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Italia a cavallo - Touring Club Italiano
lontano dal traffico delle città e immersi nel verde della natura si scopre un’Italia nuova e più bella. 21 itinerari, quasi 4000 km attraverso il Bel Paese, dalla Via Alpina dei Cavalli all’antica Via Clodia, Italia a cavallo Viaggiare a cavallo è libertà, avventura, passione: Italia a cavallo A cura di Luca Fraioli e Federica Lamberti Zanardi dai sentieri di san Benedetto al Parco della Majella, dall’Ippovia del Trentino Orientale alla Transiciliana. Gli itinerari più affascinanti per viaggiare da nord a sud lungo tuo lo Stivale e trascorrere meravigliose vacanze in sella IN COLLABORAZIONE CON ITALIA_CAVALLO_Cover_Committente.indd 1 14/10/15 09:18 Sommario A cavallo l’Italia è più bella .................................................. 9 111 Fra boschi, eremi e abbazie Andrea Bocelli e Oliviero Toscani - Un amore per i cavalli .. 14 1 La Via Marenca ............................................................... 20 2 La Via Alpina dei Cavalli ............................................... 26 3 Dal Monferrato all’Appennino Genovese .................. 37 4 Ippovia del Trentino Orientale .....................................43 5 Da Ravenna a Verona .................................................... 50 6 Da Piacenza a Sestola ...................................................59 7 Transappenninica settentrionale ..................................67 8 Cinque Terre e Monti Liguri..........................................75 9 Meraviglie toscane ..........................................................83 10 L’isola d’Elba.....................................................................93 112 L’antica Via Clodia ........................................................ 106 113 Nel Parco della Majella ................................................. 114 114 Parco Nazionale d'Abruzzo, Lazio e Molise .......... 120 115 Sui sentieri di san Benedetto..................................... 124 116 A cavallo sulla Linea Gustav ...................................... 135 17 1 Sui tratturi della transumanza ................................... 146 118 Puglia-Basilicata coast to coast ................................. 156 119 Parco Nazionale del Pollino........................................ 165 20 2 La Transiciliana .............................................................. 170 21 2 La rotta dei grifoni......................................................... 177 Dalle montagne al mare Galoppando nella wilderness Dolci colline e verdi crinali Ai piedi delle Dolomiti La via dei due fiumi Nella regione del Tricolore Fra Emilia-Romagna e Toscana Un anello tra il mare e i monti Maremma, Crete Senesi, Chianti, Casentino A cavallo tra natura e storia Dal Montefeltro ai Sibillini.............................................99 Sulle orme della storia Sugli antichi tratturi Le grandi valli Da Montecassino a Subiaco Da Ortona a Minturno Dall’Abruzzo al Gargano Da Manfredonia a Maratea Nella Calabria più selvaggia Madonie, Nebrodi, Etna Nella Sardegna centro-occidentale Scelte d’autore................................................................... 186 A cavallo l’Italia è più bella Q uesta guida è un punto di partenza per chi volesse scoprire quante e quali bellezze può offrire l’Italia a cavallo. La descrizione dei percorsi, tappa per tappa, illustra i territori che si attraversano e le difficoltà che si possono incontrare, i punti dove sostare e le strutture ricettive per cavalli e cavalieri. E naturalmente offre elementi per orientarsi lungo il cammino, senza però la pretesa di essere esaustiva e di poter sostituire uno scout locale, soprattutto perché la maggioranza dei tracciati suggeriti non fa parte della sentieristica ‘ufficiale’ e non è quindi segnalata. Ma soprattutto questa guida vuole essere – spera di essere – un invito all’andare a cavallo nel nostro Paese. Perché viaggiare a cavallo è qualcosa di unico e straordinario, che non ha nulla a che vedere con un viaggio fatto a piedi, in bicicletta o con qualsiasi altro mezzo di locomozione. Per due motivi precisi. Il primo motivo è che ‘godersi il cavallo’ significa stare lontano da città, traffico, strade asfaltate, luoghi rumorosi. Così ci si ritrova a battere sentieri di montagna, argini di fiumi, vecchie mulattiere, antiche strade romane oggi dimenticate, ma che un tempo erano trafficate e percorse dalla gente del luogo perché conducevano in luoghi abitati, oggi deserti. Questo dà modo ai cavalieri di attraversare villaggi sperduti, di ammirare paesaggi unici, di scoprire pievi e chiesette abbandonate, di misurarsi con una natura autentica e selvaggia. Si entra, senza nemmeno accorgersene, in una sorta di tempo ‘altro’, parallelo a quello reale, dove ogni cosa assume un sapore antico. Dove ci si sente uomini dei secoli passati e si comprendono le difficoltà che un tempo si possono essere incontrate nel costruire una vita in luoghi spesso aspri eppure bellissimi. 9 All’insegna della sicurezza Viaggiare al ritmo del cuore Non è un vezzo di chi ama viaggiare a cavallo dire che le emozioni, le amicizie che si provano e si creano durante un viaggio in linea, cioè che dura giorni e giorni e va da un luogo all’altro, sono emozioni e amicizie che è molto difficile provare in altro modo. Perché insieme alla riscoperta di paesaggi e luoghi antichi si ritrova dentro se stessi un ritmo più lento, il ritmo interno del cuore, del respiro e del pensiero, che nella vita di tutti i giorni è ormai soffocato dal ‘dover fare’ e dal ‘dover essere’. Si riscopre il valore della lealtà, del coraggio, del sacrificio, perché ci sono momenti – ad esempio quando si è in cima a una montagna o su un sentiero difficile – in cui la vita di tutti è legata a doppio filo, in cui la qualità umana conta più di ogni altra cosa e non si può barare né mentire. Si è ciò che si è, nella purezza assoluta della propria realtà individuale. Il viaggio è quindi un’esperienza spirituale che ti cambia. Un pochino, ma ti cambia. E questa energia rinnovata te la porti dietro anche quando torni in città. Quando sei seduto davanti a un computer, al chiuso in automobile nel traffico caotico e sai che da qualche parte è ancora possibile ritornare a essere a contatto con la natura, semplicemente uomini e donne. Il secondo motivo che rende unica questa esperienza è che un viaggio a cavallo, anche se fatto in piena solitudine, in realtà vede sempre due compagni uniti verso la stessa meta: l’uomo e il cavallo. Ognuno si prende cura dell’altro. L’animale saprà quando e come muoversi nei momenti più difficili, l’uomo ricambierà procurandogli acqua, cibo e un luogo dove riposare in sicurezza. Per questo, quando si traccia un percorso, si deve tener conto che i viaggiatori sono sempre due, che a metà tappa bisognerà trovare il posto dove far bere i cavalli e riposare i cavalieri. E che, se anche si dorme insieme sotto le stelle, bisognerà attrezzare un campo base che protegga tutti, uomini e animali. Uniti sotto lo stesso cielo nella stessa avventura. 