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procedura penale i - Università Telematica Pegaso

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procedura penale i - Università Telematica Pegaso
INSEGNAMENTO DI
PROCEDURA PENALE I
LEZIONE II
“LA GARANZIA DELLA GIURISDIZIONE”
PROF. GIANLUCA D’AIUTO
Procedura Penale I
Lezione II
Indice
1
La giurisdizione -------------------------------------------------------------------------------------------- 3
2
La giurisdizione penale ordinaria e speciale --------------------------------------------------------- 4
3
Le articolazioni della giurisdizione penale ordinaria ---------------------------------------------- 7
4
La giurisdizione: merito e legittimità, cognizione ed esecuzione ------------------------------ 10
5
Il doppio grado di giurisdizione ---------------------------------------------------------------------- 12
6
La classificazione dei giudici in relazione alla giurisdizione ------------------------------------ 14
7
Giudici monocratici e giudici collegiali ------------------------------------------------------------- 17
8
Il conflitto di giurisdizione ----------------------------------------------------------------------------- 22
Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente
vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore
(L. 22.04.1941/n. 633)
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Procedura Penale I
Lezione II
1 La giurisdizione
La giurisdizione è la funzione esercitata da un organo dello Stato (giudice), che
interviene, in qualità di terzo, nel corso di un procedimento, per attuare il diritto al
caso concreto.
Essa è esercitata da giudici ordinari, istituiti e regolati dalle leggi di ordinamento
giudiziario (art. 102 comma 1 Cost.).
L’attribuzione della funzione a giudici ordinari significa che la giurisdizione è
ordinaria.
La specificazione è valida per ogni specie di giurisdizione, per quella penale come
per quella civile o amministrativa, ma assume un particolare significato se riferita alla
giurisdizione penale, perché sui suoi contenuti si riverberano i riflessi del rapporto
autorità-libertà.
Con l’entrata in vigore del nuovo codice di procedura penale si è proposta un forma
di giurisdizione penale profondamente diversa da quella precedentemente codificata:
poiché il sistema pre-vigente prospettava il rapporto Stato-individuo in chiave
autoritaria, il modello che andava a sostituirlo doveva necessariamente attingere ai
valori consacrati nelle Carte fondamentali dei diritti. Si legge, infatti, nella relazione al
codice, che non poteva più essere rinviato il discorso sul mutamento della impostazione
di fondo che aveva caratterizzato il precedente sistema, ispirato all’ideologia fascista e
che era stato oggetto di interventi di modifica su punti di notevole rilievo già pochi
mesi dopo la caduta di tale regime.
Ed è proprio il richiamo ai diritti della persona che consente di svincolare, già in
premessa, la nozione di giurisdizione penale da quelle ipoteche sostanzialistiche, che,
per il passato, ne avevano esaltato il ruolo subalterno e strumentale rispetto al diritto
penale, e di inquadrarla sul piano, più saldamente articolato e determinato, della
disciplina costituzionale.
Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente
vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore
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2 La giurisdizione penale ordinaria e speciale
Essendo la giurisdizione esercitata da giudici ordinari, ne consegue che essa è una
giurisdizione ordinaria. Nell’affermare ciò, il costituente ha inteso riferirsi
essenzialmente alla giurisdizione penale; inoltre, tale conclusione è confermata da
un’ulteriore affermazione di principio, contenuta sempre nella Carta fondamentale,
secondo cui non possono essere istituiti giudici straordinari o giudici speciali (art. 102).
E’ evidente che il divieto è posto con riguardo alla legislazione penale perché è con
riferimento ad essa che sono prospettabili giudici speciali o giudici straordinari, come,
del resto, ci insegna la storia.
La portata del divieto va chiarita. Sembrerebbe, infatti, affermato il principio
secondo cui il nostro ordinamento non prevede alcuna ipotesi di giurisdizione speciale,
che per quanto attiene alla materia penale, si specificano nella giurisdizione della corte
costituzionale (art. 134 cost.) e in quella dei tribunali militari (art. 103 Cost.)
Evidentemente si tratta di specie di giurisdizione necessarie, qualificate dal carattere
della eccezionalità.
Il fatto che la Costituzione, pur fissando il divieto d’istituzione di forme di
giurisdizione straordinaria o speciale, preveda, poi, espressamente, alcuni giudici
speciali, può indurre a ritenere che, sul punto la carta fondamentale esprima posizioni
contraddittorie.
In realtà non vi è contraddizione, essendo evidente la portata differenziata del
divieto. Si tratta, infatti, di un divieto assoluto per quel che concerne la giurisdizione
straordinaria; e divieto di ulteriore proliferazione per quel che riguarda la giurisdizione
speciale, nel senso che non sono ammessi casi di giurisdizione speciale diversi da
quelli tassativamente previsti.
Il divieto di previsione di giurisdizione straordinaria – che può essere definita
quella esercitata da giudici costituiti post factum, in seguito ad eventi eccezionali e per
un determinato e contingente periodo di tempo – è conseguente all’affermazione del
principio della pre-costituzione del giudice rispetto al fatto che deve formare oggetto
del giudizio (art. 25 Cost.)
