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Le informative tipiche ed atipiche: che cosa sono? Le risposte della
Istituto Grandi Infrastrutture
Le informative tipiche ed atipiche:
che cosa sono?
Le risposte della giurisprudenza
Istituto Grandi Infrastrutture
Le informative tipiche ed atipiche:
che cosa sono?
Le risposte della giurisprudenza
Raccolta a cura di Laura Savelli
La pubblicazione è disponibile anche sul sito www.igitalia.it
PRESENTAZIONE
Questo volume non è una raccolta di giurisprudenza in materia di
informative tipiche ed atipiche, ma una ricognizione dei casi concreti, in cui le
Prefetture hanno ravvisato tentativi di infiltrazione mafiosa o pericolo di
tentativi di infiltrazione mafiosa.
La ragione di questa ricognizione risiede nel fatto, che le norme non
danno una definizione di questi due fenomeni, non dicono, cioè, che cosa sia
un’infiltrazione mafiosa.
Per di più, la stessa espressione “infiltrazione mafiosa” non è di
immediata comprensione, perché, se, da un lato, è chiaro che allude al tentativo
della criminalità organizzata di penetrare in un’impresa, dall’altro lato, non
esprime con chiarezza la differenza tra l’impresa che accondiscende a farsi
infiltrare e quella che subisce l’ “opa ostile” della mafia.
Un ulteriore elemento di confusione è dato dalla convinzione dell’opinione
pubblica, che l’infiltrazione mafiosa sia un reato, mentre così non è.
Si tratta di un fenomeno che, pur non assurgendo al rango di reato, chè
altrimenti interverrebbe il giudice penale e non l’autorità amministrativa, può
costituire un prodromo di qualcosa che la società giudica opportuno combattere.
In questo contesto, è chiaro che i contorni del fenomeno siano privi di una
perimetrazione definitoria; il che costituisce la forza, ma anche la debolezza di
questo strumento.
In una prospettiva di riforma della normativa, sembra profilarsi un
consenso circa la necessità di rivedere le informative atipiche, quelle, cioè, che
le Prefetture trasmettono agli enti appaltanti, lasciando ad essi la valutazione se
gli elementi forniti siano sufficienti oppure no, a configurare un pericolo di
tentativo di infiltrazione.
Per quanto riguarda, invece, le informative tipiche, l’esigenza è un’altra,
vale a dire quella di dare maggiore contenuto all’istituto, in maniera che
Prefetture, stazioni appaltanti, giudici amministrativi e imprese possano operare
in un contesto meno evanescente, come si può riscontrare dalla lettura dei casi
raccolti in questo volume, che vuole offrire un contributo di chiarezza e, quindi,
di certezza giuridica.
Le informative tipiche ed atipiche: che cosa sono? Le risposte della giurisprudenza
__________________________________________________________________________________________
1
Tar Campania, Napoli, Sezione I,
08 maggio 2008, n. 3651
2
Tar Sicilia, Palermo, Sez. III,
24 aprile 2008, n. 531
INFORMATIVA TIPICA
INFORMATIVA ATIPICA
Ritiene il Collegio che non
sussistano vizi di razionalità o di
illogicità nella valutazione operata
dall'Ufficio
Territoriale
di
Governo, che ha ritenuto
sufficiente, ai fini di un giudizio
di contiguità mafiosa, che il
ricorrente fosse cognato di S. S.P.,
affiliato al clan dei C., tra l'altro
fratello
del
celebre
S.F.,
denominato C., nonché cugino di
S.F., alias S.
Il Comune di Paceco ha escluso
automaticamente la ricorrente, per
il fatto di meri rapporti familiari
tra
l’amministratore
unico
dell’impresa, relativamente al
quale nessuna censura è stata
mossa, e il padre, il nonno e il
prozio dello stesso, per vicende
giudiziarie che hanno riguardato
questi ultimi, senza supportare tali
determinazioni con concreti
elementi a sostegno della
permeabilità dell'attività concreta
della società ricorrente a
condizionamenti mafiosi.
Tale stringente vincolo di
parentela risulta avvalorato dalle
dichiarazioni
rese
da
un
collaboratore di giustizia, che ha
riferito come al ricorrente proprio
il cugino, ossia il richiamato S.F.,
alias S., avesse fatto ottenere in
passato l'appalto di illuminazione
pubblica comunale, ossia quello
oggetto della revoca.
Nè la significatività intrinseca di
tali elementi può essere in qualche
modo scalfita o attenuata dalla
circostanza per cui, nelle
dichiarazioni del collaboratore, vi
sarebbe
un
errore
di
identificazione del ricorrente, a
torto ritenuto fratello di C.M. e
C.A., soggetti orbitanti intorno al
medesimo clan con riguardo alla
attività di ristorazione,
Invero, trattasi di un elemento
ulteriore che, in ogni caso, non
svaluta, né incide sui rilevanti e
stretti rapporti parentali del
ricorrente con esponenti del clan
mafioso locale e nemmeno sulla
circostanza per cui egli, proprio
da uno di costoro, fu aiutato ad
ottenere
l'affidamento
del
medesimo appalto.
Esito ricorso: respinto
Esito ricorso: improcedibile
3
Tar Lazio, Roma, Sezione III ter,
21 aprile 2008, n. 3332
INFORMATIVA TIPICA
Il Ministero delle Attività
Produttive ha revocato le
agevolazioni concesse alla M.
s.r.l., ritenendo sussistere i
seguenti motivi ostativi, ai sensi
della legislazione antimafia:
1) procedimento penale che ha
riguardato la società ricorrente,
anche se conclusosi con sentenza
della Corte di Appello di Napoli,
con la quale i Sigg.ri M.G. e G.F.,
soci della M. s.r.l., sono stati
prosciolti in sede di udienza
preliminare, peraltro da reati che
nulla hanno a che vedere con le
misure di prevenzione;
2) procedimento penale instaurato
nei confronti del Sig. G.F., socio
della M. s.r.l., e del Sig. M.G.,
amministratore in carica all’epoca
della richiesta del finanziamento,
entrambi completamente assolti
dai fatti loro addebitati con la già
citata sentenza della Corte di
Appello di Napoli, che ha
accertato
l’esclusione
dell’intestazione fittizia dei beni
ed, in particolare, del patrimonio
della M. s.r.l., da parte di soggetti
indiziati di appartenere ad
associazioni di tipo criminale.
3) relazioni di parentela tra i soci
della M. s.r.l., il Sig. G.M.,
amministratore della D., ed il
fratello, Sig. R.G., coimputati
all’epoca dei fatti penali, relativi
alla presunta fittizia appartenenza
della titolarità delle quote
societarie della D. e della M. s.r.l.,
rispettivamente a G.M. e F.G.,
assunte invece come appartenenti
a R.G.
La ricorrente lamenta il fatto che
si faccia riferimento a circostanze
antecedenti al 2001, data di
pubblicazione della sentenza di
proscioglimento dei fratelli G. e
dei soci della M. s.r.l., con
contestuale
revoca
del
provvedimento
cautelare
di
sequestro.
Aggiungono, inoltre, i ricorrenti
che né la M. s.r.l., nella persona
dell’amministratore in carica al
momento della richiesta del
finanziamento, Sig. M.G. e del
suo nucleo familiare, né i
componenti
la
compagine
societaria sono mai risultati essere
sottoposti
alle
misure
di
prevenzione,
alla
base
dell’informativa tipica.
Esito ricorso: respinto
(cfr. anche Tar Lazio, Sezione III
ter, 01 marzo 2006, n. 1532)
4
Tar Campania, Napoli, Sezione I,
31 marzo 2008, n. 1650
INFORMATIVA TIPICA
1
IGI – Istituto Grandi Infrastrutture
__________________________________________________________________________________________
Dal provvedimento, con il quale
la Prefettura di Caserta informa
della sussistenza di cause
interdittive a carico della T. s.r.l. e
del suo amministratore unico, Sig.
D.E., non emerge la segnalazione
di alcun elemento specifico a
carico di tali soggetti, ma solo un
rinvio alle informazioni a suo
tempo fornite sulla società D.F. e
sul suo amministratore D.G.,
ritenuto legato al clan dei C.
In queste informazioni viene
riferito che D.V. e suo figlio D.E.
(attuale amministratore della
ricorrente) furono denunciati, nel
1989, per favoreggiamento nei
confronti
di
quattro
pluripregiudicati, elementi di
spicco del clan dei C.
Tuttavia, risulta provato che D.V.
e D.E. sono stati successivamente
assolti, con formula piena,
dall'imputazione per il reato di
favoreggiamento personale con
sentenza passata in giudicato, che
dichiara inammissibile l'appello
proposto dal Pubblico Ministero e
conferma, invece, la condanna nei
confronti di coloro che, in primo
grado, erano stati giudicati
colpevoli del delitto di tentata
estorsione proprio nei confronti di
D.V. e D.E.
Nel provvedimento si accenna
anche a colpi di arma da fuoco
esplosi per intimidire i D.
È stato sostenuto, inoltre, che
sarebbe desumibile l'esistenza di
rapporti di stretta parentela tra più
componenti della famiglia che
controlla la società ricorrente ed
esponenti
della
criminalità
organizzata, facendo riferimento
alla parentela che sussisterebbe tra
D.E. e D.G., legato da vincoli di
amicizia con un pluripregiudicato
già appartenente alla N.C.O. e
transitato, successivamente, nel
clan dei C., nonché al fatto che
quest'ultimo sarebbe stato socio
accomandante in una società di
cui era accomandatario D.V.,
padre di D.E.
2
Va rilevato, in contrario, che nelle
informazioni fornite dalle Forze
dell'Ordine nulla, in realtà, è detto
sull'esistenza di vincoli di
parentela o rapporti di altro
genere tra D.G. e D.E., né si fa
riferimento a qualsiasi rapporto,
diverso da quello di filiazione, tra
quest'ultimo e D.V., tale da poter
far pensare ad un collegamento
indiretto, tramite la D.F., di cui
questi era accomandatario, con la
persona di D.G..
delinquere di stampo mafioso,
estorsione e ricettazione.
Esito ricorso: accolto
Nella specie vi era stato un
procedimento penale, nel corso
del quale l'ex amministratore della
società ricorrente, il Dr. M.A., era
stato tratto in arresto, in relazione
all'ipotesi di reato di associazione
a delinquere ex art. 416-bis c.p.,
associazione il cui capo è stato
individuato nel Sig. R.M.
5
Tar Campania, Napoli, Sezione I,
31 marzo 2008, n. 1639
Esito ricorso: respinto
6
Tar Veneto, Venezia, Sezione I,
7 marzo 2008, n. 567
INFORMATIVA TIPICA
INFORMATIVA TIPICA
La prima informativa è fondata
sulla
nota
del
Comando
Provinciale dei Carabinieri di
Caserta, in cui si rappresenta che
L.C., socio accomandante della
società ricorrente, era stato
controllato in San Marco
Evangelista insieme a D.F.,
soggetto pregiudicato per i delitti
di omicidio volontario, rapina,
reati concernenti l’uso delle armi
e associazione a delinquere di
stampo mafioso.
Nella stessa nota è riportato che
sempre L.C. era stato controllato
in Castelvolturno insieme a D.F. e
a I.S., quest’ultimo pregiudicato
per il delitto di cui all’art. 640-bis
c.p.
La seconda informativa è, invece,
sostenuta dalla nota, sempre del
Comando
Provinciale
dei
Carabinieri di Caserta, con la
quale si aggiunge che il socio
accomandatario, L.R., era stato
controllato in Villa Literno in
compagnia di Z.M., ritenuto un
affiliato al clan dei C., nonché
sorvegliato speciale e gravato da
precedenti per associazione a
Tuttavia, è altrettanto vero che
l'ordinanza cautelare è stata
annullata dal Tribunale del
Riesame di Potenza, il quale ha
evidenziato che il Sig. M.A., pur
essendo stato contattato da
esponenti del clan M., si è però
rifiutato di spartire l'appalto con le
ditte contigue al suddetto clan,
attraverso il subappalto.
Infine, la Corte di Cassazione, I
Sezione Penale, con sentenza del
20 aprile 2005, ha dichiarato
inammissibile il ricorso proposto
dal
Pubblico
Ministero,
confermando le conclusioni cui
era pervenuto il Tribunale della
Libertà, rilevando che le
valutazioni di quest'ultimo non
appaiono sindacabili, tanto più
che il ricorso del Pubblico
Ministero si risolve, in buona
sostanza, in una diversa lettura di
quegli indizi, ritenuti forse un po’
apoditticamente pregnanti di
solida ed univoca valenza
accusatoria.
Va, peraltro, rilevato che, nelle
more del presente processo, la
vicenda penale si è conclusa con
la richiesta di archiviazione da
parte del Pubblico Ministero.
Le informative tipiche ed atipiche: che cosa sono? Le risposte della giurisprudenza
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In definitiva, dallo sviluppo della
vicenda penale si può evincere
senza alcun dubbio che il sig.
M.A. è del tutto estraneo alla
realtà associativa e che la relativa
impresa non è stata permeabile
rispetto ai tentativi di infiltrazione
mafiosa.
Esito ricorso: accolto
7
quale l’Azienda Ospedaliera ha
disposto la revoca del contratto in
essere con l’appaltatrice E. s.p.a.
Esito ricorso: accolto
8
Tar Campania, Napoli, Sezione I,
11 febbraio 2008, n. 673
INFORMATIVA TIPICA
Consiglio di Stato, Sezione V,
12 febbraio 2008, n. 491
INFORMATIVA
La risoluzione del contratto è stata
motivata con richiamo alla nota
della Prefettura di Napoli, nella
quale si forniva un’informativa
antimafia sfavorevole, giustificata
con riferimento a vicende di
natura penale, che avevano
coinvolto l’amministratore della
E. s.p.a.
In primo grado, la ricorrente
contestava l’intervento della
Prefettura
e
dell’Azienda
Ospedaliera, poiché il loro
intervento giungeva mesi dopo
che in sede penale, dapprima
dinanzi al Tribunale del Riesame
e, poi, dinanzi alla Corte di
Cassazione, era stato accertato
che il legale rappresentante di E.
era
estraneo
all’ipotesi
accusatoria.
Il Comando Provinciale dei
Carabinieri
di
Caserta
rappresentava
che
l’amministratore della ricorrente
E.I. s.r.l., quando questa aveva
diversa denominazione, D.M.A.
era stato tratto in arresto per
riciclaggio, al fine di agevolare il
clan camorristico dei C., per cui si
ritenevano sussistenti elementi di
pericolo d’infiltrazione mafiosa.
La
Direzione
Investigativa
Antimafia, inoltre, rappresentava
che la società ricorrente faceva
parte del consorzio C., cui
partecipava anche la 3.DI s.r.l., i
cui soci erano stati controllati in
alcune occasioni con soggetti
ritenuti vicini al clan dei C.
L’informativa prefettizia, difatti,
era già stata annullata con
sentenza n. 363/2007 dal Tar
Campania, Sezione I, confermata
dal Consiglio di Stato con la
decisione n. 2828 del 31 maggio
2007.
A seguito di tre istanze di
aggiornamento,
avanzate
nell’interesse della società, la
Questura di Caserta, pur rilevando
che nei confronti di D.M.A., già
amministratore,
era
caduta
l’accusa di partecipazione ad
associazione mafiosa, essendo
piuttosto egli vittima della
criminalità, rappresentava che
nella società figurava la di lui
moglie, R.A.M. ed i suoi fratelli,
D.M.A., quale amministratore,
D.M.A. e D.M.C.. La nota
concludeva
richiamando
la
partecipazione al consorzio C. e
ritenendo che non si poteva
escludere una contiguità mafiosa
della E.I. s.r.l.
Se ne deduce che analoga sorte
tocca alla determinazione con la
A seguito di nota del G.I.A. la
Questura
di
Caserta
Con sentenza n. 827/2006, il Tar
Liguria respingeva il ricorso,
successivamente ritenuto fondato
dal Consiglio di Stato.
rappresentava, inoltre, che il
processo penale a carico di
D.M.A., sebbene fosse stata
annullata dal Tribunale del
Riesame l’ordinanza di custodia
cautelare emessa nei confronti di
questi, era ancora in corso.
Inoltre, in sede di riesame, era
stata comunque rilevata la
sussistenza di collegamenti tra il
D.M.A. e il clan dei C.
Anche il Nucleo di Polizia
Tributaria di Caserta riferiva che
il D.M.A. era stato tratto in arresto
in altre due precedenti occasioni
nel corso del 1997 e, quindi,
assolto, mentre per i fatti
concernenti il terzo arresto,
avvenuto nel 2006, e già
menzionato, il processo era
ancora in corso.
Si evidenziava, altresì, il ruolo che
egli aveva assunto rispetto al
richiamato sodalizio criminale.
Esito ricorso: respinto
9
Tar Campania, Salerno, Sezione I,
n. 493/2008
INFORMATIVA TIPICA
Con l’originaria denominazione
di E.P.M., la società ricorrente
svolgeva il servizio di pulizia dei
plessi delle istituzioni scolastiche
del Comune di Afragola.
A seguito del cambio di
denominazione sociale da E.P.M.
a M. s.r.l., era stata anche
trasferita la sede sociale da Napoli
a Fiorenzuola d’Arda, in
provincia di Piacenza, e, nel
contempo, erano variati la
persona dell’amministratore unico
(A.C., in sostituzione di E.L.),
nonché
l’intera
compagine
sociale, posto che gli originari
soci avevano venduto tutte le loro
quote alla società O.V.L., la quale
3
IGI – Istituto Grandi Infrastrutture
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risultava,
perciò,
titolare
dell’intero capitale sociale.
L’Ufficio
Territoriale
del
Governo di Piacenza aveva reso
certificazione
liberatoria,
comunicando
che,
dagli
accertamenti esperiti sul conto
della M. s.r.l., non erano emersi
elementi ostativi al rilascio del
nulla osta antimafia.
Tuttavia, il Centro Servizi
Amministrativi di Napoli aveva
disposto la rescissione del citato
contratto, sulla base della nota con
la quale l’Ufficio Territoriale del
Governo di Napoli aveva, invece,
reso un’informativa antimafia
interdittiva a carico della società
ricorrente.
Successivamente,
anche
il
Prefetto di Piacenza mutava
opinione,
rilasciando
un’informativa negativa, anche se
in assenza di nuovi elementi.
In tali atti viene affermato che la
società in questione costituirebbe,
pur dopo un cambio di
denominazione, null’altro che una
prosecuzione della preesistente
E.P.M. s.r.l., già in precedenza
gravata da informativa antimafia
negativa, per la sua riconducibilità
a tale E.L., soggetto ritenuto
collegato a elementi della
criminalità
organizzata
del
napoletano, atteso che, a dispetto
del mutamento della compagine
sociale, nonché della nomina di
un nuovo amministratore unico,
sarebbe però rimasta inalterata la
composizione
del
collegio
sindacale.
Esito ricorso: accolto
10
Tar Campania, Napoli, Sezione I,
31 gennaio 2008, n. 447
INFORMATIVA TIPICA
4
Nell’informativa prefettizia si
dava
atto
delle
seguenti
circostanze:
Con specifico riguardo all’esito
degli accertamenti, veniva messo
in risalto dalla ricorrente che:
1) il ricorrente D.C., titolare
dell’omonima ditta individuale,
risultava controllato in Caiazzo
dai locali CC, unitamente a V.S.,
da Casal di Principe, gravato da
precedenti
penali
per
favoreggiamento
personale,
associazione per delinquere, truffa
e falsi in genere;
1) il ricorrente non ricordava
d’essere stato sottoposto ad un
duplice controllo, rispetto a quello
avvenuto in Caserta;
2) il ricorrente era stato, inoltre,
controllato in Sessa Aurunca,
unitamente ad E.F., da Sessa
Aurunca,
pregiudicato
ed
esponente di spicco del clan dei
M., gravato da precedenti penali
per
associazione
mafiosa,
estorsione, detenzione abusiva di
armi e munizioni ed altro, nonché
insieme a M.P., da Casal di
Principe, gravato da precedenti
penali per associazione per
delinquere
e
traffico
di
stupefacenti.
Emergeva, inoltre, come dalla
banca
dati
della
Polizia,
risultassero i seguenti ulteriori
controlli, cui il ricorrente era stato
sottoposto, in tempi più recenti:
1)
era
stato
controllato,
unitamente ad A.D., da Casal di
Principe, pregiudicato per reati di
estorsione, porto illegale di armi,
ricettazione, associazione per
delinquere
e
traffico
di
stupefacenti;
2) era stato controllato, in Caserta,
insieme a B.F., da Casal di
Principe, pregiudicato per reati di
estorsione, porto illegale di armi,
ricettazione, associazione per
delinquere
e
traffico
di
stupefacenti;
3) lo stesso giorno, in Villa
Literno, il ricorrente era stato,
infine, controllato, unitamente a
M.M., da Caserta, pregiudicato
per reati di associazione a
delinquere
e
traffico
di
stupefacenti.
2)
quanto
all’accertamento
operato in Sessa Aurunca nel
lontano 1994, il ricorrente, pur
confermando la circostanza
d’essere stato controllato dalla
Polizia, unitamente ad M.P., non
ricordava d’essersi trovato, in tale
occasione, in compagnia anche di
E.F., che non conosceva affatto;
inoltre, evidenziava come M.P.,
all’epoca, fosse titolare d’impresa
edile ed incensurato, essendo stato
condannato per delitti legati agli
stupefacenti, solo quattro anno
dopo il suddetto accertamento;
3) non era stato considerato il
rapporto di parentela che lo
legava ad alcuni dei personaggi
ivi indicati e, segnatamente, ai
fratelli M.P. e
M.M. (dai
certificati anagrafici in atti, in
effetti, risulta che M.P. ed M.M.
sono figli di M.V., a sua volta
fratello
della
moglie
del
ricorrente, M.B., sicchè i predetti
M.P. e M.M. sono affini in terzo
grado del ricorrente);
4) quanto a V.S., lo stesso,
insegnante, risultava incensurato,
a parte un carico pendente per
abusivismo edilizio;
5) riguardo al controllo effettuato
in compagnia di M.M., suo affine,
si poneva in risalto come lo stesso
M.M., all’epoca, fosse ancora
privo di alcuna pendenza penale;
6) quanto, poi, all’episodio del
controllo che, a detta dei
Carabinieri, sarebbe avvenuto in
pari data in Caserta, lo stesso era
stato originato da circostanze del
tutto occasionali.
In particolare, racconta il
ricorrente di essersi recato a
Le informative tipiche ed atipiche: che cosa sono? Le risposte della giurisprudenza
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Caserta per adempimenti di
natura bancaria, dove aveva
incontrato la suocera R.A.,
dipendente della Soprintendenza
BB.AA.CC. di Caserta, per far
rientro insieme a casa.
Mentre si trovava al di fuori della
sua autovettura, in attesa della
suocera, era stato avvicinato da
B.F., lontano parente di suo
cognato,
che,
avendolo
riconosciuto, gli aveva offerto un
passaggio.
Proprio in tale frangente era
sopraggiunta una volante della
Polizia, che aveva proceduto al
riconoscimento non solo del
conducente dell’autovettura (vale
a dire di B.F.), ma anche del
ricorrente, che si trovava al suo
esterno.
A comprova di ciò, esibiva
ricevute bancarie, attestanti che
quel giorno si era recato presso la
C., per il pagamento di talune
imposte, ed una dichiarazione
sostitutiva resa dalla suocera,
Sig.ra R.A.
In ogni caso, anche B.F.,
all’epoca del controllo in
questione, era immune dai
pregiudizi penali.
7) con riferimento al controllo in
compagnia di A.D., il ricorrente
evidenziava come lo stesso fosse
avvenuto
nei
pressi
dell’abitazione dello stesso A.D.,
non distante dalla propria
residenza, e come tale rapporto di
vicinato fosse stata l’unica
ragione dell’occasionale presenza
di A.D. nell’autovettura del D.C.,
che l’aveva incontrato poco prima
all’uscita di un bar e che non s’era
saputo sottrarre alla richiesta di un
passaggio a casa, dal medesimo
proveniente.
In ogni caso, la difesa del
ricorrente poneva in risalto come
gli episodi, riferiti dalle Forze
dell’Ordine, fossero avvenuti in
un contesto urbano, come quello
di
Casal
di
Principe,
estremamente popolato, con
pochi luoghi di ritrovo, nel quale
si finiva per conoscere i propri
concittadini per semplice contatto,
senza necessità che tanto
comportasse
anche
una
particolare vicinanza d’interessi
ovvero specifiche frequentazioni.
Esito ricorso: respinto
11
Consiglio di Stato, Sezione V,
31 dicembre 2007, n. 6902
INFORMATIVA ATIPICA
Con la riforma dell’annullamento
dell’informativa,
che
aveva
riguardato la D. s.r.l., società che
ha effettuato la cessione d’azienda
a favore della ricorrente, era stato
stabilito il collegamento tra il
figlio e il marito delle socie della
D. e le organizzazioni criminali:
collegamento che non appariva
desunto dalla sola relazione di
filiazione e di coniugio con le due
socie, ma da elementi, sia pure
indiziari, di indubbia consistenza,
come l’accertato intrattenimento
di conversazioni telefoniche di
pertinente interesse con soggetti
appartenenti a clan camorristici,
attraverso
un
apparecchio
radiomobile intestato alla società
D.
Il collegamento era finalizzato ad
imporre assunzioni accettate per
quieto vivere e per poter
continuare ad operare nella zona,
nonché ad effettuare prestiti di
denaro a titolo usurario.
Le
telefonate
ricevute
presupponevano l’identificazione,
da parte del chiamante, di rapporti
fra la D., titolare dell’utenza, e il
soggetto operante nella società o,
quanto meno, una legittimazione
dello stesso ad interloquire per
detta società.
Che l’Ufficio Territoriale di
Governo di Napoli non abbia
fatto riferimento alla persona del
responsabile tecnico della società
S.A.I., non implica che la sua
attività non potesse essere stata
influenzata
dalla
vicende
pregresse della società D., nella
quale
il
medesimo
era
amministratore e direttore tecnico,
in considerazione del potere
decisionale proprio delle funzioni
rivestite.
Funzioni, la cui conservazione
nella nuova compagine sociale,
erano significative per valutare
l’idoneità morale della S.A.I. ad
essere
aggiudicataria
del
contratto.
Avere conservato il medesimo
soggetto nella stessa posizione
lavorativa rivestita presso la
società D., rappresenta di per sé
un
sintomo
negativo
di
affidabilità della ricorrente.
L’amministrazione ben poteva
risolvere il rapporto contrattuale
di lavoro, proprio in ragione di
quanto in precedenza accaduto
durante il periodo di lavoro
prestato alle dipendenze della
società D., senza attendere lo
scioglimento per dimissioni
volontarie avvenuto nel maggio
2005.
Esito ricorso: respinto
(cfr. Tar Campania, Napoli, Sezione
II, 28 febbraio 2007, n. 1272; Tar
Campania, Napoli, Sezione III, 9
gennaio 2003, n. 3367; Consiglio di
Stato, Sezione VI, 17 luglio 2006, n.
4574)
12
Tar Sicilia, Palermo, Sezione I,
18 dicembre 2007, n. 3439
INFORMATIVA ATIPICA
La vicenda si snoda attraverso
una serie di provvedimenti
5
IGI – Istituto Grandi Infrastrutture
__________________________________________________________________________________________
originati da una precedente
informativa del Prefetto di
Trapani, con la quale era stata
accertata la sussistenza delle
cause
ostative
previste
dall’articolo 10, comma 5-ter,
della l. n. 575/1965 nei confronti
del Sig. R.C., presidente pro
tempore della società ricorrente
A.C. s.r.l., condannato a sei anni
di reclusione per il delitto di
associazione mafiosa.
A
seguito
della
nuova
informativa, la società ricorrente
comunicava
l’avvenuta
variazione della compagine
sociale ed, in particolare, la
sostituzione
del
presidente
dimissionario R.C. con il Sig.
G.P.
La Prefettura di Trapani, in sede
di verifica delle autocertificazioni
prodotte dal presidente e dai
sindaci, attestanti la mancanza di
condizioni
ostative
al
rilascio/proroga della concessione
demaniale,
accertava
l’insussistenza delle cause di
divieto, rilevando, tuttavia, che
R.C., dimessosi dalla carica di
presidente, ha mantenuto la quota
di maggioranza pari ad euro
1.000.000,00, e che G.P.
(presidente) e B.V. (sindaco)
figurano in altre compagini sociali
assieme a R.C.
Esito ricorso: respinto
13
Tar Campania, Napoli, Sezione III,
05 dicembre 2007, n. 15777
INFORMATIVA TIPICA
Le frequentazioni tra V.A., socio
della società ricorrente, ed
esponenti di primo piano del clan
camorristico P., desumibile dal
fatto che egli è stato controllato in
compagnia di G.P., capo
dell’omonimo clan, nonché dalla
presenza all’interno della cava del
6
medesimo G.P., pluripregiudicato
per mafia, omicidio volontario,
porto e detenzione di armi, sono,
infatti, più che idonee a
legittimare
il
sospetto
dell’esistenza
di
un
condizionamento
mafioso
dell’attività
della
società
ricorrente dei fratelli V. ad opera
del clan P.
A nulla rileva la circostanza che il
controllo in compagnia di G.P. sia
avvenuto in luogo pubblico,
atteso che, peraltro, all’atto di tale
controllo, le Forze di Polizia
hanno accertato che il V. si
trovasse insieme a G.P.
In
questo
contesto,
le
contestazioni da parte della
ricorrente in relazione al fatto che
l’assunzione di V.A. sia stata di
breve durata, e che i precedenti
dei fratelli V. siano di lieve entità,
non paiono significative.
