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progetto “mamme in-forma” un esempio di
Città di Alessandria Assessorato Pari Opportunità PROGETTO “MAMME IN-FORMA” UN ESEMPIO DI BUONE PRASSI PER LA CONCILIAZIONE DEI TEMPI DI VITA E DI LAVORO PER LE DIPENDENTI DEL COMUNE DI ALESSANDRIA PROGETTO “MAMME IN-FORMA” Un esempio di buone prassi per la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro per le dipendenti del Comune di Alessandria La presente pubblicazione nasce dalla reciproca conoscenza delle colleghe mamme, beneficiarie del progetto, impegnate ad apprendere dall’esperienza del loro essere madri, donne, lavoratrici e vuole essere un contributo rivolto a loro come sintesi dell’intera esperienza vissuta: riscrivere i principali momenti in cui si è articolato il percorso progettuale, significa ripensare al suo significato attraverso un lavoro di sintesi delle metodologie utilizzate, delle azioni messe in campo, dei contenuti emersi ed elaborati insieme. Un grazie all’Amministrazione e alla beneficiarie. Dott.ssa Orietta Bocchio e lo staff del progetto Progetto Mamme in Forma Finanziato dalla Regione Piemonte nell’ambito del Bando 2011 a valere sul Fondo ministeriale “Conciliazione dei tempi di Vita e di Lavoro” nell’ambito della Convenzione sottoscritta tra il Dipartimento per le Pari Opportunità. Soggetto Promotore: Città di Alessandria Piazza Libertà, 1 - 15121 Alessandria Direzione del progetto: Orietta Bocchio Referente/Coordinamento scientifico: Mara Guanti Coordinamento Amministrativo: Franca Milano, Cristina Palmeri, Luciano Picco, Paola Rampi Tutor aziendali: Piera Bruno Salvatora Demuru Cooperativa Azimut: Attività di formazione esterna delle beneficiarie e dei tutor aziendali Psicologa: Sarah Sclauzero Formatrice: Francesca Brancato INDICE IL PROGETTO MAMME IN COMUNE MAMME IN.FORMA 5 Le azioni del progetto 5 Il counseling psicologico 6 I FOCUS La dimensione psichica della gravidanza e gli aspetti psicologici al rientro sul lavoro dopo la maternità. 7 II FOCUS L'origine della vita affettiva del bambino 13 III FOCUS Attaccamento, ansia da separazione, inserimento asilo nido 21 LA FORMAZIONE IN GRUPPO 31 Il monitoraggio Mamme in Comune Mamme in Forma 37 LA FORMAZIONE ON-LINE 39 I CONVEGNI APERTI AL PUBBLICO 41 RIFLESSIONI CONCLUSIVE 45 Bibliografia IL PROGETTO MAMME IN COMUNE MAMME IN.FORMA Il Comune di Alessandria attraverso il progetto "Mamme in ComuneMamme In-forma" finanziato dalla Regione Piemonte con le risorse previste dalla DGR N.36-396 del 26.07.2010 nell’ambito della Convenzione sottoscritta con il Dipartimento per le Pari Opportunità a valere sul Fondo ministeriale “Conciliazione dei tempi di Vita e di Lavoro”- Bando 2011, ha inteso potenziare e ampliare, in un’ottica di continuità, l’esperienza del progetto “Mamme in Comune”, promosso dalla amministrazione comunale nel 2006 e finalizzato alla conciliazione dei tempi di lavoro e maternità delle dipendenti dell'Ente. Le azioni del progetto Il progetto “Mamme in.forma” ha avuto come destinatarie le dipendenti del Comune di Alessandria in congedo per maternità o appena rientrate al lavoro dopo la nascita del figlio, con l’intenzione di valorizzare la lavoratrice madre, innescando un processo di “accompagnamento”, articolato su diversi piani. Il progetto ha offerto momenti di formazione tradizionale in aula, su tematiche specifiche e/o trasversali; sono stati organizzati alcuni incontri pubblici su argomenti legati alla maternità e alla conciliazione dei tempi di vita e di lavoro. Il progetto ha inoltre previsto l’organizzazione di alcuni focus all’interno dei quali le dipendenti madri, accomunate dalla condivisione delle stesse condizioni, hanno potuto confrontarsi, scambiarsi esperienze e sensazioni sulle Pagina 5 tematiche che vivono e condividono nel loro doppio ruolo, materno e professionale. E’ stata attivata una piattaforma E-learning, per consentire un aggiornamento costante, individuando delle figure “ponte” i tutor in grado di favorire uno scambio di informazioni/comunicazioni relative al proprio contesto lavorativo. Si è strutturato un servizio di counselling psicologico, come intervento di supporto individuale per meglio focalizzare problemi legati alla cura di sé, alla relazione madre/figlio ed a tutte le problematiche legate al doppio carico di lavoro casa/famiglia. Il counseling psicologico Il counseling psicologico, è stato pensato oltre che nella sua forma tradizionale, di reciproca interazione entro una cornice di spazio e di tempo che ne segna il limite, anche in una particolare forma di “ascolto” a distanza, on-line. Durante gli incontri “vis a vis” le colleghe mamme/ lavoratrici sono state sollecitate in un processo di osservazione ed auto osservazione in grado di migliorare il livello di consapevolezza rispetto ad eventuali criticità nella cura dei figli, nella conciliazione del doppio ruolo di madre e lavoratrice. La modalità di consulenza on line, ha d’altronde permesso di ripensare alle problematiche emerse, rielaborando tematiche “comuni” anche da un punto di vista teorico, più generale, e proprio per questo trasferibili ad un maggior numero di mamme/donne/lavoratrici. Pagina 6 I FOCUS 17 DICEMBRE 2012 La dimensione psichica della gravidanza e gli aspetti psicologici al rientro sul lavoro dopo la maternità. A cura di Mara Guanti Pagina 7 La gravidanza, soprattutto se la prima, rappresenta un momento