10 Per questi due motivi scrivere una guida dell’Italia a cavallo non poteva essere un elenco di ippovie da consigliare: perché per ogni percorso ci vuole una guida che ne conosca a memoria ogni svolta, ogni pietra, ogni salita. Le ippovie spesso si chiudono perché la natura cambia ogni anno, cadono alberi, scendono frane, esondano fiumi. E solo chi lavora sul territorio può sapere come portare in sicurezza un viaggiatore per strade tracciate sulla carta ma sempre pronte a cambiare sul terreno. I percorsi che abbiamo proposto hanno quindi tutti un loro ‘curatore’, un’associazione o un gruppo di professionisti che ne garantisce la qualità e la sicurezza. Lo abbiamo fatto anche perché pensiamo che il turismo a cavallo in Italia sia a una svolta: deve smettere di essere pensato come una scampagnata fra amici o come la passeggiata di due ore da fare nel maneggio dell’agriturismo dove si va in vacanza. Certo, c’è anche questo, ed è giusto che continui a esistere, perché ha un suo valore. Ma la nuova frontiera del turismo a cavallo, il suo futuro, sta nella capacità di creare professionisti che offrano al turista un viaggio che abbia la piacevolezza di una vacanza e l’adrenalina di un’avventura. L’Italia è un Paese che ha un paesaggio meraviglioso, ma soprattutto è un territorio ricco di arte e cultura. Sarebbe fantastico se lo si potesse esplorare tutto viaggiando a cavallo. Un sogno? In parte è una realtà, come dimostra questa guida: esistono già itinerari a cavallo che uniti tra loro vanno a costituire un unico tracciato che si snoda per tutta la lunghezza e la larghezza del territorio italiano. Tra questi abbiamo quindi scelto 21 percorsi che coprono praticamente tutte le regioni italiane, e dei quali, come dicevamo, la piacevolezza e la sicurezza sono garantite da guide professioniste. Persone che ogni giorno lavorano con i cavalli e che sanno cosa significa fare lo scout, che amano il territorio e hanno una visione ‘alta’ del turismo a cavallo. 11 Una rete di migliaia di chilometri da nord a sud Dalle Dolomiti all’Etna, dalle Cinque Terre alla Puglia, dal Delta del Po alle spiagge della Sardegna, dalla Maremma ai Tratturi. La natura unica del Bel Paese è presente con forza in questa guida, ma ci sono anche i suoi luoghi meravigliosi ricchi di storia: castelli e certose, borghi e città d’arte. Un’Italia nota, ma anche una nascosta e un po’ dimenticata, che si può riscoprire solo montando in sella e procedendo con l’andamento lento del cavalcare. L’obiettivo di questa guida era suggerire a cavalieri e amazzoni percorsi che, interconnessi tra loro, creino una rete capace di coprire gran parte del territorio, in modo da permettere a un ipotetico viaggiatore di montare in sella sulle Alpi e arrivare fino in Sicilia. Il risultato di questo lavoro di ricerca è stato straordinario: quasi 4000 chilometri di sentieri, sterrate, interpoderali, viottoli che connettono luoghi di grande bellezza e nei quali è stata scritta parte della storia d’Italia. Si sale a cavallo all’ombra delle Pale di San Martino, in Trentino, si passa sotto l’Arena di Verona, si cavalca sugli argini del Po, si attraversa l’Appennino Tosco-Emiliano e ci si affaccia in Liguria e poi su, fino ai vigneti delle Langhe e del Monferrato. Ma si può scendere a sud, lungo le gole del Furlo, nelle Marche, i luoghi di san Francesco sui monti Sibillini, il borgo di Gargonza, le tenute del Chianti e le torri di Siena. Dalla Maremma si scende fino a Roma fra tombe e insediamenti etruschi, si segue il Sentiero di San Benedetto che tocca il Sacro Speco di Subiaco, la certosa di Trisulti, l’abbazia di Montecassino. E poi l’Abruzzo, la regione con la maggior percentuale di territorio protetto: le vette del Gran Sasso, il mas- siccio della Majella con gli eremi di Pietro da Morrone, il Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise. Oppure si segue la Linea Gustav, tracciata da Hitler tra Adriatico e Tirreno per ostacolare l’avanzata delle truppe alleate verso Roma durante la seconda guerra mondiale. Quindi ancora più a sud, lungo i tratturi che per secoli hanno visto greggi e pastori spostarsi tra i pascoli invernali della Puglia e quelli estivi in quota. Si arriva sul mare del Gargano e da lì si taglia la Penisola per arrivare sul Tirreno nel Parco del Cilento. Una puntata sul Pollino in Calabria, per arrivare in Sicilia, dove si esplorano i monti degli Ebrodi e delle Madonie, ma dove soprattutto si può vivere l’esperienza unica di cavalcare tra le lave dell’Etna. Per non parlare del mare straordinario dell’isola d’Elba, la cui storia si incrocia con quella di Napoleone e dell’industria mineraria, e di quello spettacolare della Sardegna occidentale. Ma il vero sogno di chi ha scritto e progettato la guida è che il turismo a cavallo diventi una vera risorsa economica per i territori meravigliosi della nostra bellissima Italia, e che pian piano si crei una rete di professionisti sempre più ampia che possa far diventare il viaggio a cavallo una vera offerta turistica, anche per gli stranieri. Per questo vogliamo ringraziare le guide di riferimento dei 21 percorsi descritti, che con il loro lavoro appassionato e i loro suggerimenti ci hanno permesso di realizzare quest’opera segnalando solo itinerari percorribili in sicurezza, ricchi di storia, arte e cultura. Il repertorio finale è dedicato ai maneggi che, regione per regione, offrono passeggiate di uno o due giorni o percorsi a margherita: perché anche questo è viaggiare a cavallo. Ringraziamenti Questa guida non sarebbe stata possibile senza il decisivo contributo di quanti ne hanno condiviso lo spirito e ci hanno