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SOLO I MUTANTI NON SI USTIONANO? I MATERIALI CHE CI

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SOLO I MUTANTI NON SI USTIONANO? I MATERIALI CHE CI
MACROTRIVIAL
SOLO I MUTANTI NON SI USTIONANO?
I MATERIALI CHE CI PROTEGGONO DAL
FUOCO
di Eleonora Polo
partire dagli anni Trenta, alieni, supereroi e
mutanti dotati dei poteri più disparati
hanno invaso il mondo dei fumetti, tanto
che il loro numero supera ora il migliaio in tutto il
mondo. Nella piccolissima frazione passata dalla
matita dei disegnatori al grande schermo ne ricordiamo ben due che possono permettersi di trattare il fuoco senza scottarsi: Pyro (X-Men), un ragazzo capace di manipolare le fiamme (ma non di
produrle), e Johnny Storm (Fantastici Quattro),
un ricercatore che un incidente di laboratorio ha
trasformato nella Torcia Umana, un mutante dotato di pirocinesi (capacità di produrre fiamme con
il solo potere della mente). Le tute speciali che
indossa sono a base di molecole autoregolanti
instabili, altrimenti si ritroverebbe nudo come un
verme tutte le volte che la fiamma si spegne.
civiltà, ma anche
furia devastatrice
quando sfugge al
nostro controllo.
Non possedendo
superpoteri, fin
dalla preistoria
abbiamo cercato
materiali che ci
salvassero
la
pelle, proteggendoci da fiamme e
calore elevato.
A
1. IL
2. PRIMA
DELLE MATERIE PLASTICHE: L’AMIANTO
Il primo materiale utilizzato a tale scopo è stato l’amianto, conosciuto fin dal 4000 a.C., datazione a
cui risalgono i reperti che ne documentano l’ampia diffusione nei Paesi nordici.
FUOCO, AMICO O NEMICO?
2a. La struttura
Con il nome di amianto (gr amìantos, incorruttibile), o asbesto (gr àsbestos, inestinguibile) 1-2, è
indicato un insieme di minerali del gruppo dei silicati appartenenti alle serie mineralogiche del serpentino
(silicato
idrato
di
magnesio,
Mg3Si2O5(OH)4, così chiamato perché il tipo variegato verde ricorda la pelle di alcuni serpenti) e
degli anfiboli (silicati di calcio, ferro e magnesio;
dal greco amphìbolos, ambiguo).
L’amianto, che si presenta come un ammasso
fibroso biancastro o grigio pallido tendente al verdognolo, si è formato milioni di anni fa a partire
dalla lava preistorica trasformatasi prima in olivina ((Mg,Fe)2[SiO4]) e poi in serpentino, i cui detri-
Chi non sa che il fuoco è utilissimo, anzi necessario a’ mortali; direm noi, per ciò che egli arde le
case e le ville e le città, che sia malvagio?
(Boccaccio, Decameron)
I
disegnatori
di
fumetti ci ricordano,
a modo loro, che il
fuoco per noi comuni mortali rappresenta un affascinante amico/nemico,
insostituibile per la
sopravvivenza e lo
sviluppo
della
11
AMIANTO
Anfiboli
Serpentino
Crisotifo
(amianto bianco)
6MgO, 4SiO2, H2O
Tremolite
Antofillite
Actinolite
2CaO, 5MgO,
8SiO2, H2O
7MgO, 8SiO2, H2O
2CaO, 4MgO, FeO
8SiO2, H2O
Amosite
(amianto bruno)
Crocidolite
(amianto blu)
5.5FeO, 1.5MgO,
8SiO2, H2O
Na2O, Fe2O3, 3FeO
8SiO2, H2O
del crisotilo servivano a rinforzare le corde con cui
venivano sospesi i recipienti sul fuoco. L’amianto
era impiegato dagli antichi Egiziani per rendere i
tessuti meno usurabili e per imbalsamare i faraoni. I Persiani lo importavano dall’India per confezionare la biancheria da tavola ed i sudari per la
cremazione dei cadaveri (affinché i corpi non fossero contaminati da altri materiali). Uno dei divertimenti più in voga, alla fine dei banchetti dei ricchi Persiani, consisteva nello stupire gli ospiti gettando nel fuoco tovaglie e tovaglioli sporchi per
poi recuperarli bianchi ed intatti.
