Le esenzioni dai reati di bancarotta e il reato di falso in attestazioni e
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Le esenzioni dai reati di bancarotta e il reato di falso in attestazioni e
Opinioni Fallimento Disposizioni penali Le esenzioni dai reati di bancarotta e il reato di falso in attestazioni e relazioni di Gian Giacomo Sandrelli (*) L’Autore muove dalle recenti novità introdotte alla legge fallimentare con particolare riferimento alle novellate disposizioni introdotte in ambito penalistico di cui all’art. 217 bis che esenta l’imprenditore dal rischio di revocazione per le condotte assunte nell’applicazione dei nuovi strumenti ed all’art. 236 bis, di nuova formulazione, finalizzato a prevenire gli abusi valutativi da parte del professionista attestatore chiamato a verificare la correttezza dei dati aziendali e la fattibilità delle proposte dell’imprenditore in crisi. 1. Le recenti riforme della legge fallimentare La legge fallimentare (RD. 16 marzo 1942, n. 267) ha riscontrato, a far data dal 2005 (e dalla sistematica rettifica dell’azione revocatoria), una nutrita serie di modifiche, per lo più protese a non disperdere ed annullare la valenza dei beni dell’impresa caduta nello stato di crisi. Significativo tra queste novelle è il tratto di ‘‘privatizzazione’’ delle procedure medesime, con l’espansione dell’area di negoziazione tra debitore e creditori circa le possibili modalità di salvataggio dell’organismo. Ciò ha comportato la parallela riduzione del peso di istituti tradizionali contrassegnati da rigidità prescrittiva o da valori ancorati a momenti sovente disancorati dalla realtà economica, come - per esempio - la gelosa salvaguardia della par condicio creditorum, regola considerata cogente ed inderogabile nell’impalcatura della legge. Il tutto è stato coronato dall’art. 33 del Decreto L. 83/2012, convertito con modificazione dalla L. 134/2012. Intervento germinato da una attenta e puntigliosa ricerca presso gli operatori giudiziali e d’impresa, per esso la fisionomia dello statuto delle procedure fallimentari è decisivamente mutato. Con gesto pragmatico e libero da vincoli di ordine dogmatico, il legislatore si è preoccupato di alleggerire il debitore in crisi da tracciati formalistici, al contempo si è premurato di garantire il giudice ed i creditori della serietà della proposta risanatrice attraverso il vaglio della relativa veridicità, imponendo l’asseverazione ad opera di esperto professionista, competente ed indipendente. Il Fallimento 7/2013 Il terreno di siffatte importanti innovazioni è stato quello della fattispecie concordataria (nel vecchio ordinamento concorsuale considerata una procedura ‘‘minore’’, ma oggi, alla luce delle dette trasformazioni, qualificata sicuramente inappropriata) e delle nuove situazioni ad essa (più nei contenuti che negli aspetti formali e strutturali) affini. La leva operativa, inoltre, è stata individuata nella rimodulazione dell’azione revocatoria (nel contenuto e nei termini) (1). Una riforma assai meditata: si osservi, per esempio, che le nuove disposizioni rinvengono un’origine composita. La trama essenziale discende dall’art. 48, comma 2 bis del D.L. 31 maggio 2010, n. 78, convertito con modifiche nella L. 30 luglio 2010, n. 122; la parte che riguarda il piano descritto dall’art. 67, comma 3, lett. d), nonché l’accordo omologato Note: (*) Il contributo è stato sottoposto, in forma anonima, alla valutazione di un referee. (1) Si consideri, in siffatta tensione, l’abrogazione della severa disciplina di responsabilità nel caso di una gestione in presenza di perdita del capitale sociale, il c.d. pre-concordato (su cui v. anche infra nel testo) che null’altro rappresenta che l’accordo di un non indifferente lasso temporale precluso ad iniziative esecutive sul patrimonio dell’ente debitore, ecc. Anche sul piano sistematico, il legislatore offre una variegata tipologia di modalità destinate al risanamento della crisi: a partire dall’informale proposta contenuta nel ‘‘piano attestato di risanamento’’ (art. 67, comma 3, l.fall.), cornice flessibile, che non necessita di consenso ma soltanto di asseverazione da parte dell’esperto, agli accordi di ristrutturazione evocati dall’art. 182 bis, al ritoccato concordato preventivo (art. 160), al concordato c.d. ‘‘in continuità’’ (art. 186 bis), agli accenni al concordato fallimentare. 