aiutato nella raccolta delle informazioni. Il nostro ringraziamento va innanzitutto a: Franco Aliprandi, dell’Engea Emilia-Romagna; Franco Barbagallo, di Sicily on Horseback; Tiziano Bedostri, del Gruppo Attacchi VDA; Michele Di Simoni, dell’Agriturismo Ca’ Maddalena di Fermignano; Bruno Ferraris, del Centro di Equitazione Alpina La Canunia di Lurisia Terme; Mauro Ferraris, fondatore di Alpitrek - Scuola di Equitazione Alpina; Alessandro Gherla, dell’Associazione Trekking Horse; Ezio Imbrogna, della Fitetrec-Ante Calabria; Fernando L’Arco, della Fitetrec-Ante Lazio; Luca Marcora, presidente dell’Associazione Allevatori del Cavallo Bardigiano; Enni Mattioli, curatrice dell’Ippovia del Trentino Orientale; Frank Montefusco, del Parco Equituristico Majella-Morrone; Domenico Nardiello, dell’Associazione Equiturismo Italia; Achille Sangiovanni, presidente dell’Associazione Cavalieri di Montagna; Paolo Santoianni, presidente dell’Associazione Cavalieri del Tratturo; Lucia Tarquinio, dell’Agriturismo Valle Cupa di Pescasseroli; Mauro Testarella, presidente nazionale dell’Engea; Renzo Tomi, coordinatore nazionale dell’Engea; Sandro Vannucci, ideatore del progetto Antica Via Clodia. Ma un grazie lo dobbiamo anche ai tanti amici (l’elenco sarebbe troppo lungo) appassionati di turismo equestre che con i loro consigli e il loro incoraggiamento ci hanno accompagnati nella stesura di questo volume. E naturalmente grazie a Fieracavalli-Veronafiere, che ci ha dato un’occasione unica per raccontare l’Italia come non si era mai vista: in sella a un cavallo. 12 13 Andrea Bocelli e Oliviero Toscani Un amore per i cavalli Musica e cavalli, un’unica passione per la libertà «Il cavallo? Per anni è stata la mia bicicletta, la mia moto. Da ragazzo lo usavo per uscire di casa, e ancora oggi, in Valdera, nelle terre in cui sono nato, capita che io mi muova a cavallo». La passione di Andrea Bocelli per questi animali affonda le radici nell’infanzia. Prima di diventare un tenore di fama internazionale e calcare i palcoscenici di tutto il mondo, dalla Royal Albert Hall di Londra al Madison Square Garden di New York, Bocelli è stato un ragazzo di campagna. Sulle colline di Lajatico, in provincia di Pisa, è cresciuto in una fattoria, tra tanti animali e lunghe strade sterrate da fare al galoppo. «Avevo sette o otto anni, quando nonno Alcide mi regalò Stella, la mia prima placida cavallina, di razza avelignese. Adolescente, riuscii poi a farmi regalare dal babbo una cavalla più impegnativa, Andris, una giumenta nera come la pece!». È stato l’inizio di un amore che ha superato ogni ostacolo: non solo i tronchi e i fossati incontrati nei boschi della campagna pisana, ma anche quello ben più drammatico della perdita della vista. Affetto fin dalla nascita da glaucoma, a causa di una pallonata sull’occhio destro Bocelli perse del tutto la capacità di distinguere luci e colori. Ma lui ha continuato a montare, allevare e domare cavalli. «Nell’area che un tempo era legata all’azienda agricola di famiglia, i miei cavalli sono accuditi e tenuti in forma. Non appena sono libero da impegni professionali, vado a visitarli e a cavalcare. Sono soprattutto andalusi, esemplari di grande bellezza e prestanza. Sanno essere atleticamente brillanti, divertenti e al tempo stesso duttili. È una razza vivace, che rappresenta un ottimo compromesso tra la docilità e l’intelligenza». Per Bocelli allevare cavalli è anche cultura, un modo per tramandare la grande tradizione equestre italiana: «Vale per qualsiasi cosa: sta a ciascuno di noi ‘adulti’ non affievolire le passioni, custodire le tradizioni, essere fieri delle conoscenze acquisite e trasmetterle ai giovani, comunicando loro dei valori positivi. Non a parole, ma attraverso l’esempio. E il cavallo non è solo sport, ma anche un mezzo di trasporto spettacolare, simbolo di una rinnovata attenzione alla natura e ai suoi ritmi. Permette di visitare l’Italia attraverso i suoi boschi, le campagne, i borghi. Il cavallo è il compagno ideale, 14 per un contatto diretto e genuino con la natura. Amo cavalcare lungo i boschi, le spiagge e le campagne della mia Toscana». Un legame, quello tra cavallo e cavaliere, che nel caso di Andrea Bocelli è ancora più stretto: con l’essere umano che per affrontare un viaggio si affida non solo al cuore e ai muscoli dell’animale, ma anche ai suoi occhi. «Ricordo ad esempio una bellissima esperienza: trecento chilometri di natura incontaminata, da Lajatico fino al mare di Cecina, scendendo poi verso Campiglia Marittima lungo sentieri, tra vigneti e uliveti, per proseguire fino a Montieri e alle Colline Metallifere, risalendo poi verso Casole d’Elsa, nel Senese, e completando il cerchio di nuovo verso Lajatico». Libertà è la parola che accomuna le due grandi passioni di Andrea Bocelli: i cavalli e la musica. «È vero, entrambi possono essere strumenti di libertà. Con i cavalli è facile instaurare un rapporto molto intenso: esprimono affetto, volitività, atletismo. Inoltre, una forte complicità s’instaura quando si cavalca, e il cavallo riesce a catalizzare le emozioni e lo stato d’animo del cavaliere. Cavalcando la musica – la buona musica – il viaggio è interiore: penetra lungo le sfumature più intime della nostra psiche e ci educa alla bellezza, ad essere migliori». L’amore per l’avventura è un viaggio a cavallo «La mia storia d’amore con i cavalli comincia una mattina di primavera di quarant’anni fa. Ero a spasso con una delle mie figlie a Casale Marittimo, il borgo toscano vicino a Bolgheri dove ho la mia fattoria. Stavamo camminando nel centro del paese quando incontriamo Giovanni, il macellaio, con il suo bel grembiule bianco, che portava alla lunghina un cavallino. La mia bambina, che allora aveva 5 anni, mi chiede: ‘Papà, dove lo sta portando?’