di svolta irreversibile nella vita di una donna. L'avvio di questo evento è preceduto da due importanti aspetti: il desiderio di gravidanza che induce la donna a cercare prevalentemente delle conferme narcisistiche rispetto alla propria capacità corporea di generare e il desiderio di maternità che è legato all'identità della donna e al significato che ha per lei divenire madre. Ciò distingue ogni donna nel suo disegno procreativo, dove ognuna porta con sé il proprio vissuto, il proprio istinto e l'esperienza personale che la contraddistingue dalle altre, rendendo questo evento unico e irripetibile, anche se ha già avuto altre gravidanze. Per questo la gravidanza diventa un'importante conferma del proprio sentimento di identità. Un altro fattore importante riguarda le trasformazioni del corpo che la gravidanza implica. Esse richiedono una ristrutturazione dell'immagine corporea di sé, sia nella "rappresentazione mentale" (le rappresentazioni del proprio corpo nella mente, delle persone significative della propria vita, le rappresentazioni che rispecchiano i modelli socioculturali dominanti) sia nella sua "dimensione percettiva". La gravidanza non rappresenta solo una conferma della propria identità, ma richiede anche l'identificazione in un nuovo ruolo che permette la scoperta di potenzialità individuali e nuove relazioni affettive. Durante la gravidanza la donna mette in atto un processo di riorganizzazione, non solo degli spazi esterni ma soprattutto di quelli interni per permettere il crearsi di un'immagine mentale del proprio bambino e di sé come genitore capace di Pagina 9 accoglierlo nel momento in cui farà il suo ingresso nel mondo reale al momento della nascita. Gli eventi legati alla maternità sono di una tale rilevanza che incidono su tutte le relazioni che la donna vive: con sé stessa, con il partner, ma anche su quelle attinenti alla famiglia, alle amicizie, al lavoro. Il momento del parto segna poi una separazione netta dal punto di vista fisico, non mentale: coincide infatti con il periodo della fusione, la cosiddetta “preoccupazione materna primaria” (Winnicott), una sorta di regressione sana che dura il tempo necessario per dare continuità alla vita intrauterina del bambino e alla madre di riconoscere tutti i bisogni del bambino. La separazione biologica rappresenta un vero e proprio punto critico, che implica un nuovo assetto della persona: l’apertura al nuovo ruolo – dal bambino immaginato al bambino reale - il dover far fronte al vuoto che si è venuto a creare e il suo cercare di colmarlo con reciproche soddisfazioni. Il rientro al lavoro corrisponde dunque ad un periodo di estrema fragilità e delicatezza per la donna che si trova a vivere un’altra separazione dal proprio bambino con tutte le preoccupazioni, i sensi di colpa, le paure di inadeguatezza che ciò comporta. Anche per quelle madri che hanno la fortuna di poter contare su un’importante rete di supporto costituita da genitori, parenti e amici pronti a prestare aiuto, spesso il momento del rientro è vissuto in maniera ansiogena: il bambino tanto atteso è arrivato e con lui si accumulano tanti interrogativi e tante nuove mansioni relative al nuovo ruolo, per cui le co- Pagina 10 se che sembravano le più semplici e naturali all’improvviso possono venire percepite come una montagna da scalare. Per la maggior parte delle donne infatti il periodo successivo al parto è una fase della vita molto difficile, l’amore per il figlio spesso non è disgiunto da un sentimento di rabbia perché ogni figlio si nutre, soprattutto nei primi mesi, del sacrificio della madre: sacrificio del suo corpo, del suo tempo, del suo spazio, del sonno, delle relazioni affettive, del suo lavoro. Pagina 11 II FOCUS 28 FEBBRAIO 2013 L'origine della vita affettiva del bambino. A cura di Mara Guanti Pagina 13 All'inizio della vita ogni essere umano esiste solo in quanto parte di una relazione (Winnicott). Le sue possibilità di vivere e svilupparsi dipendono totalmente dal soddisfacimento del bisogno primario di attaccamento e appartenenza ad un Altro (la madre/caregiver) che si prenda cura di lui e gli dia quel senso di sicurezza e di intimità che sono le basi per una crescita sana. Dalla qualità affettiva di questa relazione primaria, da quanto la figura di attaccamento sarà disponibile, protettiva, affidabile, costante, capace di un contatto profondo, caldo e rassicurante, di un buon holding e di una sintonizzazione empatica, dipenderà lo sviluppo sano della personalità, del Sé. Diversi sono gli orientamenti esplicativi, gli approcci teorici che descrivono e spiegano lo sviluppo del bambino e i mutamenti evolutivi; è comunque ormai acquisito che le prime esperienze evolutive infantili giocano il ruolo più importante nel processo di sviluppo della personalità. Per la maggior parte degli studiosi, l'evoluzione di tutta la vita psichica e relazionale futura, dipende da come procedono le primissime fasi di sviluppo del bambino dal punto di vista affettivo. La psicoanalisi da Freud ad oggi ha dato via ad innumerevoli modelli che vengono definiti psicodinamici. Per questo è spesso difficile trovare un punto di incontro tra approcci che utilizzano terminologie diverse: parlare dunque alla luce di un unico modello potrebbe sembrare riduttivo. Tratteremo il formarsi della personalità del bambino attraverso le precoci esperienze intra ed interpersonali con le figure di