789 Opinioni Fallimento di composizione della crisi, dall’art. 18, comma 2 bis del D.L. 18 ottobre 2012, n. 179, convertito con modifiche nella L. 17 dicembre 2012, n. 221; l’ultima parte, estensiva verso i pagamenti e verso le operazioni di finanziamento autorizzate a mente dell’art. 182 quinquies, fu aggiunta dall’art. 33 comma 1, lett. 1 bis del D.L. 22 giugno 2012, n. 83 (‘‘Misure urgenti per la crescita del Paese’’), convertito con modifiche dalla L. 7 agosto 2012, n. 134 (‘‘Revisione della legge fallimentare per favorire la continuità aziendale’’), compendio che, ex art. 33, comma 3 del D.L. citato assunse vigenza alla data dell’11 settembre 2012. La nuova disciplina si segnala non soltanto per il suo oggettivo portato, quanto anche per l’impatto sistematico, avendo disposto la netta separazione tra la tipologia concordataria rispetto alle altre procedure tradizionali: un’operazione che, forse anche senza una chiara programmazione riformatrice, ha spostato alcuni referenti tradizionali della disciplina (2). La manovra novellatrice è stata accompagnata da eco e riflesso in ambito penalistico, ancorché assai ridotti ed essenziali, risolvendosi nell’introduzione in seno alla legge fallimentare di due norme: l’art. 217 bis destinato ad esentare l’imprenditore dal rischio di revocazione per le condotte assunte nell’applicazione dei nuovi strumenti e l’art. 236 bis, diretto a prevenire abusi valutativi ad opera dell’esperto chiamato ad asseverare correttezza e fattibilità delle proposte dell’imprenditore in crisi. L’art. 217 bis si deve all’art. 48, comma 2 bis del già citato D.L. 31 maggio 2010, n. 78, convertito con modifiche nella L. 30 luglio 2010, n. 122 (la norma non prevista dall’originario decreto ed è stata inserita in sede di conversione) ed è norma strutturata a mezzo rinvii formali: in parte, espressamente richiama la fattispecie dell’art. 217 (ed è probabilmente questa la ragione della sua rubrica che sembrerebbe supporre un’aggiunta al portato di quest’ultima disposizione, mentre, al contrario, il suo contenuto può ritenersi vera e propria indicazione di ordine generale), in altra parte rinvia alla figura della bancarotta preferenziale (art. 216, comma 3, l.fall.), l’ipotesi punitiva di maggiore spessore. La norma trova radici pregresse ed attesta una innovazione che non è, per il penalista, di poco conto. Essa rieccheggia ed ingloba recenti interventi normativi, pur essi forieri di riflessi penali: in tal senso aveva agito già la modifica dell’azione revocatoria, seguita alla riforma dell’art. 67, comma 3, l.fall. (D.L. 14 marzo 2005, n. 35, convertito in legge 14 maggio 2005, n. 80, avente ad oggetto ‘‘Disposizioni urgenti nell’ambito del Piano di azione per lo sviluppo economico, sociale e territoriale’’, c.d. ‘‘Decreto compe- 790 titività’’), disponendo una testuale esenzione dall’azione revocatoria rispetto a taluni (espressamente tipicizzati (3)) atti, pagamenti e garanzie effettuati dall’imprenditore che, successivamente, si vedrà sottoposto a procedura concorsuale. In un contesto in cui l’azione revocatoria rappresenta l’unica tutela apprestata dall’ordinamento per garantire l’equa soddisfazione dei creditori concorsuali, l’estromissione di questi atti dalla protezione giudiziale (non trovando applicazione l’art. 66 l.fall. che si rivolge piuttosto alla concessione di garanzie, condotta esterna alla lettera dell’art. 216, terzo comma, l.fall., o al pagamento del debito scaduto, comportamento inquadrabile nell’area della fraudolenza, piuttosto che in quella della preferenzialità), sta a significare l’irrilevanza penale delle condotte ivi descritte (4). L’intervento normativo si è notato anche nel 2007, con vigenza dal 18 agosto 2008, quando il legislatore ha modificato l’art. 74 l.fall., relativo ai rapporti ad esecuzione continuata e periodica, permettendo il subentro del curatore nel pagamento del prezzo, anche nel caso di consegne già effettuate. Nel corso del 2012, con risoluzione omogenea al precedente ‘‘trend’, il c.d. ‘‘Decreto Sviluppo’’ (D.L. n. 83/2012 convertito nella L. n. 134/2012) assegna nuova forma al concordato introducendo quello che, di poi, è definito ‘‘pre-concordato’’ (o ‘‘concordato con riserva’’ o ‘‘concordato in bianco’’), nel quale (a somiglianza di qualche esperienza anglosassone) il debitore - anticipando gli effetti protettivi del concordato - è autorizzato, mediante il deposito della domanda di concordato preventivo in tribunale, un termine (non indifferente: di 60/120 gg., prorogabile di altri 60) non già per concludere una trattativa con la platea dei creditori, bensı̀ di predisporre un piano portante proposta concordataria, con allegata idonea documentazione e parere del professionista Note: (2) Normativa che assume, per il vero, applicabilità per una breve parentesi temporale e per un’area assai limitata, esaurendosi l’efficacia dei benefici e delle esenzioni da essa disposti con l’avvenuto suo risanamento (o con nuovo accordo) o con la revoca ex art. 173 e, per altro verso, nel perimetro dell’impresa suscettibile di procedura concorsuale ai sensi dell’art. 1 l.fall. (3) Curiosa ed inconsueta per il diritto penale è la terminologia