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l`adolescenza tra metamorfosi e breakdown evolutivo
i quaderni di
L’adolescenza tra metamorfosi e breakdown evolutivo
Su una tematica come quella dell’adolescenza,
il lavoro di tutti noi è ancora più complicato,
complesso e difficile. A maggior ragione è compito
delle organizzazioni mettere tutti gli attori del
sistema in condizione di aprire le porte e muoversi
nelle pieghe della società. Le conoscenze, le
competenze, la formazione professionale, che sono
ormai patrimonio del sistema, vanno messe in comune
nelle pratiche ritenute valide.
L’unica cosa che non ci possiamo permettere è
chiuderci nei nostri ambulatori, laboratori, reparti,
strutture, aziende. In una situazione così circolare
come quella del disagio giovanile, né porte, né muri
possono esistere.
ZADIG editore
Copia non destinata alla vendita
In copertina Adolescenza
Edvard Munch, 1894
L’adolescenza tra metamorfosi e breakdown evolutivo
Approcci multidisciplinari, servizi e pratiche condivise
L’ADOLESCENZA TRA METAMORFOSI
E BREAKDOWN EVOLUTIVO
Approcci multidisciplinari, servizi e pratiche condivise
I quaderni di Janus
© Zadig editore
Via Ravenna 34, 00161 Roma
tel. 06 8175 644
e-mail: [email protected]
www.mhjanus.it
supervisione testi e coordinamento editoriale: Paolo Gangemi
progetto grafico e impaginazione: Corinna Guercini
L’ADOLESCENZA TRA METAMORFOSI
E BREAKDOWN EVOLUTIVO
Approcci multidisciplinari, servizi e pratiche condivise
Questo volume raccoglie gli interventi del secondo convegno nella
Regione Friuli Venezia Giulia sull’adolescenza
(Teatro Pasolini, Casarsa della Delizia - PN - 15 novembre 2008)
Responsabili scientifici
Luigi Canciani, Tiziana Martuscelli, Paolo Piergentili
Direzione scientifica
Francesco Burgio, Pietro De Fend, Gianna Del Ben, Ferruccio
Giaccherini, Marta Pozzi, Nicola Salerno, Lorenza Ulian,
Lorenzo Zanon
i n d i c e
Presentazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 7
Introduzione
Nicola Delli Quadri . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 9
Prima parte (mattina)
Il Progetto Interservizi,
Azienda sanitaria n. 6 “Friuli occidentale”
Tiziana Martuscelli . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 11
L’approccio di genere nella salute degli adolescenti
Giorgio Tamburlini . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 47
Autolesionismo e tentativi di suicidio
Marco Carrozzi, Sara Battistutta, Caterina Zanus,
Renata Aliverti, Silvana Cremaschi . . . . . . . . . . . . . . . . . . 54
Tavola rotonda
L’approccio clinico all’adolescente: risorse e criticità
Fulvio Kette, Willy Pierre Mercante, Angelo Cassin,
Guido Lucchini, Nicola Salerno . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 61
Seconda parte (pomeriggio)
I nuovi adolescenti in famiglia e a scuola
Gustavo Pietropolli Charmet . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 75
Comunicazioni e relazioni virtuali
Matteo Lancini . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 81
Tavola rotonda
Problematiche adolescenziali: strategie di intervento
Giorgio Tamburlini, Marco Carrozzi, Tiziana Martuscelli,
Matteo Lancini, Gustavo Pietropolli Charmet
Chairman: Paolo Piergentili . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 86
Presentazione
di Tiziana Martuscelli
L
a giornata di studio sugli adolescenti nasce in continuità
con quella che si è svolta a Trieste nel febbraio 2008.
L’intento del convegno era duplice: da un lato migliorare la
qualità degli interventi clinici da parte dei servizi che collaborano nella gestione degli adolescenti con problemi, dall’altro
offrire ai partecipanti l’opportunità di approfondire le conoscenze relative ai vissuti emotivi e alle manifestazioni comportamentali dei “nuovi adolescenti”.
La mattina è stata interamente dedicata all’approccio clinico
all’adolescente e ha previsto in apertura la presentazione del
Progetto Interservizi dell’Ass 6 “Friuli Occidentale”. Questo
progetto, avviato nel 2004, include specifiche linee guida –
concordate tra i differenti servizi – relative all’accoglienza e al
trattamento clinico dell’adolescente.
A seguire, una relazione relativa all’approccio di genere e le sue
implicazioni per la salute in adolescenza e la presentazione
della seconda parte della ricerca sui tentati suicidi in Friuli
Venezia Giulia, a completamento del discorso avviato durante
il convegno di Trieste. La mattinata si è conclusa con una tavola rotonda rispetto alle risorse e criticità nell’approccio clinico.
Nel pomeriggio gli esperti dell’Istituto Minotauro di Milano
hanno presentato due relazioni inerenti le caratteristiche e le
peculiarità dei “nuovi adolescenti”, così come si presentano
oggi nel contesto scolastico e familiare, nonché le attuali
modalità di rapportarsi e comunicare tra loro.
A seguire, una tavola rotonda nella quale i diversi relatori intervenuti si sono confrontati sulle strategie di intervento rispetto
alle complesse problematiche adolescenziali.
A chiusura del convegno sono stati infine presentati gli aspetti
politici di programmazione regionale in merito alla questione
adolescenza.
La giornata è stata aperta ai genitori, agli studenti, agli insegnanti, agli operatori della sanità e delle agenzie sociali, a coloro che a vario titolo e in differenti contesti svolgono un ruolo
educativo e a tutti coloro che fossero interessati all’argomento.
L’incontro è stato organizzato dall’Azienda per i servizi sanitari n. 6 “Friuli Occidentale”, con la collaborazione del Centro
regionale di formazione per l’area delle cure primarie,
dell’Ospedale pediatrico e Istituto di ricerca “Burlo Garofolo”
di Trieste e con il patrocinio della Regione Friuli Venezia Giulia,
del Comune di Pordenone, del Comune di Casarsa della
Delizia e dell’Ordine dei medici.
Introduzione
di Nicola Delli Quadri
S
u una tematica come quella dell’adolescenza è ancora più complicato, complesso e difficile il lavoro di tutti noi. A maggior ragione è
compito delle organizzazioni mettere tutti gli attori del sistema in
condizione di aprire le porte e muoversi, come si diceva una volta,
nelle pieghe della società. Le conoscenze, le competenze la formazione professionale, che sono ormai patrimonio del sistema, vanno
messe in comune nelle pratiche che vengono ritenute valide dal
punto di vista dell’esperienza ma anche della scienza, in un processo
di confronto continuo. Penso che come persone di scienza, l’unica
cosa che non ci possiamo permettere è chiuderci nei nostri ambulatori, laboratori, reparti, strutture, aziende. In una situazione così circolare come quella del disagio giovanile non possono esserci né porte
né muri, tutti siamo consapevoli di questo.
La pubblicazione degli atti di questo importante convegno permetterà a tutti gli interessati di ripercorrere, speriamo, ansie e motivazioni di un percorso professionale che è anche percorso di vite insieme
ad altre persone che chiedono aiuto.
Il Progetto Interservizi,
Azienda sanitaria n. 6
“Friuli Occidentale”
di Tiziana Martuscelli
I
llustrerò il Progetto Interservizi aziendale per gli adolescenti, l’approccio clinico all’adolescente e alla sua famiglia. Nell’anno 2003 la
Direzione dell’Azienda per i servizi sanitari n. 6 “Friuli Occidentale” ha
richiesto ai quattro servizi territoriali che si occupano della salute mentale degli adolescenti – il Dipartimento di salute mentale, il Servizio tossicodipendenze, il Consultorio familiare e il Servizio di neuropsichiatria
infantile – di elaborare un progetto per gli adolescenti con disagio psichico e per le loro famiglie. L’obiettivo del progetto aziendale è rendere
operativo un modello di intervento a favore degli adolescenti che sia
omogeneo in tutte le aree distrettuali: assicurare la chiarezza della presa
in carico nell’invio degli adolescenti problematici e, in una fase successiva, passare dalla rete “interna” all’Azienda alla rete esterna con le politiche socioeducative del territorio. I riferimenti del progetto aziendale
sono sia sul versante normativo, sia su quello tecnico operativo.
Sul versante normativo, il Progetto Obiettivo materno infantile e dell’età evolutiva della Regione Friuli Venezia Giulia si colloca a valle del
“Progetto Obiettivo materno infantile relativo al Piano sanitario
nazionale per il triennio 1998-2000” (Decreto ministeriale 24 aprile
2000), così come richiamato e integrato dal Piano sanitario nazionale
2003-2005 (Dpr 23.5.2003) recependone le indicazioni e adattandole
alle proprie esigenze, come esplicitamente previsto dallo stesso progetto obiettivo nazionale.
Si ritiene opportuno riportare la riflessione iniziale del documento
nazionale per sottolinearne la condivisione degli assunti di fondo: «La
tutela della salute in ambito materno infantile costituisce un impegno
di valenza strategica dei sistemi sociosanitari per il riflesso che gli interventi di promozione della salute, di cura e riabilitazione in tale ambito
hanno sulla qualità del benessere psicofisico nella popolazione generale attuale e futura. L’Organizzazione mondiale della sanità ha individuato, infatti, nel miglioramento della qualità della vita della madre e
del bambino uno degli obiettivi sanitari prioritari a livello mondiale».
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L’adolescenza tra metamorfosi e breakdown evolutivo
Il Progetto Obiettivo regionale ha per oggetto: il bambino fin dalle
problematiche del concepimento, l’evento nascita, lo sviluppo, l’adolescenza fino al passaggio all’età adulta; peraltro alcune situazioni
specifiche, quali per esempio la disabilità e le malattie rare, richiedono la prosecuzione del trattamento in strutture pediatriche a prescindere dal raggiungimento dei 18 anni di età, nel rispetto della continuità assistenziale; la donna, con particolare riferimento alla maternità e al suo ruolo di madre; la coppia in relazione alla procreazione e
alle funzioni genitoriali.
Bisogni che non trovano una risposta organizzativa adeguata
Va invece rilevato come ci sia un’area – cosiddetta “area grigia”, non
identificata nell’handicap certificato ai sensi degli articoli 3 e 4 della
Legge 104/92 – di confine, nella quale rientrano il disagio psicologico
che ha una valenza clinica e il disagio psicosociale con situazioni multiproblematiche. Queste situazioni trovano una risposta organica e
integrata solo eccezionalmente nel territorio regionale. Spesso questi
utenti e le loro famiglie si trovano di fronte a un’assenza di presa in
carico o all’incertezza del servizio di riferimento o tutt’al più di fronte
a una presa in carico parziale e frammentata tra differenti servizi.
L’inderogabile necessità di un adeguato assetto organizzativo dell’offerta che consenta ai servizi di svolgere un ruolo attivo nell’intercettazione precoce del problema e nella presa in carico organica di queste
situazioni è resa ancor più necessaria laddove la famiglia non riesce a
rappresentare adeguatamente i bisogni dei figli, o perché li nega o perché essa stessa si trova in una situazione di deprivazione culturale.
Si rileva inoltre come non trovino adeguata e omogenea risposta sul territorio regionale due bisogni particolari, entrambi connessi a specifiche
problematiche adolescenziali: l’intervento sulla crisi in sedi adeguate
all’età e l’inserimento in comunità residenziali dedicate, qualora il trattamento riabilitativo necessiti di un temporaneo distacco dalla famiglia
o anche di un intervento parallelo di tutela a fronte di un’inadeguatezza
familiare. Va infine rilevato che la situazione descritta si aggrava al raggiungimento della maggiore età e nel passaggio ai servizi per l’adulto.
In particolare l’Organizzazione mondiale della sanità ha sottolineato a
più riprese l’importanza di tutti gli interventi di promozione della salute, di cura, di riabilitazione sia nell’ambito materno infantile sia dell’adolescenza, cioè delle nuove generazioni, perché investire sulle nuove
Il Progetto Interservizi
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generazioni è un elemento fondamentale per quanto riguarda la possibilità di salute nel futuro.
L’Organizzazione mondiale della sanità stima che il 18% circa delle
patologie in età adulta potrebbero essere evitate con interventi tempestivi o preventivi in età infantile o adolescenziale. È una percentuale di tutto rilievo e il significato dei progetti che sentirete oggi, che si
stanno muovendo in tutta Italia, vanno proprio a cercare di colmare
questo 18%, anche nella relazione madre-bambino con il percorso
nascita promosso dai Consultori familiari nell’intento di svolgere attività di prevenzione primaria precocissima sulla relazione madrebambino, in particolare sui modelli di attaccamento che la letteratura
scientifica mondiale ci sottolinea come “basi” psicologiche per lo sviluppo della personalità.
La situazione in Friuli Venezia Giulia
Il Progetto Obiettivo materno infantile regionale segnala:
un’area – cosiddetta “area grigia”, di confine, nella quale rientrano il disagio psicologico che ha una valenza clinica e il disagio
psicosociale con situazioni multiproblematiche
queste situazioni trovano una risposta organica e integrata solo
eccezionalmente nel territorio regionale
spesso questi utenti e le loro famiglie si trovano di fronte a
un’assenza di presa in carico o all’incertezza del servizio di riferimento, o tutt’al più di fronte a una presa in carico parziale e
frammentata tra differenti servizi.
Quindi il Progetto Obiettivo materno infantile richiede sul versante
tecnico operativo:
un assetto organizzativo capace di intercettare precocemente i
problemi
garantire livelli di assistenza omogenei, superando le disomogeneità nell’offerta nelle aree regionali
superare la frammentarietà di risposte tra servizi sanitari e sociali a problemi e bisogni emergenti artificialmente suddivisi per
competenze e conoscenze con invii e rinvii continui tra diversi
servizi per i soggetti con disagio psichico e le loro famiglie
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L’adolescenza tra metamorfosi e breakdown evolutivo
costruire collaborazioni e integrazioni tra istituzioni e soggetti
della società per rispondere alla complessità dei problemi dei
cittadini
trasformare il concetto di sanità in quello più completo di “salute”.
Per rispondere a queste richieste l’Azienda per i servizi sanitari ha
risposto con il Progetto “L’integrazione dei servizi dell’Azienda sanitaria nell’area dell’adolescenza”.
Questo Progetto formalizza il passaggio dalla rete informale dei rapporti tra servizi a prassi formali, condivise e verificate sia dal punto di
vista organizzativo sia di efficacia dell’intervento.
LE TAPPE DEL PROGETTO
1. costituzione del gruppo inter servizi per gli adolescenti composto
dai referenti dei quattro servizi territoriali (Francesco Burgio,
Pietro De Fend, Gianna Del Ben, Ferruccio Giaccherini, Marta
Pozzi, Nicola Salerno, Lorenza Ulian, Lorenzo Zanon)
2. analisi dei dati degli adolescenti (14-24 anni) che hanno usufruito
di interventi psicologici e psichiatrici da parte dei servizi aziendali
3. stesura del progetto
4. percorso di formazione integrato sul miglioramento delle competenze clinico terapeutiche
5. linee guida: protocollo sulle modalità di intervento.
L’ANALISI DEI DATI DEI SERVIZI COINVOLTI
I giovani (14-23 anni) che hanno usufruito di prestazioni psicologiche
o psichiatriche nel 2003 sono stati 733, così suddivisi:
Dipartimento di salute mentale
Centro per i disturbi alimentari
Sert
Servizi di neuropsichiatria infantile
Consultori familiari
348
141
109
157
119
Per 38 di questi si è reso necessario un intervento di urgenza.
Il Progetto Interservizi
15
Il gruppo ha deciso di iniziare il suo lavoro partendo da un esame
della realtà, attraverso l’analisi dei dati degli adolescenti tra i 14 e 23
anni che hanno usufruito nell’anno 2003 di prestazioni psicologiche e
psichiatriche da parte dei servizi aziendali.
Complessivamente i dati risultano particolarmente significativi sia nel
numero – 733 giovani – sia nelle diagnosi psicopatologiche correlate.
Questo numero, come da accordi presi nella prima riunione, riguarda
solo gli adolescenti che hanno richiesto una consulenza o una “presa
in carico psicoterapeutica”, non i portatori di handicap o gli adolescenti che si sono rivolti ai servizi per altri problemi (per esempio al
Consultorio per le prestazioni sanitarie nell’area della contraccezione, della sessualità, ecc.).
Una valutazione generale dei dati ci permette di osservare come una
parte dei giovani si riferisca direttamente al servizio specialistico di
competenza del proprio problema, se il disturbo di cui soffre è più
facilmente identificabile, come la dipendenza da sostanze o i disturbi
alimentari, mentre un numero considerevole di adolescenti in difficoltà (più o meno conclamata) arrivano spesso ai servizi in modo
“indifferenziato”.
Questi dati sembrano confermare la “linea guida” individuata nel
corso di formazione con il dottor Muscetta e cioè che, per evitare di
perderli, sia necessario che ogni servizio sia luogo di accoglienza e di
prima valutazione del problema segnalato. Qualora il servizio a cui il
giovane si è rivolto non sia quello pertinente, è il servizio stesso che
“accompagna” il giovane verso il servizio che meglio può rispondere
alle sue esigenze, e nei casi di multiproblematicità i servizi concordino un intervento integrato.
Una valutazione più dettagliata dei dati ci permetterebbe di avere più
informazioni, soprattutto in termini di percorso svolto da parte dei
servizi con il giovane e di esiti degli interventi, ma non è l’obiettivo del
gruppo interservizi sull’adolescenza che, anche in riferimento a questi dati, ha iniziato una riflessione sull’approccio clinico all’adolescente e su un protocollo condiviso.
La riflessione
1) un numero considerevole di adolescenti in difficoltà (più o
meno conclamata) arrivano spesso ai servizi in modo “indifferenziato”
16
L’adolescenza tra metamorfosi e breakdown evolutivo
2) questi dati confermano la “linea guida”: per evitare di “perderli”
è necessario che ogni servizio sia luogo di accoglienza e di
prima valutazione del problema segnalato
3) qualora il servizio a cui il giovane si è rivolto non sia quello pertinente, è il servizio stesso che “accompagna” il giovane verso il
servizio che meglio può rispondere alle sue esigenze e nei casi
di multiproblematicità i servizi concordino un intervento integrato.
IL PROGETTO
Ravvisata la necessità di un integrazione tra i servizi all’interno
dell’Ass 6 in riferimento alla questione adolescenziale, il gruppo ha
lavorato in un’ottica trasversale seguendo una traccia che ha analizzato i seguenti punti:
• l’accoglienza
• la consulenza
• la richiesta di valutazione
• la terapia
• l’urgenza, il ricovero e la gestione della crisi
• il collegamento con il servizio aziendale di educazione alla salute
• la rete dei servizi non aziendali.
Il gruppo si è posto l’obiettivo di articolare il proprio lavoro sia rispettando le modalità operative attuali peculiari di ogni servizio, sia proponendo un protocollo omogeneo di approccio alla richiesta clinica
dell’adolescente.
I primi cinque punti della traccia sopra riportata sono strettamente
inerenti l’obiettivo, mentre gli ultimi due punti sono accennati e contestualizzati solo rispetto allo stesso.
• L’accoglienza
L’analisi della domanda è il primo momento di valutazione e decodifica di una richiesta di aiuto.
In fase di accoglimento, la domanda può essere formulata in modo
congruo e specifico o, soprattutto con pazienti adolescenti o con i
Il Progetto Interservizi
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familiari, si presenta spesso confusa, incongrua, aspecifica e contraddittoria.
L’abilità di decodifica e analisi della richiesta rappresenta quindi un
momento importante e significativo dell’accoglimento dell’utenza.
