministratore unico, Sig. N.D’A., il reato di cui all’art. 12quinquies del d.l. n. 306 del 1992, convertito nella L. 356/92. A seguito del sequestro, il Prefetto emanava una informativa Il provvedimento penale, pur ritenendo insufficienti gli indizi per affermare la sussistenza di un imprenditore occulto, rilevava, comunque, l’esistenza di elementi, dai quali è desumibile la stabile e frequente presenza di R.D. nei luoghi ove ha sede la società intestata al D’A., e l’ulteriore e significativa circostanza che R.D. era nella disponibilità di documentazione afferente una delle società in sequestro. Seguiva un’ulteriore richiesta, da parte del Pubblico Ministero, di sequestro preventivo finalizzato alla confisca della società, respinta dal G.I.P., data l’insussistenza di indizi sufficienti a dimostrare che R.D. fosse l’effettivo proprietario o gestore della società ricorrente. Il Prefetto di Napoli emanava una nuova informativa interdittiva, ravvisando la sussistenza di tentativi di infiltrazione mafiosa, sulla base degli stessi elementi del procedimento penale a carico del Sig. N.D’A. Il Giudice penale pronunciava conclusivamente la sentenza di assoluzione dell’amministratore della società ricorrente per il reato di cui all’art. 12-quinquies, perché il fatto non sussiste. Esito ricorso: respinto (anche dal Consiglio di Stato, Sezione VI, 13 giugno 2007, n. 3187) 55 Tar Campania, Napoli, Sezione I, 12 luglio 2006, n. 7465 INFORMATIVA TIPICA L’informativa si basa sul rilievo che assumerebbe la figura di N.G., detto “J”, nato a Saviano nel 1939, elemento di primo piano della criminalità organizzata internazionale e zio degli attuali soci della G. La Questura di Napoli segnala che l’Interpol ha comunicato che verosimilmente il N.G., nato il 1939 e residente in Canada, detto J, è stato più volte segnalato per fatti di criminalità organizzata ed, in particolare, per importazione di sostanze stupefacenti. La ricorrente contesta che N.G., detto “J.”, sia la medesima persona del N.G., zio dei soci. D’altra parte, i componenti del G.I.C.O. avevano evidenziato l’impossibilità di stabilire con certezza che N.G., detto “J.”, oggetto di segnalazioni per fatti di criminalità organizzata e traffico di stupefacenti, coincidesse con la persona oggetto di accertamenti, concludendo che, non essendovi certezza da parte dell’Interpool sulla sua identità, non vi erano elementi di novità rispetto alle conclusioni raggiunte dal G.I.A. Secondo le difese dell’Ufficio Territoriale di Governo, vi sarebbero due omonimi, entrambi nati a Saviano ed entrambi collegati ad organizzazioni malavitose: uno nato nel 1939 e legato alla criminalità canadese, ed un altro nato nel 1959 e legato alla criminalità statunitense, e 25 IGI – Istituto Grandi Infrastrutture __________________________________________________________________________________________ sarebbe, appunto, il primo ad essere il trait d’union tra la malavita organizzata e la G. dei quali tratti in arresto o indagati per il reato di associazione per delinquere di stampo mafioso. L’informativa dell’Interpol riguarda più il “J.”, residente in Canada, più volte indagato per fatti legati al crimine organizzato e che, tuttavia, al fine di una esatta identificazione del soggetto in questione, sarebbe stato necessario un raffronto delle impronte digitali. È emersa, inoltre, la partecipazione ad alcune di queste società anche di personaggi di spicco delle organizzazioni criminali del territorio campano e di famiglie camorristiche. In data 20 marzo 2006 l’Interpol riferisce che le impronte digitali non trovano riscontro presso la documentazione canadese. Ciò contraddice la tesi che N.G., classe 1939, zio dei soci della G. risulta inquisito per fatti legati al crimine organizzato. Il che rende, altresì, non significativa, ai fini antimafia, la circostanza che nell’autovettura della G. fossero presenti documenti canadesi intestati al N.G., classe 1939. Esito ricorso: accolto 56 Tar Campania, Napoli, Sezione III, 10 luglio 2006, n. 7386 Esito ricorso: accolto 57 Tar Campania, Napoli, Sezione I, 30 giugno 2006, n. 7223 INFORMATIVA ATIPICA L’informativa impugnata si limita a riferire la circostanza che il presidente e direttore tecnico della società ricorrente aveva avuto cointeressenze e responsabilità amministrative in un’altra società, la S., colpita da interdittiva antimafia per la ritenuta esistenza d’infiltrazioni della criminalità organizzata. Al riguardo osservare che: è, invero, da 1) le informative prefettizie non forniscono indizi sul collegamento tra la società ricorrente e la S.; INFORMATIVA TIPICA Dagli atti dell’istruttoria si desumono elementi, verificati dalle Forze di Polizia, attestanti la situazione di contiguità mafiosa della società ricorrente e del suo amministratore unico. È emerso, in particolare, che la società C.C. ed il suo amministratore unico sono legati, a vario titolo, a diverse società e consorzi, in relazione ai quali sono stati riscontrati dalle Forze dell’Ordine collegamenti con soggetti appartenenti ad organizzazioni malavitose, alcuni 26 2) infatti, L.G. è cessato dalla carica nella S.A. fin dal 1999, ha dimesso la partecipazione nel 2001 e non risulta che tali circostanze siano simulate o fittizie; 3) neppure risulta che gli elementi, che hanno portato nel 2004 alla determinazione interdittiva a carico della S.A., siano in qualche modo o misura imputabili al citato LG; 4) l’informativa impugnata non chiarisce in che senso LG viene menzionato dagli Organi di Polizia in relazione alle verifiche antimafia svolte presso altro Comune, i cui organi sono stati sciolti all’esito di tali verifiche per condizionamento da parte della criminalità organizzata; 5) del resto, la Commissione, successivamente incaricata della gestione di quel Comune, aveva provveduto all’aggiudicazione dell’appalto ed alla stipula del contratto nel 1999, appena poco prima della cessazione di LG dalla carica di amministratore della S.: il che lascia presumere che la menzione, alla quale fa riferimento l’informativa ora impugnata, non possa essere stata di contenuto negativo. È da soggiungere che, successivamente all’informativa, l’autorità prefettizia, sulla base di elementi forniti dal Comando Provinciale dei Carabinieri, riferisce che risultano pregiudizi penali, quali truffa aggravata ed inosservanza alle disposizioni contro la mafia. Tale circostanza, contestata, in punto di fatto, dalla società ricorrente con la produzione di certificazioni del casellario e dei carichi pendenti, è riferita in termini affatto generici, senza l’indicazione di provvedimenti dell’Autorità giudiziaria. È da aggiungere, inoltre, che: 1) il reato di truffa non attiene in concreto a interferenze o devianze mafiose, per cui non può assumere rilevanza nel contesto di una informativa resa ai sensi dell’art. 1-septies; 2) la sussistenza di situazioni previste dall’art. 10 della l. n. 575 del 1965, riguardante persone alle quali sia stata applicata con provvedimento definitivo una misura di prevenzione, comporterebbe semmai l’emanazione di un’interdittiva, piuttosto che una mera Le informative tipiche ed atipiche: che cosa sono? Le risposte della giurisprudenza __________________________________________________________________________________________ informativa, laddove, nella specie, è pacifico che nei confronti della società ricorrente non sussistono le condizioni previste dall’art.10 del D.P.R. 252/98. Esito ricorso: accolto 58 Consiglio di Stato, Sezione V, 27 giugno 2006, n. 4135 INFORMATIVA TIPICA Il Consiglio di Stato osserva che gli elementi rilevati nella relazione del Gruppo Interforze, recepiti dal Prefetto, risalgono nel tempo e siano, comunque, anteriori al 4 febbraio 2002, allorché lo stesso Prefetto di Napoli ebbe a rilasciare la certificazione liberatoria antimafia. Con riguardo ai singoli episodi e circostanza ritenute emblematiche dell’infiltrazione, i giudici di secondo grado accolgono le censure prodotte dall’appellante: 1) premesso che i fratelli B. sono incensurati e non risultano carichi pendenti nei loro confronti, l’ordinanza interdittiva venne annullata dal Tribunale del Riesame per insussistenza di gravi indizi di colpevolezza, e le successive vicende giudiziarie hanno dimostrato l’innocenza del B., in ordine alle minacce subite da R., e la infondatezza delle dichiarazioni del collaboratore di giustizia P., mentre i procedimenti a carico dei fratelli I.V. e A. sono stati tutti definiti con sentenze di proscioglimento e provvedimenti di archiviazione; 2) si tratta di illeciti di carattere amministrativo, definiti con la Pubblica Amministrazione, comunque estranei alla normativa antimafia; 3) tutti i dipendenti della E.B. sono impiegati presso la medesima, in forza del c.d. passaggio di cantiere, per cui l’appaltatore, che vince la gara, deve assumere i dipendenti di chi lo precedeva, sicchè le pendenze penali a carico degli stessi non possono assumere alcun significato indiziario a danno dell’impresa; 4) con riguardo ai pretesi fondi occulti, si precisa che il relativo procedimento per reato fiscale si è concluso con decreto di archiviazione del G.U.P. del Tribunale di Nola, in quanto le fatturazioni in questione sono relative ad operazioni oggettivamente e soggettivamente esistenti; 5) si tratta di riferimenti generici a fonti indiziarie non precisate e non controllabili, che non consentono alcuna forma di difesa; 6) il Dr. A. è un commercialista stimato, incensurato e privo di procedimenti pendenti a proprio carico, che nella società non aveva incarichi gestionali, ma di semplice controllo contabile die bilanci; 7) il procedimento a carico di A.P. si è concluso con condanna per ricettazione, escludendosi ogni relazione con ambienti di criminalità organizzata; 8) la stessa valutazione di insufficienza va ribadita con riguardo ai non meglio precisati atti di Polizia Giudiziaria e notizie confidenziali, secondo cui i fratelli B. gravitano nel clan A.; 9) quanto alle denunce alle Forze dell’Ordine, si ritiene che, dopo circa due anni di indagini, l’esistenza di una guerra fra clan, in cui i fratelli B., incensurati e senza carichi pendenti, partecipino come forza attiva, avrebbe dovuto dar luogo alla emersione di fatti di ben maggiore rilevanza, piuttosto che il ricorso alla protezione delle Forze dell’Ordine; 10) per il programma di protezione disposto in favore di B.P., si è pensato che lo stesso potrebbe fruirne in qualità di pentito, ma la tesi è manifestamente erronea, perché la qualità di collaboratore di giustizia può essere assunta dall’imputato che, dissociandosi dagli altri, si adopera ad evitare che l’attività delittuosa sia portata a conseguenze ulteriori; ed è pacifico che il B. non abbia procedimenti penali a proprio carico, né ne abbia avuti in concomitanza con l’avvio del programma di protezione. Esito ricorso: accolto (cfr. Tar Lazio, Roma, Sezione II ter, 09 novembre 2005, n. 10892) 59 Tar Campania, Napoli, Sezione I, 16 giugno 2006, n. 7068 INFORMATIVA TIPICA Il provvedimento informativo della Prefettura non era derivato da un autonomo procedimento, ma da un’automatica estensione degli effetti interdittivi rinvenenti dal procedimento antimafia a carico di altra società. Peraltro, sin dall’aprile del 2005 e, quindi, sei mesi prima, detta società ed il suo amministratore erano cessati da qualunque rapporto con la ricorrente R. s.r.l., cedendo le loro rispettive quote di pertinenza. Entrambe le informative a carico della suddetta diversa società erano state sospese dal Giudice amministrativo a seguito dell’annullamento, da parte del Tribunale del Riesame, del 27 IGI – Istituto Grandi Infrastrutture __________________________________________________________________________________________ sequestro preventivo disposto a carico della medesima. La società ricorrente faceva comunque rilevare che l’unico elemento di collegamento tra la R. s.r.l. e l’altra società, cui si riferiva il verbale del G.I.A., era costituito dal rapporto di coniugio tra l’amministratore della prima società e quello della seconda, elemento del tutto inidoneo a documentare il pericolo di condizionamento mafioso della ricorrente. Esito ricorso: accolto 60 Tar Campania, Napoli, Sezione I, 06 giugno 2006, n. 6757 INFORMATIVA ATIPICA Sul conto della I.C.E.M. s.r.l. era stato riferito, dagli Organi di Polizia, che F.S., amministratore unico della ditta, era cognata del noto pregiudicato N.C., deceduto a seguito di agguato camorristico. Inoltre, si riferiva che M.G., marito dell'amministratore della società, risultava denunziato, unitamente ad altre 21 persone, per il reato di associazione a delinquere di stampo mafioso e che M.R., figlia dei predetti coniugi, risultava convivente con tale L.S., pregiudicato per estorsione, porto e detenzione abusiva di armi, tratto in arresto, unitamente ad altri pregiudicati, tra cui P.R., con precedenti per reati di associazione a delinquere ed estorsione, nonché referente locale di un clan camorristico. Nella stessa nota si segnalava, altresì, che l'impresa aveva inteso fornire elementi di controdeduzione, sulla base dei quali il Gruppo Interforze Antimafia aveva preso atto dell'incensuratezza di M.G., 28 marito dell'amministratore della società, alla stregua delle risultanze del casellario giudiziale e dei carichi pendenti, mentre aveva reputato necessario accertare eventuali rapporti di convivenza tra il medesimo amministratore e il predetto L.S., per il tramite degli Organi di Polizia. In proposito, le Forze dell'Ordine avevano comunicato che, secondo gli atti in loro possesso, non risultavano documenti