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Laboratorio coreografico di danza contemporanea. Elementi di
Rete nazionale “Qualità e sviluppo dei Licei Musicali e Coreutici Italiani”
Progetto “Musica e Danza InterMedia”
Laboratori di Formazione
Tecnica della danza classica e contemporanea
Laboratorio coreografico danza classica e contemporanea
Arezzo, 26, 27 e 28 febbraio 2015
Laboratorio coreografico di danza contemporanea.
Elementi di coreologia
Laura Delfini
Arezzo, 27 febbraio 2015, 9.00-13.00
Parole chiave:
Coreologia labaniana
Progetto a tema
Riflessioni sul concetto di repertorio.
Il laboratorio coreografico di taglio pratico-teorico è cominciato con un
breve scambio conoscitivo durante il quale la docente ha chiesto ai
partecipanti le parole ‘in figura’, i concetti percepiti come urgenti in
quel momento; queste tematiche sono state prese in considerazione
durante l’arco della mattinata.
La prima parte dell’incontro è stata dedicata a una breve
presentazione della figura di Rudolf Laban e degli studi coreologici
contemporanei che intendono la danza come arte performativa
incorporata (che si fa materia attraverso il corpo-persona e per merito
del corpo-persona) in una prospettiva triadica processuale1. In questa
ottica, i processi in cui si è impegnati durante l’apprendimento sono il
danzare, il creare e l’osservare, visti qui come processi interconnessi
e in continua concatenazione.
Questa fase è servita a porre le basi del complesso impianto
metodologico della coreologia labaniana; speciale attenzione è stata
dedicata alla sua applicazione all’area dell’appreciation.
Dopo aver indicato le componenti del movimento: parti del corpo,
azioni, dinamica, spazio e relazioni, la prima parte pratica di carattere
esplorativo e compositivo si è sviluppata a partire dal lavoro sulle parti
del corpo e sulle azioni.
Nella seconda parte della mattinata è stata presentata una modalità
didattica molto efficace per la messa in rete di diversi campi di
conoscenza, nota come progetto a tema; si tratta di una strutturazione
del lavoro che permette di collegare i singoli incontri fra loro per
mezzo di un tema conduttore2.
Come esempio di un possibile progetto a tema è stato proposto il
tema di Didone ed Enea. Questo argomento può essere studiato sia
in ambito letterario (latino, italiano, inglese) sia in ambito storico
(dell’arte, della musica, della danza).
Durante la fase esplorativo-compositiva si è utilizzato come stimolo lo
spettacolo Dido and Aeneas (2005) di Sasha Waltz. Sono stati
osservati più volte alcuni estratti precedentemente selezionati. La
docente ha guidato l’osservazione facendo riferimento alle
componenti del movimento già incontrate nella prima parte del
laboratorio (parti del corpo e azioni). I partecipanti hanno creato delle
composizioni a partire dall’attività di appreciation.
In un ultimo momento, sono stati utilizzati come stimolo per la
composizione un estratto da Café Müller (1978) di Pina Bausch e un
1
Preston-Dunlop, V. e Sanchez-Colberg, A. Dance and the performative. A choreological
perspective. Laban and beyond ed. Verve, Londra, 2002, pp. 7-37
2
Zagatti, F, La danza educativa. Principi metodologici e itinerari operativi per l’espressione
artistica del corpo nella scuola, ed: Mousikè Progetti Educativi, Bologna, 2004, pp. 72-87
brano da La terra promessa. Frammenti (1935-1950). Cori descrittivi
di stati d’animo di Didone di Giuseppe Ungaretti. In particolare:
III
Ora il vento s’è fatto silenzioso
e silenzioso il mare;
tutto tace; ma grido
il grido, sola, del mio cuore,
grido d’amore, grido di vergogna
del mio cuore che brucia
da quando ti mirai e m’hai guardata
e più non sono che un oggetto debole.
Grido e brucia il mio cuore senza pace
da quando più non sono
se non cosa in rovina e abbandonata.
----------------------------------------------------------------Sitografia:
Dido and Aeneas di Sasha Waltz
https://www.youtube.com/watch?v=vNbkdZkZhmA
Café Müller di Pina Bausch
https://www.youtube.com/watch?v=36s1UxPM9LA
In questo stesso documento segue una selezione di tre articoli e una
breve intervista nella quale Laura Delfini descrive sinteticamente una
tipologia di laboratorio da lei ideata e sperimentata, chiamata
Impronte, utilizzata anche durante la proposta sul tema di Didone ed
Enea.
Laura Delfini
Raccolta di articoli
COREOLOGIA: PRINCIPI E METODOLOGIE
Il mio intervento si prefigge lo scopo di comunicare brevemente e con i limiti
che la parola scritta presenta a riguardo, i principi e le metodologie della disciplina
coreologica seguiti al Laban Centre for movement and dance di Londra. L’argomento centrale della discussione sarà preceduto da cenni storici circa la figura di
Rudolf von Laban e la sua visione di coreologia.
Profilo storico-biografico
L’iniziatore della materia fu Rudolf von Laban (Bratislava 1879 - Weybridge
1958); ricercatore, educatore, scrittore, coreografo, Laban fu un practical scholar
della danza e del movimento in genere, al cui studio si dedicò con grande energia e
passione. Visse in molte città europee di grande cultura quali Parigi, Vienna, Monaco, Zurigo, Berlino, per poi stabilirsi, durante gli ultimi venti anni di vita, in Inghilterra.
L’interesse e la scelta di dedicarsi alla danza si delinearono intorno al 1912; precedentemente Laban aveva studiato belle arti e aveva lavorato come illustratore.
All’epoca nulla faceva pensare che egli si sarebbe dedicato alla danza se non un
certo interesse per il corpo umano, la sua gestualità e posture, caratteristiche visibili nei suoi schizzi.
Tentare di descrivere tutte le attività che Laban promosse dai primi anni Dieci
fino alla sua morte, richiederebbe uno spazio e un tempo maggiori; mi limiterò dunque a dare un quadro breve e schematico delle sue attività.
L’epoca che si concluse nel 1938, anno della sua immigrazione in Inghilterra, fu
un lungo periodo di sperimentazione e di ricerca. Laban trascorse quegli anni quasi sempre in Germania e lì si occupò, tra l’altro, di sperimentare danze di gruppo
anche con amatori (note come ‘cori di movimento’), organizzò ‘fattorie della danza’ in cui si vivevano esperienze di gruppo e in cui danzare rappresentava una
maniera di comunicare con gli altri e di sviluppare la propria espressività; pubblicò
i primi scritti di cinetografia; fu coreografo anche all’Opera di Berlino.
Dal 1938 al 1958, anno della sua morte, visse in Inghilterra dove precisò le sue
teorie, si dedicò all’educazione, scrisse, collaborò con industriali per studiare dinamiche appropriate che consentissero una buona produzione, da una parte, e provve-
5
Raccolta di articoli
Coreologia: principi e metodologie
dessero a garantire incolumità e buona salute dei lavoratori, dall’altra.