La prima testimonianza scritta sull’amianto (una
sostanza minerale che sembra legno marcio e non
viene consumata dal fuoco) compare nel trattato
Sulle Pietre di Teofrasto (300 a.C.). Nell’antica
Grecia l’amianto era dapprima usato solo per gli
abiti degli schiavi, ma quando ne furono scoperte
le proprietà ignifughe venne indirizzato ad impieghi più nobili, come i manti dei re e gli stoppini
delle lampade perpetue dei templi dell’Acropoli, o
per isolare termicamente edifici e forni. Dioscoride
descrive perfino l’uso di fazzoletti da naso riutilizzabili in fibra d’amianto. Anche i Romani ne
apprezzavano le proprietà e ne facevano un largo
uso (lampade delle vestali, capi di abbigliamento,
biancheria da tavola, come isolante acustico, ...).
ti, pressati ad alte temperature insieme ad altre
sostanze chimiche, e filati dai movimenti di slittamento delle rocce, si sono trasformati nei minerali che oggi noi chiamiamo genericamente amianto. Le fibre utilizzabili (circa il 6%) sono estratte dal
minerale grezzo per frantumazione ed aspirazione.
Il crisotilo appartiene alla famiglia dei fillosilicati, in
cui i tetraedri di silicio-ossigeno sono disposti su
piani paralleli in strutture esagonali, dando origine
ad una struttura a fogli piegati (gruppo anionico:
[Si4O10(OH)2]6-) che genera fibre più lunghe, chimicamente più stabili e meno friabili* degli anfiboli,
inosilicati in cui i tetraedri si uniscono per formare
catene doppie (gruppo anionico: [Si4O11(OH)]7-).
2b. La storia
Fin dalla preistoria le
popolazioni scandinave 3-4 hanno sfruttato le
diverse
varietà
di
amianto nella produzione delle stoviglie in
terracotta. L’aggiunta
di anfiboli all’argilla le conferiva maggiore resistenza agli urti ed al calore, mentre le lunghe fibre
Amiantus alumini similis nihil igni deperdit; hic
veneficiis resistit omnibus, privatim Magorum.
(L’amianto, simile all’allume, non si consuma a
causa del fuoco; esso resiste a tutte le stregonerie, specialmente a quelle dei maghi)
(Plinio, Naturalis Historiae, 36, 139)
12
Nel Medioevo l’amianto venne impiegato soprattutto nell’abbigliamento dei nobili, per coibentare
le armature o per mettere a segno vere e proprie
truffe. Lo stesso imperatore Carlomagno 5, quando
voleva imporre la propria autorità sui capi delle
tribù barbare, imitava lo scherzo delle tovaglie
degli antichi Persiani per far loro credere di essere
dotato di poteri soprannaturali. In tutta Europa
truffatori senza scrupoli spacciavano piccole croci
di amianto per reliquie del vero legno della croce di
Cristo. Il fatto che non venissero consumate dal
fuoco era considerato garanzia della loro autenticità. L’alone di mistero che circondava l’amianto
era anche alimentato dall’incertezza sulla sua
natura, se vegetale, animale o minerale. Marco
Polo (XIII secolo) fu il primo ad attestarne in modo
inequivocabile la natura minerale.
produzione, a partire
dal 1893, è aumentata
incessantemente sino
alla fine degli anni ’80.
È stato stimato che l’amianto, all’apice della
sua diffusione, fosse
impiegato in più di tremila applicazioni diverse (proprie ed improprie).
I maggiori produttori sono Canada, Sudafrica,
Zimbabwe, ex-URSS, Cina e, fino a pochi anni fa,
l’Italia. L’estrazione non è complicata in quanto il
materiale si trova negli strati superficiali della crosta terrestre e le miniere non sono altro che enormi coni rovesciati a cielo aperto.