riferimento significative, conPagina 15 sapevoli che la conoscenza di ciò che definiamo personalità e la psicologia che se ne occupa, è dinamica nel senso proprio che è qualcosa soggetto a integrazioni continue, non vi è una teoria che dal punto conoscitivo possa esaurire ogni interrogativo. Da Freud in avanti, l'osservazione diretta del bambino ne/le sequenze di maturazione, considerate sia come processi a sé stanti, che visti nella loro evoluzione nell'ambito della situazione diadica del rapporto bambino-madre (quale è stata più particolarmente considerata dagli psicanalisti) ha creato possibilità di confronto e integrazione tra tecniche di indagine ed elaborazioni teoretiche che tendevano un tempo a rimanere isolate. Nella nostra trattazione dei problemi del primo sviluppo psichico ci sforzeremo perciò di seguire un’impostazione generale che tenga conto sia del reale (osservazione diretta del bambino) che del vissuto (spiegare ciò che appare attraverso ciò che non appare all’osservazione diretta) allo scopo di arrivare ad una visione di insieme dei diversi aspetti della ricerca sullo sviluppo infantile. Volendo valutare la validità dei vari contributi, in base alle diverse impostazioni metodologiche, rivolte ad esplorare il mondo originario del bambino, possiamo distinguerle in impostazioni che cercano di descriverlo quale esso appare "al di fuori" e in impostazioni che invece cercano di penetrare in esso come in una coscienza originaria descrivendolo "dal di dentro" nei termini più o meno espliciti di una originaria soggettività, che fin dall'infanzia sperimenta esperienze di piacere e di dispiacere. Se prendiamo come esemplificazione tematica il Pagina 16 pianto del neonato, quale tipica espressione originaria della vita del bambino, accade spesso che visto dal di fuori, venga considerato come una pura espressione vegetativa, priva di rilevanza psichica e di intenzionalità: come un semplice riflesso respiratorio dovuto alla combinazione della espirazione con la contrazione della lingua: mentre considerato dal di dentro, l'esperienza primitiva del pianto si anima di originarie presenze psichiche che impregnano intimamente di intenzionalità il rapporto tra il bambino e la madre. E' un fatto che la madre dà un senso specifico a! pianto del bambino. Essa reagisce al vagito del proprio bambino attraverso modalità affettive che vengono rese possibili attraverso un fondamentale processo di identificazione. Un tale processo di identificazione implica che nell'inconscio, la madre stessa regredisca a livello neonatale. Questa regressione viene testimoniata dal fatto che durante la gravidanza la madre sogna in modo tipico la propria nascita. Il fatto che la madre viva nel proprio inconscio in prima persona la propria nascita parallelamente alla nascita del bambino che deve far nascere, oltre a costituire la base del processo di identificazione, conduce la madre a stabilire un rapporto profondo con la propria vita originaria, sotto forma di rapporto con il "sé neonatale". Il rapporto con il sé neonatale diventa allora la condizione privilegiata per il crearsi di uno strumento specifico di conoscenza (co-nascere: nelle lingue indoeuropee la radice significante conoscere è omonima a quella significante nascere) che di fatto è indispensabile per la comprensione della condizione neonatale del proprio bambino. Tramite il processo di identificazione proiettiva, attraverso il quale la propria condizione neonatale viene messa nel proprio bambino neonaPagina 17 to, la regressione parziale dell'Io della madre a livello neonatale diventa lo strumento prezioso e insostituibile della comunicazione madre-bambino. Essa permette alla madre di capire il significato della vita originaria "dal di dentro" del bambino. Citando un’espressione di Winnicott, la conoscenza del significato della vita originaria del bambino, (che dal punto di vista scientifico è opera degli ultimi decenni) è depositata in ciò che si chiama “disponibilità materna” la quale costituisce forse il patrimonio ereditario più prezioso agli effetti della sopravvivenza della specie umana. Questa originaria donazione di senso che la madre attua nei riguardi del comportamento del bambino, sfugge all'osservazione oggettivistica (dal di fuori) del bambino. Per certi suoi aspetti di ineffabilità si colloca negli strati più profondi e preverbali della disponibilità affettiva umana. Per quanto non se ne possa dare una definizione rigorosa, essa sembra essere rigorosamente decisa dal rapporto che la madre ha avuto, da bambina, con la propria madre. Per il suo carattere di ineffabilità essa è prescientifica, ma la comprensione dei processi fondamentali attraverso i quali essa si esplica negli scambi bambinomadre costituiscono il problema centrale di tutto lo sviluppo della vita psichica del bambino. Per quanto prescientifica, essa costituisce il modello della conoscenza scientifica del rapporto interumano autentico, che nella psicanalisi si è andato configu- Pagina 18 rando nella fenomenologia e nella problematica del transfert e del controtransfert: una conoscenza scientifica cioè che, nello stesso tempo in cui si pone come neutrale, si riconosce anche come partecipazione intima, come risonanza empatica: che riconosce nella identificazione con ciò che viene osservato un passaggio obbligato per dare alla conoscenza interumana un carattere di autenticità. Pagina 19 III FOCUS 30 