Studioso poliedrico, Laban lasciò in eredità molte attività e sistemi che furono
poi sviluppati dai suoi successori i quali si sono specializzati in un campo o in un
altro tra i molteplici da lui iniziati.
co, ginnico il quale rischiava di proporre nuovamente un approccio dualistico che
vedeva il corpo e la mente come distinti.
Questa visione unitaria rimarrà sempre alla base degli studi pratico - teorici di
Laban come anche dei suoi successori. Tale approccio non è da considerarsi un
evento isolato, ma piuttosto corrispondeva a una diffusa esigenza dell’epoca: quella di stabilire un equilibrio tra sfera emotiva e sfera intellettuale.
Negazione della dualità corpo - mente
Durante i primi anni del ‘900 Laban venne a conoscenza del sistema di estetica
applicata di François Delsarte (1811-1871).
Per spiegare i principi base di questo sistema, ho scelto una descrizione che la
studiosa Eugenia Casini Ropa ne dà nel suo libro La danza e l'agitprop 1.
Storia degli studi coreologici
Nei principi delsartiani Laban trovò idee che svlluppò poi nell’arco delle sue
attività; in particolare l’approccio al linguaggio espressivo attraverso il gesto, il suono e la parola. Die Schule für Tanz, Ton, Wort, cioè la scuola di danza, suono, parola fu il nome che Laban diede alla scuola aperta nel 1913 a Monaco. Aldilà del nome
dato alla scuola, dalla “trinità” corpo, mente e spirito Laban derivò la sua concezione di essere umano nella quale le tre parti dell’uomo sono considerate come
interdipendenti e si influenzano vicendevolmente.
Sempre precedentemente al 1912, Laban era venuto a conoscenza anche del
sistema Dalcroze e dei movimenti di Körperkultur, o cultura del corpo. Tali movimenti, diffusi in Germania durante i primi anni del secolo XX, esprimevano il bisogno di coltivare una cultura del corpo vista come aspetto importante nell’educazione dell’essere umano. La ricerca sul movimento di Laban abbraccia la visione pedagogica, l’idea di educare anche attraverso il corpo; si distingue invece da quella dei
movimenti che diffondevano un tipo di lavoro sul corpo tendenzialmente fisiologi-
Coreologia letteralmente significa scienza, conoscenza della danza; la disciplina
si propone di svelare -con le parole di Laban- “l’ordine nascosto della danza”. Lo
scopo primario dello studioso era di dare alla danza una propria sintassi che avrebbe dato alla materia una dignità non ancora raggiunta; infatti la musica, per esempio, possedeva già ben delineati linguaggi di scrittura e composizione. La danza
doveva trovare i suoi propri. Da questa esigenza scaturirono i sistemi e le metodologie che andavano a costituire la disciplina coreologica.
Inizialmente Laban trovò la parola coreosofia un termine appropriato per indicare la scienza della danza; questa abbracciava tre sottosezioni: coreografia, nel
senso letterale del termine di scrittura del movimento; coreologia ossia lo studio
della grammatica e sintassi del movimento; infine coreutica come studio pratico
delle varie forme di movimento armonico 3. Il termine coreosofia oggi è raramente
usato ed è sostituito da quello di coreologia.
Data la complessità e date anche alcune contraddizioni che si possono riscontrare nei testi scritti di Laban, prenderò in esame il suo concetto come è stato delineato da Valerie Preston-Dunlop e John Hodgson 4.
La coreologia di Laban secondo i due studiosi comprende quattro aspetti.
• Il primo è quello di considerare lo studio del corpo non in maniera fisiologica
ma piuttosto dal punto di vista strumentale; per esempio: le mani servono per afferrare, toccare; le gambe per viaggiare nello spazio, per saltare, per spostare il peso,
e così via.
• Il secondo aspetto riguarda un insieme di sistemi concernenti lo studio del corpo nello spazio, noto come coreutica o armonia dello spazio.
• Il terzo insieme di sistemi è l’eucinetica; questa è stata definita da Aurelio Milloss, allievo di Laban e grande maestro, come il “sapersi muovere sentitamente in
6
7
Il principio regolatore di ogni cosa e dell’uomo in particolare è la trinità. L’uomo partecipa della
triplice natura divina attraverso le sue tre componenti costitutive: vita, anima, spirito, che presiedono
rispettivamente al suo stato sensibile (sensazioni), morale (sentimenti), intellettuale (pensiero). Ad
ognuno di questi tre stati interiori corrisponde una modalità espressiva esteriore, ad essi indissolubilmente interrelata: la voce per le sensazioni (vita), il gesto per i sentimenti (anima), la parola per il pensiero (spirito). Non può dunque esistere “verità” nell’espressione umana, se la manifestazione, il moto
espressivo esteriore, non corrisponde ad un rispettivo impulso o moto interiore (e viceversa). Ogni
intonazione, gesto o parola che non ottemperi a questa fondamentale legge di corrispondenza sarà pertanto falsa, affettata o convenzionale.2
Raccolta di articoli
Coreologia: principi e metodologie
modo giusto” 5. I primi esperimenti di eucinetica risalgono ai primi anni Dieci,
periodo in cui Laban sperimentava danze di gruppo senza supporto musicale; da
queste ricerche i danzatori e Laban stesso iniziavano a sentire e definire le dinamiche interne al movimento. Una parte di questi studi fu poi sviluppata nell’area di
metodi pratici e analitici nota come effort, ossia l’uso qualitativo dell’energia da
parte del danzatore.
• Il quarto punto della sintassi del movimento è rappresentato dalla connessione
tra diversi elementi dell’evento danzato. La concezione, complessiva e analitica
insieme, è visibile nel sistema di notazione, o cinetografia Laban.
Le seguenti parole di Milloss esprimono bene la modalità di studio in cui Laban
credeva e che dunque proponeva agli allievi:
pera di Laban, in particolare quelli che esprimono necessità dell’epoca, non sono
presi in considerazione se non nel momento ln cui se ne stia facendo una lettura storica. A riguardo, Valerie Preston-Dunlop scrive:
Noi adesso stiamo setacciando la sua opera per far sì che quelle cose che sono legate all’epoca dell’Espressionismo rimangano là dove è il loro posto, per poterci rendere conto di quali cose siano legate al contesto e alla cultura dei suoi tempi, quali invece siano valide anche oggi. 7
La coreologia è dunque una materia aperta e in divenire.
Modalità e oggetto: il come e il cosa
Laban non lasciò in eredità un unico sistema, ma piuttosto una serie di metodi e
sistemi tale per cui i suoi successori hanno poi perseguito strade diverse a seconda
dei loro interessi specifici. Di conseguenza l’evoluzione della materia presenta
impostazioni differenti a seconda delle diverse scuole.
Al Laban Centre for movement and dance di Londra è stato mantenuto uno spirito di ricerca e di sperimentazione tale per cui su una griglia di metodi e sistemi
pratici e teorici ereditati da Laban vengono aggiunti sempre nuovi elementi, l’introduzione dei quali è causata dal mutare dei tempi. Alcuni aspetti presenti nell’o-
Le modalità di ricerca seguite oggi negli studi coreologici del Laban Centre sono
quattro: fare esperienza, esplorare, analizzare e documentare. Un coreologo e/o
uno studente di coreologia devono dimostrare di saper utilizzare i quattro modi
sopra indicati.
