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aggressività - Forum Formazione
Definizione delle motivazioni che richiedono l’attuazione del progetto (contesto e target) : mi interessava l’argomento che è molto diffuso ai Gabriella Montagna tempi nostri soprattutto e sempre di più nell’età adolescenziale. Definizione chiara e coerente degli obiettivi generali del progetto ( identificano il “risultato” che si vuole raggiungere con l’intervento, la ricerca che si sta progettando): definire con chiarezza l’argomento ed approfondirlo sotto gli aspetti meno comuni. Fasi / Procedura del progetto. Individuazione del tema. Definizione dei nostri obiettivi. Elaborazione del materiale specifico. Progettazione della veste editoriale. Metodologia ( tempi, contenuti/argomenti, obiettivo specifico, metodi strumenti, risorse strutturali) Tempi: la durata del secondo modulo professionalizzante del corso di apprendistato. Contenuti/argomenti: Aggressività nelle sue fasi e le cause che la scatenano. AGGRESSIVITÀ Metodi: l’elaborazione scritta delle idee. Strumenti :sistemi multimediali per l’editazione del lavoro. Risorse strutturali : la biblioteca d’aula, le nostre ricerche personali e l’aula trasformata in laboratorio. Durata e termine : febbraio/marzo 2010 12 Pagina 2 Forum Formazione Alba Forum Formazione Alba Nell'etologia in generale (e nell'etologia umana in particolare) col termine aggressività s'intende l'impulso istintuale ad aggredire animali di altre specie o della propria al fine di attentare alla loro esistenza, per cibarsene nel caso di specie predatorie carnivore, o comunque di provocare loro lesioni o danni diffusi. In psicologia ed in altre scienze sociali e comportamentali, con il termine aggressività ci si riferisce all'inclinazione a manifestare comportamenti che hanno lo scopo di causare danno o dolore ad altri da sé. L'aggressione in ambito umano può attuarsi sia sul piano fisico che verbale, ed una certa azione viene considerata aggressiva anche se non riesce nelle sue intenzioni di danneggiamento. Al contrario, un comportamento che causa solo accidentalmente un danno non è da considerarsi aggressione. L'aggressione è un fenomeno complesso, che rientra nelle problematiche legate al manifestarsi della violenza negli esseri umani. Le dinamiche psichiche e biologiche che conducono ai conflitti violenti tra le persone, il loro legame con gli istinti primari sono questioni che da due secoli psicologi e altri studiosi analizzano e che recentemente si stanno chiarendo. L'aggressività è stato un argomento sempre trattato dalle scienze sociali (psicologia, sociologia, antropologia) ed infatti esistono varie teorie. Per alcuni studiosi l'aggressività dipende da fattori innati, cioè sostengono che si nasce con l'istinto di aggredire, per gli ambientalisti, invece, l'aggressività è un fattore acquisito. Alcune scuole ambientaliste sono: -la scuola che si basa sulla teoria della frustrazione -la scuola dell'apprendimento sociale. In etologia, l'aggressività è letta in modo funzionale alla soddisfazione degli obiettivi primari: mangiare e copulare. Si ha aggressività per difendere un territorio, per proteggere i propri piccoli, per organizzare la scala sociale gerarchica all'interno di un gruppo nelle specie sociali. Konrad Lorenz ha studiato l'aggressività all'interno del comportamento animale, pubblicandone un primo saggio nel 1966 con il titolo Il cosiddetto male. Forum Formazione Alba Interventi Metodi e tecniche che agiscono sul comportamento aggressivo non sono la risposta alla risoluzione del problema. Questo andrebbe affrontato coinvolgendo più figure specialistiche e non una visione univoca. Innanzitutto occorre vedere il comportamento problematico legato a meccanismi ormai consolidati di fissità, di fobie, di ostinazione e di aggressività che si innescano su stimoli ben precisi. Spesso è chiaro il momento o la situazione in cui ci troveremo a confrontarci con il