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vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore
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Il Costituente, ponendo un divieto assoluto solo con riferimento alla giurisdizione
penale straordinaria, ha inteso contrapporre a quest’ultima, quindi, sia la giurisdizione
penale ordinaria che la giurisdizione penale speciale.
In definitiva, il nostro ordinamento riconosce plurime espressioni di giurisdizione
ordinaria e nella giurisdizione speciale esercitata sia dai tribunali militari che dalla
corte costituzionale integrata.
Per quel che concerne, poi, le norme applicabili alla giurisdizione penale, intesa nel
suo complesso, occorre aver riguardo tanto a quelle contenute nel codice, quanto alle
altre, che, in funzione integrativa, sono poste dalle leggi che regolano la giurisdizione
specializzata per i minorenni e la giurisdizione penale speciale.
Per ciascuna forma, è la legge che, modellando le regole dell’accertamento,
definisce l’ambito ed i limiti del manifestarsi della giurisdizione: la giurisdizione si
esprime nella dimensione che ad essa il legislatore ha inteso riconoscere.
L’affermazione non vale, certo, a sostenere che l’assenza della giurisdizione deve
essere ricercata unicamente nella legge processuale ordinaria o negare che l’idea di
giurisdizione contiene in se valori consacrati in fonti di rango superiore. Essa serve
solo ad evidenziare che è la legge ordinaria e non quella costituzionale ad attestare la
dimensione o il significato che l’ordinamento positivo intende conferire alla
giurisdizione penale.
Il coinvolgimento della legge che regola il procedimento penale nel discorso sulla
giurisdizione non mira a comprimere in schemi riduttivamente pragmatici l’idea della
giurisdizione, ma tende unicamente a dare al discorso un colore di concretezza, per
rifuggire da astrazioni concettuali che, per essere avulse dalla realtà normativa,
potrebbero avere il peso di mere esercitazioni dogmatiche. E’ inutile, cioè, discutere su
cosa sia la giurisdizione, in genere, e la giurisdizione penale, in particolare, senza
assumere come costante punto di riferimento la disciplina del procedimento penale: è
in questa che inevitabilmente si ritrova l’idea di giurisdizione che ha finito per
prevalere nel momento storico e nell’assetto politico-ideologico in cui è maturata la
legge.
E’ questa la ragione per la quale, nell’approccio alla nozione di giurisdizione
penale, non si può prescindere dalla fondamentale distinzione che il codice di rito
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opera, all’interno del procedimento penale, tra procedimento per le indagini preliminari
e processo.
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3 Le articolazioni della giurisdizione penale
ordinaria
Il procedimento penale non si snoda secondo uno schema fisso: le modalità di
svolgimento sono multiformi perché articolate su moduli non standardizzati, ma
studiati in ragione delle specifiche peculiarità che il legislatore, di volta in volta,
valorizza, per selezionare le attività dei soggetti che intervengono nei singoli momenti
dell’accertamento. Non esiste, in altri termini, un procedimento penale unico che,
secondo un iter costante, si snodi attraverso una serie uniforme di passaggi essenziali
ed ineliminabili.
L’atto di impulso è la notizia di reato – acquisita dalla polizia giudiziaria o dal
magistrato del pubblico ministero – nella quale si ipotizza la commissione di un fatto
penalmente rilevante. La legge impone che sia immediatamente iscritta in un apposito
registro – il registro delle notizie di reato, appunto – e che da quel momento si avviino
le indagini preliminari, che il magistrato del pubblico ministero - coadiuvato dalla
polizia giudiziaria – gestisce in funzione delle verifiche necessarie a valutarne la
fondatezza.
Poiché il fatto reato riguarda un episodio circoscritto nel tempo e nello spazio,
l’ufficio del pubblico ministero che svolge le indagini è quello istituito presso il giudice
che, in ragione della materia, del luogo di commissione del fatto e dell’eventuale
legame tra più fatti, sarà chiamato a pronunciarsi sulle determinazioni che, all’esito
delle indagini, il magistrato di quell’ufficio del pubblico ministero riterrà di assumere
in merito alla notizia di reato. Se la richiesta è di archiviazione degli atti l’intervento
del giudice ha lo scopo di controllare che effettivamente non vi sia spazio per il
promovimento dell’azione penale.
Ovviamente, nel corso delle indagini, la cui durata massima è stabilita per legge, il
magistrato del pubblico ministero può avvertire la necessità di sollecitare l’intervento
di un giudice affinché adotti provvedimenti incidenti sulle libertà della persone nei cui
confronti le indagini sono svolte. Allo stesso modo, l’intervento del giudice può essere
sollecitato da chi ha interesse alla pre-acquisizione, in via d’urgenza di dati probatori,
anche perché rischiano, con il passare del tempo, di disperdersi o di inquinarsi.