Tali circostanze, infatti, non
valgono a sminuire la gravità e la
significatività dei fatti sopra
menzionati, circa i rapporti con il
clan del P. e il rischio di una
indebita interferenza sull’attività
economica
della
società
ricorrente.
pregiudizi di sorta, si comunicava,
tuttavia, che, nel corso degli
accertamenti, era emerso che la
SO.GE.ED. aveva acquisito un
ramo d’azienda, quale affittuaria,
dalla società E. di S.P., con sede
in Santa Maria Capua Vetere, la
quale era stata raggiunta da
decreto interdittivo antimafia, in
seguito alle risultanze delle
indagini, espletate dal G.I.A.
Sempre il Comandante dei
Carabinieri di Caserta precisava,
inoltre, che tale ultima società era
amministrata da S.P., residente in
Casal di Principe, e da B.P., pure
ivi residente, fratello di B.A.
(amministratore unico della
SO.GE.ED.).
Il Comandante Provinciale dei
Carabinieri riteneva che l’affitto
d’azienda in questione fosse
null’altro che un artifizio
finalizzato ad aggirare la
normativa antimafia e, pertanto,
non escludeva che sussistesse, nei
confronti della ricorrente, il
pericolo di infiltrazioni mafiose,
tendenti a condizionare le scelte e
gli indirizzi operativi della stessa
società.
Esito ricorso: accolto
Esito ricorso: respinto
15
14
Tar Campania, Napoli, Sezione I,
29 novembre 2007, n. 15595
INFORMATIVA TIPICA
Dalla lettura degli atti, trasmessi
dalla Prefettura di Caserta, è
emerso che gli elementi, dai quali
è stato desunto il tentativo di
infiltrazione camorristica a carico
della società ricorrente, sono
costituiti da una nota, nella quale,
premesso
che
B.A.,
amministratore unico della società
ricorrente, residente in Casal di
Principe, risultava immune da
Tar Calabria, R. Calabria, Sez. I,
22 novembre 2007, n. 1180
INFORMATIVA TIPICA
L’informativa negativa sulla A.
s.r.l. è fondata solo sul rilievo che
i soci A. e P.A. sono legati da
rapporto di parentela con persone
inserite, a pieno titolo, nella
criminalità locale, senza che alcun
altro elemento indiziario, ulteriore
rispetto alla parentela, sorregga il
giudizio discrezionale di pericolo
di infiltrazione mafiosa, espresso
dall’Amministrazione.
Esito ricorso: accolto
Le informative tipiche ed atipiche: che cosa sono? Le risposte della giurisprudenza
__________________________________________________________________________________________
16
Tar Lazio, Roma, Sezione I,
25 ottobre 2007, n. 10507
17
Tar Campania, Napoli, Sezione III,
08 ottobre 2007, n. 9115
INFORMATIVA TIPICA
INFORMATIVA TIPICA
La nota del Comando Provinciale
di Caserta della Regione
Carabinieri Campania ha posto in
evidenza che la ricorrente E.T.
s.a.s. è a conduzione familiare, in
quanto nella stessa operano tutti i
fratelli F.
Dalle conclusioni della relazione
della Commissione Interforze
risulta che è stato ritenuto
sussistente il condizionamento
della società Fratelli D.P. da
consorterie criminali, in quanto
collaboratori di giustizia hanno
affermato
che
l’impresa
calcestruzzi dei D.P. era impresa
di fiducia del clan M. di Afragola,
con ottimi rapporti con il clan dei
C. e in quanto, al momento
dell’accesso delle Forze di Polizia
presso la sede della ditta in
oggetto, era presente, oltre a
D.P.D., A.A., che registra
pregiudizi
per
associazione
mafiosa, ed altro dipendente della
ditta F., oltre ad A.P., fratello di
A.D., il prestanome di W.S., capo
del clan dei C., e di A.V., affiliato
al medesimo clan.
I Sigg.ri F.A. e F.P., soci della
società ricorrente, sono risultati
immuni da pregiudizi di sorta,
fatta eccezione per F.A., sul conto
del quale figura una pendenza
penale per concorso in gioco
d’azzardo.
Lo stesso F.A., peraltro, risulta
interessato da una segnalazione
del C.E.D. del Dipartimento di
P.S., per reati relativi al settore dei
rifiuti e per il reato di truffa in
concorso.
Il fratello dei soci della società
anzidetta, F.G., amministratore e
liquidatore di talune società di
trasporto,
calcestruzzo,
sbancamento e movimento terra,
risulta,
poi,
essere
stato
controllato dai Carabinieri di
Casal
di Principe presso
l’abitazione di un latitante, in
compagnia di taluni pregiudicati
per associazione mafiosa.
Nei confronti del predetto
nominativo, inoltre, risultano
essere state rese da un
collaboratore di giustizia, nel
corso di un interrogatorio reso al
magistrato inquirente, talune
dichiarazioni,
comprovanti
un’estorsione perpetrata nei
riguardi dello stesso da esponenti
di clan camorristici, in relazione
ad attività di sbancamento,
all’epoca svolte nella zona di
Caiazzo.
Esito ricorso: respinto
Va, inoltre, rilevato che, sempre
dagli accertamenti effettuati dalle
Forze di Polizia, si evince che i
fratelli D.P.P. e D.P.R. sono stati
arrestati per art. 416-bis,
nell’ambito del procedimento nel
quale i collaboratori di giustizia
hanno reso le dichiarazioni
valorizzate dalla Commissione
Interforze, ai fini della valutazione
circa la sussistenza del pericolo di
condizionamento mafioso.
Tali dichiarazioni, rese tra il 1996
ed il 1997, devono, però, essere
riferite ai rappresentanti legali
della società dell’epoca (D.P.P. e
R.), inquisiti, appunto, in detto
procedimento.
Risulta,
inoltre,
dalla
consultazione dell’archivio del
Centro Operativo di Napoli, che
uno dei fratelli ricorrenti figura in
due informative di reato: la prima,
redatta dal GI.CO. nel 1994, per
reati finanziari, e la seconda dalla
stesso GI.CO., per il reato di cui
all’art. 416-bis c.p. e per falsi in
genere.
Nel caso di specie, deve giungersi
alla conclusione che l’informativa
prefettizia impugnata si presenta
lacunosa
sotto
il
profilo
dell’istruttoria
e
della
motivazione.
In primo luogo, infatti, non risulta
che l’informativa prefettizia
faccia
alcun
cenno
alla
sopravvenienza della sentenza di
assoluzione n. 1266/2000 del
Tribunale di Santa Maria Capua
Vetere, nei confronti dei germani
P. e R.D.P., ai quali, addirittura, è
stata corrisposta la riparazione per
ingiusta detenzione.
La sola presenza di A.P. nel sito
della cava, per quanto inquietante,
non può, tuttavia, ritenersi di per
sé significativa, in assenza di altri
elementi indiziari o, almeno, di
valutazioni
logico-deduttive
plausibili, di un tentativo di
condizionamento mafioso in atto.
L’informativa, infatti, non ha
tenuto conto del fatto che tale
presenza potrebbe anche essere
dovuta a normali rapporti di tipo
commerciale della sua impresa (la
E.B. s.r.l.) con la C.G.F. s.r.l.
Alle stesse conclusioni deve
giungersi anche per quanto
riguarda la presenza, al momento
dell’accesso, di A.A., gravato da
pregiudizi penali per associazione
mafiosa, ricettazione ed altri reati.
L’informativa, infatti, nel dare
atto che egli risulterebbe
dipendente della ditta C. di C.F.,
la quale ha comprovati rapporti
commerciali con la C.G.F. s.r.l.,
non spiega per quale ragione la
sua presenza potrebbe costituire
un indice di un tentativo di
condizionamento mafioso.
Infine, le risalenti informative
della Polizia, nelle quali figura il
nome di D.P.D., in relazione a
7
IGI – Istituto Grandi Infrastrutture
__________________________________________________________________________________________
non meglio specificate richieste
per reati finanziari, non possono
da sole dirsi particolarmente
significative di una contiguità
della società con ambienti della
criminalità organizzata.
Esito ricorso: accolto
18
Tar Lazio, Roma, Sezione III ter,
02 agosto 2007, n. 7432
INFORMATIVA TIPICA
L’informativa
antimafia
è
integralmente
derivata
dal
provvedimento, di rigore, adottato
a carico della società E.B., esteso
in via derivata alla società
ricorrente A. s.r.l., in virtù
dell’identità soggettiva dei soci
delle due compagini.
Ne deriva che, essendo venuta
meno, per effetto della sentenza
del
Giudice
di
appello,
l’informativa antimafia a carico
della E.B., il correlativo giudizio
espresso a carico della società A.
deve ritenersi conseguentemente
caducato.
Esito ricorso: accolto
19
Tar Campania, Napoli, Sezione VI,
02 agosto 2007, n. 7226
INFORMATIVA TIPICA
Il fulcro dell’indagine attiene alla
esistenza di un procedimento
penale, nel corso del quale l'ex
amministratore della ricorrente E.
s.p.a. è stato tratto in arresto, con
la misura di massimo rigore, in
relazione ad ipotesi di reato di
associazione a delinquere (art.
416-bis c.p.).
8
L'ordinanza coercitiva e gli atti
degli Organi di Polizia, acquisiti
nel corso dell'indagine, hanno
ipotizzato uno stretto rapporto
collaborativo
fra
l'impresa,
mediante il suo amministratore
unico, ed un noto clan operante
nel potentino.
A fronte di tali circostanze, parte
ricorrente ha documentato che il
Tribunale del Riesame, poco
tempo
dopo
l'emissione
dell'ordinanza custodiale, ha
annullato la misura coercitiva per
carenza dei gravi indizi di
colpevolezza.
In particolare, dall’analisi del
provvedimento
di
riesame,
emerge che l'amministratore di E.
è stato contattato da esponenti del
clan potentino per rinunziare al
contenzioso su una gara di
appalto di pulizia locale, e per
subappaltare i lavori di un
ulteriore appalto che la società si
era aggiudicato.
Egli avrebbe, dunque, subito una
pressione malavitosa, diretta a
favorire le società che orbitavano
intorno
all'associazione
a
delinquere
dominante
nel
territorio locale.
Peraltro,
a
seguito
di
impugnazione del provvedimento
da parte della Procura, la Corte di
Cassazione
ha
dichiarato
inammissibile
il
ricorso,
confermando l'ordinanza emessa
dal Tribunale del Riesame.
In ogni caso, il ricorrente
documenta l'esito finale del
procedimento penale in esame, il
quale si è concluso con la
richiesta di archiviazione da parte
del Pubblico Ministero.
Dall'analisi di tali atti si evince
che la motivazione di chiusura del
procedimento penale a carico
dell'ex amministratore di E. s.p.a.
risiede nella circostanza che
l'indagato è risultato estraneo alla
realtà associativa di cui, peraltro,
ricorre la prova degli elementi
costitutivi, non essendo emersi
ulteriori elementi utili a carico
dello stesso.
Esito ricorso: accolto
20
Tar Calabria, Catanzaro, Sezione I,
17 luglio 2007, n. 991
INFORMATIVA TIPICA
Il
giudizio
espresso
nell’informativa
interdittiva
dell’Ufficio
Territoriale
di
Governo di Vibo Valentia si
fonda sulle seguenti circostanze di
fatto, emerse dagli accertamenti
effettuati dalle Forze di Polizia:
1) a carico di E.D., padre dei soci,
i fratelli E.R., F., M. e A.,
sussisteva,
alla
data
dell’informativa,
un
procedimento penale pendente
per il delitto di cui all’art. 416-bis
c.p., per il quale è stato tratto in
arresto, nonché due condanne,
passate in giudicato, per i reati di
estorsione continuata e in
concorso e ricettazione in
concorso, nonché una proposta,
non accolta, per la misura di
prevenzione della sorveglianza
speciale;
2) il Sig. E.D., in occasione di un
sopralluogo nei cantieri della ditta
ricorrente, non solo si trovava sul
posto, ma appariva anche ben
edotto della conduzione del
cantiere, a testimoniare il suo, non
solo potenziale, bensì reale
coinvolgimento nell’attività dei
figli;
3) il socio E.A. risulta coniugato
con la figlia di L.B.C., noto
esponente e capo storico della
omonima famiglia di Vibo
Valentia, risiede nello stesso
stabile dove abita L.B.P., altro
figlio di L.B.C.
Le informative tipiche ed atipiche: che cosa sono? Le risposte della giurisprudenza
__________________________________________________________________________________________
Esito ricorso: respinto
21
Tar Campania, Napoli, Sezione I,
09 luglio 2007, n. 6591
INFORMATIVA ATIPICA
La misura interdittiva impugnata
appare basata su un insieme di
elementi che sono indicati in:
rapporti
di
parentela,
frequentazioni,
precedenti,
nonché cointeressenze societarie e
gestionali.
Negli atti istruttori presi in esame
dal Gruppo Interforze Antimafia,
un accento particolare è stato
posto sulla figura di D.P.G. (ex
socio della C. s.r.l. e padre del
socio D.P.F.), di cui viene riferito
che si sarebbe trattato del reale
amministratore della società del
gruppo.
Parte ricorrente eccepisce la
estraneità formale di D.P.G. alla
C. s.r.l., avendone ceduto le
quote, ma la sua posizione di
cointeressenza
sostanziale
nell’attività della C. è dimostrata
proprio dall’episodio concernente
la sua presenza nei locali del
Comune di Arzano, in compagnia
del responsabile tecnico della C.,
allo scopo di sollecitare presso il
Segretario generale del Comune il
rilascio di un permesso di
costruire per un capannone della
C. stessa.
Più precisamente, va detto che i
rapporti di parentela e le connesse
cointeressenze
societarie
e
gestionali, di cui si tratta, sono i
seguenti:
1) D.P.G., quale socio e
amministratore della S.C., aveva
legami
con
le
attività
imprenditoriali riconducibili alla
famiglia E., avente diversi profili
di contiguità al clan camorristico
M.
In particolare, socio della S.C. era
anche E.U., accomandatario della
E.U. s.a.s., con sede allo stesso
indirizzo della S.C., il quale era
figlio del defunto E.G., definito
fiancheggiatore della N.C.O.,
successivamente transitato al clan
M., e fratello di E.F., il cui marito
era socio ed amministratore unico
della E.R. s.r.l.
La S.C. e l’E.U. s.a.s. avevano
presentato
un
piano
di
lottizzazione, in qualità di
comproprietari di un terreno, con
la E.R.
Nessuna decisiva importanza è
stata attribuita alle vicende
giudiziarie, che hanno coinvolto i
germani
D.P.
a
seguito
dell’indagine E., su cui parte
ricorrente a lungo si trattiene per
dimostrarne la irrilevanza ai fini
del giudizio antimafia.
Tuttavia, nella comunicazione
dell’A.S.I.A., veniva rimarcata,
specificamente, la circostanza che
dal casellario giudiziale e carichi
pendenti del Sig. M.D.P.
insistono
reati
di
natura
ambientale.
Di quest’ultima società, oltre alla
sorella di E.U., era socia A.R.,
coniugata con E.G., a sua volta
nipote del predetto E.G. e,
dunque, parente di E.U., già
definito in passato dalla Squadra
Mobile della Questura di Napoli
esponente di spicco della malavita
organizzata, ed unico referente tra
i capi indiscussi dell’intera
organizzazione criminale della
potente famiglia M. di Afragola, il
quale avrebbe in passato trattato
direttamente l’acquisto di un
immobile per la E.R.
La circostanza, di per sé
considerata, rende moralmente
inidoneo contrarre con soggetti
gravati
di
precedenti
o
procedimenti penali per reati
attinenti al settore dei rifiuti.
Inoltre, in un cantiere della E.R.,
era risultato presente in via
continuativa,
con
funzioni
direttive, tale S.R., fratello di un
pluripregiudicato appartenente al
clan M., assassinato, come la
moglie, in un agguato di stampo
mafioso.
INFORMATIVA TIPICA
2) la moglie di D.P.G. era socia
accomandante della società di
costruzioni I. s.a.s., di cui era
accomandataria la figlia di R.S.,
deceduto,
indicato
quale
costruttore per conto del clan M.
La significanza di tali elementi,
per i legami che pongono in luce,
non può venir meno solo perché,
poco tempo addietro, sia D.P.G.,
che la di lui moglie, avevano
ceduto le loro partecipazioni
sociali.
Esito ricorso: respinto
22
Tar Campania, Napoli, Sezione I,
12 giugno 2007, n. 6081
La circostanza centrale posta a
base del giudizio sfavorevole a
carico della ricorrente viene
ravvisata nella posizione dei tre
proprietari della società, i quali
risultano
interessati
da
segnalazioni relative a reati contro
la Pubblica Amministrazione
(concussione e peculato), non
solo intrinsecamente gravi dal
punto di vista criminoso, ma
anche direttamente ricollegati alla
gestione dell'attività di riscossione
tributi, oltre ad essere interessati
da precedenti concernenti il falso
ed il gioco d'azzardo.
All'interno di tale quadro, si
inserisce, in particolar modo, la
posizione di uno dei tre soci, il
quale, oltre ad essere destinatario
del provvedimento prefettizio di
divieto di detenzione di armi ed
9
IGI – Istituto Grandi Infrastrutture
__________________________________________________________________________________________
esplosivi, risulta essere il figlio di
un pluripregiudicato, annoverato
come affiliato del clan dei C., e
proposto per l'irrogazione della
sorveglianza
di
pubblica
sicurezza.
La cornice dei presupposti a base
dell'informativa tipica risulta, poi,
completata dalla cointeressenza
degli altri due soci, nei primi anni
novanta, con un altro esponente
del clan dei C., gestore di una
bisca clandestina.
Sul punto, la difesa di parte
ricorrente denunzia l'inattualità di
tale vicenda e l'impertinenza del
richiamo alla cointeressenza con
un soggetto che è stato
destinatario dell'ordinanza di
custodia cautelare solo alcuni anni
più tardi, laddove la società
comune era stata posta in
liquidazione nel 1993.
In particolare, l’informativa ha
posto l'accento sul dato della
potenziale influenza e del
condizionamento latente, che le
coinvolte associazioni criminali
possono
esercitare
sullo
svolgimento
di
attività
economiche formalmente lecite,
in ragione della strettissimo e
particolarmente
qualificato
rapporto di parentela esistente tra
un socio dell'impresa in questione
ed un soggetto colpito da
condanna per reati di matrice
camorristica.
In disparte, la scarsa significanza
di una cessione avvenuta nel
corso di un procedimento di
accertamento della contiguità
mafiosa dell'impresa, l'avvenuta
cessione all'interno della famiglia
sembra viceversa rafforzare l'idea
di una comunione gestionale ed
economica del gruppo familiare.
Esito ricorso: respinto
23
10
Consiglio di Stato, Sezione V,
12 giugno 2007, n. 3126
INFORMATIVA TIPICA
Conferma il Consiglio di Stato
che l’attualità dei fatti e del
rischio derivante dall’emersione
di tentativi di infiltrazione della
criminalità
organizzata
in
organismi imprenditoriali, va
intesa nel senso che, se non vi
sono fatti nuovi, rispetto ad una
precedente
valutazione
di
presenza di tentativi siffatti, non è
ragionevole, per ciò solo,
concludere per il venir meno di
essa.
Esito ricorso: respinto
(cfr. Tar Campania, Napoli,
Sezione I, aprile 2005, n. 3577)
24
Tar Sicilia, Catania, Sezione IV,
08 giugno 2007, n. 964
INFORMATIVA TIPICA
Secondo la Prefettura di Enna, la
C.A.T. s.r.l. sarebbe permeabile al
condizionamento
mafioso,
soltanto perché i proprietari delle
quote di partecipazione alla
suddetta società sono parenti od
affini del Sig. C.G., relativamente
al
quale
viene
ritenuta
determinante
un’asserita
condanna per i reati di cui all’art.
416-bis, assieme ad altri esponenti
di spicco della criminalità
organizzata di stampo mafioso,
fra i quali viene citato tale V.V.,
noto e pericoloso capomafia.
Osserva il Collegio che, al di là
del mero rapporto di parentela,
non vi è traccia di alcun elemento
volto a suffragare il rischio della
permeabilità dell’impresa.
Nè risultano accertati fatti che,
anche in via ipotetica, possano
ricondurre, ancora oggi, l’operato
della società al Sig. C., anche in
considerazione del fatto che la
figlia ed il genero vivono lontani
dal predetto.
La circostanza che le quote di
partecipazione della ricorrente
C.A.T. siano intestate alla moglie,
alla figlia ed al genero del Sig.
C.G., non può costituire, di per sé,
prova sufficiente di infiltrazione
nella gestione dell’impresa, atteso
che a tale dato anagrafico non si
accompagna
un’acclarata
frequentazione e comunanza di
interessi, da parte di tali
intestatari, con ambienti della
criminalità.
Esito ricorso: accolto
25
Tar Lazio, Roma, Sezione III ter,
07 maggio 2007, n. 4043
INFORMATIVA TIPICA
Le informazioni fornite dalla
Prefettura di Vibo Valentia
concludono nel senso che, poiché
M.F.A., padre del ricorrente, è
affiliato al sodalizio criminoso
denominato L.R., operante nella
Provincia di Vibo Valentia, è
ragionevole ritenere che l'attività
della citata ditta possa essere
strumentale anche alla gestione e
al perseguimento di affari illeciti.
Esito ricorso: respinto
26
Tar Campania, Napoli, Sezione I,
04 maggio 2007, n. 4739
INFORMATIVA TIPICA
Il giudizio di controindicazione
sulla C.P.G. s.p.a. si fonda sulla
sussistenza di plurimi, univoci e
concordanti indizi di permeabilità
e/o contiguità della società col
contesto camorristico come
Le informative tipiche ed atipiche: che cosa sono? Le risposte della giurisprudenza
__________________________________________________________________________________________
richiamato dalla Polizia di Stato
di Afragola, che riferisce, altresì,
che, sin data del 14 settembre
2005, soci della C.P.G. erano i
germani C., la cui famiglia di
origine risultava strettamente
legata, non solo per parentela, ma
anche per assidua frequentazione,
ad esponenti della famiglia M.
Difatti:
1) i germani C. sono figli di C.S.,
il quale, imparentato con il
capostipite del clan M. tramite la
nonna materna, aveva avuto
colloqui con M.L., durante il
periodo di detenzione in carcere
di questi; lo stesso dicasi per i
genitori, la sorella di C.S. ed il
marito di quest’ultima;
2) la sorella di C.S. aveva ospitato
nella sua abitazione M.T., durante
il periodo di ricovero della
convivente di M.A.
Il quadro che ne emerge è di un
intero contesto familiare legato da
consuetudine e contiguità con i
M.,
dovendosi
senz’altro
convenire col provvedimento
della
Sezione
Misure
di
Prevenzione del Tribunale, nel
senso che le frequentazioni con
M.L., durante il suo periodo di
detenzione, paiono espressione
sintomatica di collateralità e
vicinanza ideologica ad esponenti
del crimine organizzato.
Si tratta di circostanze non
indifferenti ai fini in esame,
considerando
la
vocazione
familiare della società ricorrente,
che non sembra venuta meno col
mutamento della compagine
sociale del settembre 2005,
poiché alla fuoriuscita di due dei
fratelli C. non solo è corrisposto il
rafforzamento della quota di C.F.,
ma l’ingresso, come socio, del
nipote di C.S.
Completa il quadro ambientale la
circostanza della coincidenza di
indirizzo tra la sede della società,
sino al 14 settembre 2005, la
residenza di C.F. e di M.B., figlio
di M.A., considerato massimo
esponente del clan M. di
Afragola.
Esito ricorso: respinto
27
Consiglio di Stato, Sezione VI,
02 maggio 2007, n. 1916
INFORMATIVA TIPICA
A differenza del Tar Campania, il
Collegio ritiene che gli elementi
indiziari posti alla base della
informativa non siano di per sé
sufficienti
a
giustificare
l’adozione
della
misura
interdittiva.
Deve, innanzitutto, escludersi che
la ricorrente società E.C. continui
ad essere nella disponibilità degli
stessi soggetti, nei cui confronti il
Prefetto di Caserta aveva emesso
l’informativa interdittiva, e che
essa, dunque, non sia altro che la
continuazione della E.C.
Invero, a seguito dell’informativa
antimafia volta a contestare la
posizione
degli
allora
amministratori G.A. e S.R., con
verbale di assemblea straordinaria
del 22 giugno 2000:
1) è stata modificata la
denominazione sociale della
società da E.C. a E.C.;
2) è stata trasferita la sede legale
della società da Caserta a Napoli;
3) sono stati sostituiti i precedenti
amministratori,
essendosi
nominato come amministratore
unico il Sig. I.S.
Successivamente, i soci E.C., S.C.
e G.T. hanno ceduto le proprie
quote sociali ai soci della nuova
società E.C., I.S. e D.L.G.
Infine, non solo i soci Sigg. G.A.
e S.R. non rivestono alcuna carica
all’interno della E.C., ma gli
attuali soci e amministratori I. e
D.I. non hanno con essi alcun
rapporto di parentela.
Secondo la ricostruzione operata
dalla Prefettura, l’elemento di
collegamento tra le compagini
delle due società, sintomatico
della continuazione di E.C.,
sarebbe
costituito
dalla
circostanza che il Sig. I, attuale
socio e amministratore della E.C.,
è il cognato di S.C., a sua volta
moglie di S.R., e già detentrice di
una quota sociale nella E.C.
Ma da ciò non può trarsi la
conclusione che il mutamento
dell’assetto societario sarebbe
soltanto apparente e che esso
rappresenterebbe
un
mero
espediente volto ad evitare gli
effetti della misura interdittiva
adottata dal Prefetto di Caserta.
Intanto, deve darsi atto che le
operazioni poste in essere
all’indomani
dell’informativa
prefettizia emessa nei confronti
della
E.C.
palesano
l’intendimento della società di
liberarsi da ogni precedente
condizionamento
mafioso
attraverso l’integrale sostituzione
della compagine sociale.
Quanto ai rapporti di parentela
indicati nella relazione della
Prefettura, che sarebbero la spia
della asserita continuità tra
vecchia e nuova società, a parte il
rilievo che, in realtà, il rapporto
che lega lo I. a S.C. è di semplice
affinità, ritiene il Collegio che tali
rapporti non possano essere
assunti quali indizio della non
estraneità della società ricorrente
alle consorterie camorristiche, né
tantomeno come prova che la
società sia rimasta nell’ambito
della stessa cerchia familiare e,
pertanto, continui ad essere
esposta
a
condizionamenti
mafiosi.
11
IGI – Istituto Grandi Infrastrutture
__________________________________________________________________________________________
La circostanza, dunque, che
l’attuale socio e amministratore
unico sia imparentato o, più
esattamente, legato da un rapporto
di affinità con S.C., il cui marito è
ritenuto elemento collegato a clan
mafiosi, non può essere di per sé
prova sufficiente di infiltrazione
mafiosa
nella
gestione
dell’impresa, ove a tale dato
anagrafico non si accompagni una
acclarata
frequentazione
e
comunanza di interessi con
ambienti della criminalità di cui,
peraltro, non vi è traccia negli atti
impugnati.
Esito ricorso: accolto
(cfr. Tar Campania, Napoli,
Sezione I, 02 marzo 2006, n.
2533)
28
Tar Campania, Salerno, Sezione I,
26 aprile 2007, n. 458
INFORMATIVA ATIPICA
Il presupposto su cui si fonda il
pericolo di infiltrazione mafiosa
consiste in una cointeressenza tra
un consigliere di amministrazione
della A. s.r.l. con la società S.A., i
cui organi elettivi sono stati
disciolti per condizionamento da
parte
della
criminalità
organizzata.
Tale società è stata dichiarata
fallita con sentenza del Tribunale
di Taranto n.77/04 ed il
consigliere, con il quale vi
sarebbe stata la cointeressenza, ha
assunto tale carica soltanto due
mesi prima di tale pronuncia.
I
precedenti
penali,
che
riguardano la persona di detto
consigliere, sono estranei al
novero tassativo dei reati
riconducibili alla criminalità
mafiosa.
Il pregiudicato, in compagnia del
quale il medesimo consigliere
12
sarebbe stato sorpreso, non è
gravato da precedenti penali di
stampo camorristico.
parentela,
nonché
dal
rinvenimento, in un’autovettura
della società, di documenti
personali allo stesso riconducibili.
Esito ricorso: accolto
29
Tar Campania, Salerno, Sezione I,
19 aprile 2007, n. 427
INFORMATIVA TIPICA
La revoca dell’affidamento del
servizio alla G. s.r.l. e la relativa
interdittiva antimafia risultano
emesse all’esito di una precedente
complessa vicenda, parimenti
contrassegnata da atti di revoca in
danno della società ricorrente, le
cui ragioni venivano riconosciute
dal Tar Campania, Napoli,
Sezione I, con sentenza 8
novembre 2005, n. 18714, a
seguito della quale anche il Tar
Campania, Salerno, con sentenza
23 dicembre 2005, n. 3078,
provvedeva ad annullare la
misura atipica adottata.
Nonostante i chiarimenti resi dalla
ricorrente in ordine al quadro
indiziario, il gruppo di lavoro
investigativo riteneva sussistere,
in termini di attualità, ulteriori
elementi utili a sorreggere una
nuova informativa antimafia
tipica, con specifico riferimento
alla figura di N.G., i cui effetti
personali, rinvenuti all’interno
dell’auto della G. s.r.l., avrebbero
evidenziato
come
questo
pericolosissimo malavitoso di
oltre Oceano sia ancora oggi
cointeressato
alle
attività
delittuose dei suoi germani.
In sostanza, il nuovo elemento
sarebbe dato dalla figura di N.G.,
detto “J.”, nato a Saviano nel
1939, elemento di primo piano
della criminalità organizzata
internazionale e zio degli attuali
soci della G. s.r.l., i cui legami
con
la
società
sarebbero
evidenziati dal rapporto di
Le riferite circostanze vengono
smentite dalla parte ricorrente,
che assume essersi verificato un
evidente scambio di persona tra lo
zio dei soci della G. s.r.l., cioè
N.G., nato a Saviano nel 1939, e
N.G., detto “J.”, nato a Saviano
nel 1959, e che detto scambio di
persona sarebbe già stato chiarito
in
occasione
dell’audizione
relativa alla predente informativa
antimafia.