in grado di attestare l'attuale convivenza tra M.R., figlia dell'amministratore unico della I.C.E.M. s.r.l., e L.S., il quale, tratto in arresto per associazione a delinquere ed estorsione, risultava detenuto; e, inoltre, che la Direzione della Casa Circondariale ove lo stesso L.S. era ristretto, aveva comunicato che il predetto amministratore della società non aveva mai effettuato colloqui con il predetto L.S. Circa ognuno di questi punti, la società ricorrente ha svolto le seguenti deduzioni difensive: quanto alla circostanza che una sorella dell'amministratore della I.C.E.M. avesse sposato N.C., ritenuto vicino al clan della camorra, che dal medesimo prendeva il nome, deceduto da oltre venti anni, la ricorrente ritiene che sia del tutto inconferente ai fini della prevenzione antimafia, oltre ad essere in contrasto con i principi costituzionali. Quanto a M.G., marito dell'amministratore della società, la ricorrente specifica che è stato prosciolto nel 1987, per non aver commesso il fatto, su conforme richiesta del Pubblico Ministero, dall'accusa di associazione a delinquere, per aver partecipato ad un'associazione camorristica diretta da N.L Quanto al fidanzamento di M.R., figlia dei predetti, con L.S., si specifica che era cessato da anni e la stessa era prossima a sposarsi con il nuovo fidanzato, incensurato. In seguito, la difesa produceva anche certificato di matrimonio tra M.R. e M.A. Esito ricorso: accolto 61 Consiglio di Stato, Sezione IV, 05 giugno 2006, n. 5935 INFORMATIVA TIPICA La C.R. s.p.a. impugna la sentenza del Tar, con la quale è stato respinto il ricorso proposto dalla medesima società avverso i provvedimenti di revoca delle agevolazioni finanziarie concesse. A giudizio della ricorrente, l’unico motivo addotto per giustificare l’asserito tentativo di infiltrazione sarebbe la parentela esistente con il pregiudicato L.I., mai amministratore o socio della C.R. Ed anche il successivo documento della D.I.A., concernente l’ex amministratore F.I., sarebbe del tutto privo di elementi che provino o abbiano dato riscontro agli indizi circa il preteso condizionamento mafioso nei confronti dell’appellante. Il tentativo difensionale delle risultanze della informativa D.I.A. non trova utile esito. Dalla prima di esse risulta che I.L., figlio di F., presidente del Consiglio di amministrazione della C.R. s.p.a., tratto in arresto in esecuzione di ordinanza applicativa di misure cautelari, è risultato contiguo al clan camorristico capeggiato dal noto F.M., in quanto, in qualità di amministratore della I. s.r.l., in Le informative tipiche ed atipiche: che cosa sono? Le risposte della giurisprudenza __________________________________________________________________________________________ concorso con esponenti del predetto clan, acquisiva, fittiziamente, la titolarità di un terreno di 7000 mq circa, peraltro attiguo alla C.R. s.p.a. Proprietario di tale terreno era, secondo l’informativa, F.M., e la titolarità dello I. era finalizzata ad eludere la normativa antimafia in materia di misure di prevenzione patrimoniali. In tale contesto, la conferma della vicinanza della famiglia I. al clan F. è data, altresì, dagli elementi acquisiti nell’ambito dell’attività finalizzata ad individuare beni immobili di proprietà del capo clan F.M., intestati fittiziamente a terze persone compiacenti. Dalla seconda informativa (in disparte, il riferimento ai precedenti penali a carico di F., al diniego della licenza di fucile per uso caccia, alla revoca della licenza di porto d’armi e ad altri elementi che, pur nella loro oggettiva gravità, assumono consistenza all’evidenza minore ai fini per cui è causa) risulta che I.D., nuovo Presidente del Consiglio di amministrazione della C.R., è stato interessato alla società I.P.A., unitamente al fratello F., già presidente della C.R., attualmente di proprietà dei fratelli I. e di N.E., già interessato, insieme al boss F.M., alla E.S.G., in evidente intreccio di interessi patrimoniali e imprenditoriali. Risulta inoltre che alcuni dei personaggi organici dell’organizzazione criminale, capeggiata dal boss F.M., hanno trovato lavoro presso la società dei fratelli I., come risultante anche da precedenti informazioni antimafia sulla società E.F. s.r.l. dei fratelli I., secondo cui si è acclarato che, presso alcune ditte di proprietà degli I., trovano occupazione o hanno trovato lavoro pregiudicati sospettati appartenere al clan camorristico della nuova famiglia, facente capo al noto latitante M.F. La detta informativa riferisce, ancora, sulla base delle dichiarazioni di un collaboratore di giustizia, che il boss M.F. controllava tutte le amministrazioni locali della sua zona e che, dopo l’uccisione, da parte dei C., del sindaco G.F., impedì la rielezione del nuovo sindaco fino a quando non individuò un altro candidato a lui gradito. Riferisce, altresì, che, dopo l’omicidio del detto sindaco, si procedette alla nomina, prima, di tale P. e, poi, di tale N., che rinunciarono alla carica dopo pochissimi giorni, e che il primo sindaco, che rimase in carica stabilmente per quasi due anni, fu I.F. che, sempre secondo le dichiarazioni del collaboratore di giustizia, doveva essere persona gradita al F. Esito ricorso: respinto 62 Tar Lazio, Roma, Sezione II, 20 aprile 2006, n. 2876 INFORMATIVA ATIPICA È stato accertato che tre dipendenti della società, impegnati nel cantiere di San Giorgio a Cremano, sarebbero legati da rapporti di parentela con esponenti di un clan, pur essendo stati assunti non per sua volontà, ma per assorbimento a seguito del subingresso alla società P.A., già titolare del servizio di cui trattasi. Specifica la ricorrente che detti lavoratori non sono titolari di alcuna attività organizzativa nell’azienda, che ha un organico di trecento dipendenti, e non sono, quindi, idonei a generare alcun pericolo di infiltrazione mafiosa. Ciò anche perché trattasi di mero rapporto di parentela o di generico riferimento di appartenenza ad un clan, in assenza di riscontri oggettivi, anche di sola rilevanza indiziaria. Aggiungasi che i tre dipendenti in questione, la cui assunzione risale al 2001, prima della acquisizione del servizio di N.U. del Comune di Pompei da parte della ricorrente, hanno sempre lavorato in un cantiere a San Giorgio a Cremano, senza che si siano verificati problemi. Esito ricorso: respinto 63 Tar Campania, Napoli, Sezione I, 14 marzo 2006, n. 2949 INFORMATIVA TIPICA L’informativa è stata emessa sulla base non solo della circostanza che, con proprio decreto, lo stesso Prefetto di Caserta aveva già adottato nei confronti della società D.F.F., di D.D.V., socio accomandatario, di G.D’A., direttore tecnico, e di E.D’A. informativa interdittiva ex art.4 del d.lgs. n.490/1994, ma anche su altre circostanze, in particolare, quella attinta dalla relazione della Regione Carabinieri Campania, Comando Provinciale di Caserta, Reparto Operativo, secondo cui D’A.G. risulta legato da vincoli di amicizia con D.G.C., già capo della N.C.O. in Aversa e zone limitrofe, transitato poi nella organizzazione criminale dei C., pluripregiudicato per omicidio, associazione per delinquere di tipo mafioso, estorsione, rapina ed altro, attualmente ristretto e collaboratore di giustizia. Sempre dalla stessa relazione si ricava, altresì, che lo stesso D’A.G. nel 2000, in sede di verifica antimafia, risultava collegato ad esponenti dell’organizzazione terroristica 29 IGI – Istituto Grandi Infrastrutture __________________________________________________________________________________________ dei C., nonché socio accomandante della società D.F. F. di D’A.V.C. e che quest’ultimo, insieme al figlio E., il 13 settembre 1989 furono denunciati dal Commissariato di PS di Aversa per favoreggiamento personale nei confronti di quattro pluripregiudicati, elementi di spicco del clan dei C. e che, con il medesimo atto, furono denunciati per associazione di tipo mafioso, tentato omicidio, tentata estorsione ed altro. Quanto all’amicizia richiamata nella prima parte della riferita relazione, osserva il Collegio che trattasi di sentimento che, in generale, non si esaurisce in un contatto isolato, episodico o occasionale, ma implica un’apprezzabile frequentazione e una qualche affinità tra i soggetti amici. A ciò deve aggiungersi che, in concreto, si carica di un particolare significato negativo, ove appena si consideri che si tratta di un’amicizia che il ricorrente, già colpito da precedente informativa interdittiva e, quindi, presumibilmente consapevole della relativa portata, continua a coltivare con un pregiudicato di non trascurabile caratura. Esito ricorso: respinto criminoso, denominato P.R., in qualità di fiancheggiatore. Trattasi di rapporto sostanziatosi nell’avere il S. contratto matrimonio con la figlia di T., pregiudicato qualificato fiancheggiatore di un clan camorristico. La formula, estremamente stringata, fa discendere automaticamente dal rapporto matrimoniale e dalla dinamica sentimentale, che allo stesso rapporto è sotteso, la conseguenza della compromissione in qualche misura del genero con la posizione del suocero. Non risultano, per la parte di competenza, tentativi di infiltrazione mafiosa mirati a condizionare le scelte e gli indirizzi della società e delle persone di cui al foglio in riferimento. Allo stato non sussistono elementi tali da far ritenere che T.A. abbia cointeressi nella gestione dell’impresa. Esito ricorso: accolto 65 Tar Campania, Napoli, Sezione I, 02 marzo 2006, n. 2533 INFORMATIVA TIPICA 64 Tar Campania, Napoli, Sezione I, 14 marzo 2006, n. 2947 INFORMATIVA ATIPICA L’informativa posta è stata espressa sulla base della circostanza, per cui S.M., direttore tecnico della ditta ricorrente, è genero di T.A., pregiudicato, inquadrato nel sodalizio 30 Risulta dalla documentazione della Prefettura di Napoli che: 1) la società ricorrente, fino all’8 settembre 2000, denominata E. con sede in Caserta, era già stata colpita da informativa prefettizia tipica del 12 aprile 2000 del Prefetto di Caserta, in relazione agli stretti collegamenti che i suoi amministratori avevano avuto con la criminalità organizzata e che, successivamente cancellata dal registro delle imprese di Caserta, aveva mutato denominazione in E.C. con sede in Napoli e con amministratore unico, I.S., detentore del 70% delle quote sociali. 2) G.A., già amministratore unico della società E., è nipote di S.V., S.R. e S.G.: il primo imprenditore edile, pregiudicato affiliato al clan camorristico B., operante in Marcianise e comuni limitrofi, con numerosi precedenti penali a carico; il secondo, imprenditore edile con pregiudizi penali per reati ecologici ed omessa custodia di armi, nonché fiancheggiatore del clan B.; il terzo, pregiudicato, affiliato alla N.C.O.. deceduto a colpi di arma da fuoco il 9 settembre 1990, e fedele servitore del boss C.P. La società E., nonostante il mutamento formale della denominazione e della sede, continuava ad essere nella disponibilità degli stessi soggetti, nei cui confronti il Prefetto di Caserta aveva emesso l’informativa interdittiva. Alla stregua delle circostanze riferite, non sembra seriamente contestabile che il mutamento di denominazione si è tradotto in un capzioso espediente elusivo della normativa antimafia, ispirato dall’intento di creare un organismo sociale formalmente nuovo, ma solo nell’apparenza, al quale non fossero propagabili gli effetti della misura interdittiva precedentemente adottata dal Prefetto di Caserta. I rapporti di parentela, puntualmente indicati nella citata relazione, e la mancanza di qualsivoglia elemento di dissociazione e, comunque, di estraniazione della ricorrente società dalle consorterie camorristiche fa ritenere ragionevole l’illazione che i collegamenti mafiosi precedentemente riscontrati nella ex società E. si siano ripetuti e Le informative tipiche ed atipiche: che cosa sono? Le risposte della giurisprudenza __________________________________________________________________________________________ protratti anche in capo alla società E. Esito ricorso: respinto (cfr. Consiglio di Stato, Sezione VI, 02 maggio 2007, n. 1916) 66 Tar Campania, Napoli, Sezione I, n. 1791/2006 INFORMATIVA ATIPICA L’informativa prefettizia è stata emessa sulla base delle seguenti circostanze: 1) l’intero capitale della società E. è detenuto dai due soci fratelli F.L. e N., fatti entrambi, in passato, oggetto di accertamenti ex artt.1 e 1-bis del d.l. n. 268/82, disposti dall’Ufficio Territoriale di Governo di Caserta, al termine dei quali è emerso che per la E. hanno svolto attività lavorativa persone considerate vicine ad ambienti ricollegabili ad organizzazioni mafiose; 2) F.L., accusato di associazione a delinquere di tipo mafiosa, è stato assolto perché il fatto non sussiste; 3) sua moglie S.N. è cugina di secondo grado di F.S. noto capo del clan dei C.; 4) entrambi i fratelli sono stati denunciati per detenzione abusiva di 49 cartucce per pistola calibro 9 e assolti e per truffa; 5) B.P., Presidente del Sindacale e Sindaco della società, era stato per reati contro la Amministrazione. Collegio effettivo arrestato Pubblica A tali elementi già significativi, va aggiunto poi un’ulteriore circostanza, evidenziata in una successiva nota del Prefetto di Napoli, con cui si comunicava al Comune di Marano, che sono stati segnati collegamenti tra F.N. e D.R., già condannato con sentenza definitiva per il reato di associazione mafiosa ex art. 416bis c.p., e con altra sentenza per il reato di estorsione. Non sembra seriamente contestabile che gli elementi riferiti integrano un quadro dai contorni non