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La durata delle indagini sarà minima nel caso in cui il reato viene scoperto nel
momento stesso della sua commissione e ricorre una di quelle condizioni che la legge
individua come flagranza di un areato. In questa ipotesi il magistrato del pubblico
ministero, formulando la imputazione a carico del soggetto sorpreso in flagranza di
reato, potrà adire rapidamente (giudizio direttissimo) il giudice perché decida in una
udienza pubblica.
E’ questo un modo per pervenire subito al processo, che si connota della
rappresentazione del fatto al giudice, il quale, terzo estraneo alle ragioni delle parti, lo
ricostruisce, sulla base di ciò che emerge dall’assunzione dei mezzi di prova addotti
dalle parti stesse o ammessi d’ufficio per negare o affermare il giudizio di
responsabilità per l’imputazione. La sua sentenza, per iniziativa del magistrato del
pubblico ministero e delle altre parti, può essere sottoposta a controllo di altri giudici,
mediante gli ordinari mezzi di impugnazione.
Le indagini preliminari si concludono ancora in tempi rapidi ogni volta il
magistrato del pubblico ministero ritiene che i risultati conseguiti denunziano un grado
di evidenza tale da consentire, senza ulteriori indugi, la formulazione dell’imputazione
e, quindi, il dibattimento (giudizio immediato).
Al di fuori di queste ipotesi, che si delineano come alternative a quella ordinaria, il
magistrato del pubblico ministero, sempre che, ovviamente, non debba richiedere al
giudice per le indagini preliminari l’archiviazione della notizia di reato, gli inoltra
richiesta di rinvio a giudizio, dopo aver contestato il fatto al suo presunto autore. Il
giudice dispone il rinvio a giudizio all’esito di un’udienza (l’udienza preliminare)
quando non si orienta per il non luogo a procedere. L’iter ordinario prevede, a questo
punto, ancora il giudizio pubblico, al quale si può pervenire, ancora attraverso una
citazione diretta, da parte del magistrato del pubblico ministero, quando debba
procedere per i reati di competenza del giudice di pace, mediante la citazione a giudizio
disposta dalla polizia giudiziaria oppure il ricorso immediato al giudice della persona
offesa, per i reati procedibili a querela.
Il giudizio pubblico può non essere necessario perché si giunge ad una definizione
anticipata del procedimento penale, attraverso il ricorso a procedure ancora alternative,
che si risolvono in un giudizio non pubblico (giudizio abbreviato) o si compendiano in
una condanna senza giudizio (decreto penale di condanna, non opposto, applicazione di
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pena su richiesta delle parti) o nella definizione in via amministrativa della questione
(oblazione).
Se viene pronunciata la sentenza di condanna ed essa acquista carattere di
definitività, si apre un ulteriore spazio di giurisdizione, che può avere ad oggetto o il
solo titolo esecutivo, ogni volta si controverta della validità formale del provvedimento
che deve essere eseguito, o il profilo rieducativo o risocializzante della fase
dell’esecuzione della pena o della misura di sicurezza.
La dimensione dell’iter accertativo impone il ricorso a ben precisi termini per
indicare, differenziandoli, i singoli segmenti del procedimento penale. Il codice ricorre,
in proposito, ai termini grado, fase e stato.
Il
grado
designa
il
frazionato,
successivo,
ma
eventuale
evolvere
dell’accertamento, connotato dai controlli ai quali la legge consente sia sottoposto un
provvedimento del giudice.
Così, alla decisone resa, sull’imputazione formulata dal magistrato del pubblico
ministero, dal giudice investito della decisione (giudice del primo grado) può seguire il
controllo di altro giudice, sollecitato come giudice dell’appello (giudice di secondo
grado) e l’ulteriore controllo sulla legittimità della decisione del giudice dell’appello –
ma anche, a volte, sulla legittimità della decisione resa in prima istanza – da parte della
corte di cassazione (giudice del terzo grado).
La fase è ogni singolo momento, produttivo di effetti autonomi, del grado del
procedimento.
Così nell’ambito del primo grado, in via ordinaria, si delineano la fase delle
indagini preliminari, la fase dell’udienza preliminare, la fase del giudizio, scindibile, a
sua volta, nelle fasi del pre-dibattimento, del dibattimento e del post–dibattimento.
Lo stato designa ciascuno dei momenti in cui si articola lo sviluppo del
procedimento penale.
Al pari del termine grado, il termine stato è utilizzato per segnalare la carenza di
preclusioni al compimento di attività il cui espletamento è consentito in qualsivoglia
momento dell’intero iter accertativo e per evidenziare, sotto il profilo evolutivo
dell’accertamento, che vicende tra loro originariamente distinte sono suscettibili di
trattazione unitaria.
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4 La giurisdizione: merito e legittimità, cognizione
ed esecuzione
I termini merito e legittimità indicano le distinte forme dell’intervento
giurisdizionale, che concorrono a dare conto delle modalità di articolazione dell’intero
accertamento.
Merito è il fatto, inteso nella completezza delle sue componenti soggettive ed
oggettive, costituente l’oggetto della decisone che il giudice è chiamato a rendere tanto
sulla richiesta di archiviazione della notizia di reato quanto sull’imputazione.