Si rende quindi necessario un ascolto professionale, capace di differenziare l’insorgenza di un disturbo dalla franca patologia, il comportamento inadeguato da condotte che rientrano nella normalità dei
comportamenti giovanili.
Le condotte che in altre età potrebbero essere considerate sintomo di
patologia, in adolescenza rientrano nella normalità. La conoscenza dei
normali percorsi del ciclo di vita e della psicologia dell’età evolutiva e
l’utilizzo di un’indagine multifattoriale consentono di orientarsi verso
una diagnosi che già in fase di accoglimento valuti la difficoltà o il livello di rischio in cui si trova l’utente che accede al servizio. La fase di
accoglimento rappresenta quindi un primo intervento che necessita di
competenze specialistiche che servono a discriminare e a differenziare la presa in carico dall’ipotesi di invio ad altro servizio dell’Ass o ad
attivare agenzie sociali dedicate ai giovani. Questo momento diventa
ancora più prezioso se confrontato con la difficoltà tipica dei giovani e
delle loro famiglie di rivolgersi ai servizi dell’Azienda per i servizi sanitari (Ass); è opportuno, quindi, che gli adolescenti possano essere inseriti in prassi adeguate di valutazione e di contatto con specialisti che
poi potranno occuparsi di loro, favorendo così la fiducia nell’intervento psicologico e aumentando le possibilità di successo.
La necessità che il primo contatto dell’adolescente avvenga con lo
psicologo è motivata dal fatto che questi si occupa sia del normale
funzionamento psicologico dell’individuo nelle sue fasi di sviluppo
sia degli aspetti patologici e del loro trattamento.
Nella valutazione si evidenzia quindi la necessità di competenze sui
temi della comunicazione, della conoscenza dei processi psicologici
tipici dell’età evolutiva, del funzionamento mentale e psichico dell’adolescente sano e del largo spettro di elementi che differenziano il
disturbo lieve o di media entità dalla franca patologia. Pertanto, in termini operativi: l’operatore del servizio che riceve la richiesta telefonica o di persona rimanda a un contatto con lo psicologo, che risponde
in tempo reale o richiama l’interessato per analizzare la domanda, sia
che questa venga fatta dal giovane o dalla sua famiglia sia da un servizio (scuola, servizi sociali dei Comuni, magistratura, ecc.).
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L’adolescenza tra metamorfosi e breakdown evolutivo
• La consulenza
L’intervento di consulenza all’adolescente può essere definito come la
possibilità di offrire un orientamento o un sostegno al singolo e al suo
sistema familiare, favorendone lo sviluppo con l’utilizzo delle sue proprie potenzialità. Consiste in un’assistenza specialistica basata sull’ascolto e l’approfondimento di problemi individuali e relazionali, fornita all’adolescente o ai suoi familiari per comprendere e risolvere
alcuni aspetti del loro disagio personale, familiare ed esistenziale.
È un intervento specialistico effettuato a scopo di valutazione, di
counselling e di indirizzo ed è finalizzato a valutare le condizioni cliniche, lo stato psicopatologico e comportamentale dell’adolescente.
Si tratta della prestazione professionale, svolta da un clinico esperto
in dinamiche psichiche normali e patologiche, individuali, gruppali e
organizzative.
È il momento in cui l’intervento psicologico si articola anche attraverso figure istituzionali significative nella rete relazionale del soggetto (medici di medicina generale, pediatri di libera scelta, operatori
sanitari, operatori sociali, educatori, figure adulte che svolgono attività di tipo educativo, ecc.) che richiedono un supporto da parte dell’esperto.
La consulenza è caratterizzata dall’utilizzazione degli strumenti propri dell’attività clinica ed è intesa prevalentemente in senso valutativo e diagnostico; può già contenere fattori terapeutici di per se stessi
esaurienti oppure suscettibili di impiego e sviluppo nell’ambito di un
eventuale programma terapeutico.
Va evidenziato dunque che la consulenza in adolescenza, prevedendo
tra l’altro la diagnosi psicologica, l’orientamento e il sostegno, è un’attività di competenza del ruolo professionale dello psicologo (Legge
56/89).
La necessità di un tempo breve nella risposta
L’adolescenza è una fase della vita piuttosto estesa nel tempo, e oggi
in particolare c’è una tendenza a spostare in avanti il suo “compimento” inteso come superamento della fase delle incertezze per un
accesso all’età adulta. Si potrebbe dire che al tempo dilatato della
condizione adolescenziale deve corrispondere un tempo ristretto di
risposta di chi è percepito sull’altro versante: quello adulto. Per questo motivo, infatti, si deve tener conto che le caratteristiche di incerIl Progetto Interservizi
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tezza e mutevolezza proprie di questa età permeano non solo il modo
di fare domanda, ma anche l’attesa e l’aspettativa della risposta.
Queste caratteristiche di incoerenza che portano l’adolescente a chiedere e a non volere, ad ammettere e negare, a voler dire e a tacere, ecc.
dovrebbero trovare sul versante della risposta chiarezza e coerenza
espresse in tempo breve, individuabile senza ambiguità, che esprimano attenzione e capacità di comprensione e accoglimento.
Il tempo diviene quindi un elemento centrale della risposta, considerando che in questa età spesso il “quando”, inteso come momento in
cui viene espressa la domanda, è più importante del “cosa”, inteso
come contenuto stesso della domanda.
Proprio questo concetto di tempo diviene centrale se si prende in
esame la necessità di aggancio e di contatto che scaturisce qualora
l’adolescente, o chi per lui, formuli ai servizi preposti una domanda
che implichi una risposta intorno al tema di un suo particolare “stato”
personale. In altre parole questo significa che alla velocità, instabilità
e mutevolezza del pensiero adolescenziale dovrebbe corrispondere,
da parte dei servizi, una risposta che si adatta a queste caratteristiche.
Non si può correre il rischio, infatti, di perdere il momento in cui un
giovane entra fugacemente in contatto con una sua parte sofferente e
mette in atto dei comportamenti (asociali, psicopatologici, devianti)
per poterla esprimere. Se a questo associamo la difficoltà tipica dell’adolescente di fare delle domande e la mutevolezza delle caratteristiche delle domande stesse, ne deriva quindi che l’operatore che
riceve l’adolescente debba dare una risposta in tempi brevi.
Evitare tempi lunghi di attesa significa, oltre a questo, evitare che l’idea corrispondente a un bisogno “lieviti” nella mente di un adolescente e si trasformi dilatandosi fino a non poter più essere riconoscibile e quindi a non poter essere espressa. Quando si determina questa condizione è facile prevedere che l’idea non prontamente accolta
aumenti la sofferenza del giovane fino a strutturarsi in un vero e proprio stato di crisi che si può esprimere in comportamenti disadattivi,
asociali, psicopatologici, ecc.
Se all’urgenza suscitata dalla modalità con cui viene espressa la
domanda corrisponderà la sollecitudine, non caratterizzata dall’ansia
bensì dall’attenzione e da una pronta capacità di accoglimento, verranno a crearsi le premesse che costituiscono base certa per lo sviluppo di una relazione di aiuto.
20
L’adolescenza tra metamorfosi e breakdown evolutivo
Metodi e tecniche
A livello metodologico, il consulente si ritrova a dover decidere quali
siano i propri interlocutori privilegiati e attraverso quali strategie o
tecniche svolgere il proprio intervento:
nel caso dell’adolescente minorenne, i genitori devono essere
comunque informati anche quando è il minorenne a rivolgersi
direttamente al servizio. Per i più giovani è molto più spesso la
famiglia a richiedere l’intervento. Diventa allora fondamentale
lo spazio riservato al ragazzo per un’analisi della domanda, perché possa arrivare a formularla in modo chiaro a se stesso. È
fondamentale concordare la modalità di coinvolgimento dei
genitori o dell’adulto di riferimento, sia per non minare il rapporto di fiducia indispensabile in qualsiasi intervento, sia relativamente alle problematiche che saranno affrontate
nel caso dell’adolescente maggiorenne, merita attenzione particolare la scelta di coinvolgere o meno, e in che modo, i suoi
familiari e in particolare i genitori. Questa valutazione dovrebbe
tener conto di alcuni principi sia di tipo professionale, come per
esempio l’effettiva necessità e possibilità di collaborare con loro
ai fini di un aiuto efficace, sia di tipo deontologico, come il
rispetto del segreto professionale e della privacy
nella consultazione con i soli genitori, sebbene l’adolescente sia
il vero potenziale cliente, al momento del colloquio con loro
sono quest’ultimi a essere “clienti”, in quanto interlocutori
essenziali e persone che hanno bisogni e difficoltà riguardanti
la loro relazione col figlio
nel caso di colloqui con i diversi interlocutori, è importante mettere a fuoco il funzionamento mentale di entrambi – figlio e genitori – per evidenziare come questo funzionamento influenzi sia
la qualità delle relazioni oggettuali, sia quella delle comunicazioni più manifeste.1
1. Tenuto conto di ciò, è opportuno sottolineare che, anche quando la richiesta proviene
dall’adolescente stesso, i genitori possono occupare un posto privilegiato nella consulenza poiché sono gli interlocutori principali del figlio in un tempo particolare del suo percorso di crescita, e si trovano a dover oscillare tra l’antica funzione di holding per comprendere e accogliere i momenti regressivi del figlio adolescente e la rinnovata funzione
Il Progetto Interservizi
21
A livello strategico, la consulenza all’adolescente prevede solitamente
una fase valutativa e una fase di restituzione della valutazione attuata, o di proposta di intervento vero e proprio.
Nella fase valutativa il consulente, in base alla situazione presentata e
al proprio orientamento, può utilizzare diversi strumenti: l’osservazione diretta, il colloquio con l’adolescente o con i suoi familiari, l’analisi
dei vissuti transferali e controtransferali, l’indagine testologica.2
di saper “sopravvivere” con fermezza e fiducia alle sfide aggressive adolescenziali, dettate
dal bisogno di sentirsi reali in un momento in cui sono smarriti i parametri antichi. Se
nella consulenza i genitori diventano interlocutori diretti del consulente, occorre muoversi nella direzione di aiutarli nei loro nuovi compiti di sostegno e di “sopravvivenza”,
mantenendo saldo il loro ruolo.
Il padre e la madre, infatti, sono portatori di una loro propria storia emotiva originata dal
momento in cui, a loro volta, furono bambini, poi adulti, adulti in coppia, per divenire
successivamente genitori di un bambino, fino al momento attuale in cui devono diventare padre e madre di un figlio che non è più un bambino. Occorre quindi portare i genitori
a comprendere la propria posizione personale e la necessità di sostenere i processi di
separazione-individuazione del figlio.
Per quanto riguarda l’adolescente, anch’egli porta dentro di sé le vicende della sua primissima infanzia, che hanno influenzato non poco l’assetto infantile e puberale successivo e l’approccio all’adolescenza stessa. Affinché la sua sofferenza mentale adolescenziale
possa essere contenuta, elaborata e sormontata all’interno della crisi evolutiva, occorre
che qualcuno se ne faccia carico, ossia occorre che il consulente svolga transitoriamente
la funzione sostitutiva della mente dell’adolescente, impedita dal proprio groviglio difensivo nel suo processo di individuazione.
2. Rispetto a quest’ultimo punto, può essere utile tenere presente alcuni principi (Senise).
In primo luogo il test non deve essere utilizzato alla stregua di un esame di laboratorio
nella pratica medica, ma deve essere realmente inserito “dentro” la relazione terapeutica;
in questo senso è indispensabile che la situazione testologica venga proposta quando l’adolescente e i propri familiari hanno ben compreso la finalità di individuazione del rapporto terapeutico. È importante cogliere eventuali segnali di resistenze inconsce, consapevoli che è meglio rinunciare all’indagine testale piuttosto che averne a disposizione una
che non può essere utilizzata, perché realizzata in assenza di una reale disponibilità emotiva. Senise ritiene ottimale una situazione nella quale il terapeuta e il testista siano due
persone differenti perché, a suo avviso, svolgono due funzioni mentali complementari ma
differenti per scopi, strumenti e situazione relazionale. Il terapeuta aiuta il ragazzo a definire un’immagine di sé più prossima a quella reale, il testista ne mette a fuoco il funzionamento mentale, attraverso l’uso che fa dei meccanismi di difesa. È facile intuire come
sia indispensabile una stretta collaborazione e conoscenza tra le due figure professionali,
maturata possibilmente attraverso una lunga esperienza di lavoro in comune, affinché
questa integrazione possa avvenire con successo. Per quanto riguarda l’utilizzo dei test,
sembra importante ricordare infine come debbano essere inseriti all’interno del percorso
della consultazione e come, soprattutto, non si possano assolutamente sostituire alla stessa o diventarne la parte dominante, per quanto ben somministrati, interpretati ed elaborati. Sono un grande strumento, un’opportunità straordinariamente efficace, ma solo se
possono essere complementari ai colloqui clinici e non tentano di esserne l’abbreviazione o l’oggettivizzazione.
22
L’adolescenza tra metamorfosi e breakdown evolutivo
La restituzione
Al termine della consulenza va sempre prevista la restituzione della
valutazione
all’adolescente
ai familiari
agli eventuali invianti.
I tempi
Solitamente la consulenza viene intesa come un intervento di breve
durata; nonostante ciò quantificare il numero di incontri può risultare riduttivo e inoltre può essere fuorviante.
Pertanto è opportuno sottolineare che fare una corretta restituzione
agli adolescenti di tutto ciò che è avvenuto nella fase di consulenza
può avere già una valenza terapeutica.
È opportuno poi ricorrere a un criterio temporale per distinguere la
valutazione dalla consulenza e dalla terapia, visto che esistono esempi di consulenze che possono estendersi nell’arco di diverse settimane, e modelli di psicoterapia breve o strategica che si risolvono in un
numero piuttosto ridotto di sedute.
Può essere più opportuno quindi distinguere l’intervento di consulenza da quello terapeutico vero e proprio in base al criterio degli
obiettivi perseguiti e dei metodi utilizzati, piuttosto che in base a un
criterio di tipo meramente temporale.
• La richiesta di valutazione
Va intesa come momento diagnostico al fine di valutare i rischi e il
funzionamento mentale dell’adolescente. Serve a definire quale
progetto terapeutico stabilire per il giovane o può essere richiesta
come prestazione autonoma da parte di: medici di medicina generale, pediatri di libera scelta, servizio degli ospedali, servizi dell’Ass
6 per un approfondimento diagnostico e consultazione per i servizi
sociali.
Viene anche richiesta dall’autorità giudiziaria per permettere al giudice di prendere decisioni in merito a progetti di cura, riabilitazione o,
in caso di adolescente con pendenze penali, misure alternative di
pena.
Si articola su tre modalità:
Il Progetto Interservizi
23
1) adolescente e genitore (obbligatoria in caso di minorenni). È il
caso più frequente, specie nella prima e nella seconda adolescenza, e comunque nei casi più gravi. Quando è evidente che
sono soprattutto i genitori a essere interessati alla consultazione, è consigliabile cercare di non aderire alla loro richiesta di
visitare l’adolescente prima che si sia creata in lui un minimo di
motivazione
2) adolescente da solo. Tali possono essere le diffidenze nei confronti degli adulti, e comunque tali possono essere le difficoltà
emotive a un incontro nuovo, tanto più impegnativo quanto più
è stato attivamente ricercato, che non è infrequente che il primo
colloquio possa essere anche l’ultimo.
Per questa ragione l’obiettivo principale che si pongono quelli
che prevalentemente si occupano di adolescenti è di fare in
modo che l’adolescente torni almeno una seconda volta, anche
al fine di valutare eventuali interventi traumatici (abusi, lutti,
malattie)
3) genitori da soli, quando l’adolescente rifiuta l’intervento o
quando viene richiesta la valutazione delle capacità genitoriali
per consentire le decisioni sul minore.
A completamento della valutazione è utile approfondire l’ipotesi diagnostica tramite l’utilizzo di test psicologici. Al termine la valutazione
deve prevedere una restituzione finale degli elementi raccolti.
• La terapia
Nella scelta del percorso terapeutico vanno poste alcune premesse
che consentono di individuare la modalità più adeguata alle richieste
degli adolescenti:
diagnosi differenziale: per esempio tra crisi acuta e crisi adolescenziale, intesa come crisi evolutiva, che può quindi avere
maggiori possibilità di una risoluzione favorevole, o tra disordine evolutivo e problema conclamato
implicazioni della comorbilità, frequente soprattutto nei disturbi da dipendenza (alimentare, droghe, affetti, ecc.)
criteri diagnostici: è necessario differenziare gli indicatori di
patologia tipici dei manuali che sono costruiti sugli adulti. La
24
L’adolescenza tra metamorfosi e breakdown evolutivo
valutazione deve essere multifattoriale e deve tener conto della
possibilità di regressione e quindi della normalità di un funzionamento a livelli inferiori per periodi brevi; così come può essere frequente un’alterata percezione del proprio corpo o una
variazione del tono dell’umore
l’utilizzo dei farmaci, che va calibrato conoscendo l’importanza
che ha in adolescenza il controllo del proprio corpo e della propria ideazione.
Molto spesso nella cura dell’adolescente, soprattutto nelle situazioni
più gravi, sussiste la necessità di intervenire a più livelli, nonché a
livello farmacologico; il progetto di intervento non include solo il trattamento psicoterapico, ma una gamma di interventi legati al contesto
di vita del paziente.
Il trattamento psicoterapico non è l’unico intervento; si dimostra a
volte utile negli interventi ambulatoriali, ma necessita di confrontarsi
con interventi educativi, psicopedagogici, riabilitativi, interfacciandosi altre volte con l’autorità giudiziaria o sociale, che a volte si
impongono come prioritarie.
Il lavoro dello psicologo è spesso quello di mantenere attiva e funzionante la rete dei servizi e delle prestazioni attuate sul singolo caso.
Nella rete risultano importanti i collegamenti con il territorio costituito da:
scuola
enti locali (progetto giovani, servizi sociali, ecc.)
medici di medicina generale e pediatri di libera scelta
ospedale (nel caso di adolescenti che abbiano patologie organiche o ricoveri)
autorità giudiziaria o servizi sociali: a volte la terapia si inscrive
in un programma previsto dal tribunale o da una sua diretta
emanazione.
Per terapia si intende una larga fascia di interventi che vedono la psicoterapia come intervento di elezione, ma che si stanno sempre più
allargando a interventi ad ampio raggio, tenuto conto dei cambiamenti dei giovani ma anche dei cambiamenti delle istituzioni e delle
famiglie. Vari tipi di intervento si fanno comunemente con gli adoleIl Progetto Interservizi
25
scenti e hanno comunque una valenza terapeutica, pur non essendo
propriamente interventi psicoterapici; per esempio:
counselling
terapia e sostegno alla famiglia, che può essere affiancato al
lavoro con gli adolescenti o in altre occasioni può essere l’unica
opportunità di intervento sul caso
supporto alla genitorialità
sostegno ai caregiver
interventi associati (farmaci + sostegno + terapia)
interventi con le comunità alloggio o con le comunità terapeutiche.
Per psicoterapia si intende una modalità di trattamento dei problemi
e dei disordini psichici o somatici che utilizzino metodi psicologici, e
in particolare la relazione tra terapeuta e malato. È un processo intenzionale progettato per produrre una modificazione di quei sentimenti, cognizioni, atteggiamenti e comportamenti rivelatisi problematici
per il soggetto, che cerca di farsi aiutare da un professionista con una
specifica formazione. Tutti i servizi dell’Ass 6 offrono, secondo criteri
di valutazione diagnostica e di opportunità sopra citati, la possibilità
di psicoterapia secondo modalità diverse:
psicoterapie individuali a breve termine: si intende un intervento a tempo prefissato o determinato, che mira a ottenere un
cambiamento in un arco di tempo relativamente breve e con un
numero di sedute limitate, intervenendo su problemi circoscritti o “focalizzati”.