del tutto limpidi, e che lascia già intravedere qualche ombra sulla posizione dei due fratelli F., entrambi soci della società ricorrente: ombra che assume consistenza di ragionevole sospetto quando, poi, si consideri l’intero contesto familiare dei due fratelli, caratterizzato dalla presenza in esso di un genitore con precedenti penali, e della moglie di uno dei due, legata da rapporto di parentela con un capoclan, certamente sintomatico di un ambiente sullo sfondo del quale si vedono proiezioni di indubbia matrice criminale. La densità camorristica, poi, della zona in cui i due fratelli F. svolgono la loro attività commerciale, il settore in cui essi operano, connotato da una forte presenza di operatori con radici legate a consorterie malavitose, il radicamento nella stessa zona di uno dei clan camorristici più agguerriti e irriducibili della zona, con militanza risalente a vari decenni e tuttora imperante, la denuncia subita dai due fratelli, in concorso, per truffa e detenzione abusiva di cartucce per pistola calibro 9, la loro contiguità nella gestione dell’impresa e nello svolgimento della propria attività lavorativa, con collaboratori sospettati di collegamento con organizzazioni mafiose, la frequentazione da parte di uno dei fratelli con soggetti pregiudicati, sono circostanze che fanno ragionevolmente presumere che la società ricorrente non era estranea a collegamenti con organizzazione mafiosa. Esito ricorso: improcedibile 67 Tar Sicilia, Palermo, Sezione III, 13 gennaio 2006, n. 38 INFORMATIVA ATIPICA Dall’esame degli atti prodotti dall’Avvocatura dello Stato risulta che il Sig. R.E.C., amministratore unico della I.T.C. s.r.l., con sentenza del Tribunale di Caltagirone, è stato condannato alla pena di anni uno e mesi tre di reclusione, ed euro trecento di multa, per il reato di turbata libertà degli incanti. In atti è pure presente il dispositivo della sentenza della Corte d’Appello di Catania, con la quale il reato ascritto al Sig. R.E.C. è stato dichiarato estinto per prescrizione. Dall’epigrafe di tale sentenza risulta che al Sig. R.E.C. era stato contestato il reato di cui all’art. 353 c.p., in concorso con altri, non aggravato, ai sensi dell’art. 7 del d.l. 13 maggio 1991, n. 152 (convertito dalla l. 12 luglio 1991, n. 203), dalla finalità di agevolazione di associazioni per delinquere di stampo mafioso, ovvero dall’essersi il reo avvalso delle condizioni previste dall’art. 416-bis c.p. Inoltre, sempre dalla stessa sentenza si evince che il reato associativo contestato ad alcuni coimputati è quello previsto dall’art. 416 c.p. (vale a dire l’associazione per delinquere di tipo c.d. semplice), e non quello di cui al già richiamato art. 416bis c.p. stesso (l’associazione per delinquere di stampo mafioso). L’elemento che può allora trarsi da tale sentenza è che il Sig. R.E.C. è risultato soggetto capace di commettere reati contro la 31 IGI – Istituto Grandi Infrastrutture __________________________________________________________________________________________ Pubblica Amministrazione, in concorso con altri soggetti gravitanti in un contesto criminoso non sporadico ed isolato, ma organizzato in forma associativa. Quanto all’altra impresa costituente l’ATI ricorrente, la M.A. s.r.l., da una nota della Questura di Catania risulta che il Sig. G.C., legale rappresentante, è stato attinto da ordinanza di custodia cautelare in carcere per il reato di turbata libertà degli incanti continuato (art. 81 c.p.) e in concorso (art. 110 c.p.), aggravato ai sensi del già citato art. 7 del d.l. n. 152 del 1991. Il relativo procedimento è stato archiviato, come pure era stato archiviato un altro procedimento a suo carico per il medesimo reato, con provvedimento del G.I.P. presso il Tribunale di Caltagirone. Nella nota della Questura di Catania, inoltre, viene richiamata la motivazione di un provvedimento del G.I.P. presso il Tribunale di Catania, la quale argomenta l’esistenza, accanto al sodalizio criminoso, di una centrale committente nel controllo mafioso delle commesse pubbliche, facente capo al Sig. G.C., legale rappresentante della M.A. s.r.l. Esito ricorso: respinto 68 Tar Campania, Napoli, Sezione I, 30 dicembre 2005, n. 20720 associazione mafiosa, costituita al fine di commettere varie tipologie di reati, quali estorsioni, furti, omicidi, traffico di sostanze stupefacenti e di armi, controllo illecito sugli appalti , sul consenso elettorale nella zona di Somigliano d’Arco. Il processo, alla data del 29 novembre 2004, risultava essere ancora pendente presso il Tribunale di Nola. L’informativa proseguiva indicando che C.A., amministratore unico della S. nel 1991 era stato amministratore della società C. insieme a S.G., mentre il direttore tecnico della società, tale P.G., era il nipote di quest’ultimo. Inoltre, tra le società partecipate della S. figurava la M.L., società consortile a responsabilità limitata, il cui amministratore unico, S.G., era anche amministratore della società S. s.r.l., impresa nei confronti della quale i Carabinieri di Castello di Cisterna avevano fornito elementi di interesse. L’Ufficio Territoriale di Governo informava, altresì, dell’esistenza di una pregressa controversia con la S. s.r.l., in merito ad una precedente informativa antimafia sfavorevole, allegando i relativi rapporti e rappresentando che il contenzioso conseguitone si era concluso con la sentenza n. 17910/2004 di questa Sezione di rigetto del ricorso proposto dalla società odierna ricorrente. Esito ricorso: respinto INFORMATIVA ATIPICA Nella nota si rappresentava che S.G., coniugato con P.A., in data 4 luglio 1994 era stato tratto in arresto dai Carabinieri di Cisterna, in esecuzione di un’ordinanza di custodia cautelare del GIP di Napoli per il delitto di 32 69 Tar Campania, Napoli, Sezione I, 29 dicembre 2005, n. 20681 INFORMATIVA TIPICA Il Gruppo Interforze ha ritenuto che la presenza sui cantieri dell'autostrada A/3 delle ditte S. s.r.l. e I.G. s.c.a.r.l. possa costituire una possibile ipotesi di ricorribilità di indebita ingerenza della criminalità organizzata negli appalti in parola, in considerazione degli strettissimi rapporti di parentela, intercorrenti tra i rappresentanti legali e/o sindacali delle suddette ditte con quelli dell'I. s.c.a.r.l., V.C. e G., destinatari, nel passato, di provvedimenti di custodia cautelare in carcere, per il reato associativo di cui all'art. 416-bis c.p., e che tutte e tre le ditte, unitamente ad altra società, L.B., devono ritenersi riconducibili ai soprarichiamati fratelli V., ritenuti contigui alla criminalità organizzata. Con riferimento a questi ultimi, il Coordinatore del Gruppo Interforze ha altresì riportato che, in occasione di un appalto del 1998 per la realizzazione della rete idrica del Comune di Boscoreale, sarebbe stato evidenziata l'illegittimità dell'affidamento dei lavori alla ditta L.B., impresa legata all'organizzazione di tipo mafioso del capoclan C.A., appartenente ai fratelli C. e G.V., che, all'epoca dei fatti, intesero aggirare fraudolentemente la legge antimafia, pur di partecipare con la propria società alla gara, variandone la rappresentanza legale e la direzione tecnica, e presentando documentazione inerente ai soli subentranti, e non anche ai dimissionari, all'epoca sottoposti a procedimento penale per il reato di cui all'art. 416-bis c.p. Sotto altro versante, il Gruppo Interforze ha ritenuto che non possono non essere considerati incidenti anche gli ulteriori elementi cognitivi, desumibili dalla lettura della missiva dei Carabinieri, nella parte in cui vengono evidenziati gli esiti di Le informative tipiche ed atipiche: che cosa sono? Le risposte della giurisprudenza __________________________________________________________________________________________ taluni controlli eseguiti sul territorio da parte delle Forze dell'Ordine, che hanno messo in luce frequentazioni intercorrenti tra V.G., indicato quale direttore tecnico dell'I.G. s.c.a.r.l. e pregiudicati appartenenti al clan V. Veniva, difatti, segnalato che V.G. era stato controllato: 1) unitamente a C.E., pregiudicato per furto e reati inerenti agli stupefacenti, nonché ritenuto vicino al clan camorristico V.; 2) unitamente a V.I., pregiudicato per furto aggravato e inosservanza dei provvedimenti dell'autorità, figlio di A.V. (deceduto), capo dell'omonimo sodalizio; 3) unitamente a C.P., pregiudicato per produzione e traffico illecito di sostanze stupefacenti, e rapina; C.C., pregiudicato per produzione e traffico illecito di sostanze stupefacenti; C.G., pregiudicato per ricettazione; I componenti del Gruppo Interforze fanno evidenziare, tra l'altro, che, anche se, sul piano penale, i fratelli C. e G.V. sono stati destinatari della sentenza di assoluzione per non aver commesso il fatto, pur tuttavia, non può non ritenersi incidente, sul piano amministrativo cautelare della prevenzione, la circostanza che il collegamento ritenuto sussistente, al tempo dell'emissione dell'ordinanza di custodia cautelare in carcere, tra gli stessi e la criminalità organizzata, nell'attualità, è stato riscontrato nuovamente dalle Forze dell’Ordine, sia pur con riferimento ad un prossimo congiunto degli stessi V. con altri pregiudicati, ritenuti vicini al clan camorristico V. Esito ricorso: respinto 70 Tar Lazio, Roma, Sezione II ter, 9 novembre 2005, n. 10892 INFORMATIVA TIPICA Tra le varie circostanze di fatto considerate, sono state ritenute particolarmente significative quelle poste a fondamento dell’ordinanza di applicazione di misura interdittiva ad esercitare imprese nel settore del trattamento di rifiuti, emessa dal Tribunale di Napoli - Sezione del Giudice per le Indagini Preliminari - nei confronti del ricorrente, indagato di concorso in abuso di ufficio (artt. 81 cpv., 110 e 323 c.p.), in quanto non si è trattato di azioni isolate, inquadrandosi in un più vasto disegno di consolidamento della posizione monopolistica nel settore del trattamento dei rifiuti del ricorrente B., consolidata anche attraverso gli abnormi collegamenti con il personale degli organi di controllo. Dagli atti si evince anche che è stato attribuito valore emblematico all’episodio, che ha dato luogo all’incriminazione: un funzionario dell’amministrazione provinciale, incaricato dell’istruttoria per il rilascio di una società concorrente a quella oggi ricorrente, riferiva di essere stato minacciato di morte e colpito a calci e pugni, per convincerlo a ritardare o condizionare il definitivo rilascio alla ditta P.C. delle prescritte autorizzazioni all’esercizio dell’attività di depurazione di rifiuti liquidi, e nell’omettere di dare ulteriore corso alla pratica (la copia della delibera in favore di P. è stata rinvenuta presso gli impianti di B.) Per tale episodio, il ricorrente era stato imputato per concorso nel reato, quale mandante ed istigatore, in quanto presunto beneficiario dell’attività di smaltimento dei rifiuti liquidi, che la predetta ditta non avrebbe potuto continuare a svolgere per effetto del ritiro dell’autorizzazione in parola. Detto episodio è stato interpretato alla luce di altre circostanze di fatto che sono state ritenute, nel loro collegamento, sintomatiche della permeabilità della ditta ricorrente ad infiltrazioni mafiose, anche in considerazione della dichiarazione di un collaboratore di giustizia, il quale avrebbe indicato lo stesso ricorrente come compartecipe del sistema di illecita gestione degli impianti di smaltimento dei rifiuti in Campania. La stessa autorità ha, inoltre, ritenuto che l’ipotesi prospettata potesse essere validata mediante un elemento ulteriore di conferma, ravvisato nelle documentate cointeressenze societarie con I.V. Detti elementi di giudizio sono stati considerati, anche alla luce dei gravi addebiti ambientali, per i quali il Sig. B.P. è stato denunciato: 1) scarico indiretto delle acque reflue del laboratorio chimico ubicato nello stabile e realizzazione di 13 vasche a tenuta stagna senza alcuna concessione edilizia; 2) informativa di polizia per violazione della l. n. 152/1999 sulla tutela della acque; 3) mancanza di autorizzazione allo stoccaggio e trattamento di rifiuti speciali non classificati nocivi, 4) informativa di polizia per violazione della l. n. 615/1996 sulla tutela dell’ambiente. Del pari compromessa, sotto il profilo del rispetto dell’ambiente, 33 IGI – Istituto Grandi Infrastrutture __________________________________________________________________________________________ appare la posizione dell’altro titolare dell’impresa, Sig. B.S., a carico del quale risultano i seguenti addebiti. 