Oltre alla composizione chimica, è la lunghezza
delle fibre a determinare l’impiego dei vari minerali: quelle più lunghe (crisotilo) possono essere
utilizzate nei tessuti in combinazione con cotone o
rayon, mentre le più corte (crocidolite, amosite)
sono adatte alla realizzazione di tubature e guarnizioni o, impastate con cemento, sono state usate
nei materiali da costruzione (eternit). Tremolite e
antofillite non hanno trovato impieghi industriali
significativi.
… in queste montagne è un’altra vena, onde si fa
la salamandra. La salamandra non è bestia,
come si dice, che vive nel fuoco, ché neuno animale puote vivere nel fuoco […] Egli è vero che
quella vena si cava e stringesi insieme e fa fila
come di lana; e poscia la fa seccare e pestare in
grandi mortai di covro, poscia la fanno lavare e
la terra sí cade, quella che v’è apiccata, e rimane
le file come di lana; e questa si fila e fassine
panno da tovaglie. Fatte le tovaglie, elle sono
brune, mettendole nel fuoco diventano bianche
come nieve; e tutte le volte che sono sucide, si
pognono nel fuoco e diventano bianche come
neve. E queste sono le salamandre, e l’altre sono
favole.
M. Polo, Il Milione
2c. L’Eternit riposo
Gli anfiboli, usati negli anni sessanta e settanta per
le loro proprietà ignifughe, sono stati da tempo
messi al bando dall’Unione europea (in Italia, con
la Legge 257/1992), perché ufficialmente riconosciuti responsabili di asbestosi, mesoteliona della
pleura e cancro polmonare 6-8. L’amianto bianco (il
95% della produzione mondiale), invece, è ancora
tollerato in vari paesi europei, perché si ritiene che
la sua cancerogenicità sia dovuta a contaminazio-
Benché l’interesse nei confronti dell’amianto non
si sia mai spento, solo nel XIX secolo comincia
ad essere usato e commercializzato su grande
scala. Nel 1820 uno scienziato italiano, Giovanni
Aldini, disegnò una serie di capi di abbigliamento protettivo a base di amianto per i pompieri
della sua città: fu un successo immediato che gli
attirò l’interesse della stampa e clienti da tutta
Europa. La seconda applicazione importante fu
nella tessitura dei sipari e negli arredi dei teatri,
dove contribuì a salvare migliaia di vite umane
prevenendo i frequenti incendi causati dal tipo di
illuminazione impiegata allora. Ma la crescita
esponenziale si è avuta con la scoperta di enormi
giacimenti (Urali, Canada) e la contemporanea
introduzione della macchina a vapore, che rendeva indispensabile sostituire o ricoprire tutto il
materiale infiammabile. Un quarto filone di sviluppo è stato quello del cemento-amianto, la cui
Curiosità 1. Amianto al cinema
Oltre agli arredi di teatri e sale cinematografiche, nel cinema l’amianto è stato usato in grandi quantità per simulare la neve (prima del polistirolo) o la polvere su mobili e ragnatele. Nel
film La mummia (1999) l’intera trama delle
ragnatele giganti è stata tessuta a mano con fili
di amianto. Nel Mago di Oz
(1939), la Malvagia Strega
dell’Ovest cavalca una
scopa dal manico di
amianto. Quelle di Harry
Potter & Co sono invece di
normalissimo legno e saggina e bruciano benissimo.
13
ni di anfiboli, piuttosto che al materiale in sé. Pare
che sia soprattutto la tipologia delle fibre a determinare la tossicità del materiale, in quanto gli studi
in vitro hanno dimostrato che tutti i tipi di amianto provocano alterazioni cellulari. Una fibra di
amianto è 1300 volte più sottile di un capello
umano; mentre le corte (< 5 m) fibre a bastoncino
degli anfiboli penetrano facilmente negli alveoli
polmonari, quelle lunghe ed arricciate del crisotilo
sono invece trattenute dalle ciglia dell’epitelio
delle vie respiratorie, inglobate nel muco che questo secerne ed espulse con la tosse.
Fibre di amianto nei tessuti polmonari: prima (a) e
dopo (b) digestione chimica dei tessuti.
