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SOLO I MUTANTI NON SI USTIONANO? I MATERIALI CHE CI
MACROTRIVIAL SOLO I MUTANTI NON SI USTIONANO? I MATERIALI CHE CI PROTEGGONO DAL FUOCO di Eleonora Polo partire dagli anni Trenta, alieni, supereroi e mutanti dotati dei poteri più disparati hanno invaso il mondo dei fumetti, tanto che il loro numero supera ora il migliaio in tutto il mondo. Nella piccolissima frazione passata dalla matita dei disegnatori al grande schermo ne ricordiamo ben due che possono permettersi di trattare il fuoco senza scottarsi: Pyro (X-Men), un ragazzo capace di manipolare le fiamme (ma non di produrle), e Johnny Storm (Fantastici Quattro), un ricercatore che un incidente di laboratorio ha trasformato nella Torcia Umana, un mutante dotato di pirocinesi (capacità di produrre fiamme con il solo potere della mente). Le tute speciali che indossa sono a base di molecole autoregolanti instabili, altrimenti si ritroverebbe nudo come un verme tutte le volte che la fiamma si spegne. civiltà, ma anche furia devastatrice quando sfugge al nostro controllo. Non possedendo superpoteri, fin dalla preistoria abbiamo cercato materiali che ci salvassero la pelle, proteggendoci da fiamme e calore elevato. A 1. IL 2. PRIMA DELLE MATERIE PLASTICHE: L’AMIANTO Il primo materiale utilizzato a tale scopo è stato l’amianto, conosciuto fin dal 4000 a.C., datazione a cui risalgono i reperti che ne documentano l’ampia diffusione nei Paesi nordici. FUOCO, AMICO O NEMICO? 2a. La struttura Con il nome di amianto (gr amìantos, incorruttibile), o asbesto (gr àsbestos, inestinguibile) 1-2, è indicato un insieme di minerali del gruppo dei silicati appartenenti alle serie mineralogiche del serpentino (silicato idrato di magnesio, Mg3Si2O5(OH)4, così chiamato perché il tipo variegato verde ricorda la pelle di alcuni serpenti) e degli anfiboli (silicati di calcio, ferro e magnesio; dal greco amphìbolos, ambiguo). L’amianto, che si presenta come un ammasso fibroso biancastro o grigio pallido tendente al verdognolo, si è formato milioni di anni fa a partire dalla lava preistorica trasformatasi prima in olivina ((Mg,Fe)2[SiO4]) e poi in serpentino, i cui detri- Chi non sa che il fuoco è utilissimo, anzi necessario a’ mortali; direm noi, per ciò che egli arde le case e le ville e le città, che sia malvagio? (Boccaccio, Decameron) I disegnatori di fumetti ci ricordano, a modo loro, che il fuoco per noi comuni mortali rappresenta un affascinante amico/nemico, insostituibile per la sopravvivenza e lo sviluppo della 11 AMIANTO Anfiboli Serpentino Crisotifo (amianto bianco) 6MgO, 4SiO2, H2O Tremolite Antofillite Actinolite 2CaO, 5MgO, 8SiO2, H2O 7MgO, 8SiO2, H2O 2CaO, 4MgO, FeO 8SiO2, H2O Amosite (amianto bruno) Crocidolite (amianto blu) 5.5FeO, 1.5MgO, 8SiO2, H2O Na2O, Fe2O3, 3FeO 8SiO2, H2O del crisotilo servivano a rinforzare le corde con cui venivano sospesi i recipienti sul fuoco. L’amianto era impiegato dagli antichi Egiziani per rendere i tessuti meno usurabili e per imbalsamare i faraoni. I Persiani lo importavano dall’India per confezionare la biancheria da tavola ed i sudari per la cremazione dei cadaveri (affinché i corpi non fossero contaminati da altri materiali). Uno dei divertimenti più in voga, alla fine dei banchetti dei ricchi Persiani, consisteva nello stupire gli ospiti gettando nel fuoco tovaglie e tovaglioli sporchi per poi recuperarli bianchi ed intatti. La prima testimonianza scritta sull’amianto (una sostanza minerale che sembra legno marcio e non viene consumata dal fuoco) compare nel trattato Sulle Pietre di Teofrasto (300 a.C.). Nell’antica Grecia l’amianto era dapprima usato solo per gli abiti degli