1) segnalato alla Procura Circondariale di Napoli per attivazione di pozzi privi di contatori per l’acqua prelevata presso la discarica, sita in località Scafarea, nel Comune di Giugliano in Campania; 2) informativa di polizia per concessione di subappalto senza autorizzazione; 3) controllato dai Carabinieri in Figline Valdarno (Fi) insieme a A.P., gravato da informativa di polizia per riciclaggio e associazione per delinquere. Per quanto concerne, invece, B.A., lo stesso risulta essere stato denunciato per immissione abusiva di materiali da rifiuto ed altre sostanze nocive alla salute pubblica in un deposito non autorizzato. Scarso rispetto delle norme poste a salvaguardia di quell’ambiente, che la società ricorrente dovrebbe contribuire a tutelare mediante lo svolgimento dell’appaltato servizio, mostrano anche diversi suoi dipendenti. Tra i 175 dipendenti dell’impresa ricorrente, infatti, 114 persone non hanno alcuna pendenza penale, mentre quasi un terzo dei lavoratori è stato denunciato o condannato per reati che vanno dal furto alle lesioni personali, dal falso all’abusiva detenzione di armi, nonché per reati connessi alla tutela delle acque e dell’ambiente. Frequente la ricorrenza a carico di dipendenti di denunce, o condanne, per reati tipici dell’ambiente della criminalità organizzata, quali contrabbando, traffico di stupefacenti, ricettazione, rapina, estorsione, 34 lesioni personali, minacce, danneggiamento (incendio di auto di carabiniere), violenza e lesioni a pubblico ufficiale, spesso in concorso tra loro. In particolare, a carico dell’omonimo del ricorrente risulta: 1) deferimento in stato di irreperibilità per rapina, violazione di domicilio e lesioni dolose; 2) deferimento in stato di arresto per rapina impropria, resistenza e lesioni a pubblico ufficiale; 3) scarcerazione da reati contro la Pubblica Amministrazione, rapina impropria e lesioni personali volontarie; 4) informativa di polizia per porto abusivo di armi (art. 699 c.p.). Altrettanto frequente la presenza di dipendenti indagati per associazione a delinquere di stampo mafioso e frequentatori del medesimo ambiente. Tra queste circostanze emblematiche, è stato attribuito particolare rilievo anche alla formazione di “fondi occulti”, rilevata dal Gruppo Interforze, il quale riferisce che, nei confronti della società ricorrente, veniva acclarato un illecito fiscale, che consentiva di contestare l’omessa fatturazione di prestazioni di servizio per un ingente valore, relativamente agli anni 19941995. Il giudizio di pericolosità formulato si fonda, inoltre, su numerosi atti di polizia giudiziaria e notizie confidenziali, a dimostrazione che i suddetti, e le ditte a loro facenti capo, gravitano nell’orbita del clan A., nonché sulla compromessa posizione dei suoi organi di controllo: in particolare, A.D., sindaco della società ricorrente, ritenuto presente in varie società del clan N. e, al tempo stesso, incensurato e privo di procedimenti penali a carico. Sotto diverso profilo, la ricorrente denuncia l’errore in cui l’amministrazione sarebbe incorsa nella valutazione dei presupposti di fatto, in quanto non avrebbe tenuto conto delle circostanze in cui la società opera, ed avrebbe ignorato il fatto che, in danno della stessa ricorrente, sono state poste in essere azioni delittuose, nonché che la società è stata oggetto di misure di vigilanza, che ha presentato 20 denunce per tentativi di condizionamento e che uno dei soci è soggetto a programma di protezione. Ma da ciò nulla è possibile evincere in merito alle cause di tale minaccia, potendosi ben trattare di episodi riconducibili ad una guerra tra clan. Né valenza conclusiva può essere imputata alla circostanza che il ricorrente benefici di un programma di protezione, atteso che dalla fruizione di tale programma nulla se ne può inferire in merito alle ragioni (magari in virtù di una collaborazione come pentito), per cui lo stesso è stato concesso. Nella relazione del Gruppo Interforze è stato riportato, nell’elenco dei procedimenti a carico dei titolari della ditta ricorrente, che la Direzione Distrettuale Antimafia aveva emesso informazione di garanzia a carico dei ricorrenti per il reato di cui all’art. 416-bis c.p. Tuttavia, accanto alla premenzionata circostanza, veniva altresì annotata l’archiviazione dell’indagine per associazione di stampo camorristico. Del pari legittimamente sono state ritenute irrilevanti le vicende Le informative tipiche ed atipiche: che cosa sono? Le risposte della giurisprudenza __________________________________________________________________________________________ personali e processuali dei fratelli I., ritenuti dagli investigatori anelli di congiunzione tra i fratelli B. e la criminalità organizzata, atteso che la contiguità tra questi rappresenta solo una parte degli elementi considerati dalla Commissione Interforze, e non quella decisiva, in quanto detta contiguità era considerata solo in funzione di ulteriore conferma dell’ipotizzato scenario di infiltrazione. Stesse considerazioni possono farsi anche per quanto concerne i rapporti dei ricorrenti con la famiglia I.O., atteso il ruolo, del tutto marginale, di tale elemento di giudizio nelle valutazioni del Gruppo Antimafia, in cui detto rapporto appare solo considerato come uno dei tanti elementi ultronei, che depongono nel senso della contiguità dei fratelli B. con gli ambienti camorristici. Infine, per quanto concerne i rapporti commerciali con alcuni clienti e fornitori, il Collegio ritiene che detti rilievi intendono piuttosto riferirsi alla rilevanza, in termini qualitativi, di tali cointeressenze, cioè sotto l’aspetto del valore emblematico dei rapporti intrattenuti con clienti e fornitori implicati in indagini o imputati per associazione mafiosa, riciclaggio, ricettazione ed altri reati alquanto significativi, anche sotto il profilo dei metodi utilizzati (illecita concorrenza con minaccia di violenza), come è addebitato a ben individuati clienti e fornitori della ditta ricorrente. La circostanza invocata risulta ininfluente, atteso che quanto dedotto non esclude che lo stesso sia stato gravato da informativa di polizia per associazione a delinquere, che rappresenta, appunto, il fattore considerato dall’Autorità inquirente come significativo. L’incensuratezza dei ricorrenti, la circostanza che essi non siano mai stati raggiunti da un ordine di custodia cautelare in carcere e che alcuni procedimenti penali a loro carico si siano conclusi con richieste di archiviazione, presentate dal Pubblico Ministero, oltrechè la favorevole conclusione di alcuni processi pendenti, non possono essere prese in considerazione, in quanto sono intervenute in un periodo di tempo successivo rispetto all’emanazione del provvedimento impugnato, la cui validità, com’è noto, non deve essere valutata alla stregua delle circostanze di fatto rappresentate e considerate dall’Amministrazione nel momento della sua adozione e, comunque, esse non rappresentano elementi sufficienti, di per sé, ad invalidare la valutazione prefettizia, alla luce dell’ormai consolidata giurisprudenza in materia, 2) attività svolta dopo il 1999 dallo stesso T., attraverso la creazione di E. s.r.l., finalizzata a scavalcare il referente unico nazionale del Consorzio appellante, anche attraverso atti intimidatori consumati contro dirigenti e dipendenti del consorzio; Esito ricorso: respinto (cfr. Consiglio di Stato, Sezione V, 27 giugno 2006, n. 4135) 1) il T. non ha mai ricoperto la carica di Presidente del Consorzio ed ha comunque cessato ogni rapporto con lo stesso fin dal febbraio del 2000, e non del 2002, come indicato dal Tar; 71 Consiglio di Stato, Sezione VI, 26 ottobre 2005, n. 5981 INFORMATIVA TIPICA Nel caso di specie, approfondisce ulteriormente il Consiglio di Stato che l'informativa impugnata è fondata sui seguenti elementi: 1) ruolo svolto all'interno del Consorzio fino al 2000 da G.T., già sottoposto alla sorveglianza speciale di pubblica sicurezza e con diversi precedenti penali, arrestato nel gennaio 2002 nell'ambito dell'operazione “M.” e in contatto con numerosi esponenti della S.; 3) ruolo svolto dal 2000 da S.F., inquadrato come impiegato tecnico nella struttura consortile ma, in realtà, vero e proprio dirigente, che di fatto partecipava alle più importanti riunioni e decisioni del Consorzio; 4) precedenti penali e segnalazioni a carico dello S. e rapporti, anche di parentela, con esponenti di clan mafiosi. Il Consorzio appellante contesta la valutazione di tali elementi, effettuata dall'amministrazione e confermata dal Tar, rilevando che: 2) ogni vicenda legata al T. non è, quindi, più ricollegabile all'attività del Consorzio, tenuto anche conto che pende un contenzioso tra questo e il T., che è stato anche denunciato dal Consorzio; 3) in ogni caso il Consorzio è stato soggetto passivo, e non autore, di atti intimidatori e non si può ritenere soggetto a rischio di infiltrazione mafiosa chiunque subisce intimidazioni o addirittura reagisce alle stesse; 4) S.F. non è mai stato dirigente del Consorzio, né ha avuto poteri decisionali; 5) la partecipazione dello S. ad una riunione non assume alcuna rilevanza ai fini dell'erroneo ruolo 35 IGI – Istituto Grandi Infrastrutture __________________________________________________________________________________________ attribuito al dipendente dagli Organi di Polizia; 6) il dipendente è stato comunque, dapprima, sospeso dal servizio e, poi, allontanato definitivamente con risoluzione del rapporto di lavoro. Esito ricorso: accolto 72 Tar Sicilia, Palermo, Sezione I, 06 luglio 2005, n. 1148 INFORMATIVA ATIPICA Le notizie indicate nella nota concernono elementi desumibili da un'ordinanza di custodia cautelare, adottata dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Palermo, in relazione ad un'indagine in cui è anche coinvolto P.A., coniuge di Z.M., amministratore unico della ricorrente Z.M. & Co. s.n.c., ritenuto il gestore di fatto della società e coinvolto in illeciti relativi al sistema di aggiudicazione degli appalti. cautelare del giudice penale è stato annullato con ordinanza del Tribunale del Riesame del 19 luglio 2004. Esito ricorso: accolto 74 Tar Lazio, Roma, Sezione III ter, 25 maggio 2005, n. 4134 INFORMATIVA TIPICA La B.L.E. s.r.l., così denominata a seguito del mutamento dell’assetto societario della Eredi F.lli B. s.r.l., ha impugnato la dichiarazione del prefetto di Napoli, con la quale si comunicava che nei confronti della società Eredi F.lli B. s.r.l. sussistono tentativi di infiltrazione da parte della criminalità organizzata tendenti a condizionare le scelte e gli indirizzi, del tutto conforme ad un precedente provvedimento interdittivo, salvo il riferimento alla sentenza n. 3219/2004 del Tar Campania, recettiva del ricorso proposto dalla società avverso quest’ultimo. Esito ricorso: respinto 73 Tar Lazio, Roma, Sezione II ter, 15 giugno 2005, n. 4925 INFORMATIVA TIPICA L’informativa antimafia interdittiva è ancorata al dato di fatto dell’avvenuta esecuzione di un provvedimento di sequestro preventivo, per il reato di cui all’art. 12-quinquies della l. .n. 356/1992 a carico della ricorrente. Essa è stata adottata dopo solo due giorni dall’esecuzione di detto sequestro, automaticamente, atteso che il provvedimento 36 offesa dal reato, in relazione ai fatti riportati dal menzionato pentito e che nessun atto di impulso processuale e/o indagine risulta a suo carico; La ricorrente, a sostegno dell’impugnativa, ha dedotto che: 1) il Prefetto ha fondato la nuova informativa su elementi di fatto risalenti nel tempo, omettendo di valutare ulteriori elementi sopravvenuti, quali le modifiche della compagine sociale, tanto che la relativa nota reca nell’intestazione la precedente denominazione della ditta, la dichiarazione di inattendibilità del pentito, sulle cui affermazioni si fondava il precedente giudizio di sussistenza di tentativi di infiltrazioni camorristiche, il fatto che il chiamato in causa Sig. A.B., peraltro non più socio, è stato ascoltato dal GIP presso il Tribunale di Napoli come persona 2) il riferimento alla sentenza del Tar Campania è inconferente, poiché l’accertamento in essa contenuto è circoscritto alla nota prefettizia 22 luglio 2003 ed ai fatti precedenti. 3) la discontinuità rispetto alla precedente compagine determina il superamento delle ragioni ostative a suo tempo individuate; 4) a partire dal 1996, i soci ed ex soci, amministratori ed ex amministratori della società sono stai sottoposti al vaglio dell’Autorità giudiziaria penale, che ha espresso valutazioni incompatibili con la possibilità di tentativi di infiltrazioni camorristiche, in sostanza riconoscendo l’inesistenza di collegamenti di qualsiasi natura con ambienti della criminalità organizzata. Nel quadro appena sopra delineato, è evidente che, nella fattispecie in esame, giustamente nell’impugnata informativa del 22 ottobre 2004 del Prefetto di Napoli, non si tiene conto di fatti e circostanze successivi all’aggiudicazione e, precisamente, delle modifiche della compagine sociale, in particolare dell’uscita dalla società del Sig. A.B., e dell’istanza di riesame della precedente informativa, avanzata dal Sig. L.B., così come altrettanto giustamente l’informativa stessa si riferisce all’impresa aggiudicataria Eredi F.lli B. s.r.l., e non alla società L.B.E. s.r.l., che le è succeduta per effetto della cessione di quote sociali, nonché del verbale della seduta dell’assemblea della società, con cui è stato deliberato di modificare la denominazione della medesima, con conseguente Le informative tipiche ed atipiche: che cosa sono? Le risposte della giurisprudenza __________________________________________________________________________________________ modificazione dello statuto, ed è stato sostituito l’amministratore unico. Circa i fatti e le circostanze che, invece, appaiono sopravvenuti, essi consistono nell’episodio concernenti il pentito, che ebbe a dichiarare di essere riuscito a far aggiudicare una gara in favore del Sig. A.B., suo amico e socio al 50%, e nel non essere il Sig. A.B. indagato per tali fatti. Anzi, egli stesso ha chiesto, ed ottenuto, di essere ascoltato dall’autorità procedente in qualità di persona informata sui fatti medesimi. Questa vicenda ed un successivo episodio di intimidazione comprova la sussistenza di tentativi di infiltrazioni camorristiche nella società F.lli B. e dimostra che erano stati effettivamente posti in essere atti idonei a condizionare l’impresa e, dovendosi tener conto di tentativi, resta ovviamente irrilevante ai fini qui in esame che il Sig. A.B. possa o meno considerarsi