APRILE 2013 Attaccamento, ansia da separazione, inserimento asilo nido A cura di Mara Guanti Pagina 21 L'arrivo di un bambino determina nella vita dei genitori, cambiamenti a volte tanto radicali da determinare eccessi. In taluni casi l'ansia per il benessere del piccolo è così forte che, chi lo ha in cura, non riesce ad interessarsi di altro. Questo atteggiamento provoca inevitabilmente l'emergere di sensi di colpa ogni volta che il bambino protesta in caso di allontanamento temporaneo (anche solo per qualche ora), della madre o del padre. Due osservazioni a riguardo: • Nei primi 24 mesi di vita ed a partire (circa) dai due mesi d'età, il bambino ha la tendenza a rivolgersi a determinate persone e non altre per soddisfare i suoi bisogni o per sentirsi al sicuro (Harlow). • Nei primi due anni di vita, a seconda del comportamento educativo di chi è il riferimento principale, si delinea anche la maggiore o minore possibilità di estendere l'ambito "sicurezza" ad un gruppo invece che ad un individuo. Le posizioni degli studiosi su questo problema sono diverse e a volte divergenti. Bowlby (1969) ritiene che, nella genesi dell'attaccamento, assume grande importanza la prossemica cioè “la ricerca attiva della minor distanza fisica possibile tra sé e la fonte del proprio conforto”. In altri termini i comportamenti del bambino e della madre hanno come obiettivo quello di restare fisicamente vicini. Altri autori pensano, invece, che 'l'attaccamento viene suscitato non dalla percezione della distanza fisica ma dallo stress, qualsiasi ne sia la causa. La differenza è radicale: per Bowlby la separazione fisica è la causa della ricerca di attaccamento, gli altri autori invece danno maggior importanza allo spirito di indipendenza del bambino che cerca il contatto solo in caso di necessità. Il bambino tende ad allar- gare il suo campo di esplorazione se l'ambiente lo rende sicuro e torna ad "attaccarsi " alla madre solo quando questa sicurezza viene meno o avverte una situazione di supposto o reale "pericolo". All'osservazione, il bambino, dal sesto mese in poi, stabilisce in sé un'idea di "protezione" non relativa ad una sola figura (la madre) ma, più in generale, alla figura di tutti gli adulti che si prendono cura di lui (oggetti di attaccamento) in modo da differenziarli dagli estranei. Entro i primi 6-8 mesi il bambino costruisce schemi relativi agli oggetti ed alle persone familiari e diviene suscettibile alla paura quando si trova in situazioni differenti da questi schemi. Si è osservato, inoltre, che stimolando il bambino con altri volti che siano diversi da quello materno l'ansia da estranei tende ad attenuarsi. Se un bambino viene abituato a ricevere sicurezza da "adulti conosciuti" e non solo dalla madre, avrà sicuramente meno problemi al momento dell'eventuale "scomparsa" della figura materna. Le osservazioni precedenti trovano ulteriore conferma nella genesi della cosiddetta "angoscia da separazione" (il pianto del bambino "quando non vede più sua madre, anche se per breve tempo o addirittura se è semplicemente dietro una porta"). Questa angoscia, si manifesta non in relazione "alla scomparsa" in sé" ma alla maggiore o minore familiarità dell'ambiente in cui avviene la "scomparsa". Ad esempio, il bambino non piange se vede la madre "sparire" dietro la porta del bagno (dove è abituato a vederla dirigersi spesso e dal quale la vede regolarmente tornare) ma piange se tale scomparsa avviene, nella stessa casa, in una stanza dove non è abituarlo a vederla andare di frequente. Na- Pagina 23 turalmente l'ansia si attenua con la ripetizione degli "eventi scomparsa" con successive "ricomparse", in situazioni differenti ed in diversi ambienti. L'ansia da separazione, inoltre, insorge più facilmente se il bambino trascorre la maggior parte della giornata con la madre e quindi si accorge subito della sua assenza (Ainsworth). Se, invece si trova spesso con un'altra persona familiare, la scomparsa della madre non suscita ansia o la determina in modo poco marcato. Alla situazione di disagio di solito il bambino reagisce col pianto che dipende essenzialmente dal livello di "comprensione" della situazione. L'età in cui il bambino riesce a stabilire la differenza "mamma-si" e "mamma-no" si colloca intorno agli 8-10 mesi e la durata del pianto dipende prevalentemente dalla capacità di cogliere il carattere temporaneo e non definitivo del distacco. In altre parole non è la scomparsa in sé che genera il pianto ma l'impossibilità di darsi una risposta sul "quando torna". Inoltre, l'angoscia determinata dalla separazione non dipende dall'intensità del rapporto che il bambino stringe con la madre ma è piuttosto riferibile alla sicurezza che egli riceve anche dal contatto con tutte le figure anche sostitutive di quella materna (padre, nonni, zii, ecc.). In pratica, secondo alcuni autori l'ansia da separazione è collegata più col livello di sviluppo cognitivo del bambino (le esperienze) che con la forza del legame contratto con le persone di riferimento. Osservazioni sperimentali hanno mostrato che la percentuale di bambini che manifestano ansia da separazione con il pianto è il 50-60% del totale, indipendentemente dal tipo di contatto che essi hanno con la madre. Ciò chiama in causa un altro elemento: il temperamento del Pagina 24 singolo bambino. Nella genesi dell'ansia si possono dunque individuare tre fattori essenziali: 1. La