La legittimità è il profilo legale di una pronuncia giurisdizionale di cui si chiede la
verifica per accertare che sia stata resa nel rispetto delle regole che governano
l’accertamento del fatto.
In definitiva con il termine legittimità si designa il contenuto di una verifica che si
sollecita in applicazione della legge, mentre il termine merito evoca il giudizio sul
fatto, nel momento in cui viene formulato e quando il giudizio è sottoposto al controllo
di un altro giudice.
La disposizione trova riscontro sul piano dell’evoluzione dell’accertamento, posto
che:
1) ci si occupa del merito a partire dall’iscrizione della notizia di reato
nell’apposito registro sino alla pronuncia di archiviazione, se il magistrato del pubblico
ministero ritiene di non promuovere l’azione penale, oppure, se è promossa l’azione
penale, sino alla sentenza che conclude il grado di appello;
2) mentre la giurisdizione di legittimità si attiva con l’intervento di un giudice – la
suprema corte di cassazione – cui è devoluto il compito di controllare, in via
incidentale, che, nel corso di svolgimento del merito, o in via consequenziale, all’esito
dello stesso, non è stata commessa una violazione di legge.
La giurisdizione penale, inoltre, può avere ad oggetto il fatto, sotto il duplice
profilo del suo accertamento (merito) e della legalità dell’accertamento (legittimità),
così come può interessarsi dei profili applicativi della sanzione penale, una volta che
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essa sia stata irrogata in via definitiva. Di qui, la distinzione tra giurisdizione di
cognizione e giurisdizione di esecuzione.
La giurisdizione di cognizione è la garanzia che si assicura per tutta la durata del
procedimento penale, fino al passaggio in giudicato della decisione del giudice.
La formazione del giudicato penale – che si consolida per effetto dell’irrevocabilità
della decisione del giudice – segna la linea di demarcazione tra giurisdizione di
cognizione e giurisdizione di esecuzione.
La giurisdizione di esecuzione è la garanzia predisposta per verificare la legittimità
del titolo esecutivo, per realizzare la finalità rieducativa e risocializzante della pena e
per consentire il controllo sul perdurare delle condizioni previste dalla legge per la
sottoposizione del soggetto a misure di sicurezza.
La giurisdizione sul titolo esecutivo ha ad oggetto le questioni che possono
insorgere sulla validità del provvedimento divenuto irrevocabile ed è esercitata, in linea
di principio, dallo stesso giudice che l’ha emesso.
Ciò vuol dire che la giurisdizione sul titolo esecutivo non è svolta da giudici diversi
da quelli competenti a conoscere il fatto e si propone come garanzia ulteriore rispetto a
quella che si assicura nel corso della giurisdizione cognitiva.
Funzionalmente preposto all’esercizio della giurisdizione esecutiva è lo stesso
giudice della cognizione, il quale, dopo aver giudicato il fatto, ne verifica la
corrispondenza al modello legale di titolo esecutivo.
La giurisdizione che si assicura nel corso dell’esecuzione della pena o delle misure
di sicurezza è gestita invece dalla magistratura di sorveglianza, alla quale afferiscono il
magistrato di sorveglianza e il tribunale di sorveglianza.
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5 Il doppio grado di giurisdizione
L’articolazione per gradi del procedimento penale presuppone che esso si espanda
nella sua massima estensione. Quello che risulta indefettibile è solo il primo grado,
perché, una volta avviato, con la notizia di reato, il procedimento deve necessariamente
sfociare in una pronuncia del giudice, che assume la forma della sentenza, se è
promossa l’azione penale, oppure del decreto o dell’ordinanza, se è accolta la richiesta
di archiviazione.
La puntualizzazione è utile per comprendere che, in ogni caso, il procedimento
penale si sviluppa per la durata di un grado, anche quando il magistrato del pubblico
ministero ritenga di dover promuovere l’azione penale.
La conclusione con provvedimento di archiviazione degli atti segna, comunque, la
definizione del primo grado del procedimento penale.
Gli ulteriori gradi sono meramente, eventuali, nel senso che si svolgono se ed in
quanto la sentenza sull’imputazione sia sottoposta, mediante impugnazione, al
controllo del giudice di appello o al controllo della corte di cassazione.
Il grado di cassazione – che può preludere ad un ulteriore grado d merito, qualora la
corte di cassazione annulli con rinvio – si svolge se ed in quanto sia sottoposta ad
impugnazione la sentenza di appello o, per saltum, la sentenza di primo grado.
La precisazione vale a chiarire che quando interviene nel corso del primo o del
secondo grado, perché, ad esempio, si ricorre avverso un provvedimento in materia di
libertà personale, la corte viene investita della cognizione solo in via incidentale. Il suo
giudizio, in tal caso, esaurisce solo un momento, quello appunto, dell’impugnazione
incidentale, di un grado di procedimento penale, che in quanto produttivo di effetti
autonomi prende il nome di fase.