• Nel primo l’aspetto primario è il sentire, il vivere l’esperienza del danzare il
tema assegnato nel momento stesso in cui si danza. In questo modo la motivazione
cinetica interiore va sempre mantenuta e deve essere espressa.
• Esplorare è un modo di ricercare, di andare oltre. È uno stadio in cui avviene
uno scambio continuo di informazioni tra ciò che si sta scegliendo di danzare e ciò
che si danza.
• L’analisi è una fase analitica coadiuvata da capacità di osservazione e metodi
di trascrizione.
• La documentazione è lo stadio di trovare, formulare il documento.
Le quattro modalità non devono essere viste come distinte, a se stanti, ma piuttosto come un sistema di vasi comunicanti in cui un metodo informa l’altro. Per
esempio è fondamentale fare esperienza di una certa forma spaziale o di una certa
dinamica perché queste possano essere riconosciute nella fase di osservazione e
dunque documentate nella maniera giusta. Ciò vale anche viceversa, ossia: nel
momento in cui viene scritta una certa dinamica, la scrittura ne renderà poi più chiara, più sofisticata e precisa l’esecuzione.
L’oggetto di studio è rappresentato da diversi eventi di danza: danze ‘teatrali’,
danze folcloriche, comportamento non verbale, etc.. Il che cosa si ricerca sono le
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Tutto doveva essere sentito, ogni particella del corpo: erano interessanti le lezioni di eucinetica da
lui condotte, era talmente impressionante in che modo si cominciava davvero a sentire, come si muoveva ogni particella del corpo e poi come tutto questo veniva controllato6.
Questa maniera di studiare in cui sentire e mantenere sveglia la consapevolezza
vengono sempre stimolati insieme, è tutt’oggi una caratteristica degli studi coreologici.
La coreologia nacque dall’esigenza di rendere studiabili ed analizzabili la danza
e il movimento; essa voleva rappresentare un linguaggio comune per chi si fosse
occupato di danza. In tale maniera la danza diventava comunicabile, e dunque pubblica.
Coreologia oggi
Raccolta di articoli
strutture intrinseche della danza che bisogna quindi individuare e definire.
Le componenti dell’evento danzato sono state individuate da Valerie PrestonDunlop in movimento, suono, spazio e performer. Ci soffermeremo sul movimento.
Il movimento ha cinque componenti strutturali: parti del corpo, azioni, relazioni, dinamiche e spazio. Queste sono state visualizzate nel seguente grafico.
Coreologia: principi e metodologie
avviene un movimento, un cambiamento, un’attività non precisata
non avviene un movimento, c’è una pausa, viene mantenuta la situazione
precedente
viaggiare, un tipo di locomozione, andare da un luogo a un altro (per es.
correre, camminare, rotolare, scivolare)
saltare, elevarsi (per es. changement, sissonne, saltare dalle mani ai piedi)
Il motivo per cui il grafico presenta il centro come spazio comune alle cinque
componenti è che queste non vanno considerate come separate, ma piuttosto partecipano tutte a creare il movimento. Ogni elemento viene distinto per utilità di studio, ma la interdipendenza delle cinque componenti strutturali va sempre sottolineata.
Ognuna delle cinque componenti strutturali ha un suo metodo di trascrizione e, sin
dai primi giorni di studio, il danzare e il leggere o scrivere non vengono separati.
girare, ruotare (per es. un fouetté, rotolare, una pirouette, orientarsi verso
una nuova direzione)
torcere, girare una parte del corpo mentre l’altra rimane ferma
Azioni
Il metodo di trascrizione motifwriting indica dodici azioni; di queste viene trascritta l’intenzione coreografica e non la forma specifica che ne risulta, se ne scrive il motif.
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Raccolta di articoli
Coreologia: principi e metodologie
Effort
Lo studio dell’effort è quello che riguarda l’uso qualitativo dell’energia del danzatore. I quattro fattori che determinano le qualità sono lo spazio, il tempo, il peso
e il flusso. Ogni fattore presenta due valenze opposte.
Il grafico dell’effort appare come segue:
spostamento di peso
gesticolare, non spostamento di peso (per es. muovere il capo, port de
bras, rond de jambe)
indiretto
S
p
a z i o
leggero
diretto
s
o
piegare, contrarre, restringersi, chiudere (per es. pugno, retirée, accoccolarsi)
F
sostenuto
u
s
s
o
coatto
P
stendere, crescere, allungarsi
l
e
libero
T
e
m
p
o
improvviso
forte
cadere (per es.tombé)
In una esercitazione pratica si può accostare un’azione a una dinamica come nell’esempio che segue:
inclinarsi, sporgersi
In questa maniera la partitura diventa via via più specifica e gli studi che ne derivano più complessi.
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Raccolta di articoli
Coreologia: principi e metodologie
Coreutica
Gli studi di coreutica o armonia dello spazio sono estremamente interessanti e
d’aiuto per la creazione di nuovo materiale anche a scopo coreografico.
Si parte dalla considerazione che ognuno di noi (ha o) è all’interno della propria
cinesfera, o sfera di movimento nella quale si muove sporgendo gli arti dal centro
in fuori e viceversa.
La cinesfera di per se stessa non definisce un orientamento spaziale. Laban cercò
dunque di definire delle mappe, dei percorsi che rappresentano ora la sintassi spaziale del movimento.
Partendo dalla fisiologia e funzionalità dell’essere umano, Laban riconosce sei
direzioni dimensionali: alto-basso, destra-sinistra, avanti-dietro. Unendo questi sei
punti, si ottiene un ottaedro. Questa maniera di orientarsi è molto utilizzata nel balletto classico e implica un modo di danzare estremamente stabile.
Laban osservò che nel suo comportamento non verbale l’essere umano si muove molto raramente verso direzioni così definite come le sei dimensionali dell’ottaedro, ma piuttosto in direzioni intermedie. Ogni dimensione viene quindi ‘aperta’
e resa bidimensionale.
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Da sei le direzioni diventano dodici; queste sono indicate dai piani sopra riportati.
Dall’unione dei dodici punti si ottiene un solido chiamato icosae dro con dodici
direzioni diametrali.
Nell’icosaedro il movimento diventa instabile e obliquo rendendo così manifesto l’elemento drammatico dello spazio. I modi di passare da una direzione all’altra
sono: periferico, e cioè rimanendo alla periferia della cinesfera; centrale, passando per il centro del corpo; e trasversale, ossia avvicinandosi al centro ma evitandolo.
Nell’icosaedro tutte le direzioni assumono eguale importanza; la verticalità perde il suo ruolo predominante. Esiste un parallelismo tra le dodici direzioni dell’icosaedro, tra questa nuova concezione dello spazio e la rivoluzione apportata da
Schönberg in musica: Schönberg infatti divide l’ottava in dodici semitoni che hanno tutti stessa energia e importanza.
Un altro sistema per orientarsi spazialmente è rappresentato dalla stanza, dal teatro, schematizzati in un cubo. Le direzioni di questo orientamento sono otto e sono
definite direzioni diagonali: alto-destra-avanti, basso-destra-avanti, alto-sinistraavanti, etc.