capacità del bambino di comprendere la situazione; 2. Il temperamento del singolo bambino; 3. La maggiore o minore capacità di darsi risposte e spiegazioni. Sul primo e terzo elemento ha grande importanza l'esperienza, cioè l'abitudine a vivere determinate situazioni nelle quali il bambino impara a distinguere una sequenza più o meno regolare di eventi. Questo processo può ottenere risultati positivi solo se, nell'assenza dei genitori, sì prendono cura del piccolo figure di riferimento, intercambiabili tra loro, ma che facciano comunque parte del suo mondo affettivo, e il bambino si trovi in ambienti a lui familiari. Alcuni autori hanno notato che se il bambino viene precocemente integrato in un ambiente allargato e sta con piacere insieme a chi si prende cura di lui scatta un processo di generalizzazione della figura rassicurante per cui il piccolo riesce a reagire positivamente anche ad altri volti umani estranei al gruppo di riferimento. Ne consegue che una madre che abitua il figlio all'intercambiabilità delle figure di riferimento ed alla reversibilità costante della sua assenza, contribuisce notevolmente alla maturazione dei processi cognitivi, logici ed affettivi del bambino. Gli studiosi hanno poi insistito molto sul problema del distacco. Così Bowlby, sottolinea che il distacco può essere estremamente doloroso e lasciare profonde tracce se non è compensato dall'affidamento a figure Pagina 25 note al bambino ed inserite nel suo mondo affettivo. Allo stesso modo si osserva come siano importanti nel "temporaneo abbandono" da parte della madre, altre figure di riferimento fìsse che si prendano cura di lui e le rassicurazioni da parte della madre, prima del distacco e al termine di esso. L'asilo nido rappresenta l'ingresso in "comunità" del bambino ed è un passo molto importante della vita sia per i genitori che per il piccolo. Per quanto abbia svolto vita "sociale" prima d'allora, il bambino si trova infatti, una volta inserito, a permanere molte ore a stretto contatto con altri bambini provenienti da altre realtà e da altre famiglie e contemporaneamente è costretto a doversi separare dalle sue figure familiari di riferimento dovendo trovarne altre nel nuovo ambiente. A partire dalla fine del primo anno di vita i bambini iniziano a manifestare spontaneamente una nuova varietà di comportamenti sociali alla cui radice sta il rendersi conto del "non sé" e l'interesse per le altrui intenzioni (di gioco, di vita, di azione). I bambini di questa età sono in grado di formarsi aspettative nei confronti degli altri ed iniziano a relazionarsi con loro in modo differenziato. Il rendersi conto del mondo esterno e le susseguenti risposte ad esso è tanto più rapido quanto più precoce è stata la differenziazione tra il "sé" (in particolare il proprio corpo) e quel che è "altro da sé". Già a partire dal ll-lll mese infatti il bambino inizia ad imparare dall'interazione con gli altri (con la madre in modo specifico) la condivisione dell'esperienza (intersoggettività). Pagina 26 Tra la nascita e l'anno e mezzo avvengono quindi tre fenomeni volti alla socializzazione: • Lo sviluppo del sè, • Lo sviluppo del senso di reciprocità con gli altri; • Lo sviluppo del senso di partecipazione e collaborazione sociale. Queste tappe dovrebbero essere, nell'attuale strutturazione della società, lasciate alla loro evoluzione in modo fisiologico, mediante l'ampliamento del range di azione dei bambini. L'interazione intrafamiliare, anche se molto armonica e ricca di affetto, non sarà mai, in definitiva, così ricca, stimolante ed educativa come quella che può verificarsi con i "pari età" e con persone di riferimento che il bambino stesso ricercherà tra adulti diversi dai suoi genitori. L'asilo nido, quindi, in una società come l'attuale (famiglie nucleari e con prole ridotta), diviene particolarmente utile per armonizzare la crescita individuale e renderla congrua con il futuro inserimento nella società. In poche parole ha la funzione di sopperire a ciò che, in tempi passati, avveniva nei piccoli centri urbani e rurali dove i bambini, fin da età tenerissime, erano riuniti in gruppi numerosi e talora affidati ad altri bambini (di poco più grandi), creando le basi di una sinergia educativa (il piccolo impara dal grande ed il grande è responsabile del piccolo). Pagina 27 L'educazione dei figli presuppone, oggi molto più di ieri, un'attenzione ed una cura estremamente accentuate e non sempre disgiunte da forti sensi di inadeguatezza e di colpa nell’approcciare la prole o nel separarsi da essa. Inoltre molti aspetti dell'attuale concetto di "attaccamento" travalicano la fisiologia per sfociare in vero e proprio tenace desiderio inconscio di perenne unione col proprio figlio sebbene, a parole, la voglia di vederlo autonomizzarsi, sia grande. Infine, sull'onda di recenti teorie educative e di comunicazione finalizzata al rapporto genitori/figli, in numerosissimi casi il rapporto genitori/figli è condito da perenni timori di generare danni psicologici permanenti ad ogni cambiamento di contingenze e ad ogni manifestazione "insoddisfatta" di disagio infantile. Tutto questo si traduce in uno stress all'atto dell'inserimento in asilo, sia che la cosa avvenga per il nido (e quindi ad età molto tenere) sia per la materna. Lo stress parentale (alimentato dall'ansia e da più o meno evidenti sensi di colpa) è talora molto forte e rappresenta la