Il fatto che la lavorazione dell’amianto potesse
provocare malattie è noto da secoli: Plinio il
Vecchio (I sec. d.C.) sconsigliava l’acquisto di
schiavi provenienti da miniere di amianto, perché “destinati a morire giovani”, e Strabone
aveva già osservato l’elevata incidenza di malattie polmonari fra questo tipo di minatori.
Entrambi gli scrittori documentano l’uso di
maschere (confezionate con vesciche animali)
per proteggere i polmoni di questi lavoratori.
All’inizio del XX secolo c’erano già evidenze cliniche sul fatto che l’amianto provocasse l’asbestosi, ma le precauzioni sul lavoro
erano
ridicole
come documentano le foto qui
riprodotte 6. Alla
fine degli anni
quaranta,
molti
grandi produttori
erano a conoscenza della cancerogenicità
dell’amianto, ma non lo
avrebbero
mai
ammesso. Il ritardo nel prendere
14
Curiosità 2. I supernemici
L’amianto conta anche i suoi supereroi:
Asbestos Man e Asbestos Lady, nemici dichiarati della Torcia Umana e forniti di tute di amianto
di loro fabbricazione.
Asbestos Man, un chimico analitico dedito
ad attività criminali, è
significativamente
morto di cancro ai
polmoni,
altrimenti
avrebbe potuto mettere su famiglia con
Asbestos Lady per
produrre una famiglia
di Asbestos Kids…
precauzioni è causa di migliaia di morti ogni
anno e, tenendo conto della vasta diffusione nell’ambiente dell’asbesto e del lungo periodo di
latenza (20-30 anni) delle patologie indotte,
secondo alcuni epidemiologi inglesi, il peggio
deve ancora venire. L’asbestosi insieme alla silicosi è la malattia per la quale l’INAIL ha riconosciuto e paga in Italia il maggior numero di
indennità di invalidità.
3. C’È
FIAMMA E FIAMMA: ALLA RICERCA DI UN MATE-
RIALE PER TUTTE LE STAGIONI
L’amianto è una vera superstar fra i materiali:
costa poco, è insapore, inodore, leggero; è chimicamente inerte (solo il crisotilo è attaccato
dagli acidi), insolubile in acqua e nei solventi
organici, termicamente stabile, non conduce la
corrente, presenta una resistenza alla trazione
superiore a quella dell’acciaio, non è infiammabile. Può essere filato per produrre un materiale
che è contemporaneamente ritardante di fiamma, isolante elettrico e resistente agli agenti chimici. Anche limitandoci al solo settore delle fibre
tessili, ci rendiamo subito conto di quanto sia
difficile trovare un materiale unico che possieda
tutte queste qualità e sia nello stesso tempo
abbastanza confortevole per chi lo indossa. Le
fiamme, poi, non sono tutte uguali: in alcuni casi
bisogna proteggere lavoratori che possono trovarsi esposti occasionalmente a moderati livelli
di energia radiante nel corso della normale attività lavorativa (piloti; astronauti; tecnici di
impianti e laboratori industriali); in altri, occorre
invece garantire una protezione per un tempo
prolungato e a temperature elevate o fiamme
dirette (vigili del fuoco, fonderie).
zioni normali di aerazione. In presenza di agenti
ritardanti di fiamma questo valore viene incrementato secondo la seguente formula:
(LOI) = (LOI)m + f(FR)
Dove: (LOI)m è l’indice di ossigeno del materiale
vergine e f(FR) indica la funzione del ritardante di
fiamma.
Vestibilità e confort nell’uso
I tessuti devono essere leggeri, funzionali, comodi
da indossare, impermeabili al vapore, ma permeabili alla traspirazione (almeno 1-2 litri all’ora),
per evitare surriscaldamento e stress termico, che
sono, dopo le fiamme, i rischi più gravi per i vigili
del fuoco.