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Raccolta di articoli
Coreologia: principi e metodologie
Note
Dalla combinazione di tali elementi, Laban stabilisce delle mappe, delle forme
armoniche.
La coreutica è materia di studio complessa che richiede l’esecuzione delle sue
forme perché possa essere compresa; questi studi, difficili da eseguire, possono
essere utilizzati sia in ambito coreologico, come è ovvio, ma anche in ambito coreografico utilizzandone i suggerimenti per creare lavori personali.
Per esempio William Forsythe, coreografo contemporaneo, utilizza, fra l’altro,
stimoli spaziali labaniani per la creazione delle sue coreografie.
1. Casini Ropa, Eugenia La danza e l’agitprop, ll Mulino, Bologna l988
2. op.cit., p. 111
3. Laban, Rudolf Choreutics, Macdonald and Evans, London 1966, prefazione,
pp. VII-VIII
4. Hodgson, John e Preston-Dunlop, Valerie Rudolf von Laban. An Introduction
to his Work and Influence, Northcote House, Plymouth 1990, pp. 20-25
5. Rudolf Laban. Dalla danza libera agli anni ottanta, Comune di Reggio Emilia. I Teatri, Reggio Emilia, 1990, p. 25
6. op. cit., pp. 25-26
7. op. cit., p. 45
Illustrazioni
Le illustrazioni sono tratte da Body Space Expression di Vera Maletic, Mouton
de Gruyter, 1987, pp. 61 e 62
Conclusione
La coreologia viene spesso definita un umbrella subject, cioè una materia utile a
diverse applicazioni nel campo della danza. Il suo valore sta nel dare strumenti a
studenti che vogliano diventare coreologi, naturalmente, ma anche danzatori, coreografi, storici della danza.
Ho ritenuto qui importante illustrare sinteticamente diversi argomenti per presentare la materia; ovviamente, per acquisire una maggiore e specifica conoscenza,
è necessario un approfondimento tanto pratico quanto teorico dei punti trattati.
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DISCUSSIONE SULL’IDENTITA’ DELL’EVENTO DANZATO
ANALISI E DOCUMENTAZIONE
Cenni sulla cinetografia Laban
La cinetografia è un metodo di trascrizione complesso per l’utilizzazione del
quale è necessario uno studio approfondito e dettagliato.
Laban iniziò a mostrare il suo interesse verso l’osservare e il catturare graficamente il movimento nelle sue varie espressioni, già durante il periodo parigino;
risalgono infatti a quell’epoca alcuni suoi appunti in cui è evidente l’uso, seppur
rudimentale, di un sistema di simboli.
Più in là Laban studiò i sistemi di Beauchamp e Feuillet, il che dimostra la sua
ricerca nel campo della trascrizione.
Egli cercava un sistema che potesse rappresentare graficamente qualunque tipo di
movimento e non solamente uno stile particolare. La sua visione pancinetica dell’universo lo portava a ricercare un metodo di trascrizione universale.
Una caratteristica universale del movimento è che questo avviene in progressione temporale; di conseguenza Laban cercava la maniera di trascrivere il progredire
del movimento e non le posizioni, voleva rappresentare graficamente quello che la
danza è nella sua continuità.
Durante una scuola estiva del 1927, subito dopo il I congresso dei danzatori a
Magdeburgo, viene risolto il seguente problema: le parti del corpo dell’individuo
vengono suddivise e disegnate sul piano orizzontale della pagina; in questo modo
la verticale rappresenta il percorso spazio-temporale da compiere. Tale soluzione
risolve il problema della rappresentazione della continuità.
19
Raccolta di articoli
Discussione sull’identità dell’evento danzato
Da
Braccio
sinistro
Braccio
destro
Gamba
sinistra
Gamba
destra
lo scrivere la composizione è sia uno stimolo che una maniera di controllare le sue
abilità e il suo temperamento 2. Anche in questo caso l’idea del reciproco informarsi dei vari campi viene sottolineata.
Ciò che segue ha lo scopo di informare sui principi basilari della cinetografia
Laban.
Il rigo cinetografico è suddiviso in colonne ognuna delle quali si riferisce a una
parte del corpo; le colonne a sinistra si riferiscono alla parte sinistra del corpo, quelle a destra alla parte destra.
A
Braccio
sinistro
Gamba
sinistra
Gamba
destra
Braccio
destro
Gesti delle braccia
Nel 1928 Laban presenta il suo sistema di notazione al II congresso dei danzatori a Essen.
Nel 1926 egli aveva già pubblicato Choreographie dove sono espressi i principi
su cui si basa il sistema di notazione. Tra il 1928 e il 1931 viene pubblicata «Schrifttanz», rivista nata per discutere i problemi della trascrizione, diventata poi un
mezzo per discutere di vari aspetti dello scrivere di danza (storia, criticismo, teoria
della pratica della danza).
In un articolo del luglio 1928 chiamato “Principi basilari della notazione del
movimento” Laban definisce gli obiettivi, il perché della necessità di un metodo di
trascrizione. Il primo è il piu evidente e cioè notare serve a fissare sequenze di
movimenti e a tramandarle. Il secondo è che notare definisce il processo del movimento attraverso l’analisi, dando così precisione e chiarezza al linguaggio della
danza che, nelle parole di Laban, tende spesso ad apparire non chiaro e monotono1.
Quindi già dal 1928, Laban è consapevole del fatto che lo scrivere la danza e il
danzare stesso non sono attività che si escludono a vicenda, ma anzi che una attivita informa l’altra; ciò è ritenuto valido tuttora negli studi coreologici.
Questa visione viene confermata in un altro articolo, sempre del 1928, intitolato
“Composizione di danza e danza scritta” in cui Laban afferma che per il danzatore
20
Gesti del tronco
Gesti delle gambe
Supporti
21
Raccolta di articoli
Discussione sull’identità dell’evento danzato
Nel rigo cinetografico si segnano le direzioni rappresentate dai seguenti simboli:
In Italia ci sono notatori specializzati.
Donata Carbone e Dina Staro sono due notatrici gli scritti delle quali sono molto chiari e utili sia per la didattica che per la ricerca. Le due studiose si sono avvicinate alla cinetografia Laban anche per merito del professor Diego Carpitella, etnomusicologo e persona illuminata. L’esigenza per loro nacque dunque in ambito
antropologico, studiando le danze folcloriche. Lo studioso di folclore è sempre stato particolarmente sensibile al problema della trascrizione, del catturare l’evento
proprio perché si occupa di argomenti quali musiche, racconti, danze da raccogliere in ambiti in cui la assenza di una cultura scritta causa spesso la perdita del patrimonio culturale.
La danza continua ad essere tramandata ‘oralmente’ da un danzatore a un altro,
da un coreografo a un altro anche negli ambiti di danza colta; ciò fa rimanere la danza in uno status inferiore rispetto ad altre arti. La diffusione di questi studi offrirebbe, a studiosi e studenti di danza, un linguaggio universale per comunicare.
Movimento, non solo
sul posto
La lunghezza del simbolo indica la durata.