Esito ricorso: accolto
30
Tar Campania, Napoli, Sezione III,
05 aprile 2007, n. 3217
INFORMATIVA TIPICA
Il titolare della ditta individuale
P.L. è stato rinviato a giudizio per
il reato di tentata estorsione e tale
provvedimento è tra quelli che
l’art.10, comma 7, lettera a) della
legge n.252 del 1998 considera, di
per sé, sintomatico dei tentativi di
infiltrazione mafiosa, senza che
possa rilevare il carattere tentato o
consumato del delitto o che sia in
concreto necessario l’esame
dell’intero provvedimento, tenuto
conto anche del fatto che il
dibattimento è disposto dal GUP,
solo ove non ritenga di definire il
processo nella fase preliminare, e
senza una particolare motivazione
nel merito circa l’ascrivibilità dei
fatti delittuosi, riservata, appunto,
al giudice del dibattimento.
Inoltre, lo stesso risulta sottoposto
alla misura di prevenzione
personale
dell’avviso
orale,
prevista dall’art. 2 della l. n.
327/98, per coloro che debba
ritenersi, sulla base di elementi di
fatto, debba ritenersi abitualmente
dediti a traffici delittuosi, per
Le informative tipiche ed atipiche: che cosa sono? Le risposte della giurisprudenza
__________________________________________________________________________________________
coloro che, per la condotta ed il
tenore di vita, debba ritenersi che
vivono abitualmente, anche in
parte, con i proventi di attività
delittuose e, infine, per coloro
che, per il loro comportamento,
debba ritenersi che sono dediti
alla commissione di reati che
offendono o mettono in pericolo
l’integrità fisica o morale dei
minorenni, la sanità, la sicurezza
o la tranquillità pubblica.
Ciò posto, non possono non
rilevare le ulteriori circostanze
che la medesima annotazione nel
certificato dei carichi pendenti fa
riferimento anche ai reati di
lesioni personali aggravate, di
detenzione di porto d’armi da
fuoco e che, analogamente, il P.
nel 1997 ha conseguito una
pronuncia di non doversi
procedere per i reati di minacce e
lesioni solo per intervenuta
remissione di querela.
Esito ricorso: respinto
31
Tar Campania, Napoli, Sezione I,
20 marzo 2007, n. 2493
INFORMATIVA TIPICA
L’informativa antimafia è fondata
su elementi di fatto, che hanno
costituito oggetto di valutazione
da parte del G.I.A. e che sono stati
acquisiti nel corso di accertamenti
compiuti dalle Forze dell’Ordine,
a seguito di un esposto anonimo
pervenuto
presso
l’Ufficio
Territoriale del Governo di Napoli
lo stesso giorno in cui alla società
ricorrente era stata rilasciata
un’informativa favorevole, poi
revocata.
Detti elementi consistono nella
supposta
esistenza
di
un’associazione temporanea di
imprese tra la G.S. s.r.l. e due
imprese gravate da interdittiva
antimafia, al fine di gestire il
servizio di igiene urbana nel
comune
di
Giugliano
in
Campania
In secondo luogo, elementi di
controindicazione erano stati
individuati in collegamento con la
società C., attualmente fallita,
anche
questa
colpita
da
provvedimento interdittivo.
Gli elementi di contatto, che
consentivano di considerare la
società ricorrente come una
sostanziale continuazione della
C., erano individuati nella
coincidenza della sede di
quest’ultima
con
l’attuale
deposito dei mezzi della G.S.
s.r.l., nonché nella figura
dell’amministratore di questa, che
era un ex dipendente della C.
Inoltre, emergeva che il socio di
minoranza della ricorrente, G.F.,
era
figlio
di
G.D.
ex
amministratore della C., indagato
ed arrestato per reato associativo
di natura mafiosa, oltre che
fratello di G.A., anche questo
pregiudicato, la cui presenza era
stata notata ad un banchetto di
nozze di un soggetto affiliato ad
un clan malavitoso locale,
circostanza in cui la Polizia
Giudiziaria aveva proceduto
all’arresto
di
un
noto
pluripregiudicato.
Il Tribunale ha smentito tali
fatti, poiché ritenuti inidonei a
sostenere
un’ipotesi
di
contiguità mafiosa della società
ricorrente, dal momento che
non sussiste la circostanza
relativa
all’esistenza
di
un’associazione temporanea di
imprese, due delle quali gravate
da pregiudizi antimafia, cui
avrebbe partecipato la G.S.
s.r.l.
Gli elementi addotti riguardo
alla C. si ascrivono alla
personalità
del
suo
amministratore unico, G.D.
Ebbene, in epoca antecedente
all’adozione del provvedimento
interdittivo, gli elementi indiziari
di una presunta contiguità mafiosa
di
costui,
originariamente
contenuti in un provvedimento
cautelare ed in una richiesta di
applicazione di misura di
prevenzione
personale
e
patrimoniale, sono stati oggetto di
valutazione definitiva da parte del
Tribunale di Napoli, che ha
escluso
che
la
condotta
dell’amministratore della C.,
seppur implicante ipotesi di reati
contro
la
Pubblica
Amministrazione, potesse essere
anche
significativa
di
un’orbitanza mafiosa.
Pur in presenza di due
provvedimenti del Tribunale di
Napoli, che non hanno accolto
l’ipotesi di una contiguità mafiosa
della C. e del suo amministratore
G.D. e, quindi, ritenendo a tal fine
inadeguati gli elementi contenuti
nell’ordinanza cautelare, posta a
fondamento
dell’interdittiva
antimafia impugnata, l’Ufficio
Territoriale di Governo di Napoli
ha sostenuto, senza addurre
ulteriori elementi di fatto o,
comunque,
senza
confutare
quanto asserito dal giudice penale
e della prevenzione, l’ipotesi di
sussistenza
di tentativi di
infiltrazione mafiosa nella G.S.
s.r.l. attraverso la medesima C.
Tale valutazione, in assenza di
qualsiasi altro elemento di
sospetto, appare carente sotto il
profilo dell’istruttoria e della
motivazione
in
punto
di
contiguità mafiosa.
Esito ricorso: accolto
32
Tar Campania, Napoli, Sezione I,
28 febbraio 2007, n. 1281
INFORMATIVA TIPICA
13
IGI – Istituto Grandi Infrastrutture
__________________________________________________________________________________________
In punto di fatto, alla luce dell’iter
istruttorio seguito dall’Ufficio
Territoriale di Governo e degli
elementi
fattuali
posti
a
fondamento
del
formulato
giudizio sfavorevole a carico
dell’impresa ricorrente, emerge
che le circostanze poste a base di
tale
conclusione
sono
riconducibili a due fattori.
Il primo è relativo ai precedenti
penali
di
un
soggetto,
doppiamente legato da vincoli
coniugali e parentali agli
amministratori della società, fra i
quali spicca l’arresto e la custodia
cautelare in carcere per il reato di
cui all’art. 416-bis c.p., nonché
per reati di altra natura.
Il secondo concerne un episodio
in cui uno dei soci è stato oggetto
di un’aggressione con uso di armi
da fuoco.
La legittimità dell’informativa
non può ritenersi inficiata dalla
circostanza che i suoi destinatari
siano immuni da precedenti
penali o risultino essere stati
assolti da fatti penalmente
rilevanti in processi celebrati a
loro carico.
Pertanto, l’esito assolutorio del
procedimento penale, in cui il
coniuge e genitore degli
amministratori è stato assolto non
è, di per sé, circostanza
necessariamente
idonea
ad
annichilire gli elementi di
indagine, che hanno viceversa
condotto ad una ordinanza
cautelare
impositiva
della
massima misura di rigore.
Nè risulta che, al di là del
dispositivo della sentenza, vi
siano stati elementi di giudizio
positivamente valutabili, al fine di
escludere con certezza la
vicinanza
dell’imputato
ad
ambienti
di
criminalità
organizzata.
Una
denuncia
di
reato
successivamente archiviata o una
14
ordinanza cautelare, pur seguita
da una sentenza di assoluzione,
possono ben valere come indizi di
infiltrazione mafiosa, rilevanti ai
fini dell’informativa antimafia.
Infatti, non può disconoscersi che
talune evenienze sfavorevoli,
quali la informazione di garanzia,
le imputazioni o le dichiarazioni
di collaboratori di giustizia,
costituiscano elementi presuntivi
del rischio di infiltrazione mafiosa
e, quindi, possano rappresentare
legittimo
presupposto
della
relativa informazione prefettizia, a
meno che tali elementi non siano
in
concreto
smentiti
dall’andamento processuale dei
fatti in contestazione.
Nè può opporsi che le suddette
emergenze hanno riguardo a
familiari
non
interessati
all’esercizio
dell’attività
autorizzata, poiché il rapporto di
parentela non è considerato di per
sé, ma rappresenta l’humus per
l’infiltrazione mafiosa o, quanto
meno, per possibili interferenze
illecite della malavita nella vita
societaria.
Esito ricorso: respinto
33
Tar Campania, Napoli, Sezione I,
28 febbraio 2007, n. 1278
INFORMATIVA TIPICA
E.C., con sede in Napoli e con
amministratore
unico,
L.S.,
detentore del 70% delle quote
sociali;
2) G.A., già amministratore unico
della società E., è nipote di S.V.,
S.R. e S.G.: il primo,
imprenditore edile, pregiudicato
affiliato al clan camorristico B.
operante in Marcianise e comuni
limitrofi, con numerosi precedenti
penali a carico; il secondo,
imprenditore edile, con pregiudizi
penali per reati ecologici ed
omessa custodia di armi, nonché
fiancheggiatore del clan B.; il
terzo, pregiudicato, affiliato alla
N.C.O., deceduto a colpi di arma
da fuoco e fedele servitore del
boss C.P.;
3) la società E., nonostante il
mutamento
formale
della
denominazione e della sede,
continuava ad essere nella
disponibilità degli stessi soggetti,
nei cui confronti il Prefetto di
Caserta
aveva
emesso
l’informativa interdittiva, come si
ricava dall’esame dei soggetti
interessati dai movimenti di
cessione delle quote sociali,
avvenuti in connessione con il
cennato
cambio
di
denominazione, e puntualmente
riportati nella citata relazione.
Esito ricorso: respinto
34
Risulta dalla documentazione in
atti che:
Tar Campania, Napoli, Sezione II,
28 febbraio 2007, n. 1272
1) la società ricorrente, fino all’8
settembre 2000 denominata E.
con sede in Caserta, era già stata
colpita da informativa prefettizia
tipica, in relazione agli stretti
collegamenti
che
i
suoi
amministratori avevano avuto con
la criminalità organizzata e che,
successivamente cancellata dal
registro delle imprese di Caserta,
aveva mutato denominazione in
INFORMATIVA ATIPICA
La ricorrente S.A.I. s.r.l. è
subentrata, per cessione di
azienda del 22 novembre 2001,
alla
società
D.
s.r.l.,
nell’espletamento del servizio di
igiene urbana del Comune di San
Giuseppe Vesuviano, protrattosi
sino all’anno 2005, quando è stata
indetta la gara per l’affidamento
Le informative tipiche ed atipiche: che cosa sono? Le risposte della giurisprudenza
__________________________________________________________________________________________
del servizio di igiene ambientale
per
la
raccolta
integrata
domiciliare, spazzamento viario e
servizi accessori.
società, per il tramite di soggetto
in grado di determinare, per i ruoli
ricoperti, scelte ed indirizzi delle
aziende.
Nelle more della gara, il Prefetto
di
Napoli
aveva
fornito
informazioni antimafia, secondo
le quali il direttore tecnico della
S.A.I. era stato, in precedenza,
amministratore unico della società
D., società colpita da un
provvedimento
antimafia
interdittivo,
inizialmente
annullato dal Tar Campania, con
sentenza del 9 gennaio 2003, n.
3367.
Esito ricorso: respinto
(cfr. Consiglio di Stato, Sezione
V, 31 dicembre 2007, n. 6902;
Tar Campania, Napoli, Sezione
III, 9 gennaio 2003; Consiglio di
Stato, Sezione VI, 17 luglio 2006,
n. 4574)
Successivamente, a seguito di
intercettazioni telefoniche di
persone operanti nella società, il
Consiglio di Stato, con sentenza
del 17 luglio 2006, n. 4574, aveva
dedotto il collegamento della D.
con attività illecite, sulla base di
elementi indiziari di forte
spessore, riguardanti sia la
permeabilità, ancorché per timore
o
quieto
vivere.
a
condizionamenti da parte della
criminalità
organizzata
del
soggetto, che appariva il gestore
di fatto della società, sia
l’utilizzazione,
per
la
corrispondenza della D., di un fax
intestato ad altra società,
parimenti
destinataria
di
interdittiva antimafia.
La circostanza che tutto ciò
avvenisse
allorché
l’attuale
direttore tecnico della ricorrente
rivestiva
la
carica
di
amministratore unico della D. non
appare priva di rilevanza, nella
prospettiva del giudizio di
pericolo propria delle informative
antimafia, ancorché egli non sia
menzionato negli atti istruttori del
procedimento a carico della D.
Dunque, il fatto che la ricorrente,
cessionaria dell’azienda della D.,
abbia acquisito come suo direttore
tecnico l’amministratore unico
della D. medesima, determina un
significativo legame tra le due
35
Tar Sicilia, Palermo, Sezione I,
16 febbraio 2007, n. 542
INFORMATIVA ATIPICA
Nelle more del procedimento di
revoca,
il
Sig.
P.I.P.,
amministratore unico della società
ricorrente, dichiara di aver già
depositato memorie con le quali
documentava che il procedimento
penale a suo carico, posto a base
dell’informativa prefettizia, si era
concluso con una sentenza di non
luogo a procedere, e chiede alla
Prefettura
di
Palermo
di
riesaminare il contenuto della
predetta informativa alla luce
delle nuove risultanze processuali.
La Prefettura di Palermo ha,
però, confermato il pericolo di
condizionamenti mafiosi nei
confronti della società, a causa
dei rapporti di affinità del
legale
rappresentante
con
esponenti della criminalità
organizzata
e
nonostante
l’intervenuta
sentenza
assolutoria.
Per l’esattezza, gli elementi di
sospetta contiguità mafiosa
della società ricorrente sono da
ricondursi a fatti che hanno
costituito
oggetto
di
un’imputazione penale nei
confronti dell’amministratore
unico,
per
vicende
di
partecipazione ad associazione
mafiosa,
e
conseguenti
condotte di illecita concorrenza
con violenza e minaccia,
corruzione e turbata libertà
degli incanti.
Ulteriori elementi addotti sono
costituiti
dal
fatto
che
l’amministratore unico della
società ricorrente è cognato di
B.S. e B.F., entrambi sottoposti a
misura
di
prevenzione
e
condannati per associazione a
delinquere di stampo mafioso,
riflettendosi il rapporto di affinità
su
comuni
interessi
imprenditoriali.
Dagli atti di causa emerge,
tuttavia, che nei confronti del P.
non solo è stata emessa sentenza
di non luogo a procedere perché il
fatto non sussiste, ma anche che,
in sede di richiesta di
aggiornamento dell’informativa,
il ricorrente ha dimostrato
l’estraneità della società rispetto
alle società partecipate dai
cognati.
Esito ricorso: accolto
36
Tar Calabria, Catanzaro, Sez. II,
12 febbraio 2007, n. 36, 37 e 38
INFORMATIVA TIPICA
L’amministratore delegato della
Ferservizi s.p.a. revoca alla F.P.
s.r.l. l’aggiudicazione della gara,
in
seguito
all’acquisizione
dell’informativa antimafia da
parte
della
Prefettura
di
Catanzaro, da cui risultavano
cause
ostative
alla
15
IGI – Istituto Grandi Infrastrutture
__________________________________________________________________________________________
formalizzazione
quadro.
dell’accordo
Tale informativa riferisce che il
coniuge
dell’amministratore
unico della società, Sig. F.G., pur
se separato dalla moglie, in base
agli elementi acquisiti, è capace di
determinare le scelte e gli indirizzi
della società, in quanto gestisce di
fatto la ditta di che trattasi.
Lo stesso ha numerosi precedenti
e pendenze penali per vari reati
(condanne riportate per un
tentativo di concussione e per
l’emissione di assegni a vuoto,
ma non per reati di stampo
mafioso), e frequenta pericolosi
pregiudicati ed elementi di spicco
della criminalità organizzata del
circondario del lamentino.
Risulta, inoltre, essere stato
proposto dalla Questura di
Catanzaro per l’applicazione della
misura di prevenzione della
sorveglianza speciale di P.S., non
concessa in quanto infondata.
A F.G. era stata revocata dal
Questore di Catanzaro anche la
misura dell’avviso orale, sul
presupposto che non erano
ravvisabili elementi attestanti la
sua attuale pericolosità sociale,
persistendo
solamente
una
segnalazione
di
carattere
amministrativo, relativa al divieto
di detenzione di armi, munizioni
ed esplosivi.
Il Collegio
premette che
l’amministratrice unica, Sig.ra
G.P., si era sposata con il Sig.
F.G. nel 1976, che da tale
matrimonio erano nati due figli e
che, nel 1994, veniva pronunciata
separazione giudiziale tra i
coniugi, oltre ad essere disposto
l’affidamento dei figli alla madre.
Nelle more del predetto giudizio,
G.P., unitamente alla sorella
minore, costitutiva la società F.P.
s.r.l.,
divenendone
amministratrice
unica
e
dichiarando, al riguardo, di non
16
essere mai stata influenzata nelle
proprie scelte dal marito, con cui
avrebbe avuto contatti solo per
comunicazioni inerenti ai figli, e
che avrebbe sempre trattato in
prima persona con i diversi
fornitori, enti ed istituti bancari.
La medesima aggiunge che, a
fronte del fatto che F.G. aveva
assoluto bisogno di avere
un’occupazione, che i propri figli
premevano perché il padre fosse
assunto e che lo stesso era
indubbiamente competente in
materia
di
acquisto
e
manutenzione
dei
mezzi,
stipulava con quest’ultimo, in data
1° dicembre 2002, in nome e per
conto della società, un contratto di
lavoro a tempo indeterminato,
risolto con una lettera di
licenziamento del 18 novembre
2005.
Va rilevato che, al momento in
cui la società ha partecipato alla
gara per la fornitura di gasolio, la
compagine aziendale annoverava
al
suo
interno
F.G.,
presumibilmente
addetto
all’acquisto ed alla manutenzione
dei mezzi, compiti per i quali era
stato ritenuto competente.
Il rapporto di lavoro con F.G. ha
trovato svolgimento durante tutta
la durata della gara, fino alla
comunicazione
dell’aggiudicazione, e si è
protratto fino a pochi giorni prima
della
revoca,
generata
dall’informativa prefettizia.
Esito ricorsi: respinti
risultava gestita e controllata da
persona che, ricoprendo la carica
di socio, doveva considerarsi
socialmente pericolosa, oltre ad
essere destinataria dei divieti e
delle decadenze di cui all'art. 10
del d.P.R. n. 252/1998, mentre
altro socio, in virtù del vincolo
familiare e della comune
esperienza lavorativa protratta nel
tempo, era coinvolto nelle
vicissitudini che coinvolgevano il
primo.
Esito ricorso: accolto
38
Tar Campania, Napoli, Sezione I,
23 gennaio 2007, n. 596
INFORMATIVA ATIPICA
Nel corso dell’informativa si dà
conto di una serie di elementi
sintomatici della permeabilità
dell’impresa a condizionamenti
da parte della delinquenza
organizzata.
In punto di fatto, alla luce dell’iter
istruttorio seguito dall’U.T.G. e
degli elementi fattuali posti a
fondamento
del
formulato
giudizio sfavorevole a carico
dell’impresa ricorrente, emerge
che la circostanza centrale posta a
base di tale conclusione viene
ravvisata nell’accertamento di una
linea di continuità gestionale ed
imprenditoriale fra la società
N.E.S. e l’attuale società
ricorrente.
INFORMATIVA TIPICA
Il punto focale è rappresentato
dalla verifica della correttezza del
giudizio espresso dalla Prefettura,
secondo cui la società ricorrente,
nata per filiazione dalla N.E.S., ne
manterrebbe
inalterato
il
sostanziale assetto gestionale e
proprietario.
La ricorrente C. s.r.l. non offriva
alcuna garanzia di gestione
indipendente dalla I. s.r.l., che
Secondo l’assunto difensivo,
sebbene la società ricorrente
derivi,
per
trasformazione
37
Tar Calabria, R. Calabria, Sez. I,
01 febbraio 2007, n. 88
Le informative tipiche ed atipiche: che cosa sono? Le risposte della giurisprudenza
__________________________________________________________________________________________
societaria, dalla N.E.S., occorre
tener conto di una serie di
elementi, che escludono ogni tipo
di continuità tra le due imprese e,
segnatamente, la modifica della
compagine sociale (cessione di
quote da parte di C.T., socia unica
della N.E.S.), la modifica della
compagine dirigenziale (nomina
di un nuovo amministratore), la
estromissione dalla società di tutti
i personaggi ritenuti vicini ad
ambienti delinquenziali (sia a
livello di procuratori e quadri
intermedi, che a livello di
dipendenti).
Occorre chiarire, in via generale,
che la mera trasformazione
societaria, la quale origina un
soggetto solo formalmente nuovo
ed autonomo dal precedente, non
è in grado di fugare il rischio
della permanenza di una
permeabilità dell’impresa, rimasta
immutata sul piano sostanziale.
La Prefettura ha rimarcato il
persistente collegamento fra la
compagine societaria attuale ed i
personaggi di vertice della N.E.S.,
sia mediante l’emersione di
significativi legami familiari, che
attraverso l’accertata presenza in
loco dei precedenti gestori della
società poi trasformata.
Questi due elementi hanno
ragionevolmente condotto alla
valutazione di una continuità
dell’assetto societario fra la
ricorrente e la N.E.S., ed una
persistente
permeabilità
dell’impresa nei confronti di
ingerenze
della
malavita
organizzata.
La necessità di emendare la
società N.E.S. dai sospetti di
mafiosità
riversati
nelle
informative prefettizie sfavorevoli
può, secondo l’id quod plerumque
accidit,
realizzarsi
proprio
attraverso la cessione apparente
della formale gestione societaria a
persone estranee, ma comunque
strettamente collegate ai veri
domini della società da vincoli di
parentela ovvero di altra natura.
Esito ricorso: respinto
39
Tar Campania, Napoli, Sezione I,
17 gennaio 2007, n. 367
INFORMATIVA TIPICA
Gli elementi relativi a tentativi di
infiltrazione mafiosa, dei quali la
Prefettura aveva ritenuto la
sussistenza, derivavano, secondo
la documentazione trasmessa
dall’Ufficio
Territoriale
di
Governo di Napoli, dai seguenti
accertamenti di polizia:
1) da un’interrogazione al C.E.D.
del Ministero dell’Interno, il
ricorrente, quale amministratore
unico della M.C. s.r.l., con
comunicazione di reato, era stato
denunziato dal Comando Gruppo
della Guardia di Finanza di
Caserta,
per
bancarotta
fraudolenta;
2) nota a firma del Comandante
della Compagnia Guardia di
Finanza di Caserta, in cui si dava
atto che la Procura della
Repubblica presso il Tribunale di
Santa Maria Capua Vetere aveva
delegato quel Comando a
svolgere indagini nei confronti di
C.A., nella sua qualità di ex socio
accomandatario, sino al 05
giugno 2002, della M.M.A.E.S. di
C.A. s.a.s., società che aveva
ceduto, in data 29 novembre
2001, alla M.C. s.r.l. di M.A., per
l’importo di lire sessanta milioni,
l’intero
ramo
d’azienda
concernente gli appalti di
forniture di pasti, stipulati con vari
enti pubblici, oltre 7 furgoni
marca FIAT ed a tutte le
attrezzature di cucina.
Nella stessa nota si segnalava che
M.A., presunto acquirente del
ramo aziendale relativo alla
somministrazione dei pasti, era
stato un dipendente del C. e che,
per tali fatti, sia il M., sia il C.,
erano stati denunziati alla Procura
della Repubblica di Santa Maria
Capua Vetere, per il delitto di
bancarotta fraudolenta.
3) nei confronti di M.A. era stato
chiesto il giudizio, dalla Procura
della Repubblica di Santa Maria
Capua Vetere, per il reato di cui
agli artt. 477-482 c.p.;
4) nel 2001, C.A. era divenuto
unico
socio,
nonché
amministratore della M.C. s.r.l.,
società costituita il 20 luglio 1998;
in data 29 novembre 2001, la
M.A.S. s.a.s. aveva ceduto alla
M.C., della quale era intanto
divenuto amministratore unico
M.A.,
il
ramo d’azienda
concernente gli appalti con vari
enti pubblici, oltre a numerosi
beni strumentali.
Nella stessa data, C.A. aveva
altresì ceduto l’intero capitale
sociale della M.C. s.r.l. a M.A.
Nel 2004 era stato deliberato il
trasferimento della sede sociale da
Santa Maria Capua Vetere a
Caserta, sede che era risultata
inattiva
nel
corso
di
un’operazione d’accesso, alle
quali erano intervenuti sia M.A.,
socio unico ed amministratore
della società, sia C.A., nella
dichiarata qualità di esperto di
tecnica alberghiera e consulente
esterno della società.
In data 30 giugno 2004, il capitale
sociale della M.C. era stato
aumentato da euro 10.200,00 ad
euro 100.000,00, mediante un
versamento in conto capitale di
euro
89.800,00
effettuato
dall’unico
socio
ed
amministratore, M.A.
Lo stesso ricorrente, negli anni dal
1996 al 2003, aveva conseguito
redditi per un totale di euro
45.044,35, pari soltanto alla metà
17
IGI – Istituto Grandi Infrastrutture
__________________________________________________________________________________________
del versamento in conto capitale
effettuato nel 2004.
5) nel procedimento penale a
carico di C.A. e di M.A.,
instaurato presso la Procura della
Repubblica di Santa Maria Capua
Vetere, per il delitto di bancarotta
fraudolenta, era stata inoltrata dal
Pubblico Ministero richiesta di
rinvio a giudizio, che avrebbe
riguardato solo C., ma non M.;
6) C.A. ebbe a versare lire
15.000.000 al clan camorristico
facente capo a M.F., operante in
San Felice Carnello e zone
limitrofe.
Erano riportate, in particolare, le
dichiarazioni rese da taluni
appartenenti all’organizzazione
camorristica in questione, tra cui
lo stesso M.F., da cui risultava
che C.A. si sarebbe rivolto allo
zio di M.F., tale M.A.C., perché
alcune sue dipendenti avevano
intenzione di promuovere, od
avevano già promosso, una causa
di lavoro nei suoi confronti, in
quanto non le aveva mai
regolarmente inquadrate, ma che
le stesse avevano poi desistito da
tale
intento,
per
effetto
dell’intervento del clan, in cambio
del quale il C., invece dei 40
milioni di lire inizialmente
promessi, avrebbe versato, alla
fine, solo venti milioni di lire al
citato M.A.C.
Alla nota dei Carabinieri era
allegata copia della richiesta della
misura cautelare della custodia in
carcere, avanzata dalla Direzione
Distrettuale Antimafia di Napoli,
nell’ambito del procedimento
penale nei confronti di M.F., nella
quale, peraltro, il C. rivestiva la
posizione di persona offesa.
Esito ricorso: respinto
40
Tar Campania, Napoli, Sezione I,
18
17 gennaio 2007, n. 363
INFORMATIVA ATIPICA
La Prefettura ha evidenziato
l’esistenza di una serie di indici
fattuali, da cui è emerso il
complessivo giudizio sfavorevole
oggetto di gravame.
Il fulcro dell’indagine attiene
all’esistenza di un procedimento
penale, nel corso del quale l’ex
amministratore di E. s.p.a. è stato
tratto in arresto, con la misura di
massimo rigore, in relazione ad
ipotesi di reato di associazione a
delinquere (416 bis c.p.).
L’ordinanza coercitiva e le
indagini hanno ipotizzato uno
stretto rapporto collaborativo fra
l’impresa, mediante il suo
amministratore unico, ed un noto
clan operante nel potentino.
A fronte di tali circostanze parte
ricorrente ha documentato che il
Tribunale del Riesame, poco
tempo
dopo
l’emissione
dell’ordinanza custodiale,
ha
annullato la misura coercitiva per
carenza dei gravi indizi di
colpevolezza.
In particolare, dall’analisi del
provvedimento
di
riesame
depositato in atti, emerge che
l’amministratore di E. è stato
contattato da esponenti del clan
potentino, per rinunziare al
contenzioso in atti su una gara di
appalto di pulizia locale e per
subappaltare i lavori di un
ulteriore appalto che la società si
era aggiudicato.
Egli avrebbe, dunque, subito una
pressione malavitosa diretta a
favorire le società che orbitavano
intorno
all’associazione
a
delinquere
dominante
nel
territorio locale.
A seguito di impugnazione del
provvedimento da parte della
Procura, la Corte di Cassazione ha
dichiarato inammissibile il ricorso
confermando l’ordinanza emessa
dal Tribunale del Riesame.
Secondo la tesi di parte ricorrente,
la Prefettura non avrebbe tenuto
conto degli esiti della vicenda
cautelare
del
procedimento
penale, la quale avrebbe dovuto
dissipare
i
dubbi relativi
all’esistenza
di
infiltrazioni
mafiose e, dunque, non ha
proceduto
all’aggiornamento
della posizione di E. s.p.a.
In ogni caso, il ricorrente
documenta l’esito finale del
procedimento penale in esame, il
quale si è concluso con la
richiesta di archiviazione da parte
del Pubblico Ministero.
Esito ricorso: accolto
(confermato dal Consiglio di
Stato, Sezione V, 28 marzo 2008,
n. 1310)
41
Tar Campania, Napoli, Sezione I,
17 gennaio 2007, n. 362
INFORMATIVA ATIPICA
La Prefettura di Napoli ha
trasmesso al Comune di Arzano
l’informativa atipica, nella quale
viene rappresentata la sussistenza
di pericoli di condizionamento da
parte
della
criminalità
organizzata, e in cui si faceva
riferimento all’esistenza di un
decreto interdittivo emesso dalla
Prefettura di Roma.