Lo scopo della terapia breve è di tendere, pur nella brevità che
caratterizza l’intervento, ad avviare una trasformazione e una
crescita, e non solo di attivare una risoluzione del sintomo o
un’assistenza che oscilli tra il sostegno e il riadattamento
psicoterapie familiari: l’intervento ha l’obiettivo di modificare
le relazioni tra gli appartenenti alla stessa famiglia e le loro rappresentazioni psichiche
psicoterapie di gruppo: l’intervento, attraverso le dinamiche del
gruppo, si propone di sostenere la crescita e il cambiamento
delle rappresentazioni intrapsichiche dell’individuo.
26
L’adolescenza tra metamorfosi e breakdown evolutivo
Criteri di opportunità all’interno della realtà dei servizi pubblici
orientano l’intervento secondo i principi della psicoterapia breve.
Un discorso a parte merita la presa in carico delle situazioni gravi da
parte dei servizi. Questo tipo di intervento prevede, ovviamente, un
percorso terapeutico complesso e articolato, a lungo termine, dove
non è possibile aprioristicamente quantificare modalità e tempi dell’intervento stesso.
• L’urgenza, il ricovero e la gestione della crisi
L’intervento nella crisi, particolarmente in età adolescenziale, riveste
particolare importanza nell’economia dello sviluppo dell’individuo.
Una gestione adeguata della fase acuta e della successiva “presa in
carico” rappresenta un momento importante e significativo sia per il
trattamento successivo sia per l’evoluzione della stessa.
La gestione dell’urgenza, a livello strategico, prevede:
professionalità diverse (psichiatri, psicologi, infermieri, educatori, assistenti sociali)
tempi e modalità di intervento non definibili a priori
strutture di ricovero (e di accoglimento nel caso in cui non sia
possibile e clinicamente non idoneo un rientro immediato in
famiglia).
In riferimento all’attuale prassi dove l’intervento sulla crisi viene
garantito da diversi servizi all’interno dell’Ass secondo diverse modalità (competenze specifiche, organizzazione interna dei servizi, presenza del personale in sevizio, difficoltà di integrazione nell’intervento, ecc.), viene definita la necessità di incoraggiare l’interconnessione
formale tra i servizi, superando le attuali logiche di rapporto informale tra professionisti. La logica di questa proposta diviene quella di non
lasciare al caso l’intervento sull’emergenza-urgenza, favorendo il
lavoro di rete e la presa in carico successiva del giovane.
A livello metodologico, tenendo conto dell’organizzazione dei servizi
dell’Ass 6 e con l’intento, peraltro più volte ribadito, di rispettare le
modalità operative attuali peculiari di ciascun servizio, si propone:
l’intervento sull’urgenza viene garantito dal Dipartimento di
salute mentale sulle 24 ore essendo, attualmente, l’unico serviIl Progetto Interservizi
27
zio dell’azienda dotato di un medico reperibile e operativo
esclusivamente sulle urgenze. L’attuale protocollo di intervento
del Dipartimento di salute mentale sulle urgenze prevede che la
risposta avvenga in maniera differita a seconda che l’urgenza
sia:
• di pronto intervento
• entro le 24 ore
• per le urgenze differibili (entro le 48 ore).
L’urgenza viene garantita esclusivamente presso il Pronto soccorso a
livello provinciale ed è il medico del Pronto soccorso che la definisce
a partire dal mese di marzo 2005 la ristrutturazione del Pronto
soccorso dell’Ospedale civile di Pordenone prevede la possibilità di usufruire di 10 posti letto per degenze fino a 72 ore.
Questa risorsa diventa estremamente utile in casi di interventi
in urgenza su pazienti giovani, in quanto permette ai servizi di
calibrare l’intervento successivo
sarà compito del Dipartimento di salute mentale, che accoglie
la domanda, coordinare il proprio intervento con il servizio di
riferimento, in caso di giovane paziente già in carico a un servizio distrettuale. In riferimento a giovani non conosciuti sarà
compito del professionista richiedere un’unità valutazione
distrettuale al fine di:
• curare la tempestiva e completa comunicazione dell’intervento effettuato
• gestire la successiva presa in carico del giovane paziente in
un’ottica interservizi secondo gli obiettivi e le modalità
definite da questo progetto.
Comunque va ricordato che la letteratura recente sottolinea l’efficacia
clinica e l’importanza dell’intervento psicologico già nella fase dell’urgenza.
Una breve nota informativa: i giovani di 14-23 anni che nell’anno 2003
hanno ricevuto un intervento d’urgenza sono complessivamente 38,
di cui
28
L’adolescenza tra metamorfosi e breakdown evolutivo
10 giovani seguiti dal Dipartimento di salute mentale con intervento (trattamento sanitario obbligatorio, ricoveri volontari
presso servizi ospedalieri di diagnosi e cura psichiatrici, reparti
ospedalieri, centri 24 ore)
28 giovani con sede di contatto dipartimenti di emergenza.
Il tema dell’urgenza, il ricovero e la gestione della crisi è stato trattato
dal gruppo di lavoro composto da: Angelo Cassin, responsabile del
Dipartimento di salute mentale, Andrea Flego, responsabile del
Servizio tossicodipendenze, Ferruccio Giaccherini, responsabile del
Servizio di neuropsichiatria infantile, Nicola Salerno e Tiziana
Martuscelli.
• Il collegamento con il servizio aziendale di educazione
alla salute
Parlando di adolescenza ovviamente si parla di interventi nella scuola, dove attualmente intervengono su richiesta indifferenziata, da
parte dei dirigenti scolastici, molti servizi dell’Ass 6, servizi regionali
(Servizio per l’orientamento continuo), servizi e professionisti privati,
nonché associazioni varie.
Sarà opportuno che tutti gli interventi variegati che vengono forniti
alla scuola, compreso quello del Servizio di promozione ed educazione alla salute (Spes), trovino un coordinamento.
Il Servizio di promozione ed educazione alla salute
Questo servizio prevede tra le sue azioni programmatiche la creazione di procedure per assicurare i requisiti di trasversalità della promozione ed educazione alla salute, di intersettorialità e di partecipazione. Inoltre lo Spes si caratterizza come un servizio trasversale deputato a mantenere costanti rapporti di comunicazione e di collaborazione con i vari servizi che compongono l’Ass 6 e tra gli stessi e le altre
realtà territoriali. Va definita una modalità di interazione tra lo Spes e
gli operatori che nei vari servizi si occupano delle problematiche adolescenziali e viceversa.
In pratica, gli operatori che si trovano a intervenire da un punto di
vista clinico con adolescenti possono raccogliere tutta una serie di
elementi e di esigenze riguardanti questa realtà da trasferire poi allo
Spes che può a sua volta sulla base di questi e altri elementi, riorienIl Progetto Interservizi
29
tare, ricalibrare, integrare i propri programmi di intervento in ambito
preventivo e di educazione e promozione della salute.
Inoltre se nell’ambito sempre di un intervento clinico su situazioni
che coinvolgono adolescenti, gli operatori dei vari servizi interessati
entrano in contatto anche con realtà istituzionali e non (per esempio
scuola, associazioni, privato sociale, ecc.) possono segnalare l’esistenza del servizio aziendale che specificatamente è deputato a svolgere, appunto, un’azione di prevenzione, di educazione e di promozione della salute. D’altro canto, il Servizio di promozione ed educazione alla salute aziendale può, nel corso delle sue molteplici iniziative e attività, dare l’informazione che all’interno dei vari servizi
dell’Ass 6 ci sono degli operatori che possono offrire una risposta precisa dal punto di vista clinico alle richieste riguardanti le problematiche adolescenziali.
Altresì, eventualmente, di fronte a un’esplicita richiesta di intervento
su una specifica situazione, può essere fatto l’invio al servizio più
indicato con le modalità più opportune.
• La rete dei servizi non aziendali
Oltre alla magistratura, i servizi non aziendali che a diverso titolo si
occupano di adolescenti sono molti. Alcuni servizi fanno capo ai
Comuni (per esempio i Progetti Giovani, ambiti socio assistenziali con
psicologi e pedagogisti convenzionati prima con i finanziamenti della
Legge 285, poi con la Legge 328 o con altri finanziamenti a cui hanno
potuto e possono accedere i Comuni), altri a cooperative, per non
parlare di tutte le associazioni di volontariato che comunque svolgono funzioni diversificate di intervento sugli adolescenti.
Per quanto riguarda i Comuni, le leggi sopra citate se da una parte
hanno dato un forte impulso a molteplici progetti di supporto ai
minori, dall’altra con i finanziamenti a disposizione hanno aumentato le risorse di personale impegnato e hanno arricchito il panorama di
interventi sull’adolescenza che, a questo punto, necessitano di un
coordinamento per evitare sovrapposizioni anche con gli interventi,
soprattutto di prevenzione, che vengono richiesti anche ai servizi
sanitari.
In questo Progetto, finalizzato all’intervento clinico e pertanto peculiare solo all’Azienda sanitaria, facciamo un breve accenno ai principali servizi pubblici che a diverso titolo si occupano di adolescenti e
30
L’adolescenza tra metamorfosi e breakdown evolutivo
che interagiscono più o meno sistematicamente con i servizi dell’Ass
6, richiedendo agli stessi un intervento clinico: il Tribunale per i minorenni, il Tribunale ordinario, il Servizio sociale dei Comuni, il Servizio
regionale istruzione e orientamento e il Servizio sociale per i minori di
Trieste.
Il Tribunale per i minorenni
Non richiede una presentazione. In questa sede è opportuno, invece,
rendere evidente ciò che lo stesso richiede sistematicamente ai servizi sanitari attraverso decreti:
perizie di valutazione delle capacità di genitori di minori multiproblematici o in grave difficoltà e ad alto rischio psicologico o
psicopatologico e sociale al fine di assumere decisioni
diagnosi, consulenza, sostegno, psicoterapia del giovane
diagnosi, consulenza, sostegno, psicoterapia della sua famiglia.
I decreti prevedono dei tempi di attuazione dell’intervento con scadenze prefissate dal Tribunale stesso.
Il Tribunale ordinario
Considerata l’eterogeneità delle competenze di questo tribunale, è
necessario specificare le aree di intervento su cui è richiesto l’intervento dei servizi sanitari.
Le richieste possono provenire:
dal magistrato relativamente alle separazioni giudiziali, in occasione della richiesta di divorzio, ovviamente in presenza di
minori, o su richiesta di affido congiunto da parte dei genitori.
Con ordinanza, può richiedere perizie personologiche e di valutazione delle capacità genitoriali, con richiesta di proposta da
parte dei servizi circa il genitore più idoneo all’affidamento, al
fine di assumere una decisione
dalla Procura relativamente ai reati di violenza sessuale e di
maltrattamento fisico grave:
• assistenza psicologica alla vittima nell’iter giudiziario
• consulenza psicologica al pubblico ministero
Il Progetto Interservizi
31
• relazione e audizione in fase processuale, con svincolo dal
segreto professionale, nel caso il professionista sia il terapeuta.
L’Ufficio di servizio sociale per i minori di Trieste
Fa capo al Dipartimento per la giustizia minorile del ministero della
Giustizia. L’organico è composto da 10 assistenti sociali e 2 educatori,
oltre al direttore (che è sempre un assistente sociale) e al personale di
segreteria. Ha competenza su tutto il territorio regionale in relazione
alla competenza del Tribunale per i minorenni. La sua sede centrale è
a Trieste e ha una sede staccata a Udine. A Pordenone fruisce di un
recapito presso la sede dei servizi sociali di Pordenone.
Si occupa di minorenni fra i 14 e i 18 anni che entrano nel circuito
penale, dalla segnalazione di reato fino alla conclusione dell’iter
penale o all’esecuzione della condanna. Si occupa altresì di minori
vittime di violenza sessuale per i quali la Legge 66/96 dispone l’assistenza e la protezione in ambito giudiziario.
Interviene nelle varie fasi del processo penale minorile, secondo quanto disposto dal Codice di procedura penale minorile, che nella sua filosofia offre un ampio spazio all’osservazione, all’accompagnamento e
al sostegno del minore nel suo percorso evolutivo segnato da vicende
penali, sia nella veste di autore del reato sia, solo per i reati sessuali, di
vittima minorenne. Il focus prevalente è sull’area del disagio adolescenziale nei suoi aspetti del comportamento sociale e della devianza.
L’impostazione del metodo di lavoro del servizio, sostenuto da tutta la
normativa in materia minorile nonché dalle innumerevoli analisi teoriche sociologiche sulla devianza, porta questo servizio a costruire
delle forti connessioni con i servizi del territorio (ente locale, servizi
specialistici e privato sociale).
Per quanto attiene alle collaborazioni con i servizi specialistici
dell’Ass 6, le richieste prevalenti sono le seguenti, e sono già da tempo
consuetudine operativa anche formalizzata in forma scritta:
invii di situazioni personali del minore o dei familiari, su disponibilità degli stessi, per consulenza, sostegno o psicoterapia
richiesta di consulenza o sostegno per situazioni di minori ad
alto rischio sia psicopatologico sia sociale, o con gravi implicazioni di tipo penale
32
L’adolescenza tra metamorfosi e breakdown evolutivo
richieste di collaborazioni con interventi di tipo psicologico o
psicoterapeutico nei percorsi riabilitativi e rieducativi
cogestione di progetti e programmi di trattamento e riabilitazione specificamente per le problematiche connesse alla tossicodipendenza, ma anche per tutti gli altri servizi dell’Ass in presenza di psicopatologia o grave rischio psicosociale.
Per i 3 ultimi punti la responsabilità sul piano dell’organizzativo dell’intervento in ambito penale è prevalentemente dell’Ufficio di servizio sociale per i minorenni, ma la responsabilità sul piano tecnico
terapeutico è completamente dei servizi aziendali, che comunque
devono agire in rete con l’Ufficio di servizio sociale per i minorenni.
Nonostante la consuetudine consolidata di lavoro comune, sarebbe
comunque auspicabile una formalizzazione attraverso un protocollo
di intesa.
Il Servizio sociale dei Comuni
Il Comune è l’ente tutore dei minori residenti nel suo territorio. Si
avvale della collaborazione dei servizi dell’Azienda sanitaria per quanto riguarda tutti gli aspetti clinici relativi agli interventi sui giovani.
Ai servizi sanitari richiede, nell’ambito di una concreta coprogettazione e presa in carico delle situazioni:
perizie di valutazione delle capacità di genitori di minori multiproblematici o in grave difficoltà al fine di assumere decisioni
diagnosi, consulenza, sostegno, psicoterapia del giovane
diagnosi, consulenza, sostegno, psicoterapia della sua famiglia.
Tutti i Comuni della Provincia hanno stilato, nell’ambito prima della
Legge 285 e poi della Legge 328, dei protocolli di collaborazione con
l’Azienda sanitaria, definiti Unità di valutazione minori o Equipe
minori.
Il Servizio regionale istruzione e orientamento
Fa capo alla Direzione centrale istruzione, cultura, sport e pace di
Trieste. Ha 6 centri regionali di orientamento (Pordenone, Udine,
Trieste, Gorizia, Gemona, Cervignano) che sono strutture stabili di
livello inferiore.
Il Progetto Interservizi
33
Funzioni e competenze del servizio:
cura l’organizzazione dei servizi per l’orientamento, sia a livello
centrale (Centro risorse regionale, gestione del sistema informativo) sia a livello periferico tramite i servizi erogati presso i
centri di orientamento
coordina l’attività dei centri territoriali e dei soggetti istituzionali che operano a supporto dei processi di orientamento continuo
fornisce supporto alle autonomie scolastiche, anche in collaborazione con altri soggetti istituzionali, per promuovere il benessere e affrontare le situazioni di disagio dei giovani nei contesti
scolastici.
Le prestazioni erogate presso i centri sono:
sportello di accoglienza e informazione
servizi di consulenza di orientamento
counselling psicologico
servizio di bilancio di competenze
supporto tecnico alle scuole.
Il target sono giovani, adulti, studenti, docenti, famiglie. La sede di
Pordenone ha iniziato la sua attività nel 1985 con competenze sull’orientamento scolastico e professionale, perciò con rapporto prioritario
con la scuola media e superiore. Attualmente il personale regionale di
ruolo assegnato al centro di Pordenone è di 7 psicologi, di cui uno
responsabile del Centro, e 3 operatori di altro profilo professionale, due
con funzione formativa e l’altro con funzione amministrativa.
Dipendono dal centro due sportelli informativi (Pordenone e Maniago)
gestiti da 3 operatori esterni, dipendenti da una cooperativa vincitrice
di un appalto di servizi (progetto Ritmo). Lo sportello informativo e di
accoglienza si rivolge ad adolescenti, genitori, insegnanti, adulti. Tutte
le scuole medie inferiori e superiori della provincia usufruiscono delle
prestazioni consulenziali presso la propria sede. Attività erogate:
per i docenti: assistenza tecnica per la programmazione delle
attività di orientamento, azioni formative; il servizio fornisce
anche il materiale di supporto
34
L’adolescenza tra metamorfosi e breakdown evolutivo
per gli studenti e le famiglie: colloqui individuali ai ragazzi e ai
genitori, da cui emergono anche problematiche più importanti
che impediscono di prendere decisioni. Perciò possono avere
un seguito di counselling presso il Centro. La consulenza agli
adolescenti può essere anche integrata con una battera di test
(Wisc e Wais, Wartegg, Big Five, Questionario 16 Pf, questionari
interessi, ecc.)
per gli adulti: un bilancio di competenze da 8 a 12 incontri al
fine di permettere alla persona di svolgere un lavoro di elaborazione delle proprie risorse.
Il Centro ha fatto anche esperienze di lavoro di gruppo per aiutare i
genitori nel rapporto con i figli. Il Servizio istruzione e orientamento,
tramite la sede centrale di Trieste, può intervenire con contributi di
natura economica per sostenere progetti delle scuole per l’arricchimento dell’offerta formativa. Il finanziamento disponibile viene fissato annualmente con legge finanziaria a cui fa seguito una delibera di
giunta e un bando che fissano gli ambiti dell’intervento e le modalità
di partecipazione. Nell’anno scolastico 2003-2004 si è avviata una
sperimentazione finanziata (150.000 euro per tutta la Regione) dal
Servizio per un progetto benessere (“Star bene, studiando bene”) a cui
hanno partecipato in rete tre scuole della Provincia di Pordenone. Per
l’anno scolastico 2004-2005 l’azione contributiva gestita dal settore
orientamento del Servizio ha riguardato progetti per la prevenzione
della dispersione scolastica per un budget di 300.000 euro, ripartito
tra 87 scuole di cui nove rientranti nel territorio provinciale di
Pordenone. La coordinatrice del Centro di orientamento di
Pordenone è Rita Giannetti. Considerato che interveniamo sullo stesso profilo di utenza, risulta necessario che sia formulato un protocollo di intesa per la presa in carico clinica. Inoltre risulta necessario che
venga definita una connessione con il Servizio aziendale di educazione alla salute, in quanto molti risultano essere i servizi, nonché i
professionisti, che intervengono nella scuola.
• Conclusioni
Questo progetto prevede la verifica dell’efficacia dell’intervento.