schiavi, ma quando ne furono scoperte le proprietà ignifughe venne indirizzato ad impieghi più nobili, come i manti dei re e gli stoppini delle lampade perpetue dei templi dell’Acropoli, o per isolare termicamente edifici e forni. Dioscoride descrive perfino l’uso di fazzoletti da naso riutilizzabili in fibra d’amianto. Anche i Romani ne apprezzavano le proprietà e ne facevano un largo uso (lampade delle vestali, capi di abbigliamento, biancheria da tavola, come isolante acustico, ...). ti, pressati ad alte temperature insieme ad altre sostanze chimiche, e filati dai movimenti di slittamento delle rocce, si sono trasformati nei minerali che oggi noi chiamiamo genericamente amianto. Le fibre utilizzabili (circa il 6%) sono estratte dal minerale grezzo per frantumazione ed aspirazione. Il crisotilo appartiene alla famiglia dei fillosilicati, in cui i tetraedri di silicio-ossigeno sono disposti su piani paralleli in strutture esagonali, dando origine ad una struttura a fogli piegati (gruppo anionico: [Si4O10(OH)2]6-) che genera fibre più lunghe, chimicamente più stabili e meno friabili* degli anfiboli, inosilicati in cui i tetraedri si uniscono per formare catene doppie (gruppo anionico: [Si4O11(OH)]7-). 2b. La storia Fin dalla preistoria le popolazioni scandinave 3-4 hanno sfruttato le diverse varietà di amianto nella produzione delle stoviglie in terracotta. L’aggiunta di anfiboli all’argilla le conferiva maggiore resistenza agli urti ed al calore, mentre le lunghe fibre Amiantus alumini similis nihil igni deperdit; hic veneficiis resistit omnibus, privatim Magorum. (L’amianto, simile all’allume, non si consuma a causa del fuoco; esso resiste a tutte le stregonerie, specialmente a quelle dei maghi) (Plinio, Naturalis Historiae, 36, 139) 12 Nel Medioevo l’amianto venne impiegato soprattutto nell’abbigliamento dei nobili, per coibentare le armature o per mettere a segno vere e proprie truffe. Lo stesso imperatore Carlomagno 5, quando voleva imporre la propria autorità sui capi delle tribù barbare, imitava lo scherzo delle tovaglie degli antichi Persiani per far loro credere di essere dotato di poteri soprannaturali. In tutta Europa truffatori senza scrupoli spacciavano piccole croci di amianto per reliquie del vero legno della croce di Cristo. Il fatto che non venissero consumate dal fuoco era considerato garanzia della loro autenticità. L’alone di mistero che circondava l’amianto era anche alimentato dall’incertezza sulla sua natura, se vegetale, animale o minerale. Marco Polo (XIII secolo) fu il primo ad attestarne in modo inequivocabile la natura minerale. produzione, a partire dal 1893, è aumentata incessantemente sino alla fine degli anni ’80. È stato stimato che l’amianto, all’apice della sua diffusione, fosse impiegato in più di tremila applicazioni diverse (proprie ed improprie). I maggiori produttori sono Canada, Sudafrica, Zimbabwe, ex-URSS, Cina e, fino a pochi anni fa, l’Italia. L’estrazione non è complicata in quanto il materiale si trova negli strati superficiali della crosta terrestre e le miniere non sono altro che enormi coni rovesciati a cielo aperto. Oltre alla composizione chimica, è la lunghezza delle fibre a determinare l’impiego dei vari minerali: quelle più lunghe (crisotilo) possono essere utilizzate nei tessuti in combinazione con cotone o rayon, mentre le più corte (crocidolite, amosite) sono adatte alla realizzazione di tubature e guarnizioni o, impastate con cemento, sono state usate nei materiali da costruzione (eternit). Tremolite e antofillite non hanno trovato impieghi industriali significativi. … in queste montagne è un’altra vena, onde si fa la salamandra. La salamandra non è