3a. Criteri per una scelta
Comportamento termico
Il calore provoca alterazioni chimiche e fisiche
nelle fibre tessili. Nell’abbigliamento protettivo è
indispensabile che il materiale non prenda fuoco,
ma carbonizzi direttamente senza fondere, o, nel
caso in cui si incendi, che la fiamma si diffonda
lentamente, sprigionando meno calore possibile e
senza produrre sostanze a loro volta combustibili.
Il materiale deve possedere un’ottima stabilità
dimensionale e garantire un adeguato isolamento
termico. È anche necessario che la decomposizione non produca fumi, gas tossici o infiammabili (in
questo caso, se c’è abbastanza ossigeno, il solo
calore può produrre incendi anche in assenza di
fiamme dirette).
Le uniformi sono disponibili solo in due taglie:
o troppo piccole o troppo grandi.
(Leggi di Murphy sui pompieri volontari)
Materiali accessori
Le tute dei lavoratori devono anche essere dotate
di fasce fosforescenti che consentano una buona
visibilità di notte e/o in presenza di fumi e fiamme.
Non è un problema banale perché, nonostante
siano in commercio centinaia di materiali fluorescenti, solo pochi resistono al calore in modo tale
da assolvere pienamente questo compito.
Struttura
La tessitura e le rifiniture influiscono sul comportamento termico dei materiali e sulla loro capacità
di isolare dal calore: una trama stretta rallenta
maggiormente la diffusione delle fiamme rispetto
ad una più larga. I tessuti con fibre lunghe e sfrangiate diffondono molto più rapidamente le fiamme
di quelli dalla superficie levigata e rigida.
Aggiunta di ritardanti di fiamma
Sono additivi in grado di migliorare le prestazioni
della fibra tessile sia interferendo chimicamente
con i processi di pirolisi, che mantengono la combustione del materiale, sia producendo elevati
volumi di gas non infiammabili o favorendo la formazione di uno strato carbonizzato non combustibile; in entrambi i casi viene inibito o ridotto il contatto della fibra con l’ossigeno.
Visto che non esiste un materiale che possa soddisfare contemporaneamente tutti questi requisiti,
è solitamente necessario trovare un compromesso
ragionevole fra le varie esigenze o impiegare tute
costituite da più strati di materiali diversi. Quello
esterno costituisce la prima difesa, per cui deve
resistere a fiamme, calore, danni meccanici (tagli,
abrasioni, strappi) e, in particolari ambienti, anche
benzina ed agenti chimici. Segue uno strato che
protegga il corpo umano dal calore esterno, pur
consentendo la traspirazione e lo smaltimento del
calore corporeo. In alcuni paesi è obbligatorio
LOI (Limiting Oxygen Index)
È la percentuale minima di ossigeno necessaria
per innescare la combustione di un materiale plastico in aria. Più questo valore è elevato, minore è
l’infiammabilità del materiale. Dato che il contenuto di ossigeno nell’aria è circa del 21%, tutti i
materiali con LOI<21 sono infiammabili in condi-
15
anche un rivestimento che protegga dall’umidità,
perché, oltre al disagio fisico, essa riduce pesantemente le prestazioni di alcuni materiali polimerici.
4. I
viene spesso mescolata ad altre fibre tecniche
(aramidi) più resistenti.
Resine fenolo-formaldeide: Kynol® (Kynol Corp.).
OH
OH
NUOVI MATERIALI
Le fibre tessili 9-13 possono essere suddivise in due
categorie:
• fibre resistenti al calore o intrinsecamente autoestinguenti, di origine sintetica o minerale
• fibre naturali e sintetiche trattate chimicamente
per questo scopo.
OH
CH2
4a. Fibre intrinsecamente autoestinguenti
Fibre minerali. Per circa 200 anni è esistito un solo
tipo di fibra minerale in grado di resistere al fuoco,
l’amianto. Altre fibre minerali emergenti sono le
fibre di vetro, che ora è possibile filare e rivestire
con gomma, poliacrilato o siliconi. Sono buoni
isolanti elettrici e termici e resistono a temperature fino a 450°C. A differenza dell’amianto, quelle
usate nella tessitura non riescono a penetrare negli
alveoli polmonari; tuttavia possono causare irritazioni della pelle, di conseguenza non sono usate di
frequente nei capi d’abbigliamento.