La verifica consiste nella somministrazione di un test Scl-90 in fase
iniziale di consultazione, a metà trattamento psicoterapeutico, e alla
Il Progetto Interservizi
35
fine. L’utilizzo di questa prassi consente non solo di verificare l’efficacia dell’intervento, ma anche di avere una messe di dati clinici su cui
è possibile avviare una ricerca clinica.
Può essere attuato solo se:
viene valutata la distribuzione delle risorse. Le risorse di personale sono diversamente distribuite nei diversi distretti
il personale possa fruire di formazione. Per formazione si intende: contenuti teorici, monitoraggio del progetto e supervisione
di casi. La formazione deve essere almeno triennale: 4 giornate
all’anno (una per trimestre) per un totale di 12 giornate in tre
anni accreditate Ecm ogni anno; di fatto la formazione è stata
quinquennale per un totale di 20 giornate
il personale possa fruire di un sistema informativo. Tutti i professionisti devono avere accesso a una banca dati dei giovani
pazienti assistiti dai servizi territoriali, in modo tale da evitare
interventi incongrui. Il gruppo di lavoro che si è occupato dell’urgenza ha evidenziato la necessità da parte del professionista
chiamato in Pronto soccorso di avere in tempo reale un monitoraggio clinico della terapia farmacologica eventualmente in atto
venga previsto un coordinamento.
Inoltre, tutti i servizi concordano sulla necessità di poter disporre di
una struttura intermedia atta all’accoglienza di situazioni di emergenza sanitaria e sociale. Questa struttura consentirebbe una funzione di
“decompressione” e di attesa nella programmazione dell’intervento e
di grande risorsa operativa nell’intervento sugli adolescenti. Per ragioni economiche la struttura non verrebbe riservata esclusivamente agli
adolescenti, ma ai minori in generale, quindi andrebbe progettata
insieme alla Provincia e agli ambiti socioassistenziali dei Comuni.
LA FORMAZIONE
Un percorso formativo comune è risultato indispensabile:
come aiuto ai professionisti per aumentare i saperi, le conoscenze e le competenze
36
L’adolescenza tra metamorfosi e breakdown evolutivo
come opportunità di ripensare e rimettere in gioco i modelli
mentali e operativi (le routine) in un’ottica di integrazione e di
sussidiarietà
come supporto alla gestione del cambiamento nei servizi aziendali che si occupano di adolescenti, con una modalità di condivisione e di coprogettazione anche dei responsabili dei dipartimenti, servizi, distretti.
La formazione è stata seguita da una cinquantina di professionisti:
psicologi
psichiatri
neuropsichiatri.
Le tappe della formazione
Anno 2005
Modelli di attaccamento e i comportamenti a rischio in adolescenza (Muscetta)
Anno 2006
Le organizzazioni si rendono trasparenti: riflessioni sui servizi per
gli adolescenti come organizzazioni rivolte alle persone (Gobbi)
La valutazione dell’efficacia degli interventi psicoterapeutici
con gli adolescenti (Reitano)
L’intervento farmacologico in adolescenza (Miotello)
L’acuzie in adolescenza (Ferrara-Sabatello)
Anno 2007
Il governo clinico dell’adolescenza: strumenti e metodologie
dell’intervento (Bomben, Furlan, Gabrielli, Dolcet, Del Pup,
Cassin, Giaccherini, Flego)
Presa in carico dell’adolescente con patologia grave (Perulli)
La consulenza con le famiglie e la terapia indiretta nel trattamento delle problematiche adolescenziali (Verbitz)
Il Progetto Interservizi
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Psicoterapia dinamica breve (Prosepe)
Il governo clinico dell’adolescenza: strumenti e metodologie
dell’intervento (Bomben, Furlan, Gabrielli, Dolcet, Del Pup,
Cassin, Giaccherini, Flego)
Anno 2008
Formazione e supervisione clinica con docenti dell’Istituto
Minotauro-Crisis Center:
I nuovi adolescenti, la nuova famiglia e la scuola: le caratteristiche
degli adolescenti odierni e del loro contesto di crescita (Lancini)
Corpo, affettività e sessualità in adolescenza: la metodologia
della consultazione e del trattamento del preadolescente, dell’adolescente e dei suoi genitori (Colli)
Preadolescenti, adolescenti e giovani adulti: gesti audiolesivi e
tentato suicidio. L’intervento in condizioni di emergenza e
gestione della crisi (Pietropolli Charmet)
Antisocialità, violenza e piccola devianza in adolescenza: consultazione e trattamento del preadolescente, dell’adolescente e
dei suoi genitori. Metodologie di consultazione e trattamento
(Maggiolini).
LE LINEE GUIDA
Dall’attivazione di questo progetto è scaturito un atto deliberativo da
parte dell’Azienda per i servizi sanitari che con la Delibera n. 130 del
5 marzo 2008 che ha fatto proprie le Linee guida che ogni operatore
– psicologo, psichiatra, neuropsichiatra – di quest’azienda deve adottare.
Perché le linee guida?
per la traduzione di un insieme organico di interventi su tutto il
territorio provinciale
per sviluppare e diffondere strumenti e metodologie di lavoro
comuni e assicurare un’uniforme diffusione delle competenze
evitando sovrapposizioni e “vuoti” d’intervento.
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L’adolescenza tra metamorfosi e breakdown evolutivo
I temi delle linee guida:
la risposta tempestiva e il coinvolgimento dello psicologo
accoglienza e valutazione della domanda
ricorso all’Unità di valutazione minori e all’Unità di valutazione
distrettuale
intervento di consulenza e psicoterapia
urgenza, ricovero e gestione della crisi
uso dell’Scl-90 per la valutazione dell’efficacia del trattamento
clinico.
Scheda di rilevazione dell’applicazione delle Linee guida
Questa scheda è stata applicata a tutti (?) gli utenti adolescenti (14-23
anni) dall’inizio dell’anno fino al 31 ottobre, al fine di verificare l’applicazione delle Linee guida.
C’è un punto interrogativo su tutti. Siamo certi che, essendo ancora in
fase sperimentale, non è stata applicata a tutti i ragazzi o le famiglie
14-23 anni. Pertanto analizziamo un dato in difetto.
In sintesi si richiede a parte l’età del soggetto, il servizio di appartenenza, se c’è stato un coinvolgimento rapido con che tempi, che accoglienza, che valutazione della domanda c’è stata, quanti colloqui sono
stati fatti, se c’è stato ricorso all’Unità di valutazione minori, che tipo
di consulenza è stata fatta, quanto tempo è durata, che tipo di psicoterapia, se c’è stato il ricovero, com’è stata gestita la crisi e se è stato
applicato lo strumento di verifica dell’efficacia dell’intervento.
Dall’inizio dell’anno al 31 ottobre 2008 ecco i contatti che abbiamo
rilevato attraverso le Linee guida:
Consultorio
34%
Dipartimento
di salute mentale
36%
Neuropsichiatria
infantile 6%
Sert 24%
Il Progetto Interservizi
39
Il dato conferma la distribuzione nei servizi come rilevato nel 2003:
36% Dipartimento di salute mentale, 34% consultorio, 6%
Neuropsichiatria infantile, 24% Sert.
Sert
Dipartimento di
salute
mentale
Totale
Età
Consultorio
Neuropsichiatria
infantile
14
18
4
0
2
24
15
4
5
2
4
15
16
18
3
2
3
26
17
13
1
5
14
33
18
10
1
3
5
19
19
2
0
12
8
22
20
5
0
8
15
28
21
2
0
8
7
17
22
0
0
7
9
16
23
3
0
6
9
18
Nella tabella vediamo la distribuzione per età dei 218 ragazzi che si
sono presentati o sono stati inviati ai servizi territoriali dell’Azienda n.
6 per problemi psicopatologici o breakdown evolutivi, non altri problemi che non richiedono un approccio clinico.
Come sono arrivati?
Altro familiare 3%
Genitori
59%
Adolescente
38%
Quante situazioni sono arrivate spontaneamente? Nel 59% dei casi
sono arrivati i genitori in crisi, e in alcune situazioni abbiamo lavora40
L’adolescenza tra metamorfosi e breakdown evolutivo
to solo con loro. Viene fatto questo tipo di lavoro se è sufficiente un
lavoro indiretto, oppure in una prima trance di lavoro quando il
ragazzo non si rende disponibile a un “aggancio”. Interessante risulta
il 38% di giovani che si rivolgono spontaneamente ai servizi.
Anche altri soggetti hanno fatto richiesta:
Sert
Dipartimento
di salute
mentale
Totale
3
2
18
27
0
3
0
2
5
Autorità
giudiziaria
1
0
26
0
27
Altro
5
0
4
13
22
Consultorio
Neuropsichiatria
infantile
Altro
servizio
Ass 6
4
Scuola
Quanto siamo stati rapidi nel rispondere a questi ragazzi?
Risposta
tempestiva
e coinvolgimento dello
psicologo
Sert
Dipartimento
di salute
mentale
Totale
2
12
23
53
44
4
27
25
100
Oltre 7 giorni
8
6
11
28
53
Lo psicologo
è stato
coinvolto
Sì 23
No 4
Sì 7
No 7
Sì 21
No 10
Sì 42
No 18
Sì 93
No 39
Consultorio
Neuropsichiatria
infantile
Entro 3 giorni
16
Da 4 a 7
giorni
Entro 3 giorni per 53 ragazzi, da 4 a 7 giorni per 100: una media abbastanza buona. Le Linee guida saranno riviste dal prossimo anno, a
Il Progetto Interservizi
41
seguito degli interrogativi che escono da questa rilevazione. Per
esempio oltre i 7 giorni per 53, cosa significa? Quanto tempo hanno
atteso? Lo psicologo è stato coinvolto? Sì, per 93 ragazzi. Il no per 39
ragazzi significa che il primo colloquio è stato fatto da altri operatori,
in relazione all’assetto del servizio e che poi è stato coinvolto un altro
specialista.
Per l’accoglienza della domanda, qui vediamo se il ragazzo è stato
seguito nel servizio a cui ha fatto richiesta:
Seguito
dal servizio
in cui è
stata fatta la
richiesta?
Accoglienza
fatta dallo
psicologo?
Quanti
colloqui di
accoglienza
sono stati
svolti?
Sert
Dipartimento
di salute
mentale
Totale
12
32
59
156
13
2
19
9
43
Sì
68
12
27
20
127
No
1
2
24
46
73
1
6
3
30
34
73
2
10
3
12
17
42
3
28
4
3
12
47
>3
21
0
2
6
29
Consultorio
Neuropsichiatria
infantile
Sì
53
No
156 ragazzi sono rimasti nel servizio in cui hanno fatto richiesta. Ciò
significa che ciascun servizio ha lavorato sulla psicopatologia e che
per 43 adolescenti si è ritenuto opportuno un passaggio.
L’accoglienza è stata fatta direttamente dallo psicologo in 127 ragazzi, no per 73. Quanti colloqui di accoglienza sono stati eseguiti? 1 colloquio a 73 ragazzi, 2 colloqui a 42, 3 colloqui a 47, oltre per 29 situazioni.
La restituzione della consultazione e dell’esito dell’intervento è una
prassi metodologica prevista dal protocollo.
42
L’adolescenza tra metamorfosi e breakdown evolutivo
Restituzione
fatta a:
Consultorio
Neuropsichiatria
infantile
Sert
Dipartimento
di salute
mentale
Totale
Adolescente
18
2
24
40
84
Adolescente
e famiglia
43
12
16
44
115
Inviante
8
0
5
6
19
Nelle Linee guida è previsto anche il ricorso all’Unità di valutazione
distrettuale che si è resa necessaria solo per 10 casi, per i quali il professionista ha ritenuto necessario connettersi con gli altri servizi.
Ricorso all’Unità
di valutazione
distrettuale
Sert
Dipartimento
di salute
mentale
Totale
0
5
2
10
12
46
75
183
Consultorio
Neuropsichiatria
infantile
Sì
3
No
50
L’intervento di consulenza o psicoterapia
Sert
Dipartimento
di salute
mentale
Totale
5
25
49
107
16
2
3
14
35
28
3
9
18
58
Consultorio
Neuropsichiatria
infantile
Consulenza
adolescente
28
Consulenza
genitori
Consulenza
genitori e
adolescente
Il Progetto Interservizi
43
Sert
Dipartimento
di salute
mentale
Totale
1
0
13
14
19
3
6
29
57
Psicoterapia
genitori
3
0
1
0
4
Psicoterapia
familiare
0
0
1
5
6
Psicoterapia
di gruppo
0
0
0
2
2
Consultorio
Neuropsichiatria
infantile
Consulenza
altre figure
riferimento
0
Psicoterapia
adolescente
Urgenza, ricovero e gestione della crisi
Consultorio
Neuropsichiatria
infantile
Sert
Dipartimento
di salute
mentale
Totale
Adolescente
visto
in pronto
soccorso
1
0
1
4
6
Adolescente
visto a
domicilio
1
0
0
1
2
Altro
1
0
0
0
1
0
3
0
0
3
0
0
0
0
0
Adolescente
già
conosciuto
Adolescente
sconosciuto
Dai dati si evince che sono stati visti 6 adolescenti in Pronto soccorso,
4 al Dipartimento di salute mentale, 1 al Sert e 1 al consultorio; a
44
L’adolescenza tra metamorfosi e breakdown evolutivo
domicilio abbiamo visto 2 ragazzi (3 erano già conosciuti, mentre sconosciuti non ce n’erano). Relativamente alla questione dell’urgenza,
questi sono dati sicuramente in difetto; verranno confrontati a fine
anno con i dati dei servizi e in particolare con quelli del Dipartimento
di salute mentale reperibile sulle 24 ore.
L’uso del test Scl-90 inizio e conclusione di trattamento
NeuroConsultorio psichiatria
infantile
Somministrazione
inizio
Somministrazione
conclusione
Sert
Dipartimento
di salute
mentale
Totale
Sì
38
5
32
41
116
No
27
3
19
32
81
Sì
1
0
0
0
1
No
37
5
32
41
115
Le scale cliniche dell’Scl-90 sono:
somatizzazione
ossessività-compulsività
sensibilità interpersonale
depressione
ansia
rabbia-ostilità
ansia fobica
ideazione paranoide
psicoticismo.
Ringrazio Manuela D’Andrea che ha elaborato i dati delle Schede di
rilevazione delle Linee guida. Grazie per l’attenzione.
Tiziana Martuscelli
Il Progetto Interservizi
45
L’approccio di genere nella
salute degli adolescenti
di Giorgio Tamburlini
N
el 2008 è stato pubblicato un rapporto dell’Organizzazione mondiale della sanità sui determinanti sociali della salute, che analizza i fattori di natura sociale che fanno sì che una persona sia in grado
o meno di mantenere il suo stato di salute o viceversa si ammali,
muoia prematuramente o soffra di disabilità e bassa qualità di vita.
Tra questi fattori ci sono anche le differenze di genere che portano, in
ragione di fattori biologici o culturali e sociali, a comportamenti
diversi, che a loro volta hanno conseguenze per la salute; oppure, in
ragione di norme, leggi o convenzioni che regolano la vita sociale,
conducono a esiti di salute sensibilmente diversi.
L’aspettativa di vita è in tutti i Paesi sensibilmente diversa tra uomini
e donne, sbilanciata a favore delle donne, ma esistono molti altri
fenomeni e indicatori di salute che vedono l’uno o l’altro dei generi in
una situazione privilegiata o svantaggiata.
Le asimmetrie di genere, così come altre differenze (età, classe sociale, appartenenza a minoranze etniche, ecc.) determinano modi diversi di vivere, ammalarsi, utilizzare i servizi, prendersi cura di sé e degli
altri, e sono fonte di disuguaglianze negli esiti di salute. L’adolescenza
è un tempo cruciale per lo stabilirsi dei ruoli sociali legati al genere e
per l’espressione di queste asimmetrie in diversi percorsi ed esiti di
salute. Adottare un approccio di genere significa quindi prendere in
considerazione il ruolo svolto da fattori biologici, sociali e culturali e
dalle relazioni di potere tra ragazzi e ragazze nella protezione e promozione della salute, così come nella perdita della salute e dell’integrità fisica, al fine di massimizzare l’appropriatezza e l’efficacia dei
programmi e degli interventi. È evidente che i programmi di salute
per gli adolescenti sono tra quelli per i quali un tale approccio diventa decisivo.
Ci sono delle grandi differenze negli esiti e nei rischi relativi alla salute per quanto riguarda gli adolescenti e i giovani adulti (per esempio
l’incidenza di tentati suicidi è molto maggiore nelle femmine, con un
48
L’adolescenza tra metamorfosi e breakdown evolutivo
rapporto che può arrivare a 10 a 1, mentre i suicidi sono più frequenti nei maschi con un rapporto di 4 a 1, come pure gli incidenti sul lavoro e sportivi; come è noto, le violenze e le aggressioni sono essenzialmente perpetrate dai maschi, le violenze sessuali sono maggiormente subite dalle femmine, i disturbi della condotta alimentare sono
molto più frequenti nelle donne, così come molte malattie croniche,
come quelle reumatologiche, che esordiscono e si sviluppano durante l’adolescenza. Le differenze di genere si ritrovano in molti altri
comportamenti, come la guida in stato di ebbrezza, le aggressioni, gli
atti vandalici, il bullismo a scuola, tutti fenomeni a espressione sbilanciata nei due sessi.
Queste asimmetrie perdurano per tutto l’arco della vita (Abergavenny
Roger Dobson). Ma anche focalizzandosi sui giovani adulti, le statistiche europee mostrano che c’è una tendenza dei giovani a morire
prima, anche in assenza di conflitti e di guerre, dove il fenomeno
assume dimensioni molto più evidenti.
Esistono della asimmetrie tra ragazzi e ragazze anche per quanto
riguarda la consapevolezza dei propri bisogni di salute: i ragazzi sono
in genere molto meno attenti e consapevoli, eccetto che per alcune
situazioni in cui la condizione è particolarmente “appariscente” (per
esempio l’acne); le ragazze, al contrario, sono generalmente molto più
consapevoli dei loro bisogni di salute, in particolare per ciò che concerne la sfera riproduttiva-sessuale. Ciò si ripercuote sull’accesso ai
servizi: i ragazzi hanno accesso ai servizi di salute in misura molto
minore che le ragazze (fatta eccezione per i pronti soccorsi e i reparti
di ortopedia), e le stesse richieste di informazione sulla salute sono
molto maggiori per le ragazze. Tra alcune popolazioni di migranti,
anche in seconda generazione, sussistono peraltro problematiche a
carattere culturale o religioso che impediscono, o rendono conflittuale nell’ambito della famiglia e della comunità, l’accesso a determinati
servizi, in particolare i consultori familiari, da parte delle ragazze.
È degno di nota il fatto, riportato da diversi studi condotti in Italia e in
altri Paesi europei, che complessivamente circa il 50% dei ragazzi che
appartengono alla fascia d’età tra i 15 e i 18 anni ha un contatto con
un servizio d’emergenza nel giro di 2 anni. Queste costituiscono
opportunità di contatto che non vengono utilizzate per far circolare
informazioni sulla salute, e che risultano quindi essere occasioni
perse.
L’approccio di genere nella salute degli adolescenti
49
Esistono infine differenze di genere nei percorsi che conducono a
comportamenti a rischio o viceversa protettivi (per esempio nelle
motivazione per fumo e alcol, nei rapporti sessuali non protetti, nell’uso di contraccettivi). Questi percorsi sono evidentemente dipendenti dall’identità di genere che si costruisce a partire dai primi anni
di vita e che rappresenta l’involucro delle differenze di carattere biologico, che vengono quindi amplificate, o comunque modificate, a
seconda del nostro retaggio culturale. Esistono molte evidenze rispetto alle pressioni sociali riguardanti per esempio l’immagine del proprio corpo nei ragazzi e nelle ragazze; le donne presentano più spesso stereotipi ideali, con i problemi conseguenti. Tutte queste informazioni in realtà ci sono note da tempo: l’articolo di Cheryl Alexander
della Johns Hopkins (“Gender Differences in Adolescent Health
Concerns and Self Assessed Health) è del 1989! In questo lavoro sono
stati intervistati 745 studenti tra 14 e i 15 anni, rilevando importantissime differenze legate al genere nella percezione dello stato di salute.