. Dal mio sguardo in un attimo capisce e comincia a piangere e a pregarmi di salvare quell’animale dal macello. Insomma, ho dovuto comprare quel cavallino: l’ho pagato 162 000 lire. Era un maremmano locale, tutto arruffato. L’abbiamo chiamato Spazzola. L’ho portato a casa e gli ho fatto un recintino. E ho cominciato a guardarlo e a studiarlo. Poi per fargli compagnia ho comprato anche suo padre, uno stallone praticamente selvatico e molto intelligente. Pavoncello. Ho imparato a cavalcare con lui: salivo sopra, cascavo, facevo voli tremendi. Ci siamo domati a vicenda. Io ho domato lui e lui ha domato me. Era straordinario». Oliviero Toscani, il fotografo che ha fatto di Benetton un marchio riconoscibile nel mondo non solo per i suoi vestiti ma anche per i suoi principi, quello che ha inventato le campagne pubblicitarie più shock del Novecento, che ha fatto campagne insieme ai Radicali contro la pena di 15 morte, da quel giorno di quarant’anni fa non ha più smesso di dedicarsi ai cavalli. Nel suo casale toscano, nato dalla ristrutturazione di un’antica fattoria, in cima a una collina, circondato da boschi fitti e immensi, da dove in lontananza si vede il mare, dal 1980 alleva Quarter e Appaloosa. È stato uno dei primi a portare queste razze in Europa. E anche questa storia ha radici lontane, nelle letture di un ragazzino milanese nato il 28 febbraio del 1942 da un padre intelligente e colto – Fedele Toscani –, che è stato il primo fotoreporter del Corriere della Sera. Oliviero amava le storie del vecchio West, soprattutto quelle degli indiani, dei Nasi Forati: storie di guerre e di ingiustizie razziali. Nel 1877 le tribù indiane dei Nasi Forati che abitavano le terre sulle coste del Pacifico si rifiutarono di essere trasferite in una riserva in Idaho: questa deportazione forzata violava il trattato di Walla Walla firmato nel 1855. Iniziò una lunga guerra strategica con le forze armate statunitensi che finì in un’epica battaglia di cinque giorni lungo lo Snake Creek alle pendici delle Bears Paw Mountains in Montana, a soli 65 chilometri dal confine canadese. «I Nasi Forati con il loro Grande Capo Giuseppe volevano raggiungere il Canada e mettersi in salvo; per questo marciarono per mesi, tenendo lontano l’esercito con incursioni improvvise. E i loro cavalli Appaloosa furono i veri eroi di questa storia. Animali straordinari e generosi come solo i cavalli sanno essere. Da ragazzino amavo questa storia ma odiavo i maneggi fighettini milanesi. Quindi l’equitazione era un mondo lontano. Dopo aver preso il cavallino maremmano, sono stato a lungo per lavoro negli Usa e lì mi sono innamorato della monta americana, del Reining, dei Quarter e degli Appaloosa. E ho scoperto che il rapporto con il cavallo è soprattutto spirituale, di intesa profonda. Il mio Quarter, OT Tarsi Win, ha 19 anni, ci conosciamo come nessuno al mondo. Sa fare tutto: tira il calesse, va di qua e di là, senza che io faccia o dica nulla. Mi metto le mani in tasca e lui va da solo. Sa bene dove mi deve portare». Nei suoi giri con Win, Oliviero ama addentrarsi nei boschi che circonda- 16 no la sua fattoria ma anche fare viaggi più lunghi per la Toscana, sempre con quello spirito di pura avventura che secondo lui è l’essenza del trekking a cavallo. «Mi piace viaggiare coi cavalli perché c’è tutta una cerimonia da seguire: bisogna organizzare ogni cosa per tempo, avere una grande razionalità nel programmare ogni sosta, ogni sentiero da percorrere, ogni possibile imprevisto, e soprattutto è indispensabile pensare per due perché il cavallo deve bere e mangiare. La notte bisogna saperli legare da albero ad albero con le corde tirate, fare gli anelli… Quando intraprendo i trekking lo faccio in modo molto spartano: dormo sotto le stelle e mangio quel che capita. Ogni sera si prepara il bivacco. Perché è questa l’essenza profonda del viaggiare a cavallo, il tempo non esiste più. Potresti essere in un altro anno, in un altro secolo. In questi viaggi mi accompagnano i miei figli, i miei amici, e un tempo mia moglie». Oliviero Toscani è sposato da quasi quarant’anni con Kristie, ex fotomodella norvegese che lo ha conquistato per la sua bellezza semplice e quell’aria da «principessa contadina», come ama dire lui. E il loro viaggio di nozze, ça va sans dire, è stato a cavallo. «Ci siamo sposati un 18 settembre di tanti anni fa. Poi l’ho presa e siamo partiti. Ricordo la sera che siamo arrivati a San Gimignano in sella ai nostri cavalli: alle nostre spalle il sole tramontava e davanti a noi, sulla collina del paese, la luna piena sorgeva. Uno spettacolo meraviglioso. Unico. La sera dopo siamo andati a dormire nell’abbazia scoperchiata di San Galgano. Lì con un tetto di stelle, i cavalli legati al canapo, l’odore della terra, potevamo essere in qualsiasi tempo, in qualsiasi luogo. È come se si sentisse l’eco dei nostri antenati. Questo animale così generoso fa parte di un destino antico. E solo quando sei lì, nella natura, fra i monti, i boschi, il mare, il vento e solo il tuo cavallo, ti ricordi da dove vieni e di quel detto arabo che dice: quando nasce un cavallo dal cielo cade una stella, quando un cavallo muore una stella si spegne». 17 Q uesto itinerario che si snoda da Ravenna fino a Verona, fra l’Emilia-Romagna e il Veneto, è tutto all’insegna dell’acqua: i due grandi fiumi d’Italia, il Po e l’Adige, anziché essere strade di navigazione per battelli e chiatte, diventano qui strade maestre di un viaggio meraviglioso che farà conoscere al cavaliere che vi si avventura un territorio unico nel suo genere. Seguendo gli argini dei due fiumi e dei loro numerosi affluenti si scopriranno valli, paludi, lagune, canali di perfezione geometrica e acquitrini abitati da uccelli di varie specie e colori, come fenicotteri rosa o aironi cenerini. Ci si troverà in un habitat che ricorda, per natura e fauna, la Camargue francese e il suo fascino misterioso e un po’ gitano. Non a caso proprio qui da più di trent’anni esistono allevamenti di cavalli camarguesi, quei docili e fieri esemplari grigi tipici di quella regione. Ma oltre ai fiumi il grande protagonista di questo viaggio è il mare, che qui assume una conformazione molto particolare. Non il mare aperto e arioso, ma quello del delta del Po, imprigionato in mille canali e che però continua a esercitare un fascino straordinario su chiunque visiti questa zona che si estende dalla provincia di Ferrara a quella di Rovigo per circa 54 000 ettari diventati Parco Regionale. Si proseguirà infine seguendo l’Adige attraverso la campagna veronese, con i suoi vigneti e i suoi campi coltivati in modo ordinato e preciso. Frutteti di mele e di pere, coltivazioni di cereali e soia a testimoniare la capacità dell’uomo di strappare alla natura, anche difficile come quella paludosa, estesi territori e farli diventare un vero patrimonio agricolo. E dopo aver abbandonato il fiume per attraversare il Parco di Pontocello, a circa 30 km da Verona si ritornerà sull’argine dell’Adige per raggiungere finalmente la città scaligera, di rara bellezza e densa di storia, capitale nel passato di arte e cultura e famosa nel mondo per essere la patria di Romeo e Giulietta immortalati da Shakespeare. Un viaggio che può essere affrontato senza troppi rischi anche da cavalieri non espertissimi, visto che per lo più si procede in pianura e in territori piuttosto semplici da percorrere. Anche se spesso il tempo da trascorrere in sella giorno per giorno è piuttosto lungo. 