comportamento problematico. Non è mai altrettanto chiaro invece come gestirlo e come evitare che questo si manifesti. Se il discorso sulla parte neurofunzionale è chiaro, altrettanto chiara dovrebbe essere una prima pianificazione dell’intervento, evitare le situazioni in cui un comportamento si manifesta, ovvero modificare l’ambiente. Se determinati stimoli fanno scattare un risposta incontrollabile occorre evitare quegli stimoli. La nostra logica nel cercare di capire i perché è completamente differente dallo logica del bambino. Le percezioni del bambino sono differenti dalle nostre percezioni e la costruzione di un percorso di causa-effetto è spesso per noi di difficile comprensione perché avviene in una logica che non è sofisticata come la nostra, ma non per questo è più semplice da comprendere. Semplificare la risposta ad un comportamento problematico seguendo la nostra linea logica porta troppo spesso a non ottenere un risultato. Se cerchiamo di interpretare poi con i nostri strumenti pensando che la nostra mente evoluta possa comprendere il funzionamento di una mente più semplice ci sbagliamo di grosso perché spesso le concatenazioni e le implicazioni affettive e cognitive sono più lontane dalla normalità di quanto non si pensi. La relazione è fondamentale, ma ancora di più è la possibilità di inserire il bambino in percorsi strutturati che gli permettano di interagire positivamente con la realtà. Interazione positiva che porta il bambino a confrontarsi con un mondo circostante che sia per lui leggibile e permetta di arrivare all’attivazione mentale. Questo riduce di intensità e frequenza comportamento problematico. Rendere l’ambiente prevedibile e anticipabile. 11 Forum Formazione Alba E' grazie alla parte esterna del nostro cervello, la corteccia che noi possiamo leggere, scrivere, ascoltare un discorso, imparare la matematica, ragionare, pensare in modo astratto. Il nostro cervello elabora informazioni che arrivano dall'esterno e interagisce direttamente su di esso. Questo funzionamento deriva da una profonda semplificazione che aiuta a capire alcuni concetti fondamentali: le informazioni dell'ambiente sono, prima di essere un contenuto, un messaggio di tipo sensoriale, L'udito per l'ascolto, la vista per la lettura, il tatto per il movimento. Le informazioni compiono un percorso dall'orecchio fino alla corteccia uditiva, con la quale voi comprendete ciò che sto dicendo. Se parlassi in arabo ascoltereste una nenia che poco dopo smettereste anche di ascoltare. Le informazioni devono prima entrare ed essere colte dal cervello perché questo possa organizzarsi nelle sue risposte. Le informazioni viaggiano dal basso verso l'alto e dopo l'elaborazione abbiamo informazioni in uscita. Senza quelle in entrata non ci sono informazioni in uscita. Se l'informazione raggiunge la corteccia, per esempio la lettera L, abbiamo la lettura operata dalla corteccia. Per le emozioni e il controllo di queste il processo è differente. Se vediamo una vipera facciamo un gran salto indietro e ci spaventiamo. La risposta del nostro cervello è immediata. In questo caso abbiamo solo associato una immagine visiva ad una risposta istintiva. Questo processo è avvenuto perché l'immagine visiva ha raggiunte un'area sottocorticale (talamo) e da qui viene inviata alla corteccia visiva e al sistema limbico governato dall'amigdala, una piccola ghiandola a forma di mandorla che invia la risposta di difesa, attivando l'organismo nell'aumento del battito cardiaco, aumento dell'adrenalina, della respirazione e del flusso sanguigno. Questo semplice meccanismo permette al corpo di rispondere più velocemente in quanto vi è una attivazione sottocorticale immediata e solo dopo pochi decimi di secondo l'informazione arriva dalla corteccia all'amigdala con maggiori dettagli. Questa risposta però ci dice che la corteccia non è stata coinvolta direttamente nella risposta istintuale, ma in un secondo