Chiarito il significato in cui va assunta la terminologia del codice, bisogna stabilire
se l’accertamento debba percorrere un iter che necessariamente si snodi attraverso due
gradi giurisdizione di merito (principio del doppio grado di giurisdizione).
Nell’impianto costituzionale non si rinvengono prescrizioni relative ai momenti
evolutivi della funzione giurisdizionale penale.
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La costituzione si limita a stabilire che contro le sentenze – oltre che contro i
provvedimenti sulla libertà personale – degli organi giurisdizionali ordinari o speciali, è
sempre ammesso ricorso in cassazione per violazione di legge, potendosi derogare a
tale norma soltanto per le sentenze dei tribunali militari in tempo di guerra (art. 111
comma 7 cost.). Si prevede, cioè, con carattere di inderogabilità, il solo controllo di
conformità alla legge della decisione che definisce il procedimento penale, ad opera di
un giudice di legittimità.
Il codice ammette la possibilità di proporre appello avverso tutte le sentenze di
primo grado, con le sole eccezioni previste dall’art 593 commi 2 e 3 c.p.p.
Limiti all’appello sono previsti, altresì, per le decisioni rese in alternativa al
modello ordinario di accertamento e con le forme del giudizio abbreviato (art. 443).
Ma, anche sentenze non appellabili sono ricorribili per cassazione, dal momento che
non sono soggette a ricorso soltanto le sentenze sulla competenza che possono dare
luogo ad un conflitto di giurisdizione o di competenza (art. 568), che, peraltro, pure
viene risolto, con procedura differenziata, dalla suprema corte di cassazione (art. 32).
L’appellabilità della quasi totalità delle sentenze emesse a conclusione del primo
grado, la ricorribilità avverso le sentenze pronunciate in grado di appello e, comunque,
anche di quelle inappellabili o non appellate per scelta di chi ha interesse alla
impugnazione e gravate di ricorso per cassazione per saltum (art. 569) caratterizzano il
sistema come improntato al principio del doppio grado di giurisdizione e, nella
maggior parte dei casi, al principio del doppio grado di giurisdizione di merito.
È ovvio che il passaggio dall’uno all’altro grado non è condizione essenziale per la
definizione del procedimento penale, nel senso che i gradi d’impugnazione avverso la
decisione emessa dal primo giudice sono previsti come ulteriori sviluppi solo eventuali
del procedimento penale.
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Procedura Penale I
Lezione II
6 La classificazione dei giudici in relazione alla
giurisdizione
Una volta affermato, in linea di principio, che la giustizia è amministrata in nome
del popolo e che è la legge a regolare i casi e le forme della partecipazione diretta del
popolo all’amministrazione della giustizia (artt. 101 e 102 comma 3 Cost.), il
legislatore costituente si è trovato ad affrontare il difficile compito di conciliare le
contrapposte esigenze, della massima rappresentatività e della professionalità.
Rivendicare alla sovranità popolare la prerogativa dell’amministrazione ella
giustizia significa concepire una funzione che sia accessibile a tutti. Riservare alla
legge la regolamentazione dell’esercizio della funzione vuol dire, però, anche,
attribuire quest’ultima a soggetti particolarmente esperti nel campo giuridico, altamente
qualificati e, quindi, professionalmente capaci.
E’ per questo, che accanto a prescrizioni del tipo di quella intesa a stabilire che le
nomine dei magistrati hanno luogo per concorso, non manca la previsione che, su
designazione del consiglio superiore della magistratura, possono essere chiamati
all’ufficio di consigliere di cassazione, per meriti insigni, professori ordinari di
università in materie giuridiche e avvocati che abbiano quindici anni di esercizio e
siano iscritti negli albi speciali per le giurisdizioni superiori (art. 106 Cost.) o la
previsione che è ammessa la nomina, anche elettiva, di magistrati onorari (art. 106
Cost.), fermo restando il principio che la legge deve assicurare l’indipendenza degli
estranei che partecipano all’amministrazione della giustizia (art. 108 Cost.).
In aderenza a tali prescrizioni, le leggi di ordinamento giudiziario ricomprendono
nell’ordine giudiziario tanto la magistratura togata, quanto la magistratura laica,
composta da distinte figure di magistrati onorari che, nella materia penale,
s’identificano nei giudici di pace, nei giudici onorari di tribunale, negli esperti del
tribunale per i minorenni e delle sezioni di corte di appello per i minorenni e nei giudici
popolari della corte di assise e della corte di assise di appello.
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Procedura Penale I
Lezione II
Il possesso dei requisiti di stato, astrattamente previsti per il valido esercizio della
funzione giurisdizionale, è requisito normativamente richiesto perché possa parlarsi,
agli effetti della legge processuale penale, di giudice di capace.
Per capacità si potrebbe intendere tanto il possesso di requisiti essenziali per
assumere la funzione, quanto l’idoneità a svolgerla.
Accanto ad una capacità astratta, vista come investitura della funzione e come
permanenza della stessa nel corso del suo esercizio, ben potrebbe ritenersi che si
delinei un livello concreto di capacità, verificabile in occasione della trattazione del
singolo affare, come idoneità specifica ad occuparsi di esso.