5 DA RAVENNA A VERONA La via dei due fiumi Lunghezza complessiva: 160 km Partenza: Ravenna Arrivo: Verona Descrizione generale: un viaggio tra i grandi corsi d’acqua e le pianure del nord-est: si costeggia il mare nel Ravennate e si attraversa il delta del Po con la sua fauna unica. Quindi si risale il principale fiume italiano fino a Rovigo. E poi l’Adige fino a Verona. Percentuale di asfalto: minima Durata consigliata: 9 giorni Possibilità di noleggiare cavalli: sì Numero massimo di partecipanti consigliati: 8 50 Abilità equestre consigliata: media Difficoltà complessiva: bassa Informazioni utili: sono disponibili guide per gruppi di almeno 5-6 persone e a richiesta è disponibile personale qualificato (medici, veterinari, maniscalchi) lungo il percorso. È possibile anche disporre di un mezzo di supporto al seguito per il trasporto dei bagagli o per l'eventuale trasferimento dei cavalli. GUIDE E CONTATTI Franco Aliprandi Engea Tel. 3666816082 EMILIA-ROMAGNA, VENETO 1 RAVENNA X ANITA 35 km per circa 6 ore in sella. Tutto il percorso si svolge a livello del mare senza particolari dislivelli. Percentuale di asfalto minima. Il punto di partenza ideale per questo itinerario è il Circolo Ippico Ravennate, subito fuori dalla città romagnola e in prossimità del mare. Usciti dal circolo si costeggia la laguna salmastra di Pialassa della Baiona, che si estende per circa 11 km2 nell’area compresa tra il corso del fiume Lamone e il porto canale Candiano di Marina di Ravenna. La presenza dei vecchi capanni da pesca ricorda uno degli episodi più famosi del Risorgimento: Giuseppe Garibaldi, fuggiasco in queste valli, trovò ospitalità proprio in un capanno che oggi è aperto al pubblico. Una decina di chilometri e ci si ritrova davanti al mare aperto: si segue la spiaggia fino allo stabilimento balneare Aloha Beach di Marina Romea, attrezzato per poter ospitare in sicurezza i cavalli e dunque luogo ideale per chi, stagione permettendo, 51 Da Ravenna a Verona 1 DOVE MANGIARE & DORMIRE Circolo Ippico Ravennate Via Cesare Mambelli 10, Ravenna Tel. 3381729713, 0544451043 www.cravennate.com B Aloha Beach Viale Italia 117, Marina Romea (RA) Tel. 0544446142, 3475908100 [email protected] www.alohabeach.it ∑ Hotel Mosaico Via Darsena 9, Ravenna Tel. 0544456665 [email protected] www.mosaicohotels.it B ∑ Agriturismo Prato Pozzo Via Rotta Martinella 34, Anita (FE) Tel. 0532801058, 3388460287, 3317769179 [email protected] www.pratopozzo.com volesse interrompere il viaggio per fare un bagno. Ripresa la marcia verso nord lungo la spiaggia, dopo pochi chilometri si svolta verso l’entroterra e si fa ingresso nei vigneti della Tenuta Augusta (www. tenutaugusta.it), agriturismo ideale per la pausa pranzo, tra cibi tipici romagnoli e un laghetto di pesca sportiva. Terminata la pausa, si punta ancora a nord verso il Reno. Raggiuntolo, si sale sull’argine (nella foto) e, previa autorizzazione dei custodi, si attraversa una diga passando sulla riva sinistra. Si risale il Reno in un paesaggio di lagune e canali: si lascia il EMILIA-ROMAGNA, VENETO Ravennate per entrare in provincia di Ferrara, e dopo una decina di chilometri si arriva nei pressi di Anita. La tappa si conclude all’agriturismo Prato Pozzo, noto per la cucina tipica a base di anguilla. Se c’è tempo si può far visita al Bosco Forte, una lingua di terra che si protende nella laguna, abitata ormai regolarmente da un gran numero di fenicotteri rosa. ANITA X PORTO GARIBALDI 2 DOVE MANGIARE & DORMIRE 2 30 km per poco più di 5 ore in sella; percorso non ombreggiato e quindi, se affrontato d’estate, sconsigliabile nelle ore più calde del giorno. Difficoltà media, percentuale di asfalto minima. Si riparte in direzione nord: dall’agriturismo Prato Pozzo si sale sull’argine che divide il canale Gramigne Fosse dalle Valli di Comacchio. L’argine, largo tra gli 8 e i 10 m, permette di avanzare comodamente anche ad andature sostenute come trotto e galoppo. Ma è meglio godersi con lentezza lo spettacolo che scorre davanti agli occhi: a sinistra del canale la bellezza geometrica di campi strappati alle paludi e coltivati con grande sapienza, sulla destra i colori di una natura ancora selvaggia, le Valli di Comacchio. Con i loro 13 000 ettari sono una delle zone umide più estese d’Italia, e la più ricca di specie di uccelli: oltre 3 ∑ Agriturismo Valle Rillo Strada Capodistria 8, Comacchio (FE) Tel. 3200714644 [email protected] www.vallerillo.it ∑ Circolo ippico Ca’ Santa Maria via Romea 21, S. Giuseppe di Comacchio (FE) Tel. 3387523643, 3397888991 [email protected] [email protected] B ∑ Locanda del Passo Pomposa Via Volano 13, Pomposa (FE) Tel. 0533719131, 3347245450 [email protected] www.locandapassopomposa.it A.s.d. L’Ippogrifo Str. Giralda 7, Pomposa di Codigoro (FE) Tel. 3284236161 [email protected] www.facebook.com/A.S.D.IPPOGRIFO 300, dai fenicotteri al martin pescatore, dal cavaliere d’Italia all’airone cenerino. Dopo alcuni chilometri si arriva a Valle Alzavola, in pieno territorio ferrarese. La vecchia casa di un custode dell’argine e il vicino bosco di ripristino ambientale sono il luogo ideale per il pranzo al sacco. Tornati sull’argine si prosegue fino all’agriturismo Valle Rillo, nel comune di Comacchio, che può fungere da fine tappa se si vogliono ‘risparmiare’ cavalli e cavalieri. Se invece si hanno ancora le energie per affrontare altri 10 km di marcia si può arrivare a Comacchio seguendo viottoli di campagna, attraversare la cittadina, che con i suoi canali ricorda Venezia, e puntare di nuovo verso il mare per giungere a Porto Garibaldi. Dopo si prosegue per altri 4 km di sentieri, e all’altezza del lido di Pomposa sorge il Circolo Ippico Ca’ Santa Maria, dove cavalli e cavalieri possono trovare adeguata sistemazione per la notte. per raggiungere nuovamente