Tale ultima informativa prefettizia
sarebbe stata eliminata da una
successiva
dell’Ufficio
Territoriale di Governo di Roma.
Il Prefetto di Roma avrebbe,
infatti, rivalutato gli stessi
originari elementi posti a
fondamento
della
prima
informativa, accedendo ad una
diversa valutazione degli stessi.
Le informative tipiche ed atipiche: che cosa sono? Le risposte della giurisprudenza
__________________________________________________________________________________________
A conferma di tale assunto
militerebbe la circostanza per cui
erano stati revocati tutti i
provvedimenti interdittivi.
Ciononostante, il Comune ha
confermato
la
revoca
dell’aggiudicazione provvisoria.
Esito ricorso: respinto
42
Tar Sicilia, Catania, Sezione II,
27 dicembre 2006, n. 2538
INFORMATIVA TIPICA
Si rileva la legittimità della
informativa prefettizia negativa a
carico della società D.P., in
quanto, a prescindere dal concreto
accertamento in sede penale
dell'esistenza di reati, gli elementi
raccolti dagli organi inquirenti
consentono di affermare che varie
imprese, tra cui quella ricorrente,
sono condizionate nelle scelte e
negli indirizzi da parte della
criminalità organizzata.
Pertanto,
legittimamente
il
Comune di Acerra è stato
informato della sussistenza di
tentativi di infiltrazione mafiosa,
disponendo la risoluzione del
contratto.
Esito ricorso: respinto
43
Tar Campania, Napoli, Sezione I,
13 dicembre 2006, n. 10518
INFORMATIVA ATIPICA
La Prefettura ha evidenziato
l’esistenza di una serie di indici
fattuali da cui è emerso il
complessivo giudizio sfavorevole
oggetto di gravame.
Tali elementi consistono, oltre che
nei
precedenti
penali
dell’interessata, dalla situazione
familiare
della
stessa,
caratterizzata dalla presenza di tre
figli che, per aspetti diversi,
denotano contiguità con gli
ambienti delinquenziali.
In particolare, uno dei figli è stato
arrestato,
nell’ambito
di
un’operazione
particolarmente
importante di contrasto alla
delinquenza
organizzata, con
l’accusa di partecipazione in
associazione mafiosa (art. 416-bis
c.p.).
Parte ricorrente invoca, quale
scriminante, l’esito della vicenda
penale, che si è conclusa con una
sentenza favorevole all’imputato.
Tuttavia, va considerato, in primo
luogo, che lo stesso giudice
penale
non
ha
escluso
perentoriamente l’esistenza dei
fatti oggetto di contestazione,
visto che l’assoluzione è stata
decisa con formula dubitativa,
mediante l’utilizzo del capoverso
dell’art. 530 c.p.p..
Difatti, le decisioni prese
dall’Autorità giudiziaria in sede
penale risultano rilevanti solo
laddove esse ne hanno escluso
l’esistenza o, comunque, ridotto
notevolmente o, addirittura,
azzerato la significatività.
Inoltre, e l’argomento assume
portata dirimente, una denunzia di
reato successivamente archiviata
o una conseguita assoluzione
possono ben valere come indizi di
infiltrazione mafiosa, rilevanti ai
fini dell’informativa antimafia.
relativa informazione prefettizia,
anche se non sia stata accertata la
loro fondatezza, a meno che tali
elementi non siano in concreto
smentiti
dall’andamento
processuale
dei
fatti
in
contestazione.
Accanto a tale elemento
principale, la Prefettura ha
evidenziato altre circostanze, a
carico di altri due figli della
ricorrente, di sicura rilevanza
sintomatica,
quali
la
frequentazione o, addirittura, un
matrimonio con soggetti ritenuti
appartenenti a clan camorristici.
Il rapporto di parentela, in questa
ipotesi, non è considerato di per
sé, ma rappresenta l’humus per
l’infiltrazione mafiosa o, quanto
meno, per possibili interferenze
illecite della malavita nella vita
societaria,
anche
in
considerazione delle specifiche
situazioni
politico-sociali
dell’area geografica in cui opera
l’impresa.
Il fatto che un figlio sia stato visto
frequentare un soggetto in odore
di mafia, e che la figlia fosse
moglie di un elemento di spicco
della malavita organizzata della
zona, tratto in arresto nell’ambito
della imponente operazione di
polizia,
denominata
“S”,
rappresentano elementi da cui
ragionevolmente può dedursi che
sussisteva
il
pericolo
di
infiltrazione mafiosa, atteso che la
compagine societaria, proprio in
ragione dei predetti legami
familiari, non assicurava assoluta
impermeabilità circa possibili
pressioni malavitose.
Esito ricorso: respinto
Difatti, non può disconoscersi che
talune evenienze sfavorevoli quali
le informazioni di garanzia o le
imputazioni o le dichiarazioni di
collaboratori
di
giustizia
costituiscano elementi presuntivi
del rischio di infiltrazione mafiosa
e, quindi, possano rappresentare
legittimo
presupposto
della
44
Tar Calabria, Catanzaro, Sezione II,
4 dicembre 2006, n. 1569
INFORMATIVA TIPICA
19
IGI – Istituto Grandi Infrastrutture
__________________________________________________________________________________________
L’Università
della
Calabria
riceveva dalla Prefettura di
Catanzaro la nota prefettizia dalla
quale è emerso che il coniuge
dell’amministratore unico della
società Sig. F.G. s.r.l., pur se
separato dalla moglie, è capace di
determinare le scelte e gli indirizzi
della società in quanto gestisce di
fatto la ditta di che trattasi.
Lo stesso ha numerosi precedenti
e pendenze penali per reati vari e
frequenta pericolosi pregiudicati
ed elementi di spicco della
criminalità
organizzata
del
circondario lamentino.
Risulta, inoltre, essere stato
proposto dalla Questura di
Catanzaro per l’applicazione della
misura di prevenzione della
sorveglianza speciale di P.S.
A contestazione di quanto
affermato nella nota prefettizia,
parte ricorrente ha prodotto la
sentenza n. 498 del 1994
dichiarativa della separazione tra
la sig.ra P.G., amministratore
unico e legale rappresentante
della società ricorrente, la nota
indirizzata
al
Prefetto
di
Catanzaro, dalla quale risulta che
la detta legale rappresentante ha
assunto il marito, in data 1
dicembre 2002, per le difficoltà
economiche in cui quest’ultimo
versava, la lettera del 18
novembre 2005 con la quale il
Sig. F.G. è stato licenziato ed il
decreto del Questore della
Provincia di Catanzaro in data 8
maggio 2004, dal quale risulta che
il provvedimento di avviso orale
emesso a carico di F.G. in data 3
gennaio 2003 è stato revocato.
Va rilevato che, al momento in
cui l’esponente ha partecipato alla
gara, la compagine societaria
annoverava al suo interno il Sig.
F.G. in atto separato dalla Sig.ra
P.G., amministratore unico della
società deducente.
Tale rapporto di lavoro si è
protratto per tutta la durata della
20
gara e si è risolto con il
licenziamento del Sig. F. soltanto
dopo la rescissione del contratto.
La legale rappresentante della
società ben era a conoscenza di
avere assunto il proprio ex
coniuge fin dal 2002 ed appare,
altresì, poco probabile che non
fosse a conoscenza della serie dei
pregiudizi penali che risultano a
carico di quest’ultimo e pure
esposti nel decreto di revoca
dell’avviso orale.
In particolare, nelle premesse del
provvedimento
si
legge:
“Esaminati gli atti di ufficio dai
quali risulta che F.G. è stato
condannato per emissione di
assegni a vuoto continuata,
esercizio
abusivo di una
professione in concorso, trasporti
abusivi, corruzione per un atto
contrario ai doveri d’ufficio, furto,
violazione al T.U. delle norme
sulla circolazione stradale;
è stato tratto in arresto per usura
ed estorsione;
è stato denunciato per tentato
omicidio volontario, porto e
detenzione abusiva di armi,
fabbricazione e detenzione di
materiale esplodente”.
È vero che con il decreto è stata
disposta la revoca della misura
dell’avviso orale, in quanto
l’interessato avrebbe prodotto
sentenze di assoluzione in diversi
procedimenti penali a suo carico,
ma parte ricorrente non produce
le dette sentenze e si limita a
sostenere
che
il
decreto
dimostrerebbe la erroneità di
quanto riportato dalla nota
prefettizia a carico del F., laddove
si afferma che egli sarebbe stato
proposto per l’applicazione della
misura di prevenzione della
sorveglianza speciale di PS.
Se di erroneità si deve parlare,
questa è a carico di parte
ricorrente, laddove confonde la
misura dell’avviso orale, che è
stata effettivamente revocata con
il decreto del Questore, con l’altra
misura della sorveglianza speciale
di Pubblica Sicurezza, che è più
grave della prima.
Esito ricorso: respinto
45
Consiglio di Stato, Sezione VI,
29 novembre 2006, n. 6986
INFORMATIVA TIPICA
Viene, anzitutto, rilevata la
circostanza che la camorra locale,
anziché estorcere denaro alle
imprese subappaltanti, preferisce
eseguire direttamente i lavori
mediante la stipulazione di
contratti di subappalto.
Inoltre, dai rapporti si evince che:
1) la R.R. s.a.s. e la ricorrente S.
s.a.s. di C.R. fanno capo alle
stesse persone;
2) con la ditta R.R. è stato
stipulato contratto di subappalto
vero e proprio, con il quale la ditta
subappaltante si è presa l'incarico
di stendere e porre in opera il
materiale per il rilevato, mentre
con l'ATI composta dalla stessa
R.R. e dalla S. è stato stipulato un
contratto di fornitura del materiale
prelevato;
3) è chiaro che tale stratagemma
ha consentito di abbassare il
limite del 30%, per cui i fratelli R.
hanno potuto effettuare tutti i
lavori di movimento terra su quel
lotto, perché la S. è una ditta che
fa comunque capo a loro;
4) R.R., figura sicuramente
preminente alle due società, è
solito
accompagnarsi
a
pregiudicati;
5) tali collegamenti hanno
evidenziato la pericolosità sociale
di R.R., in considerazione della
Le informative tipiche ed atipiche: che cosa sono? Le risposte della giurisprudenza
__________________________________________________________________________________________
sua appartenenza ad associazione
di stampo camorristico.
Dalle riferite circostanze emerge
in maniera chiara come tra i due
fratelli esista un sistema integrato
di impresa con reciproche offerte
di personale e di mezzi, che
realizza così un vero e proprio
sodalizio.
Esito ricorso: respinto
(anche dal Tar Campania, Napoli,
Sezione I, n. 17726/2004)
46
Tar Campania, Napoli, Sezione I,
29 novembre 2006, n. 10298
INFORMATIVA ATIPICA
Riguardo alla P.R.G. Costruzioni
s.a.s., la nota si è limitata a riferire
che P.G., socio accomandante
della ditta, risultava denunziato
per reati inerenti agli stupefacenti.
La concreta entità dell'episodio,
riferito dalla Prefettura, si evince
dalla nota dei Carabinieri della
Stazione di Nola, in cui si
rappresentava che quel Comando
aveva denunziato a piede libero
P.G., in quanto trovato in
possesso di sostanza stupefacente
(uno spinello) e che la relativa
denunzia non era sfociata in alcun
procedimento penale, bensì in una
mera segnalazione amministrativa
a carico del trasgressore.
Esito ricorso: accolto
47
Consiglio di Stato, Sezione VI,
25 settembre 2006, n. 5595
INFORMATIVA TIPICA
Il Sig. C.D.P., amministratore
unico della S. s.r.l., società
subappaltatrice dei lavori per la
realizzazione dell’Alta Velocità,
era stato colpito da ordinanza di
custodia in carcere, poiché
accusato
del
reato
di
favoreggiamento,
per avere
aiutato l’organizzazione di tipo
mafiosa, denominata clan C., ad
assicurarsi il profitto rientrante nel
suo
programma
criminoso,
consistente nell’acquisizione di
appalti pubblici.
L’impugnato
provvedimento
della T.A.V. s.p.a. di revoca delle
autorizzazioni al subappalto e di
risoluzione di qualsiasi ulteriore
rapporto contrattuale in essere con
la società appellante è stato
respinto dal Tar di Napoli con
sentenza in data 1° settembre
2003, ma anche il ricorso in
appello è risultato essere
infondato.
Quanto alla circostanza per cui,
all’emissione
dell’informativa
prefettizia, il Sig. C.D.P. sarebbe
stato estromesso dai poteri
gestionali della S s.r.l., che
facevano invece capo al figlio,
Sig. V.D.P., la Sezione ne
sostiene l’irrilevanza.
C.D.P. aveva amministrato la S
s.r.l. sin dalla sua costituzione così
che il fatto che egli fosse cessato
dalla carica solo qualche mese
prima dell’informativa prefettizia,
tra l’altro a favore del figlio, non
ha influenza determinante sul
pericolo di condizionamento da
parte
della
criminalità
organizzata, che resta di per sé
intatto.
La
Sezione
osserva
che
l’annullamento disposto dal
Tribunale del Riesame di Napoli
risale a cinque giorni dopo la
contestata informativa prefettizia.
Ne consegue l’irrilevanza della
circostanza, dovendo aversi
riguardo alla situazione esistente
al momento dell’informativa
prefettizia.
Dalla citata ordinanza del
Tribunale del Riesame di Napoli
consegue il coinvolgimento di
C.D.P., nei cui confronti non
viene configurato il reato di
favoreggiamento reale solo in
quanto la condotta criminosa
atteneva
a
un
momento
antecedente, e non successivo, il
conseguimento di uno dei profitti
del
programma
criminoso
dell’associazione camorristica di
cui
trattasi,
consistente
nell’acquisizione
di
appalti
pubblici.
Così che la condotta criminosa
del medesimo non era considerata
sussumibile nell’ambito dell’art.
379 del c.p.
Nell’ordinanza, infatti,
rilevato che C.D.P.:
viene
1) era un personaggio di primo
piano nella gestione dei rapporti
tra la C. e gli imprenditori della
camorra;
2) svolgeva il ruolo di mediatore
tra la C. e le imprese criminali;
3) aveva il ruolo di gestore degli
appalti della C.
Esito ricorso: respinto
48
Tar Calabria, R. Calabria, Sez. I,
28 agosto 2006, n. 1391
INFORMATIVA TIPICA
Nel caso in esame, il pericolo di
infiltrazioni mafiose nell'ambito
della società G. è stato ritenuto
sussistente a motivo che persona,
già ricoprente la veste di socia, è
legata da stretti vincoli di
parentela con soggetto, sottoposto
a misura di prevenzione, ritenuto
elemento di spicco di cosca
mafiosa operante nella provincia e
che il mutamento dell'assetto
societario, intervenuto nel corso
21
IGI – Istituto Grandi Infrastrutture
__________________________________________________________________________________________
del
procedimento,
appare
effettuato per aggirare la
normativa antimafia.
In
primo
luogo,
l'unico
collegamento tra la società
ricorrente e soggetti sospettati di
appartenere
alla
malavita
organizzata è indicato dalla
Prefettura nel semplice rapporto
di parentela con questi ultimi,
esistente con una ex socia, senza
che
si
rinvenga
nell'atto
impugnato e negli atti istruttori
alcuna affermazione e, tantomeno
indizi o prove, dell'esistenza in
concreto di contatti tra la società
ricorrente ed i soggetti in odore di
mafiosità.
Né, in secondo luogo, risulta
condivisibile la valorizzazione
della
cessione
della
partecipazione nella società
ricorrente da parte della predetta
socia, intervenuta in corso di
procedimento, ritenuta dalla
Prefettura elusiva della normativa
antimafia.
Ed invero, la società ricorrente
deduce di aver seguito al riguardo
un suggerimento fornitole dalla
stessa Prefettura, per rendere
meno impervio il cammino della
pratica.
A prescindere da ciò, la cessione
in parola non si appalesa
comunque idonea a fornire
supporto alcuno al giudizio di
presenza di un pericolo di
infiltrazione,
dato
che
l'amministrazione non fornisce
riscontri concreti dell'esistenza di
contatti tra soggetti malavitosi e
società.
Un simile riscontro non è
individuabile
neanche nella
circostanza che il Sig. G.F.
continui a svolgere attività
lavorativa presso la società della
quale era socio, perché ciò, ancora
una volta, non dimostra l'esistenza
di contatti tra l'impresa e soggetti
malavitosi.
22
In terzo luogo, la stessa Prefettura
di Reggio Calabria ha ritenuto,
con riferimento alla società
cooperativa A.R., che la presenza
in essa, addirittura quale
amministratrice, della Sig.ra I.T.
non comportasse il pericolo di
infiltrazioni mafiose.
Esito ricorso: accolto
49
Tar Lombardia, Milano, Sez. III,
31 luglio 2006, n. 1892
INFORMATIVA TIPICA
I documenti esibiti evidenziano
l’esito delle indagini, condotte
negli anni passati dalla D.I.A. di
Milano, su M.A., coniuge del
legale rappresentante della R.N.A.
(T.N.), nonché collaboratore
attivo nella gestione della società
ricorrente, dalle quali è emersa
una possibile contiguità del
predetto con ambienti criminali,
anche di tipo mafioso.
confermato di collaborare alla
condizione operativa dei cantieri
della R.N.A., e che le due società
si scambiano i mezzi da lavoro in
ragione della tipologia di attività
da svolgere.
Nel cantiere in questione è stata,
inoltre, riscontrata la presenza di
mezzi e di dipendenti appartenenti
alla G.S. s.a.s., di cui M. è socio
accomandatario.
La Prefettura riferisce, inoltre, che
sempre nel corso della predetta
ispezione, sia il direttore del
cantiere, che altri lavoratori,
hanno dichiarato di interloquire
direttamente con il M., essendo
quest’ultimo referente per la ditta
R.N.A.
Esito ricorso: respinto
50
Tar Lombardia, Sezione III,
27 luglio 2006, n. 1878
INFORMATIVA TIPICA
Viene evidenziato che il M., oltre
a risultare gravato da diversi
precedenti penali, è stato
sottoposto alla misura di
prevenzione della sorveglianza
speciale ed è stato segnalato dai
Carabinieri
per
l’ulteriore
applicazione della sorveglianza
speciale di P.S.
Nelle motivazioni contenute
nell’ordinanza di applicazione
della misura di prevenzione si fa
riferimento alla frequentazione
del M., definito pericoloso
esponente
della
malavita
organizzata
operante
nella
provincia di Milano, in contatto
con ambienti camorristici.
La nota della Prefettura di Milano
riferisce anche di un accesso
ispettivo nel cantiere in cui opera
l’impresa ricorrente, durante il
quale è stata riscontrata la
presenza di M. che ha, fra l’altro,
L’informativa è stata emessa
sulla base delle seguenti
circostanze: il capitale sociale
della G.I.A era, in origine,
detenuto dai germani F.N. e L.,
figli di F.S., tratto in arresto e
sottoposto al regime degli
arresti domiciliari, in relazione
ad un procedimento penale, poi
archiviato dal G.I.P. con la
formula assolutoria per non
aver commesso il fatto, in cui
l’interessato è stato indagato
per i reati di rapina ed
estorsione, con l’aggravante di
avvalersi
delle
condizioni
previste dall’art. 416 c.p.
La
società,
attualmente
partecipata al 98% da F.N. e per il
restante 2% da N.P., fa parte di un
consorzio di imprese costituito,
tra l’altro, dalle società E. e T.
Le informative tipiche ed atipiche: che cosa sono? Le risposte della giurisprudenza
__________________________________________________________________________________________
Entrambe le società, il cui capitale
sociale è in parte detenuto da
F.N., sono risultate destinatarie di
provvedimento
interdittivo
antimafia emesso dalla Prefettura
di Napoli.
F.L., accusato di partecipazione a
delinquere di tipo mafioso, è
risultato nel relativo processo
assolto, perché il fatto non
sussiste.
Sua moglie S.N. è cugina di
secondo grado di S.F., alias “S”,
noto capo del clan dei C.;
Entrambi i fratelli sono stati
indagati per detenzione abusiva di
49 cartucce per pistola calibro 9 e
per truffa, ma poi assolti per non
aver commesso il fatto.
Con provvedimento giudiziario
sono stati segnalati collegamenti
tra F.N. con R.D., già condannato
con sentenza definitiva per il reato
di associazione mafiosa ex art.
416-bis c.p. e con altra sentenza
per il reato di estorsione ex art.
629 c.p..
Il relativo provvedimento, benché
annullato per vizi di forma dal
Tribunale del Riesame, ha
comunque
consentito
di
evidenziare che le società facenti
capo ai fratelli F. hanno
partecipato alle strategie di
infiltrazione negli appalti pubblici
del noto camorrista R.D..
I rapporti intercorrenti tra il
gruppo imprenditoriale facente
capo al R. e quello riconducibile a
F.N. trovano conferma nelle
intercettazioni delle conversazioni
telefoniche intercorse tra i due.
Alla stregua delle riferite
circostanze, l’informativa in
esame ha ritenuto fondato il
pericolo che le scelte e gli
indirizzi della società siano
permeabili a condizionamenti da
parte
della
criminalità
organizzata,
in
particolare
considerazione del fatto che il
F.N. è proprietario del 98% del
capitale sociale della G.L. s.r.l..
A giudizio della Sezione, questo
dato non trova conferma
documentale, atteso che dagli atti
risulta invece che la G.L., già
all’epoca delle indagini in
questione,
era
interamente
detenuta dal N. e da C.A., moglie
di questi, soggetti a carico dei
quali non sono stati compiuti
accertamenti di sorta.
Neppure risulta, in alcun modo,
enunciata l’ipotesi che la società
ricorrente, benché posseduta e
amministrata dai coniugi N.,
possa ritenersi controllata di fatto
dal F.
L’amministrazione
avrebbe
dovuto quindi valutare, con una
istruttoria più adeguata, se
effettivamente il rischio di
infiltrazione mafiosa potesse
considerarsi sussistente anche
dopo la modifica della compagine
sociale, intervenuta a seguito della
cessione al N. delle quote
detenute da F.N.
Ciò proprio in considerazione del
fatto che gli organi investigativi
riconoscono che nulla risulta sul
conto del nuovo amministratore
unico N.P. e del suo nucleo
familiare, a carico dei quali non vi
sono precedenti di polizia, né si
annoverano risultanze utili ad
accreditare
la
ragionevole
presunzione che la società
ricorrente abbia collegamenti con
organizzazioni mafiose o ne possa
subire l’influenza.
Esito ricorso: accolto
51
Tar Campania, Napoli, Sezione I,
20 luglio 2006, n. 7609
INFORMATIVA TIPICA
La E.I. s.r.l., impresa capogruppo
e mandataria dell’ATI con la C.
s.r.l., contesta che il rapporto di
coniugio del legale rappresentante
dell'impresa,
oggetto
di
informativa, potesse costituire
l'unico ed esclusivo indice del
condizionamento dell'impresa.
Rimarca, in secondo luogo, che la
sentenza di condanna a carico del
Sig. E.C., coniuge del legale
rappresentante della C., gli aveva
riconosciuto i benefici, di cui
all'art. 8 d.l. n. 151/91. in ragione
della sua dissociazione da Cosa
Nostra, affermando l'esistenza di
elementi sintomatici di una
irreversibile rottura col suo
passato: ciò infatti, unito alla
circostanza dell'esistenza di una
mera contiguità affettiva tra il Sig.
E.C. e l'amministratore della C.,
dimostrerebbe l'insussistenza di
un collegamento dell'impresa con
la criminalità organizzata.
Le censure non possono trovare
condivisione, in quanto il Sig.
E.C. è stato fatto oggetto di
sentenza di applicazione della
pena su richiesta delle parti per il
delitto di cui all'art. 416-bis c.p. e,
pertanto, non può intrattenere
rapporti contrattuali con la
Pubblica Amministrazione.
Inoltre, contrariamente a quanto
sostenuto
dalle
ricorrenti,
l'informativa a carico della C. non
è stata determinata dalla mera
sussistenza del rapporto di
coniugio del Sig. E.C. col legale
rappresentante della società, bensì
dal fatto che gli elementi in
possesso dell'Autorità prefettizia
hanno indotto la stessa a ravvisare
nel soggetto in questione il reale
dominus della società.
Nell'ampia
e
dettagliata
motivazione del provvedimento
interdittivo del Prefetto di
Palermo vengono, infatti, riportati
gli esiti degli accertamenti
effettuati dalla Guardia di Finanza
nei confronti della I., nonché
ulteriori
elementi
riferiti
23
IGI – Istituto Grandi Infrastrutture
__________________________________________________________________________________________
all'attualità, dai quali emerge che,
in realtà, la gestione e
l'amministrazione attiva della C.
s.r.l.
sarebbero
riferibili
direttamente al Sig. E.C.
Da
questi
presupposti
correttamente il Prefetto di
Palermo conclude per la
sussistenza delle condizioni
interdittive a carico del Sig. E.C.,
nella qualità di dominus e
procuratore della società I., oggi
trasformatasi in C. s.r.l., nonché la
sussistenza delle condizioni
ostative, di cui all'art. 10 del
d.P.R. n. 252/98, nei riguardi della
C. s.r.l.
Esito ricorso: respinto
52
Consiglio di Stato, Sezione VI,
17 luglio 2006, n. 4574
propria attività estorsiva da parte
di componenti del clan F., che gli
imponevano assunzioni accettate
per quieto vivere e per poter
continuare ad operare in zona e
che il danaro era a lui imprestato a
titolo
usurario,
con
ciò
escludendosi che il C. potesse
fungere da canale di riciclaggio.
L’assunto del Tar non può essere
condiviso.
Esito ricorso: accolto
(cfr. Tar Campania, Napoli,
Sezione III, 9 gennaio 2003, n.
3367; Tar Campania, Napoli,
Sezione II, 28 febbraio 2007, n.
1272; Consiglio di Stato, Sezione
V, 31 dicembre 2007, n. 6902)
53
Tar Campania, Napoli, Sezione I,
17 luglio 2006, n. 7520
INFORMATIVA TIPICA
INFORMATIVA TIPICA
Nel caso
di
specie,
il
condizionamento della società D.
è stato affermato dall'Autorità
amministrativa sul rilievo che la
stessa appariva gestita di fatto da
C.F.S., figlio e marito delle due
socie, in rapporto con vari
esponenti
di organizzazioni
criminali, interessate alla gestione
dei rifiuti, come emergente da
intercettazioni
telefoniche
eseguite nell'ambito di una
indagine penale.
Tale informativa è intervenuta
dopo che questa Sezione, con
sentenza n. 5543 dell’8 novembre
2005, aveva annullato un analogo
provvedimento interdittivo sul
conto della G., poiché basato su
addebiti remoti, non sorretti da un
riesame condotto sulla scorta di
nuovi accertamenti.
Il primo giudice ha ritenuto tali
conclusioni non sorrette da
adeguata motivazione, in quanto
non supportate da idonei elementi
atti a comprovare, da un lato, il
collegamento tra il C. e la società;
dall'altro, la stessa posizione di
quest'ultimo,
nei
confronti
dell'organizzazione criminale, alla
luce
dell'archiviazione
del
procedimento penale, nel corso
del quale era stato riscontrato
come l'imprenditore fosse, in
realtà, assoggettato ad una vera e
24
Essa si fonda sul rilievo che
assumerebbe la figura di N.G.
detto “J”, nato a Saviano nel
1939, elemento di primo piano
della criminalità organizzata
internazionale e zio degli attuali
soci della G.
Alle censure della ricorrente, che
sostiene essersi verificato uno
scambio di persona tra lo zio dei
soci della G., N.G., nato a
Saviano nel 1939, e N.G., detto
“J.”, nato a Saviano nel 1959,
replica l’Ufficio Territoriale del
Governo di Napoli, affermando
non doversi confondere il N.G.,
oggetto
del
provvedimento
impugnato, legato alla criminalità
organizzata con filiazione in
Canada, ed il N.G., considerato
personaggio
legato
alla
criminalità
organizzata
con
filiazione negli Stati Uniti.
In altri termini, secondo le difese
dell’Ufficio
Territoriale
di
Governo, vi sarebbero due
omonimi, entrambi nati a Saviano
ed entrambi collegati
ad
organizzazioni malavitose di
oltreoceano, l’uno nato il 1939 e
legato alla criminalità canadese,
l’altro nato il 1959 e legato alla
criminalità statunitense: e sarebbe,
appunto, il primo ad essere il trait
d’union
tra
la
malavita
organizzata e la G.
Pacifica sembra essere l’estraneità
della società ricorrente rispetto al
N.G., classe 1939, con pregiudizi
per traffico internazionale di
stupefacenti.
Il punto problematico è, invece, se
il “J.”, segnalato per traffico di
stupefacenti, sia il N., classe 1939,
nel quale mancherebbe il legame
con la G., ovvero il N, classe
1959, residente in Canada e zio
dei soci G.
E, in ogni caso, se quest’ultimo
sia, o meno, persona segnalata per
fatti legati alla criminalità
organizzata.
A tale riguardo, l’identificazione
di “J.” con il N., classe 1959,
residente negli Stati Uniti, e non
già con il N., classe 1939,
residente in Canada, è affermata
dalla sentenza del G.I.P. di Napoli
del 15 settembre 1995 n. 1654,
che, in ragione dello scambio di
persona, assolve quest’ultimo dai
reati a lui ascritti.
Per quanto riguarda la possibilità
che il N., classe 1939, residente in
Canada, sia anch’egli un
esponente
della
criminalità
organizzata dedita al traffico di
stupefacenti, l’elemento su cui fa
leva il provvedimento prefettizio
Le informative tipiche ed atipiche: che cosa sono? Le risposte della giurisprudenza
__________________________________________________________________________________________
è l’informativa dell’Interpol
relativa alle informazioni rese
dall’ufficio canadese.
antimafia tipica, revocando la
liberatoria
precedentemente
rilasciata.