Fibre ceramiche, carburo di silicio (SiC), nitruro
di boro (BN) o di silicio (Si3N4), policarbosiliconi,
allumina e composti simili. Queste fibre possono
reggere temperature fino a 1000-1400°C, ma
sono esteticamente piuttosto brutte, molto difficili
da lavorare ed usurano rapidamente i macchinari
a causa della forte abrasività. Hanno elevata conducibilità termica, caratteristica utile quando si
tratta di dissipare il calore, ma pericolosa se indossate a contatto di pelle, perché può portare ad
ustioni terribili per contatto diretto con materiali
bollenti o fiamme.
Resine
melammina-formaldeide:
Basofil ®
(BASF). Nella lavorazione di questa fibra termoindurente il processo di reticolazione viene interrotto al raggiungimento di un determinato valore di
viscosità, in modo che una successiva esposizione
a forte calore possa riattivare la reticolazione fino
a carbonizzazione completa (sopra i 370°C).
Questa fibra possiede un LOI elevato, bassa conducibilità elettrica, buona resistenza all’idrolisi ed
eccellente stabilità dimensionale al calore. A
250°C la massa residua della fibra si riduce solo
del 3%, per cui può essere usata anche per tempi
prolungati a 200°C. L’esposizione alle fiamme non
determina la fusione del materiale né l’emissione
di gas tossici; la fibra non è attaccata da solventi
organici, composti aromatici e basi, ma non resiste agli acidi. Dal punto di vista meccanico è una
fibra facile da lavorare, ma difficile da colorare e
non troppo robusta (simile al cotone), per cui
CH2
O
OH
OH
Sono eccellenti isolanti termici ed elettrici, che
conservano le loro proprietà anche a basse temperature, non sono attaccate da acidi, basi, solventi, combustibili o vapore; sono anche molto
leggere ed perfettamente compatibili con resine,
elastomeri, adesivi. In presenza di calore o fiamme
non fondono mai, generano pochissimi fumi non
tossici, non si restringono e non diventano fragili.
Il loro intervallo di lavoro è, però, più ristretto
rispetto alle precedenti (150°C in aria) e risultano
difficili da colorare.
Aramidi. Sono probabilmente la famiglia più nota
e più diffusa di fibre, perché possono essere filate
come i nylon, sono facili da tingere, si restringono
poco con il calore e carbonizzano senza fondere
sopra i 400°C, ma possono resistere a brevi esposizioni anche fino a 700°C; sono però degradate
dai raggi UV.
Sono costituite da unità ripetitive aromatiche (in
meta o para) legate da forti legami ammidici (CONH-). Le meta-aramidi come Nomex®
(DuPont), Conex® (Teijin), Fenilon® (Russian) e
Apyeil® (Unitika) sono impiegate nella protezione
di carristi, astronauti, piloti di aerei e lavoratori di
particolari industrie. Quando non sono richieste
prestazioni elevate sono mescolate ad altre fibre
16
trattate con ritardanti di fiamma (molto meno
costose). Le para-aramidi come Kevlar® (DuPont),
Twaron® (Akzo Nobel) e Technora® (Teijin) sono
impiegate per proteggere contemporaneamente
da proiettili e fiamme e quando occorre resistere
per tempi ridotti ad alte temperature. Dato il maggiore costo e le difficoltà di filatura sono usate
come materiale unico solo in casi particolari.
Quando è necessaria maggiore resistenza meccanica e termica sono filate insieme alle meta-aramidi.
Poli(aramidi-arimmidi): P84® (Du Pont). Queste
fibre sono particolarmente robuste e più resistenti
al calore rispetto alle precedenti, grazie al gruppo
immidico (-CON<), che non solo è privo dell’idrogeno attivo dell’ammide, ma consente anche la
formazione di anelli eterociclici stabili nella catena
polimerica. Dato che il numero dei legami singoli
nell’unità ripetitiva è inferiore
a quello delle aramidi, le fibre
O
risultano più tenaci e resistenti ai processi pirolitici
(cominciano a deteriorarsi
N
solo sopra i 450°C in aria). I
legami immidici risultano
abbastanza stabili in presenza di basi non concentrate,
ma sono attaccati dagli acidi, in particolare a temperature superiori ai 50°C. I processi di sintesi
sono abbastanza complessi e procedono a stadi.