il litorale e si segue la costa verso nord per una ventina di chilometri fino al lido di Spiaggia Romea. Qui si può fare la pausa pranzo: c’è solo l’imbarazzo della scelta fra le tante trattorie e rosticcerie del lungomare. A Spiaggia Romea (www.spiaggiaromea. it/centro_equitazione.htm) è possibile visitare gli allevamenti dei cavalli del delta del Po, i cavalli della Camargue trapiantati, tra gli anni ’70 e ’80, in un habitat assai simile a quello francese d’origine: paludi, terreni impregnati di sale, e quindi non coltivabili, su cui crescono la canna, la salicornia, i giunchi. I docili ma fieri cavalli grigi si sono adattati assai bene a questo ambiente e ormai fanno parte del panorama della foce del Po. Si può dunque scegliere di trascorrere il pomeriggio visitando gli allevamenti per poi pernottare in uno di questi. Oppure si può allungare di 15 km la tappa, attraversare il Po di Volano e risalirne il corso fino a raggiungere l’abbazia di Pomposa, nel comune di Codigoro. Nei pressi dell’abbazia si trova un’area di sosta per cavalieri, L’Ippogrifo, ma anche alberghi come la Locanda del Passo Pomposa. PORTO GARIBALDI X ABBAZIA DI POMPOSA Si può scegliere se percorrere la versione breve di 25 km o quella lunga da 40 km (da 3 a 6 ore in sella). Anche in questo caso ci si muove a livello del mare, ma non si devono sottovalutare il caldo e la fatica dei cavalli, che saranno spronati a galoppare viste le lunghe distese in piano attraversate. Difficoltà media, percentuale di asfalto minima. Ci si avvicina al delta del Po e si cominciano a incontrare le tante diramazioni del Grande Fiume. Si lascia Porto Garibaldi 52 3 DOVE MANGIARE & DORMIRE ABBAZIA DI POMPOSA X SANTA GIUSTINA DI MESOLA 30 km, 6 ore in sella. Difficoltà media, percentuale di asfalto minima. Ci si lascia alle spalle il campanile dell’abbazia di Pomposa per entrare nel Parco Regionale del Delta del Po: 54 000 ettari in cui boschi, pinete e foreste allagate si alternano a zone umide interne d’acqua dolce o salata. Sempre cavalcando sugli 53 4 Da Ravenna a Verona EMILIA-ROMAGNA, VENETO 5 DOVE MANGIARE & DORMIRE B La Porta del Delta Via Argine Po 10, Serravalle (FE) Tel. 0532834914 [email protected] B Agriturismo Ca’ Nova Via Dazio 40, Ro (FE) Tel. 0532868239 argini dei canali, si risale la valle bonificata della Giralda, tra il Po di Goro e il Po di Volano, e ci si dirige verso Bosco Mesola. Questa frazione prende il nome dal Gran Boscone della Mesola, una delle più ampie tenute di caccia degli Estensi. Ancora oggi questa riserva naturale è popolata da daini e cervi, animali che si possono facilmente avvistare se si percorrono i sentieri autorizzati, visto che non tutta l’area protetta è aperta al pubblico. Per circa 5 km si cavalca stretti tra gli alberi di quest’ultimo residuo di foresta di pianura e l’acqua del mare. Per la pausa pranzo ci si può fermare nelle vicinanze del lido di Volano, al ristorante Taglio della Falce, dal 1911 punto di ristoro per i pescatori di questa parte del delta del Po, immortalato da Mario Soldati nel suo film La ragazza del fiume. Dopo uno spuntino a base di pesce, si riparte in direzione nord risalendo il Canal Bianco. 4 DOVE MANGIARE & DORMIRE B Ristorante Taglio della Falce Località Taglio della falce, Goro (FE) Tel. 0533795010 ,3482718766, 347-4209506 www.ristorantetagliodellafalce.com B Osteria del Delta P.za Bruno Rossi, Santa Giustina di Mesola (FE) Tel. 0533993568 [email protected] www.torreabate.it ∑ Ostello Rifugio Al Paesin via Boschetto 17, Santa Giustina di Mesola Tel. 0533993176 54 Dopo circa 15 km si arriva in vista di Santa Giustina, nel comune di Mesola. La frazione è sede di un’oasi naturalistica creata a partire dalle torri e dalle paratie realizzate dagli Estensi per incanalare le acque del Po. La tappa si conclude qui, dove ci sono un ostello e un ristorante per i cavalieri. I cavalli invece si possono legare nel vicino bosco o – chiedendo con congruo preavviso – nelle vecchie stalle abbandonate dagli allevatori locali. SANTA GIUSTINA DI MESOLA X RO FERRARESE Anche per questa tappa si può scegliere la versione breve (20 km) o lunga (50 km). Il terreno pianeggiante consente andature molto veloci, e quindi il tempo di percorrenza sarà piuttosto breve. Come sempre però bisogna fare attenzione allo sforzo richiesto ai cavalli, specie nel periodo estivo quando il caldo in quelle zone è afoso e opprimente. Percentuale di asfalto minima. Si esce da Santa Giustina continuando a risalire il Canale Bianco e si attraversa un’area denominata ‘i cinque boschetti’. Al contrario del Gran Boscone, che è per gran parte chiuso al pubblico, questa zona alberata è gestita dalla provincia e fruibile ai visitatori, anche a cavallo; il periodo migliore per attraversarlo è quello primaverile, quando la macchia mediterranea esplode in un concerto di profumi che quasi stordiscono. Si punta 5 verso Mesola e il suo Castello dalle torri merlate, una delle diciannove prestigiose residenze degli Este dove il casato ferrarese faceva base per le battute di caccia organizzate nel vicino Bosco. Ora di proprietà della provincia di Ferrara, ospita, tra l’altro, il Museo del Cervo e del Bosco della Mesola. Lasciato il Castello, si inizia finalmente a costeggiare il Po: non il corso principale, che scorre pochi chilometri più a nord, ma il Po di Goro. Si prende la riva destra e ci si dirige verso Ariano Ferrarese e dopo circa 15 km si arriva nel comune di Serravalle, dove il Po si biforca nel Po di Venezia e nel Po di Goro. E proprio nella golena del Grande Fiume, prima che si divida in due, s’incontra il ristorante La Porta del Delta, in uno scenario naturale straordinario, tra fenicotteri, dune, canneti e reti dei pescatori stese ad asciugare. Chi vuole godersi questo scampolo d’Italia davvero unico (ma anche l’ospitalità e la cucina di chi vive sul Delta) può decidere di terminare qui la tappa, a circa 20 km dalla partenza: i cavalli si possono sistemare in una ex stalla per buoi, avvisando per tempo. Se invece si vuole allungare fino a 45 km e guadagnare tempo sui giorni successivi si può arrivare fino a Ro: dopo pranzo ci si immette sull’argine destro del Po e si cavalca – volendo anche con andature sostenute – fino alla periferia del paese, dove si arriva in poco più di tre ore. Sotto il ponte di Polesella, che andrà attraversato l’indomani, l’agriturismo Ca’ Nova offre anche la possibilità di sistemare i cavalli. Se si ha tempo, è d’obbligo la visita all’antico mulino galleggiante sul Po, dove viene mostrato come un tempo si macinasse il grano grazie alla forza del fiume. 