L’Ufficio Interpol di Ottawa
rappresentava che sarebbe stato
necessario un raffronto delle
impronte digitali, e ha riferito che
le stesse non trovano riscontro
presso quella documentazione.
Senonchè il Tribunale del
Riesame di Napoli annullava il
decreto di sequestro, a fronte del
quale il Prefetto di Napoli
emanava una nuova informativa
interdittiva,
ravvisando
la
sussistenza di un pericolo di
infiltrazione mafiosa, nonché una
ulteriore informativa atipica,
riferita ad una gara di appalto,
bandita dal Comune di Monte di
Procida.
Ciò contraddice la tesi che il
N.G., classe 1939, zio dei soci
della G., sia lo stesso N.G. che,
secondo le evidenze dell’Interpol
di Ottawa, risulta inquisito per
fatti legati al crimine organizzato.
Il che rende altresì non
significativa, ai fini antimafia, la
circostanza che nell’autovettura
della G. fossero presenti
documenti canadesi intestati al
N.G., classe 1939.
Esito ricorso: accolto
54
Tar Campania, Sezione I,
14 luglio 2006, n. 7510
INFORMATIVE TIPICHE
ED ATIPICHE
Il Prefetto di Napoli comunicava
al Comune di San Giuseppe
Vesuviano informazioni atipiche
in danno della società D.P. s.p.a.
A seguito di tale comunicazione,
il G.I.P. presso il Tribunale di
Napoli
emetteva
sequestro
preventivo a carico della D.P.
s.p.a., in quanto ritenuta, insieme
ad altre società, nella disponibilità
di tale R.D., già condannato per
associazione a delinquere di
stampo mafioso, contestando
all’amministratore unico, Sig.
N.D’A., il reato di cui all’art. 12quinquies del d.l. n. 306 del 1992,
convertito nella L. 356/92.
A seguito del sequestro, il Prefetto
emanava
una
informativa
Il provvedimento penale, pur
ritenendo insufficienti gli indizi
per affermare la sussistenza di un
imprenditore occulto, rilevava,
comunque,
l’esistenza
di
elementi, dai quali è desumibile la
stabile e frequente presenza di
R.D. nei luoghi ove ha sede la
società intestata al D’A., e
l’ulteriore
e
significativa
circostanza che R.D. era nella
disponibilità di documentazione
afferente una delle società in
sequestro.
Seguiva un’ulteriore richiesta, da
parte del Pubblico Ministero, di
sequestro preventivo finalizzato
alla confisca della società,
respinta
dal
G.I.P.,
data
l’insussistenza di indizi sufficienti
a dimostrare che R.D. fosse
l’effettivo proprietario o gestore
della società ricorrente.
Il Prefetto di Napoli emanava una
nuova informativa interdittiva,
ravvisando la sussistenza di
tentativi di infiltrazione mafiosa,
sulla base degli stessi elementi del
procedimento penale a carico del
Sig. N.D’A.
Il Giudice penale pronunciava
conclusivamente la sentenza di
assoluzione dell’amministratore
della società ricorrente per il reato
di cui all’art. 12-quinquies, perché
il fatto non sussiste.
Esito ricorso: respinto
(anche dal Consiglio di Stato,
Sezione VI, 13 giugno 2007, n.
3187)
55
Tar Campania, Napoli, Sezione I,
12 luglio 2006, n. 7465
INFORMATIVA TIPICA
L’informativa si basa sul rilievo
che assumerebbe la figura di
N.G., detto “J”, nato a Saviano
nel 1939, elemento di primo
piano
della
criminalità
organizzata internazionale e zio
degli attuali soci della G.
La Questura di Napoli segnala
che l’Interpol ha comunicato che
verosimilmente il N.G., nato il
1939 e residente in Canada, detto
J, è stato più volte segnalato per
fatti di criminalità organizzata ed,
in particolare, per importazione di
sostanze stupefacenti.
La ricorrente contesta che N.G.,
detto “J.”, sia la medesima
persona del N.G., zio dei soci.
D’altra parte, i componenti del
G.I.C.O. avevano evidenziato
l’impossibilità di stabilire con
certezza che N.G., detto “J.”,
oggetto di segnalazioni per fatti di
criminalità organizzata e traffico
di stupefacenti, coincidesse con la
persona oggetto di accertamenti,
concludendo che, non essendovi
certezza da parte dell’Interpool
sulla sua identità, non vi erano
elementi di novità rispetto alle
conclusioni raggiunte dal G.I.A.
Secondo le difese dell’Ufficio
Territoriale di Governo, vi
sarebbero due omonimi, entrambi
nati a Saviano ed entrambi
collegati
ad
organizzazioni
malavitose: uno nato nel 1939 e
legato alla criminalità canadese,
ed un altro nato nel 1959 e legato
alla criminalità statunitense, e
25
IGI – Istituto Grandi Infrastrutture
__________________________________________________________________________________________
sarebbe, appunto, il primo ad
essere il trait d’union tra la
malavita organizzata e la G.
dei quali tratti in arresto o indagati
per il reato di associazione per
delinquere di stampo mafioso.
L’informativa
dell’Interpol
riguarda più il “J.”, residente in
Canada, più volte indagato per
fatti legati al crimine organizzato
e che, tuttavia, al fine di una esatta
identificazione del soggetto in
questione,
sarebbe
stato
necessario un raffronto delle
impronte digitali.
È
emersa,
inoltre,
la
partecipazione ad alcune di queste
società anche di personaggi di
spicco
delle
organizzazioni
criminali del territorio campano e
di famiglie camorristiche.
In data 20 marzo 2006 l’Interpol
riferisce che le impronte digitali
non trovano riscontro presso la
documentazione canadese.
Ciò contraddice la tesi che N.G.,
classe 1939, zio dei soci della G.
risulta inquisito per fatti legati al
crimine organizzato.
Il che rende, altresì, non
significativa, ai fini antimafia, la
circostanza che nell’autovettura
della G. fossero presenti
documenti canadesi intestati al
N.G., classe 1939.
Esito ricorso: accolto
56
Tar Campania, Napoli, Sezione III,
10 luglio 2006, n. 7386
Esito ricorso: accolto
57
Tar Campania, Napoli, Sezione I,
30 giugno 2006, n. 7223
INFORMATIVA ATIPICA
L’informativa impugnata si limita
a riferire la circostanza che il
presidente e direttore tecnico della
società ricorrente aveva avuto
cointeressenze e responsabilità
amministrative in un’altra società,
la S., colpita da interdittiva
antimafia per la ritenuta esistenza
d’infiltrazioni della criminalità
organizzata.
Al riguardo
osservare che:
è,
invero,
da
1) le informative prefettizie non
forniscono
indizi
sul
collegamento tra la società
ricorrente e la S.;
INFORMATIVA TIPICA
Dagli atti dell’istruttoria si
desumono elementi, verificati
dalle Forze di Polizia, attestanti la
situazione di contiguità mafiosa
della società ricorrente e del suo
amministratore unico.
È emerso, in particolare, che la
società C.C. ed il suo
amministratore unico sono legati,
a vario titolo, a diverse società e
consorzi, in relazione ai quali
sono stati riscontrati dalle Forze
dell’Ordine collegamenti con
soggetti
appartenenti
ad
organizzazioni malavitose, alcuni
26
2) infatti, L.G. è cessato dalla
carica nella S.A. fin dal 1999, ha
dimesso la partecipazione nel
2001 e non risulta che tali
circostanze siano simulate o
fittizie;
3) neppure risulta che gli
elementi, che hanno portato nel
2004
alla
determinazione
interdittiva a carico della S.A.,
siano in qualche modo o misura
imputabili al citato LG;
4) l’informativa impugnata non
chiarisce in che senso LG viene
menzionato dagli Organi di
Polizia in relazione alle verifiche
antimafia svolte presso altro
Comune, i cui organi sono stati
sciolti all’esito di tali verifiche per
condizionamento da parte della
criminalità organizzata;
5) del resto, la Commissione,
successivamente incaricata della
gestione di quel Comune, aveva
provveduto
all’aggiudicazione
dell’appalto ed alla stipula del
contratto nel 1999, appena poco
prima della cessazione di LG
dalla carica di amministratore
della S.: il che lascia presumere
che la menzione, alla quale fa
riferimento l’informativa ora
impugnata, non possa essere stata
di contenuto negativo.
È
da
soggiungere
che,
successivamente all’informativa,
l’autorità prefettizia, sulla base di
elementi forniti dal Comando
Provinciale
dei
Carabinieri,
riferisce che risultano pregiudizi
penali, quali truffa aggravata ed
inosservanza alle disposizioni
contro la mafia.
Tale circostanza, contestata, in
punto di fatto, dalla società
ricorrente con la produzione di
certificazioni del casellario e dei
carichi pendenti, è riferita in
termini affatto generici, senza
l’indicazione di provvedimenti
dell’Autorità giudiziaria.
È da aggiungere, inoltre, che:
1) il reato di truffa non attiene in
concreto a interferenze o devianze
mafiose, per cui non può
assumere rilevanza nel contesto di
una informativa resa ai sensi
dell’art. 1-septies;
2) la sussistenza di situazioni
previste dall’art. 10 della l. n. 575
del 1965, riguardante persone alle
quali sia stata applicata con
provvedimento definitivo una
misura
di
prevenzione,
comporterebbe
semmai
l’emanazione di un’interdittiva,
piuttosto
che
una
mera
Le informative tipiche ed atipiche: che cosa sono? Le risposte della giurisprudenza
__________________________________________________________________________________________
informativa, laddove, nella specie,
è pacifico che nei confronti della
società ricorrente non sussistono
le condizioni previste dall’art.10
del D.P.R. 252/98.
Esito ricorso: accolto
58
Consiglio di Stato, Sezione V,
27 giugno 2006, n. 4135
INFORMATIVA TIPICA
Il Consiglio di Stato osserva che
gli elementi rilevati nella
relazione del Gruppo Interforze,
recepiti dal Prefetto, risalgono nel
tempo e siano, comunque,
anteriori al 4 febbraio 2002,
allorché lo stesso Prefetto di
Napoli ebbe a rilasciare la
certificazione
liberatoria
antimafia.
Con riguardo ai singoli episodi e
circostanza ritenute emblematiche
dell’infiltrazione, i giudici di
secondo grado accolgono le
censure prodotte dall’appellante:
1) premesso che i fratelli B. sono
incensurati e non risultano carichi
pendenti nei loro confronti,
l’ordinanza interdittiva venne
annullata dal Tribunale del
Riesame per insussistenza di gravi
indizi di colpevolezza, e le
successive vicende giudiziarie
hanno dimostrato l’innocenza del
B., in ordine alle minacce subite
da R., e la infondatezza delle
dichiarazioni del collaboratore di
giustizia P., mentre i procedimenti
a carico dei fratelli I.V. e A. sono
stati tutti definiti con sentenze di
proscioglimento e provvedimenti
di archiviazione;
2) si tratta di illeciti di carattere
amministrativo, definiti con la
Pubblica
Amministrazione,
comunque estranei alla normativa
antimafia;
3) tutti i dipendenti della E.B.
sono impiegati presso la
medesima, in forza del c.d.
passaggio di cantiere, per cui
l’appaltatore, che vince la gara,
deve assumere i dipendenti di chi
lo precedeva, sicchè le pendenze
penali a carico degli stessi non
possono
assumere
alcun
significato indiziario a danno
dell’impresa;
4) con riguardo ai pretesi fondi
occulti, si precisa che il relativo
procedimento per reato fiscale si è
concluso
con
decreto
di
archiviazione del G.U.P. del
Tribunale di Nola, in quanto le
fatturazioni in questione sono
relative
ad
operazioni
oggettivamente e soggettivamente
esistenti;
5) si tratta di riferimenti generici a
fonti indiziarie non precisate e
non controllabili, che non
consentono alcuna forma di
difesa;
6) il Dr. A. è un commercialista
stimato, incensurato e privo di
procedimenti pendenti a proprio
carico, che nella società non
aveva incarichi gestionali, ma di
semplice controllo contabile die
bilanci;
7) il procedimento a carico di
A.P. si è concluso con condanna
per ricettazione, escludendosi
ogni relazione con ambienti di
criminalità organizzata;
8) la stessa valutazione di
insufficienza va ribadita con
riguardo ai non meglio precisati
atti di Polizia Giudiziaria e notizie
confidenziali, secondo cui i
fratelli B. gravitano nel clan A.;
9) quanto alle denunce alle Forze
dell’Ordine, si ritiene che, dopo
circa due anni di indagini,
l’esistenza di una guerra fra clan,
in cui i fratelli B., incensurati e
senza
carichi
pendenti,
partecipino come forza attiva,
avrebbe dovuto dar luogo alla
emersione di fatti di ben maggiore
rilevanza, piuttosto che il ricorso
alla protezione delle Forze
dell’Ordine;
10) per il programma di
protezione disposto in favore di
B.P., si è pensato che lo stesso
potrebbe fruirne in qualità di
pentito,
ma
la
tesi
è
manifestamente erronea, perché la
qualità di collaboratore di
giustizia può essere assunta
dall’imputato che, dissociandosi
dagli altri, si adopera ad evitare
che l’attività delittuosa sia portata
a conseguenze ulteriori; ed è
pacifico che il B. non abbia
procedimenti penali a proprio
carico, né ne abbia avuti in
concomitanza con l’avvio del
programma di protezione.
Esito ricorso: accolto
(cfr. Tar Lazio, Roma, Sezione II
ter, 09 novembre 2005, n. 10892)
59
Tar Campania, Napoli, Sezione I,
16 giugno 2006, n. 7068
INFORMATIVA TIPICA
Il provvedimento informativo
della Prefettura non era derivato
da un autonomo procedimento,
ma da un’automatica estensione
degli effetti interdittivi rinvenenti
dal procedimento antimafia a
carico di altra società.
Peraltro, sin dall’aprile del 2005 e,
quindi, sei mesi prima, detta
società ed il suo amministratore
erano cessati da qualunque
rapporto con la ricorrente R. s.r.l.,
cedendo le loro rispettive quote di
pertinenza.
Entrambe le informative a carico
della suddetta diversa società
erano state sospese dal Giudice
amministrativo
a
seguito
dell’annullamento, da parte del
Tribunale del Riesame, del
27
IGI – Istituto Grandi Infrastrutture
__________________________________________________________________________________________
sequestro preventivo disposto a
carico della medesima.
La società ricorrente faceva
comunque rilevare che l’unico
elemento di collegamento tra la R.
s.r.l. e l’altra società, cui si riferiva
il verbale del G.I.A., era costituito
dal rapporto di coniugio tra
l’amministratore della prima
società e quello della seconda,
elemento del tutto inidoneo a
documentare il pericolo di
condizionamento mafioso della
ricorrente.
Esito ricorso: accolto
60
Tar Campania, Napoli, Sezione I,
06 giugno 2006, n. 6757
INFORMATIVA ATIPICA
Sul conto della I.C.E.M. s.r.l. era
stato riferito, dagli Organi di
Polizia, che F.S., amministratore
unico della ditta, era cognata del
noto pregiudicato N.C., deceduto
a seguito di agguato camorristico.
Inoltre, si riferiva che M.G.,
marito dell'amministratore della
società, risultava denunziato,
unitamente ad altre 21 persone,
per il reato di associazione a
delinquere di stampo mafioso e
che M.R., figlia dei predetti
coniugi, risultava convivente con
tale L.S., pregiudicato per
estorsione, porto e detenzione
abusiva di armi, tratto in arresto,
unitamente ad altri pregiudicati,
tra cui P.R., con precedenti per
reati di associazione a delinquere
ed estorsione, nonché referente
locale di un clan camorristico.
Nella stessa nota si segnalava,
altresì, che l'impresa aveva inteso
fornire
elementi
di
controdeduzione, sulla base dei
quali il Gruppo Interforze
Antimafia aveva preso atto
dell'incensuratezza di M.G.,
28
marito dell'amministratore della
società, alla stregua delle
risultanze del casellario giudiziale
e dei carichi pendenti, mentre
aveva
reputato
necessario
accertare eventuali rapporti di
convivenza tra il medesimo
amministratore e il predetto L.S.,
per il tramite degli Organi di
Polizia.
In proposito, le Forze dell'Ordine
avevano comunicato che, secondo
gli atti in loro possesso, non
risultavano documenti in grado di
attestare l'attuale convivenza tra
M.R., figlia dell'amministratore
unico della I.C.E.M. s.r.l., e L.S.,
il quale, tratto in arresto per
associazione a delinquere ed
estorsione, risultava detenuto; e,
inoltre, che la Direzione della
Casa Circondariale ove lo stesso
L.S.
era
ristretto,
aveva
comunicato che il predetto
amministratore della società non
aveva mai effettuato colloqui con
il predetto L.S.
Circa ognuno di questi punti, la
società ricorrente ha svolto le
seguenti deduzioni difensive:
quanto alla circostanza che una
sorella dell'amministratore della
I.C.E.M. avesse sposato N.C.,
ritenuto vicino al clan della
camorra, che dal medesimo
prendeva il nome, deceduto da
oltre venti anni, la ricorrente
ritiene che sia del tutto
inconferente ai fini della
prevenzione antimafia, oltre ad
essere in contrasto con i principi
costituzionali.
Quanto
a
M.G.,
marito
dell'amministratore della società,
la ricorrente specifica che è stato
prosciolto nel 1987, per non aver
commesso il fatto, su conforme
richiesta del Pubblico Ministero,
dall'accusa di associazione a
delinquere, per aver partecipato
ad un'associazione camorristica
diretta da N.L
Quanto al fidanzamento di M.R.,
figlia dei predetti, con L.S., si
specifica che era cessato da anni e
la stessa era prossima a sposarsi
con
il
nuovo
fidanzato,
incensurato.
In seguito, la difesa produceva
anche certificato di matrimonio
tra M.R. e M.A.
Esito ricorso: accolto
61
Consiglio di Stato, Sezione IV,
05 giugno 2006, n. 5935
INFORMATIVA TIPICA
La C.R. s.p.a. impugna la
sentenza del Tar, con la quale è
stato respinto il ricorso proposto
dalla medesima società avverso i
provvedimenti di revoca delle
agevolazioni finanziarie concesse.
A giudizio della ricorrente,
l’unico motivo addotto per
giustificare l’asserito tentativo di
infiltrazione sarebbe la parentela
esistente con il pregiudicato L.I.,
mai amministratore o socio della
C.R.
Ed
anche
il
successivo
documento
della
D.I.A.,
concernente l’ex amministratore
F.I., sarebbe del tutto privo di
elementi che provino o abbiano
dato riscontro agli indizi circa il
preteso condizionamento mafioso
nei confronti dell’appellante.
Il tentativo difensionale delle
risultanze della informativa D.I.A.
non trova utile esito.
Dalla prima di esse risulta che
I.L., figlio di F., presidente del
Consiglio di amministrazione
della C.R. s.p.a., tratto in arresto
in esecuzione di ordinanza
applicativa di misure cautelari, è
risultato contiguo al clan
camorristico capeggiato dal noto
F.M., in quanto, in qualità di
amministratore della I. s.r.l., in
Le informative tipiche ed atipiche: che cosa sono? Le risposte della giurisprudenza
__________________________________________________________________________________________
concorso con esponenti del
predetto
clan,
acquisiva,
fittiziamente, la titolarità di un
terreno di 7000 mq circa, peraltro
attiguo alla C.R. s.p.a.
Proprietario di tale terreno era,
secondo l’informativa, F.M., e la
titolarità dello I. era finalizzata ad
eludere la normativa antimafia in
materia di misure di prevenzione
patrimoniali.
In tale contesto, la conferma della
vicinanza della famiglia I. al clan
F. è data, altresì, dagli elementi
acquisiti nell’ambito dell’attività
finalizzata ad individuare beni
immobili di proprietà del capo
clan F.M., intestati fittiziamente a
terze persone compiacenti.
Dalla seconda informativa (in
disparte, il riferimento ai
precedenti penali a carico di F., al
diniego della licenza di fucile per
uso caccia, alla revoca della
licenza di porto d’armi e ad altri
elementi che, pur nella loro
oggettiva gravità, assumono
consistenza all’evidenza minore
ai fini per cui è causa) risulta che
I.D., nuovo Presidente del
Consiglio di amministrazione
della C.R., è stato interessato alla
società I.P.A., unitamente al
fratello F., già presidente della
C.R., attualmente di proprietà dei
fratelli I. e di N.E., già interessato,
insieme al boss F.M., alla E.S.G.,
in evidente intreccio di interessi
patrimoniali e imprenditoriali.
Risulta inoltre che alcuni dei
personaggi
organici
dell’organizzazione
criminale,
capeggiata dal boss F.M., hanno
trovato lavoro presso la società
dei fratelli I., come risultante
anche da precedenti informazioni
antimafia sulla società E.F. s.r.l.
dei fratelli I., secondo cui si è
acclarato che, presso alcune ditte
di proprietà degli I., trovano
occupazione o hanno trovato
lavoro pregiudicati sospettati
appartenere al clan camorristico
della nuova famiglia, facente capo
al noto latitante M.F.
La detta informativa riferisce,
ancora,
sulla
base
delle
dichiarazioni di un collaboratore
di giustizia, che il boss M.F.
controllava
tutte
le
amministrazioni locali della sua
zona e che, dopo l’uccisione, da
parte dei C., del sindaco G.F.,
impedì la rielezione del nuovo
sindaco fino a quando non
individuò un altro candidato a lui
gradito.
Riferisce, altresì, che, dopo
l’omicidio del detto sindaco, si
procedette alla nomina, prima, di
tale P. e, poi, di tale N., che
rinunciarono alla carica dopo
pochissimi giorni, e che il primo
sindaco, che rimase in carica
stabilmente per quasi due anni, fu
I.F. che, sempre secondo le
dichiarazioni del collaboratore di
giustizia, doveva essere persona
gradita al F.
Esito ricorso: respinto
62
Tar Lazio, Roma, Sezione II,
20 aprile 2006, n. 2876
INFORMATIVA ATIPICA
È stato accertato che tre
dipendenti
della
società,
impegnati nel cantiere di San
Giorgio a Cremano, sarebbero
legati da rapporti di parentela con
esponenti di un clan, pur essendo
stati assunti non per sua volontà,
ma per assorbimento a seguito del
subingresso alla società P.A., già
titolare del servizio di cui trattasi.
Specifica la ricorrente che detti
lavoratori non sono titolari di
alcuna attività organizzativa
nell’azienda, che ha un organico
di trecento dipendenti, e non sono,
quindi, idonei a generare alcun
pericolo di infiltrazione mafiosa.
Ciò anche perché trattasi di mero
rapporto di parentela o di generico
riferimento di appartenenza ad un
clan, in assenza di riscontri
oggettivi, anche di sola rilevanza
indiziaria.
Aggiungasi che i tre dipendenti in
questione, la cui assunzione risale
al 2001, prima della acquisizione
del servizio di N.U. del Comune
di Pompei da parte della
ricorrente, hanno sempre lavorato
in un cantiere a San Giorgio a
Cremano, senza che si siano
verificati problemi.
Esito ricorso: respinto
63
Tar Campania, Napoli, Sezione I,
14 marzo 2006, n. 2949
INFORMATIVA TIPICA
L’informativa è stata emessa sulla
base non solo della circostanza
che, con proprio decreto, lo stesso
Prefetto di Caserta aveva già
adottato nei confronti della società
D.F.F., di D.D.V.,
socio
accomandatario, di G.D’A.,
direttore tecnico, e di E.D’A.
informativa interdittiva ex art.4
del d.lgs. n.490/1994, ma anche
su altre circostanze, in particolare,
quella attinta dalla relazione della
Regione Carabinieri Campania,
Comando Provinciale di Caserta,
Reparto Operativo, secondo cui
D’A.G. risulta legato da vincoli di
amicizia con D.G.C., già capo
della N.C.O. in Aversa e zone
limitrofe, transitato poi nella
organizzazione criminale dei C.,
pluripregiudicato per omicidio,
associazione per delinquere di
tipo mafioso, estorsione, rapina ed
altro, attualmente ristretto e
collaboratore di giustizia.
Sempre dalla stessa relazione si
ricava, altresì, che lo stesso
D’A.G. nel 2000, in sede di
verifica
antimafia,
risultava
collegato
ad
esponenti
dell’organizzazione terroristica
29
IGI – Istituto Grandi Infrastrutture
__________________________________________________________________________________________
dei
C.,
nonché
socio
accomandante della società D.F.
F. di D’A.V.C. e che
quest’ultimo, insieme al figlio E.,
il 13 settembre 1989 furono
denunciati dal Commissariato di
PS
di
Aversa
per
favoreggiamento personale nei
confronti
di
quattro
pluripregiudicati, elementi di
spicco del clan dei C. e che, con il
medesimo atto, furono denunciati
per associazione di tipo mafioso,
tentato
omicidio,
tentata
estorsione ed altro.
Quanto all’amicizia richiamata
nella prima parte della riferita
relazione, osserva il Collegio che
trattasi di sentimento che, in
generale, non si esaurisce in un
contatto isolato, episodico o
occasionale,
ma
implica
un’apprezzabile frequentazione e
una qualche affinità tra i soggetti
amici.
A ciò deve aggiungersi che, in
concreto, si carica di un
particolare significato negativo,
ove appena si consideri che si
tratta di un’amicizia che il
ricorrente, già colpito da
precedente
informativa
interdittiva
e,
quindi,
presumibilmente
consapevole
della relativa portata, continua a
coltivare con un pregiudicato di
non trascurabile caratura.
Esito ricorso: respinto
criminoso, denominato P.R., in
qualità di fiancheggiatore.
Trattasi di rapporto sostanziatosi
nell’avere
il
S.
contratto
matrimonio con la figlia di T.,
pregiudicato
qualificato
fiancheggiatore di un clan
camorristico.
La formula,
estremamente
stringata,
fa
discendere
automaticamente dal rapporto
matrimoniale e dalla dinamica
sentimentale, che allo stesso
rapporto è sotteso, la conseguenza
della compromissione in qualche
misura del genero con la
posizione del suocero.
Non risultano, per la parte di
competenza,
tentativi
di
infiltrazione mafiosa mirati a
condizionare le scelte e gli
indirizzi della società e delle
persone di cui al foglio in
riferimento.
Allo stato non sussistono elementi
tali da far ritenere che T.A. abbia
cointeressi
nella
gestione
dell’impresa.
Esito ricorso: accolto
65
Tar Campania, Napoli, Sezione I,
02 marzo 2006, n. 2533
INFORMATIVA TIPICA
64
Tar Campania, Napoli, Sezione I,
14 marzo 2006, n. 2947
INFORMATIVA ATIPICA
L’informativa posta è stata
espressa sulla base della
circostanza, per cui S.M., direttore
tecnico della ditta ricorrente, è
genero di T.A., pregiudicato,
inquadrato
nel
sodalizio
30
Risulta dalla documentazione
della Prefettura di Napoli che:
1) la società ricorrente, fino all’8
settembre 2000, denominata E.
con sede in Caserta, era già stata
colpita da informativa prefettizia
tipica del 12 aprile 2000 del
Prefetto di Caserta, in relazione
agli stretti collegamenti che i suoi
amministratori avevano avuto con
la criminalità organizzata e che,
successivamente cancellata dal
registro delle imprese di Caserta,
aveva mutato denominazione in
E.C. con sede in Napoli e con
amministratore
unico,
I.S.,
detentore del 70% delle quote
sociali.
2) G.A., già amministratore unico
della società E., è nipote di S.V.,
S.R. e S.G.: il primo imprenditore
edile, pregiudicato affiliato al clan
camorristico B., operante in
Marcianise e comuni limitrofi,
con numerosi precedenti penali a
carico; il secondo, imprenditore
edile con pregiudizi penali per
reati ecologici ed omessa custodia
di armi, nonché fiancheggiatore
del clan B.; il terzo, pregiudicato,
affiliato alla N.C.O.. deceduto a
colpi di arma da fuoco il 9
settembre 1990, e fedele servitore
del boss C.P.
La società E., nonostante il
mutamento
formale
della
denominazione e della sede,
continuava ad essere nella
disponibilità degli stessi soggetti,
nei cui confronti il Prefetto di
Caserta
aveva
emesso
l’informativa interdittiva.
Alla stregua delle circostanze
riferite, non sembra seriamente
contestabile che il mutamento di
denominazione si è tradotto in un
capzioso espediente elusivo della
normativa antimafia, ispirato
dall’intento
di
creare
un
organismo sociale formalmente
nuovo, ma solo nell’apparenza, al
quale non fossero propagabili gli
effetti della misura interdittiva
precedentemente adottata dal
Prefetto di Caserta.
I
rapporti
di
parentela,
puntualmente indicati nella citata
relazione, e la mancanza di
qualsivoglia
elemento
di
dissociazione e, comunque, di
estraniazione della ricorrente
società
dalle
consorterie
camorristiche
fa
ritenere
ragionevole l’illazione che i
collegamenti
mafiosi
precedentemente riscontrati nella
ex società E. si siano ripetuti e
Le informative tipiche ed atipiche: che cosa sono? Le risposte della giurisprudenza
__________________________________________________________________________________________
protratti anche in capo alla società
E.
Esito ricorso: respinto
(cfr. Consiglio di Stato, Sezione
VI, 02 maggio 2007, n. 1916)
66
Tar Campania, Napoli, Sezione I,
n. 1791/2006
INFORMATIVA ATIPICA
L’informativa prefettizia è stata
emessa sulla base delle seguenti
circostanze:
1) l’intero capitale della società E.