conclusione di un rapporto madre/figlio pervaso da sentimenti di attaccamento estremamente vivi. In taluni casi questi sentimenti hanno avuto origine con la nascita stessa del bambino ed hanno permeato in modo costante il rapporto con i figli, tanto da dare origine a dipendenze figlio/madre visibili ad occhio nudo. In tal senso, quindi, si comprende per quale ragione lo stress all'atto del "distacco" riguardi sia la madre sia il bambino che deve essere inserito. L'inserimento all'asilo nido può essere dunque in molti casi psicologicamente faticoso ed affettivamente gravoso sia per i genitori che per i figli. Pagina 28 A conforto di quanto sopra detto in relazione ai rapporti madre/figlio nella genesi dello stress psicologico (che differisce dallo stress fisico inteso come semplice risposta dell'organismo ad ogni richiesta di modificazione effettuata su di esso), quest'ultimo presuppone il riconoscimento di un "allarme" o comunque di un cambiamento prima dell'attivazione dei meccanismi di compenso. In parole povere un bambino potrà subire uno "stress" più o meno accentuato in relazione a: 1. Entità dello stimolo; 2. Struttura genetica personale e temperamento innato; 3. Esperienze precedenti analoghe od omologhe. L'attivazione emozionale è la risultante dell'azione di questi tre elementi alla quale segue, eventualmente, lo stress che poi si traduce in adattamenti (mediante strategie fisiologiche, fisiche e comportamentali). La reazione di adattamento quindi è dipendente anche da fattori esterni al bambino e cioè le esperienze precedenti (nel caso dell'inserimento all'asilo si tratterà di prendere in considerazione i rapporti madre/figlio, le eventuali interazioni con altri bambini in presenza od in assenza dei genitori, la maggiore o minore autonomizzazione ottenuta), lasciando al bambino la facoltà di sentirsi rassicurato da un ambiente più che da singole e specifiche persone e dall’entità dello stimolo (ad esempio la gradualità con cui lo si inserisce, la maggiore o minore simpatia e Pagina 29 disponibilità delle maestre, la maggiore o minore compatibilità con eventuali altri bambini di differente temperamento, ecc.). Pagina 30 LA FORMAZIONE IN GRUPPO A cura di Sarah Sclauzero e Francesca Brancato Coop. Soc. Azimut La narrazione autobiografica1 è stata la scelta metodologica, perché consente di porre particolare attenzione alla storia della persona, fa della storia di vita una possibilità di recupero della propria identità, sperimentandone la narrazione di sé e dei significati che ciascuno attribuisce al proprio vivere e alla propria vita. L’ipotesi da cui siamo partite per impostare il lavoro nei forum fonda sul riconoscimento di un bisogno che noi crediamo esistente ma forse in alcuni momenti di vita latente, che potrebbe emergere durante il quotidiano stare, nella vicinanza con le beneficiarie, in cui le storie di vita, che qui si declinano con l’esperienza della maternità e del ruolo di donne lavoratrici, parlano e enunciano l’esigenza di essere narrate ed ascoltate con cura2. Si prende ad assunto che non solo l’ascolto attento è già in sé una forma di cura, ma che la narrazione di sé agisce nel profondo instillando un processo di auto-formazione, un’auto-cura. La narrazione di sé consente a chi si narra di attivare il ricordo, di recuperare nella sua memoria3 parti ed eventi connessi all’essere madre e del vivere ciò nel quotidiano, di risvegliare aspetti nuovi o riscoperti che nel 1 Una formatrice coinvolta si è formata presso la Scuola Feyles di Torino, Formatrice Tiziana Ciampolini, Corso di tecniche di autobiografia come cura di sé e degli altri. 2 Sangiovanni B., Piccolo Lessico per l’ascolto. Rimettere al centro l’ascolto per generare cambiamento. EGA Editore, Torino, 2009 3 Demetrio, D., Raccontarsi, L’autobiografia come cura di sé, Raffaello Cortina Editore, Milano, 1996. Pagina 31 momento in cui si ripresentano fanno vivere l’esperienza di essere, di essere in una storia completa, intensa, individuale, ricca. Recuperare, in un contesto dedicato, la propria storia in qualità di madri, o di figlie, crea la possibilità di riscoprire una individualità nuova, ricordare oggi guardare a ieri, fa si che la persona possa scegliere momenti significativi per sé e per la propria esistenza oppure possa decidere di chiudere, di celare, di non far emergere momenti di sfondo o di fatica. L’obbiettivo che ci siamo poste è stato quello di costruire un contesto per una nuova possibilità per le beneficiarie di sperimentare una forma d’ascolto pedagogica incentrata sulla cura della persona, volta ad un cambiamento, anche minimo, ma un cambiamento che porta con sé la novità di sguardi altri su di sé. Il cambiamento di cui parliamo è quello che si definisce come possibilità di guardare le cose da un altro punto di vista, di lato, illuminando maggiormente gli aspetti di valore e le risorse personali, amplificando e ridisegnando significati e sensi riscoperti e rinati dalla propria storia. Le beneficiarie attraverso questo tipo di ascolto diverranno attrici in modo nuovo, in modo più libero e generativo, riacquistando la possibilità di dire di sé cose nuove, forse mai ascoltate, non vincolate al pregiudizio di chi già conosce la loro storia, e di questa conoscenza essere in grado di farne un nuovo modo di vedere le cose, o meglio un modo di fare nuove le cose. I forum si sono svolti nell’arco di due mesi con una cadenza