Le fibre risultanti si rigonfiano e sono solubili soltanto in solventi aprotici come DMF e DMSO.
Poli(aramidi-immidi): Kermel® (Rhodia). Si tratta
O
N
C
O
CH2
N
H
H
N
C
O
O
termoindurenti: possono essere impiegate per
brevi periodi a temperature superiori a 400°C
(PBI) - 650°C (PBO) ed in modo continuato sopra
i 200°C. Il loro LOI elevato (>40%) fa sì che siano
adatte anche in ambienti ricchi di ossigeno (astronavi, stazioni spaziali). Non è un caso che la ricerca su queste fibre abbia subito un’accelerazione
dopo l’incendio in cui perirono i piloti dell’Apollo 1
(1967), intrappolati nella navicella ancora sulla
rampa di lancio. Sono fibre facili da filare, confortevoli al tatto, resistenti sia dal punto di vista meccanico che chimico, ma impossibili da tingere
(sono color oro o bronzo). Non si restringono, non
bruciano o fondono, né producono gas decomponendosi. Sono molto molto più costose delle aramidi, per cui sono impiegate solo in casi speciali o
mescolate a fibre più economiche.
4b. Fibre trattate con ritardanti di fiamma
Nella maggior parte delle applicazioni in cui ci
sono rischi di contatto con fiamme o calore elevato, le fibre termoplastiche vanno evitate a causa
della loro scarsa resistenza al calore, a meno di
non essere convertite in materiali ignifughi.
Questo risultato può essere conseguito in vari
modi: a) trattamento o rifinitura della fibra già tessuta con appositi additivi; b) applicazione di uno
strato superficiale ignifugo; c) filatura insieme a
fibre intrinsecamente autoestinguenti; d) sintesi in
presenza di comonomeri ritardanti di fiamma.
Le fibre più usate sono quelle a base di cellulosa
(cotone, cotone-poliestere, viscosa), lana (la fibra
naturale con LOI più elevato), modacriliche
(copolimeri di acrilonitrile, vinilcloruro o vinilidencloruro), nylon e poliesteri (Trevira®). Le fibre
modacriliche o quelle trattate con ritardanti di
fiamma alogenati non possono essere usate in
ambienti chiusi, perché rilasciano nell’ambiente
composti tossici. Un altro problema è costituito
dal lavaggio dei tessuti trattati: il semplice contatto con detersivi, detergenti per il lavaggio secco o
perfino acqua, può far loro perdere le caratteristiche ignifughe. In tutti i casi le prestazioni non sono
assolutamente paragonabili a quelle fibre delle
O
N
C
N
NH
n
di fibre che presentano proprietà intermedie fra
quelle dei due gruppi precedenti: dal punto di vista
della reattività chimica sono più simili alle aramidi, ma la resistenza termica le avvicina alle arimmidi. I tessuti ottenuti, grazie alla microstruttura
circolare delle fibre, sono particolarmente gradevoli al tatto e confortevoli da indossare.
Polimeri ladder (a scala): polibenzimidazolo, PBI
(Celanese); polibenzossazolo, PBO o Zylon®
(Toyobo). Benché la sintesi di queste fibre risalga
agli anni sessanta e settanta, rispettivamente, la
commercializzazione è iniziata solo verso la metà
degli anni ottanta. Entrambe forniscono prestazioni di gran lunga superiori rispetto alle altre fibre
17
famiglie precedenti: nell’uso professionale sono
sempre usate in miscela con fibre autoestinguenti,
soprattutto quando occorre migliorarne la vestibilità e l’aspetto estetico o ridurre il costo del prodotto finito.
10
Le fiamme che possono essere spente solo con
polveri o gas saranno trattate esclusivamente
con acqua.
(Leggi di Murphy sui pompieri volontari)
11
12
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2
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