bestia, come si dice, che vive nel fuoco, ché neuno animale puote vivere nel fuoco […] Egli è vero che quella vena si cava e stringesi insieme e fa fila come di lana; e poscia la fa seccare e pestare in grandi mortai di covro, poscia la fanno lavare e la terra sí cade, quella che v’è apiccata, e rimane le file come di lana; e questa si fila e fassine panno da tovaglie. Fatte le tovaglie, elle sono brune, mettendole nel fuoco diventano bianche come nieve; e tutte le volte che sono sucide, si pognono nel fuoco e diventano bianche come neve. E queste sono le salamandre, e l’altre sono favole. M. Polo, Il Milione 2c. L’Eternit riposo Gli anfiboli, usati negli anni sessanta e settanta per le loro proprietà ignifughe, sono stati da tempo messi al bando dall’Unione europea (in Italia, con la Legge 257/1992), perché ufficialmente riconosciuti responsabili di asbestosi, mesoteliona della pleura e cancro polmonare 6-8. L’amianto bianco (il 95% della produzione mondiale), invece, è ancora tollerato in vari paesi europei, perché si ritiene che la sua cancerogenicità sia dovuta a contaminazio- Benché l’interesse nei confronti dell’amianto non si sia mai spento, solo nel XIX secolo comincia ad essere usato e commercializzato su grande scala. Nel 1820 uno scienziato italiano, Giovanni Aldini, disegnò una serie di capi di abbigliamento protettivo a base di amianto per i pompieri della sua città: fu un successo immediato che gli attirò l’interesse della stampa e clienti da tutta Europa. La seconda applicazione importante fu nella tessitura dei sipari e negli arredi dei teatri, dove contribuì a salvare migliaia di vite umane prevenendo i frequenti incendi causati dal tipo di illuminazione impiegata allora. Ma la crescita esponenziale si è avuta con la scoperta di enormi giacimenti (Urali, Canada) e la contemporanea introduzione della macchina a vapore, che rendeva indispensabile sostituire o ricoprire tutto il materiale infiammabile. Un quarto filone di sviluppo è stato quello del cemento-amianto, la cui Curiosità 1. Amianto al cinema Oltre agli arredi di teatri e sale cinematografiche, nel cinema l’amianto è stato usato in grandi quantità per simulare la neve (prima del polistirolo) o la polvere su mobili e ragnatele. Nel film La mummia (1999) l’intera trama delle ragnatele giganti è stata tessuta a mano con fili di amianto. Nel Mago di Oz (1939), la Malvagia Strega dell’Ovest cavalca una scopa dal manico di amianto. Quelle di Harry Potter & Co sono invece di normalissimo legno e saggina e bruciano benissimo. 13 ni di anfiboli, piuttosto che al materiale in sé. Pare che sia soprattutto la tipologia delle fibre a determinare la tossicità del materiale, in quanto gli studi in vitro hanno dimostrato che tutti i tipi di amianto provocano alterazioni cellulari. Una fibra di amianto è 1300 volte più sottile di un capello umano; mentre le corte (< 5 m) fibre a bastoncino degli anfiboli penetrano facilmente negli alveoli polmonari, quelle lunghe ed arricciate del crisotilo sono invece trattenute dalle ciglia dell’epitelio delle vie respiratorie, inglobate nel muco che questo secerne ed espulse con la tosse. Fibre di amianto nei tessuti polmonari: prima (a) e dopo (b) digestione chimica dei tessuti. Il fatto che la lavorazione dell’amianto potesse provocare malattie è noto da secoli: Plinio il Vecchio (I sec. d.C.) sconsigliava l’acquisto di schiavi provenienti da miniere di amianto, perché “destinati a morire giovani”, e Strabone aveva già osservato l’elevata incidenza di malattie polmonari fra questo tipo di minatori. Entrambi gli scrittori documentano l’uso di maschere (confezionate con vesciche animali) per proteggere i polmoni di questi