usata: «esenzioni» dai reati di bancarotta, mentre il testo dello stesso si limita a sancire la mera «inapplicabilità» delle fattispecie incriminatrici, cfr. M. Zincani, Il nuovo art. 217 bis l.fall.: la ridefinizione dei reati di bancarotta, in questa Rivista, 2011, 518, secondo cui la norma agisce direttamente sulla struttura dei reati di bancarotta (preferenziale e semplice), con funzione delimitativa per sottrazione (riformulazione). (4) Bricchetti, Mucciarelli, Sandrelli, op. cit., 2738 ss.; cfr. anche F. Giunta, Revocatoria e concordato preventivo: tutela penale, in Dir. e prat. fall., 2006, n. 1, 37. Il Fallimento 7/2013 Opinioni Fallimento esperto. È cosı̀ disposta - per il detto periodo - l’immunità del debitore da possibili iniziative creditorie volte all’esecuzione delle pretese. Per l’esattezza, non si tratta ancora di una forma di procedura concorsuale, poiché alla sua definizione necessitano la presenza di un piano, che preveda la continuità dell’attività gestoria, c.d. going concern (e, quindi, la possibile cessione dell’azienda o il conferimento in altra società), nonché l’indicazione specifica dei costi e dei ricavi preventivati per la prosecuzione dell’attività di impresa, accompagnata dalla indicazione delle modalità finanziarie per sovvenire gli oneri di prosecuzione ed, infine, la relazione del professionista ai sensi dell’art,. 161 comma 3. La vera e propria procedura concordataria potrà ravvisarsi soltanto dopo il deposito degli atti sopra menzionati (5). 2. L’art. 217 bis Il testo della norma (nella versione definitiva) è semplice e lineare (si tratta di un unico comma): ‘‘Esenzione dai reati di bancarotta’’ «Le disposizioni di cui all’art. 216, terzo comma, e 217 non si applicano ai pagamenti ed alle operazioni compiuti in esecuzione di un concordato preventivo di cui all’articolo 160 o di un accordo di ristrutturazione dei debiti omologato ai sensi dell’articolo 182 bis ovvero del piano di cui all’articolo 67, terzo comma, lettera d), nonché ai pagamenti e alle operazioni di finanziamento autorizzati dal giudice a norma dell’articolo 182 quinquies». La disposizione incide su due distinte fattispecie incriminatrici, figure - si osservi - in cui delicata è la posizione del soggetto terzo che in qualche misura concorre con il debitore inadempiente. In primo luogo, la bancarotta preferenziale, prevista dall’art. 216 comma 3 (6), reato plurisoggettivo, ma che, tuttavia, non conosce espressa responsabilità penale per il creditore indebitamente soddisfatto. Inoltre, la bancarotta semplice, per la quale, evidentemente, il legislatore ha superato il non pacifico connotato colposo, attribuitole dalla giurisprudenza, di per sé ostativo all’ipotesi di comportamento concorsuale ex art. 110 c.p. (7). Quest’ultima ipotesi è qui implicitamente evocata nella repressione delle operazioni di grave imprudenza (art. 217, comma 1, n. 4) tese alla dilazione della dichiarazione di fallimento (ma la genericità della lettera permette, con qualche problema di precisione e determinatezza del dettato, anche il riferimento alle ulteriori ipotesi della bancarotta semplice, come quella di cui all’art. 217, comma 1, n. 4, attinente all’aggravamento del dissesto conseguente alla mancata richiesta del fallimento). Il Fallimento 7/2013 È indubbia la finalità legislativa sia nel favorire, per un verso, il mantenimento in vita di un’impresa (anche per i casi in cui il ‘‘salvataggio’’ dell’impresa si presenti arduo e concreto sia il rischio del fallimento, con le sue implicazioni penali (8)), cosı̀ conservando l’occupazione lavorativa ed il gettito tributario (9) sia, d’altro canto, nell’agevolare la soluzione della crisi di impresa (individuale e collettiva) eliminando quegli ‘‘inciampi’’ per l’imprenditore in difficoltà e per i suoi corrispondenti, rappresentati da situazioni in cui possa ravvisarsi responsabilità penale. Nonché, a carico dei terzi, la non indifferente liberazione dalla spada di Damocle finanziaria costituita dalla probabile revocazione del sostegno accordato al soggetto in crisi. Probabilmente, anche senza preconcetta sospettosità, può affermarsi che la soluzione normativa dipese anche dalle istanze provenienti dal mondo del credito bancario e di Confindustria nell’allineare la riforma della legge fallimentare al comparto penalistico della disciplina, notoriamente orfano di razionali e complessivi interventi normativi (10). In questa prospettiva il legislatore ha eliminato dal sistema della repressione (patrimoniale e penale) le Note: (5) Cosı̀ Lamanna, La problematica relazione, ecc., cit., f. 14/15, il quale ritiene ammissibile una gestione di fatto dell’impresa, anche prima del deposito degli atti e l’istanza al Tribunale per le autorizzazioni consentite al debitore concordatario. (6) Per