Il rigo cinetografico con la suddivisione in colonne e i simboli, insieme forniscono quattro informazioni: parte del corpo, direzione, livello e durata.
Il rigo cinetografico si legge dal basso verso l’alto.
La lettura è sia verticale che orizzontale cosicché è possibile leggere il movimento tanto in successione quanto simultaneamente.
L’utilità di tale studio è piuttosto evidente. Ovviamente è materia da approfondire con persone specializzate.
Già in un articolo del 1930 dal titolo “Cosa bisogna e cosa non bisogna scrivere” 3, Fritz Klingenbeck (assistente di Laban e poi insegnante di balletto e direttore
di teatro) notò che alla trascrizione sfuggiva qualcosa, e cioè l’interpretazione del
danzatore. A tale problema Klingenbeck propose la soluzione di trascrivere la struttura del pezzo e di evitare il tentativo di trascrivere l’interpretazione personale dell’artista.
La trascrizione si è spesso occupata di notare solamente il movimento. La coreologia invece sostiene che l’identità di un evento danzato non è da individuarsi solamente nel movimento, ma anche in altre componenti.
Ci sono esempi di danze che perdono la loro identità proprio perché vengono
reinterpretate da danzatori - magari eccellenti - ma non adatti alla coreografia in
questione.
Un esempio del genere si verificò in occasione di una rappresentazione de La
Pavana del Moro, coreografia moderna di José Limon. La critica Anna Kisselgoff
ne scrisse in un articolo del 1975 apparso sul New York Times; la danza, in quel caso,
era stata interpretata da Nureyev, Fonteyn, Kain e Bortoluzzi. La critica sottolineò
come l’interpretazione dei danzatori classici avesse trasformato il pezzo stesso 4.
22
23
Della direzione si indica anche il livello spaziale colorando l’interno dei simboli nel sequente modo:
basso
medio
alto
Raccolta di articoli
Discussione sull’identità dell’evento danzato
La coreografa americana Twyla Tharp dimostra di riconoscere che il danzatore
sia uno degli elementi fondamentali dello spettacolo di danza. Infatti, ella crea la
coreografia Deuce coupe per la sua compagnia; in seguito, chiamata dal Joffrey Ballet per una ricostruzione del pezzo, lo riintitola chiamandolo Deuce coupe II. Tharp
chiarisce così che ci troviamo di fronte a due diverse opere e ciò è dovuto anche dal
fatto che i danzatori delle due compagnie, seguendo training diversi, danzano e
interpretano in maniera diversa 5.
Il danzatore, con le sue peculiarità fisiche e interpretative è dunque una componente da cui non si può prescindere al momento dell’identificazione di un evento
danzato.
Oltre al danzatore e al movimento stesso, la coreologia ha individuato anche nel
suono e nel luogo di rappresentazione componenti determinanti l’identità di una
coreografia.
Fatti storici hanno influenzato la storia degli studi coreologici.
Osserviamo l’esempio della componente spazio in quanto luogo dove avviene lo
spettacolo.
Probabilmente prima che avvenissero eventi quali quelli iniziati negli anni ‘50
negli U.S.A. da Merce Cunningham e riproposti poi, anche se in maniera diversa,
da alcuni coreografi post-moderni, il luogo in cui si rappresenta uno spettacolo
sarebbe stato identificato con il teatro. I post-moderni americani danzano nei parchi, nei musei, stravolgendo così il concetto di spazio scenico.
È evidente che danzare al chiuso o all’aperto stimola esperienze diverse tanto nel
danzatore quanto nell’osservatore. Dunque non è possibile ignorare tali dati al
momento dell’identificazione di una coreografia.
La coreologia sostiene che le componenti che costituiscono l’evento danzato
sono da identificarsi in: movimento, spazio, suono e performer.
L’evento danzato è costituito da più elementi messi insieme che determinano,
proprio per la maniera in cui sono stati messi insieme, le scelte stilistiche dei coreografi.
Le quattro componenti comprendono molte sottocomponenti.
Osservando un danzatore sarà dunque necessario identificare le sue misure fisiche, il sesso, il taglio dei capelli, l’età, il training, il costume che indossa, etc. Il
modo in cui questi elementi vengono trattati determina la scelta stilistica di un
coreografo. Basti pensare alla maniera in cui Balanchine amava presentare i suoi
danzatori e metterla a confronto con quella di Pina Bausch.
Esiste un sistema di analisi coreologica che risponde all’esigenza di identificare
il modo in cui il performer viene utilizzato dal coreografo.
Ovviamente il sistema suddetto è uno dei tanti che coreologia via via sta formulando.
Ciò che è stato discusso finora informa sul fatto che evidentemente la cinetografia, pur rappresentando un validissimo strumento di analisi, non deve essere considerato come unico dato che non assolve a tutte le esigenze che si presentano nel
campo di questi studi.
In un’indagine coreologica si andrebbe poi a verificare se in verità il suono e il
movimento presentino una relazione tale per cui una componente appaia come lo specchio dell’altra o meno. Nel primo caso si scoprirebbe che la relazione è di dipendenza.
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Interrelazioni
Finora sono state analizzate le quattro componenti ed esempi di sottocomponenti del medium danza in maniera isolata; in tale modo, i sistemi di analisi e documentazione servono ad un livello di analisi stilistica.
Il passo successivo è rappresentato da analisi che riguardano i nessi, le interrelazioni tra due o piu componenti o sottocomponenti. Questo tipo di analisi e documentazione ci svela spesso caratteristiche stilistiche non visibili, nascoste.
Esempi di nesso movimento-suono
Il seguente stralcio di una lettera scritta da Petipa a Ciajkovskij riguardo al finale del I atto di Schiaccianoci potrebbe rappresentare uno stimolo per un’indagine
coreologica:
La scena è vuota... Clara rientra. Otto battute di musica ancora piu misteriosa per l'avanzare di Clara. Due battute per il suo fremito di paura, otto di musica fantastica ballabile. L'orologio batte la mezzanotte.
Dopo i rintocchi dell’orologio, un breve tremolo. Durante il tremolo, Clara si accorge che il gufo
si trasforma in Drosselmeyer, col suo sorriso astuto. Ella vuole correre, ma non ci riesce. Dopo il tremolo, cinque battute dello scalpiccio dei topi e quattro per i loro sibili 6.
Raccolta di articoli
Discussione sull’identità dell’evento danzato
La relazione suono-movimento è totalmente diversa nel caso delle coreografie di
Merce Cunningham; egli afferma che la danza, il movimento si riferisce solamente
a se stesso:
partitura musicale diciamo che quella è la tale opera e cioè identifichiamo l’opera
con la partitura.
La danza, possedendo un sistema di notazione, tende ad essere allografica; eppure ci sono ancora molte cose che sfuggono alla scrittura.
Per quel che riguarda la danza, le due studiose affermano che bisogna volta per
volta decifrare gli elementi casuali, e dunque trascurabili, non facenti parte dell’identità del pezzo e quali invece quelli non casuali i quali rappresentano parte dell’identità di una coreografia.