lavoratori. All’inizio del XX secolo c’erano già evidenze cliniche sul fatto che l’amianto provocasse l’asbestosi, ma le precauzioni sul lavoro erano ridicole come documentano le foto qui riprodotte 6. Alla fine degli anni quaranta, molti grandi produttori erano a conoscenza della cancerogenicità dell’amianto, ma non lo avrebbero mai ammesso. Il ritardo nel prendere 14 Curiosità 2. I supernemici L’amianto conta anche i suoi supereroi: Asbestos Man e Asbestos Lady, nemici dichiarati della Torcia Umana e forniti di tute di amianto di loro fabbricazione. Asbestos Man, un chimico analitico dedito ad attività criminali, è significativamente morto di cancro ai polmoni, altrimenti avrebbe potuto mettere su famiglia con Asbestos Lady per produrre una famiglia di Asbestos Kids… precauzioni è causa di migliaia di morti ogni anno e, tenendo conto della vasta diffusione nell’ambiente dell’asbesto e del lungo periodo di latenza (20-30 anni) delle patologie indotte, secondo alcuni epidemiologi inglesi, il peggio deve ancora venire. L’asbestosi insieme alla silicosi è la malattia per la quale l’INAIL ha riconosciuto e paga in Italia il maggior numero di indennità di invalidità. 3. C’È FIAMMA E FIAMMA: ALLA RICERCA DI UN MATE- RIALE PER TUTTE LE STAGIONI L’amianto è una vera superstar fra i materiali: costa poco, è insapore, inodore, leggero; è chimicamente inerte (solo il crisotilo è attaccato dagli acidi), insolubile in acqua e nei solventi organici, termicamente stabile, non conduce la corrente, presenta una resistenza alla trazione superiore a quella dell’acciaio, non è infiammabile. Può essere filato per produrre un materiale che è contemporaneamente ritardante di fiamma, isolante elettrico e resistente agli agenti chimici. Anche limitandoci al solo settore delle fibre tessili, ci rendiamo subito conto di quanto sia difficile trovare un materiale unico che possieda tutte queste qualità e sia nello stesso tempo abbastanza confortevole per chi lo indossa. Le fiamme, poi, non sono tutte uguali: in alcuni casi bisogna proteggere lavoratori che possono trovarsi esposti occasionalmente a moderati livelli di energia radiante nel corso della normale attività lavorativa (piloti; astronauti; tecnici di impianti e laboratori industriali); in altri, occorre invece garantire una protezione per un tempo prolungato e a temperature elevate o fiamme dirette (vigili del fuoco, fonderie). zioni normali di aerazione. In presenza di agenti ritardanti di fiamma questo valore viene incrementato secondo la seguente formula: (LOI) = (LOI)m + f(FR) Dove: (LOI)m è l’indice di ossigeno del materiale vergine e f(FR) indica la funzione del ritardante di fiamma. Vestibilità e confort nell’uso I tessuti devono essere leggeri, funzionali, comodi da indossare, impermeabili al vapore, ma permeabili alla traspirazione (almeno 1-2 litri all’ora), per evitare surriscaldamento e stress termico, che sono, dopo le fiamme, i rischi più gravi per i vigili del fuoco. 3a. Criteri per una scelta Comportamento termico Il calore provoca alterazioni chimiche e fisiche nelle fibre tessili. Nell’abbigliamento protettivo è indispensabile che il materiale non prenda fuoco, ma carbonizzi direttamente senza fondere, o, nel caso in cui si incendi, che la fiamma si diffonda lentamente, sprigionando meno calore possibile e senza produrre sostanze a loro volta combustibili. Il materiale deve possedere un’ottima stabilità dimensionale e garantire un adeguato isolamento termico. È anche necessario che la decomposizione non produca fumi, gas tossici o infiammabili (in questo caso, se c’è abbastanza ossigeno, il solo calore può produrre incendi anche in assenza di fiamme dirette). Le