complice dell’estorsore, tanto più che la denuncia degli episodi in questione non è avvenuta nell’imminenza dei fatti, bensì dopo l’emissione della più volte menzionata interdittiva prefettizia del 22 luglio 2003, con conseguente revoca dell’aggiudicazione del servizio di igiene ambientale disposta dal Comune di Mugnano di Napoli, entrambe oggetto della sentenza del Tar Campania, Napoli, Sezione I, 25 marzo 2004, n. 3219. Esito ricorso: respinto 75 Tar Campania, Napoli, Sezione I, 18 maggio 2005, n. 6504 INFORMATIVA TIPICA L'unico elemento di fatto da cui trarre qualche indizio è costituto dall'esistenza di un procedimento penale per il reato, di cui agli artt. 110 e 416-bis c.p., a carico di A.F., socio accomandatario e responsabile tecnico della società ricorrente, giudizio che si era concluso nel lontano 1992, con sentenza del G.U.P. di Napoli di non luogo a procedere nei confronti di quest'ultimo per non aver commesso il fatto, decisione passata in cosa giudicata. Né rilevanza avrebbe potuto avere la circostanza, secondo cui, il giorno dell'udienza, A.F. era stato notato presso il Tribunale insieme ad elementi di spicco del clan A., mentre attendevano proprio il capo C.A., atteso che la sua presenza in quel contesto era giustificata solo dall'esigenza di presenziare al processo. Esito ricorso: accolto 76 Tar Campania, Salerno, Sezione I, 11 maggio 2005, n. 793 INFORMATIVA TIPICA I competenti Organi di Polizia hanno riferito che, nei confronti dei componenti, a vario titolo, dell’organigramma della ditta non emergono motivi ostativi ai sensi della vigente normativa antimafia. Tuttavia, hanno posto in evidenza che il capitale sociale della I.C. s.p.a. risulta interamente detenuto da D.R.A. e dal coniuge V.M. Dette quote sono rientrate in possesso dei citati coniugi D.R., per effetto del provvedimento, con il quale la Corte di Appello di Salerno ha disposto la revoca della misura di prevenzione della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza, con obbligo di soggiorno, nei confronti di D.R.A., nonché la revoca della confisca di diversi beni mobili ed immobili nella disponibilità dei prefati, tra i quali figura la società in disamina. È stato comunicato, altresì, che il D.R.A. risulta rinviato a giudizio, ai sensi degli artt. 110, 416-bis, commi 1, 6 e 8, 112, n. 1, 81 cpv., 629, in relazione all’art. 628, comma 3, c.p. ed altro, unitamente ad esponenti apicali della criminalità organizzata di stampo camorristico e che il procedimento penale è attualmente in fase dibattimentale presso il Tribunale di Salerno. Esito ricorso: respinto (anche dal Consiglio di Stato, Sezione VI, 5 giugno 2006, n. 2337) 77 Tar Campania, Napoli, Sezione I, 08 aprile 2005, n. 3577 INFORMATIVA TIPICA L’amministratore della ditta ricorrente, oltre che gravato da specifici pregiudizi penali per reati di violenza, risulta essere stato sottoposto, nell’anno 1997, alla misura della prevenzione dell’avviso orale. Risulta inserito, nel 1992, quale fiancheggiatore di un noto clan camorristico, per effetto dell’assunzione di pregiudicati e sottoposti a misure di sicurezza o prevenzione. A carico di suo figlio si evidenziano numerose frequentazioni con pregiudicati appartenenti allo stesso clan. In particolare, deve porsi l’accento sul dato dell’influenza e del condizionamento latente che il 37 IGI – Istituto Grandi Infrastrutture __________________________________________________________________________________________ citato clan ha esercitato sullo svolgimento di attività economiche formalmente lecite, in ragione sia dell’ingerenza nell’assunzione di lavoratori nella propria ditta, sia per la complessiva condotta propria e di stretti familiari. Esito ricorso: respinto (cfr. Consiglio di Stato, Sezione V, 12 giugno 2007, n. 3126) 78 Tar Campania, Napoli, Sezione I, 24 marzo 2005, n. 2478 INFORMATIVA TIPICA Gli elementi suffraganti una sospetta contiguità mafiosa della ditta G. sono da individuarsi essenzialmente nel rapporto intercorrente tra questa ed il fratello della titolare P.C., S. Dette circostanze, già inserite nella relazione al D.P.R. 5 febbraio 2002 relativo allo scioglimento del Consiglio comunale di Frattamaggiore per collegamenti con la criminalità organizzata, a proposito dell’affidamento irregolare alla ricorrente dell’appalto di pulizia dei locali comunali ed alla omissione dei necessari controlli, sono ribaditi nella nota della Questura di Napoli, ritenuta determinante dal G.I.A. ai fini delle conclusioni raggiunte. Nella predetta informativa si rappresenta che il C.S. è un noto pregiudicato affiliato al clan M.P. e che lo stesso cura gli interessi della G. e si adopera come sorvegliante degli operai. L’assunto di parte ricorrente si fondava sull’asserita insussistenza, ormai da lungo tempo, di qualsiasi forma di rapporto tra la C.S. e la sorella P., titolare della G. 38 Tale circostanza risulta, tuttavia, decisamente svalutata dalle dichiarazioni di C.G., convivente della C., in occasione di un esame reso innanzi all’Ufficio di Polizia Giudiziaria, durante il quale aveva dichiarato non solo di gestire personalmente la G., la cui titolare era la propria convivente C.P., ma che nella predetta impresa il C.S. svolge lavoro di servizio, quale consegna di materiale e corrispondenza, oltre che essere sorvegliante degli operai, aggiungendo che curava gli interessi della ditta in sua assenza. Tali elementi rendono, inoltre, poco verosimile che tra la titolare della ditta ed il fratello non sussista alcuna forma di rapporto personale, atteso che lo stretto collegamento sussistente tra quest’ultimo ed il convivente della prima, in relazione all’attività della G., lascia presupporre proprio l’opposto. Esito ricorso: respinto 79 Tar Campania, Napoli, Sezione I, 28 febbraio 2005, n. 1320 INFORMATIVA ATIPICA L’indicazione del coinvolgimento nel procedimento penale, di cui all’ordinanza cautelare relativa all’operazione denominata “K.2” avrebbe riguardato non già gli amministratori o i soci dell’impresa, quanto i genitori degli stessi, indiziati di essere elementi di spicco nel controllo delle attività commerciali da parte del clan camorristico A. Al momento dell’informativa, l’Amministrazione era in possesso di elementi idonei a comprovare che i rapporti di parentela, peraltro strettissimi, s’inserivano in un quadro di forte coinvolgimento mafioso relativamente ricorrente. alla società Né appare rilevante che l’informativa concerna una società diversa, poiché risulta evidente che la distinzione puramente formale ed, anzi, la moltiplicazione dei soggetti è essa stessa indice di contiguità mafiosa. In primo luogo, si evince l’esistenza di stretti collegamenti tra alcune società, tutte facenti capo al clan A., tra cui figura quello sussistente proprio tra la ricorrente e la B., coinvolta in vicende imprenditoriali di natura malavitosa. Ancora rilevante è il rapporto esistente tra la I.G. s.r.l. e la società ricorrente, che ha ceduto alla prima il ramo di azienda del settore appalti, ed in entrambe le compagini figura P.V., giovanissimo figlio di uno dei due fratelli V., colpiti dall’ordinanza di custodia cautelare citata nell’informativa oggetto di gravame. Tali elementi, unitamente alla grave situazione di coinvolgimento dei germani V. in vicende di natura mafiosa, confermano la sussistenza di tentativi di infiltrazione mafiosa nella società ricorrente, che hanno, a giusta ragione, indotto il Prefetto di Napoli ad adottare l’informativa oggetto del giudizio. Esito ricorso: respinto 80 Tar Lazio, Roma, Sezione I ter, 1 febbraio 2005, n. 854 INFORMATIVA TIPICA Gli elementi di fatto presi in considerazione dall’autorità prefettizia hanno riguardato, in Le informative tipiche ed atipiche: che cosa sono? Le risposte della giurisprudenza __________________________________________________________________________________________ primo luogo, quanto riferito dalle Autorità di Polizia con riferimento al Sig. G.T., indicato come Presidente del Consorzio per tutto il periodo fra il 1983 ed il 1998, a carico del quale vengono riferiti diversi precedenti penali per il reato di associazione di stampo mafioso, per i quali è stato tratto in arresto e, poi, assolto, nonché l’adozione della misura della sorveglianza speciale, successivamente revocata con pronuncia della Corte di Appello di Caltanissetta. Secondo i medesimi accertamenti, il T. si sarebbe reso responsabile di atti intimidatori nei confronti di dirigenti attuali e di dipendenti del Consorzio, nel tentativo di pervenire così a forme di condizionamento delle scelte e dell’operato del Consorzio medesimo. Il provvedimento prefettizio richiama, altresì, le ulteriori circostanze riguardanti il Sig. F.S., dipendente del Consorzio, ritenuto esercitare una rilevante influenza sulle determinazioni imprenditoriali della struttura, a carico del quale sussistono svariati precedenti penali e rapporti, anche familiari, con soggetti condannati per associazione di stampo mafioso, così da farne presumere un coinvolgimento attuale in consorterie criminose. Espone, in particolare, il ricorrente che il Sig. G.T. ha, fin dal 12 febbraio 2002, cessato il rapporto di lavoro con il Consorzio, nel quale comunque non avrebbe rivestito la carica di Presidente, ed ha successivamente effettuato attività di concorrenza sleale con la struttura medesima, anche attraverso atti di storno dei dipendenti, sviamento di clientela e boicottaggio, così da non potersi in alcun modo ipotizzare alcuna attuale possibilità del T. di ingerenza nelle scelte imprenditoriali e nell’operato del Consorzio, come peraltro ulteriormente comprovato dalle iniziative giudiziarie adottate dal Consorzio medesimo nei suoi confronti, volte alla declaratoria della nullità, annullabilità e inefficacia dei contratti già stipulati dal consorzio con la società E., di cui il T. è titolare. Espone ancora il Consorzio ricorrente, con riferimento alle circostanze apprezzate in ordine alla posizione ed al ruolo del dipendente S., che questi avrebbe sempre rivestito la qualifica di impiegato tecnico della struttura consortile, giammai quella di dirigente, addetto a mansioni che non giustificano alcuna presunzione in ordine all’influenza dello S. sui processi decisionali e sulla politica imprenditoriale del Consorzio. Esito ricorso: respinto (cfr. Consiglio di Stato, Sezione VI, 26 ottobre 2005, n. 5981) 81 Tar Campania, Napoli, Sezione I, 31 gennaio 2005, n. 574 INFORMATIVA TIPICA Il Gruppo Interforze Antimafia, in data 16 aprile 2003 riteneva potersi rilasciare, allo stato, provvedimento liberatorio antimafia nei confronti della ditta A.B., nella quale G.R. non riveste formalmente incarichi, poiché nelle motivazioni della sentenza di assoluzione del 12 luglio 2001 si esclude che G.R. possa rivestire il ruolo di imprenditore camorrista, essendo stato il medesimo ritenuto dall’Autorità giudiziaria vittima di estorsione da parte del clan N. Seguiva, il giorno dopo, l’informativa liberatoria, poi revocata con il provvedimento prefettizio in esame. A far giungere a diversa conclusione erano stati diversi elementi fra loro connessi: 1) la riconducibilità dell’A.B. al G.R. per una serie di ragioni di cui si dirà in avanti; 2) la diversa portata attribuita all’assoluzione in ambito penale del G.R. ed i precedenti del medesimo; 3) la circostanza che questi, dal mese di luglio 2002, lavorasse alle dipendenze dell’A.B., con mansioni di responsabile dei contratti da stipulare. I numerosi elementi indicati per affermare la riconducibilità al G. dell’A.B. appaiono al Collegio del tutto sufficienti: 1) C.V., amministratore unico dell’A.B., è cugino di primo grado di G.R.; 2) lo stabilimento dell’A.B. è sito sulla S.S. 87. Km 10,100 e, precisamente, nello stesso luogo ove prima esercitava la propria attività la G.C., gestita dal G.R.; 3) alcuni mezzi di quest’ultima risultano allo stato appartenere all’A.B.; 4) sui cantieri della operavano mezzi dell’A.B.; Tav 5) il ripetuto G.R. dimostra egli stesso di essere, in realtà, il proprietario dell’A.B., presentandosi con biglietti da visita che li accomunano. Può passarsi a verificare la diversa portata attribuita all’assoluzione in ambito penale di G.R. ed i precedenti del medesimo. Il G.I.A. fa luogo ad una più approfondita lettura degli elementi ricavabili dalla sentenza del 12 luglio 2001, per concludere che G.R., pur essendo stato 39 IGI – Istituto Grandi Infrastrutture __________________________________________________________________________________________ assolto da tutti i reati a lui ascritti nell’ambito del procedimento penale sfociato in detta sentenza, partecipava attivamente al sistema estorsivo impiantato dai più potenti clan operanti sul territorio campano con condotte che, seppure ritenute dal Tribunale penale non significative sul piano strettamente penalistico, invece, dal punto di vista della prevenzione amministrativa antimafia, non possono che essere valutate negativamente in quanto oggettivamente funzionali agli interessi della criminalità organizzata e rilevano, comunque, un condizionamento nelle scelte e negli indirizzi nella società A.B. È vero che la sentenza del Tribunale di Nola, Sezione I, del 12 luglio 2001 assolve il G.R. dai reati ascrittigli per non aver commesso il fatto, ma è vero anche che, se la motivazione del giudice penale conclude affermando che sussistono perciò tutti i presupposti per ritenere che G.R. fosse vittima di estorsione da parte del clan, in precedenza afferma che non può configurarsi, nel caso in esame, l’ipotesi dell’imprenditore camorrista, giacchè, nonostante il G. ricevesse dei vantaggi