Da questo punto di vista, per la verità, non si dovrebbe ignorare, pure, un problema
di capacità a conoscere la controversia, ad apprezzarne le implicazioni culturali, ad
affrontare le questioni di diritto che propone, a risolverle in maniera accettabile, in
aderenza alle regole dell’interpretazione giuridica.
Ma, è proprio il riferimento alle modalità di risoluzione del caso concreto che dà la
misura della relatività della distinzione tra capacità astratta e capacità concreta, dal
momento che quella sull’idoneità a giudicare il fatto specifico non è, e non può essere,
indagine esperibile per ogni processo, ma si presume in via astratta, ricavandosi proprio
dal possesso dei requisiti richiesti per l’assunzione della titolarità della funzione
giurisdizionale.
Ciò vuol dire che la capacità del giudice – intesa come idoneità a valutare la
controversia sottoposta al suo esame e ad adottare i provvedimenti previsti dalla legge
processuale penale – è, per legge, presunta, in via assoluta: non può formare oggetto di
discussione nel corso di trattazione del processo e gli eventuali aspetti patologici della
stessa rilevano solo, al di fuori del processo, ai fini dell’eventuale responsabilità civile,
per colpa grave.
Premesso che la giurisdizione penale si distingue in giurisdizione di cognizione e di
esecuzione e in giurisdizione di merito e di legittimità e, per ciascuna sfera, si articola
per fasi e per gradi, si può proporre, per la giurisdizione penale ordinaria, una duplice
classificazione, a seconda che si assuma, come punto di aggregazione, l’oggetto della
giurisdizione o l’evoluzione dell’accertamento giurisdizionale.
La giurisdizione di cognizione può essere esercitata nei due gradi di merito e nel
grado di legittimità.
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vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore
(L. 22.04.1941/n. 633)
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Procedura Penale I
Lezione II
I giudici del primo grado sono:
Il giudice di pace;
Il tribunale ordinario, monocratico e collegiale;
La corte di assise;
Il giudice per le indagini preliminari del tribunale ordinario;
Il giudice dell’udienza preliminare del tribunale ordinario;
Il tribunale per i minorenni;
Il giudice per le indagini preliminari del tribunale per i minorenni;
Il giudice del tribunale per i minorenni, incaricato di svolgere l’udienza
preliminare.
I giudici del grado di appello sono:
Il tribunale ordinario in composizione monocratica, rispetto al giudice di pace;
La corte di appello, rispetto al giudice per le indagini preliminari, al giudice
dell’udienza preliminare e al tribunale ordinario (monocratico e collegiale);
La corte di assise di appello, rispetto alla corte di assise;
La sezione di corte di appello per i minorenni, rispetto al giudice per le indagini
preliminari, al giudice dell’udienza preliminare e al tribunale per i minorenni.
I giudice del grado di legittimità è la suprema corte di cassazione.
La giurisdizione della fase dell’esecuzione – esclusa quella avente ad oggetto il
solo titolo esecutivo, riservata ai giudici della cognizione di merito – è svolta, nel
primo grado, dal magistrato di sorveglianza, dal magistrato di sorveglianza per i
minorenni e dal tribunale di sorveglianza, che nel procedimento a carico di minorenni è
lo stesso tribunale per i minorenni; nel grado di appello, dal tribunale di sorveglianza;
nel grado di legittimità, dalla suprema carte di cassazione.
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7 Giudici monocratici e giudici collegiali
La funzione giurisdizionale è, a volte, esercitata, da giudici monocratici.
Sono giudici monocratici: il giudice di pace, il tribunale ordinario in composizione
monocratica, il giudice per le indagini preliminari del tribunale ordinario, il giudice
dell’udienza preliminare del tribunale ordinario, il giudice del tribunale per i minorenni
incaricato dei provvedimenti previsti per la fase delle indagini preliminari, il magistrato
di sorveglianza e il magistrato di sorveglianza per i minorenni.
Il giudice di pace è un magistrato onorario nominato, all’esito del periodo di
tirocinio e del giudizio di idoneità espresso dal consiglio giudiziario integrato, con
decreto del ministro della giustizia, previa deliberazione del consiglio superiore della
magistratura.
La nomina ha durata di quattro anni e può essere confermata per il successivo
quadriennio.
Il tribunale ordinario in composizione monocratica, più semplicemente tribunale
monocratico, è giudice di primo grado, competente per tutti i reati che la legge non
devolve alla competenza della corte di assise e non riserva espressamente alla
cognizione dello stesso tribunale ordinario in composizione collegiale. E’, altresì,
giudice di appello avverso le sentenze e i provvedimenti penali del giudice di pace.
Il giudice del tribunale monocratico può essere un giudice togato o un giudice
onorario.
Il giudice onorario è nominato con decreto del ministro della giustizia, in
conformità della deliberazione del consiglio superiore della magistratura, su proposta
del consiglio giudiziario competente per territorio.