uniformi sono disponibili solo in due taglie: o troppo piccole o troppo grandi. (Leggi di Murphy sui pompieri volontari) Materiali accessori Le tute dei lavoratori devono anche essere dotate di fasce fosforescenti che consentano una buona visibilità di notte e/o in presenza di fumi e fiamme. Non è un problema banale perché, nonostante siano in commercio centinaia di materiali fluorescenti, solo pochi resistono al calore in modo tale da assolvere pienamente questo compito. Struttura La tessitura e le rifiniture influiscono sul comportamento termico dei materiali e sulla loro capacità di isolare dal calore: una trama stretta rallenta maggiormente la diffusione delle fiamme rispetto ad una più larga. I tessuti con fibre lunghe e sfrangiate diffondono molto più rapidamente le fiamme di quelli dalla superficie levigata e rigida. Aggiunta di ritardanti di fiamma Sono additivi in grado di migliorare le prestazioni della fibra tessile sia interferendo chimicamente con i processi di pirolisi, che mantengono la combustione del materiale, sia producendo elevati volumi di gas non infiammabili o favorendo la formazione di uno strato carbonizzato non combustibile; in entrambi i casi viene inibito o ridotto il contatto della fibra con l’ossigeno. Visto che non esiste un materiale che possa soddisfare contemporaneamente tutti questi requisiti, è solitamente necessario trovare un compromesso ragionevole fra le varie esigenze o impiegare tute costituite da più strati di materiali diversi. Quello esterno costituisce la prima difesa, per cui deve resistere a fiamme, calore, danni meccanici (tagli, abrasioni, strappi) e, in particolari ambienti, anche benzina ed agenti chimici. Segue uno strato che protegga il corpo umano dal calore esterno, pur consentendo la traspirazione e lo smaltimento del calore corporeo. In alcuni paesi è obbligatorio LOI (Limiting Oxygen Index) È la percentuale minima di ossigeno necessaria per innescare la combustione di un materiale plastico in aria. Più questo valore è elevato, minore è l’infiammabilità del materiale. Dato che il contenuto di ossigeno nell’aria è circa del 21%, tutti i materiali con LOI<21 sono infiammabili in condi- 15 anche un rivestimento che protegga dall’umidità, perché, oltre al disagio fisico, essa riduce pesantemente le prestazioni di alcuni materiali polimerici. 4. I viene spesso mescolata ad altre fibre tecniche (aramidi) più resistenti. Resine fenolo-formaldeide: Kynol® (Kynol Corp.). OH OH NUOVI MATERIALI Le fibre tessili 9-13 possono essere suddivise in due categorie: • fibre resistenti al calore o intrinsecamente autoestinguenti, di origine sintetica o minerale • fibre naturali e sintetiche trattate chimicamente per questo scopo. OH CH2 4a. Fibre intrinsecamente autoestinguenti Fibre minerali. Per circa 200 anni è esistito un solo tipo di fibra minerale in grado di resistere al fuoco, l’amianto. Altre fibre minerali emergenti sono le fibre di vetro, che ora è possibile filare e rivestire con gomma, poliacrilato o siliconi. Sono buoni isolanti elettrici e termici e resistono a temperature fino a 450°C. A differenza dell’amianto, quelle usate nella tessitura non riescono a penetrare negli alveoli polmonari; tuttavia possono causare irritazioni della pelle, di conseguenza non sono usate di frequente nei capi d’abbigliamento. Fibre ceramiche, carburo di silicio (SiC), nitruro di boro (BN) o di silicio (Si3N4), policarbosiliconi, allumina e composti simili. Queste fibre possono reggere temperature fino a 1000-1400°C, ma sono esteticamente piuttosto brutte, molto difficili da lavorare ed usurano rapidamente i macchinari a causa della forte abrasività. Hanno elevata conducibilità