momento. L'informazione sensoriale (per esempio l'immagine del serpente) non viaggia direttamente dai centri sotto-corticali attraverso il talamo e quindi direttamente alla corteccia. Invece il talamo non invia Pagina 4 solo l'informazione alla corteccia, ma anche verso l'amigdala. Forum Formazione Alba Teoria della frustrazione La frustrazione è una condizione psicologica di sofferenza che nasce dalla impossibilità di soddisfare un'esigenza fondamentale di natura psicologica o fisica a causa di un ostacolo esterno. Grazie ad alcuni esperimenti di Berkovitz si dimostra che non solo la frustrazione può rendere aggressivi ma anche la presenza di indizi aggressivi. L'esperimento di Berkovitz, infatti, mette in evidenza che la causa dei comportamenti aggressivi,oltre alla frustrazione,è anche il modo in cui viene interpretata una situazione; se sono presenti armi, ad esempio, si è portati a credere che la situazione è pericolosa, pertanto frustrati o no si reagisce in modo aggressivo. Scuola dell'apprendimento sociale Questa scuola di pensiero si basa sulla teoria per cui si diventa aggressivi quando si hanno dei modelli aggressivi nell'ambito familiare o a scuola o tra gli amici; è quindi un fattore acquisito. La psicologia sociale afferma che in un gruppo di amici esiste la mentalità di gruppo, ovvero tutti compiono delle azioni perdendo la propria obbiettività, quindi se nel gruppo si aggredisce e se gli altri aggrediscono, noi componenti di quel gruppo siamo portati a fare altrettanto. Sociologia Per la sociologia l'aggressività è un fattore ambientale, conseguenza di contesti sociali negativi che spesso portano a comportamenti collettivi che si hanno quando migliaia di persone agiscono allo stesso modo, facendo la stessa cosa (ad esempio negli stadi). Antropologia Gli antropologi partono dal presupposto che l'aggressività è una predisposizione del genere umano che si manifesta nei diversi popoli in modo diverso. Il popolo eschimese, ad esempio, ha una forma di aggressività passiva, ovvero il quiquq, che si ha quando una persona viene ignorata o presa in giro e quindi isolata dal gruppo pensando che quella persona provochi del male a tutti. Per l'antropologia, quindi, l'aggressività è innata, è un comportamento che si ha dalla nascita. Funzioni e origine dell'aggressività Le occasioni in cui si esprimono le varie forme di aggressività sono molteplici, in quanto si identificano con i vari momenti della vita umana, nei quali l'individuo si trova in rapporti, temporanei o duraturi, con i suoi simili, a partire dalla primissima infanzia. Forum Formazione Alba Come è noto, tensioni che oppongono uno o più individui ad altri si possono sviluppare all'interno della famiglia come nella scuola, nelle competizioni sportive come nelle lotte sindacali, nelle polemiche che vedono schierati in campi avversi i partiti politici come in quelle che talvolta avvampano tra due persone che discutono di sport. Forme di aggressività sono presenti in certi sogni notturni, come nei miti, nelle leggende e nelle favole per bambini, e tutto ciò è una prova ulteriore del ruolo non trascurabile occupato dall'aggressività nella vita umana. Allo scopo di introdurre un elemento di chiarezza nella discussione sulla natura dell'aggressività, lo psicoanalista Erich Fromm, nel suo saggio Anatomia della distruttività umana, parte da una netta distinzione: « Dobbiamo distinguere nell'uomo due tipi completamente diversi di aggressione. Il primo, che egli ha in comune con tutti gli animali, è l'impulso, programmato filogeneticamente, di attaccare o di fuggire quando sono minacciati interessi vitali. Questa aggressione difensiva, "benigna", è al servizio della sopravvivenza dell'individuo e della specie, è biologicamente adattiva, e cessa quando viene a mancare l'aggressione. L'altro tipo, l'aggressione "maligna", e cioè la crudeltà e la distruttività, è specifica della specie umana, e praticamente assente nella maggior parte