Tornando agli esempi sul nesso suono-movimento, sarebbe inutile e un errore
tentare di fissare su carta la relazione esistente tra la musica di John Cage e il movimento di Merce Cunningham dal momento che i due affermano che si tratta di un
rapporto casuale. Un’analisi non rivelerebbe nulla di nuovo e la partitura assumerebbe la funzione di tramandare qualcosa che i due artisti non riconoscerebbero
come rappresentative delle proprie creazioni.
In altri casi, viceversa, l’analisi e la documentazione avrebbero la funzione di
raccogliere dati illuminanti per la comprensione delle caratteristiche stilistiche dell’oggetto di studio.
Le idee della danza vengono dal movimento e sono il movimento. Non hanno riferimento al di fuori di ciò...Questo non-riferimento del movimento si applica anche alla sua relazione con la musica. È
essenzialmente una non-relazione 7.
La maniera di lavorare di Merce Cunningham con i compositori (quasi sempre
con John Cage) è di totale indipendenza, o meglio di sola coesistenza.
Cunningham e Cage spesso si scambiavano solamente informazioni riguardanti
la durata dell’evento e si riincontravano alla prima. I danzatori e Cunningham stesso potevano non aver mai ascoltato la musica e i musicisti e Cage non aver mai visto
la danza.
Storicamente ciò comportò una rivoluzione radicale nel rapporto suono-movimento.
I due esempi soprariportati rivelano due tipi di relazioni estreme; possono invece presentarsi molte infinite sfumature che si collocano tra le due nominate: casi in
cui gli elementi sonori e cinetici mantengono in parte una relazione di dipendenza,
in parte invece di indipendenza.
Anche in questo caso, come in quello sopra citato riferito al performer, è stato
formulato un sistema di analisi atto a svelare la relazione di dipendenza-indipendenza tra suono e movimento.
Alcuni tra i sistemi di analisi e documentazione sono strumenti atti a svelare i
diversi tipi di nessi, non solamente tra suono e movimento, ma anche tra altre componenti e sottocomponenti.
Identità dell’evento danzato
Nel 1978 le studiose Armelagos e Sirridge scrivono un articolo intitolato “La crisi d’identità in danza” 8 che si rivelerà fondamentale per i nostri studi.
Nell’articolo si parte dalla suddivisione delle arti in autografiche e allografiche.
Autografica è un’arte come la pittura; una copia di un quadro è un falso; quindi la parola autografico sta ad indicare che l'opera si ‘grafizza’ da sé, di per sé.
Allografiche sono le arti che hanno un sistema di notazione. Se vediamo una
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Conclusioni
I metodi di analisi e di documentazione stanno diventando via via piu numerosi
per rispondere alle tante e diverse esigenze di studio.
Volta per volta vanno distinti gli scopi, i motivi per cui si fa un’analisi e una
documentazione di un pezzo danzato.
Se lo scopo è la formulazione del documento perché una danza non venga perduta, il documento stesso avrà certe caratteristiche; nel caso in cui l’analisi non serva alla ricostruzione, è necessario identificare, volta per volta, lo scopo specifico di
essa e scegliere il sistema più appropriato. Il documento avrà caratteristiche diverse dal primo perché serve ad altro scopo.
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Raccolta di articoli
Note
STUDI COREOLOGICI
Strumenti per osservare
1. Lahusen, Susanne e Preston-Dunlop, Valerie Schrifttanz. A View of German
Dance in the Weimar Republic, Dance Book, London 1990, p.32
2. op. cit., p. 39
3. op.cit., pp. 39-41
4. Armelagos, Adina e Sirridge, Mary “The Identity Crisis in Dance”, pp. 129139, in JAAC, vol. 37 n. 2, 1978, p. 131
5. op.cit., p. 131
6. Ottolenghi, Vittoria Programma di sala per la rappresentazione di Schiaccianoci. Teatro alla Scala Stagione 1979-’80, p. 6
7. Cunningham, Merce “Choreography and the Dance” in Steinberg C., The dance anthology, p. 52
8. Armelagos, Adina e Sirridge, Mary, op. cit.
Per parlare di come un coreologo ‘legge’ un fatto di danza, è necessario premettere che questi è uno studioso che pratica la danza.
Studi coreologici
Gli studi coreologici - come si sono sviluppati al Laban Centre for Movement
and Dance di Londra1- sono una disciplina in divenire che si occupa della danza
come arte performativa dal punto di vista del danzatore, del creatore e dello spettatore2. È una materia complessa che implica un impegno pratico-teorico e che si realizza attraverso l’utilizzo delle seguenti metodologie: vivere l’esperienza, esplorare, analizzare e documentare. Tali metodologie sono distinte ma interrelate poiché
il coreologo è impegnato nell’uso di un metodo avendo già conosciuto gli altri che
concorrono nell’articolarsi della ricerca. Infatti occupandosi di una realtà (la danza)
che esiste solamente nell’istante in cui il danzatore è creatore e medium3 allo stesso tempo, diventa indispensabile conoscere la prospettiva ‘dal di dentro’ per ampliare la prospettiva ‘dal di fuori’ e viceversa.
Poiché l’oggetto di studio può comprendere lavori coreografici ma anche stili di
danza codificati arrivando fino a eventi di comunicazione non verbale, ci si trova a
dover identificare gli ingredienti che possono presentarsi durante queste diverse
occasioni.
Movimento
Tra questi la componente più evidente, che è sempre stata identificata con l’evento nel suo totale, è il movimento. In passato si parlava di movimento riferendosi a un codice specifico, un vocabolario, come, per esempio, il balletto; nell’ambito dei nostri studi invece per movimento si intende la rosa di componenti necessariamente presenti ogni volta che c’è movimento: coordinazione del corpo, azioni,
dinamiche delle azioni, spazio creato dalle azioni e relazioni nell’ambito del
corpo o tra più corpi.
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Raccolta di articoli
Studi coreologici. Strumenti per osservare
Strands del medium di danza
Il grafico in cui sono state collocate le diverse componenti è stato disegnato
come segue per indicare, tramite il centro in comune, la compresenza nel movimento delle componenti stesse; i ‘petali’ sono disegnati per individuare invece i singoli elementi in fase di studio.
Vocabolari
Il modo in cui le componenti del movimento si combinano ci permette di identificare diversi vocabolari definiti a seconda di regole e codici.
Come esempio vorrei riportare alcuni aspetti ricorrenti di due vocabolari di
movimento quali la comunicazione non verbale e il balletto così come sono stati
esemplificati da Valerie Preston-Dunlop nel suo libro Looking at dances4 . La geometria non è alla base dell’organizzazione spaziale del comportamento non verbale, piuttosto è importante l’andare incontro o l’allontanarsi, il porsi in alto, accanto
o in basso rispetto all’altro, aprirsi o chiudersi; il ritmo non è metrico, il relazionarsi agli altri e agli oggetti è centrale. Il balletto sceglie alcune direzioni spaziali e non
altre, predilige la verticalità, segue delle dimensioni alto, basso, destra, sinistra,
avanti e dietro. Segue un ritmo metrico. Il danzatore classico non cerca una relazione se non nella direzione dello spettatore. Questi sono alcuni elementi segnalati,
pur nella consapevolezza dell’esistenza di stili diversi di balletto e della diversità
degli individui nell’espressione gestuale.