termica, caratteristica utile quando si tratta di dissipare il calore, ma pericolosa se indossate a contatto di pelle, perché può portare ad ustioni terribili per contatto diretto con materiali bollenti o fiamme. Resine melammina-formaldeide: Basofil ® (BASF). Nella lavorazione di questa fibra termoindurente il processo di reticolazione viene interrotto al raggiungimento di un determinato valore di viscosità, in modo che una successiva esposizione a forte calore possa riattivare la reticolazione fino a carbonizzazione completa (sopra i 370°C). Questa fibra possiede un LOI elevato, bassa conducibilità elettrica, buona resistenza all’idrolisi ed eccellente stabilità dimensionale al calore. A 250°C la massa residua della fibra si riduce solo del 3%, per cui può essere usata anche per tempi prolungati a 200°C. L’esposizione alle fiamme non determina la fusione del materiale né l’emissione di gas tossici; la fibra non è attaccata da solventi organici, composti aromatici e basi, ma non resiste agli acidi. Dal punto di vista meccanico è una fibra facile da lavorare, ma difficile da colorare e non troppo robusta (simile al cotone), per cui CH2 O OH OH Sono eccellenti isolanti termici ed elettrici, che conservano le loro proprietà anche a basse temperature, non sono attaccate da acidi, basi, solventi, combustibili o vapore; sono anche molto leggere ed perfettamente compatibili con resine, elastomeri, adesivi. In presenza di calore o fiamme non fondono mai, generano pochissimi fumi non tossici, non si restringono e non diventano fragili. Il loro intervallo di lavoro è, però, più ristretto rispetto alle precedenti (150°C in aria) e risultano difficili da colorare. Aramidi. Sono probabilmente la famiglia più nota e più diffusa di fibre, perché possono essere filate come i nylon, sono facili da tingere, si restringono poco con il calore e carbonizzano senza fondere sopra i 400°C, ma possono resistere a brevi esposizioni anche fino a 700°C; sono però degradate dai raggi UV. Sono costituite da unità ripetitive aromatiche (in meta o para) legate da forti legami ammidici (CONH-). Le meta-aramidi come Nomex® (DuPont), Conex® (Teijin), Fenilon® (Russian) e Apyeil® (Unitika) sono impiegate nella protezione di carristi, astronauti, piloti di aerei e lavoratori di particolari industrie. Quando non sono richieste prestazioni elevate sono mescolate ad altre fibre 16 trattate con ritardanti di fiamma (molto meno costose). Le para-aramidi come Kevlar® (DuPont), Twaron® (Akzo Nobel) e Technora® (Teijin) sono impiegate per proteggere contemporaneamente da proiettili e fiamme e quando occorre resistere per tempi ridotti ad alte temperature. Dato il maggiore costo e le difficoltà di filatura sono usate come materiale unico solo in casi particolari. Quando è necessaria maggiore resistenza meccanica e termica sono filate insieme alle meta-aramidi. Poli(aramidi-arimmidi): P84® (Du Pont). Queste fibre sono particolarmente robuste e più resistenti al calore rispetto alle precedenti, grazie al gruppo immidico (-CON<), che non solo è privo dell’idrogeno attivo dell’ammide, ma consente anche la formazione di anelli eterociclici stabili nella catena polimerica. Dato che il numero dei legami singoli nell’unità ripetitiva è inferiore a quello delle aramidi, le fibre O risultano più tenaci e resistenti ai processi pirolitici (cominciano a deteriorarsi N solo sopra i 450°C in aria). I legami immidici risultano abbastanza stabili in presenza di basi non concentrate, ma sono attaccati dagli acidi, in particolare a temperature superiori ai 50°C. I processi di sintesi sono abbastanza complessi e procedono a stadi. Le fibre risultanti si rigonfiano e sono