Per quanto queste conoscenze siano note già da tempo, risulta ancora difficile trasferirle nella pratica. Un esempio potrà meglio chiarire
di cosa stiamo parlando: Monica, 15 anni, fuma da quando ne aveva
13; ha un problema con la sua immagine corporea, è magra ma vorrebbe essere ancora più magra, ha iniziato ad avere rapporti con il suo
ragazzo, di 18 anni, che non vuole utilizzare alcuna protezione;
Alessandro, 16 anni, è un “binge drinker” da quando ne aveva 14, pratica il bullismo col suo gruppo dentro e fuori dalla scuola, e guida
pericolosamente il suo scooter.
Queste due situazioni, seppur non particolarmente patologiche, presentano evidentemente alcuni rischi. Ebbene, quanto dovrebbero
essere diversi i nostri approcci a questi due adolescenti? Quanto
devono tener conto del diverso sviluppo biologico, psicologico e
sociale, considerare quindi le importanti differenze tra maschi e femmine in questa fase della vita, ed essere quindi sufficientemente specifici per quanto riguarda l’analisi, la diagnostica, e l’intervento?
Applicare un approccio di genere significa innanzitutto tener conto di
come e perché i diversi fenomeni si distribuiscono tra i due sessi,
capire fino a che punto occorra tener conto di queste differenze negli
interventi dei servizi o nelle politiche più generali. Alcuni esempi di
indicatori per i quali è necessario valutare le differenze di genere
sono:
50
L’adolescenza tra metamorfosi e breakdown evolutivo
prevalenza di uso di sostanze
prevalenza di malattie sessualmente trasmissibili
conoscenze e pratiche riguardanti i comportamenti sessuali e
riproduttivi, incluso l’accesso a servizi
percezione di sé e del proprio stato di salute
prevalenza di problemi di salute mentale.
Negli approcci di genere non ci si deve comunque limitare ad approcci quantitativi. Quando dobbiamo analizzare una situazione, è necessario integrare i numeri con dei dati qualitativi, utilizzando interviste,
focus group, ecc.
Circa quindici anni fa è stato pubblicato in Inghilterra un lavoro particolarmente utilizzato dai ricercatori (Kevin Harvey, Dick Churchill,
Paul Crawford, Brian Brown, Louise Mullany, Aidan Macfarlane, Ann
McPherson), che analizza le tematiche prevalenti utilizzando le e mail
dei ragazzi.
È quindi opportuno pensare che, anche nella raccolta dei dati, di
qualsiasi natura siano, sia necessario tenere conto delle differenze di
genere. Ma molte delle nostre campagne, dei programmi che mettiamo in atto, non risultano sufficientemente efficaci perché non ne tengono conto.
È necessario valutare l’impatto specifico su ragazzi e ragazze di ogni
azione (inclusi legislazione specifica, servizi, programmi, ecc.) per
comprendere come meglio si possa agire per essere più efficaci. Tra le
diverse modalità di intervento, quella in cui è maggiormente necessario tenere conto delle differenze di genere è quella dell’informazione
e della comunicazione, in modo da riuscire ad “agganciare” efficacemente sia i ragazzi sia le ragazze.
Alcune aree di intervento per i quali un approccio di genere è assolutamente necessario sono:
stereotipi maschili sui rapporti sessuali
uso di contraccettivi
stereotipi maschili circa la violenza e il bullismo
stereotipi femminili circa l’immagine corporea ideale
percorsi di dipendenza da sostanze (nel Bronx per esempio è
stato impiantato un programma di trattamento residenziale per
ragazze con problemi di tossicodipendenza).
L’approccio di genere nella salute degli adolescenti
51
Ma un adattamento di genere degli interventi può essere necessario
anche in aree non così ovviamente genere-dipendenti: per esempio,
l’esperienza in diversi Paesi ci dice che le campagne contro il fumo
devono tener conto delle differenti (tra maschi e femmine) ragioni per
cui si inizia a fumare. In questo caso non stiamo parlando tanto di
problemi che investono selettivamente l’uno o l’altro dei sessi, ma di
problemi che riguardano maschi e femmine in modo diverso.
Per orientare i servizi e gli operatori nell’utilizzo di un approccio di
genere sia in fase analitica sia di intervento, l’Ufficio regionale europeo dell’Oms, nell’ambito della Strategia europea per la salute del
bambino e dell’adolescente (2005), ha sviluppato uno strumento
(“Gender Tool”) che è stato prodotto in collaborazione tra
l’Osservatorio spagnolo per la salute della donna (ministero della
salute) e il gruppo di salute internazionale del Burlo Garofolo di
Trieste. Il Tool si propone di fornire una guida per dirigenti di servizi e
operatori per:
raccogliere dati disaggregati per genere
analizzare le informazioni secondo un approccio di genere
adottare un approccio di genere negli interventi.
Questo strumento presenta una parte introduttiva che analizza le differenze di genere nelle varie tematiche, e suggerisce per ciascuna due
tipi di azioni: quelle che si collocano all’interno del sistema sanitario
e quelle che riguardano altri settori (per esempio il settore educativo).
In conclusione, c’è da chiedersi se non sia ormai il caso di smettere di
parlare ancora in modo indifferenziato di “salute degli adolescenti”, e
di iniziare a riferirsi esplicitamente a ragazzi e ragazze quando raccogliamo informazioni, disegniamo campagne e interventi. Servizi, luoghi e programmi integrati (per ragazzi e ragazze assieme) sono ancora necessari, ma devono porre attenzione alle differenze di genere. Gli
operatori devono essere formati (ed eventualmente selezionati per
diversi compiti) secondo un approccio di genere, e i materiali e le
strategie di informazione devono includere sessioni e parti specifiche.
Possediamo infatti oggi degli ottimi manuali sulle cure per gli adolescenti, nei quali non c’è tuttavia nessun accenno a diversi rischi e
approcci secondo un approccio di genere. Infine, occorre lavorare sui
ruoli di genere fin dai primi anni di vita, ricordandoci che non stiamo
52
L’adolescenza tra metamorfosi e breakdown evolutivo
combattendo “contro le differenze”, ma cercando di evitare fallimenti
nel nostro lavoro di operatori dovuti a scarsa consapevolezza, ignoranza, o inconsapevole discriminazione.
Giorgio Tamburlini
Bibliografia
C. Alexander, “Gender Differences in Adolescent Health Concerns and Self
Assessed Health”. In: Journal of Early Adolescence 9, 4.
A.R. Dobson, “Men are more likely than women to die early”. In: Bmj 2006,
333.
K. Harvey et al., “Health communication and adolescents: what do their
emails tell us”. In: Family Practice 2008, 25, 4.
L’approccio di genere nella salute degli adolescenti
53
Autolesionismo
e tentativi di suicidio
di Marco Carrozzi, Sara Battistutta,
Caterina Zanus, Renata Aliverti,
Silvana Cremaschi
G
li atti autolesivi e il tentato suicidio, la cui frequenza in età evolutiva e adolescenziale è in aumento, sono un problema di salute
mentale di primaria importanza. La loro rilevanza è chiara se si tiene
anche in considerazione che il tentato suicidio è il principale fattore
predittivo per il suicidio, che risulta essere la terza causa di morte per
la fascia di età 15-24 anni. I dati epidemiologici a disposizione sono
pochi e disomogenei a causa delle difficoltà nella definizione e individuazione di questi atti, che si esprimono in un continuum di manifestazioni comportamentali non sempre riconosciute e spesso banalizzate.
Alla luce di queste considerazioni è stato avviato un progetto di ricerca dell’Istituto di ricovero e cura a carattere scientifico “Burlo
Garofolo” di Trieste, finanziato dalla Regione Friuli Venezia Giulia e in
collaborazione con l’Ass 4 “Medio Friuli”, con l’obiettivo di stimare la
prevalenza di autolesionismo e tentato suicidio in adolescenza nella
Regione Friuli Venezia Giulia, descrivere le caratteristiche del fenomeno e individuare strategie adeguate di intervento.
È possibile indagare la prevalenza del fenomeno attraverso due metodologie di studio: lo studio di un campione di adolescenti attraverso
la somministrazione di questionari self-report e l’analisi degli accessi
alle strutture sanitarie. Nel primo caso (questionari self-report) è presumibile una sovrastima della prevalenza, in quanto non è possibile
conoscere l’entità, le caratteristiche, la storia e l’evoluzione degli atti
e dell’ideazione dichiarati nei questionari. Nel secondo caso, è invece
probabile una sottostima del fenomeno, in quanto spesso i comportamenti suicidari non sono gravati da conseguenze sanitarie tali da
condurre il ragazzo all’attenzione medica; inoltre è frequente che,
anche nei casi in cui vi sia il ricorso ai sanitari, il gesto non venga
dichiarato e riconosciuto.
I dati epidemiologici presenti in letteratura riportano di conseguenza
dati disomogenei. Viste le difficoltà nel determinare la reale incidenza
56
L’adolescenza tra metamorfosi e breakdown evolutivo
di questi pensieri o agiti e i risultati discrepanti, il progetto ha analizzato il problema da entrambi i punti di vista, valutando sia la popolazione scolastica sia la tipologia degli accessi al Pronto soccorso.
La popolazione scolastica
Il campione è costituito da 1090 adolescenti (558 maschi, 532 femmine), di età media di 15 anni, frequentanti il biennio delle scuole superiori. Il questionario utilizzato, lo Youth Self Report (Ysr) di
Achenbach, permette di raccogliere informazioni sull’adattamento, le
competenze, i problemi comportamentali ed emotivi del ragazzo. Il
profilo che ne risulta è composto dalla sindrome internalizzante
(scale: ansia-depressione; ritiro-depressione; lamentele somatiche) e
dalla sindrome esternalizzante (scale: comportamento oppositivo;
comportamento aggressivo). Vengono inoltre valutati i problemi
sociali, di pensiero e di attenzione. Il questionario Ysr, in quanto strumento di screening, non permette di formalizzare una diagnosi psicopatologica ma può fornire informazioni rispetto alla presenza di
segnali di disagio. Questi sono evidenti nella ricerca dall’alta percentuale di ragazzi (25% dei maschi e 20% delle ragazze) che ottengono
punteggi sopra al cut off (range clinico) nel punteggio totale. Il 20,8%
(118 maschi e 125 femmine) degli adolescenti intervistati riferisce di
aver attuato negli ultimi 6 mesi un comportamento o pensieri di tipo
autolesivo o suicidario (risposte positive agli item target: 18
“Intenzionalmente mi faccio del male o ho tentato il suicidio; 36
“Accidentalmente mi faccio spesso male”; 91 “Penso di uccidermi”).
Questi ragazzi riferiscono di andare peggio a scuola rispetto agli altri
e complessivamente ottengono punteggi significativamente superiori in tutte le scale.
Accessi alle strutture sanitarie
È stata condotta un’analisi degli accessi a tutti i Pronto soccorso della
Regione, registrati nel biennio 2005-2006, nella fascia di età compresa
tra gli 11 e i 18 anni. Per la loro definizione sono stati considerati i
principali fattori di rischio e la presenza di qualsiasi segnale di sofferenza psichica, tenendo presente anche le informazioni disponibili
sulla storia e sulle relazioni significative dell’adolescente. I casi sono
stati classificati come certi (natura del gesto chiara), probabili (natura
autolesiva del gesto altamente probabile, ma non definibile con cerAutolesionismo e tentativi di suicidio
57
tezza) e non valutabili. Questi ultimi sono esclusi dalla casistica perché nel verbale non erano disponibili le informazioni indispensabili
per un eventuale riconoscimento dell’atto.
Si riportano di seguito i risultati inerenti ai casi certi, nel totale 120
(tasso di prevalenza: 78/100.000 nel 2005, 88/100.000 nel 2006).
Questi adolescenti, che spesso hanno avuto precedentemente altri
accessi al Pronto soccorso, hanno un’età media di 16 anni e 10 mesi e
sono soprattutto femmine (62%), in linea con quanto riportato in letteratura. Le condizioni cliniche con cui si presentano sembrano
mascherare la reale gravità e il significato del gesto. Solo al 12% degli
adolescenti è stato infatti assegnato un codice rosso, mentre a più
della metà di loro (55%) è stato assegnato il codice giallo. La causa
d’accesso è stata identificata come “autolesionismo” nel 47% degli
accessi; le altre cause indicate sono “malattia”, “intossicazione”,
“causa non definita”, “altre cause”. Le modalità più frequentemente
scelte per il gesto autolesivo sono l’intossicazione, soprattutto con
psicofarmaci, e le ferite da taglio. Questi accessi sono più frequenti
nei mesi di febbraio, giugno e novembre, e vengono effettuati soprattutto nel tardo pomeriggio. Nel 54% dei casi non risulta segnalato
alcun elemento psicopatologico nel verbale del Pronto soccorso; dove
segnalato si è trattato soprattutto di disturbo dell’umore. Da notare,
per quanto riguarda l’esito, che nella maggioranza dei casi i ragazzi
vengono inviati al curante o al domicilio (52%), mentre raramente
viene fatto ricorso agli specialisti neuropsichiatri infantili (9%).
Riflessioni
Pur con gli inevitabili limiti descritti nell’introduzione, i risultati ottenuti dall’analisi dei questionari somministrati agli studenti (alti valori nelle scale internalizzanti, esternalizzanti e totali, alta prevalenza di
atti autolesivi e comportamenti o pensieri suicidari) impongono una
riflessione, intanto, circa la necessità di un approfondimento che, utilizzando più strumenti di analisi, permetta di dettagliare meglio queste osservazioni, attuate, ricordiamo, in un contesto naturalistico.
Con questo tipo di disegno sperimentale infatti non è possibile conoscere la storia naturale di questi ragazzi (quanti hanno messo in atto
le loro intenzioni, ovvero quanti svilupperanno un successivo disturbo di tipo psicopatologico).
Per quanto riguarda il Pronto soccorso si conferma che spesso i ten58
L’adolescenza tra metamorfosi e breakdown evolutivo
tativi sono difficili da riconoscere: l’intenzionalità non viene sempre
espressa e le modalità utilizzate sono diversificate e non sempre evidenti. Ne risulta che l’evento è spesso banalizzato (forse anche dai
genitori). Un’osservazione, che però richiede un ulteriore approfondimento in termini epidemiologici e quindi diagnostici, è l’apparente
assenza di una correlazione tra atto auto lesivo o tentato suicidio e
disturbo psichiatrico formalmente diagnosticato.
Sviluppi del progetto
Con il progetto attualmente in corso ci si prefigge di completare lo
studio della popolazione scolastica attraverso una pluralità di strumenti che permettano una miglior definizione delle caratteristiche
della popolazione scolastica.
Per quanto riguarda poi i soggetti che accedono alle prestazioni di
Pronto soccorso, il progetto punta a migliorare l’identificazione dei
casi mediante l’utilizzo di una scheda di anamnesi guidata in formato elettronico che permetta di identificare rapidamente i soggetti che
hanno avuto accesso al Pronto soccorso per questo tipo di problemi.
Questo strumento, assieme alla formazione di operatori sanitari,
sociali e della scuola, e il follow up dei casi sospetti, potrebbe porre la
basi per un registro a livello regionale degli atti di autolesionismo.
Le sfide per il futuro
Caratteristica degli adolescenti che tentano il suicidio sembra essere
un’estrema fragilità, che li porta a vivere con mortificazione e umiliazione i fallimenti e le delusioni che inevitabilmente incontrano nel
loro percorso di crescita, percorso che nell’odierna “società narcisistica” sembra aver assunto i caratteri di una «gara senza esclusione di
colpi» (Charmet, 2009). In un’ottica preventiva è fondamentale considerare non solo i fattori di rischio ma anche quelli di protezione
(come l’esistenza di una relazione significativa con una figura adulta,
la disponibilità di una rete di supporto sociale e affettiva adeguata, la
percezione del proprio valore personale). Questi fattori attivano e
sostengono i processi di resilienza, intesa come la “capacità di un
individuo di superare eventi negativi e traumatici per un adattamento alle richieste dell’ambiente, resistendo con successo a situazioni
avverse e imparando così a sviluppare competenze a partire dalle difficoltà e rafforzando la fiducia in sé e nel proprio agire”. Un ragazzo
Autolesionismo e tentativi di suicidio
59
con una buona resilienza sarà capace di far fronte alle richieste dell’ambiente attivando risposte adattive, avrà un buon senso di autoefficacia e una capacità adeguata di resistenza allo stress. Il concetto di
resilienza implica una visione ecologica dello sviluppo umano teorizzata da Mark Fraser nel 1997, in quanto da un lato permette di prendere in considerazione le condizioni effettive e naturali in cui ha
luogo lo sviluppo; dall’altro lato, incoraggia un approccio positivo che
sottolinea le fondamentali conquiste adattive dei giovani nel difficile,
laborioso ed entusiasmante percorso verso la costruzione dell’identità, in modo che l’adolescenza resti metamorfosi e non si trasformi in
breakdown.
Marco Carrozzi
Sara Battistutta
Caterina Zanus
Renata Aliverti
Silvana Cremaschi
60
L’adolescenza tra metamorfosi e breakdown evolutivo
L’approccio clinico
all’adolescente: risorse e
criticità
Tavola rotonda
Fulvio Kette
H
o visto con attenzione e interesse i dati dei colleghi, Marco
Carrozzi e Caterina Zanus, i quali hanno presentato la ricerca sui
dati di autolesionismo e tentativi di suicidio. Grazie alla loro raccolta
diretta e all’analisi dei singoli verbali in ogni Pronto soccorso, hanno
centrato un aspetto estremamente importante: nella nostra Regione
disponiamo di un sistema computerizzato, che permette di registrare
gli accessi, il triage e una serie innumerevole di dati categorizzati in
cause d’accesso (l’infortunio, la ferita o l’evento traumatico). Nei casi
di tentamen è possibile, a volte, indicare con precisione che l’evento è
di tipo autolesivo, ma in molti altri è difficile identificare il rischio
segnalando l’evento agli specialisti.
Esiste dunque un problema legato alla registrazione dei dati, a ciò che
il sistema informatico può dare e ai limiti dello stesso, in quanto la
possibilità di effettuare autonomamente delle analisi incrociate è
molto limitata.
Un altro aspetto che riguarda il personale del Pronto soccorso sono i
segni d’allarme. Allo stato attuale non siamo ancora sufficientemente
preparati a cogliere quegli aspetti che possono essere interpretati
come segnali d’allarme. Un’intossicazione o un evento autolesivo
sono più semplici da inquadrare rispetto a quando l’evento è traumatico. Il paziente viene inquadrato, valutato e trattato sulla base di un
evento di carattere clinico-organico, ed è più complesso identificare
l’eventuale disagio che può aver condotto a un tentamen e a capire se
può sussistere una situazione che merita attenzione.
I dati riportati mi inducono a una riflessione riguardo a un caso
recente. Si tratta di una segnalazione di protesta di una giovane giunta in serata al Pronto soccorso in cui lamentava un trattamento poco
corretto da parte degli operatori e una scarsa attenzione. Secondo la
procedura, vado a verificare con le persone direttamente coinvolte.