quindicinale, hanno visto coinvolte le beneficiarie inserite nel progetto e le due formatrici della Cooperativa sociale Azimut, una psicologa ed una esperta di processi formativi. Scegliamo di descrivere il percorso sperimentato attraverso tre parole chiave che hanno caratterizzato il processo di formazione nel gruppo: il clima, la condivisione, la restituzione. IL CLIMA Molta attenzione è stata posta nella cura del clima, la possibilità di stabilire una relazione di fiducia e di apertura tra le partecipanti al fine di rendere gli appuntamenti del forum, momenti costruttivi non solo su un piano formale o di contenuti informativi in merito alla condizione di madri al lavoro. Si sono utilizzati alcuni dispositivi formativi proposti con l’obbiettivo di sollecitare la reciproca conoscenza e stimolare il racconto di sé e delle propria esperienza. Alcune delle beneficiare hanno verbalizzato, nell’ultimo incontro, il proprio cambiamento nella partecipazione agli incontri, da prima formale in ultimo desiderato e atteso. LA CONDIVISIONE Strumento utilizzato e ben riuscito è stato il presupposto della condivisione come modalità di approccio formativo e nello stesso tempo obbiettivo raggiunto nel gruppo. Pensando che i contesti specifici di incontro tra le beneficiarie potessero avere un valore di condivisione delle esperienza di maternità si è orientato nel corso del tempo un lavoro che potesse favorire lo scambio reciproco e la narrazione degli eventi e dei vissuti relativi all’essere madre, sia nel rapporto di coppia che nel rapporto con i colleghi all’interno Pagina 33 del contesto lavorativo. Le beneficiarie hanno saputo cogliere questa occasione “portando” all’interno del gruppo le loro esperienze e le loro riflessioni sperimentando una libertà arricchente e formativa capace di attivare posizioni di crescita e di auto-formazione profonda. Attraverso la narrazione di sé è stato possibile mettere a fuoco fragilità su cui poter riconoscere il bisogno di cambiamento e di rinforzo, ma anche individuare i punti di forza, le caratteristiche specifiche di ognuna che diventano punti cardine su cui fondare la propria capacità di cambiamento. LA RESTITUZIONE Con restituzione intendiamo tutte quelle azioni volte a restituire, a “donare” all’altro ciò che abbiamo raccolto o ascoltato dal suo racconto di sé. Alla fine del primo incontro abbiamo potuto raccogliere delle pepite preziose, come attraverso ad un setaccio, parole dette e narrate dalle beneficiare in tema di maternità, che abbiamo composto in una poesia. Pagina 34 PAROLE PER DIRE MATERNITA’ Maternità è isolamento È separazione, è paura. Maternità sono le molte lacrime. Maternità è tutta quanta la responsabilità, è quel potere che senti fragile nelle tue mani, e quasi c’è d’aver paura. Ma la maternità è anche saper ascoltare, aver voglia di giocare, ritrovare un piacere. È assaporare la leggerezza. E’ il tuo cuore che cura, il tuo sentirti “insieme”. È fare un bel sogno, rinnovare un rito, accettare un bel dono. La maternità è una parola uguale a generatività, è uguale a creatività, è una danza di energie, è raccogliere un frutto capace di nutrire. Pagina 35 Abbiamo così sperimentato quanta ricchezza emerge dalla narrazione della propria esperienza, visualizzare il proprio racconto consente di rendere più concreta la propria riflessività sulla maternità. Anche le immagini sono state una strumento formativo importante, un gioco di ruolo proposto ha stimolato la capacità di riconoscersi nel doppio ruolo di madre e lavoratrice recuperando le caratteristiche specifiche e confrontandole con quelle che hanno saputo contaminare i due diversi aspetti dell’ identità di donna. Ascoltare i loro racconti ha stimolato una raccolta di immagini nuove associate a frammenti di storie che è stato possibile ritrovare e ascoltare da ciascuna di loro, donando alle beneficiarie le immagini in una breve presentazione di power point abbiamo sottolineato i frammenti e le parole che sono state vissute come elementi di possibile contaminazione tra i due ruoli: stare in equilibrio, respirare insieme, tornare a giocare, ascoltare per cambiare, accogliere il mistero. Nel forum conclusivo, come ultimo gioco formativo è stato proposto di scambiarsi dei doni, simbolici, come ringraziamento dell’esperienza fatta insieme, le beneficiarie hanno espresso il bisogno e il desiderio di continuare a condividere momenti di scambio e di riflessività. Verbalizzano l’importanza scoperta di poter vivere, soprattutto in un contesto lavorativo, la possibilità di parlare di sé, di accrescere la reciproca conoscenza, di manPagina 36 tenere vivo un atteggiamento capace di confrontarsi. Il percorso attivato ha reso possibile fornire uno spazio in grado di abbassare il senso di solitudine, creando una dimensione relazionale che ha fatto da specchio reciproco rafforzando le competenze di autoanalisi e la capacità di riscoprire un nuovo equilibrio tra gli ambiti assai complessi dell’esperienza della maternità e della vita lavorativa. Il monitoraggio Mamme in Comune Mamme in Forma Al fine di monitorare le azioni del progetto Mamme in Comune Mamme in Forma, è stato somministrato un questionario alle destinatarie del progetto (beneficiarie e tutor) ex ante ed ex post, che consentisse di misurare la conoscenza del progetto e degli obiettivi che lo stesso intendeva perseguire, le aspettative che ognuna aveva nei confronti