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Le farse cavaiole

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Le farse cavaiole
Le farse cavaiole
La farsa cavaiola rappresenta un genere drammatico popolare, caratterizzato
dal ricorso a frottole o gliommeri di endecasillabi, per lo più con rima al
mezzo. È così denominato per il suo prendere a oggetto di beffa l’ingenuità e
la rozzezza degli abitanti di Cava dei Tirreni.Si tratta di un genere incentrato
sull'archetipo farsesco del cavaiuolo, ovvero un ignorante e stolto villico
cavese (ossia un abitante della città di Cava), che dai cittadini salernitani è
immaginato, con la rozzezza del suo dialetto, nei tratti più grossolani e
caricaturali, come viene delineato, ad esempio, nella Farza de lo Mastro de
scola e nella Farza de la Maestra di Vincenzo Braca, in cui il carattere del
cavaiolo assurge alla rappresentatività del tipico «popolano sciocco.
Fiorita tra la fine del secolo XV e i primi decenni del secolo XVII, considerati i
suoi intrecci estremamente elementari, la farsa cavaiola ha importanza
storica più che artistica in quanto, con i suoi elementi realistici, influì molto
sulla commedia popolare napoletana del ‘600.
Il Braca raccolse e redasse per iscritto, sceneggiandole e aggiungendone di
proprie, le satire che tradizionalmente erano diffuse, fra i salernitani, contro i
vicini abitanti di Cava; cosa che rese ancor più profondi i vecchi rancori fra le
due città, esponendo personalmente il Braca, per questo feroce accanimento
denigratorio, all’odio dei cavesi. E pare che proprio da cavesi, o per loro
istigazione, fu assassinato.
Una satira importante fu Il Processus criminalis, con la quale il Braca ,
attraverso strali ironici a prendere di mira i consueti bersagli, gli abitanti della
città di Cava. Lo scrittore immagina se stesso al centro di una caso giudiziario
che lo vede accusato di diffamazione dai cittadini cavesi. Il processo si
conclude l'ultima sera di Carnevale, con l'inflizione, all'imputato contumace,
della pena della flagellazione per le vie del borgo.
Molte affinità formali avvalorano l'accostamento del Processus al filone
letterario dello gliommero (o gliuommero 'gomitolo' in dialetto meridionale), un
raffinato e antico genere poetico, che rimanda però agli ambienti e ai circoli
letterari della Napoli aragonese, e i cui prodotti erano prologhi a testi
cavallereschi destinati alla pubblica lettura. Gli elementi formali comuni che
suggeriscono l'affinità del Processus al genere dello gliommero sono la forma
epistolare, la struttura metrica a endecasillabi frottolati (endecasillabi con
rimalmezzo), la fluidità tra differenti registri linguistici, con la loro coabitazione
e contaminazione espressiva e, infine, la scrittura in forma di monologo
recitativo, in funzione dell'eventuale fruizione carnacialesca del Processus,
destinato forse alla recitazione per bocca di un solo attore o guitto.
Gliommero o Gliuommero
Fu un raffinato genere poetico popolaresco, affine alla frottola da un punto di
vista compositivo, diffusosi a metà Quattrocento negli ambienti letterari della
Napoli aragonese e fiorito fino al Cinquecento.
I prodotti di questo frequentato genere letterario, nell'ambiente della corte
aragonese, erano prologhi a testi cavallereschi destinati alla pubblica lettura.
Gli elementi formali che caratterizzano il genere sono la forma epistolare, la
struttura metrica a endecasillabi frottolati (endecasillabi con rimalmezzo), la
fluidità tra differenti registri linguistici, con la loro coabitazione e
contaminazione espressiva e, infine, la scrittura in forma di monologo
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