solubili soltanto in solventi aprotici come DMF e DMSO. Poli(aramidi-immidi): Kermel® (Rhodia). Si tratta O N C O CH2 N H H N C O O termoindurenti: possono essere impiegate per brevi periodi a temperature superiori a 400°C (PBI) - 650°C (PBO) ed in modo continuato sopra i 200°C. Il loro LOI elevato (>40%) fa sì che siano adatte anche in ambienti ricchi di ossigeno (astronavi, stazioni spaziali). Non è un caso che la ricerca su queste fibre abbia subito un’accelerazione dopo l’incendio in cui perirono i piloti dell’Apollo 1 (1967), intrappolati nella navicella ancora sulla rampa di lancio. Sono fibre facili da filare, confortevoli al tatto, resistenti sia dal punto di vista meccanico che chimico, ma impossibili da tingere (sono color oro o bronzo). Non si restringono, non bruciano o fondono, né producono gas decomponendosi. Sono molto molto più costose delle aramidi, per cui sono impiegate solo in casi speciali o mescolate a fibre più economiche. 4b. Fibre trattate con ritardanti di fiamma Nella maggior parte delle applicazioni in cui ci sono rischi di contatto con fiamme o calore elevato, le fibre termoplastiche vanno evitate a causa della loro scarsa resistenza al calore, a meno di non essere convertite in materiali ignifughi. Questo risultato può essere conseguito in vari modi: a) trattamento o rifinitura della fibra già tessuta con appositi additivi; b) applicazione di uno strato superficiale ignifugo; c) filatura insieme a fibre intrinsecamente autoestinguenti; d) sintesi in presenza di comonomeri ritardanti di fiamma. Le fibre più usate sono quelle a base di cellulosa (cotone, cotone-poliestere, viscosa), lana (la fibra naturale con LOI più elevato), modacriliche (copolimeri di acrilonitrile, vinilcloruro o vinilidencloruro), nylon e poliesteri (Trevira®). Le fibre modacriliche o quelle trattate con ritardanti di fiamma alogenati non possono essere usate in ambienti chiusi, perché rilasciano nell’ambiente composti tossici. Un altro problema è costituito dal lavaggio dei tessuti trattati: il semplice contatto con detersivi, detergenti per il lavaggio secco o perfino acqua, può far loro perdere le caratteristiche ignifughe. In tutti i casi le prestazioni non sono assolutamente paragonabili a quelle fibre delle O N C N NH n di fibre che presentano proprietà intermedie fra quelle dei due gruppi precedenti: dal punto di vista della reattività chimica sono più simili alle aramidi, ma la resistenza termica le avvicina alle arimmidi. I tessuti ottenuti, grazie alla microstruttura circolare delle fibre, sono particolarmente gradevoli al tatto e confortevoli da indossare. Polimeri ladder (a scala): polibenzimidazolo, PBI (Celanese); polibenzossazolo, PBO o Zylon® (Toyobo). Benché la sintesi di queste fibre risalga agli anni sessanta e settanta, rispettivamente, la commercializzazione è iniziata solo verso la metà degli anni ottanta. Entrambe forniscono prestazioni di gran lunga superiori rispetto alle altre fibre 17 famiglie precedenti: nell’uso professionale sono sempre usate in miscela con fibre autoestinguenti, soprattutto quando occorre migliorarne la vestibilità e l’aspetto estetico o ridurre il costo del prodotto finito. 10 Le fiamme che possono essere spente solo con polveri o gas saranno trattate esclusivamente con acqua. (Leggi di Murphy sui pompieri volontari) 11 12 Bibliografia 1 2 3 4 5 6 7 8 9 I minerali d’Italia, Milano: Compagnia Generale Editoriale S.p.A. 1970. Microsoft® Encarta® 2006 [CD]. Microsoft Corporation 2005. Hillerdal G, The Swedish Experience with Asbestos: History of Use, Diseases, Legislation, and Compensation, Int. J. Occup. Environ. 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