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Broschure Suocera Bianca
Personaggi Prologo Interpreti Carlo Andreatta Filotide (l’etèra) in Alice Zanon Parmenone (il servo) Franco Bozzao Làchete (il suocero) Isidoro Zanon Sostrata (la suocera) Marilè Angelini Fidippo (l’altro suocero) Salvatore Sicurella Panfilo (il giovane) Marco De Cassan Mirrina (l’altra suocera) Monica Niero Bacchide (l’etèra) Claire Julia Wilson Filomena (la giovane che La Compagnia delle Smirne Giorgia Favorido non parla e di cui tutti parlano) Hecyra (Suocera) L’associazione è nata alcuni anni fa e raccoglie persone, per lo più insegnanti, che credono nel teatro come strumento di formazione e di educazione permanente. Allestimento scenografico : Giuliana Pamio Supporto tecnico: Ivano Donaglio e Paolo Compagno Adattamento e realizzazione a cura di Renata Cibin Compagnia delle Smirne Tel. 041.5701443 e-mail : [email protected] e-mail : [email protected] di Terenzio Hecyra (Suocera) Publio Terenzio Afer, cioè Africano, fu portato ancora fanciullo da Cartagine a Roma, dove visse nell’ambiente nobile e colto dominato dalla figura di Scipione l’Emiliano. Poco più che ventenne scrisse e fece rappresentare, dal 166 al 160, 6 commedie che possediamo. Morì prematuramente in viaggio verso la Grecia. Come Plauto, suo più vecchio collega ( III° a.C.) fu autore di palliate, cioè di commedie di ambientazione greca (il pallium è un corto mantello di uso quotidiano) utilizzando e spesso contaminando più modelli greci, in particolare, opere dell’ateniese Menandro. A differenza del teatro plautino, spassosissimo e carnale, quello di Terenzio è raffinato e sensibile, teso ad indagare i caratteri più che a far risaltare i tipi, anche se il materiale a cui entrambi attingono è il medesimo impasto di grecità e sostrato italico. Può stupire che un uomo, così giovane e straniero, si facesse interprete di una nuova temperie estetica e morale, per cui l’humanitas entra stabilmente nel lessico latino e occidentale, ma non sempre i vincitori sono superiori culturalmente ai vinti e si può anche sottintendere una formazione cartaginese molto differente da quella greca e latina. Ciò che colpisce è la capacità di Terenzio di infrangere gli stereotipi mostrandoci, in questo caso, la suocera generosa e comprensiva e la etèra ( donna libera nei comportamenti amorosi, per lo più straniera) nobile e disinteressata, vera dea ex machina nell’avviare lo scioglimento felice della vicenda. Va da sé che un tale teatro era, ed è, poco comico e poco adatto al palato grosso dei romani. * * * * * * Qualcuno, già allora, sosteneva che Terenzio fosse solo il prestanome dei suoi più nobili protettori, ma sia come sia, il suo influsso sul teatro successivo fu determinante. Pose fine alla commedia come specchio deformante e dissacrante della realtà e ne fece un modello, talvolta idealizzato, dei comportamenti familiari e sociali, operando una vera riforma teatrale, come in seguito faranno Goldoni, Pirandello. Sono autori per noi interessanti perché escono dalle strettoie codificate del genere e, nel trascenderlo, danno origine al dramma, impasto di commedia e tragedia, di dolore e riso, come è la vita stessa. Per questo abbiamo scelto di mettere in scena la Suocera pur rischiando la stessa incomprensione cui Terenzio, al suo tempo, andò incontro. Sembrerebbe sufficiente motivazione della nostra impresa riflettere, con ironia, sui pregiudizi che ancora avvolgono il mondo femminile; ma, di più, le cronache dell’oggi, occupate da conflitti familiari e privati che sfociano spesso in tragedia, ci inducono a fare appello a quella capacità di ascolto, di rispetto, di umana ‘pietà’ che Terenzio e la migliore tradizione classica ci hanno indicato come futuro possibile. Adattamento e realizzazione a cura di Renata Cibin Con echi, scenograficamente resi, dal Dyscolos di Menandro ( III° sec a.C.) dalla Suocera di Benedetto Varchi (sec. XVI °) e dalle Baruffe in Famegia di Gia-