è detenuto dai due soci fratelli
F.L. e N., fatti entrambi, in
passato, oggetto di accertamenti
ex artt.1 e 1-bis del d.l. n. 268/82,
disposti dall’Ufficio Territoriale
di Governo di Caserta, al termine
dei quali è emerso che per la E.
hanno svolto attività lavorativa
persone considerate vicine ad
ambienti
ricollegabili
ad
organizzazioni mafiose;
2) F.L., accusato di associazione a
delinquere di tipo mafiosa, è stato
assolto perché il fatto non
sussiste;
3) sua moglie S.N. è cugina di
secondo grado di F.S. noto capo
del clan dei C.;
4) entrambi i fratelli sono stati
denunciati per detenzione abusiva
di 49 cartucce per pistola calibro 9
e assolti e per truffa;
5) B.P., Presidente del
Sindacale e Sindaco
della società, era stato
per reati contro la
Amministrazione.
Collegio
effettivo
arrestato
Pubblica
A tali elementi già significativi,
va aggiunto poi un’ulteriore
circostanza, evidenziata in una
successiva nota del Prefetto di
Napoli, con cui si comunicava al
Comune di Marano, che sono
stati segnati collegamenti tra F.N.
e D.R., già condannato con
sentenza definitiva per il reato di
associazione mafiosa ex art. 416bis c.p., e con altra sentenza per il
reato di estorsione.
Non
sembra
seriamente
contestabile che gli elementi
riferiti integrano un quadro dai
contorni non del tutto limpidi, e
che lascia già intravedere qualche
ombra sulla posizione dei due
fratelli F., entrambi soci della
società ricorrente: ombra che
assume
consistenza
di
ragionevole sospetto quando, poi,
si consideri l’intero contesto
familiare dei due fratelli,
caratterizzato dalla presenza in
esso di un genitore con precedenti
penali, e della moglie di uno dei
due, legata da rapporto di
parentela con un capoclan,
certamente sintomatico di un
ambiente sullo sfondo del quale si
vedono proiezioni di indubbia
matrice criminale.
La densità camorristica, poi, della
zona in cui i due fratelli F.
svolgono
la
loro
attività
commerciale, il settore in cui essi
operano, connotato da una forte
presenza di operatori con radici
legate a consorterie malavitose, il
radicamento nella stessa zona di
uno dei clan camorristici più
agguerriti e irriducibili della zona,
con militanza risalente a vari
decenni e tuttora imperante, la
denuncia subita dai due fratelli, in
concorso, per truffa e detenzione
abusiva di cartucce per pistola
calibro 9, la loro contiguità nella
gestione dell’impresa e nello
svolgimento della propria attività
lavorativa, con collaboratori
sospettati di collegamento con
organizzazioni
mafiose,
la
frequentazione da parte di uno
dei
fratelli
con
soggetti
pregiudicati, sono circostanze che
fanno ragionevolmente presumere
che la società ricorrente non era
estranea a collegamenti con
organizzazione mafiosa.
Esito ricorso: improcedibile
67
Tar Sicilia, Palermo, Sezione III,
13 gennaio 2006, n. 38
INFORMATIVA ATIPICA
Dall’esame degli atti prodotti
dall’Avvocatura dello Stato risulta
che il Sig. R.E.C., amministratore
unico della I.T.C. s.r.l., con
sentenza del Tribunale di
Caltagirone, è stato condannato
alla pena di anni uno e mesi tre di
reclusione, ed euro trecento di
multa, per il reato di turbata
libertà degli incanti.
In atti è pure presente il
dispositivo della sentenza della
Corte d’Appello di Catania, con la
quale il reato ascritto al Sig.
R.E.C. è stato dichiarato estinto
per prescrizione.
Dall’epigrafe di tale sentenza
risulta che al Sig. R.E.C. era stato
contestato il reato di cui all’art.
353 c.p., in concorso con altri,
non aggravato, ai sensi dell’art. 7
del d.l. 13 maggio 1991, n. 152
(convertito dalla l. 12 luglio 1991,
n. 203), dalla finalità di
agevolazione di associazioni per
delinquere di stampo mafioso,
ovvero dall’essersi il reo avvalso
delle condizioni previste dall’art.
416-bis c.p.
Inoltre, sempre dalla stessa
sentenza si evince che il reato
associativo contestato ad alcuni
coimputati è quello previsto
dall’art. 416 c.p. (vale a dire
l’associazione per delinquere di
tipo c.d. semplice), e non quello
di cui al già richiamato art. 416bis c.p. stesso (l’associazione per
delinquere di stampo mafioso).
L’elemento che può allora trarsi
da tale sentenza è che il Sig.
R.E.C. è risultato soggetto capace
di commettere reati contro la
31
IGI – Istituto Grandi Infrastrutture
__________________________________________________________________________________________
Pubblica Amministrazione, in
concorso con altri soggetti
gravitanti in
un
contesto
criminoso non sporadico ed
isolato, ma organizzato in forma
associativa.
Quanto
all’altra
impresa
costituente l’ATI ricorrente, la
M.A. s.r.l., da una nota della
Questura di Catania risulta che il
Sig. G.C., legale rappresentante, è
stato attinto da ordinanza di
custodia cautelare in carcere per il
reato di turbata libertà degli
incanti continuato (art. 81 c.p.) e
in concorso (art. 110 c.p.),
aggravato ai sensi del già citato
art. 7 del d.l. n. 152 del 1991.
Il relativo procedimento è stato
archiviato, come pure era stato
archiviato un altro procedimento a
suo carico per il medesimo reato,
con provvedimento del G.I.P.
presso il Tribunale di Caltagirone.
Nella nota della Questura di
Catania, inoltre, viene richiamata
la
motivazione
di
un
provvedimento del G.I.P. presso il
Tribunale di Catania, la quale
argomenta l’esistenza, accanto al
sodalizio criminoso, di una
centrale committente nel controllo
mafioso
delle
commesse
pubbliche, facente capo al Sig.
G.C., legale rappresentante della
M.A. s.r.l.
Esito ricorso: respinto
68
Tar Campania, Napoli, Sezione I,
30 dicembre 2005, n. 20720
associazione mafiosa, costituita
al fine di commettere varie
tipologie di reati, quali estorsioni,
furti, omicidi, traffico di sostanze
stupefacenti e di armi, controllo
illecito sugli appalti , sul consenso
elettorale
nella zona di
Somigliano d’Arco.
Il processo, alla data del 29
novembre 2004, risultava essere
ancora pendente presso il
Tribunale di Nola.
L’informativa
proseguiva
indicando
che
C.A.,
amministratore unico della S. nel
1991 era stato amministratore
della società C. insieme a S.G.,
mentre il direttore tecnico della
società, tale P.G., era il nipote di
quest’ultimo.
Inoltre, tra le società partecipate
della S. figurava la M.L., società
consortile
a
responsabilità
limitata, il cui amministratore
unico,
S.G.,
era
anche
amministratore della società S.
s.r.l., impresa nei confronti della
quale i Carabinieri di Castello di
Cisterna avevano fornito elementi
di interesse.
L’Ufficio Territoriale di Governo
informava, altresì, dell’esistenza
di una pregressa controversia con
la S. s.r.l., in merito ad una
precedente informativa antimafia
sfavorevole, allegando i relativi
rapporti e rappresentando che il
contenzioso conseguitone si era
concluso con la sentenza n.
17910/2004 di questa Sezione di
rigetto del ricorso proposto dalla
società odierna ricorrente.
Esito ricorso: respinto
INFORMATIVA ATIPICA
Nella nota si rappresentava che
S.G., coniugato con P.A., in data
4 luglio 1994 era stato tratto in
arresto dai Carabinieri di Cisterna,
in esecuzione di un’ordinanza di
custodia cautelare del GIP di
Napoli per il delitto di
32
69
Tar Campania, Napoli, Sezione I,
29 dicembre 2005, n. 20681
INFORMATIVA TIPICA
Il Gruppo Interforze ha ritenuto
che la presenza sui cantieri
dell'autostrada A/3 delle ditte S.
s.r.l. e I.G. s.c.a.r.l. possa
costituire una possibile ipotesi di
ricorribilità di indebita ingerenza
della criminalità organizzata negli
appalti
in
parola,
in
considerazione degli strettissimi
rapporti di parentela, intercorrenti
tra i rappresentanti legali e/o
sindacali delle suddette ditte con
quelli dell'I. s.c.a.r.l., V.C. e G.,
destinatari, nel passato, di
provvedimenti
di
custodia
cautelare in carcere, per il reato
associativo di cui all'art. 416-bis
c.p., e che tutte e tre le ditte,
unitamente ad altra società, L.B.,
devono ritenersi riconducibili ai
soprarichiamati fratelli V., ritenuti
contigui
alla
criminalità
organizzata.
Con riferimento a questi ultimi, il
Coordinatore
del
Gruppo
Interforze ha altresì riportato che,
in occasione di un appalto del
1998 per la realizzazione della
rete idrica del Comune di
Boscoreale,
sarebbe
stato
evidenziata
l'illegittimità
dell'affidamento dei lavori alla
ditta L.B., impresa legata
all'organizzazione di tipo mafioso
del capoclan C.A., appartenente ai
fratelli C. e G.V., che, all'epoca
dei fatti, intesero aggirare
fraudolentemente
la
legge
antimafia, pur di partecipare con
la propria società alla gara,
variandone la rappresentanza
legale e la direzione tecnica, e
presentando
documentazione
inerente ai soli subentranti, e non
anche ai dimissionari, all'epoca
sottoposti a procedimento penale
per il reato di cui all'art. 416-bis
c.p.
Sotto altro versante, il Gruppo
Interforze ha ritenuto che non
possono non essere considerati
incidenti anche gli ulteriori
elementi cognitivi, desumibili
dalla lettura della missiva dei
Carabinieri, nella parte in cui
vengono evidenziati gli esiti di
Le informative tipiche ed atipiche: che cosa sono? Le risposte della giurisprudenza
__________________________________________________________________________________________
taluni controlli eseguiti sul
territorio da parte delle Forze
dell'Ordine, che hanno messo in
luce frequentazioni intercorrenti
tra V.G., indicato quale direttore
tecnico dell'I.G. s.c.a.r.l. e
pregiudicati appartenenti al clan
V.
Veniva, difatti, segnalato che
V.G. era stato controllato:
1) unitamente a C.E., pregiudicato
per furto e reati inerenti agli
stupefacenti, nonché ritenuto
vicino al clan camorristico V.;
2) unitamente a V.I., pregiudicato
per furto aggravato e inosservanza
dei provvedimenti dell'autorità,
figlio di A.V. (deceduto), capo
dell'omonimo sodalizio;
3) unitamente a C.P., pregiudicato
per produzione e traffico illecito
di sostanze stupefacenti, e rapina;
C.C., pregiudicato per produzione
e traffico illecito di sostanze
stupefacenti; C.G., pregiudicato
per ricettazione;
I componenti del Gruppo
Interforze fanno evidenziare, tra
l'altro, che, anche se, sul piano
penale, i fratelli C. e G.V. sono
stati destinatari della sentenza di
assoluzione per non aver
commesso il fatto, pur tuttavia,
non può non ritenersi incidente,
sul
piano
amministrativo
cautelare della prevenzione, la
circostanza che il collegamento
ritenuto sussistente, al tempo
dell'emissione dell'ordinanza di
custodia cautelare in carcere, tra
gli stessi e la criminalità
organizzata, nell'attualità, è stato
riscontrato nuovamente dalle
Forze dell’Ordine, sia pur con
riferimento ad un prossimo
congiunto degli stessi V. con altri
pregiudicati, ritenuti vicini al clan
camorristico V.
Esito ricorso: respinto
70
Tar Lazio, Roma, Sezione II ter,
9 novembre 2005, n. 10892
INFORMATIVA TIPICA
Tra le varie circostanze di fatto
considerate, sono state ritenute
particolarmente
significative
quelle poste a fondamento
dell’ordinanza di applicazione di
misura interdittiva ad esercitare
imprese
nel
settore
del
trattamento di rifiuti, emessa dal
Tribunale di Napoli - Sezione del
Giudice
per
le
Indagini
Preliminari - nei confronti del
ricorrente, indagato di concorso in
abuso di ufficio (artt. 81 cpv., 110
e 323 c.p.), in quanto non si è
trattato
di
azioni
isolate,
inquadrandosi in un più vasto
disegno di consolidamento della
posizione monopolistica nel
settore del trattamento dei rifiuti
del ricorrente B., consolidata
anche attraverso gli abnormi
collegamenti con il personale
degli organi di controllo.
Dagli atti si evince anche che è
stato
attribuito
valore
emblematico all’episodio, che ha
dato luogo all’incriminazione: un
funzionario dell’amministrazione
provinciale,
incaricato
dell’istruttoria per il rilascio di
una società concorrente a quella
oggi ricorrente, riferiva di essere
stato minacciato di morte e
colpito a calci e pugni, per
convincerlo a ritardare o
condizionare il definitivo rilascio
alla ditta P.C. delle prescritte
autorizzazioni
all’esercizio
dell’attività di depurazione di
rifiuti liquidi, e nell’omettere di
dare ulteriore corso alla pratica (la
copia della delibera in favore di P.
è stata rinvenuta presso gli
impianti di B.)
Per tale episodio, il ricorrente era
stato imputato per concorso nel
reato, quale mandante ed
istigatore, in quanto presunto
beneficiario
dell’attività
di
smaltimento dei rifiuti liquidi, che
la predetta ditta non avrebbe
potuto continuare a svolgere per
effetto
del
ritiro
dell’autorizzazione in parola.
Detto episodio è stato interpretato
alla luce di altre circostanze di
fatto che sono state ritenute, nel
loro collegamento, sintomatiche
della permeabilità della ditta
ricorrente ad infiltrazioni mafiose,
anche in considerazione della
dichiarazione di un collaboratore
di giustizia, il quale avrebbe
indicato lo stesso ricorrente come
compartecipe del sistema di
illecita gestione degli impianti di
smaltimento dei rifiuti in
Campania.
La stessa autorità ha, inoltre,
ritenuto che l’ipotesi prospettata
potesse essere validata mediante
un
elemento
ulteriore
di
conferma,
ravvisato
nelle
documentate
cointeressenze
societarie con I.V.
Detti elementi di giudizio sono
stati considerati, anche alla luce
dei gravi addebiti ambientali, per i
quali il Sig. B.P. è stato
denunciato:
1) scarico indiretto delle acque
reflue del laboratorio chimico
ubicato
nello
stabile
e
realizzazione di 13 vasche a
tenuta stagna senza alcuna
concessione edilizia;
2) informativa di polizia per
violazione della l. n. 152/1999
sulla tutela della acque;
3) mancanza di autorizzazione
allo stoccaggio e trattamento di
rifiuti speciali non classificati
nocivi,
4) informativa di polizia per
violazione della l. n. 615/1996
sulla tutela dell’ambiente.
Del pari compromessa, sotto il
profilo del rispetto dell’ambiente,
33
IGI – Istituto Grandi Infrastrutture
__________________________________________________________________________________________
appare la posizione dell’altro
titolare dell’impresa, Sig. B.S., a
carico del quale risultano i
seguenti addebiti.
1) segnalato alla Procura
Circondariale di Napoli per
attivazione di pozzi privi di
contatori per l’acqua prelevata
presso la discarica, sita in località
Scafarea, nel Comune di
Giugliano in Campania;
2) informativa di polizia per
concessione di subappalto senza
autorizzazione;
3) controllato dai Carabinieri in
Figline Valdarno (Fi) insieme a
A.P., gravato da informativa di
polizia
per
riciclaggio
e
associazione per delinquere.
Per quanto concerne, invece,
B.A., lo stesso risulta essere stato
denunciato
per
immissione
abusiva di materiali da rifiuto ed
altre sostanze nocive alla salute
pubblica in un deposito non
autorizzato.
Scarso rispetto delle norme poste
a salvaguardia di quell’ambiente,
che la società ricorrente dovrebbe
contribuire a tutelare mediante lo
svolgimento
dell’appaltato
servizio, mostrano anche diversi
suoi dipendenti.
Tra i 175 dipendenti dell’impresa
ricorrente, infatti, 114 persone
non hanno alcuna pendenza
penale, mentre quasi un terzo dei
lavoratori è stato denunciato o
condannato per reati che vanno
dal furto alle lesioni personali, dal
falso all’abusiva detenzione di
armi, nonché per reati connessi
alla tutela delle acque e
dell’ambiente.
Frequente la ricorrenza a carico di
dipendenti di denunce, o
condanne, per reati tipici
dell’ambiente della criminalità
organizzata, quali contrabbando,
traffico
di
stupefacenti,
ricettazione, rapina, estorsione,
34
lesioni
personali,
minacce,
danneggiamento (incendio di auto
di carabiniere), violenza e lesioni
a pubblico ufficiale, spesso in
concorso tra loro.
In
particolare,
a
carico
dell’omonimo del ricorrente
risulta:
1) deferimento in stato di
irreperibilità
per
rapina,
violazione di domicilio e lesioni
dolose;
2) deferimento in stato di arresto
per rapina impropria, resistenza e
lesioni a pubblico ufficiale;
3) scarcerazione da reati contro la
Pubblica Amministrazione, rapina
impropria e lesioni personali
volontarie;
4) informativa di polizia per porto
abusivo di armi (art. 699 c.p.).
Altrettanto frequente la presenza
di dipendenti indagati per
associazione a delinquere di
stampo mafioso e frequentatori
del medesimo ambiente.
Tra
queste
circostanze
emblematiche, è stato attribuito
particolare rilievo anche alla
formazione di “fondi occulti”,
rilevata dal Gruppo Interforze, il
quale riferisce che, nei confronti
della società ricorrente, veniva
acclarato un illecito fiscale, che
consentiva di contestare l’omessa
fatturazione di prestazioni di
servizio per un ingente valore,
relativamente agli anni 19941995.
Il giudizio di pericolosità
formulato si fonda, inoltre, su
numerosi atti di polizia giudiziaria
e notizie confidenziali, a
dimostrazione che i suddetti, e le
ditte a loro facenti capo, gravitano
nell’orbita del clan A., nonché
sulla compromessa posizione dei
suoi organi di controllo: in
particolare, A.D., sindaco della
società
ricorrente,
ritenuto
presente in varie società del clan
N. e, al tempo stesso, incensurato
e privo di procedimenti penali a
carico.
Sotto diverso profilo, la ricorrente
denuncia
l’errore
in
cui
l’amministrazione sarebbe incorsa
nella valutazione dei presupposti
di fatto, in quanto non avrebbe
tenuto conto delle circostanze in
cui la società opera, ed avrebbe
ignorato il fatto che, in danno
della stessa ricorrente, sono state
poste in essere azioni delittuose,
nonché che la società è stata
oggetto di misure di vigilanza,
che ha presentato 20 denunce per
tentativi di condizionamento e che
uno dei soci è soggetto a
programma di protezione.
Ma da ciò nulla è possibile
evincere in merito alle cause di
tale minaccia, potendosi ben
trattare di episodi riconducibili ad
una guerra tra clan.
Né valenza conclusiva può essere
imputata alla circostanza che il
ricorrente
benefici
di
un
programma di protezione, atteso
che dalla fruizione di tale
programma nulla se ne può
inferire in merito alle ragioni
(magari in virtù di una
collaborazione come pentito), per
cui lo stesso è stato concesso.
Nella relazione del Gruppo
Interforze è stato riportato,
nell’elenco dei procedimenti a
carico dei titolari della ditta
ricorrente, che la Direzione
Distrettuale Antimafia aveva
emesso informazione di garanzia
a carico dei ricorrenti per il reato
di cui all’art. 416-bis c.p.
Tuttavia,
accanto
alla
premenzionata
circostanza,
veniva
altresì
annotata
l’archiviazione dell’indagine per
associazione
di
stampo
camorristico.
Del pari legittimamente sono state
ritenute irrilevanti le vicende
Le informative tipiche ed atipiche: che cosa sono? Le risposte della giurisprudenza
__________________________________________________________________________________________
personali e processuali dei fratelli
I., ritenuti dagli investigatori
anelli di congiunzione tra i fratelli
B. e la criminalità organizzata,
atteso che la contiguità tra questi
rappresenta solo una parte degli
elementi
considerati
dalla
Commissione Interforze, e non
quella decisiva, in quanto detta
contiguità era considerata solo in
funzione di ulteriore conferma
dell’ipotizzato
scenario
di
infiltrazione.
Stesse considerazioni possono
farsi anche per quanto concerne i
rapporti dei ricorrenti con la
famiglia I.O., atteso il ruolo, del
tutto marginale, di tale elemento
di giudizio nelle valutazioni del
Gruppo Antimafia, in cui detto
rapporto appare solo considerato
come uno dei tanti elementi
ultronei, che depongono nel senso
della contiguità dei fratelli B. con
gli ambienti camorristici.
Infine, per quanto concerne i
rapporti commerciali con alcuni
clienti e fornitori, il Collegio
ritiene che detti rilievi intendono
piuttosto riferirsi alla rilevanza, in
termini qualitativi, di tali
cointeressenze,
cioè
sotto
l’aspetto del valore emblematico
dei rapporti intrattenuti con clienti
e fornitori implicati in indagini o
imputati
per
associazione
mafiosa, riciclaggio, ricettazione
ed altri reati alquanto significativi,
anche sotto il profilo dei metodi
utilizzati (illecita concorrenza con
minaccia di violenza), come è
addebitato a ben individuati
clienti e fornitori della ditta
ricorrente.
La circostanza invocata risulta
ininfluente, atteso che quanto
dedotto non esclude che lo stesso
sia stato gravato da informativa di
polizia per associazione a
delinquere, che rappresenta,
appunto, il fattore considerato
dall’Autorità inquirente come
significativo.
L’incensuratezza dei ricorrenti, la
circostanza che essi non siano mai
stati raggiunti da un ordine di
custodia cautelare in carcere e che
alcuni procedimenti penali a loro
carico si siano conclusi con
richieste
di
archiviazione,
presentate dal Pubblico Ministero,
oltrechè la favorevole conclusione
di alcuni processi pendenti, non
possono
essere
prese
in
considerazione, in quanto sono
intervenute in un periodo di
tempo
successivo
rispetto
all’emanazione
del
provvedimento impugnato, la cui
validità, com’è noto, non deve
essere valutata alla stregua delle
circostanze di fatto rappresentate
e
considerate
dall’Amministrazione
nel
momento della sua adozione e,
comunque,
esse
non
rappresentano
elementi
sufficienti, di per sé, ad invalidare
la valutazione prefettizia, alla luce
dell’ormai
consolidata
giurisprudenza in materia,
2) attività svolta dopo il 1999
dallo stesso T., attraverso la
creazione di E. s.r.l., finalizzata a
scavalcare il referente unico
nazionale
del
Consorzio
appellante, anche attraverso atti
intimidatori consumati contro
dirigenti e dipendenti del
consorzio;
Esito ricorso: respinto
(cfr. Consiglio di Stato, Sezione
V, 27 giugno 2006, n. 4135)
1) il T. non ha mai ricoperto la
carica di Presidente del Consorzio
ed ha comunque cessato ogni
rapporto con lo stesso fin dal
febbraio del 2000, e non del 2002,
come indicato dal Tar;
71
Consiglio di Stato, Sezione VI,
26 ottobre 2005, n. 5981
INFORMATIVA TIPICA
Nel caso di specie, approfondisce
ulteriormente il Consiglio di Stato
che l'informativa impugnata è
fondata sui seguenti elementi:
1) ruolo svolto all'interno del
Consorzio fino al 2000 da G.T.,
già sottoposto alla sorveglianza
speciale di pubblica sicurezza e
con diversi precedenti penali,
arrestato nel gennaio 2002
nell'ambito dell'operazione “M.” e
in contatto con numerosi
esponenti della S.;
3) ruolo svolto dal 2000 da S.F.,
inquadrato come
impiegato
tecnico nella struttura consortile
ma, in realtà, vero e proprio
dirigente, che di fatto partecipava
alle più importanti riunioni e
decisioni del Consorzio;
4)
precedenti
penali
e
segnalazioni a carico dello S. e
rapporti, anche di parentela, con
esponenti di clan mafiosi.
Il Consorzio appellante contesta
la valutazione di tali elementi,
effettuata dall'amministrazione e
confermata dal Tar, rilevando
che:
2) ogni vicenda legata al T. non è,
quindi, più ricollegabile all'attività
del Consorzio, tenuto anche conto
che pende un contenzioso tra
questo e il T., che è stato anche
denunciato dal Consorzio;
3) in ogni caso il Consorzio è
stato soggetto passivo, e non
autore, di atti intimidatori e non si
può ritenere soggetto a rischio di
infiltrazione mafiosa chiunque
subisce intimidazioni o addirittura
reagisce alle stesse;
4) S.F. non è mai stato dirigente
del Consorzio, né ha avuto poteri
decisionali;
5) la partecipazione dello S. ad
una riunione non assume alcuna
rilevanza ai fini dell'erroneo ruolo
35
IGI – Istituto Grandi Infrastrutture
__________________________________________________________________________________________
attribuito al dipendente dagli
Organi di Polizia;
6) il dipendente è stato comunque,
dapprima, sospeso dal servizio e,
poi, allontanato definitivamente
con risoluzione del rapporto di
lavoro.
Esito ricorso: accolto
72
Tar Sicilia, Palermo, Sezione I,
06 luglio 2005, n. 1148
INFORMATIVA ATIPICA
Le notizie indicate nella nota
concernono elementi desumibili
da un'ordinanza di custodia
cautelare, adottata dalla Procura
della Repubblica presso il
Tribunale di Palermo, in relazione
ad un'indagine in cui è anche
coinvolto P.A., coniuge di Z.M.,
amministratore
unico
della
ricorrente Z.M. & Co. s.n.c.,
ritenuto il gestore di fatto della
società e coinvolto in illeciti
relativi
al
sistema
di
aggiudicazione degli appalti.
cautelare del giudice penale è
stato annullato con ordinanza del
Tribunale del Riesame del 19
luglio 2004.
Esito ricorso: accolto
74
Tar Lazio, Roma, Sezione III ter,
25 maggio 2005, n. 4134
INFORMATIVA TIPICA
La B.L.E. s.r.l., così denominata a
seguito
del
mutamento
dell’assetto societario della Eredi
F.lli B. s.r.l., ha impugnato la
dichiarazione del prefetto di
Napoli, con la quale si
comunicava che nei confronti
della società Eredi F.lli B. s.r.l.
sussistono tentativi di infiltrazione
da parte della criminalità
organizzata
tendenti
a
condizionare le scelte e gli
indirizzi, del tutto conforme ad un
precedente
provvedimento
interdittivo, salvo il riferimento
alla sentenza n. 3219/2004 del Tar
Campania, recettiva del ricorso
proposto dalla società avverso
quest’ultimo.
Esito ricorso: respinto
73
Tar Lazio, Roma, Sezione II ter,
15 giugno 2005, n. 4925
INFORMATIVA TIPICA
L’informativa
antimafia
interdittiva è ancorata al dato di
fatto dell’avvenuta esecuzione di
un provvedimento di sequestro
preventivo, per il reato di cui
all’art. 12-quinquies della l. .n.
356/1992 a carico della ricorrente.
Essa è stata adottata dopo solo
due giorni dall’esecuzione di
detto sequestro, automaticamente,
atteso che il provvedimento
36
offesa dal reato, in relazione ai
fatti riportati dal menzionato
pentito e che nessun atto di
impulso processuale e/o indagine
risulta a suo carico;
La ricorrente, a sostegno
dell’impugnativa, ha dedotto che:
1) il Prefetto ha fondato la nuova
informativa su elementi di fatto
risalenti nel tempo, omettendo di
valutare
ulteriori
elementi
sopravvenuti, quali le modifiche
della compagine sociale, tanto che
la
relativa
nota
reca
nell’intestazione la precedente
denominazione della ditta, la
dichiarazione di inattendibilità del
pentito, sulle cui affermazioni si
fondava il precedente giudizio di
sussistenza di tentativi di
infiltrazioni camorristiche, il fatto
che il chiamato in causa Sig.
A.B., peraltro non più socio, è
stato ascoltato dal GIP presso il
Tribunale di Napoli come persona
2) il riferimento alla sentenza del
Tar Campania è inconferente,
poiché l’accertamento in essa
contenuto è circoscritto alla nota
prefettizia 22 luglio 2003 ed ai
fatti precedenti.
3) la discontinuità rispetto alla
precedente compagine determina
il superamento delle ragioni
ostative a suo tempo individuate;
4) a partire dal 1996, i soci ed ex
soci, amministratori ed ex
amministratori della società sono
stai
sottoposti
al
vaglio
dell’Autorità giudiziaria penale,
che ha espresso valutazioni
incompatibili con la possibilità di
tentativi
di
infiltrazioni
camorristiche,
in
sostanza
riconoscendo l’inesistenza di
collegamenti di qualsiasi natura
con ambienti della criminalità
organizzata.
Nel quadro appena sopra
delineato, è evidente che, nella
fattispecie in esame, giustamente
nell’impugnata informativa del 22
ottobre 2004 del Prefetto di
Napoli, non si tiene conto di fatti
e
circostanze
successivi
all’aggiudicazione
e,
precisamente, delle modifiche
della compagine sociale, in
particolare
dell’uscita
dalla
società del Sig. A.B., e
dell’istanza di riesame della
precedente informativa, avanzata
dal Sig. L.B., così come
altrettanto
giustamente
l’informativa stessa si riferisce
all’impresa aggiudicataria Eredi
F.lli B. s.r.l., e non alla società
L.B.E. s.r.l., che le è succeduta
per effetto della cessione di quote
sociali, nonché del verbale della
seduta
dell’assemblea
della
società, con cui è stato deliberato
di modificare la denominazione
della medesima, con conseguente
Le informative tipiche ed atipiche: che cosa sono? Le risposte della giurisprudenza
__________________________________________________________________________________________
modificazione dello statuto, ed è
stato sostituito l’amministratore
unico.
Circa i fatti e le circostanze che,
invece, appaiono sopravvenuti,
essi consistono nell’episodio
concernenti il pentito, che ebbe a
dichiarare di essere riuscito a far
aggiudicare una gara in favore del
Sig. A.B., suo amico e socio al
50%, e nel non essere il Sig. A.B.
indagato per tali fatti.