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A seguito di riflessioni approfondite e stimolate inizialmente in modo particolare dall' articolo “The Identity Crisis in Dance” del 1978 di Adina Armelagos e Mary
Sirridge5 in cui le studiose sottolineano che la scrittura del solo movimento non
risulta sufficiente per definire l’identità di un evento danzato, Valerie Preston-Dunlop e in seguito Ana Sanchez Colberg6 identificano le componenti sempre presenti
durante lo spettacolo di danza -e dunque da considerarsi nello studio coreologicoin quattro strands del medium di danza. La traduzione letterale di strand è trefolo, cioè un insieme di fili elementari fra loro ritorti. Il significato di ciò risulta subito chiaro se consideriamo lo strand movimento come è stato presentato sopra.
Oltre al movimento il performer è da considerarsi parte integrante di un evento danzato. La danza infatti non può essere espressa se non attraverso un danzatore
che, date le diverse proposte stilistiche non solo recenti, si è preferito chiamare
performer. Il performer esprime nel suo essere in scena e danzare specifici substrands: egli porta con sé il suo essere uomo o donna; il modo di portare i capelli,
l’altezza, la costituzione, l’età, il training, il modo di truccarsi e di indossare il
costume sono aspetti da considerarsi parte integrante di un evento danzato.
Anche il suono è sempre parte integrante di uno spettacolo. Se il suono è registrato o dal vivo, il performer, il coreografo e lo spettatore avranno a che fare con
diverse esperienze percettive; ciò è provocato anche dallo stile sonoro proposto,
dalla provenienza dell’emissione sonora, dalle voci parlate o cantate di performers,
dai suoni provenienti dall’ambiente circostante. Se la scelta è quella del silenzio si
ascolteranno i respiri e i suoni del corpo sul suolo.
Infine lo spazio scenico. Una danza avviene necessariamente in un luogo qualsiasi esso sia: all’aperto o al chiuso, in uno spazio di forme e dimensioni diverse,
con diverso tipi di luce e scene.
Nessi
Gli strands, oltre ad avere realtà propria significativa, si intersecano facendo emergere anche altri significati. Ciò determina lo stile inteso come reiterazione di patterns nell’ambito degli strands del medium di danza. I nessi sono determinanti per la
comprensione dello stile e le analisi che si sviluppano dallo studio della documentazione sono gli strumenti rivelatori di fatti coreologici non immediatamente evidenti.
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Raccolta di articoli
Studi coreologici. Strumenti per osservare
Lloyd Newson, di origine australiana e attivo in Gran Bretagna, è uno fra i
coreografi che utilizzano la gestualità quotidiana insieme ad altri vocabolari di
movimento. In un’intervista del 5 novembre 1998 afferma:«I nostri spettacoli si
basano sull'osservazione dei comportamenti della gente e sul loro modo di comunicare anche attraverso il corpo»7.
In una sequenza del film Never again vengono presentati due spazi di un
ambiente che appare come una costruzione abbandonata; i due spazi sono distinti
perché posti su due piani diversi: uno in basso, l’altro rialzato. In basso duetti si susseguono prima di un uomo e una donna, poi tra due uomini, per finire con due donne; in alto un gruppo folto e misto di persone in abiti da festa. Le diverse realtà dei
duetti sono presentate in successione ma alternati con momenti della festa. I due
uomini (che danzano uno dei duetti), che vestono identici pantaloni e magliette di
forma e colore diversi, sono impegnati in una danza che potremmo riconoscere
come contemporanea espressa attraverso un particolare modo di danzare in coppia
del physical theatre; il gruppo si muove con gesti quotidiani apparentemente casuali e eseguiti con una ritmicità ‘naturale’, ‘organica’, che lentamente si altera. Nel
gruppo lo stesso gesto e poi una sequenza di gesti cominciano ad essere ripetuti (il
che non avviene nella vita quotidiana); inoltre la ripetizione è simultanea, cioè due
o più danzatori eseguono la stessa sequenza gestuale (che può avvenire nella vita
quotidiana in situazioni particolari quali gestualità espressa durante partite di calcio,
concerti di musica rock, manifestazioni politiche). Il ritmo si fa cadenzato, metrico,
materializzato con evidenza nello spostamento del peso da un piede all’altro. Il suono di una musica senza interferenze che accompagna i duetti si contrappone ad un
suono disturbato fatto anche di rumori della festa che si trasforma in una sorta di
marcia. Il suono del duo maschile viene interrotto dalla caduta e dall’infrangersi di
uno e poi più bicchieri (gli uomini continuano a danzare a piedi nudi sui vetri rotti)
per concludersi in un unico suono cadenzato. Anche il ritmo del montaggio si fa serrato passando in maniera sempre più rapida dall’uno all’altro luogo. Qualcosa si
incrina nel movimento di due donne presenti alla festa che finiscono per lanciarsi
nel vuoto fino a cadere sul piano basso dove inizieranno un duetto danzato. La loro
caduta è accompagnata da un improvviso silenzio.
Due mondi contrapposti.
Di un altro suo film, Enter Achilles, Newson dice che «mette in scena tutto il
repertorio gestuale del maschio»7. In questo spettacolo (che, come Never again è
anche un film e noi ci riferiamo in ambedue i casi ai film) lo spazio è quello di un
pub. I costumi di tutti, anche se differenti fra loro, sono abiti riconoscibili come ‘di
tutti i giorni’.
In un momento del film gli stessi gesti quotidiani come tossire, tenere un bicchiere in una mano e una sigaretta nell’altra, scostare la giacca dalla stessa spalla
sono danzati da sette danzatori in forma di unisono, mentre altrove un uomo danza
con un bicchiere come fosse un partner.
L’unisono di gesti contrapposto alla danza del singolo inquieta lo spettatore.
In questo film i vocabolari di movimento (gestualità quotidiana di una tipologia
riconoscibile come maschile di una determinata realtà sociale e physical theatre) si
alternano in maniera più rapida, dissolvendosi l’uno nell’altro. Anche il suono
alterna momenti in cui si riconoscono assieme alla musica rumori e suoni, parole e
fischi a momenti in cui emerge la sola musica.
Il branco di maschi del pub si contrappone all’uomo solo e diverso, come anche
la massa che si uniforma durante la festa-marcia si contrappone all’innamoramento
dei due uomini di Never again. Compresa la struttura episodica dei due film, colto
l’aspetto sociale e politico del lavoro di Lloyd Newson, gli studi di coreologia ci
permettono di vedere un altro aspetto. Infatti Newson partendo dalla sua conoscen-
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Osservare coreologicamente
Raccolta di articoli
za e profonda comprensione della danza e della comunicazione non verbale fra
esseri umani, altera i codici. Questa operazione che - come individua Valerie Preston Dunlop - è metalinguistica arricchisce di un altro livello la creazione.
Note
1. Le basi metodologiche degli studi coreologici come vengono qui intesi sono
state poste da Rudolf Laban e continuano ad essere sviluppate da Valerie PrestonDunlop. I materiali di riferimento sono in continuo sviluppo, e li troviamo in parte
come furono lasciati da Laban, in parte rielaborati, in altra parte ancora ideati exnovo.