la configurabilità del concorso dell’istituto di credito nel reato di bancarotta fraudolenta impropria per mezzo di ‘‘operazioni dolose’’, ai sensi dell’art. 223 comma 2 n. 2 l.fall., cfr. Troyer, Relazione al ‘‘La procedura pre-fallimentare ed i reati fallimentari: problematiche vecchie e nuove’’ organizzato dal CSM (Palazzo Giustizia di Milano) 23 dicembre 2012, 7 ss. dell’estratto; Insolera, La responsabilità penale della banca per concessione abusiva di credito alla impresa in crisi, in Giur. Comm., 2008, 852. (7) Cfr. Insolera, La responsabilità penale della banca, cit., 853; ma si deve tenere presente anche la generale prescrizione dettata dall’art. 113 c.p. che estende l’attribuzione della rilevanza penale a condotte che, in quanto atipiche rispetto alla fattispecie monosoggettiva, non sarebbero punibili in assenza di una norma, quale quella di cui all’art. 113 c.p., che allarga l’area della punibilità. (8) In questo senso cfr. le puntuali osservazioni di Bricchetti-Pistorelli, La bancarotta e gli altri reati fallimentari - Dottrina e giurisprudenza a confronto, Milano 2011, 159. Tra gli agréments riconosciuti al debitore in crisi vi è la ‘‘moratoria’’ (istituto sinora ignoto alla normativa, ma praticato nella prassi negoziale con il sistema bancario, sicché si propende per escludere, al di fuori di questa tipologia di concordato, analoga facilitazione, cfr. Baldassarre/Pereno, Prime riflessioni in tema di concordato preventivo in continuità aziendale, in Il Fallimentarista, 2013, f. 2/3) fino ad un anno dall’omologazione per il pagamento dei creditori privilegiati, le condizioni privilegiate nelle relazioni con P.A., ecc. (9) Vitiello, Brevi (e scettiche) considerazioni sul concordato con continuità aziendale, in Il Fallimentarista, 2013, 2. (10) È la tesi seguita da Lottini, Il nuovo art. 217 bis: una riforma che tradisce le aspettative, in questa Rivista, 2010, 1375. 791 Opinioni Fallimento più frequenti condotte rapportabili alla ricerca dei rimedi risanatori (11). 3. I riflessi sul sistema fallimentare Contemporaneamente all’immunità dal rischio penale, il legislatore autorizza (tra l’altro) l’imprenditore al pagamento di pendenze pregresse, nell’ottica della continuità, previa scrupolosa verifica del rispetto della finalità risanatoria ed, anzi, della «migliore soddisfazione dei creditori», il vero obiettivo sostanziale a cui mira il riformatore. Infatti, testualmente l’art. 182 quinquies permette al debitore «di richiedere al Tribunale (12), nell’ambito della domanda di ammissione a concordato, di essere autorizzato a pagare crediti anteriori per prestazione di beni o servizi a condizione che un professionista indipendente attesti che gli stessi sono essenziali per la prosecuzione dell’attività di impresa e funzionali alla «migliore soddisfazione dei creditori». Parimenti, la normativa racchiusa nell’art. 186 bis (13) (che prevede, all’ultimo comma, anche ipotesi di revoca quando l’esperimento non palesi idoneità risanatoria ovvero quando il tribunale provveda ai sensi dell’art. 173 l.fall. per l’accertata mancanza dei requisiti che legittimano siffatta procedura (14)) espressamente permette il pagamento dei creditori concorsuali nell’ottica di conservare l’attività di impresa, consentendosi anche l’accensione di debiti, se rivolti a questo scopo, assegnando ad essi il regime di prededuzione, quando sia - di poi - dichiarato il fallimento ovvero nella dinamica predisposta nell’accordo assunto ai sensi dell’art. 182 bis (disposizione a sfondo negoziale). Ciò sconvolge quella che era una scala di valori nella tacitazione dei debiti dell’impresa in crisi. Invero, al criterio tradizionale, ispiratore della fattispecie della cd. ‘‘bancarotta preferenziale’’, cioè la tutela della ‘‘par condicio creditorum’’ si sostituisce quello della ‘‘continuità di impresa’’, purché siffatta protrazione sia disposta in vista della migliore soddisfazione dei creditori medesimi (15). Principio che domina il caso del concordato preventivo con prosecuzione in capo alla medesima impresa senza cessione a terzi dell’attività, ma soltanto previo ‘‘risanamento’’ o ‘‘ristrutturazione’’ dell’organismo in vista del rientro in bonis. Anzi, a ben vedere, il nuovo testo dell’art. 186 bis assume rilievo pressoché soltanto in funzione di segnalare questo nuovo principio direttivo, dal momento che la diversa regolamentazione in esso contenuta non diverge da quanto già statuito - quantomeno nell’applicazione giurispruden- 792 ziale - dalla formulazione dell’art. 160 l.fall., il cui portato era già stato volutamente esteso (16). Nel caso in cui vi sia trasferimento ad altri dell’azienda, ipotesi per la quale l’art. 186 bis comma 3 prevede espressamente la possibilità di cancellare vincoli reali di garanzia (17), la disciplina penale delle esenzioni dai reati di bancarotta sembra mantenere la sua vigenza, stando all’‘‘intentio legis’’ ed alla filosofia che permea l’azione legislativa: l’art. 217 bis, invero, accorda le esenzioni non già in ragione del soggetto che promuove le operazioni indicate, bensı̀, al risultato conseguito mediante quegli atti. Il referente è, dunque, di tipo oggettivo e nulla osta a che esso sia traslato con l’organismo che viene ceduto: a condizione, ben s’’intende, che il cessionario persegua la medesima logica risanatoria in continuità aziendale. Note: (11) Cfr. l’attenta analisi al riguardo di Troyer, La procedura prefallimentare ecc., cit. Esaurientemente si rammenta la posizione più formale che ricorda la mera connotazione generica del dolo che deve sorreggere l’autore di condotte di bancarotta (cfr. per es. Cass., Sez. V, 22 aprile 2004, B., Rv. 228905), contrapposta a quella, più rigorosa (che chi scrive ritiene più esatta), delle decisioni che suppongono la necessità per cui «il giudice deve dare rigorosa dimostrazione del sufficiente contenuto rappresentativo dell’elemento psicologico, focalizzato sul concreto rischio di insolvenza, anche se non qualificato da una specifica volontà di cagionare danno ai creditori dell’imprenditore» (Cass., Sez. V, 27 ottobre 2006, T., Rv. 235766; Cass., Sez. V, 23 marzo 2011, PG. in proc. B., Rv. 250108). (12) E non al giudice delegato, cfr. Baldassarre/Pereno, Prime riflessioni, cit., f. 6. (13) La cui collocazione sistematica è criticata da Baldassarre/ Pereno, Prime riflessioni cit., f. 1 poiché al concordato ‘‘in continuità’’ alludono previsioni che precedono l’art. 186 bis, come l’art. 182 quinquies; meglio sarebbe stata collocazione prossima all’art. 161 o inserita nel Capo I. (14) «Se nel corso di una procedura iniziata ai sensi del presente articolo l’esercizio dell’attività d’impresa cessa o risulta manifestamente dannoso per i creditori, il tribunale provvede ai sensi dell’articolo 173. Resta salva la facoltà del debitore di modificare la proposta di concordato». L’espressa previsione della fattispecie dettata dall’art. 173 raccoglie prassi giudiziali già previgenti, secondo Vitiello, Brevi, cit., p.5. (15) Cosı̀ anche M. Arato, Il concordato con continuità aziendale, in Il Fallimentarista, 2012. Vitiello, Brevi (ma scettiche), ecc., cit., pag. 4, sostiene che la lesione della ‘‘par condicio’’ fosse già rinvenibile nella pregressa disciplina, ma non nega che la nuova previsione impone una tutela per i creditori, discendente dall’asseverazione del professionista e che sia disposta la valutazione imparziale del Tribunale. (16) Per es. ammettendo la liceità dei pagamenti in linea generale, in adempimento degli art. 1186 c.c. e 56 l.fall., indicando la necessità della prova di uno specifico intento di favore nell’atto solutorio qualificato illecito: tale non è quello suggerito dall’intento di pagare nel tempo (da pare dell’ente risanato) tutti i creditori (cfr. Sez. V, 26 giugno 2009, P., Rv. 244498; Cass., Sez. V, 20 maggio 2009 Ud., S., Rv. 244490). (17) Secondo il medesimo art. 186 bis, il cessionario dell’azienda può giovarsi della continuazione dei contratti richiesta a suo tempo dal cedente. Il Fallimento 7/2013 Opinioni Fallimento 4. L’esenzione dall’azione revocatoria ed i suoi limiti Singolare e pragmatica è, indubbiamente, la tecnica seguita dal legislatore nel comparto penalistico: la prospettazione di un’‘‘esenzione’’ di responsabilità in relazione alle fattispecie punitive dettate dall’art. 216, comma 3 e dall’art. 217 l.fall. in ragione di un ben delimitato novero di situazioni proiettate alla soluzione della crisi (18): – di un concordato preventivo (art. 160 ss.) nella forma tradizionale o in quella di nuovo conio c.d. ‘‘in continuità’’ (art. 186 bis); – di un accordo di ristrutturazione dei debiti, omologato (art. 182 bis); – del piano (attestato) di risanamento indicato dalla citata norma (art. 67, comma 3, lett. d) (19). I casi, cioè, sui quali è intervenuta la riforma della legge fallimentare e per i quali ha escluso dalla proponibilità dell’azione revocatoria, garantendo cosı̀ alle parti interessate la conservazione degli accordi assunti prima della procedura fallimentare. Il quesito che si pone, a questo punto, è se l’‘‘esenzione’’ sia riconoscibile anche per chi proceda per schemi dissimili da quelli sopra esposti, come nel caso in cui provveda, nei fatti, alla liquidazione dei beni con modalità ‘‘atomistiche’’, allo stesso modo della consueta liquidazione concorsuale: la risposta è, a parere di chi scrive, negativa (ancorché il tema fuoriesca dai limiti di questa breve nota). La successiva domanda, strettamente ‘‘penalistica’’ è se residui un ambito effettivo per la fattispecie di preferenzialità