Anzi, egli stesso ha chiesto, ed
ottenuto, di essere ascoltato
dall’autorità procedente in qualità
di persona informata sui fatti
medesimi.
Questa vicenda ed un successivo
episodio
di
intimidazione
comprova la sussistenza di
tentativi
di
infiltrazioni
camorristiche nella società F.lli B.
e dimostra che erano stati
effettivamente posti in essere atti
idonei a condizionare l’impresa e,
dovendosi tener conto di tentativi,
resta ovviamente irrilevante ai fini
qui in esame che il Sig. A.B.
possa o meno considerarsi
complice dell’estorsore, tanto più
che la denuncia degli episodi in
questione non è avvenuta
nell’imminenza dei fatti, bensì
dopo l’emissione della più volte
menzionata interdittiva prefettizia
del 22 luglio 2003, con
conseguente
revoca
dell’aggiudicazione del servizio di
igiene ambientale disposta dal
Comune di Mugnano di Napoli,
entrambe oggetto della sentenza
del Tar Campania, Napoli,
Sezione I, 25 marzo 2004, n.
3219.
Esito ricorso: respinto
75
Tar Campania, Napoli, Sezione I,
18 maggio 2005, n. 6504
INFORMATIVA TIPICA
L'unico elemento di fatto da cui
trarre qualche indizio è costituto
dall'esistenza di un procedimento
penale per il reato, di cui agli artt.
110 e 416-bis c.p., a carico di
A.F., socio accomandatario e
responsabile tecnico della società
ricorrente, giudizio che si era
concluso nel lontano 1992, con
sentenza del G.U.P. di Napoli di
non luogo a procedere nei
confronti di quest'ultimo per non
aver commesso il fatto, decisione
passata in cosa giudicata.
Né rilevanza avrebbe potuto avere
la circostanza, secondo cui, il
giorno dell'udienza, A.F. era stato
notato presso il Tribunale insieme
ad elementi di spicco del clan A.,
mentre attendevano proprio il
capo C.A., atteso che la sua
presenza in quel contesto era
giustificata solo dall'esigenza di
presenziare al processo.
Esito ricorso: accolto
76
Tar Campania, Salerno, Sezione I,
11 maggio 2005, n. 793
INFORMATIVA TIPICA
I competenti Organi di Polizia
hanno riferito che, nei confronti
dei componenti, a vario titolo,
dell’organigramma della ditta non
emergono motivi ostativi ai sensi
della vigente normativa antimafia.
Tuttavia, hanno posto in evidenza
che il capitale sociale della I.C.
s.p.a. risulta interamente detenuto
da D.R.A. e dal coniuge V.M.
Dette quote sono rientrate in
possesso dei citati coniugi D.R.,
per effetto del provvedimento,
con il quale la Corte di Appello di
Salerno ha disposto la revoca
della misura di prevenzione della
sorveglianza speciale di pubblica
sicurezza, con obbligo di
soggiorno, nei confronti di
D.R.A., nonché la revoca della
confisca di diversi beni mobili ed
immobili nella disponibilità dei
prefati, tra i quali figura la società
in disamina.
È stato comunicato, altresì, che il
D.R.A. risulta rinviato a giudizio,
ai sensi degli artt. 110, 416-bis,
commi 1, 6 e 8, 112, n. 1, 81 cpv.,
629, in relazione all’art. 628,
comma 3, c.p. ed altro,
unitamente ad esponenti apicali
della criminalità organizzata di
stampo camorristico e che il
procedimento
penale
è
attualmente in fase dibattimentale
presso il Tribunale di Salerno.
Esito ricorso: respinto
(anche dal Consiglio di Stato,
Sezione VI, 5 giugno 2006, n.
2337)
77
Tar Campania, Napoli, Sezione I,
08 aprile 2005, n. 3577
INFORMATIVA TIPICA
L’amministratore della ditta
ricorrente, oltre che gravato da
specifici pregiudizi penali per
reati di violenza, risulta essere
stato sottoposto, nell’anno 1997,
alla misura della prevenzione
dell’avviso orale.
Risulta inserito, nel 1992, quale
fiancheggiatore di un noto clan
camorristico,
per
effetto
dell’assunzione di pregiudicati e
sottoposti a misure di sicurezza o
prevenzione.
A carico di suo figlio si
evidenziano
numerose
frequentazioni con pregiudicati
appartenenti allo stesso clan.
In particolare, deve porsi
l’accento sul dato dell’influenza e
del condizionamento latente che il
37
IGI – Istituto Grandi Infrastrutture
__________________________________________________________________________________________
citato clan ha esercitato sullo
svolgimento
di
attività
economiche formalmente lecite,
in ragione sia dell’ingerenza
nell’assunzione di lavoratori nella
propria ditta, sia
per la
complessiva condotta propria e di
stretti familiari.
Esito ricorso: respinto
(cfr. Consiglio di Stato, Sezione
V, 12 giugno 2007, n. 3126)
78
Tar Campania, Napoli, Sezione I,
24 marzo 2005, n. 2478
INFORMATIVA TIPICA
Gli elementi suffraganti una
sospetta contiguità mafiosa della
ditta G. sono da individuarsi
essenzialmente nel rapporto
intercorrente tra questa ed il
fratello della titolare P.C., S.
Dette circostanze, già inserite
nella relazione al D.P.R. 5
febbraio 2002 relativo allo
scioglimento
del
Consiglio
comunale di Frattamaggiore per
collegamenti con la criminalità
organizzata,
a
proposito
dell’affidamento irregolare alla
ricorrente dell’appalto di pulizia
dei locali comunali ed alla
omissione dei necessari controlli,
sono ribaditi nella nota della
Questura di Napoli, ritenuta
determinante dal G.I.A. ai fini
delle conclusioni raggiunte.
Nella predetta informativa si
rappresenta che il C.S. è un noto
pregiudicato affiliato al clan M.P.
e che lo stesso cura gli interessi
della G. e si adopera come
sorvegliante degli operai.
L’assunto di parte ricorrente si
fondava
sull’asserita
insussistenza, ormai da lungo
tempo, di qualsiasi forma di
rapporto tra la C.S. e la sorella P.,
titolare della G.
38
Tale circostanza risulta, tuttavia,
decisamente
svalutata
dalle
dichiarazioni di C.G., convivente
della C., in occasione di un esame
reso innanzi all’Ufficio di Polizia
Giudiziaria, durante il quale aveva
dichiarato non solo di gestire
personalmente la G., la cui titolare
era la propria convivente C.P., ma
che nella predetta impresa il C.S.
svolge lavoro di servizio, quale
consegna
di
materiale
e
corrispondenza, oltre che essere
sorvegliante
degli
operai,
aggiungendo che curava gli
interessi della ditta in sua assenza.
Tali elementi rendono, inoltre,
poco verosimile che tra la titolare
della ditta ed il fratello non
sussista alcuna forma di rapporto
personale, atteso che lo stretto
collegamento sussistente tra
quest’ultimo ed il convivente
della prima, in relazione
all’attività della G., lascia
presupporre proprio l’opposto.
Esito ricorso: respinto
79
Tar Campania, Napoli, Sezione I,
28 febbraio 2005, n. 1320
INFORMATIVA ATIPICA
L’indicazione del coinvolgimento
nel procedimento penale, di cui
all’ordinanza cautelare relativa
all’operazione denominata “K.2”
avrebbe riguardato non già gli
amministratori
o
i
soci
dell’impresa, quanto i genitori
degli stessi, indiziati di essere
elementi di spicco nel controllo
delle attività commerciali da parte
del clan camorristico A.
Al momento dell’informativa,
l’Amministrazione
era in
possesso di elementi idonei a
comprovare che i rapporti di
parentela, peraltro strettissimi,
s’inserivano in un quadro di forte
coinvolgimento
mafioso
relativamente
ricorrente.
alla
società
Né
appare
rilevante
che
l’informativa
concerna
una
società diversa, poiché risulta
evidente che la distinzione
puramente formale ed, anzi, la
moltiplicazione dei soggetti è essa
stessa indice di contiguità
mafiosa.
In primo luogo, si evince
l’esistenza di stretti collegamenti
tra alcune società, tutte facenti
capo al clan A., tra cui figura
quello sussistente proprio tra la
ricorrente e la B., coinvolta in
vicende imprenditoriali di natura
malavitosa.
Ancora rilevante è il rapporto
esistente tra la I.G. s.r.l. e la
società ricorrente, che ha ceduto
alla prima il ramo di azienda del
settore appalti, ed in entrambe le
compagini
figura
P.V.,
giovanissimo figlio di uno dei
due
fratelli
V.,
colpiti
dall’ordinanza
di
custodia
cautelare citata nell’informativa
oggetto di gravame.
Tali elementi, unitamente alla
grave
situazione
di
coinvolgimento dei germani V. in
vicende di natura mafiosa,
confermano la sussistenza di
tentativi di infiltrazione mafiosa
nella società ricorrente, che
hanno, a giusta ragione, indotto il
Prefetto di Napoli ad adottare
l’informativa oggetto del giudizio.
Esito ricorso: respinto
80
Tar Lazio, Roma, Sezione I ter,
1 febbraio 2005, n. 854
INFORMATIVA TIPICA
Gli elementi di fatto presi in
considerazione
dall’autorità
prefettizia hanno riguardato, in
Le informative tipiche ed atipiche: che cosa sono? Le risposte della giurisprudenza
__________________________________________________________________________________________
primo luogo, quanto riferito dalle
Autorità
di
Polizia
con
riferimento al Sig. G.T., indicato
come Presidente del Consorzio
per tutto il periodo fra il 1983 ed il
1998, a carico del quale vengono
riferiti diversi precedenti penali
per il reato di associazione di
stampo mafioso, per i quali è stato
tratto in arresto e, poi, assolto,
nonché l’adozione della misura
della
sorveglianza
speciale,
successivamente revocata con
pronuncia della Corte di Appello
di Caltanissetta.
Secondo
i
medesimi
accertamenti, il T. si sarebbe reso
responsabile di atti intimidatori
nei confronti di dirigenti attuali e
di dipendenti del Consorzio, nel
tentativo di pervenire così a forme
di condizionamento delle scelte e
dell’operato
del
Consorzio
medesimo.
Il provvedimento prefettizio
richiama, altresì, le ulteriori
circostanze riguardanti il Sig.
F.S., dipendente del Consorzio,
ritenuto esercitare una rilevante
influenza sulle determinazioni
imprenditoriali della struttura, a
carico del quale sussistono
svariati precedenti penali e
rapporti, anche familiari, con
soggetti
condannati
per
associazione di stampo mafioso,
così da farne presumere un
coinvolgimento
attuale
in
consorterie criminose.
Espone, in particolare, il
ricorrente che il Sig. G.T. ha, fin
dal 12 febbraio 2002, cessato il
rapporto di lavoro con il
Consorzio, nel quale comunque
non avrebbe rivestito la carica di
Presidente, ed ha successivamente
effettuato attività di concorrenza
sleale con la struttura medesima,
anche attraverso atti di storno dei
dipendenti, sviamento di clientela
e boicottaggio, così da non potersi
in alcun modo ipotizzare alcuna
attuale possibilità del T. di
ingerenza
nelle
scelte
imprenditoriali e nell’operato del
Consorzio,
come
peraltro
ulteriormente comprovato dalle
iniziative giudiziarie adottate dal
Consorzio medesimo nei suoi
confronti, volte alla declaratoria
della nullità, annullabilità e
inefficacia dei contratti già
stipulati dal consorzio con la
società E., di cui il T. è titolare.
Espone ancora il Consorzio
ricorrente, con riferimento alle
circostanze apprezzate in ordine
alla posizione ed al ruolo del
dipendente S., che questi avrebbe
sempre rivestito la qualifica di
impiegato tecnico della struttura
consortile, giammai quella di
dirigente, addetto a mansioni che
non
giustificano
alcuna
presunzione
in
ordine
all’influenza dello S. sui processi
decisionali e sulla politica
imprenditoriale del Consorzio.
Esito ricorso: respinto
(cfr. Consiglio di Stato, Sezione
VI, 26 ottobre 2005, n. 5981)
81
Tar Campania, Napoli, Sezione I,
31 gennaio 2005, n. 574
INFORMATIVA TIPICA
Il Gruppo Interforze Antimafia, in
data 16 aprile 2003 riteneva
potersi rilasciare, allo stato,
provvedimento
liberatorio
antimafia nei confronti della ditta
A.B., nella quale G.R. non riveste
formalmente incarichi, poiché
nelle motivazioni della sentenza
di assoluzione del 12 luglio 2001
si esclude che G.R. possa rivestire
il
ruolo
di
imprenditore
camorrista, essendo stato il
medesimo ritenuto dall’Autorità
giudiziaria vittima di estorsione
da parte del clan N.
Seguiva, il giorno dopo,
l’informativa liberatoria, poi
revocata con il provvedimento
prefettizio in esame.
A far giungere a diversa
conclusione erano stati diversi
elementi fra loro connessi:
1) la riconducibilità dell’A.B. al
G.R. per una serie di ragioni di
cui si dirà in avanti;
2) la diversa portata attribuita
all’assoluzione in ambito penale
del G.R. ed i precedenti del
medesimo;
3) la circostanza che questi, dal
mese di luglio 2002, lavorasse
alle dipendenze dell’A.B., con
mansioni di responsabile dei
contratti da stipulare.
I numerosi elementi indicati per
affermare la riconducibilità al G.
dell’A.B. appaiono al Collegio del
tutto sufficienti:
1) C.V., amministratore unico
dell’A.B., è cugino di primo
grado di G.R.;
2) lo stabilimento dell’A.B. è sito
sulla S.S. 87. Km 10,100 e,
precisamente, nello stesso luogo
ove prima esercitava la propria
attività la G.C., gestita dal G.R.;
3) alcuni mezzi di quest’ultima
risultano allo stato appartenere
all’A.B.;
4) sui cantieri della
operavano mezzi dell’A.B.;
Tav
5) il ripetuto G.R. dimostra egli
stesso di essere, in realtà, il
proprietario
dell’A.B.,
presentandosi con biglietti da
visita che li accomunano.
Può passarsi a verificare la
diversa
portata
attribuita
all’assoluzione in ambito penale
di G.R. ed i precedenti del
medesimo.
Il G.I.A. fa luogo ad una più
approfondita
lettura
degli
elementi ricavabili dalla sentenza
del 12 luglio 2001, per concludere
che G.R., pur essendo stato
39
IGI – Istituto Grandi Infrastrutture
__________________________________________________________________________________________
assolto da tutti i reati a lui ascritti
nell’ambito del procedimento
penale sfociato in detta sentenza,
partecipava attivamente al sistema
estorsivo impiantato dai più
potenti clan operanti sul territorio
campano con condotte che,
seppure ritenute dal Tribunale
penale non significative sul piano
strettamente penalistico, invece,
dal punto di vista della
prevenzione
amministrativa
antimafia, non possono che essere
valutate negativamente in quanto
oggettivamente funzionali agli
interessi
della
criminalità
organizzata e rilevano, comunque,
un condizionamento nelle scelte e
negli indirizzi nella società A.B.
È vero che la sentenza del
Tribunale di Nola, Sezione I, del
12 luglio 2001 assolve il G.R. dai
reati ascrittigli per non aver
commesso il fatto, ma è vero
anche che, se la motivazione del
giudice
penale
conclude
affermando che sussistono perciò
tutti i presupposti per ritenere che
G.R. fosse vittima di estorsione da
parte del clan, in precedenza
afferma che non può configurarsi,
nel caso in esame, l’ipotesi
dell’imprenditore
camorrista,
giacchè, nonostante il G.
ricevesse dei vantaggi economici
dal clan, tuttavia, questi non
erano frutto di un pactum sceleris,
bensì del suo involontario stato di
assoggettamento dovuto alla
capacità intimidatoria del gruppo.
Ma tale stato è del tutto
sufficiente a dimostrare il
tentativo di ingerenza della
criminalità organizzata, e non
l’accertamento della sussistenza
della figura dell’imprenditore
camorrista,
richiesto
dalla
normativa per precludere il
contratto con la Pubblica
Amministrazione.
Alla stregua di quanto sopra, non
vi è necessità di proseguire
l’esame dei residui elementi
indicati dalla Prefettura e
40
contestati ex parte attorea e
respinge il ricorso.
Esito ricorso: respinto
(anche dal Consiglio di Stato, con
sentenza n. 7619/2005)
82
Tar Campania, Napoli, Sezione I,
27 dicembre 2004, n. 19713
INFORMATIVA TIPICA
Il Prefetto di Napoli, con
l’informativa qui in esame, ha
ritenuto
potersi
considerare
ancora attuale una precedente
informativa prefettizia interdittiva
risalente al 23 agosto 1999.
A tale conclusione è, tuttavia,
pervenuto, sia sulla scorta degli
elementi, che già fondavano la
precedente informativa, che di
un’ulteriore nota del 2003 del
Comando dei Carabinieri e delle
risultanze
del
casellario
giudiziario relativo al titolare della
ditta Sig. C.B.
In particolare, la nota della
Questura di Napoli del 24 luglio
1999 contiene:
1) l’elencazione di una serie di
denunce ed arresti (detenzione e
porto d’armi, tentate minacce con
le armi, rissa, lesioni), cui è stato
interessato sempre il C.G.;
2) la segnalazione che la ditta, nel
precedente passato, annoverava,
tra i suoi dipendenti, numerosi
soggetti pregiudicati, tra i quali
P.R., affiliato al clan M., e con
numerosi
precedenti
per
associazione per delinquere e
tentato omicidio; P.N., capo zona
di
Qualiano,
appartenente
all’omonimo clan, con precedenti
di associazione per delinquere,
associazione mafiosa, omicidio,
estorsione ed armi; braccio destro
del P. con i medesimi precedenti
del P.;
3)
la
segnalazione
delle
frequentazioni del C. con
numerosi
pregiudicati
appartenenti al clan M., con
indicazione, fra essi, di 9
nominativi accompagnati dai
rispettivi, vari, precedenti penali.
Inoltre, secondo la nota del
Comando
Provinciale
dei
Carabinieri di Napoli, il C. risulta:
ritenuto fiancheggiatore del clan
camorristico M.; sottoposto ad
avviso orale ex art. 5 della l. n.
327/1988; gravato da numerosi
precedenti penali; disposto ad
assumere
pregiudicati,
in
particolare fiancheggiatori del
ripetuto clan M., sottoposti a
misure di sicurezza e/o di
prevenzione.
Nella stessa nota, poi, si segnala
anche la posizione del figlio del
C., G., anch’egli con diversi
precedenti penali e ritenuto
fiancheggiatore del clan.
Agli atti, infine, sono stati
depositati il certificato del
casellario giudiziario recante,
oltre a condanne per rissa,
violazioni delle norme sul
controllo delle armi, di quelle per
la tutela delle acque, di quelle per
la repressione dell’evasione
fiscale, risalenti ad un periodo
ricompreso fra gli anni 1981 e
1996, con pene accessorie di
interdizioni e divieti temporanei
di contrattare con la Pubblica
Amministrazione,
nonché
un’ulteriore condanna per lesioni
colpose; la nota del Comando
Provinciale dei Carabinieri, datata
3 aprile 2003, con la quale si
reiterano, in sintesi, gli elementi
di cui sopra e si conclude
affermando che al momento non
vi sono elementi oggettivi tali da
far ritenere che il C. sia
appartenente alla criminalità
organizzata, anche se dai propri
trascorsi non lo si può escludere.
Le informative tipiche ed atipiche: che cosa sono? Le risposte della giurisprudenza
__________________________________________________________________________________________
Esito ricorso: respinto
(anche dal Consiglio di Stato,
Sezione V, 28 febbraio 2006, n.
851)
83
Tar Campania, Napoli, Sezione I,
27 settembre 2004, n. 12586
INFORMATIVA TIPICA
I presupposti di fatto, da cui è
stata dedotta la sussistenza di una
contiguità mafiosa della G. s.r.l.,
sono stati individuati nella
circostanza
per
cui
l'amministratore unico della
società, P.M.R., è sorella di P.P.,
pregiudicato gravitante nell'orbita
della
malavita
organizzata,
soggetto che, unitamente a tale
A.M., anch'egli legato ad
associazioni criminali, è di fatto a
capo di una holding di imprese
operanti nel settore della
ristorazione.
In tale settore opererebbe anche la
società
ricorrente,
come
dimostrato dal fatto che questa
avrebbe partecipato, in tre
occasioni, a procedimenti di gara
in forma di ATI con la A.S. s.r.l.,
società appartenente alla predetta
holding, e con cui sarebbe
intercorso anche un rapporto di
locazione avente ad oggetto un
centro di cottura.
Esito ricorso: respinto
84
Tar Campania, Napoli, Sezione I,
22 aprile 2004, n. 6720
INFORMATIVA TIPICA
Nell’ambito
della
società
ricorrente risulta presente, quale
figura determinante le scelte o
che, in ogni caso, come elemento
operativo, ne cura gli interessi,
tale A.M., persona che, a seguito
degli accertamenti svolti in sede
istruttoria, oltre ad essere gravato
da numerosi e gravi precedenti
penali e misure di prevenzione,
risulta
anche
essere
un
personaggio di spicco gravitante
in ambiti malavitosi, in veste di
affiliato ad una specifica
organizzazione criminale di
stampo camorristico.
Inoltre, che la presenza di tale
soggetto non fosse comunque
riconducibile a quella di un mero
collaboratore
fisiologico
dell’azienda è confermato dalla
circostanza per cui egli, da tempo
inserito
nel
settore
della
ristorazione e refezione, era stato
tratto in arresto unitamente ad
altra persona, tale P.P., anche
questo personaggio di spicco della
malavita organizzata, per un
tentativo
di
estorsione,
relativamente alla partecipazione
ad una gara di appalto di
considerevole valore economico
nel settore della refezione.
Dagli atti istruttori inerenti a tale
vicenda, emerge che l’A. aveva
minacciato il titolare di un’altra
ditta, la S. s.p.a. per costringerlo a
non partecipare alla gara in
questione, in quanto vi era
interessata l’A. s.r.l., che era stata
da egli stesso definito quale sua
società e per la quale egli si era
anche presentato presso il
Comune di Napoli nella seduta di
gara.
Risultava, altresì una telefonata
diretta all’imprenditore, vittima
del comportamento minatorio
serbato dall’A., che era partita
proprio dall’utenza intestata alla
società ricorrente.
Il comportamento intimidatorio
dell’A. era proseguito anche dopo
l’aggiudicazione della gara,
disposta in favore della S. s.p.a.,
nel senso che quest’ultima era
stata minacciata, affinchè errasse,
di proposito, nella trasmissione
alla stazione appaltante della
necessaria documentazione volta
alla stipulazione del contratto,
onde determinarne l’esclusione
dalla gara e l’affidamento del
servizio all’A.S. s.r.l., giunta
seconda in graduatoria.
Un ulteriore elemento di sospetto,
emerso nel corso dell’istruttoria,
era costituito dai rapporti
sussistenti tra la società ricorrente
e la M. s.r.l., quest’ultima facente
capo al P.P.
Dette
compagini
societarie
avevano,
infatti,
costituito
un’ATI, onde partecipare a quelle
gare di appalto indette dal
Comune
di
Napoli
per
l’affidamento dei servizi di
refezione scolastica, nel cui
ambito si era verificato l’episodio
di tentativo di estorsione
commesso ai danni della società
S. s.p.a..
Esito ricorso: respinto
85
Tar Campania, Napoli, Sezione I,
n. 3218 - 3219/2004
INFORMATIVA TIPICA
Il Prefetto di Napoli, in sede di
valutazione della richiesta di
informativa antimafia presentata
dai Comuni di Mugnano e
Calvizzano circa i tentativi di
infiltrazione
camorristica
all'interno della società F.lli B.
s.r.l., aveva ritenuto opportuno di
disporre,
tramite
una
Commissione Interforze, ulteriori
accertamenti, in esito ai quali non
si era esclusa l'ipotesi che, nella
gestione della società, vi
potessero essere infiltrazioni
camorristiche, sia per i rapporti di
parentela fra il coniuge di B.A. e
il pluripregiudicato G.M., sia
perché presso la sede della società
era parcheggiata un'autovettura, il
cui proprietario aveva rapporti
con clan camorristici locali.
41
IGI – Istituto Grandi Infrastrutture
__________________________________________________________________________________________
Sempre nei confronti del B., una
precedente informativa, datata 15
giugno 1999, della Questura di
Napoli aveva segnalato che egli
era stato tratto in arresto e
successivamente sottoposto agli
arresti domiciliari perché ritenuto
responsabile, in concorso con
altri, dei reati di cui all'art. 513-bis
c.p. (illecita concorrenza con
violenza e minaccia) e che era
sospettato di riciclaggio di danaro,
anche se non era risultato alcun
esito dagli accertamenti in punto.
A carico dei familiari di D.S.V.,
amministratore della società,
erano
poi
stati
rinvenuti
precedenti per violazione di
norme in materia di detenzione di
armi, lesioni, usura e altri reati.
Ciononostante, nel verbale 6
luglio 1999, il Gruppo Ispettivo
Antimafia aveva ritenuto che gli
elementi forniti dalle Forze
dell'Ordine non consentivano di
rilasciare informativa ostativa,
anche se lo stesso Gruppo
Ispettivo
aveva
ritenuto
necessario svolgere ulteriori e più
approfonditi accertamenti sui
soggetti collegati alla società per
individuare l'eventuale presenza
di un imprenditore occulto.
Nel frattempo, veniva appaltato
dal Consorzio Cimiteriale tra i
Comuni
di
Mugnano
e
Calvizzano alla società F.lli B.
il servizio triennale di pulizia
dell’area cimiteriale e di
smaltimento dei rifiuti speciali.
Nonostante fosse stata esibita
certificazione camerale con la
dicitura antimafia, al Consorzio
giungeva la nota del Prefetto, da
cui si evinceva la sussistenza di
tentativi di infiltrazione mafiosa
che potevano condizionare le
scelte e gli indirizzi della società
e, di conseguenza, si procedeva
alla revoca immediata del
contratto di appalto.
Dall’esito
di
successivi
accertamenti,
infatti,
erano
intervenuti elementi rilevanti a tal
fine e, segnatamente, la sentenza
42
del Tribunale Penale di Napoli VII Sezione n. 165/03, ulteriori
accertamenti della Questura di
Napoli, nonché le dichiarazioni
del collaboratore di giustizia
A.L.T.
Nella prima si riferisce che il B. è
stato condannato per illecita
concorrenza con minaccia in
relazione ad una gara d'appalto,
relativa
all'affidamento
del
servizio per la rimozione di rifiuti
solidi urbani all'interno della base
NATO; nella seconda si
confermano i rapporti di parentela
del coniuge con taluni esponenti
dei clan camorristici della zona e
si segnala che, tra i dipendenti
dell'impresa, vi è stato anche il
Sig. P.G., di recente arrestato per i
reati di cui all'art. 416-bis, 611 e
629, comma 2, c.p., e che i fratelli
B. avevano preso parte ad una
riunione il 15 giugno 1995 con
alcuni pregiudicati della zona
(interrotta a seguito dell'intervento
del Commissariato di zona); nella
terza si rende noto che la società
F.lli B. si era aggiudicata l'appalto
per la rimozione dei rifiuti solidi
nel comune di Falciano del
Massico, con la collaborazione
del predetto capoclan della
camorra organizzata.
Esito ricorsi: respinti
(anche dal Consiglio di Stato, 29
agosto 2005, Sezione V, n. 4408 e
5247)
86
Tar Campania, Salerno, Sezione I,
7 maggio 2004, n. 375
INFORMATIVA ATIPICA
La nota dell’Ufficio Territoriale
del Governo di Salerno rileva che
gli elementi acquisiti non
consentono di escludere la
sussistenza di possibili tentativi di
infiltrazione mafiosa ai sensi della
vigente normativa antimafia nella
compagine
societaria
della
D.D.C. s.r.l., evidenziando, in
particolare, che nei confronti
dell’amministratore unico e
direttore tecnico della predetta
impresa pende procedimento
penale presso il Tribunale di
Salerno per il reato di estorsione
continuata in concorso con
esponenti apicali della criminalità
organizzata.
Risulta in proposito ininfluente la
circostanza che il fatto si sia
verificato in epoca precedente alla
costituzione della società e molti
anni prima, considerato che la
persona fisica imputata, alla quale
sono contestati legami con
personaggi di spicco della
malavita, riveste una importante
funzione gestoria nella compagine
sociale e che, comunque, alla data
della informativa, il procedimento
penale non risultava definito in
fase dibattimentale, rimanendo
fermo, con tutti i suoi effetti, il
provvedimento di rinvio a
giudizio.
Esito ricorso: accolto
87
Tar Campania, Napoli, Sezione I,
14 aprile 2004, n. 5368
INFORMATIVA TIPICA
La società I. s.r.l., ricorrente, è
sorta
quale
prosecuzione
sostanziale della D.C.S. s.r.l., già
colpita nel 1998 da informazioni
pregiudizievoli.
La I. s.r.l. è stata, infatti, costituita
nel 1999 allo scopo di rilevare il
ramo d’azienda della D.C.S. s.r.l.,
già appaltatrice del servizio di
pulizia della casa comunale degli
uffici distaccati del comune di
Aversa.
L’amministratore e socio unico
della società I., Sig. D’A.U., è
anche amministratore unico della
predetta società D.C. s.r.l., già
Le informative tipiche ed atipiche: che cosa sono? Le risposte della giurisprudenza
__________________________________________________________________________________________
colpita da informativa antimafia
sfavorevole in relazione alla
posizione del socio C.V., fatto
oggetto di misura cautelare del
GIP di Napoli per associazione a
delinquere di stampo mafioso,
perché ritenuto appartenente ad
un noto clan camorristico, allo
stato latitante.
moglie del pluripregiudicato S.R.,
notoriamente legato a L.T.A.,
padrino
dell’omonimo
clan
camorristico operante sulla fascia
del litorale, dove in particolare è
ubicata
una
discarica
comunemente denominata “B.”,
nella disponibilità di fatto del
predetto L.T.