Il giudice per le indagini preliminari è un giudice abilitato ad una plurima
competenza funzionale:
a. è l’organo della giurisdizione deputato ad adottare i provvedimenti che gli
vengono richiesti nel corso della fase delle indagini preliminari dal
magistrato del pubblico ministero, dall’indagato e dal suo difensore e dagli
altri soggetti legittimati;
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b. è, al pari del tribunale ordinario, della corte di assise e del tribunale per i
minorenni, giudice di primo grado, quante volte il procedimento penale
trovi definizione attraverso un rito alternativo al giudizio.
E’ un giudice togato, monocratico, inserito nell’organico di ciascuno degli uffici
giudicanti cui afferisce, vale a dire il tribunale ordinario e il tribunale per i minorenni.
Nei tribunali ordinari di maggiori dimensioni un presidente di sezione dirige la
sezione dei giudici per le indagini preliminari. Negli altri tribunali ordinari e nei
tribunali per i minorenni, l’organizzazione del lavoro dei giudici per le indagini
preliminari è attribuita al più anziano di essi.
Il giudice dell’udienza preliminare è un giudice dell’ufficio del giudice per le
indagini preliminari del tribunale ordinario che, nel corso della fase precedente
l’udienza, non abbia adottato provvedimenti diversi da quelli che sono espressamente
consentiti, perché non comportanti valutazioni sul merito dell’imputazione.
La giurisdizione della fase esecutiva – destinata ai detenuti e agli internati (imputati
o condannati che siano) per tutta la durata della detenzione o dell’internamento in
istituto, e, in genere, ai condannati, per la concedibilità dei benefici, previsti dalla
riforma penitenziaria in attuazione della finalità di risocializzazione dei detenuti, e per
l’effettuabilità dei controlli che si richiedono in ossequio al principio della finalità
rieducativa della pena (art. 27 cost.) – è esercitata dalla magistratura di sorveglianza,
costituita dal magistrato di sorveglianza e dal tribunale di sorveglianza.
Il magistrato di sorveglianza è organo giurisdizionale togato, monocratico, preposto
all’adozione di provvedimenti che la legge espressamente gli riserva. Svolge una
giurisdizione meramente soggettiva, quante volte interviene come garante della
legalità, oppure oggettiva, se i suoi provvedimenti scaturiscono da forme
procedimentali che assicurano il contraddittorio tra le parti interessate.
Nei confronti di coloro che commisero il reato quando erano minori degli anni
diciotto, le attribuzioni del magistrato di sorveglianza sono esercitate da un magistrato
addetto al tribunale per i minorenni, denominato, appunto, magistrato di sorveglianza
per i minorenni. La competenza di tale organo giurisdizionale – come del resto, quella
del tribunale per i minorenni, allorché esercita le funzioni di tribunale di sorveglianza –
cessa al compimento del venticinquesimo anno di età del condannato.
Sono, invece, giudici collegiali:
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il tribunale ordinario in composizione collegiale;
il tribunale per i minorenni;
il giudice del tribunale per i minorenni, incaricato di svolgere l’udienza
preliminare;
il tribunale di sorveglianza;
la corte di assise;
la corte di appello;
la sezione di corte di appello cui è devoluta la cognizione delle
impugnazioni avverso i provvedimenti del tribunale per i minorenni;
la corte di assise di appello;
la corte suprema di cassazione.
Il tribunale ordinario, quando è in composizione collegiale, vale a dire nei casi
espressamente previsti dalla legge, giudica con il numero invariabile di tre giudici. Così
ad esempio, sull’applicazione di misure di prevenzione personali o patrimoniali giudica
sempre in composizione collegiale.
La competenza a conoscere dei reati commessi dai minori di anni diciotto
appartiene al tribunale per i minorenni, che esercita, unitamente al magistrato di
sorveglianza per i minorenni, anche le attribuzioni della magistratura di sorveglianza.
Il tribunale per i minorenni è giudice collegiale, composto da due magistrati togati e
da due giudici onorari, un uomo e una donna, in qualità di esperti, ed è istituito in ogni
sede di corte di appello o di sezione distaccata di corte di appello. Nei limiti delle
competenze determinate dalle norme sul procedimento penale a carico dei minorenni,
ha giurisdizione su tutto il territorio della corte di appello o della sezione di corte di
appello, in relazione ai reati commessi dai minori.
Nell’ambito del tribunale per i minorenni, il giudice deputato a svolgere l’udienza
preliminare è organo collegiale, composto da un magistrato togato e da due giudici
onorari, un uomo e una donna, in qualità di esperti.
Il tribunale di sorveglianza è formato da due magistrati togati e due onorari in
qualità di esperti. E’ istituito in ogni distretto di corte di appello e in ciascuna
circoscrizione territoriale di sezione distaccata di corte di appello.
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La corte di assise è composta da due magistrati togati e da sei giudici popolari ed
esercita la giurisdizione penale in primo grado in relazione ai reati devoluti alla sua
competenza dal codice e nell’ambito della propria circoscrizione giudiziaria, cui si dà il
nome circolo.