nei termini descritti dall’art. 216, comma 3, l.fall. e per l’ipotesi di bancarotta semplice di cui all’art. 217, comma 1, n. 3. La risposta suppone qualche precisazione. Quale deroga alla generale disciplina, l’esenzione di cui qui si tratta non sembra suscettibile di interpretazione estensiva o analogica, trattandosi di ipotesi che formalmente decampano dalla regola generale, ricavabile dal sistema della legge fallimentare (e dalle leggi speciali) (20). Al contempo, non può sfuggire che a tanta latitudine di manovra riconosciuta all’imprenditore (individuale o collettivo) in crisi, fa riscontro una forte rigidità di verifica mediante l’opera dell’attestatore, nei termini del medesimo art. 186 bis. Valutazione affidata a costui (su cui v. infra) non soltanto per impedire la perdita di un frammento di ricchezza, qual è pur sempre la presenza di un soggetto economico sul mercato, ma per sovvenire «al miglior soddisfacimento dei creditori». Inciso che impone all’interprete di considerare la ‘‘continuità’’, che innerva i diversi Il Fallimento 7/2013 piani di risanamento e le difformi modalità a disposizione dell’imprenditore, quale momento strumentale al maggior interesse della platea dei creditori. In altre parole: – la latitudine assegnata all’imprenditore in crisi è una forma di libertà fortemente condizionata alla funzione satisfattiva delle pendenze in essere, non per altri traguardi (quali per es. la ricerca astratta di un diverso e più appagante oggetto sociale, il sondaggio di nuovi mercati dal volto più proficuamente affidabile, ecc.) – la programmazione dell’imprenditore in crisi non è affidata alla sua libera fantasia, ma deve incanalarsi negli schemi ben rigidi (almeno in via astratta) che qualificano il giudizio dell’attestatore in termini di rischio, con valutazione di seria probabilità. Ed, allora, può segnalarsi che il connotato di indebita preferenzialità, capace di integrare i non abrogati art. 216, comma 3, e 217, comma 3, l.fall. può esser ravvisato, esemplificativamente: nel pagamento o ‘‘soddisfazione’’ (21) di debiti prima della estinzione di quelli concessi per finanziamenti prededucibili, nell’ottica del nuovo art. 182 bis Invero, la nuova disciplina esige una qualche garanzia di riNote: (18) A cui devono aggiungersi anche le non trascurabili modifiche, nel contesto del concordato fallimentare (art. 124 ss.). (19) L’esenzione, ora formalmente riconosciuta era già sottesa al previgente sistema, Infatti, la dottrina penale (cfr. Antolisei, Manuale di diritto penale, cit., 82 ss.; Mangano, Disciplina penale del fallimento, Milano 1993, 70; La Monica, Diritto penale commerciale, I, Milano 1988, 290; Cocco, La bancarotta preferenziale, Napoli 1987, 160) ha affermato che la «sanzione» per il creditore favorito, che conosce lo stato d’insolvenza del debitore, è la revocatoria del pagamento. La sanzione per il debitore fallito che ha preferenzialmente pagato (per il quale la revocatoria non esplica effetto) è costituita dalla sanzione penale. Orbene, la riforma dell’art. 67, comma 3, l.fall. ha disposto una testuale esenzione dall’azione revocatoria rispetto a taluni (espressamente tipicizzati) atti, pagamenti e garanzie effettuati dall’imprenditore che, successivamente, si vedrà sottoposto a procedura concorsuale, atti estromessi, conseguentemente, dalla sfera oggettiva della norma penale, in un contesto in cui l’azione revocatoria rappresenta l’unica tutela apprestata dall’ordinamento per garantire l’equa soddisfazione dei creditori concorsuali (non trovando applicazione l’art. 66 l.fall. che si rivolge piuttosto alla concessione di garanzie, condotta esterna alla lettera dell’art. 216, terzo comma, l.fall., o al pagamento del debito scaduto, comportamento inquadrabile nell’area della fraudolenza, piuttosto che in quella della preferenzialità). (20) Cfr. per l’indicazione di siffatti limiti della norma derogatoria la costante giurisprudenza, da ultimo Cass. civ., sez. trib., 24 febbraio 2012, n. 2824, Rep. Foro it., 2012, Tributi locali [6830], n. 72. (21) La ‘‘soddisfazione dei creditori’’ è locuzione propria dell’art. 160, comma 1 e 2, che si riferisce ad una situazione di più ampia portata rispetto al ‘‘pagamento’’, includendo anche altre modalità estintive dell’obbligazione come la datio in solutum, ovvero la conversione a capitale del credito, ecc. Cfr. Arato, Il concordato con continuità aziendale, cit., f. 6. 