dei mammiferi; non è programmata filogeneticamente e non è biologicamente adattiva; non ha alcuno scopo e, se soddisfatta, procura voluttà » (E. Fromm, 1975) Quanto all'origine dell'aggressività e dell'eventuale parentela dell'uomo con gli animali sotto questo riguardo, si possono distinguere grosso modo due gruppi principali di teorie con una gamma di posizioni intermedie. Per il primo l'aggressività è un istinto che l'uomo ha in comune con gli animali; per il secondo, invece, è qualcosa di specificamente umano, tanto più se si considera l'aggressività intraspecifica (cioè all'interno della specie), che presso gli animali, tranne rare eccezioni, non ha carattere distruttivo, mentre fra gli uomini Pagina 6 non si ferma neppure dinanzi all'omicidio, alla strage, al genocidio. Forum Formazione Alba Solo una interruzione dell'informazione verso di essa ne inibisce il comportamento. Se la corteccia è il regno della ragione, del riconoscimento, della comprensione, in questo caso non è stata coinvolta direttamente, ma solo indirettamente. Questo meccanismo neuro-funzionale sul controllo delle emozioni e sulle risposte emotive ci svela molti aspetti del comportamento aggressivo, visto come comportamento di difesa, esso non parte da un'elaborazione cognitiva così come noi la intendiamo. Ogni volta che un essere umano diventa aggressivo, perde il controllo da parte dei centri corticali ed emerge un funzionamento che privilegia i centri talamici sottocorticali. Non esiste la premeditazione che spesso noi attribuiamo a molti comportamenti durante l'atto aggressivo. E' grazie alla parte esterna del nostro cervello, la corteccia che noi possiamo leggere, scrivere, ascoltare un discorso, imparare la matematica, ragionare, pensare in modo astratto. Il nostro cervello elabora informazioni che arrivano dall'esterno e interagisce direttamente su di esso. Questo funzionamento deriva da una profonda semplificazione che aiuta a capire alcuni concetti fondamentali: le informazioni dell'ambiente sono, prima di essere un contenuto, un messaggio di tipo sensoriale, L'udito per l'ascolto, la vista per la lettura, il tatto per il movimento. Le informazioni compiono un percorso dall'orecchio fino alla corteccia uditi Il comportamento emotivo di ansia, paura, aggressività, fobia, angoscia viene mediato da percorsi che aggirano la corteccia, le risposte avvengono senza il coinvolgimento dei sistemi di elaborazione superiore del cervello che dovrebbero essere coinvolti nel pensiero, nel ragionamento e nella coscienza. La corteccia però si trova ad inviare informazioni molto elaborate all'amigdala, ma solo in un secondo momento e attraverso un percorso più lungo. Queste informazioni spesso attivano a loro volta risposte emotive, che tendono a ridurre il ruolo di controllo esercitato dai centri superiori. . Forum Formazione Alba Non si può affrontare il problema da un solo punto di vista, perché spesso il problema non si risolve, ma occorre un ottica interdisciplinare. La psicologia ci offre una chiara lettura di quelle che sono le normali tappe evolutive dello sviluppo psico-affettivo. Anna Freud, Winnicot, Malher sono tra gli autori più significativi che hanno tracciato un profilo delle tappe evolutive che un bambino compie nello sviluppo emotivo ed affettivo. Tutti sappiamo come lo sviluppo corretto dell'emotività favorisca l'apprendimento. Uno sviluppo emotivo inadeguato è causa, nella maggior parte dei casi, di sofferenza e di inadeguatezza. Mentre lo sviluppo cognitivo ed intellettivo è facilmente identificabile nelle sue tappe evolutive, quello emotivo e affettivo non è così definibile. La prima lettura che possiamo dare dei comportamenti problematici è proprio quella classica legata alle tappe emotive che il bambino ha raggiunto, o che non è riuscito a sviluppare. Come pedagogista speciale potrei riferirvi le varie chiavi di lettura, ma l'esperienza mi ha portato a compiere anche altre