economici dal clan, tuttavia, questi non erano frutto di un pactum sceleris, bensì del suo involontario stato di assoggettamento dovuto alla capacità intimidatoria del gruppo. Ma tale stato è del tutto sufficiente a dimostrare il tentativo di ingerenza della criminalità organizzata, e non l’accertamento della sussistenza della figura dell’imprenditore camorrista, richiesto dalla normativa per precludere il contratto con la Pubblica Amministrazione. Alla stregua di quanto sopra, non vi è necessità di proseguire l’esame dei residui elementi indicati dalla Prefettura e 40 contestati ex parte attorea e respinge il ricorso. Esito ricorso: respinto (anche dal Consiglio di Stato, con sentenza n. 7619/2005) 82 Tar Campania, Napoli, Sezione I, 27 dicembre 2004, n. 19713 INFORMATIVA TIPICA Il Prefetto di Napoli, con l’informativa qui in esame, ha ritenuto potersi considerare ancora attuale una precedente informativa prefettizia interdittiva risalente al 23 agosto 1999. A tale conclusione è, tuttavia, pervenuto, sia sulla scorta degli elementi, che già fondavano la precedente informativa, che di un’ulteriore nota del 2003 del Comando dei Carabinieri e delle risultanze del casellario giudiziario relativo al titolare della ditta Sig. C.B. In particolare, la nota della Questura di Napoli del 24 luglio 1999 contiene: 1) l’elencazione di una serie di denunce ed arresti (detenzione e porto d’armi, tentate minacce con le armi, rissa, lesioni), cui è stato interessato sempre il C.G.; 2) la segnalazione che la ditta, nel precedente passato, annoverava, tra i suoi dipendenti, numerosi soggetti pregiudicati, tra i quali P.R., affiliato al clan M., e con numerosi precedenti per associazione per delinquere e tentato omicidio; P.N., capo zona di Qualiano, appartenente all’omonimo clan, con precedenti di associazione per delinquere, associazione mafiosa, omicidio, estorsione ed armi; braccio destro del P. con i medesimi precedenti del P.; 3) la segnalazione delle frequentazioni del C. con numerosi pregiudicati appartenenti al clan M., con indicazione, fra essi, di 9 nominativi accompagnati dai rispettivi, vari, precedenti penali. Inoltre, secondo la nota del Comando Provinciale dei Carabinieri di Napoli, il C. risulta: ritenuto fiancheggiatore del clan camorristico M.; sottoposto ad avviso orale ex art. 5 della l. n. 327/1988; gravato da numerosi precedenti penali; disposto ad assumere pregiudicati, in particolare fiancheggiatori del ripetuto clan M., sottoposti a misure di sicurezza e/o di prevenzione. Nella stessa nota, poi, si segnala anche la posizione del figlio del C., G., anch’egli con diversi precedenti penali e ritenuto fiancheggiatore del clan. Agli atti, infine, sono stati depositati il certificato del casellario giudiziario recante, oltre a condanne per rissa, violazioni delle norme sul controllo delle armi, di quelle per la tutela delle acque, di quelle per la repressione dell’evasione fiscale, risalenti ad un periodo ricompreso fra gli anni 1981 e 1996, con pene accessorie di interdizioni e divieti temporanei di contrattare con la Pubblica Amministrazione, nonché un’ulteriore condanna per lesioni colpose; la nota del Comando Provinciale dei Carabinieri, datata 3 aprile 2003, con la quale si reiterano, in sintesi, gli elementi di cui sopra e si conclude affermando che al momento non vi sono elementi oggettivi tali da far ritenere che il C. sia appartenente alla criminalità organizzata, anche se dai propri trascorsi non lo si può escludere. Le informative tipiche ed atipiche: che cosa sono? Le risposte della giurisprudenza __________________________________________________________________________________________ Esito ricorso: respinto (anche dal Consiglio di Stato, Sezione V, 28 febbraio 2006, n. 851) 83 Tar Campania, Napoli, Sezione I, 27 settembre 2004, n. 12586 INFORMATIVA TIPICA I presupposti di fatto, da cui è stata dedotta la sussistenza di una contiguità mafiosa della G. s.r.l., sono stati individuati nella circostanza per cui l'amministratore unico della società, P.M.R., è sorella di P.P., pregiudicato gravitante nell'orbita della malavita organizzata, soggetto che, unitamente a tale A.M., anch'egli legato ad associazioni criminali, è di fatto a capo di una holding di imprese operanti nel settore della ristorazione. In tale settore opererebbe anche la società ricorrente, come dimostrato dal fatto che questa avrebbe partecipato, in tre occasioni, a procedimenti di gara in forma di ATI con la A.S. s.r.l., società appartenente alla predetta holding, e con cui sarebbe intercorso anche un rapporto di locazione avente ad oggetto un centro di cottura. Esito ricorso: respinto 84 Tar Campania, Napoli, Sezione I, 22 aprile 2004, n. 6720 INFORMATIVA TIPICA Nell’ambito della società ricorrente risulta presente, quale figura determinante le scelte o che, in ogni caso, come elemento operativo, ne cura gli interessi, tale A.M., persona che, a seguito degli accertamenti svolti in sede istruttoria, oltre ad essere gravato da numerosi e gravi precedenti penali e misure di prevenzione, risulta anche essere un personaggio di spicco gravitante in ambiti malavitosi, in veste di affiliato ad una specifica organizzazione criminale di stampo camorristico. Inoltre, che la presenza di tale soggetto non fosse comunque riconducibile a quella di un mero collaboratore fisiologico dell’azienda è confermato dalla circostanza per cui egli, da tempo inserito nel settore della ristorazione e refezione, era stato tratto in arresto unitamente ad altra persona, tale P.P., anche questo personaggio di spicco della malavita organizzata, per un tentativo di estorsione, relativamente alla partecipazione ad una gara di appalto di considerevole valore economico nel settore della refezione. Dagli atti istruttori inerenti a tale vicenda, emerge che l’A. aveva minacciato il titolare di un’altra ditta, la S. s.p.a. per costringerlo a non partecipare alla gara in questione, in quanto vi era interessata l’A. s.r.l., che era stata da egli stesso definito quale sua società e per la quale egli si era anche presentato presso il Comune di Napoli nella seduta di gara. Risultava, altresì una telefonata diretta all’imprenditore, vittima del comportamento minatorio serbato dall’A., che era partita proprio dall’utenza intestata alla società ricorrente. Il comportamento intimidatorio dell’A. era proseguito anche dopo l’aggiudicazione della gara, disposta in favore della S. s.p.a., nel senso che quest’ultima era stata minacciata, affinchè errasse, di proposito, nella trasmissione alla stazione appaltante della necessaria documentazione volta alla stipulazione del contratto, onde determinarne l’esclusione dalla gara e l’affidamento del servizio all’A.S. s.r.l., giunta seconda in graduatoria. Un ulteriore elemento di sospetto, emerso nel corso dell’istruttoria, era costituito dai rapporti sussistenti tra la società ricorrente e la M. s.r.l., quest’ultima facente capo al P.P. Dette compagini societarie avevano, infatti, costituito un’ATI, onde partecipare a quelle gare di appalto indette dal Comune di Napoli per l’affidamento dei servizi di refezione scolastica, nel cui ambito si era verificato l’episodio di tentativo di estorsione commesso ai danni della società S. s.p.a.. Esito ricorso: respinto 85 Tar Campania, Napoli, Sezione I, n. 3218 - 3219/2004 INFORMATIVA TIPICA Il Prefetto di Napoli, in sede di valutazione della richiesta di informativa antimafia presentata dai Comuni di Mugnano e Calvizzano circa i tentativi di infiltrazione camorristica all'interno della società F.lli B. s.r.l., aveva ritenuto opportuno di disporre, tramite una Commissione Interforze, ulteriori accertamenti, in esito ai quali non si era esclusa l'ipotesi che, nella gestione della società, vi potessero essere infiltrazioni camorristiche, sia per i rapporti di parentela fra il coniuge di B.A. e il pluripregiudicato G.M., sia perché presso la sede della società era parcheggiata un'autovettura, il cui proprietario aveva rapporti con clan camorristici locali. 41 IGI – Istituto Grandi Infrastrutture __________________________________________________________________________________________ Sempre nei confronti del B., una precedente informativa, datata 15 giugno 1999, della Questura di Napoli aveva segnalato che egli era stato tratto in arresto e successivamente sottoposto agli arresti domiciliari perché ritenuto responsabile, in concorso con altri, dei reati di cui all'art. 513-bis c.p. (illecita concorrenza con violenza e minaccia) e che era sospettato di riciclaggio di danaro, anche se non era risultato alcun esito dagli accertamenti in punto. A carico dei familiari di D.S.V., amministratore della società, erano poi stati rinvenuti precedenti per violazione di norme in materia di detenzione di armi, lesioni, usura e altri reati. Ciononostante, nel verbale 6 luglio 1999, il Gruppo Ispettivo Antimafia aveva ritenuto che gli elementi forniti dalle Forze dell'Ordine non consentivano di rilasciare informativa ostativa, anche se lo stesso Gruppo Ispettivo aveva ritenuto necessario svolgere ulteriori e più approfonditi accertamenti sui soggetti collegati alla società per individuare l'eventuale presenza di un imprenditore occulto. Nel frattempo, veniva appaltato dal Consorzio Cimiteriale tra i Comuni di Mugnano e Calvizzano alla società F.lli B. il servizio triennale di pulizia dell’area cimiteriale e di smaltimento dei rifiuti speciali. Nonostante fosse stata esibita certificazione camerale con la dicitura antimafia, al Consorzio giungeva la nota del Prefetto, da cui si evinceva la sussistenza di tentativi di infiltrazione mafiosa che potevano condizionare le scelte e gli indirizzi della società e, di conseguenza, si procedeva alla revoca immediata del contratto di appalto. Dall’esito di successivi accertamenti, infatti, erano intervenuti elementi rilevanti a tal fine e, segnatamente, la sentenza 42 del Tribunale Penale di Napoli VII Sezione n. 165/03, ulteriori accertamenti della Questura di Napoli, nonché le dichiarazioni del collaboratore di giustizia A.L.T. Nella prima si riferisce che il B. è stato condannato per illecita concorrenza con minaccia in relazione ad una gara d'appalto, relativa all'affidamento del servizio per la rimozione di rifiuti solidi urbani all'interno della base NATO; nella seconda si confermano i rapporti di parentela del coniuge con taluni esponenti dei clan camorristici della zona e si segnala che, tra i dipendenti dell'impresa, vi è stato anche il Sig. P.G., di recente arrestato per i reati di cui all'art. 416-bis, 611 e 629, comma 2, c.p., e che i fratelli B. avevano preso parte ad una riunione il 15 giugno 1995 con alcuni pregiudicati della zona (interrotta a seguito dell'intervento del Commissariato di zona); nella terza si rende noto che la società F.lli B. si era aggiudicata l'appalto per la rimozione dei rifiuti solidi nel comune di Falciano del Massico, con la collaborazione del predetto capoclan della camorra organizzata. Esito ricorsi: respinti (anche dal Consiglio di Stato, 29 agosto 2005, Sezione V, n. 4408 e 5247) 86 Tar Campania, Salerno, Sezione I, 7 maggio 2004, n. 375 INFORMATIVA ATIPICA La nota dell’Ufficio Territoriale del Governo di Salerno rileva che gli elementi acquisiti non consentono di escludere la sussistenza di possibili tentativi di infiltrazione mafiosa ai sensi della vigente normativa antimafia nella compagine societaria della D.D.C. s.r.l., evidenziando, in particolare, che nei confronti dell’amministratore unico e direttore tecnico della predetta impresa pende procedimento penale presso il Tribunale di Salerno per il reato di estorsione continuata in concorso con esponenti apicali della criminalità organizzata. Risulta in proposito ininfluente la circostanza che il fatto si sia verificato in epoca precedente alla costituzione della società e molti anni prima, considerato che la persona fisica imputata, alla quale sono contestati legami con personaggi di spicco della malavita, riveste una importante funzione gestoria nella compagine sociale e che, comunque, alla data della informativa, il procedimento penale non risultava definito in fase dibattimentale, rimanendo fermo, con tutti i suoi effetti, il provvedimento di rinvio a giudizio. Esito ricorso: accolto 87 Tar Campania, Napoli, Sezione I, 14 aprile 2004, n. 5368 INFORMATIVA TIPICA La società I. s.r.l., ricorrente, è sorta quale prosecuzione sostanziale della D.C.S. s.r.l., già colpita nel 1998 da informazioni pregiudizievoli. La I. s.r.l. è stata, infatti, costituita nel 1999 allo scopo di rilevare il ramo d’azienda della D.C.S. s.r.l., già appaltatrice del servizio di pulizia della casa comunale degli uffici distaccati del comune di Aversa. L’amministratore e socio unico della società I., Sig. D’A.U., è anche amministratore unico della predetta società D.C. s.r.l., già Le informative tipiche ed atipiche: che cosa sono? Le risposte della giurisprudenza __________________________________________________________________________________________ colpita da informativa antimafia sfavorevole in relazione alla posizione del socio C.V., fatto oggetto di misura cautelare del GIP di Napoli per associazione a delinquere di stampo mafioso, perché ritenuto appartenente ad un noto clan camorristico, allo stato latitante. moglie del pluripregiudicato S.R., notoriamente legato a L.T.A., padrino dell’omonimo clan camorristico operante sulla fascia del litorale, dove in particolare è ubicata una discarica comunemente denominata “B.”, nella disponibilità di fatto del predetto L.T. Il D’A. ed il C. risultano essere gli unici soci, con