62
L’adolescenza tra metamorfosi e breakdown evolutivo
Medico e infermiera mi spiegano che la ragazza, un po’ in sovrappeso,
lamentava un motivo di accesso estremamente difficile da inquadrare come triage, riferendo inizialmente mal di schiena, poi dolore a un
braccio, disturbi generici, mal di testa. Dopo la visita, durante la quale
non veniva riscontrato nulla di organico, la ragazza veniva tranquillizzata e le veniva spiegato che non c’erano motivo di restare in Pronto
soccorso. Nella segnalazione si leggeva poi che la stessa si recava in un
altro Pronto soccorso e dal loro verbale emergevano informazioni non
fornite al nostro accesso (perdita recente del posto di lavoro, un certo
disagio in famiglia, cambiamento frequente di lavoro negli ultimi
periodi, accessi psichiatrici relativamente recenti). La situazione ci ha
fatto riflettere sul fatto che ci fosse un motivo che andava al di là della
causa organica di accesso per la quale noi l’avevamo vista, ed evidentemente non siamo stati in grado di riconoscere dei segnali. La ragazza ha avuto dopo alcune settimane un tentamen.
Questo esempio indica la necessità di formare adeguatamente il personale a essere maggiormente sensibilizzato a cogliere segnali di allarme prima che questi sfocino in eventi critici, a volte irreversibili.
Willy Pierre Mercante
I
o parlo da non esperto, in quanto direttore di Dipartimento d’emergenza e primario dell’Unità operativa di rianimazione, dunque da
una posizione privilegiata.
Nella nostra codifica ospedaliera i codici rossi per problemi di autolesionismo e di suicidio non esistono, per cui spesso vengono persi.
Patologie come l’intossicazione da psicofarmaci o l’abuso di altri farmaci sono espressione diretta o correlata del disagio.
Nel 2007 si sono verificati 78 casi in cui i sintomi fanno sospettare una
sottostante patologia; di questi il 62% viene dimesso mentre il restante 38% variamente ricoverato, chi nei 10 posti a disposizione in medicina d’urgenza, altri in terapia intensiva, ecc. La diagnosi risulta piuttosto difficile a causa della varietà dei problemi sottostanti.
Ci si chiede quale sia la qualità delle prestazioni fornite, si è parlato di
L’approccio clinico all’adolescente: risorse e criticità
63
eventi sentinella, dei luoghi dove intercettare questo disagio precocemente e della formazione degli operatori. Non esiste una formazione
né specifica né generica che ci metta in grado di intuire un disagio
sottostante. La formazione professionale dovrebbe invece tener conto
di queste tipologie di problemi, patologie che riguardano soprattutto
i giovani e che per questo motivo andrebbero affrontate prima di
cadere in disagio evolutivo. Chi come noi si trova in una posizione di
filtro dovrebbe condividere questi strumenti, per esempio l’anamnesi guidata nel triage.
Angelo Cassin
I
l nostro servizio è aperto a una fascia di disagio a tutto spettro,
rispetto all’orientamento che altri analoghi servizi della Regione
hanno, che li porta a occuparsi quasi solo delle psicosi gravi, croniche.
Questa è una limitazione dei servizi e un’induzione di stigma, che
comporta di conseguenza una difficoltà di accesso da parte degli
utenti giovani.
Il servizio intercetta molti adolescenti, anche se dovrebbe rivolgersi
per mandato agli adulti.
Il Pronto soccorso può fare richiesta di una consulenza psichiatrica 24
ore su 24, tutti i giorni; con i colleghi del Pronto soccorso sono stati
effettuati degli incontri per cercare di migliorare la collaborazione tra
i servizi.
Un aspetto importante è il luogo dove viene effettuato l’intervento
nella situazione di crisi, che può rappresentare un intervento estremamente fruttifero. Si tratta in questi casi di disporre di un luogo a ciò
dedicato, ma non è sempre possibile disporre di questa opportunità.
Manca la possibilità di garantire quell’area di osservazione di 24/72
ore che sarebbe utilissima in ogni caso, ma che diviene necessaria per
le problematiche di tipo medico, per esempio l’assunzione incongrua
di farmaci.
Quello che si nota seguendo i soggetti che hanno tentato il suicidio è
che a distanza di tempo, come evidenziato in letteratura, chi ha ten64
L’adolescenza tra metamorfosi e breakdown evolutivo
tato un atto del genere è molto probabile ci riprovi. Soprattutto, a
distanza di tempo, si manifestano tentativi di suicidio tra coloro che
arrivano al servizio lamentando inizialmente problemi apparentemente banali, espressi in termini di disagio, che solo a volte raggiunge livelli di interesse psicopatologico, come disturbi della personalità
o dell’umore.
Altro problema è che il servizio intercetta famiglie multiproblematiche; si trova di fronte a un nuovo fenomeno, quello cioè di prendere in
carico intere famiglie, figli compresi, con una notevole complessità
dei fattori da gestire, attraverso la collaborazione con servizi diversi.
Vorrei far capire, parlando anche al direttore sanitario della nostra
azienda, quanto importante sia sviluppare un buon rapporto di
comunicazione tra i diversi servizi, segnalando per esempio i bambini che nascono da genitori con difficoltà, perché si tratta di bambini
che hanno un’alta probabilità di manifestare successivamente dei
disturbi. Faccio riferimento alla ricerca prospettica condotta in
Provincia di Trento dalla prof.ssa Fava Viziello, a cui ho partecipato,
nella quale si sono seguiti per dieci anni i figli di genitori in carico ai
servizi per adulti, nella quale è emerso che se entrambi i genitori
erano seguiti, si arrivava a toccare il 100% di bambini che a distanza
sviluppavano psicopatologie.
Quindi in un’ottica di prevenzione dovremmo sviluppare degli interventi di sostegno dei figli di genitori in difficoltà di tipo psichiatrico;
noi del Dipartimento di salute mentale seguiamo i genitori, ma sarebbe importante avere un contatto organico con la neuropsichiatria
infantile e i servizi consultoriali e sociali. Questo rapporto diviene
strategico a livello degli esordi delle maggiori patologie psichiatriche,
che si sviluppano come è noto in età adolescenziale in modo spesso
subdolo e confuso, e pertanto rischiano di non essere colti nel loro
reale significato, se non addirittura banalizzati. Ma è necessario ricordare che quanto appare in questo periodo spesso è un esordio. Parlo
da psichiatra perché l’esordio della psicosi schizofrenica mediamente
si ha tra i 20 e i 24 anni, a seconda di maschi e femmine; ma può iniziare anche in età preadolescenziale.
Per quanto riguarda la psicosi schizofrenica, ci sono dei sintomi precursori che si manifestano già nell’infanzia; vengono chiamati “sintomi di base”. Spesso la prima manifestazione viene vista come problematica conflittuale adolescenziale, mentre in realtà nasconde una
L’approccio clinico all’adolescente: risorse e criticità
65
problematica più profonda. Ci capita sempre più spesso di vedere
ragazzi in una situazione di esordio psicotico franco, oggi quasi sempre associato all’uso di sostanze; indagando meglio, si viene a sapere
che in età scolare erano emerse difficoltà psicologiche sospette. Ci
manca dunque l’informazione, quell’elemento iniziale che viene poi
perso. Se ciò non si verificasse, probabilmente non si potrebbe prevenire l’insorgere del disturbo, ma per lo meno attuare degli interventi
mirati. La letteratura scientifica sottolinea l’importanza della durata
della psicosi non trattata, che costituisce un fattore di cattiva prognosi. L’intervento precoce è dunque un fattore strategico di cruciale
importanza.
Nel caso dei disturbi dell’umore, l’esordio è più precoce, anche attorno ai 15 anni e spesso, come emerge anche dai dati della letteratura,
si nota come a distanza di tempo si manifestino disturbi bipolari.
In età preadolescenziale il disturbo bipolare si manifesta, nella grandissima maggioranza dei casi, come disturbo di tipo psicotico (allucinazioni, deliri) e può venir confuso con una psicosi schizofrenica,
determinando un destino prognostico diverso, in quanto ha una specificità di intervento assolutamente diversa.
Il disturbo bipolare si manifesta spesso come disturbo del comportamento, con abusi di sostanze e trasgressioni varie, e comporta difficoltà diagnostiche anche con il disturbo borderline di personalità.
Fondamentale è la non banalizzazione degli esordi: per esempio un
soggetto che in età adolescenziale manifesta disturbi dell’area psicotica viene inviato al nostro servizio, che per questa ragione si occupa
sempre più di ragazzi di 15, 16 e 17 anni.
Altro aspetto riguarda l’utilizzo del ricovero ospedaliero. In questo
senso abbiamo puntato molto sull’osservazione a livello di Pronto
soccorso per filtrare e prevenire il ricovero. Purtroppo in alcune occasioni è capitato di dover ricoverare al Sevizio di diagnosi e cura dei
ragazzi minorenni; per fortuna si è trattato di casi rari. Quest’ultimo è
un problema che cerchiamo di sollevare anche come Società italiana
di psichiatria a livello nazionale, perché un servizio per adulti che al
suo interno concentra patologie gravi è un’esperienza traumatica per
un ragazzo, che purtroppo non sempre è possibile evitare.
Un’alternativa potrebbe essere la possibilità di utilizzare delle residenzialità per le situazioni di crisi; in Regione si può ricorrere ai
“Centri 24 ore”: si tratta di alcuni posti letto presso i centri di salute
66
L’adolescenza tra metamorfosi e breakdown evolutivo
mentale che danno la possibilità di affrontare le situazioni di crisi in
modo non ospedaliero.
La ricerca promossa dall’Istituto superiore di sanità a livello nazionale, denominata “Progres Csm”, ci dice che anche in Italia la degenza
media supera i 30 giorni: ci troviamo dunque di fronte alla possibilità
che dei ragazzi vengano inseriti in strutture al cui interno ci sono persone con varie patologie gravi per tempi non brevi. Per ovviare a ciò ci
vorrebbero forse delle strutture dedicate, di piccolissima taglia, flessibili e che permettano l’accompagnamento di un ragazzo all’interno
del suo momento critico.
Guido Lucchini
R
ingrazio gli organizzatori di questo evento; come premessa voglio
portare i saluti del direttore scientifico del Centro regionale delle
cure primarie del Friuli Venezia Giulia Luigi Canciani, che da anni,
assieme a tutti i componenti dell’esecutivo, opera nell’intento di dare
luce alla nostra professionalità, a quelli che sono i dettami e la filosofia della medicina generale.
Solitamente vengo chiamato per parlare delle problematiche sanitarie nelle persone anziane multiproblematiche, di percorsi assistenziali sociosanitari nelle residenzialità, di gestione dello scompenso cardiaco, che in genere sono le tematiche legate alla cronicità.
Quando mi è stato proposto di partecipare a questo evento sull’adolescenza, ho avuto alcune perplessità, ma vedendo l’obiettivo della
giornata, quello cioè di indagare i percorsi assistenziali che i vari operatori sviluppano per gestire una problematica nell’ambito adolescenziale, ho purtroppo notato come questi percorsi coincidano con
quanto il medico di medicina generale utilizza nella gestione dell’anziano. Vengono dunque sviluppati i percorsi socioassistenziali e utilizzati gli strumenti operativi territoriali esistenti per la persone anziane
e multiproblematiche.
In questa Ass 6 del Friuli ci sono 230 medici di medicina generale;
ognuno ha in carico in media 100 assistiti, da 0 a 23 anni. Se moltipliL’approccio clinico all’adolescente: risorse e criticità
67
chiamo questi 100 assistiti per i 230 medici, otteniamo 23.000 adolescenti che sono potenzialmente in cura al medico di famiglia e che
potenzialmente possono sviluppare problematiche relative al disagio
psichico.
La mia non sarà una relazione: presenterò un caso clinico che in sé
racchiude tutte le varie problematiche trattate in mattinata.
Parlo di una ragazza, che chiameremo Giulia: Giulia ha 18 anni, ha
appena superato l’esame di maturità con ottimi voti. Un giorno Giulia
si chiude in bagno e non vuole più uscire, non risponde alle chiamate insistenti dei genitori, i quali, preoccupati, telefonano al 118. Gli
operatori del 118 arrivano, sono costretti a sfondare la porta del
bagno, trovano Giulia in uno stato confusionale. Trasportata al Pronto
soccorso, viene visitata dallo specialista psichiatra, viene dimessa
dallo stesso con la proposta di seguire la ragazza a domicilio, da parte
del medico curante.
Iniziano gli accessi domiciliari: frequentemente vado da Giulia e la
trovo in camera sotto le coperte, il colloquio è molto povero, la stanza
è in disordine, l’igiene personale poco curata, c’è un profondo disagio
personale.
La mamma di Giulia si finge infermiera ma non lo è, il padre è affetto
da una patologia alcol-correlata e la sua piccola impresa edile è fallita, il fratello è sempre lontano per lavoro. Giulia è sola.
La ragazza non ha febbre, non ha vomito, non ha diarrea o altri sintomi comuni, quindi nell’immaginario della famiglia lei sta bene, per
loro è solo un po’ stanca, per questo motivo sta a letto a riposare.
Giulia si alza solo durante la notte, mangia molto e non parla con nessuno. La prima criticità è dunque la non percezione del problema da
parte dei familiari, una non consapevolezza del disagio psichico della
figlia. I familiari, non avendo la consapevolezza della sofferenza della
figlia, non trovano necessaria la somministrazione di una terapia.
La seconda criticità riguarda la difficoltà che incontra il medico di
famiglia di fronte a un paziente con forte disagio psichico e che rifiuta la terapia.
Continuo con i miei accessi domiciliari e inizio a osservare i primi
atteggiamenti di insofferenza dei familiari, capisco che non mi vorrebbero più tra le porte di casa. Naturalmente adotto una serie di strategie, accetto anche di subire qualche provocazione, conscio che per
il raggiungimento degli obiettivi a volte serva anche questo.
68
L’adolescenza tra metamorfosi e breakdown evolutivo
L’ultima volta che mi reco alla loro abitazione trovo il portone di legno
all’entrata chiuso. Busso ma non ottengo alcuna risposta.
Inizia la terza fase, l’interlocuzione con gli operatori del distretto;
telefono all’assistente sociale, ma è venerdì pomeriggio, trovo la
segreteria dove lascio un massaggio. Lei mi richiama il lunedì mattina
seguente, non sapendo che io, il lunedì, l’ambulatorio lo svolgo al
pomeriggio e così sfuma la prima comunicazione.
La rete sul territorio c’è, ma ci sono dei buchi, le maglie non si intersecano perfettamente, ci sono aspetti che devono essere migliorati..
La terza criticità è quindi quella della comunicazione e della contattabilità: gli operatori sono capillarmente stanziati sul territorio ma i
contatti risultano difficili.
In questa fase di interlocuzione con gli altri operatori viene convocata una Unità di valutazione distrettuale, si stabiliscono i percorsi assistenziali, si danno i compiti a ciascun operatore e inizia il momento
più delicato che è quello di riprendere il contatto sereno e accettabile
con la famiglia.
Occorre fare una premessa: ci sono famiglie che in casi come questo
collaborano con gli operatori e il lavoro risulta dunque più facile; altre
che non collaborano. Queste ultime sono libere di farlo, non devono
per forza sottostare ai percorsi assistenziali imposti; in alcune ci sono
elementi preconcetti nei confronti del Centro di salute mentale o
Centro di igiene mentale, dandone una connotazione negativa. In
alcuni casi sono i vicini o parenti che suggeriscono specialisti o percorsi alternativi; con queste famiglie risulta difficile lavorare.
Vengo alle considerazioni riguardo alle criticità del caso presentato:
rispetto alla non percezione del problema che ha la famiglia nei confronti di Giulia, è certo che un buon rapporto tra medico curante e
familiari potrebbe essere un’ottima risorsa per stabilire un dialogo
costruttivo.
Per quanto riguarda la difficoltà ad assumere la terapia, se si risolve la
difficoltà precedente anche la terapia ha ragione d’essere assunta con
facilità.
Nel nostro territorio c’è una rete di comunicazione ben strutturata e
consolidata. Inserito da 28 anni come medico di medicina generale,
ho potuto constatare l’evoluzione di queste risorse umane, strumentali e organizzative necessarie per far fronte alla domanda delle cure
primarie. Nel contesto del caso suesposto, il gioco di squadra tra opeL’approccio clinico all’adolescente: risorse e criticità
69
ratori e servizi diventa la prerogativa per il perseguimento degli
obiettivi.
Tornando a Giulia, durante il difficile percorso delle visite domiciliari,
a un certo punto, sono maturati i criteri per un trattamento sanitario
obbligatorio; ricoverata per due mesi presso un centro adeguato,
Giulia è stata poi dimessa e inserita in una struttura psichiatrica residenziale territoriale. Attualmente la ragazza sta bene, ha una borsa
lavoro ed è reinserita nella società, con interessi e prospettive che la
rendono la sua vita felice e degna di essere vissuta.
Nicola Salerno
L
a nostra società, esattamente come quelle occidentali moderne, è
caratterizzata da un elevato tasso di complessità e da sempre maggiori disarmonie.
Assistiamo a una crescente richiesta proveniente dall’ambiente, i servizi sanitari registrano un costante aumento dell’utenza con bisogni e
richieste di aiuto sempre crescenti, di consultazioni specialistiche, di
terapie e di trattamenti, contrapposta a una ormai evidente incapacità da parte del “sistema” a fornire risposte adeguate.
L’idea profonda di progresso insita nella nostra struttura postmoderna trova le sue lacerazioni e genera le sue ansie allorché i fatti tragici
della sofferenza, della malattia, della droga e della conflittualità, del
rischio, gettano incertezza su questa concezione lineare, propria di un
mondo che si attende sempre nuovo benessere e nuovi progressi e
che assiste invece a crescenti contraddizioni.
Così anche l’età adolescenziale a cui si guarda con particolare interesse e sempre maggiore attenzione viene considerata come “età problematica”, che presenta innumerevoli svantaggi, che conosce un
disagio palese, una reale difficoltà di crescita, l’emergere di nuovi
bisogni e che manifesta una serie di comportamenti non omologati
socialmente.
Assume così sempre più rilevanza il rapporto tra i bisogni di questa
fascia di età e le risposte istituzionali che non coprono i primi in
70
L’adolescenza tra metamorfosi e breakdown evolutivo
maniera soddisfacente né aiutano la progettazione del “sé” degli adolescenti, favorendone l’uscita dalla dipendenza infantile e da una
sistemazione di latenza sociale con la stessa rapidità e precocità con
cui avviene la crescita fisiologica.
Un secondo problema riguarda la seguente osservazione. Se è vero
che la perdita delle caratteristiche infantili avviene più precocemente
spostandosi fra gli 11-12 anni, la condizione adolescenziale caratterizzata da crisi di identità, dilemma della separazione, progettazione
del futuro, sperimentazione dell’Io, tende a protrarsi diluendo non
solo le tappe critiche dello sviluppo, ma anche ritardando la piena
partecipazione attiva alla gestione della vita sociale, requisito riconosciuto unicamente all’età adulta.
Ci sono cioè certi bisogni fondamentali emergenti con sempre più
forza nell’età adolescenziale che, ove non vengono soddisfatti, rendono impossibile al giovane di diventare adulto; questi bisogni, essendo
di tale rilevanza per l’individuo, non possono non essere riconosciuti
come diritti soggettivi allo stesso modo di certi bisogni dell’età adulta.
Questi diritti esigono una risposta e devono essere assicurati dagli
adulti non come nella situazione presente, che appare contraddittoria.