6 RO FERRARESE X COLOMBANO DI BADIA POLESINE 40 km per circa 7 ore in sella. Difficoltà alta perché c’è da affrontare l’attraversamento del Po sul ponte di Polesella, percorribile dalle auto, lungo e densamente trafficato. Percentuale di asfalto alta in un punto particolare. Al sesto giorno di marcia inizia la parte veneta del viaggio. Dopo aver attraversato le province emiliane di Ravenna e Ferrara, oltre il Po c’è il Polesine, la provincia di Rovigo. L’unico modo per varcare in sicurezza questo ‘confine’ naturale tra le due regioni è percorrendo il ponte di Polesella. È consigliabile però affrontarlo dopo aver chiesto la collaborazione delle forze dell’ordine locali (vigili, polizia urbana), in modo che segnalino la presenza di cavalli e cavalieri agli automobilisti. L’alternativa è trasferire gli animali su van e trailer e ‘traghettarli’ così dall’altra parte del Po. Attraversato il fiume si percorre l’argine sinistro per circa 5 km fino all’altezza di Guarda Veneta, e da lì si lascia il corso del Po per attraversare la piana del Polesine. Lo si può fare costeggiando una ciclabile che in circa 17 km porta fino a Rovigo passando per Pontecchio Polesine, oppure, dopo giugno, a mietitura avvenuta, si possono attraversare i campi. Siamo in una lingua di terra stretta e lunga, compresa tra il Po, l’Adige e il mare Adriatico, solcata da una miriade di corsi d’acqua e da alvei di antichi fiumi: non si può fare a meno di pensare al romanzo di Riccardo Bacchelli Il Mulino del Po. Come nei territori attraversati nelle tappe precedenti, anche qui la maggior parte delle strade storiche si trova sugli argini dei canali e dei paleoalvei, e dun- 6 DOVE MANGIARE & DORMIRE ∑ 555 Ranch Via Boscovecchio 555, Badia Polesine (RO) Tel. 3478579360, 0425590529 [email protected] – www.555ranch.it 55 Da Ravenna a Verona que sono rialzate rispetto alla campagna circostante. Lungo la ciclabile ci si imbatte in numerose aree picnic che si prestano a far riposare i cavalli e a consumare il pranzo al sacco. Dopo la pausa si prosegue verso nord e, sempre avendo come riferimento la ciclabile, si supera la città di Rovigo. Ancora 4 km e ci si ritrova sulla sponda sinistra dell’Adige: si inizia così a risalire l’argine sterrato del grande Adige che accompagnerà i cavalieri fino a Verona. Ai lati del fiume, filari di pioppi segnano i confini naturali dei prati coltivati e in lontananza svettano i campanili dei vari paesini del Polesine. In questi paesaggi incantati si arriva a Colombano, frazione di Badia Polesine, dove cavalli e cavalieri possono riposare presso il 555 Ranch. 7 COLOMBANO DI BADIA POLESINE X VIGO DI LEGNAGO 30 km per 6 ore in sella. Difficoltà media, dovuta soprattutto all’urbanizzazione dell’area attraversata. Percentuale di asfalto alta. Da Colombano si riprende l’argine dell’Adige; il paesaggio è abbellito da frutteti con meli e peri e da campi coltivati a cavoli. Gli alberi che costeggiano il fiume fungono da riparo per decine di specie di uccelli acquatici che, soprattutto in primavera ed estate, si esibiscono nelle loro evoluzioni aeree. Si costeggiano anche molti centri abitati, da Castagnaro a Villa Bartolomea, che rendono il territorio meno ‘selvaggio’ rispetto a quello dei gior- 7 DOVE MANGIARE & DORMIRE B Antica Trattoria Bellinazzo Via Borgo Chiesa 20, Villa Bartolomea (VR) Tel. 044292455 [email protected] www.trattoriabellinazzo.com B ∑ Agriturismo Tre Rondini Via Belfiore 47, Vigo di Legnago (VR) Tel. 044224084 [email protected] – www.trerondini.it 56 EMILIA-ROMAGNA, VENETO ni precedenti; in compenso l’argine destro del fiume, quello che si sta percorrendo, è molto ben tenuto e pulito, visto che è frequentato anche da pedoni e ciclisti che percorrono la ciclabile. Man mano che ci si avvicina a Legnago, però, la terra battuta viene gradualmente sostituita dall’asfalto. Nel complesso si ammira un paesaggio ricco di civiltà e cultura, dove la natura è stata piegata all’agricoltura con ordine e passione dagli uomini che nel tempo hanno abitato questi luoghi. A metà tappa, nel territorio di Villa Bartolomea, presso un ponte sull’Adige c’è un ristorante con area attrezzata per i cavalli: il luogo ideale per la pausa pranzo. Si riparte continuando a risalire il fiume tenendosi sull’argine destro. Prima di entrare nel comune di Vigo di Legnago si passa sotto la torre di un’antica dogana dove in passato si pagava il pedaggio per transitare dal territorio degli Este a quello degli Scaligeri. Arrivati a Vigo, cavalli, amazzoni e cavalieri potranno trovare ristoro e riposo nell’agriturismo Tre Rondini. VIGO DI LEGNAGO X SAN MARTINO BUON ALBERGO 50 km, 8 ore in sella. Difficoltà bassa, anche se questa è la tappa più lunga del percorso e giunge dopo 7 giorni di viaggio: quindi controllare bene i cavalli, le ferrature e lo stato dei finimenti prima di ripartire. Percentuale di asfalto bassa. Ancora una giornata sulla riva destra dell’Adige. Si lascia l’agriturismo per tornare sull’argine del fiume in direzione nord. Dopo pochi chilometri, sempre restando sull’argine, si attraversa la città di Legnago: se si ha tempo e modo di lasciare i cavalli custoditi, meritano una visita il centro storico, in passato devastato dalle piene del fiume, e il duomo dedicato a san Martino Vescovo. Superato il centro abitato ci si tuffa nelle campagne della Bassa Veronese: ai lati dell’Adige campi di cereali e riso, meleti, fortificazioni scaligere e piccoli borghi nati intorno a pievi romaniche. Il fiume in questa zona è davvero meraviglioso: 8 DOVE MANGIARE & DORMIRE B ∑ Agriturismo Corte Pellegrini Via Campalto 18, San Martino Buon Albergo (VR) Tel. 3358166973, [email protected] www.cortepellegrini.com 8 il suo scorrazzare nella pianura durante i secoli ha formato isolotti ghiaiosi o ricchissimi di vegetazione e ampie golene. Uno spettacolo che si esalta ancor più in autunno, quando i colori dei campi e degli alberi giocano con tutte le sfumature del rosso e dell’arancio. Non c’è che da scegliere dove fare una sosta per far riposare i cavalli e consumare il pranzo al sacco. Si riparte e si arriva a Zevio, dalla ricca storia