considerazione ed a osservare tutti i lati del problema. Un approccio che ritengo utile e fondamentale per comprendere la causa dei comportamenti problematici viene dallo studi delle neuroscienze su come funziona il cervello. Nella nostra trattazione lasceremo da parte le tappe evolutive affettive ed emotive e cercheremo invece di analizzare i grossi condizionamenti che si creano a livello neurologico nel manifestarsi dei comportamenti problema, cercando di evidenziare come le emozioni e la gestione delle stesse condizionino il soggetto. Questa scelta la ritengo fondamentale perché la prima esigenza di chi quotidianamente si confronta con le problematiche comportamentali è SI quella di capire cosa fare, ma prima di tutto CAPIRE IL PERCHE' AVVENGONO CERTI COMPORTAMENTI. Qual'è l'origine neurologica del comportamento problematico? La risposta a questa domanda è fondamentale perché permette di fare chiarezza tra una causa psicologica, una causa cognitiva e una causa cerebrale. Nel cervello arrivano tutte le informazioni sensoriali del mondo esterno, passando dagli organi di senso (vista, udito, e tatto) dalla parte sotto-corticale, fino alla corteccia dove avviene il riconoscimento, l'elaborazione e l'attivazione di altre vie afferenti; così come l'eventuale risposta. Pagina 8 Forum Formazione Alba Secondo i sostenitori di quest' ultima concezione, l'origine dell'aggressività degli uomini è da ricercare nella lunga storia della loro evoluzione come specie. Al primo gruppo di teorie si sogliono ascrivere anche, sempre in via di generalizzazione e accantonando perciò una serie di distinzioni secondarie, la teoria delle pulsioni di Freud e la concezione esposta da Lorenz nell'opera "Il cosiddetto male" (ampliata con il titolo L'aggressività, 1963). Per quanto riguarda la teoria delle pulsioni sviluppata da Freud nel corso degli anni, bisogna ricordare che nel saggio Al di là del principio del piacere egli « ha fatto proprio il presupposto che in ogni essere umano, in ogni cellula, in ogni sostanza vivente, siano all'opera due pulsioni: pulsione di vita e pulsione di morte. E questa seconda, Thanatos (in greco, morte), come la chiamò Freud, si rivolgerebbe sia all'esterno, apparendo quale distruttività, sia all'interno, quale forza autodistruttiva che conduce alla malattia, al suicidio o, se mescolata a impulsi sessuali, al masochismo. Non sarebbe determinata da circostanze, non sarebbe prodotta da nulla: l'uomo avrebbe soltanto la scelta di indirizzare questo impulso di distruzione o di morte contro se stesso o contro altri, trovandosi pertanto di fronte a un dilemma quanto mai tragico » (E. Fromm, 1984) Secondo Konrad Lorenz, l'aggressività "è il risultato di un accumulo autonomo di energia" che, anche in assenza di stimoli esterni, finisce per dar luogo a comportamenti aggressivi. Con una notevole differenza, però, rispetto agli animali, presso cui l'aggressione intraspecifica ben raramente giunge ad esiti mortali. « I rappresentanti di una stessa specie (il fenomeno riguarda in modo particolare i vertebrati) combattono tra loro per la gerarchia, il territorio o la femmina. In generale, tuttavia, questi conflitti presentano una caratteristica davvero stupefacente, e che ne limita enormemente la pericolosità: sono cioè ritualizzati. Un comportamento aggressivo ritualizzato è formato da un insieme di elementi abbastanza stereotipati e convenzionali, come grida, esibizioni di parti corporee a effetto terrifico, movimenti alterni di avvicinamento, fuga, accerchiamento, atteggiamenti di minaccia o di resa incondizionata; ben difficilmente le armi micidiali dei contendenti, zanne, artigli, corna ecc. sono impiegate per uccidere. Forum Formazione Alba Il lupo vincitore non azzanna a morte il lupo vinto che gli offre, in atto di sottomissione, la gola, ma cavallerescamente permette all'antagonista di andarsene incolume. I daini cozzano le corna, ma, anche se uno degli avversari, nel corso