2. In “Current Approaches to Dance Methodologies from a Choreological Studies Perspective”, luglio 1999, materiale in fase di elaborazione presso il Laban
Centre for Movement and Dance di Londra.
3. Utilizzo la parola ‘medium’ nella sua accezione anglosassone così come è usata negli studi coreologici per indicare -come in alcuni studi di linguistica- gli elementi che consentono la comunicazione.
4. Preston-Dunlop, Valerie Looking at Dances, Verve publishers, 1998, pp. 77-82
5. Armelagos, Adina e Sirridge, Mary “The Identity Crisis in Dance”, pp. 129139 in JAAC, vol. 37, n. 2, 1978
6. Preston-Dunlop, Valerie e Sanchez Colberg, Ana “Style and the Dance: Clarification of the Concept of Style as applied to Dance and a Methodology for its
Research” in International CORD Conference Dance and Culture Proceedings,
Toronto, Canada, 13-17 luglio 1988.
7. Videtti, Giuseppe, “Racconto con la danza i tic del gallo britannico”, in “La
Repubblica”, 5 novembre 1998
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“E ORA..SORRIDI!”.
Note sul superamento della sovrimposizione fra tecnica e spontaneità
In Italia recentemente i laboratori di danza offerti nella scuola stanno diventano
una realtà visibile; le proposte e le forme di lavoro sono le più varie come anche le
formazioni dei conduttori che coordinano i laboratori stessi. Questa relativamente
nuova realtà ci ha spinto verso una riflessione sul fatto se obiettivi e contenuti seguiti finora siano adeguati a un'educazione alla danza in ambito scolastico; contemporaneamente si tenta di mettere a fuoco quali debbano essere le competenze di un’insegnante di danza in questo contesto.
In Italia la trasmissione di conoscenza di danza tende a passare attraverso le sole
lezioni di tecnica. La tradizione vuole che trascorsi alcuni anni di studio di una tale
tecnica, si passi poi a insegnarla ad altri. La cosiddetta tecnica ha rappresentato -e
in certi contesti rappresenta- i contenuti di una lezione. Chi è del campo sa che si
dice: studio balletto oppure tecnica Graham o tecnica Cunningham, etc.; con ciò si
intende che si spende da una a due ore imparando passi secondo un vocabolario
basato su uno stile di danza.
Questa tradizione di studi non viene incontro alle esigenze di chi voglia insegnare danza nella scuola.
Molti operatori sentono il limite di questa modalità e cercano risposte alle mille
domande che emergono mentre si è impegnati nel lavoro, attraverso scambi con gli
altri, corsi brevi, letture, etc. Poiché insegnando danza nella scuola non si è chiamati a formare danzatori, ci si pone il problema di quali siano gli obiettivi da perseguire e i contenuti da trasmettere.
Per l’insegnante proveniente da centri di danza nei quali si fornisce training per
formare danzatori e che voglia intraprendere un’attività di insegnamento di danza
nella scuola, il primo punto da affrontare è dunque quello di individuare nuovi
obiettivi e contenuti.
In questo senso può rivelarsi utile riferirsi ad altre tradizioni più consolidate di
insegnamento di danza nella scuola come ad esempio quella labaniana diffusa in
ambiente anglosassone.
Oggi nel sistema di insegnamento inglese gli obiettivi da raggiungere sono stati
identificati. Lo scopo è quello di insegnare ai ragazzi a danzare, a creare e a sviluppare capacità critiche. Ciò che è ancora più importante però è che queste tre
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Raccolta di articoli
Per tutti i livelli sarebbe opportuno elaborare curricula attorno al concetto di
integrazione tra pratica e teoria.
Questo intervento si conclude con proposte ampie che ovviamente necessitano
di ulteriore elaborazione; lo scopo finora è stato quello di analizzare alcuni punti
che si trovano alla base dell'educazione alla danza e di stimolare una discussione su
cosa possa significare essere educati in questa arte.
Note
1. Nello stesso periodo in cui si svolse il convegno furono pubblicati due articoli riguardanti seminari e cattedre di argomenti coreutici in ambito universitario in
Italia: D’Adamo, Ada, “Danza e Università a Roma”, in «Danzasì», Roma, ottobre
1995, pp. 12-13 e Bertozzi, Donatella, “Bologna: una laurea ‘su misura’”, in «Danzasì», Roma, novembre 1995, pp. 8-10. Quanto ai corsi di storia del mimo e della
danza, nuovi insegnamenti sono stati avviati presso altre università italiane
2. Reid, Ways of knowing and understanding
3. Savrami, Katia Educational and choreological Issues in the Modern Theatre
Branch of the Imperial Society of Teachers of Dancing, Laban Centre, dicembre
1991, p. 11
4. Preston-Dunlop, Valerie Choreological Studies: a Discussion Document,
Laban Centre internal publication only, p. 1
5. Preston-Dunlop, Valerie op. cit., pp. 3-4
6. Foglio illustrativo per il BA(Hons) Dance and Culture, Department of Dance
Studies, University of Surrey, febbraio 1995
7. Guida al Dance Department della UCR. University of California Riverside,
1994-95, p. 124
8. Guida alla Dance Division della Juillard School, New York, 1991-92, p. 71.
9. Poesio, Gianandrea “La danza nel sistema universitario inglese”, in «Chorégraphie».Roma, Di Giacomo, n. 3, pp. 51-57
10. Orientamenti delle attività educative per le scuole statali materne e elementari, pp. 13-14
11. Programmi didattici per la scuola primaria, Decreto del Presidente della
Repubblica, 12 febbraio 1985, n. 104, p. 267
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Nota
Gli articoli contenuti nel presente fascicolo sono tratti da:
Coreologia: principi e metodologie
Incontri con la Danza 1993 a cura di Elena Grillo
Accademia Nazionale di Danza, Centro Documentazione Danza, Opera dell'Accademia Nazionale di Danza, dicembre 1994.
Discussione sull’identità dell’evento danzato. Analisi e documentazione
ibidem
Studi coreologici. Strumenti per osservare
Convegno “Leggere il pensiero danzato”
Università degli Studi della Tuscia, Viterbo, 27 e 28 novembre 1998.
“E ora...sorridi!”
Note sul superamento della sovrimposizione fra tecnica e spontaneità.
III convegno Educar Danzando “Le regole del gioco: spontaneità e tecnica nell'educazione alle arti”, Università degli Studi di Bologna, 16-17 dicembre 2000.
Corpo insegnante
IV convegno Educar Danzando “Pratiche a confronto. Idee, persone, strumenti,
metodi, per la danza nella scuola”.
Università degli Studi di Bologna, 30 novembre 1 dicembre 2001.
Penso o ballo? Esempi e proposte per una educazione alla danza
Danza Contemporanea Italiana. Convegno-Proposta per un Percorso di Studi.
Formazione, Produzione e Distribuzione: Modelli Europei e Situazione Italiana.
Università ‘La Sapienza’, Roma, maggio 1995.
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