medievale: il castello, oggi sede comunale, risale al V-VI secolo, all’epoca di Teodorico, re degli Ostrogoti. La cittadina è famosa per le sue mele, considerate tra le più buone d’Italia (a metà ottobre è sede di una festa dedicata a questo frutto). Alla fine di questa giornata ci si allontana per pochi chilometri dall’Adige: si attraversa il fiume sul ponte di Zevio e lo si risale sull’argine sinistro inoltrandosi nel Parco di Pontocello, un’area protetta ricca di specie autoctone, sia animali che vegetali. Seguendo i sentieri del parco ci si dirige verso San Martino Buon Albergo. Nel territorio di questo comune sorge l’agriturismo Corte Pellegrini: 25 ettari all’interno dei quali ci sono un parco secolare che circonda la villa e campi di cereali, soia e una coltivazione di paulownia, conosciuta per l’eccellente qualità del suo legno. L’annesso circolo ippico può ospitare i cavalli, mentre cavalieri e amazzoni potranno godere del comfort dell’agriturismo e della piscina. 9 SAN MARTINO BUON ALBERGO X VERONA 24 km , 4 ore in sella, difficoltà bassa. Percentuale di asfalto alta. Si è ormai alla periferia di Verona. Con l’avvicinarsi alla città aumentano le difficoltà per chi si sposta a cavallo, ma l’argine dell’Adige permette di entrare fin nel centro storico senza doversi preoccupare troppo del traffico. Dall’agriturismo Corte Pellegrini si torna verso il fiume e si riprende l’argine sinistro. Si risale l’Adige per una ventina di chilometri: nei giorni scorsi le acque del Po e dell’Adige si sono viste scorrere placidamente, qui però in alcuni tratti la corrente è impetuosa e rende suggestivo il paesaggio a cavallo. Tra gli scorci più belli di questa tappa, la vista del centro abitato medievale di Cadidavid, dal 1978 inglobato nel comune di Verona. Dopo un’ultima ansa dell’Adige si è finalmente in vista di Verona (nella foto), con l’Arena, il castello, il duomo. Il punto di arrivo del viaggio è a poche centinaia di metri da uno dei più bei centri storici d’Italia: si scende di sella quando si è ormai in città, in uno dei più noti circoli ippici cittadini, il Centro Ippico Scaligero. Dopo nove giorni a cavallo, un po’ di passeggio nelle vie di Giulietta e Romeo o in piazza delle Erbe, gustando i cibi e i vini di questa terra straordinaria è il giusto premio per coronare un’avventura indimenticabile. 9 DOVE MANGIARE & DORMIRE B Alcova del Frate via Ponte pietra 19/A, Verona Tel. 3495925653 [email protected] www.alcovadelfrate.it Centro Ippico Scaligero Lungadige Galtarossa 40, Verona Tel. 0458014671 [email protected] www.nuovocircoloscaligero.it 57 Da vedere lungo l'itinerario ø Abbazia di Pomposa Consacrata nel 1026, fino al XIV secolo l’abbazia (nella foto in basso) godette di proprietà sia nei terreni circostanti (compresa una salina a Comacchio), sia nel resto d’Italia; poi subì un lento declino dovuto soprattutto alla malaria, all’impaludamento della zona e alla deviazione dell’alveo del Po. Ebbe comunque una grande importanza per la conservazione e la diffusione della cultura durante il Medioevo, grazie ai monaci amanuensi che vi risiedevano. È in quest’abbazia che Guido d’Arezzo ideò la moderna notazione musicale e fissò il nome delle note. Il complesso è costituito da tre nuclei essenziali: la chiesa con l’atrio e il campanile, edificati tra l’VIII e l’XI secolo; il monastero, con splendidi affreschi trecenteschi nella sala capitolare (forse di scuola giottesca) e nel refettorio; il palazzo della Ragione, dove veniva esercitata la giustizia. www.pomposa.info ¿ Castello di Mesola Delimitato da quattro imponenti torri, da eleganti mura merlate e illuminato da grandi finestre, il castello estense della Mesola (nella foto in alto) sembra una struttura a metà tra la fortezza e la dimora di lusso. Tutt’intorno, una lunga cinta muraria e un bosco per la caccia. Quando il duca Alfonso II d’Este la fece costruire, tra il 1578 e il 1583, l’idea era quella di farne un luogo di svago estivo, in grado però di rivaleggiare per sfarzo con il castello di Ferrara. Oggi è sede del Museo del Bosco e del Cervo della Mesola, che illustra i diversi ambienti deltizi e comprende una sezione geologica sul delta del Po. www.prolocomesola.it ø Duomo di S. Martino Dedicato a san Martino Vescovo, protettore della cittadina, il duomo di Legnago venne completamente ricostruito, su progetto di Francesco Ziggiotti, nei secoli XVIII e XIX e inaugurato nel 1814. Esternamente si presenta con una facciata a capanna molto semplice, in mattoni a vista, priva di finestre e con il solo portale d’ingresso. All’interno custodisce importanti opere d’arte, come la Pala di San Martino, nell’abside, realizzata da Antonio Maria Perlotto Pomè come dono votivo per la scampata inondazione dell’Adige del 1839: raffigura il protettore della città che invia un angelo con un ramoscello d’ulivo per placare l’ira del fiume. Da vedere anche una Pietà del XV secolo di scuola austro-boema, un olio su tela di autore ignoto raffigurante la Madonna in Trono con Bambino tra Santi Giovanni e Andrea, e una tela dedicata alla Cena di Emmaus, di Adeodato Malatesta. www.legnagoduomo.it 58 6 DA PIACENZA A SESTOLA Nella regione del Tricolore Lunghezza complessiva: 225 km Partenza: Caorso (PC) Arrivo: Sestola (MO) Descrizione generale: si parte dalla provincia di Piacenza e si attraversa quella di Parma e Reggio Emilia, per giungere nel territorio di Modena. Il tracciato è in prevalenza su strade carrarecce e sentieri e passa per borghi e contrade ricchi di testimonianze della storia italiana. Percentuale di asfalto: bassa Durata consigliata: 6 giorni Possibilità di noleggiare cavalli: sì Numero massimo di partecipanti consigliati: 16 Abilità equestre consigliata: alta Difficoltà complessiva: media Informazioni utili: è possibile avere guide professioniste per un minimo di 4 partecipanti. Sarà assicurato un automezzo che trasporterà i bagagli da una tappa all’altra, le profende per i cavalli e il materiale logistico. Un maniscalco e un veterinario saranno sempre reperibili durante il percorso e amici e parenti si possono aggregare a punti sosta e punti tappa. GUIDE E CONTATTI Gruppo Attacchi VDA – Appennino Modenese ASD Affiliata FISE – ASI Maneggio: Via San Martino 12, Polinago (MO) Tiziano Bedostri tel. 3482312390 Piera Barbone tel. 3488126595 [email protected] www.gruppoattacchivda.it 59