Il D’A. ed il C. risultano essere gli
unici soci, con apporto di capitale
al 50%, della predetta società
D.C.S. s.r.l.
A tale riguardo, la Questura di
Napoli ha evidenziato che in
località “B.” ha anche sede lo
stabilimento della C., e la D.I.A.
di Roma ha avanzato richiesta di
sequestro della società in
questione, perché ritenuta nella
disponibilità di S.R., nei cui
confronti
veniva
richiesta
l’applicazione della misura di
prevenzione speciale, con obbligo
di soggiorno, e di quella
patrimoniale della confisca dei
beni ai sensi della normativa
antimafia.
Dalle dichiarazioni rese alla
Direzione
Investigativa
Antimafia, nel corso di indagini
su gruppi malavitosi, da tale R.A.,
moglie di D.G.C., esponente di
primo piano della criminalità
organizzata, operante nell’agro
aversano negli anni ’80, è emerso
che la società D.C. sarebbe stata
fondata dal suddetto D.G.C., che
mise a disposizione i fondi
necessari per l’avvio dell’impresa
e l’acquisto delle necessarie
attrezzature.
I
fatti
posti
a
base
dell’impugnativa
informativa
sfavorevole si profilano, dunque,
univoci e significativi: l’attuale
socio e amministratore unico della
I. s.r.l., Sig. D’A.U., è legato da
un sodalizio d’affari pluriennale
nel medesimo settore di attività,
con il predetto C.V., e l’attuale
società I. srl è la naturale
prosecuzione della D.C.S. s.r.l.,
già controindicata a fini di
prevenzione mafiosa.
Esito ricorso: respinto
88
Tar Campania, Napoli, Sezione I,
20 gennaio 2004, n. 919
INFORMATIVA TIPICA
La Questura di Napoli ha riferito
che socia di maggioranza della
ditta ricorrente risulta essere C.A.,
Ai
fini
del
rilascio
dell’informativa
antimafia
interdittiva,
l’amministrazione
procedente ha, inoltre, tenuto
conto anche delle informazioni
recepite dal Gruppo Interforze
Antimafia ed, in particolare, le
dichiarazioni del collaboratore di
giustizia A.L.T.
Altro e qualificante elemento
conoscitivo, che ha ispessito
ulteriormente il quadro indiziario
di condizionamento malavitoso
della società in parola, è stato
quello desumibile dalle suddette
dichiarazioni
rese
dal
collaboratore di giustizia A.LT.,
capo
dell’omonimo
clan
camorristico attivo sul territorio
della Provincia di Caserta.
In particolare, nell’ambito dello
svolgimento del processo “A.”,
scaturito dall’ordinanza della
custodia cautelare, nella parte in
cui vengono descritti rapporti di
affari della criminalità organizzata
con imprenditori operanti nel
settore della nettezza urbana, il
summenzionato collaboratore di
giustizia ha riferito come gli
appalti, nel Casertano, del servizio
di nettezza urbana, affidato alla C.
da taluni Comuni, venisse
disposto a seguito di minacce del
clan camorristico L.T. e della
manipolazione delle procedure di
gara, invitando solo ditte
segnalate dal clan e già istruite
perché presentassero offerte non
idonee.
Dell’ingerenza della criminalità
organizzata nella gestione della C.
si rilevano qualificanti elementi
anche
dalle
intercettazioni
ambientali e telefoniche riportate
nella citata ordinanza giudiziaria
dalla quale emerge come la
società in questione attraverso il
S., coniuge del socio di
maggioranza C.A., soggiacesse
sistematicamente ai voleri della
camorra.
Esito ricorso: respinto
89
Tar Puglia, Lecce, Sezione II,
n. 8975/2003
INFORMATIVA TIPICA
Il Prefetto di Napoli acquisisce
dagli Organi di Polizia le seguenti
informazioni sulla Ing. C. e B.
s.p.a.:
1) fino al 1996 la ricorrente ha
avuto fra i propri dipendenti il
Sig. D’A.D., ritenuto ora dagli
Organi di Polizia un imprenditore
legato al clan cammoristico F.,
per conto del quale gestisce
l’attività edile anche in campo
pubblico, essendo l’effettivo
legale rappresentante dell’impresa
E.V., formalmente intestata al
nipote D’A.S.;
2) da alcune ordinanze cautelari e
da alcuni interrogatori nei
confronti di pentiti sono emersi
rapporti tra la ricorrente ed il Sig.
D’A., desunti dalle seguenti
circostanze:
43
IGI – Istituto Grandi Infrastrutture
__________________________________________________________________________________________
a)
in
una
perquisizione
domiciliare del 1° luglio 1994
furono rinvenute delle cambiali
(forse frutto della pressione
estorsiva del clan F.) rilasciate
dalla ricorrente in favore della
ditta di calcestruzzi L.F., il cui
legale rappresentante era la
moglie di un presunto malavitoso
(a giudizio della ricorrente, le
cambiali
si
riferivano
al
pagamento del calcestruzzo);
b) la ricorrente aveva concesso in
subappalto all’impresa gestita dal
Sig. D’A. i lavori di movimento
di terra relativi alla costruzione
del
raddoppio
autostradale
S.Anastasia-Torre del Greco; (al
riguardo, spiega la ricorrente che
l’impresa E.V., facente capo al
D’A., ha eseguito uno o più
subappalti soltanto nei lavori del
raddoppio
dell’autostrada
S.Anastasia-Torre del Greco per
un
valore
di
circa
£.
3.000.000.000, a fronte di un
appalto di £. 84.000.000.000, che
si è prolungato per oltre 20 anni e
che,
dopo
aver
ricevuto
dall’ANAS
la
revoca
all’autorizzazione al subappalto in
favore della E.V., ha disposto la
sospensione immediata dei lavori
dati
in
subappalto
e
l’allontanamento ad horas del
personale e delle attrezzature di
proprietà di tale subappaltatore
dal cantiere);
c) per tali lavori la ricorrente si era
fornita di calcestruzzo dalla ditta
L.F. (spiega ancora la ricorrente
che il calcestruzzo fornito dalla
ditta L.F. ha una minima
incidenza sul fatturato aziendale,
e che si è avvalsa anche di altri
fornitori di calcestruzzo, a
secondo della vicinanza dei
cantieri di lavoro).
Un’apposita
Commissione
Interforze attivava, pertanto, le
relative indagini, giungendo alla
conclusione che non esistevano
fatti riconducibili a tipologie di
reato previste dalle leggi contro la
44
criminalità organizzata a carico
dei titolari, degli amministratori e
dei dipendenti della ricorrente.
ha continuato finanche nell’anno
2000
ad
avere
rapporti
commerciali con il citato D’A..
Si aggiungeva solamente il
seguente nuovo elemento: da
un’intercettazione
telefonica
veniva registrato l’invito del Rag.
M.A. (all’epoca amministratore
delegato della società ricorrente,
poi dimessosi su pressione dei
legali rappresentanti) al Sig.
D’A.D. a recarsi presso la ditta
mercoledì mattina 7 maggio
1997, per prendere un caffè con
l’Ing. C., chiedendogli la
questione
dell’autorizzazione
all’ANAS e ottenendo la risposta
che era tutto a posto.
Sulla base di tali risultanze, il
Prefetto di Napoli attestava che
sussistevano, nei confronti della
società ricorrente, tentativi di
infiltrazione mafiosa, tendenti a
condizionarne le scelte e gli
indirizzi.
Durante
la
conversazione
telefonica, il Rag. M. chiede la
consegna della fattura al D’A., il
quale assicura di portarla,
precisando che l’importo riguarda
tutt’altra cifra, perché egli si
preoccupa pure per gli altri (sul
punto la relazione osserva che il
contenuto della conversazione
telefonica denota una certa
confidenza e lascia ampi spazi di
supposizione quando asserisce
che si preoccupa pure per gli altri,
e la conoscenza da parte dei
responsabili della ricorrente che
l’impresa E.V. era riconducibile
al Sig. D’A.D., per cui vi era la
reciproca volontà di eludere la
normativa
antimafia
nel
subappaltare i lavori all’impresa
E.V.).
La citata Commissione Interforze
esprime il parere che, nel caso di
specie, sussista il fondato pericolo
di condizionamento camorristico
sulla ditta Ing. C. e B. s.p.a.,
rimettendo
le
presenti
considerazioni
al
Gruppo
Ispettivo Antimafia, il quale
confermava
le
predette
valutazioni
finali,
facendo
presente che la società, pur
essendo a conoscenza che D’A.D.
e la società E.V. fossero soggetto
e impresa pesantemente coinvolti
in rapporti con l’organizzazione
criminale facente capo al clan F.,
Tali atti sono stati impugnati dalla
ricorrente dinanzi al Tar Napoli, il
quale ,con sentenza 20 febbraio
2003, n. 1821, li ha annullati,
ritenendo che gli elementi posti a
base del giudizio di pericolosità
sono di dubbia portata e non
provano né la connivenza tra la
ricorrente ed il Sig. D’A., né i
tentativi di infiltrazione mafiosa.
Intanto, nell’anno 2000 la
ricorrente aveva trasferito la
propria sede legale da Napoli a
Roma, perché in questa città
possiede molti terreni edificabili
ed ha la maggior parte dei suoi
contenziosi.
Qui, il Prefetto di Roma rilasciava
al Consorzio di Bonifica Stornara
e Tara il certificato, con il quale
veniva attestato che
non
sussistevano impedimenti al
contratto di appalto, relativo
all’affidamento dei lavori di
sistemazione idraulica del canale
Maestro, nei confronti della
ricorrente.
Ma, in data 7 gennaio 2003, dopo
che gli Organi di Polizia
interessati
avevano soltanto
esaminato la documentazione
pervenuta da Napoli, riferita a
fatti risalenti agli anni 1992 –
1998, hanno confermato la
sussistenza dei motivi ostativi già
evidenziati dal Prefetto di Napoli
ed, in particolare, dopo aver
ipotizzato che il trasferimento
della sede della società in
questione da Napoli a Roma fosse
stato realizzato allo scopo di
ottenere da questo Ufficio quanto
precedentemente
negato
Le informative tipiche ed atipiche: che cosa sono? Le risposte della giurisprudenza
__________________________________________________________________________________________
dall’omologo Ufficio di Napoli,
anche il Prefetto di Roma ha
revocato,
con
decorrenza
immediata,
la
liberatoria
antimafia nei confronti della
società ricorrente, determinando
così l’avvio del procedimento di
revoca dell’aggiudicazione e del
conseguente contratto da parte del
Consorzio.
Esito ricorso: accolto
90
Consiglio di Stato, Sezione IV,
13 ottobre 2003, n. 6187
INFORMATIVA TIPICA
Avverso la pronuncia di rigetto
del ricorso del Tar Napoli,
Sezione I, n. 3426/2002,
interponeva appello la società
E.P.M. s.r.l., deducendo che i
presupposti di fatto, assunti dal
provvedimento prefettizio e dalla
sentenza del T.A.R. sono del tutti
erronei e inesistenti.
Quanto al preteso collegamento
con A. tramite il T., che è stato
amministratore della E.P.M.:
1) entrambi i fratelli A. sono stati
assolti dalla contestata ipotesi di
associazione a delinquere di tipo
mafioso, ex art. 416-bis c.p. per
non aver commesso il fatto;
2) i fratelli A. hanno ottenuto, in
sede di Corte di Appello di
Prevenzione di Napoli, la revoca
della confisca dei beni e la revoca
della misura personale della
sorveglianza speciale.
Quanto al T.:
1) sul conto del T., il processo
penale per mafiosità a suo carico
è stato archiviato su esplicita
richiesta del Pubblico Ministero
con sentenza di non luogo a
procedere del Tribunale di
Cassino del 30 maggio 1991, per
insussistenza del reato);
2) il T., su proposta di A.A., è
stato nominato dai custodi
giudiziari dell’A. s.p.a.
Quanto al preteso collegamento
con L.R. tramite il T.:
1) emerge dai certificati camerali
della società che il T. non ha mai
avuto partecipazioni sociali in
alcuna delle tre società riferibili al
L.R.;
2) il ruolo di T. è stato, intorno al
1983, quello di sindaco, ma i fatti
di infiltrazione a carico della
E.P.M. sarebbero emersi dopo il
1995.
In queste condizioni, il decesso di
R.L. nel 1999 taglia in radice ogni
concreta possibilità di paventata
infiltrazione nella società E.P.M.
tramite il T.
Quanto alla figura di E.L.,
amministratore unico:
1) con sentenza del Tribunale di
Latina del 3 ottobre 1988, il
processo per associazione a
delinquere ex art. 416-bis c.p. a
carico di E.L. è stato anch’esso
archiviato su richiesta del
Pubblico
Ministero
per
insussistenza dei fatti;
2) M.A. è cugina della madre di
E. e, dunque, parente con L.E. di
quinto grado;
3) va chiarito che M.A. non è
stata mai condannata per
associazione a delinquere di
stampo mafioso e tanto meno ha
processi penali pendenti per tale
imputazione.
Quanto all’episodio del B.:
1) è decisivo notare che l’episodio
è di minaccia e non di tentato
omicidio e riguarda un terzo (il
B.), che è uno dei dipendenti della
società gestita da E;
2) l’E.P.M., non condividendo il
metodo minaccioso del B., lo
aveva tempestivamente licenziato
nel 1997, già prima della
condanna.
Il verbale della Commissione
Interforze
prende
in
considerazione la posizione di
T.B.T., già amministratore unico
della società appellante, in quanto
tale persona, essendo presente
negli uffici della società alla data
dell’accesso effettuato il 16
gennaio 2001 ed in grado di
reperire
la
documentazione
amministrativo-contabile richiesta
dagli
ispettori,
in
luogo
dell’assente
nuovo
amministratore
L.E.,
deve
ritenersi aver conservato un ruolo
significativo
nella
gestione
dell’impresa.
Tanto premesso, restano non
contestati i seguenti elementi di
fatto indicati nel predetto verbale:
1) intorno al 1983 il Sig. T. è stato
sindaco di tre società, riferibili al
Sig. L.R., condannato per
associazione a delinquere, avente
legami con L.N., e deceduto nel
1999.
2) il 20 settembre 1994 il Sig. T.
era controllato, unitamente ad un
soggetto
denunciato
per
associazione a delinquere e reati
contro la P.A.;
3) il 22 maggio 1996, il Sig. T.
veniva individuato a bordo di
un’autovettura unitamente ad un
soggetto pluripregiudicato per
associazione a delinquere, furto,
usura, contrabbando ed altro,
indicato come appartenente alla
N.F., e collegato al clan
camorristico di C.E., per il quale
avrebbe gestito ingenti somme di
denaro, nonché in stretto contatto
con L.R. e P.M., con lei
processato per associazione a
delinquere, ed al clan I.
4) il Sig.
dipendente
B.V.,
della
all’epoca
società
45
IGI – Istituto Grandi Infrastrutture
__________________________________________________________________________________________
appellante,
in
qualità
di
responsabile del deposito, è stato
condannato per i reati di minaccia
e danneggiamento correlati alla
sua posizione all’interno della
società, avendo utilizzato forme di
intimidazione mediante l’uso di
una pistola, per recuperare, in
complicità con un pregiudicato di
Caloria, autoveicoli della società
rubati presso tale deposito;
5) il 16 dicembre 1992 il nuovo
amministratore della società, Sig.
L.E., veniva individuato a
Piacenza sulla stessa autovettura
con il Sig. B.;
6) sempre il Sig. L.E., in data 12
maggio 1989 veniva segnalato,
quale partecipante al matrimonio
del noto esponente camorristico
M.L.;
7) nell’ultimo accertamento
effettuato dalla polizia e dai
carabinieri presso la sede
operativa della società appellante,
individuata nell’autoparco ubicato
in Casoria, veniva identificato
E.C.,
qualificatosi
quale
responsabile dell’autoparco, con
pregiudizi penali a proprio carico
e più volte controllato in
compagnia di pregiudicati.
Da tali elementi emerge che
persone variamente correlate alla
società appellante hanno avuto,
nel tempo, contatti con soggetti
legati alla criminalità organizzata
o denunciati per reati associativi
oppure, nel caso di B., hanno
addirittura posto in essere gravi
reati connessi alla propria
posizione all’interno della società.
Da questo punto di vista, il
licenziamento del B. nel 1997 non
rende meno rilevante il fatto che
tale soggetto fosse stato inserito
nell’organizzazione della società
ed avesse rapporti con il Sig. L.E.
con cui aveva effettuato un
viaggio per ragioni non note.
Va, inoltre, sottolineato che alcuni
di tali contatti hanno avuto luogo
46
al di fuori dell’area territoriale di
operatività dell’impresa e non
appaiono,
quindi,
come
meramente fortuiti, evidenziando
piuttosto un significativo rapporto
di conoscenza con il rispettivo
compagno di viaggio.
(anche dal Tar Lazio, Roma,
Sezione III ter, 6 giugno 1997, n.
1248 e 1250)
Si rileva, infine, che il decesso di
L.R. non fa venire meno la
rilevanza indiziaria dei rapporti
avuti dallo stessi con il T. in
quanto, in relazione a contesti
delinquenziali nei quali rileva più
la struttura associativa di tipo
mafioso che il singolo esponente,
tali rapporti evidenziano in
termini più generali la possibilità
di contatti del T. con la malavita
organizzata locale.
Tar Campania, Napoli, Sezione III,
9 gennaio 2003, n. 3367
Esito ricorso: respinto
91
Consiglio di Stato, Sezione VI,
6 giugno 2003, n. 3163 e 3124
INFORMATIVA ATIPICA
Dalla nota prefettizia si evince, da
un lato, la sottoposizione a misura
cautelare detentiva dei fratelli T.,
titolari dell’impresa, non eseguita
per latitanza, successivamente
annullata, e, dall’altro lato, la
richiesta di rinvio a giudizio per il
reato di associazione a delinquere
di stampo mafioso, finalizzata a
reati di estorsione nei confronti di
cantieri edili.
È irrilevante la sopravvenuta
assoluzione
dall’imputazione
penale, in quanto successiva alla
data
di
adozione
dei
provvedimenti, non essendo stata,
peraltro,
depositata
dall’appellante la motivazione
della sentenza, ma il solo
dispositivo, che non prova
l’assoluta estraneità ai fatti penali
dei fratelli T.
Esito ricorso: respinto
92
INFORMATIVA TIPICA
La Prefettura di Milano ha fornito
al Comune di Gragnano
informazioni negative a carico
della D. s.r.l., affermando che la
Prefettura
di
Napoli
ha
comunicato che la succitata
società
è
da
ritenersi
oggettivamente condizionata nelle
scelte e negli indirizzi dalla
criminalità organizzata.
Tali
informazioni
facevano
seguito, ad appena quattordici
giorni di distanza, ad altre
informazioni, di tenore positivo,
fornite dalla stessa Prefettura di
Milano, e scaturita dalla richiesta
ex lege, rivolta dal Comune di
Gragnano, essendo la D. risultata
affidataria del servizio di raccolta
rifiuti.
Nel verbale del Gruppo Ispettivo
Antimafia si evidenzia che,
benché la società D. presenti un
capitale sociale diviso tra due
socie, D.M.P. e L.R., non può
escludersi che tale società sia
gestita da C.F.S., rispettivamente
figlio e marito delle due socie, il
quale ha esibito una procura
speciale nell’ambito di appalti con
enti locali.
Inoltre,
viene
richiamata
l’ordinanza di custodia cautelare
in carcere, emessa nei confronti di
C.F.S., dalla quale risulta che
questi aveva in uso un apparato
radiomobile intestato alla D.
Da alcune telefonate intervenute
tra C.F.S. e vari esponenti di
organizzazioni criminali, risulta
che C.F.S., benché destinatario di
Le informative tipiche ed atipiche: che cosa sono? Le risposte della giurisprudenza
__________________________________________________________________________________________
richieste estorsive, dimostrerebbe
chiara volontà di preferire i voleri
dei potenti clan criminali e di
voler conferire alla propria azione
imprenditoriale
un
ruolo
funzionale agli interessi criminali
per ottenere in cambio appalti,
come risulta chiaramente dalla
citata conversazione telefonica,
proprio grazie all’interessamento
del clan camorristico, beneficiario
dei pagamenti.
Tuttavia, come risulta dalla
richiesta di archiviazione del
Pubblico Ministero, e dal decreto
di archiviazione, le successive
dichiarazioni rese da C.F.S. ed i
riscontri effettuati dal Centro DIA
di Napoli hanno, poi, dimostrato
come l’imprenditore fosse, in
realtà, assoggettato ad una vera e
propria attività estorsiva da parte
di componenti del clan F., che gli
imponevano assunzioni accettate
per quieto vivere e per poter
continuare ad operare in zona, e
che il denaro era a lui imprestato a
titolo
usurario,
con
ciò
escludendosi che C.F.S. potesse
fungere da canale di riciclaggio.
Esito ricorso: accolto
(cfr. Consiglio di Stato, Sezione
VI, 17 luglio 2006, n. 4574; Tar
Campania, Napoli, Sezione II, 28
febbraio 2007, n. 1272; Consiglio
di Stato, Sezione V, 31 dicembre
2007, n. 6902)
93
Consiglio di Stato, Sezione VI,
n. 1979/2003
INFORMATIVA TIPICA
I giudici di secondo grado
rilevano ulteriormente che:
1) P.B. risulta segnalato per
divieto
a
detenere
armi,
munizioni, esplosivi;
2) D’E.D. risulta condannato per
estorsione e rapina; sottoposto ad
accertamenti
patrimoniali
e
segnalato per l’applicazione
dell’obbligo
di
soggiorno;
arrestato su ordine di cattura, con
l’accusa di associazione a
delinquere di stampo mafioso,
concorso in rapina, estorsione e
detenzione illegale di armi;
successivamente
rinviato
a
giudizio per estorsione e
detenzione illegale di armi, in
relazione alla richiesta di somme
di denaro a impresa titolare di
cantiere edile; risulta assolto per
non aver commesso il fatto a
seguito della ritrattazione della
chiamata in correità, su cui si era
basata l’accusa nei suoi confronti.
Si legge nella nota riservata
trasmessa dall’Ufficio Territoriale
di Salerno all’A.S.I.A. di Napoli
che nei confronti della società
L.S. e dei relativi amministratori
non sussistono cause di divieto,
decadenza o sospensione.
Inoltre, dei 39 dipendenti
dell’impresa del P. quattro
risultano avere gravi precedenti
penali o indagini in corso per
gravi fatti:
Esito ricorso: accolto
1) V.M., tratto in arresto per furto;
Tar Campania, Napoli, Sezione I,
n. 5319/2001
2) C.F., condannato dal Tribunale
per i minorenni di Napoli, ad anni
due e mesi dieci di reclusione per
lesioni
personali
aggravate;
arrestato per porto e detenzione
abusiva di armi;
3) S.F., tratto in arresto per
estorsione e denunciato per
ricettazione;
4) P.M., tratto in arresto dapprima
per associazione a delinquere e
anche successivamente, dovendo
scontare la pena residua di anni
due, mesi uno e giorni nove di
reclusione per rapina, furto e
ricettazione.
Esito ricorso: respinto
94
Tar Campania, Salerno, Sezione I,
n. 1873/2002
INFORMATIVA ATIPICA
Si informa, tuttavia, che da un
approfondimento di istruttoria nei
confronti della predetta società
emerge una situazione tale da
prefigurare un controllo occulto
della gestione societaria attraverso
la persona di X, il quale, pur non
rivestendo cariche o qualifiche di
sorta, sarebbe in grado di gestire
di fatto l’attività imprenditoriale.
95
INFORMATIVA TIPICA
Dopo aver già acquisito dalla
Prefettura
di
Caserta
la
certificazione antimafia, che era
risultata negativa, la stazione
appaltante autorizzava la ditta
P.B. ad eseguire i lavori.
In seguito ad ulteriore richiesta di
certificazione antimafia per lavori
diversi,
inoltrata
dalla
appaltatrice, la Prefettura di
Caserta comunicava la sussistenza
di cause interdittive a carico del
titolare dell’impresa e, a seguito
di tale atto, l’appaltatrice
disponeva la revoca sia del
subappalto in corso, sia di quello
da affidarsi.
Dalle informative è emersa,
infatti, la presenza di elementi tali
da fare ritenere che sussista il
pericolo di infiltrazione mafiosa
tendente a condizionare le scelte e
gli indirizzi della società
ricorrente, per i rapporti di
parentela e di frequentazione
abituale del P., imprenditore
47
IGI – Istituto Grandi Infrastrutture
__________________________________________________________________________________________
individuale e rappresentante della
s.r.l., con pregiudicati a lui
imparentati, e che hanno con lo
stesso cointeressenze in diverse
società (vedi il D’E.D.), tra cui
anche soggetti ritenuti organici
all’ambiente camorristico.
alla luce degli elementi di
conoscenza acquisiti, non poteva
dirsi sufficientemente provato il
giudizio di pericolosità espresso
dalla Prefettura, ai sensi della
normativa antimafia.
Esito ricorso: accolto
Al riguardo, il P. risulta essere
stato, dal 1995 al 1998,
amministratore unico, nonché
possessore di quote della società
C., di cui attualmente risulta socio
il su indicato D’E.D., cognato del
ricorrente e noto pregiudicato
affiliato al clan L.P., nei cui
confronti la Questura ha segnato
l’applicazione della sorveglianza
speciale di P.S.
Inoltre,
dall’accertamento
effettuato
dal
Comando
Carabinieri
della
Regione
Campania di Caserta risulta anche
che il ricorrente P.B. e la moglie
convivente D’E.A. vivono in
immobili siti nella stessa strada
della medesima frazione, dove
risiede anche il D’E.D.
Esito ricorso: respinto (si veda la
successiva sentenza del Consiglio
di Stato, Sezione VI, n.
1979/2003)
96
Consiglio di Stato, Sezione IV,
n. 1148/2001
INFORMATIVA ATIPICA
Dopo aver ricevuto la nota
prefettizia, l’Azienda Ospedaliera
ha manifestato la propria
determinazione
a
revocare
l’aggiudicazione provvisoria in
favore dell’ATI Ing. R.A., per
analogia con il caso dell’ATI S.S.
e partners.
Con sentenza della Sezione I, n.
814 del 27 marzo 2000, il Tar
Campania aveva, invece, accolto
il ricorso a favore dell’ATI,
avendo ritenuto il Collegio che,
48
97
Tar Calabria, R. Calabria, Sez. I,
12 gennaio 2001, n. 21
INFORMATIVA TIPICA
L’informativa prefettizia, nel
precisare che nei confronti dei
soci della società ricorrente o dei
familiari
conviventi,
non
sussistono le cause di divieto, di
decadenza o di sospensione
indicate nell’allegato 1 del d.lgs.
n. 490 del 1994, riferisce che da
informazioni assunte sono emersi
elementi relativi a tentativi di
infiltrazione mafiosa tendenti a
condizionare le scelte e gli
indirizzi della società ed, in
particolare, risulta che entrambi i
soci hanno rapporti di affinità con
persone già sottoposte a misura di
prevenzione e/o per le quali pende
il relativo procedimento.
Esito ricorso: accolto
98
Consiglio di Stato, Sezione V,
n. 5710/2000
INFORMATIVA ATIPICA
Con il ricorso di primo grado, la I.
s.p.a. ha impugnato la delibera
della Giunta comunale di
Castellammare di Stabia, avente
per
oggetto
la
revoca
dell’aggiudicazione dell’appalto,
nonché la nota informativa della
Prefettura di Napoli, costituente
atto presupposto.
Il Tar Napoli ha accolto il ricorso
ed annullato gli atti impugnati con
sentenza 9 luglio 1998, n. 2351.
Hanno proposto separati appelli la
Prefettura di Napoli ed il Comune
di Castellammare di Stabia, con i
quali hanno rispettivamente
chiesto
che,
in
riforma
dell’impugnata sentenza, fosse
rigettato il ricorso di primo grado.
La Prefettura di Napoli aveva
comunicato al Comune di
Castellammare di Stabia alcune
circostanze,
relative
ad
accertamenti e provvedimenti
adottati in sede penale nei
confronti di soggetti aventi
partecipazione, sia pure indiretta,
nella
società
aggiudicataria
dell’appalto.
Gli elementi comunicati possono
così riassumersi:
1) il capitale della I. s.p.a. è
paritariamente suddiviso tra la F.
s.p.a., composta dai soci G.A. e
M.A., e la S. s.r.l. composta dai
soci
E.C.,
S.C.,
G.C.,
quest’ultimo avente la carica di
presidente del consiglio di
amministrazione della stessa I;
2) E.C., attuale socio della S. s.r.l.
e
già
consigliere
di
amministrazione
e
direttore
tecnico della stessa I. s.p.a., è stato
destinatario di una misura
cautelare coercitiva, nonché
rinviato a giudizio per il reato di
associazione a delinquere di
stampo mafioso ex art. 416-bis
c.p.;
3) un ruolo centrale nell’accordo
criminoso,
relativo
anche
all’acquisizione
di
appalti
pubblici, risulterebbe svolto dal
Consorzio C., presieduto dallo
stesso E.C., cui partecipa anche la
I. s.p.a.
La nota prefettizia concludeva,
osservando che gli elementi
riferiti , utili ad orientare le scelte
discrezionali di codesta stazione
Le informative tipiche ed atipiche: che cosa sono? Le risposte della giurisprudenza
__________________________________________________________________________________________
appaltante, sulla base delle
direttive emanate dal Ministero
dell’Interno con Circolari del 14
dicembre 1994 e dell’8 gennaio
1996, non hanno di per sé, allo
stato, l’efficacia interdittiva di cui
al d.lgs. n. 490/94.
Il Consiglio di Stato accoglie,
pertanto, l’appello della Prefettura
di Napoli.
Esito ricorso: accolto
49
Finito di stampare nel mese di Luglio 2008
presso la tipografia Grafiche Ponticelli Spa
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03030 – Castrocielo (Fr)
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