È opportuno tentare una risposta poiché è un quesito che riguarda
l’intera comunità: non solo le istituzioni ma anche uno stuolo di genitori, educatori, insegnanti, giudici minorili che si interrogano sul
comportamento degli adolescenti, si chiedono se la relazione che gli
adolescenti hanno con l’autorità, con il futuro, con la realtà sia adeguata, funzionale alla loro crescita, o non sia invece il segnale di un
segreto malessere, di una crisi profonda del modello educativo.
È proprio il grado di consapevolezza nei riguardi delle esigenze dei
giovani che una società viene a esprimere che costituisce l’indice più
significativo del progresso civile che si attua attraverso una politica
del territorio, della casa, degli spazi verdi, della politica della famiglia,
della scuola, della sanità, della cultura e dello sport, dell’organizzazione dei servizi sociali.
Si pone allora il problema di come programmare interventi ordinati,
coordinati, efficaci, rivolti al superamento di queste situazioni.
Sinora questi interventi e queste risposte sono stati insufficienti e inadeguati oltre che palesemente ingiusti e contraddittori.
La via da perseguire per realizzare un atteggiamento diverso in riferimento alle problematiche adolescenziali non può essere quella delL’approccio clinico all’adolescente: risorse e criticità
71
l’assistenza tradizionale, ma neppure quella dell’organizzazione di
una rete di servizi “specializzati”, così come è avvenuto in società definite più avanzate della nostra, dove si è assunto un certo modello
medico anche in questo settore: si finirebbe così per incrementare ed
esasperare i bisogni, allargare di fatto l’area della separatezza e della
marginalità, correndo il rischio di considerare l’adolescenza solo
come età problematica o patologica. Neppure può essere quella, che
per certi aspetti è stata privilegiata nel nostro Paese, dell’intervento
dell’autorità giudiziaria per i limiti e i rischi che ciò comporta.
Molti adulti esprimono forti preoccupazioni per l’uso delle droghe,
dell’eccessivo consumo di alcool, delle condotte di guida, dei comportamenti a rischio da parte dei giovani. Esiste una certa perplessità
perché le novità e le modalità comportamentali degli adolescenti non
appaiono direttamente comprensibili. Ci si domanda se non sia
necessario, anzi indispensabile, un cambiamento del modello educativo. Si sente parlare ovunque, anche in Parlamento, di nuove regole
da proporre ai giovani con provvedimenti legislativi e pacchetti da
ricollocare nel percorso di crescita.
La via da battere appare indicata in linea di principio nelle normative
già esistenti e riguardanti la protezione della maternità, la famiglia,
l’infanzia, la gioventù.
Queste normative vanno ricondotte a unità sul piano interpretativo e
applicativo ricercando la logica che è loro sottesa. Questa logica è
quella di far leva sulla solidarietà e sulle relazioni umane esistenti o da
sollecitare nel contesto territoriale dove emergono i bisogni di tutti i
cittadini.
La logica non è dunque quella del superamento, della scissione, della
delega, ma invece quella del coinvolgimento, dell’assunzione a carico
delle diverse situazioni di bisogno e di abbandono nella sua totalità
da parte di tutte le forze che operano sul territorio e di tutte le energie
in esso presenti, procedendo sulla strada della gestione sociale dei
bisogni emergenti.
Questo anche perché appaiono sempre più evidenti i nessi causali
esistenti tra la condizione attuale degli adolescenti e le carenze della
famiglia da un lato, ma anche molteplici situazioni sociali deficitarie;
dall’altro, la mancanza o inadeguatezza di una politica del territorio,
dell’abitazione, dei trasporti, dell’occupazione, della scuola e della
cultura a tutti i livelli anche popolari, della sanità, della previdenza,
72
L’adolescenza tra metamorfosi e breakdown evolutivo
dei servizi in genere e anche di un distorto e disordinato sviluppo
generale con la mancata soddisfazione di tanti bisogni pubblici e
sociali.
Gli interessi e le esigenze dei giovani vanno pertanto intesi in una prospettiva globale.
Si avverte sempre più l’esigenza di servizi unitari e non “settoriali”,
che siano il meno possibile “tecnici” e il più possibile “politici”, nel
senso che non assumano caratteri emarginanti e siano capaci di sollecitare la partecipazione della società, che siano “polivalenti”, cioè
atti ad affrontare in modo globale e a tutti i livelli i bisogni del singolo, della famiglia e della comunità, che partano sempre dall’accertamento della reale condizione e dei concreti bisogni di tutti.
Chi si occupa di adolescenti sa bene che se l’adolescente decide di
esserci e di partecipare è molto creativo, partecipe, efficiente. Se è
motivato si impegna, si mette a disposizione, collabora soprattutto se
il clima relazionale è quello adatto a lui.
L’approccio clinico all’adolescente: risorse e criticità
73
I nuovi adolescenti
in famiglia e a scuola
di Gustavo Pietropolli Charmet
P
rovo sinteticamente a discutere e a porre alla vostra attenzione una
serie di novità che caratterizzano l’interpretazione del percorso di
crescita adolescenziale e che pongono in difficoltà gli educatori, sia nel
ruolo professionale di docenti, sia nel ruolo affettivo di genitori.
Tutti gli adulti sono in difficoltà a dare un significato etico, normativo
ed evolutivo a una serie di condotte adolescenziali che sono cambiate rispetto al passato. Non si comprende se ci troviamo di fronte a
un’espressione di disagio, di sofferenza, di comunicazioni significative degli adolescenti al mondo degli adulti in termini di distacco, denigrazione, indifferenza, appartenenza rigida alla propria generazione
e, per questi motivi, a un’attitudine di scarso interesse a intavolare
trattative con il mondo degli adulti.
Si hanno una serie di novità che, a chi lavora da anni con gli adolescenti, balzano agli occhi: prima i problemi avevano natura diversa.
Parto dalla superficie, dal corpo, la parte più evidente e spettacolare,
dalla nuova qualità di relazione che l’adolescente intrattiene con la
sua nuova corporeità, ora sessuata e che dunque va collaudata con
eventuali rischi e difficoltà.
Il ragazzo ha una serie di compiti: deve riuscire a costruire una rappresentazione mentale del suo nuovo corpo, regalargli un significato
affettivo, etico, relazionale, simbolico; deve sostituire all’immagine
del vecchio corpo l’immagine del corpo attuale. Si tratta di un corpo
definitivo che occorre collaudare, portare nel gruppo, nella coppia
con tutti i rischi di natura evolutiva che ciò comporta.
Sembra che ragazzi e ragazze intrattengano una nuova relazione con
il loro corpo postpuberale. Si è sempre trattato di una questione significativa perché il mondo educativo ha da sempre tentato di passare
attraverso il corpo per insegnare l’educazione ai giovani, anticamente cercando sin da piccoli di somministrare regole, valori e principi
che tenessero a bada automaticamente, una volta interiorizzati, il linguaggio del corpo, la natura degli impulsi e delle pulsioni ritenute dal
76
L’adolescenza tra metamorfosi e breakdown evolutivo
mondo educativo incompatibili sia con l’ordinaria vita familiare sia
con l’ingresso nell’organizzazione sociale.
Per questo ritengo che se partiamo dalla superficie, quindi dal corpo
e dalla relazione con esso, giungeremo indubbiamente alle grandi
passioni che governano il comportamento adolescenziale. La nostra
idea guida è che sia avvenuto un passaggio da una serie di simbolizzazioni che individuavano il corpo come il luogo dove meglio si esprimeva la colpa per il desiderio, l’eccitamento, l’esperienza del piacere
con la conseguente paura del castigo e una complicata gestione della
colpa. Sono certo che in passato la sala d’aspetto del consultorio fosse
popolata da adolescenti in difficoltà nell’esercizio della sessualità,
nella relazione con la dimensione del desiderio, tutti alle prese con la
difficile gestione del sentimento di colpa che la novità comportava.
Siamo partiti dal corpo della colpa e siamo arrivati al corpo della vergogna per la sua inadeguatezza, la sua bruttezza, la sua impresentabilità sociale, per arrivare a manipolazioni, anche violente, del corpo
per renderlo adeguato alle aspettative ideali interiorizzate durante i
primi dieci anni di vita. Si tratta di una questione importante, in
quanto mentalizzare il nuovo corpo, quindi la costruzione nella propria mente di un’immagine coerente con la realtà biologica e il funzionamento del nuovo corpo, è una questione singolarmente complessa e difficile.
In un momento in cui la pressione socioeducativa, culturale ed etica
nei confronti del corpo del desiderio e del piacere diminuisce il senso
di colpa e rende più facile l’accesso alla sessualità; paradossalmente è
in questo periodo che gli adolescenti non accettano il proprio corpo,
quello postpuberale, per motivi differenti rispetto a quelli delle generazioni precedenti. Non c’è più la colpa, c’è la vergogna. Si tratta di un
cambiamento importante, perché bisogna aiutare i ragazzi a gestire la
colpa, a mettere a fuoco i meccanismi che consentono l’assoluzione
della colpa come la riparazione, la creatività, il chiedere scusa, il riabilitarsi in qualche modo grazie all’attraversamento dell’area della
punizione, dell’area del castigo e dell’area della sottomissione.
Sappiamo che la gestione della colpa è un affare relativamente semplice, per il quale la nostra tradizione culturale è molto attrezzata;
mentre la gestione della vergogna, passione umana che attualmente
domina una frangia importante di adolescenti, è un affare complicato perché la vergogna non riguarda più una singola azione o comporI nuovi adolescenti in famiglia e a scuola
77
tamento ma il valore e la bellezza del sé, e i ragazzi temono di essere
mortificati o che il loro stesso corpo con il solo apparire nella scena
sociale li umili e li esponga a situazioni di vergogna. Siamo di fronte a
un problema importante perché la vergogna riguarda il valore del sé,
la bellezza della persona in quanto tale e risulta dunque una questione di difficile soluzione.
I sistemi per uscire dalla condizione di vergogna purtroppo comportano generalmente soluzioni piuttosto violente, per esempio imporsi
all’attenzione: se si ha paura di essere invisibili e ci si vergogna rispetto agli ideali interni, occorrerà fare qualcosa per uscire da questa
situazione vissuta come profondamente vergognosa e imporsi all’attenzione generale. Le strade per ottenere questo effetto sono lunghe e
laboriose, prevedono allenamenti, mediazioni che comportano fatica; in alternativa alcuni ragazzi scelgono di indossare delle maschere
da cattivi, facendo così dei passi avanti sul piano della notorietà e
della visibilità scolastica e sociale, oppure ricorrendo ad altre strategie
più rischiose.
Studiando la qualità della relazione degli adolescenti con il corpo si
giunge alla conclusione che oggi prevalga un sentimento di vergogna,
trovandoci quindi nell’area dell’estetica e non più dell’etica, e che la
sessualità abbia smesso di essere la regista del disagio adolescenziale.
Si sono aggiunti problemi diversi relativi alla socialità, la visibilità, la
gruppalità, l’accesso alla dimensione del futuro; per questo motivo
educatori e genitori si trovano a dover gestire vergogna e non colpa,
bisogno di socialità e non quello di soddisfazione sessuale.
Sulla scena della relazione educativa con l’adolescente compaiono
nuovi modelli di corporeità adolescenziale. Appaiono dei corpi che
acquistano importanza particolare: per esempio il corpo può comunicare al sé e ai coetanei, perché è una centrale simbolica perennemente in funzione; può parlare di sé agli altri, comunicare la propria
identità o le differenze, per mettere in scena qualche verità interiore
che deve apparire attraverso l’uso della corporeità, per esempio attraverso la gestione dell’abbigliamento e del trucco.
Attualmente si lavora soprattutto sulla pelle, interfaccia con l’ambiente, usata dagli adolescenti per parlare con gli altri. Questo è un
motivo per cui i ragazzi decidono di farsi dei piercing o dei tatuaggi,
di scolpire le masse muscolari. Il corpo sociale emette dei segnali che
devono essere intercettati dagli altri del gruppo, togliendo così la
78
L’adolescenza tra metamorfosi e breakdown evolutivo
capacità di comprensione agli adulti. Si tratta di tendenze che non
vogliono segnalare disagio o atteggiamenti ostili, ma rappresentano
una modalità di impreziosire il sé corporeo. Dipende da che significato diamo a questa pratica narcisistica diffusa.
Occorre ricordare che c’è anche un altro corpo, oltre quello sociale di
cui sopra abbiamo parlato: quello alimentare. Questo corpo, magro o
grasso, cancella le altre dimensioni e si impone prepotentemente
suscitando passioni di forte intensità. Il sentimento provato da quelle
ragazze che si mettono a dieta, perché per loro la magrezza rappresenta la bellezza della persona, può essere lancinante di vergogna. Il
corpo non mentalizzato non coincide con il sé, non è l’ambiente biologico in cui vive l’anima, l’adolescente se lo porta dietro ma non
coincide con il sé mentale, e per questi motivi ne si può fare ciò che si
vuole. Per questa ragione soprattutto le ragazze arrivano a procurarsi
dei piccoli tagli superficiali sulla pelle per trasformare il dolore mentale, privo di nome, in dolore fisico prodotto attivamente.
La diffusione dei tentativi di suicidio ha come presupposto un corpo
disponibile, non mentalizzato, che funziona come oggetto transazionale.
La comparsa di corpi differenti e l’importanza minore del corpo erotico e generativo incidono nell’area dei motivi per i quali compaiono
successivamente comportamenti a rischio: autolesionismo, comportamenti della condotta alimentare, tendenze suicide, ecc.
Ci si chiede perché il corpo postpuberale non viene mentalizzato ma
guardato con rifiuto e trattato male, facendo fallire ogni esperienza di
natura informativa di prevenzione.
Una ragione è che il corpo postpuberale appare deludente agli occhi
dell’adolescente, troppo fragile narcisisticamente per tollerare un
corpo che si avrà per sempre, che con il tempo invecchierà fino alla
sua morte.
Se il ragazzo non accetta il suo corpo, attua delle strategie per modificarlo, in quanto in lui c’è già stata una maturazione mentale e psichica che precede la maturazione biologica. In età prepuberale si sviluppano dei valori rispetto all’identità maschile o femminile, c’è una
certa precocità nella definizione dei valori, delle aspettative, degli
ideali da seguire. I modelli per i bambini che frequentano le scuole
elementari non sono i genitori ma gli adolescenti; si aggiunge inoltre
un’istigazione narcisistica familiare: il genitore esorta infatti il proprio
I nuovi adolescenti in famiglia e a scuola
79
figlio ad affermare subito la propria identità, attraverso la scelta degli
amici, del look, ecc.
Il gruppo dei coetanei esercita una forte pressione sulla mente
entrandovi in profondità, e il gruppo classe, oltre a puntare sull’integrazione, si impegna nella caratterizzazione del gruppo stesso. Per far
parte di quest’ultimo è fondamentale chiarire le proprie scelte.
I mass media risultano avere una forte pressione, ricercano cosa
vogliono i ragazzi e propongono dei modelli.
In conclusione possiamo dire che nella mente dei preadolescenti si
stratificano degli ideali di genere molto crudeli che provengono da
più direzioni ma coincidono. Quando avviene la modificazione del
corpo puberale, il ragazzo ne rimane deluso e decide di modificarlo
con manipolazioni quali dieta, trucco, piercing, tatuaggi, ecc. Deve
inoltre imparare a gestire il corpo stesso e collaudarlo nell’area della
sessualità, dell’intimità e della confidenza. Come abbiamo visto il
problema è contenuto all’interno del modello educativo: i ragazzi,
infatti, crescono in un contesto in cui li si istiga a un debutto precoce
nell’area dei comportamenti sociali. Ai ragazzi viene dato il messaggio
secondo cui si è belli solo se si coincide con il modello presentato. Ma
non essendo ancora uomo o donna, l’adolescente prova vergogna
della sua inadeguatezza rispetto alla propria corporeità che non soddisfa le sue aspettative.
Questi ideali crudeli hanno aumentato le richieste di consultazioni su
determinati temi, come per esempio la dismorfofobia, cioè la fobia
rispetto alle proprie sembianze corporee, o la fobia della scuola per
cui ragazzi molto bravi scolasticamente non riescono a frequentare la
scuola a causa del sentimento di vergogna che provano del loro corpo.
Risulta fondamentale occuparsi della fragilità dei narcisistici, partendo dalla superficie, il corpo, fino ad arrivare alla fragilità, così da ritrovare una bellezza compatibile a garantire la socialità e l’amore.
Gustavo Pietropolli Charmet
80
L’adolescenza tra metamorfosi e breakdown evolutivo
Comunicazioni e relazioni
virtuali
di Matteo Lancini
V
i presento una breve sintesi dei risultati emersi da una ricerca
condotta insieme ad alcuni colleghi dell’Istituto Minotauro di
Milano. Lo studio riguarda la relazione intrattenuta dagli adolescenti
con alcuni dei più diffusi strumenti di comunicazione tecnologica: il
telefono cellulare, con particolare attenzione agli sms e agli “squilli”, e
il programma di istant messaging messenger.
Spero che i dati della fase qualitativa che vi presenterò possano essere
di qualche utilità per favorire la riflessione intorno a questo importante tema. Oltre a comprendere le novità negli usi degli adolescenti, ciò
che ci interessava era contribuire in qualche modo a un’azione culturale di comprensione dell’utilizzo di questi strumenti che altrimenti
rischia d’essere governata dalla sottocultura massmediatica o di rimanere sotto la regia di altre discipline che non sempre hanno la capacità
di cogliere gli aspetti più profondi, articolati e complessi che animano i
comportamenti della crescita adolescenziale. È interessante approfondire queste novità, non solo come facenti parte della cultura giovanile,
ma anche in una prospettiva preventiva; e cercare di comprendere che
tipo di prevenzione si possa attuare rispetto a questi strumenti tecnologici, evitando di ripetere gli errori commessi in passato, per esempio
con le pubblicità preventive riguardanti l’uso di sostanze stupefacenti
che non hanno dato i risultati sperati perché non adeguate.
L’allarme che in questi ultimi anni abbiamo sentito risuonare rispetto
all’utilizzo di nuove tecnologie ci ha spinto a realizzare una ricerca per
meglio comprendere cosa rappresenti questo utilizzo nel quadro
delle esigenze evolutive adolescenziali e come venga rappresentato
dalla popolazione giovanile. È importante che gli interventi preventivi si fondino su una conoscenza delle ragioni affettive profonde che
spingono nella direzione di pratiche spesso pericolose in adolescenza. Occorre partire dai dati per poter attuare politiche utili e realmente efficaci, che devono tenere conto delle motivazioni profonde, sottostanti e complesse che governano i comportamenti adolescenziali.
82
L’adolescenza tra metamorfosi e breakdown evolutivo
La preoccupazione degli adulti rispetto all’utilizzo degli strumenti
tecnologici si distinguono in rischi che potremmo definire esterni,
relativi ai contatti intrattenuti con interlocutori ignoti in rete, e rischi
interni, riguardanti l’uso personale che si fa di questi strumenti.
Cellulare e computer possono essere utilizzati in maniera funzionale
o disfunzionale rispetto al processo di crescita, e in questa ricerca ci si
è soffermati soprattutto sui rischi interni.
Questi strumenti sembrano evocare l’utilizzo di altre forme di prolungamento del sé adolescenziale. La domanda che ci si è posti è se questi
strumenti siano al servizio dei processi separativi e individuativi, della
mentalizzazione del corpo, della nascita come soggetti sociali, o se si
tratti di strumenti utilizzati in modo regressivo, dipendente e dunque
antievolutivo. Questo tema riguarda il singolo adolescente ma è anche
una prospettiva per attuare interventi preventivi in senso più ampio.