793 Opinioni Fallimento spetto delle posizioni che nuovi soggetti (come i finanziatori dell’impresa in crisi) possano avere considerato nell’operazione finanziaria di indubbio rischio da essi assunta. Ipotesi analoga al caso in cui vi sia stato accollo liberatorio all’acquirente dell’azienda pertinente all’impresa in crisi. Nel pagamento o soddisfazione di un creditore nella fase dell’esecuzione del concordato, al di fuori del piano: precisato che la normativa è orfana di specifica regolamentazione allo sviluppo successivo all’ammissione del concordato (che dovrà proseguire in assenza di liquidatore, ma sotto la diretta vigilanza dell’AG. (22)), non vi è dubbio che lo scopo di risanamento deve essere perseguito in conformità alle modalità stabilite dal giudice (e precedentemente prefigurate nel piano asseverato), sino all’integrale pagamento dei creditori dedotti dalla procedura: ogni scostamento si traduce in uno sviamento dall’’’esecuzione del concordato’’, secondo la lettera che riconosce al debitore le ‘‘esenzioni’’ di cui all’art. 217 bis. Sicché per le esigenze (ovviamente afferenti al perfezionamento del risanamento aziendale) occorrerà un nuovo ricorso per una diversa fisionomia del possibile rinnovato concordato (23). Nell’assenza dei necessari connotati che debbono tipicizzare le operazioni indicate dalla norma. In questo senso non possono qualificarsi esecutorie (perché inefficaci verso la massa dei creditori) di un concordato preventivo le operazioni descritte (in via esemplificativa) dall’art. 167, comma 2, (ed in ragione di quanto stabilito dall’art. 167, comma 3), compiute senza l’autorizzazione scritta del giudice delegato, eppertanto esse conservano la natura illecita, ricorrendo i presupposti considerati dagli art. 216, comma 3, e 217. I comportamenti di grave imprudenza per ritardare il fallimento (paradossalmente, quindi, protesi ad una impossibile continuità di impresa) serbano profilo di illiceità quando non risultino rapportabili allo scopo a cui vorrebbero essere diretti ovvero travalichino i confini della ragionevolezza (24), o quando, infine, l’agente agisce dolosamente perseguendo un interesse proprio o di terzi estranei all’impresa. Venendo ai profili formali della previsione, vi è da domandarsi quale sia la natura delle inconsuete ‘‘esenzioni’’. Si tratta, a ben vedere e considerata la permanenza dell’illegittimità delle condotte, ove non calate nelle operazioni segnalate dal legislatore, di una restrizione della portata incriminatrice delle fattispecie espressamente evocate dalla norma. Non già, dunque, una esimente (o una causa di non 794 punibilità), bensı̀ una limitazione del portato tipico del delitto di bancarotta sia preferenziale sia semplice. Come tale valevole per tutti i partecipi, a vario titolo, concorrenti con il fallito nel perfezionamento delle operazioni. Non sembra, invece, assumere interesse effettivo la lettura della disposizione in guisa formalistica e riduttiva, ritenendo che la lettera della legge escluda le non evocate ipotesi previste dagli art. 223 e 224 l.fall. per la c.d. ‘‘bancarotta impropria’’, preoccupazione, per il vero, rinvenibile nelle fasi elaborative del provvedimento. Se, infatti, la disposizione di cui all’art. 217 bis l.fall. concorre a descrivere (in negativo) le fattispecie delineate dagli artt. 216, terzo comma e 217 l.fall., è chiaro che il richiamo operato dagli artt. 223 e 224 ai ‘‘fatti’’, seguendone la lettera, di cui ai menzionati articoli è in sé sufficiente a ritenere precisa e compiuta la previsione, senza necessità di ricorrere ad interpretazione analogica del testo (25). 5. Cenni applicativi dell’art. 217 bis Per esemplificare, in via di mera ipotesi possono prefigurarsi le seguenti situazioni per le quali giovano le esenzioni: – il banchiere, che astrattamente può ritenersi concorrente nel reato (proprio) di bancarotta semplice ascrivibile all’imprenditore, avendo accordato finanziamenti che artificiosamente tengono in vita un organismo economico ormai defedato (c.d. ‘‘credito rovinoso’’), non cade nel fuoco dell’incriminazione, grazie all’‘‘esenzione’’ che giova pure all’imprenditore (non sfugge che anche il riformato art. Note: (22) Arato, Il concordato con continuità aziendale, cit., f. 11. (23) Per questa rigidità del sistema Arato, op. cit., 12, segnala la necessità della redazione ‘‘flessibile’’ del piano di ristrutturazione. Tuttavia l’argomento deve essere correlato con l’art. 186 bis u.c. che prevede, quale clausola di chiusura «Resta salva la facoltà del debitore di modificare la proposta di concordato», cosı̀ consentendo, chiaramente nei medesimi termini in cui vi è legittimazione per la domanda principale, qualche rettifica, con modalità da coordinarsi con la restante disciplina (per es. l’art. 175 comma 2, che esclude facoltà modificative dopo l’inizio delle operazioni di voto) (24) Cfr. in linea generale, per es. Cass. pen., sez. V, 20 marzo 2003, G., rv. 225937. (25) È opportuno chiarire che, nonostante il rinvio espresso dall’art. 224 all’art. 217, non sembra possibile includere nel richiamo l’ipotesi generale colposa dettata dall’art. 224, n. 