E’ convocata per sessioni, nel senso che non è costituita in permanenza, ma, per
consentire l’avvicendamento dei giudici popolari, si compone per periodi di tempo
occorrenti per la trattazione di gruppi di processi che, di volta in volta, formano il ruolo
delle udienze dibattimentali.
I giudici popolari chiamati a prestare servizio esercitano le loro funzioni in tutte le
cause della sessione, salvo che esistano motivi di impedimento, di astensione o di
ricusazione.
La corte di appello è giudice collegiale di secondo grado, istituito nei capoluoghi di
distretto indicati in apposita tabella annessa alla legge di ordinamento giudiziario.
Giudica – con il numero invariabile di tre magistrati togati – sull’impugnazione di
merito (appello), proposta contro le decisioni pronunciate in primo grado dal tribunale
ordinario, dal giudice per le indagini preliminari e dal giudice dell’udienza preliminare.
Esercita, inoltre, altre funzioni, ad essa devolute dal codice: delibera, ad esempio, in
tema di estradizione per l’estero.
Ad un’apposita sezione di Corte di appello è devoluta la cognizione delle
impugnazioni avverso i provvedimenti del tribunale per i minorenni e sono, altresì,
demandate le altre funzioni della corte di appello previste dal codice di procedura
penale, nei procedimenti a carico di imputati minorenni.
La sezione per i minorenni giudica con il numero invariabile di cinque votanti,
perché ai tre magistrati togati della sezione si aggiungono due giudici onorari, un uomo
e una donna, in qualità di esperti.
In ogni distretto di corte di appello – distretto è termine che designa la
circoscrizione giudiziaria della corte di appello, vale a dire la parte del territorio su cui
la corte di appello esercita la propria giurisdizione – sono istituite una o più corti di
assise di appello.
La corte di assise di appello è composta da due magistrati togati e da sei giudici
popolari.
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I giudici popolari esercitano le loro funzioni in tutte le cause della sessione. Pure la
Corte di assise di appello, come la corte di assise, è convocata per sessioni.
La corte di assise di appello giudica sull’impugnazione di merito, proposta contro
le decisioni e gli altri provvedimenti resi dalla corte di assise.
La corte di cassazione è giudice collegiale di legittimità, con sede in Roma e con
giurisdizione su tutto il territorio dello Stato.
Quale organo supremo di giustizia, assicura la esatta osservanza e la uniforme
interpretazione della legge, la unità del diritto oggettivo nazionale, il rispetto dei limiti
delle diverse giurisdizioni. Regola, inoltre, i conflitti di competenza e di attribuzione ed
adempie agli altri compiti ad essa conferiti dalla legge.
La corte di cassazione è costituta in sezioni singole, ma può decidere anche a
sezioni unite. Giudica, in ciascuna sezione, col numero invariabile di cinque magistrati
togati, a sezioni unite, col numero invariabile di nove.
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Lezione II
8 Il conflitto di giurisdizione
Il conflitto di giurisdizione si configura sia come disaccordo manifestato da uno o
più giudici ordinari e il giudice penale militare – che ritengano di dovere prendere
cognizione
contemporaneamente
dello
stesso
reato
o
di
doversi
astenere
dall’esaminarlo – sia come rifiuto, del giudice penale ordinario o del giudice penale
militare, dell’affermazione di competenza o della declaratoria d’incompetenza degli
organi che concorrono alla deliberazione della messa in stato di accusa del Presidente
della Repubblica innanzi alla corte costituzionale integrata.
Una volta fissate le regole per disciplinare i rapporti tra la giurisdizione penale
ordinaria e le giurisdizioni penali speciali, il legislatore non poteva fare a meno
d’indicare anche i meccanismi idonei a risolvere ogni eventuale diversità di vedute tra i
titolari delle distinte funzioni giurisdizionali, suscettibili di dar luogo ad un vero e
proprio conflitto.
Il conflitto di giurisdizione viene genericamente individuato nella situazione che si
verifica quando uno o più giudici ordinari e uno o più giudici speciali
contemporaneamente prendono o ricusano di prendere cognizione del medesimo fatto
attribuito alla stessa persona.
Va chiarito che quando si richiama ad “uno o più giudici speciali” che possono
configgere con uno o più giudici ordinari, il legislatore intende riferirsi soltanto agli
organi della giustizia militare e alla corte costituzionale integrata, che sono gli unici ad
essere investiti della funzione giurisdizionale speciale, in materia penale.
La competenza a risolvere il conflitto di giurisdizione interessante la corte
costituzionale integrata è attribuita alla corte costituzionale non integrata.
Per quanto concerne la procedura incidentale per la risoluzione del conflitto di
giurisdizione insorto tra giudice ordinario e giudice penale militare, si applicano le
stese regole valevoli per il caso in cui si verifichi un disaccordo tra due o più giudici
ordinari in ordine alla legittimazione a conoscere di un reato attribuito alla stessa
persona, vale a dire allorché si profili un conflitto di competenza.
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