La prima fase qualitativa della ricerca ha interessato circa 500 ragazzi
all’interno del gruppo classe, ai quali è stato anche chiesto di trascrivere i messaggi (sms) significativi e antichi conservati nella memoria.
Nella seconda fase quantitativa, sulla base di quanto emerso nella fase
precedente, è stato elaborato un questionario sottoposto all’attenzione di 1100 ragazzi. Di seguito sintetizzo punti alcuni dei dati qualitativi emersi.
Dall’analisi dei dati emerge come tendenzialmente i ragazzi siano consapevoli dei limiti degli strumenti usati, comprendono infatti come la
comunicazione reale non possa avvenire attraverso il computer, ma lo
considerano comunque un’opportunità per restare sempre in contatto con gli altri. L’abitudine di tenere sempre acceso il telefono cellulare o il computer rappresenta un modo per mantenersi in relazione con
la propria famiglia sociale, ossia il gruppo di amici, e ha inoltre funzione consolatoria quando si vivono momenti di noia e tristezza.
Nel corso del processo di separazione-individuazione si inserisce l’utilizzo degli strumenti della comunicazione mediata tecnologicamente,
quasi questi rappresentassero un oggetto transizionale virtuale. Il
telefono cellulare, per esempio, viene regalato dai genitori in modo che
il figlio resti sempre in contatto con loro anche mentre avviene il
distacco. Prende forma dunque un nuovo modo di stare in contatto e
soprattutto messenger sembra rappresentare per i ragazzi un luogo
dove si scambiano idee, opinioni, si esprimono stati d’animo. È un
“luogo” molto frequentato dove i ragazzi approfondiscono conoscenComunicazioni e relazioni virtuali
83
ze e che ricorda il parco delle vecchie generazioni. In molti casi si tratta di un luogo virtuale dove i ragazzi si sentono più liberi, riuscendo
così a parlare delle proprie emozioni, degli stati d’animo e degli argomenti più delicati e privati. Per i più introversi ciò risulta indubbiamente vantaggioso: chattare sembra dare maggiore sicurezza nelle
relazioni, promuovere maggiore fiducia nella proprie capacità relazionali e consente di accedere in modo protetto alle reazioni degli altri. Si
tratta di un periodo preparatorio, protetto, schermato dal monitor del
computer, in cui si mettono alla prova le prime competenze.
L’utilizzo delle sessioni multiple consente di sperimentare virtualmente la dimensione del gruppo, di sentirsi cercati, di essere ascoltati da qualcuno, di partecipare a un’elaborazione collettiva del tema al
centro della discussione. Per alcuni si tratta dunque di una sperimentazione e di un’acquisizione di maggior sicurezza che può essere successivamente spesa nel mondo reale. Quando non si è ancora pronti
ad affrontare la reazione diretta degli altri, si utilizzano questi strumenti per poter vedere le reazioni degli altri, degli amici.
Messenger rappresenta un luogo in cui sperimentare i “plurimi sé”
che caratterizzano la fase evolutiva adolescenziale, in vista della
costruzione della propria identità e di un senso di sé più solido e integrato. L’utilizzo di questo strumento è una possibile espressione di sé,
di un sé in continua evoluzione; ci si mette alla prova, si sperimentano sé differenti, anche quelli che ancora non si è pronti a presentare
al mondo esterno. Inoltre i messaggi e le conversazioni che vengono
conservati nella memoria del telefono o del computer danno la possibilità di creare un’area dove fermare i pensieri; mentre si crea il proprio sé si ha una memoria dei diversi sé sperimentati in precedenza,
così da avere una continuità del sé. La memoria degli strumenti è una
sorta di prolungamento della propria e qui il ricordo è più vivo e tangibile; poter rileggere un messaggio importante può far rivivere le
emozioni provate e apportare un rifornimento narcisistico.
Nella relazione di coppia si predilige l’uso dei messaggi tramite il
telefono. L’sms inviato alla persona amata richiede del tempo per
essere scritto, non può e non deve essere banale e deve giungere a
destinazione in tempi veloci.
Per quanto riguarda i genitori, il cellulare è regalato da mamma e papà
che credono così di avere un controllo sui figli, ma questi gradualmente acquistano maggiore autonomia nell’utilizzarlo. L’alfabetizzazione
84
L’adolescenza tra metamorfosi e breakdown evolutivo
degli strumenti avviene al contrario, per cui i ragazzi ne hanno un controllo maggiore. In sintesi, la comunicazione attraverso telefono e
computer è spesso considerata negativamente dagli adulti e dai mass
media, ma in realtà può anche svolgere una funzione di sostegno alla
crescita e alla realizzazione dei compiti evolutivi adolescenziali.
Il ragazzo vede il proprio corpo modificarsi e si impegna per renderlo
più presentabile all’altro; il telefono e il computer sono strumenti che,
in questo senso, possono servire a sperimentare le proprie prime
capacità relazionali con l’altro. Un’area intermedia di espressione per
sperimentare il sé può facilitare l’entrata successiva nel contesto fisico reale e favorire l’incontro con l’altro, con i coetanei. Come emerge
dal lavoro clinico effettuato in questi anni con gli adolescenti, è come
se l’essere entrato in contatto con l’altro prima nella mente, attraverso l’utilizzo di quest’area intermedia d’espressione e sperimentazione
di sé virtuale, possa in alcuni casi facilitare l’ingresso nell’area del
contatto fisico vero e proprio.
Questi strumenti sono usati dalle nuove generazioni in maniera rapida e fisiologica e la loro fruizione è da considerare parte di una dinamica che risponde a esigenze evolutive proprie degli adolescenti
odierni alle prese con compiti evolutivi specifici, ma con a disposizione un contesto di vita anche virtuale.
Compito degli adulti è dunque quello di non condannare ideologicamente l’utilizzo di questi strumenti e di queste forme di comunicazione mediata tecnologicamente, ma allo stesso modo non si deve
assolutamente aderire seduttivamente o sottovalutare i rischi o gli
effetti sul processo di crescita.
Dal punto di vista clinico è importante che con il singolo ragazzo
venga approfondito il privatissimo modo in cui l’adolescente utilizza
questi strumenti, in direzione evolutiva o antievolutiva, in funzione
del mantenimento o meno del proprio equilibrio narcisistico.
Matteo Lancini
Bibliografia
M. Lancini, L. Turuani, Sempre in contatto. Relazioni virtuali in adolescenza.
FrancoAngeli, Milano, 2009.
Comunicazioni e relazioni virtuali
85
Problematiche adolescenziali:
strategie di intervento
Tavola rotonda
Chairman: Paolo Piergentili
Paolo Piergentili
I
nizio con due riflessioni, la prima riguardante la tipologia d’intervento da effettuare, la seconda inerente la prevenzione.
Se da un lato è necessario un intervento terapeutico per l’aspetto
patologico della trasformazione, dall’altro lato va ricordato che la trasformazione interessa l’intera società guidata da un’evoluzione tecnologica.
È fondamentale tener presente che se si vuole evitare il verificarsi di
determinate situazioni occorre attivare un lavoro di rete che veda la
partecipazione di tutti.
Giorgio Tamburlini
V
ista la precocità di alcuni comportamenti e percorsi, è evidente
che la prevenzione andrebbe attivata già nei primi anni di vita, e
risulterebbe ancor più efficace se se ne parlasse prima della nascita
del bambino.
Oggi si notano un certo smarrimento e una richiesta da parte di tutti
gli operatori. Si verificano un numero maggiore, rispetto al passato,
di situazioni di isolamento dovute alla mancanza di strumenti;
occorre fornire ai genitori nuovi strumenti di supporto perché riescano a costruire quelle relazioni e quegli schemi mentali nel bambino che gli permettono una considerazione di sé in rapporto al
mondo e che con l’avanzare del tempo risulteranno sempre più difficili da modificare.
Da qualche anno a Trieste ci stiamo occupando di quest’ultimo aspet88
L’adolescenza tra metamorfosi e breakdown evolutivo
to, cercando di capire quali sono gli strumenti e le modalità per realizzare ciò, tenendo conto di un aspetto molto importante come la
limitatezza delle risorse che abbiamo a disposizione. Non ho dubbi
che con molto personale, capacità e risorse riusciremmo con maggior
probabilità a risolvere il problema.
Il primo punto si riferisce dunque ai neogenitori e riguarda il “quando”, il periodo durante il quale è opportuno intervenire.
Il “dove” non riguarda solo i servizi: qui è importante dare una risposta immediata, occorre essere presenti come insieme di servizi, non
solo sanitari ma anche educativi, nei luoghi dove avviene la comunicazione, nei luoghi in cui si creano i problemi e dove si possono trovare le risposte. Credo si debba lavorare di più, rispetto al passato, in
tutte quelle comunità (educative, sportive, ecc.) dove c’è la presenza
di ragazzi, per offrire a chi di loro non verrà successivamente ai servizi una risposta immediata.
Quest’ultimo aspetto comporta la presenza di figure professionali con
diversa formazione e nuove figure professionali: si tratta del “chi”. Per
dare una risposta immediata c’è bisogno di personale specificamente
competente. Il personale della nostra struttura sanitaria di risposta è
stato formato rispetto ai bisogni di trenta, quaranta anni fa, quando il
principale problema erano le malattie. Oggi questo problema è inferiore rispetto al passato; ci confrontiamo con questa dimensione dei
problemi ed evidentemente abbiamo bisogno delle stesse figure con
una diversa formazione e di nuove figure. Dal mio punto di vista l’evoluzione dei servizi per l’infanzia vede meno pediatri e specialisti, e
più figure di collegamento che abbiano capacità di recarsi a domicilio, di lavorare con le famiglie, che abbiano buone competenze sugli
aspetti comunicativi, che siano in grado di comprendere la situazione, che abbiano una capacità multidimensionale d’intervento e che
naturalmente siano in grado di lavorare in rete con i professionisti
specifici.
Occorre prendere in mano questa rapida trasformazione anche in
sanità, così da renderci conto che il sistema è strutturato sui bisogni
di trenta, quaranta anni fa.
Gli operatori che si prendono cura dei ragazzi devono essere in grado
di usare i nuovi strumenti tecnologici.
Problematiche adolescenziali: strategie di intervento
89
Marco Carrozzi
U
n aspetto fondamentale a mio parere riguarda non tanto i fattori
di rischio, quanto il mettere in grado i ragazzi di affrontare i
momenti di maggior stress.
I ragazzi vanno posti nelle condizioni in cui sappiano gestire le situazioni caratterizzanti l’adolescenza: una volta individuati i fattori di
rischio è importante lavorare sulle loro competenze comunicative.
Per quanto riguarda la prevenzione primaria, di fondamentale importanza è la formazione degli operatori della scuola, delle agenzie sociali e della sanità. Atti di prevenzione come il lavoro sui gruppi di pari
per aumentare le competenze comunicative, il controllo dei mezzi
con cui i ragazzi possono farsi male e la discussione in classe di alcune tematiche coinvolgono tutti, scuola e non, e rappresentano un
lavoro volto all’identificazione dei possibili fattori di rischio. Allo stesso tempo si riescono a evidenziare i fattori protettivi sui quali lavorare successivamente.
Tiziana Martuscelli
A
pprofondisco due questioni. La prima riguarda la prevenzione
primaria. Nell’Azienda n. 6, come in tutto il resto della Regione, i
consultori familiari e i punti nascita si stanno muovendo in sinergia,
anche se non ancora in modo capillare, nel prevenire il più precocemente possibile le situazioni di disagio. La nascita è una “finestra di
plasticità” nella vita di una famiglia e il Percorso nascita, con tutti i
suoi servizi, cerca di entrare attraverso questa finestra perché è un
pertugio “a tempo” che tenderà rapidamente a chiudersi, cristallizzando le relazioni. Intervenire precocemente nelle relazioni di attaccamento madre-bambino disturbate significa evitare che la forbice
del disagio si apra, con costi umani e sociali enormi.
Un secondo aspetto su cui desidero soffermarmi riguarda la rapidità
dei servizi. Fortunatamente si parla di una percentuale limitata di
ragazzi che stanno male, ma su questi numeri è importante interve90
L’adolescenza tra metamorfosi e breakdown evolutivo
nire il prima possibile. Da quattro anni, nell’Azienda 6, ci siamo
attrezzati per rendere il più possibile veloce la risposta alla richiesta,
in particolar modo se giunge da un ragazzo o dai suoi genitori. Il trascorrere di troppo tempo può mutare la situazione e rendere il ragazzo non più disponibile all’aiuto o più difficilmente recuperabile.
Sono fondamentali le risorse a disposizione, la loro messa in rete, la
collaborazione con il mondo che ruota attorno ai ragazzi, altrimenti
c’è una dispersione di energie in percorsi paralleli. Le risorse sono
poche ovunque ma, se mirate a obiettivi comuni, possono essere
modulate in maniera diversa. Le nuove generazioni e soprattutto le
nuove famiglie hanno bisogno di ricevere dei supporti sistematici, ma
soprattutto pluriprofessionali.
Matteo Lancini
L
e nuove forme di comunicazione dei giovani mettono al riparo
quei ragazzi che non vogliono uscire e restano chiusi in casa.
A disposizione dei ragazzi ci sono strumenti che, se utilizzati in
maniera corretta e non patologica, possono rappresentare una forma
di comunicazione sempre a disposizione; sono gli stessi genitori a fornire questi strumenti ai propri figli. Pongo come spunto di riflessione
la mia partecipazione a un programma volto alla prevenzione della
diffusione della sieropositività.
Negli anni sono state condotte diverse ricerche; in Lombardia si è
notato come la diffusione avvenga per contagio eterosessuale. L’idea
è stata quella di entrare nella rete virtuale e tramite essa inviare dei
messaggi di prevenzione; è importante quindi attuare delle pratiche
che vedano i ragazzi come protagonisti attivi in rete e che li riescano
a mettere al riparo dai rischi.
Un altro aspetto importante riguarda l’alleanza tra scuola e famiglia;
ci sono delle emergenze educative in Italia, per esempio la riformulazione del patto scuola-famiglia.
Interventi di prevenzione primaria e secondaria riguardanti il bullismo si muovono all’interno di un progetto di rete ampio, così da riuProblematiche adolescenziali: strategie di intervento
91
scire ad aiutare famiglia e scuola a non screditarsi ma a entrare in contatto e dare risposte basate su una nuova alleanza educativa. Ciò è
possibile e ha una ricaduta significativa sul processo di crescita dei
ragazzi.
Gustavo Pietropolli Charmet
S
ulle idee guida che hanno animato gli interventi precedenti ritengo che, progettando la rete dei servizi che potrebbero presidiare il
passaggio dall’infanzia alla vita adulta, quindi l’adolescenza, è naturale partire dall’ipotesi che il principale fattore di rischio, statisticamente individuato rispetto alla tossicodipendenza, ai disturbi nella
condotta alimentare, alla devianza minorile e ai suicidi, sia avere
quell’età. Per questo motivo i servizi dovrebbero tenere in considerazione quest’ultimo fattore e non l’indice delle sofferenze psichiatriche
o sociali riportate nei testi relativi all’argomento.
Puntare sull’età risulta importante perché la diagnosi durante l’adolescenza è impossibile, l’età è la regista e non la singola psicopatologia.
C’è una mutevolezza delle manifestazioni tale da farci preferire un
servizio improntato sull’età piuttosto che sulla sintomatologia.
I colleghi che lavorano in neuropsichiatria, nei consultori, ecc.,
lamentano di non riuscire a stabilire un contatto con l’universo giovanile, il quale ha bisogno d’essere appoggiato dal punto di vista educativo. È difficile contattarli perché partono da un assetto istituzionale che non è coerente con le aspettative degli utenti.
Nel costruire una rete, operatori del consultorio, della neuropsichiatria, ecc., si trovano a fronteggiare problemi di una certa fascia d’età,
ognuno con le proprie competenze; non si tratta di una collaborazione facile ma si otterranno indubbiamente risultati positivi.
Si ha un riscontro positivo anche dal punto di vista dell’igiene mentale degli operatori.
È fondamentale aggregarsi per tutelare il processo di crescita, perché
l’adolescente vive in uno spazio psichico allargato, in base alla persona con cui si rapporta (mamma, papà, amici). Solo con un intervento
92
L’adolescenza tra metamorfosi e breakdown evolutivo
di contesto si riesce a lavorare sulla mente, sul corpo e sul sentimento di identità. L’adolescente è orientato al futuro, del passato non gli
importa poi molto.
Problematiche adolescenziali: strategie di intervento
93
I PARTECIPANTI
Renata Aliverti, medico neuropsichiatra infantile; struttura organizzativa complessa di neuropsichiatria infantile e neurologia pediatrica,
Istituto di ricovero e cura a carattere scientifico “Burlo Garofolo”, Trieste
Sara Battistutta, psicologa; struttura organizzativa complessa di neuropsichiatria infantile e neurologia pediatrica, Istituto di ricovero e cura a
carattere scientifico “Burlo Garofolo”, Trieste
Marco Carrozzi, neuropsichiatra infantile; struttura organizzativa complessa di neuropsichiatria infantile e neurologia pediatrica, Istituto di
ricovero e cura a carattere scientifico “Burlo Garofolo”, Trieste
Angelo Cassin, medico psichiatra; responsabile Dipartimento di salute
mentale, Azienda per i servizi sanitari n. 6 “Friuli Occidentale”
Silvana Cremaschi, servizio di neuropsichiatria dell’infanzia e dell’adolescenza, Azienda per i servizi sanitari n. 4 “Medio Friuli”
Nicola Delli Quadri, Direttore generale Azienda per i servizi sanitari n. 6
“Friuli Occidentale”
Fulvio Kette, medico, responsabile Pronto soccorso Ospedale civile San
Vito al Tagliamento, Azienda per i servizi sanitari n. 6 “Friuli Occidentale”
Matteo Lancini, psicologo e psicoterapeuta, Istituto Minotauro, Milano;
professore incaricato di psicologia dell’adolescenza, Università MilanoBicocca
Guido Lucchini, medico di medicina generale, Aviano (PN), Azienda per
i servizi sanitari n. 6 “Friuli Occidentale”; esecutivo Centro regionale delle
cure primarie del Friuli Venezia Giulia
Tiziana Martuscelli, psicologa e psicoterapeuta; coordinatrice Progetto
Interservizi Adolescenti e responsabile Consultori familiari dei Distretti
Est e Sud, Azienda per i servizi sanitari n. 6 “Friuli Occidentale”
Willy Pierre Mercante, direttore anestesia rianimazione e terapia intensiva; direttore Dipartimento di urgenza-emergenza e cure intensive,
Azienda ospedaliera “Santa Maria degli Angeli”, Pordenone
Paolo Piergentili, direttore sanitario Azienda per i servizi sanitari n. 6
“Friuli Occidentale”
Gustavo Pietropolli Charmet, psichiatra, presidente Istituto Minotauro,
Milano
Nicola Salerno, psicologo e psicoterapeuta, Dipartimento di salute mentale, Azienda per i servizi sanitari n. 6 “Friuli Occidentale”
Giorgio Tamburlini, medico pediatra, direttore scientifico Istituto di
ricovero e cura a carattere scientifico “Burlo Garofolo”, Trieste
Caterina Zanus, medico; struttura organizzativa complessa di neuropsichiatria infantile e neurologia pediatrica, Istituto di ricovero e cura a
carattere scientifico “Burlo Garofolo”, Trieste
Si ringrazia Enrica Cappellari per la trascrizione di alcune relazioni presenti nella pubblicazione
Finito di stampare nel mese di marzo 2010
da Iacobelli, Via Catania 8, Pavona di Albano Laziale (Roma)
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