della lotta, scopre il fianco, l'altro non gli vibrerà mai un colpo mortale in questa regione; aspetterà, invece, che il nemico ritorni in posizione frontale per riprendere l'assalto » (G. Gelli, 1986) IL PROBLEMA DELL'AGGRESSIVITA' Per aggressività ovvero per comportamento aggressivo o problematico, s'intende un particolare stato d'animo su base emotiva caratterizzato da un'insieme di azioni dirette al male di una persona, o dell'ambiente, tali da infliggere sofferenze di natura fisica o morale. I comportamenti problema possono assumere le forme più varie e strane. Dobbiamo identificare lo stato di disagio, un vissuto di inadeguatezza, preoccupazione da parte del genitore o dell'educatore, di fronte alle manifestazioni problematiche di alcuni bambini con deficit perché questo è la prima cosa con cui occorre fare i conti. Nella gamma dei comportamenti problematici ci sono gli atti autolesionistici come mordersi le mani, le braccia, battere contro i mobili, strapparsi i capelli, graffiarsi. Forme più difficili da gestire come l'iperventilazione o le apnee. Altra forma di comportamento autolesionista è quello di mettersi oggetti e sostanze non commestibili in bocca. Con questi atti il soggetto provoca una violenza su se stesso, mentre con gli atti aggressivi attacca, fisicamente o verbalmente altre persone, oppure distrugge oggetti o li lancia. Un altro tipo di comportamento problema sono le stereotipie, come l'emettere ripetitivamente per lunghi periodi di tempo movimenti o suoni, agitare le mani, dondolarsi, manipolare oggetti senza un uso funzionale, ecc. . Forum Formazione Alba Problemi relativi all'ipersensorialità come tapparsi le orecchie con rumori forti, oppure l'iperattività, con il continuo muoversi nell'ambiente senza riuscire a fissare l'attenzione su di un particolare. Questi ultimi non compromettono la sicurezza del ragazzo, ma ne impediscono qualsiasi forma di apprendimento e di relazione sociale. Altri comportamenti emergono quando il soggetto di pone costantemente in una situazione di rifiuto nei confronti dell'adulto, nella rigidità di certe abitudini come tenere sempre le porte chiuse o toccare costantemente il naso della mamma, di non accettare cambiamenti nei programmi stabiliti. Qui abbiamo le reazioni emozionali eccessive di paura e ansia (fobia per l'acqua, o per i corridoi, nel passaggio da un ambiente ad un altro). Episodi di collera o di rabbia che danno luogo a lunghissimi periodi di pianto e chiusura in sé e rifiuto delle attività. Nell'aggressività verbale troviamo le parolacce, le bestemmie e così via. Abbiamo anche i comportamenti relativi alle pulsioni sessuali, con la masturbazione ossessiva. I comportamenti problematici hanno una vasta gamma di manifestazioni e una vasta gamma di cause scatenanti sia esterne che interne al soggetto. Di fondo si crea l'impossibilità all'apprendimento ed alla interazione sociale. Ma quali sono le cause dei comportamenti problematici e aggressivi e quali le conseguenze? Analizzare le problematiche relative all'aggressività ci porterebbe immediatamente a fornire un ricettacolo di formule, metodi, orientamenti, esercizi, norme da eseguire in modo più o meno preciso. Questa esigenza è la nostra prima necessità affrontando un tema così scottante. A parte le terapie farmacologiche e le ultime terapie nutrizionali come le alte dosi di acido folico, il magnesio, i composti della vitamina B6, o l'utilizzo della dimetilglicina DMG, o della sincretina il problema è molto più ampio. Attenzione a non confondere il problema dell'aggressività come un fatto di stretta competenza del solo psicologo, o del solo neuropsichiatra o del medico o del pedagogista, o dello psichiatra e del neurologo. Questo comporterebbe un grosso errore in termini di intervento. Il problema non è solo medico, come non è solo psicologico, come non è solo cognitivo o neurologico; ma in realtà coinvolge più figure professionali. Forum Formazione Alba