apporto di capitale al 50%, della predetta società D.C.S. s.r.l. A tale riguardo, la Questura di Napoli ha evidenziato che in località “B.” ha anche sede lo stabilimento della C., e la D.I.A. di Roma ha avanzato richiesta di sequestro della società in questione, perché ritenuta nella disponibilità di S.R., nei cui confronti veniva richiesta l’applicazione della misura di prevenzione speciale, con obbligo di soggiorno, e di quella patrimoniale della confisca dei beni ai sensi della normativa antimafia. Dalle dichiarazioni rese alla Direzione Investigativa Antimafia, nel corso di indagini su gruppi malavitosi, da tale R.A., moglie di D.G.C., esponente di primo piano della criminalità organizzata, operante nell’agro aversano negli anni ’80, è emerso che la società D.C. sarebbe stata fondata dal suddetto D.G.C., che mise a disposizione i fondi necessari per l’avvio dell’impresa e l’acquisto delle necessarie attrezzature. I fatti posti a base dell’impugnativa informativa sfavorevole si profilano, dunque, univoci e significativi: l’attuale socio e amministratore unico della I. s.r.l., Sig. D’A.U., è legato da un sodalizio d’affari pluriennale nel medesimo settore di attività, con il predetto C.V., e l’attuale società I. srl è la naturale prosecuzione della D.C.S. s.r.l., già controindicata a fini di prevenzione mafiosa. Esito ricorso: respinto 88 Tar Campania, Napoli, Sezione I, 20 gennaio 2004, n. 919 INFORMATIVA TIPICA La Questura di Napoli ha riferito che socia di maggioranza della ditta ricorrente risulta essere C.A., Ai fini del rilascio dell’informativa antimafia interdittiva, l’amministrazione procedente ha, inoltre, tenuto conto anche delle informazioni recepite dal Gruppo Interforze Antimafia ed, in particolare, le dichiarazioni del collaboratore di giustizia A.L.T. Altro e qualificante elemento conoscitivo, che ha ispessito ulteriormente il quadro indiziario di condizionamento malavitoso della società in parola, è stato quello desumibile dalle suddette dichiarazioni rese dal collaboratore di giustizia A.LT., capo dell’omonimo clan camorristico attivo sul territorio della Provincia di Caserta. In particolare, nell’ambito dello svolgimento del processo “A.”, scaturito dall’ordinanza della custodia cautelare, nella parte in cui vengono descritti rapporti di affari della criminalità organizzata con imprenditori operanti nel settore della nettezza urbana, il summenzionato collaboratore di giustizia ha riferito come gli appalti, nel Casertano, del servizio di nettezza urbana, affidato alla C. da taluni Comuni, venisse disposto a seguito di minacce del clan camorristico L.T. e della manipolazione delle procedure di gara, invitando solo ditte segnalate dal clan e già istruite perché presentassero offerte non idonee. Dell’ingerenza della criminalità organizzata nella gestione della C. si rilevano qualificanti elementi anche dalle intercettazioni ambientali e telefoniche riportate nella citata ordinanza giudiziaria dalla quale emerge come la società in questione attraverso il S., coniuge del socio di maggioranza C.A., soggiacesse sistematicamente ai voleri della camorra. Esito ricorso: respinto 89 Tar Puglia, Lecce, Sezione II, n. 8975/2003 INFORMATIVA TIPICA Il Prefetto di Napoli acquisisce dagli Organi di Polizia le seguenti informazioni sulla Ing. C. e B. s.p.a.: 1) fino al 1996 la ricorrente ha avuto fra i propri dipendenti il Sig. D’A.D., ritenuto ora dagli Organi di Polizia un imprenditore legato al clan cammoristico F., per conto del quale gestisce l’attività edile anche in campo pubblico, essendo l’effettivo legale rappresentante dell’impresa E.V., formalmente intestata al nipote D’A.S.; 2) da alcune ordinanze cautelari e da alcuni interrogatori nei confronti di pentiti sono emersi rapporti tra la ricorrente ed il Sig. D’A., desunti dalle seguenti circostanze: 43 IGI – Istituto Grandi Infrastrutture __________________________________________________________________________________________ a) in una perquisizione domiciliare del 1° luglio 1994 furono rinvenute delle cambiali (forse frutto della pressione estorsiva del clan F.) rilasciate dalla ricorrente in favore della ditta di calcestruzzi L.F., il cui legale rappresentante era la moglie di un presunto malavitoso (a giudizio della ricorrente, le cambiali si riferivano al pagamento del calcestruzzo); b) la ricorrente aveva concesso in subappalto all’impresa gestita dal Sig. D’A. i lavori di movimento di terra relativi alla costruzione del raddoppio autostradale S.Anastasia-Torre del Greco; (al riguardo, spiega la ricorrente che l’impresa E.V., facente capo al D’A., ha eseguito uno o più subappalti soltanto nei lavori del raddoppio dell’autostrada S.Anastasia-Torre del Greco per un valore di circa £. 3.000.000.000, a fronte di un appalto di £. 84.000.000.000, che si è prolungato per oltre 20 anni e che, dopo aver ricevuto dall’ANAS la revoca all’autorizzazione al subappalto in favore della E.V., ha disposto la sospensione immediata dei lavori dati in subappalto e l’allontanamento ad horas del personale e delle attrezzature di proprietà di tale subappaltatore dal cantiere); c) per tali lavori la ricorrente si era fornita di calcestruzzo dalla ditta L.F. (spiega ancora la ricorrente che il calcestruzzo fornito dalla ditta L.F. ha una minima incidenza sul fatturato aziendale, e che si è avvalsa anche di altri fornitori di calcestruzzo, a secondo della vicinanza dei cantieri di lavoro). Un’apposita Commissione Interforze attivava, pertanto, le relative indagini, giungendo alla conclusione che non esistevano fatti riconducibili a tipologie di reato previste dalle leggi contro la 44 criminalità organizzata a carico dei titolari, degli amministratori e dei dipendenti della ricorrente. ha continuato finanche nell’anno 2000 ad avere rapporti commerciali con il citato D’A.. Si aggiungeva solamente il seguente nuovo elemento: da un’intercettazione telefonica veniva registrato l’invito del Rag. M.A. (all’epoca amministratore delegato della società ricorrente, poi dimessosi su pressione dei legali rappresentanti) al Sig. D’A.D. a recarsi presso la ditta mercoledì mattina 7 maggio 1997, per prendere un caffè con l’Ing. C., chiedendogli la questione dell’autorizzazione all’ANAS e ottenendo la risposta che era tutto a posto. Sulla base di tali risultanze, il Prefetto di Napoli attestava che sussistevano, nei confronti della società ricorrente, tentativi di infiltrazione mafiosa, tendenti a condizionarne le scelte e gli indirizzi. Durante la conversazione telefonica, il Rag. M. chiede la consegna della fattura al D’A., il quale assicura di portarla, precisando che l’importo riguarda tutt’altra cifra, perché egli si preoccupa pure per gli altri (sul punto la relazione osserva che il contenuto della conversazione telefonica denota una certa confidenza e lascia ampi spazi di supposizione quando asserisce che si preoccupa pure per gli altri, e la conoscenza da parte dei responsabili della ricorrente che l’impresa E.V. era riconducibile al Sig. D’A.D., per cui vi era la reciproca volontà di eludere la normativa antimafia nel subappaltare i lavori all’impresa E.V.). La citata Commissione Interforze esprime il parere che, nel caso di specie, sussista il fondato pericolo di condizionamento camorristico sulla ditta Ing. C. e B. s.p.a., rimettendo le presenti considerazioni al Gruppo Ispettivo Antimafia, il quale confermava le predette valutazioni finali, facendo presente che la società, pur essendo a conoscenza che D’A.D. e la società E.V. fossero soggetto e impresa pesantemente coinvolti in rapporti con l’organizzazione criminale facente capo al clan F., Tali atti sono stati impugnati dalla ricorrente dinanzi al Tar Napoli, il quale ,con sentenza 20 febbraio 2003, n. 1821, li ha annullati, ritenendo che gli elementi posti a base del giudizio di pericolosità sono di dubbia portata e non provano né la connivenza tra la ricorrente ed il Sig. D’A., né i tentativi di infiltrazione mafiosa. Intanto, nell’anno 2000 la ricorrente aveva trasferito la propria sede legale da Napoli a Roma, perché in questa città possiede molti terreni edificabili ed ha la maggior parte dei suoi contenziosi. Qui, il Prefetto di Roma rilasciava al Consorzio di Bonifica Stornara e Tara il certificato, con il quale veniva attestato che non sussistevano impedimenti al contratto di appalto, relativo all’affidamento dei lavori di sistemazione idraulica del canale Maestro, nei confronti della ricorrente. Ma, in data 7 gennaio 2003, dopo che gli Organi di Polizia interessati avevano soltanto esaminato la documentazione pervenuta da Napoli, riferita a fatti risalenti agli anni 1992 – 1998, hanno confermato la sussistenza dei motivi ostativi già evidenziati dal Prefetto di Napoli ed, in particolare, dopo aver ipotizzato che il trasferimento della sede della società in questione da Napoli a Roma fosse stato realizzato allo scopo di ottenere da questo Ufficio quanto precedentemente negato Le informative tipiche ed atipiche: che cosa sono? Le risposte della giurisprudenza __________________________________________________________________________________________ dall’omologo Ufficio di Napoli, anche il Prefetto di Roma ha revocato, con decorrenza immediata, la liberatoria antimafia nei confronti della società ricorrente, determinando così l’avvio del procedimento di revoca dell’aggiudicazione e del conseguente contratto da parte del Consorzio. Esito ricorso: accolto 90 Consiglio di Stato, Sezione IV, 13 ottobre 2003, n. 6187 INFORMATIVA TIPICA Avverso la pronuncia di rigetto del ricorso del Tar Napoli, Sezione I, n. 3426/2002, interponeva appello la società E.P.M. s.r.l., deducendo che i presupposti di fatto, assunti dal provvedimento prefettizio e dalla sentenza del T.A.R. sono del tutti erronei e inesistenti. Quanto al preteso collegamento con A. tramite il T., che è stato amministratore della E.P.M.: 1) entrambi i fratelli A. sono stati assolti dalla contestata ipotesi di associazione a delinquere di tipo mafioso, ex art. 416-bis c.p. per non aver commesso il fatto; 2) i fratelli A. hanno ottenuto, in sede di Corte di Appello di Prevenzione di Napoli, la revoca della confisca dei beni e la revoca della misura personale della sorveglianza speciale. Quanto al T.: 1) sul conto del T., il processo penale per mafiosità a suo carico è stato archiviato su esplicita richiesta del Pubblico Ministero con sentenza di non luogo a procedere del Tribunale di Cassino del 30 maggio 1991, per insussistenza del reato); 2) il T., su proposta di A.A., è stato nominato dai custodi giudiziari dell’A. s.p.a. Quanto al preteso collegamento con L.R. tramite il T.: 1) emerge dai certificati camerali della società che il T. non ha mai avuto partecipazioni sociali in alcuna delle tre società riferibili al L.R.; 2) il ruolo di T. è stato, intorno al 1983, quello di sindaco, ma i fatti di infiltrazione a carico della E.P.M. sarebbero emersi dopo il 1995. In queste condizioni, il decesso di R.L. nel 1999 taglia in radice ogni concreta possibilità di paventata infiltrazione nella società E.P.M. tramite il T. Quanto alla figura di E.L., amministratore unico: 1) con sentenza del Tribunale di Latina del 3 ottobre 1988, il processo per associazione a delinquere ex art. 416-bis c.p. a carico di E.L. è stato anch’esso archiviato su richiesta del Pubblico Ministero per insussistenza dei fatti; 2) M.A. è cugina della madre di E. e, dunque, parente con L.E. di quinto grado; 3) va chiarito che M.A. non è stata mai condannata per associazione a delinquere di stampo mafioso e tanto meno ha processi penali pendenti per tale imputazione. Quanto all’episodio del B.: 1) è decisivo notare che l’episodio è di minaccia e non di tentato omicidio e riguarda un terzo (il B.), che è uno dei dipendenti della società gestita da E; 2) l’E.P.M., non condividendo il metodo minaccioso del B., lo aveva tempestivamente licenziato nel 1997, già prima della condanna. Il verbale della Commissione Interforze prende in considerazione la posizione di T.B.T., già amministratore unico della società appellante, in quanto tale persona, essendo presente negli uffici della società alla data dell’accesso effettuato il 16 gennaio 2001 ed in grado di reperire la documentazione amministrativo-contabile richiesta dagli ispettori, in luogo dell’assente nuovo amministratore L.E., deve ritenersi aver conservato un ruolo significativo nella gestione dell’impresa. Tanto premesso, restano non contestati i seguenti elementi di fatto indicati nel predetto verbale: 1) intorno al 1983 il Sig. T. è stato sindaco di tre società, riferibili al Sig. L.R., condannato per associazione a delinquere, avente legami con L.N., e deceduto nel 1999. 