del progetto e il raggiungimento delle aspettative (si allega copia dei due questionari). Le destinatarie sono quindi state invitate a compilare, in forma anonima, il questionario prima di iniziare le varie attività, ovvero il percorso di counselling individuale, la formazione di gruppo e la partecipazione ai convegni del progetto. Dall’analisi dei questionari compilati è emerso che: La conoscenza preliminare del progetto era condivisa già all’inizio delle azioni, anche se non in modo approfondito, e la partecipazione alle varie azioni ha consentito ad ognuna delle partecipanti di aumentare il grado di conoscenza e la consapevoPagina 37 lezza degli obiettivi che man mano si sono raggiunti; Le aspettative sono state ampiamente attese, infatti le destinatarie si aspettavano di giovare di occasioni di confronto e di riflessione, in particolare di poter condividere l’esperienza della maternità con altre colleghe, tutte attese che i percorsi individuali e di gruppo hanno consentito di perseguire e raggiungere. Inoltre tra le aspettative iniziali era emerso il desiderio di ricevere informazioni utili dagli esperti incaricati dal progetto, anche queste soddisfatte, in particolare: La conoscenza circa le normative che tutelano il conge do parentale è stata migliorata; La partecipazione al progetto ha consentito di migliora re ampiamente la conoscenza in merito a strategie per superare le difficoltà a cui va incontro una neomamma. Nel complesso dunque la partecipazione al progetto è stata considerata utile, costruttiva e piacevole all’unanimità e le partecipanti stesse auspicano di poter aderire in futuro ad altri progetti analoghi. Pagina 38 LA FORMAZIONE ON-LINE Nell’ambito del progetto sono stati attivati i seguenti corsi di aggiornamento on-line in relazione alle esigenze formative espresse dalle beneficiarie. • "Corso di Formazione multimediale in materia dell’Amministrazione digitale CAD": che aveva come oggetto le tematiche relative al Dlgs 82/2005 e le successive modifiche ed integrazioni riportate nel Dlgs 30 Dicembre 2010 n.235, (codice dell'Amministrazione Digitale), fornito da ANCITEL; • “Scrivere e gestire un progetto europeo” destinato anche agli enti pubblici interessati alla progettazione comunitaria, realizzato dall’Istituto Europeo di Pubblica Amministrazione (EIPA) nell’ambito di un accordo con il Dipartimento Politiche Europee della Presidenza del Consiglio dei Ministri; • “Corso di formazione e aggiornamento on-line sui contratti pubblici e le procedure di gara”, erogato da ANCITEL . Tutti i contenuti dei corsi sono riportati nella apposita sezione delle piattaforma e-learning dedicata al progetto "Mamme in Comune mamme In.forma" sul sito web del Comune di Alessandria, all’indirizzo: http:// www.comune.alessandria.it/moodle/ Pagina 39 I CONVEGNI APERTI AL PUBBLICO Pagina 41 Pagina 42 Pagina 43 È possibile trovare tutto il materiale relativo agli eventi nell’apposita sezione delle piattaforma e-learning dedicata al progetto "Mamme in Comune mamme In.forma" sul sito web del Comune di Alessandria, all’indirizzo: http://www.comune.alessandria.it/moodle/ Pagina 44 UNA BREVE RIFLESSIONE CONCLUSIVA Alle mamme che hanno partecipato al progetto: Michela, Erica, Sara, Letizia, Viviana, Paola, Laura. “Desidero ricordare una affermazione di Jung “gli influssi più forti che agiscono sui bambini non provengono affatto dall’atteggiamento cosciente dei genitori, bensì dal loro sfondo inconscio”, da cui parte questa breve riflessione circa la permeabilità delle relazioni interpersonali. Penso che la spontaneità vissuta anche nelle relazioni di lavoro si possa e si debba sapientemente connotare come una qualità della vita affettiva a cui spesso non ricorriamo e che invece sembra essere così essenziale e naturale quando viviamo la relazione con il bambino. La nostra attenzione verso le colleghe mamme e la loro verso di noi “esperte, tutor formatrici” si è espressa proprio attraverso un dialogo affettivo e una conoscenza legata ad una naturale risonanza, guidata non tanto da saperi e teorie ma da uno spontaneo atteggiamento di reciproca fiducia.” Mara Guanti Pagina 45 Bibliografia BION W.R., Apprendere dall’esperienza, Armando Editore, Roma, 1972 BOWLBY J., Attaccamento e perdita, Boringhieri ,Torino, 1972 BOWLBY J., Una base sicura : Applicazioni cliniche della teoria dell'attaccamento , Raffaello Cortina, Milano, 1989 CONFORTI M. Sulla soglia: l’archetipo degli inizi, MaGi Edizioni, Roma, 2009 FREUD S., Tre saggi sulla teoria sessuale: 1905, in OPERE, Boringhieri, Torino 1973, 4 vol. JUNG C.G., Prefazione a WICKES F.G., Il mondo psichico dell’infanzia in Lo sviluppo della personalità, OPERE, vol. 17, Bollati Boringhieri, 1991 LAPLANCHE J., PONTALIS J.B., Enciclopedia della psicanalisi, Laterza, Bari, 1987 MAHLER M., La nascita psicologica del bambino, Boringhieri, Torino, 1978 MONTECCHI F., I simboli dell'infanzia : dal pensiero di Jung al lavoro clinico con i bambini , La Nuova Italia Scientifica, Roma, 1995 SPITZ R., Il primo anno di vita del bambino. Genesi delle prime relazioni oggettuali, Universitaria Barbera, Firenze , 1953 STERN D., Il mondo interpersonale del bambino, Bollati Boringhieri, Torino, 1987 STERN D., La costellazione materna, Bollati Boringhieri, Torino, 1995 WINNICOTT D.W., Gioco e realtà, Armando, Roma, 1974 WINNICOTT D.W., La famiglia e lo sviluppo dell'individuo, Armando, Roma, 1996