2) il 20 settembre 1994 il Sig. T. era controllato, unitamente ad un soggetto denunciato per associazione a delinquere e reati contro la P.A.; 3) il 22 maggio 1996, il Sig. T. veniva individuato a bordo di un’autovettura unitamente ad un soggetto pluripregiudicato per associazione a delinquere, furto, usura, contrabbando ed altro, indicato come appartenente alla N.F., e collegato al clan camorristico di C.E., per il quale avrebbe gestito ingenti somme di denaro, nonché in stretto contatto con L.R. e P.M., con lei processato per associazione a delinquere, ed al clan I. 4) il Sig. dipendente B.V., della all’epoca società 45 IGI – Istituto Grandi Infrastrutture __________________________________________________________________________________________ appellante, in qualità di responsabile del deposito, è stato condannato per i reati di minaccia e danneggiamento correlati alla sua posizione all’interno della società, avendo utilizzato forme di intimidazione mediante l’uso di una pistola, per recuperare, in complicità con un pregiudicato di Caloria, autoveicoli della società rubati presso tale deposito; 5) il 16 dicembre 1992 il nuovo amministratore della società, Sig. L.E., veniva individuato a Piacenza sulla stessa autovettura con il Sig. B.; 6) sempre il Sig. L.E., in data 12 maggio 1989 veniva segnalato, quale partecipante al matrimonio del noto esponente camorristico M.L.; 7) nell’ultimo accertamento effettuato dalla polizia e dai carabinieri presso la sede operativa della società appellante, individuata nell’autoparco ubicato in Casoria, veniva identificato E.C., qualificatosi quale responsabile dell’autoparco, con pregiudizi penali a proprio carico e più volte controllato in compagnia di pregiudicati. Da tali elementi emerge che persone variamente correlate alla società appellante hanno avuto, nel tempo, contatti con soggetti legati alla criminalità organizzata o denunciati per reati associativi oppure, nel caso di B., hanno addirittura posto in essere gravi reati connessi alla propria posizione all’interno della società. Da questo punto di vista, il licenziamento del B. nel 1997 non rende meno rilevante il fatto che tale soggetto fosse stato inserito nell’organizzazione della società ed avesse rapporti con il Sig. L.E. con cui aveva effettuato un viaggio per ragioni non note. Va, inoltre, sottolineato che alcuni di tali contatti hanno avuto luogo 46 al di fuori dell’area territoriale di operatività dell’impresa e non appaiono, quindi, come meramente fortuiti, evidenziando piuttosto un significativo rapporto di conoscenza con il rispettivo compagno di viaggio. (anche dal Tar Lazio, Roma, Sezione III ter, 6 giugno 1997, n. 1248 e 1250) Si rileva, infine, che il decesso di L.R. non fa venire meno la rilevanza indiziaria dei rapporti avuti dallo stessi con il T. in quanto, in relazione a contesti delinquenziali nei quali rileva più la struttura associativa di tipo mafioso che il singolo esponente, tali rapporti evidenziano in termini più generali la possibilità di contatti del T. con la malavita organizzata locale. Tar Campania, Napoli, Sezione III, 9 gennaio 2003, n. 3367 Esito ricorso: respinto 91 Consiglio di Stato, Sezione VI, 6 giugno 2003, n. 3163 e 3124 INFORMATIVA ATIPICA Dalla nota prefettizia si evince, da un lato, la sottoposizione a misura cautelare detentiva dei fratelli T., titolari dell’impresa, non eseguita per latitanza, successivamente annullata, e, dall’altro lato, la richiesta di rinvio a giudizio per il reato di associazione a delinquere di stampo mafioso, finalizzata a reati di estorsione nei confronti di cantieri edili. È irrilevante la sopravvenuta assoluzione dall’imputazione penale, in quanto successiva alla data di adozione dei provvedimenti, non essendo stata, peraltro, depositata dall’appellante la motivazione della sentenza, ma il solo dispositivo, che non prova l’assoluta estraneità ai fatti penali dei fratelli T. Esito ricorso: respinto 92 INFORMATIVA TIPICA La Prefettura di Milano ha fornito al Comune di Gragnano informazioni negative a carico della D. s.r.l., affermando che la Prefettura di Napoli ha comunicato che la succitata società è da ritenersi oggettivamente condizionata nelle scelte e negli indirizzi dalla criminalità organizzata. Tali informazioni facevano seguito, ad appena quattordici giorni di distanza, ad altre informazioni, di tenore positivo, fornite dalla stessa Prefettura di Milano, e scaturita dalla richiesta ex lege, rivolta dal Comune di Gragnano, essendo la D. risultata affidataria del servizio di raccolta rifiuti. Nel verbale del Gruppo Ispettivo Antimafia si evidenzia che, benché la società D. presenti un capitale sociale diviso tra due socie, D.M.P. e L.R., non può escludersi che tale società sia gestita da C.F.S., rispettivamente figlio e marito delle due socie, il quale ha esibito una procura speciale nell’ambito di appalti con enti locali. Inoltre, viene richiamata l’ordinanza di custodia cautelare in carcere, emessa nei confronti di C.F.S., dalla quale risulta che questi aveva in uso un apparato radiomobile intestato alla D. Da alcune telefonate intervenute tra C.F.S. e vari esponenti di organizzazioni criminali, risulta che C.F.S., benché destinatario di Le informative tipiche ed atipiche: che cosa sono? Le risposte della giurisprudenza __________________________________________________________________________________________ richieste estorsive, dimostrerebbe chiara volontà di preferire i voleri dei potenti clan criminali e di voler conferire alla propria azione imprenditoriale un ruolo funzionale agli interessi criminali per ottenere in cambio appalti, come risulta chiaramente dalla citata conversazione telefonica, proprio grazie all’interessamento del clan camorristico, beneficiario dei pagamenti. Tuttavia, come risulta dalla richiesta di archiviazione del Pubblico Ministero, e dal decreto di archiviazione, le successive dichiarazioni rese da C.F.S. ed i riscontri effettuati dal Centro DIA di Napoli hanno, poi, dimostrato come l’imprenditore fosse, in realtà, assoggettato ad una vera e propria attività estorsiva da parte di componenti del clan F., che gli imponevano assunzioni accettate per quieto vivere e per poter continuare ad operare in zona, e che il denaro era a lui imprestato a titolo usurario, con ciò escludendosi che C.F.S. potesse fungere da canale di riciclaggio. Esito ricorso: accolto (cfr. Consiglio di Stato, Sezione VI, 17 luglio 2006, n. 4574; Tar Campania, Napoli, Sezione II, 28 febbraio 2007, n. 1272; Consiglio di Stato, Sezione V, 31 dicembre 2007, n. 6902) 93 Consiglio di Stato, Sezione VI, n. 1979/2003 INFORMATIVA TIPICA I giudici di secondo grado rilevano ulteriormente che: 1) P.B. risulta segnalato per divieto a detenere armi, munizioni, esplosivi; 2) D’E.D. risulta condannato per estorsione e rapina; sottoposto ad accertamenti patrimoniali e segnalato per l’applicazione dell’obbligo di soggiorno; arrestato su ordine di cattura, con l’accusa di associazione a delinquere di stampo mafioso, concorso in rapina, estorsione e detenzione illegale di armi; successivamente rinviato a giudizio per estorsione e detenzione illegale di armi, in relazione alla richiesta di somme di denaro a impresa titolare di cantiere edile; risulta assolto per non aver commesso il fatto a seguito della ritrattazione della chiamata in correità, su cui si era basata l’accusa nei suoi confronti. Si legge nella nota riservata trasmessa dall’Ufficio Territoriale di Salerno all’A.S.I.A. di Napoli che nei confronti della società L.S. e dei relativi amministratori non sussistono cause di divieto, decadenza o sospensione. Inoltre, dei 39 dipendenti dell’impresa del P. quattro risultano avere gravi precedenti penali o indagini in corso per gravi fatti: Esito ricorso: accolto 1) V.M., tratto in arresto per furto; Tar Campania, Napoli, Sezione I, n. 5319/2001 2) C.F., condannato dal Tribunale per i minorenni di Napoli, ad anni due e mesi dieci di reclusione per lesioni personali aggravate; arrestato per porto e detenzione abusiva di armi; 3) S.F., tratto in arresto per estorsione e denunciato per ricettazione; 4) P.M., tratto in arresto dapprima per associazione a delinquere e anche successivamente, dovendo scontare la pena residua di anni due, mesi uno e giorni nove di reclusione per rapina, furto e ricettazione. Esito ricorso: respinto 94 Tar Campania, Salerno, Sezione I, n. 1873/2002 INFORMATIVA ATIPICA Si informa, tuttavia, che da un approfondimento di istruttoria nei confronti della predetta società emerge una situazione tale da prefigurare un controllo occulto della gestione societaria attraverso la persona di X, il quale, pur non rivestendo cariche o qualifiche di sorta, sarebbe in grado di gestire di fatto l’attività imprenditoriale. 95 INFORMATIVA TIPICA Dopo aver già acquisito dalla Prefettura di Caserta la certificazione antimafia, che era risultata negativa, la stazione appaltante autorizzava la ditta P.B. ad eseguire i lavori. In seguito ad ulteriore richiesta di certificazione antimafia per lavori diversi, inoltrata dalla appaltatrice, la Prefettura di Caserta comunicava la sussistenza di cause interdittive a carico del titolare dell’impresa e, a seguito di tale atto, l’appaltatrice disponeva la revoca sia del subappalto in corso, sia di quello da affidarsi. Dalle informative è emersa, infatti, la presenza di elementi tali da fare ritenere che sussista il pericolo di infiltrazione mafiosa tendente a condizionare le scelte e gli indirizzi della società ricorrente, per i rapporti di parentela e di frequentazione abituale del P., imprenditore 47 IGI – Istituto Grandi Infrastrutture __________________________________________________________________________________________ individuale e rappresentante della s.r.l., con pregiudicati a lui imparentati, e che hanno con lo stesso cointeressenze in diverse società (vedi il D’E.D.), tra cui anche soggetti ritenuti organici all’ambiente camorristico. alla luce degli elementi di conoscenza acquisiti, non poteva dirsi sufficientemente provato il giudizio di pericolosità espresso dalla Prefettura, ai sensi della normativa antimafia. Esito ricorso: accolto Al riguardo, il P. risulta essere stato, dal 1995 al 1998, amministratore unico, nonché possessore di quote della società C., di cui attualmente risulta socio il su indicato D’E.D., cognato del ricorrente e noto pregiudicato affiliato al clan L.P., nei cui confronti la Questura ha segnato l’applicazione della sorveglianza speciale di P.S. Inoltre, dall’accertamento effettuato dal Comando Carabinieri della Regione Campania di Caserta risulta anche che il ricorrente P.B. e la moglie convivente D’E.A. vivono in immobili siti nella stessa strada della medesima frazione, dove risiede anche il D’E.D. Esito ricorso: respinto (si veda la successiva sentenza del Consiglio di Stato, Sezione VI, n. 1979/2003) 96 Consiglio di Stato, Sezione IV, n. 1148/2001 INFORMATIVA ATIPICA Dopo aver ricevuto la nota prefettizia, l’Azienda Ospedaliera ha manifestato la propria determinazione a revocare l’aggiudicazione provvisoria in favore dell’ATI Ing. R.A., per analogia con il caso dell’ATI S.S. e partners. Con sentenza della Sezione I, n. 814 del 27 marzo 2000, il Tar Campania aveva, invece, accolto il ricorso a favore dell’ATI, avendo ritenuto il Collegio che, 48 97 Tar Calabria, R. Calabria, Sez. I, 12 gennaio 2001, n. 21 INFORMATIVA TIPICA L’informativa prefettizia, nel precisare che nei confronti dei soci della società ricorrente o dei familiari conviventi, non sussistono le cause di divieto, di decadenza o di sospensione indicate nell’allegato 1 del d.lgs. n. 490 del 1994, riferisce che da informazioni assunte sono emersi elementi relativi a tentativi di infiltrazione mafiosa tendenti a condizionare le scelte e gli indirizzi della società ed, in particolare, risulta che entrambi i soci hanno rapporti di affinità con persone già sottoposte a misura di prevenzione e/o per le quali pende il relativo procedimento. Esito ricorso: accolto 98 Consiglio di Stato, Sezione V, n. 5710/2000 INFORMATIVA ATIPICA Con il ricorso di primo grado, la I. s.p.a. ha impugnato la delibera della Giunta comunale di Castellammare di Stabia, avente per oggetto la revoca dell’aggiudicazione dell’appalto, nonché la nota informativa della Prefettura di Napoli, costituente atto presupposto. Il Tar Napoli ha accolto il ricorso ed annullato gli atti impugnati con sentenza 9 luglio 1998, n. 2351. Hanno proposto separati appelli la Prefettura di Napoli ed il Comune di Castellammare di Stabia, con i quali hanno rispettivamente chiesto che, in riforma dell’impugnata sentenza, fosse rigettato il ricorso di primo grado. La Prefettura di Napoli aveva comunicato al Comune di Castellammare di Stabia alcune circostanze, relative ad accertamenti e provvedimenti adottati in sede penale nei confronti di soggetti aventi partecipazione, sia pure indiretta, nella società aggiudicataria dell’appalto. Gli elementi comunicati possono così riassumersi: 1) il capitale della I. s.p.a. è paritariamente suddiviso tra la F. s.p.a., composta dai soci G.A. e M.A., e la S. s.r.l. composta dai soci E.C., S.C., G.C., quest’ultimo avente la carica di presidente del consiglio di amministrazione della stessa I; 2) E.C., attuale socio della S. s.r.l. e già consigliere di amministrazione e direttore tecnico della stessa I. s.p.a., è stato destinatario di una misura cautelare coercitiva, nonché rinviato a giudizio per il reato di associazione a delinquere di stampo mafioso ex art. 416-bis c.p.; 3) un ruolo centrale nell’accordo criminoso, relativo anche all’acquisizione di appalti pubblici, risulterebbe svolto dal Consorzio C., presieduto dallo stesso E.C., cui partecipa anche la I. s.p.a. La nota prefettizia concludeva, osservando che gli elementi riferiti , utili ad orientare le scelte discrezionali di codesta stazione Le informative tipiche ed atipiche: che cosa sono? Le risposte della giurisprudenza __________________________________________________________________________________________ appaltante, sulla base delle direttive emanate dal Ministero dell’Interno con Circolari del 14 dicembre 1994 e dell’8 gennaio 1996, non hanno di per sé, allo stato, l’efficacia interdittiva di cui al d.lgs. n. 490/94. Il Consiglio di Stato accoglie, pertanto, l’appello della Prefettura di Napoli. Esito ricorso: accolto 49 Finito di stampare nel mese di Luglio 2008 presso la tipografia Grafiche Ponticelli Spa Via Vicinale Latina – Località Case Diana 03030 – Castrocielo (Fr)