2 (hanno concorso a cagionare o aggravare il dissesto della società con inosservanza degli obblighi ad essi imposti dalla legge), ancorché la violazione della ‘‘par condicio’’ nei pagamenti possa ritenersi obbligo di derivazione normativa. Gli è che agevole è il ritenere questo caso incluso in uno dei n. 3 o 4 dell’art. 217 e, per questa via, fatto proprio dal novello art. 217 bis. Il Fallimento 7/2013 Opinioni Fallimento 218, comma 1, con l’inciso «anche al di fuori dei casi di cui agli articoli precedenti» ha fornito un diretto collegamento con le figure della bancarotta preferenziale e semplice, tale da richiamare direttamente il suo ruolo nel reato fallimentare). Del pari, per espressa previsione normativa, si «parificano ai crediti pre-deducibili» quelli derivanti da finanziamenti erogati in ragione dell’ammissione al concordato preventivo o di omologazione dell’accordo di ristrutturazione dei debiti, alla condizione che la prededuzione sia richiamata e concessa nel provvedimento del tribunale che accoglie le relative istanze (art. 182 quater, comma 2). Provvedimento che viene interpretato, nella prassi, come discrezionale e non già automatica conseguenza della natura del credito; – il professionista che si ristori di compensi vantati per la redazione delle relazioni di cui all’art. 161 comma 3 o 182 bis, comma 1, l.fall. o delle istanze a cui allude l’art. 217 bis, alla condizione, però, che il tribunale accolga l’istanza e che venga disposta successiva omologa: una modalità per premiare le relazioni sorrette da ‘‘fattibilità’’, ‘‘veridicità’’ dei dati (art. 161) o ‘‘attuabilità’’ del prospettato accordo (con reiezione delle pretese destinate a dilazioni del ‘‘redde rationem’’ ingiustificato). 6. L’art. 236 bis: il professionista attestatore ed il compito affidatogli. I tratti soggettivi caratteristici Anche il varo dell’art. 236 bis in seno alla legge fallimentare discende dall’art. 33, comma 1, lett. l) del D.L. 22 giugno 2012, n. 83 (G.U. 26 giugno 2012, n. 147), convertito con modificazioni dalla legge 7 agosto 2012, n. 134 (con vigenza dall’11 settembre 2012, ai sensi dell’art. 33, comma 3, del D.L. citato). Esso è, cioè, coevo alla complessiva riforma. Questo il testo: « Falso in attestazioni e relazioni. 1) Il professionista che nelle relazioni o attestazioni di cui agli articoli 67, terzo comma, lettera d), 161, terzo comma, 182-bis, 182-quinquies e 186-bis espone informazioni false ovvero omette di riferire informazioni rilevanti, è punito con la reclusione da due a cinque anni e con la multa da 50.000 a 100.000 euro. 2) Se il fatto è commesso al fine di conseguire un ingiusto profitto per sé o per altri, la pena è aumentata. 3) Se dal fatto consegue un danno per i creditori la pena è aumentata fino alla metà». La disposizione assegna rilievo penale all’infedele opera del professionista «indipendente designato Il Fallimento 7/2013 dal debitore», iscritto nel registro dei revisori legali ed in possesso dei requisiti previsti dall’articolo 28, lettere a) e b), al quale è affidato il compito di attestare e garantire giudice e creditori sull’affidabilità delle proposte di soluzioni delle crisi di impresa: un compito sostanzialmente omogeneo, ancorché nelle diverse (ed anche fortemente difformi) ipotesi formulate dalla riforma al riguardo. Infatti, alcune conservano un profilo giudiziale, mentre il «piano attestato di risanamento» si concreta in una iniziativa privatistica del debitore, con uno svolgimento esterno al vaglio giudiziale (26): pertanto in esso Nota: (26) Secondo la nitida decisione di Cass., Sez. Un., 26 febbraio 2009, n. 24468 (in Cass. Pen., 2009, 4113 e ss. portante l’intera motivazione) «l’accordo di ristrutturazione ha natura diversa dal concordato preventivo e gode di una propria autonomia .... Si colloca in un’area privatistica a sfondo negoziale ed il sopravvenire dell’omologazione non attribuisce connotazione pubblicistica all’accordo, ma determina soltanto l’esenzione dall’azione revocatoria dei pagamenti effettuati in esecuzione dell’accordo medesimo» (p. 4120): si tratta, dunque, di un rimedio privatistico, frutto di accordo contrattuale (che il legislatore ha anche favorito per un riguardo fiscale). Ovviamente questa soluzione può succedere all’avvı̀o di un concordato preventivo, qualora esso si commuti in una libera intesa tra i creditori. Sulla natura privatistica del professionista attestatore (e, dunque, sull’assenza di tratto pubblicistico), in passato ed a proposito del concordato preventivo, si era indirettamente espressa, quale obiter dictum, la S.C. (cfr., in una linea consolidata, Sez. I, 4 febbraio 2009, in questa Rivista, 2009, 789 ed altre), nonché il Trib. Torino, Sez. IV, 8 marzo 2010, Mazzilli ed altro. Motivazioni sorrette, soprattutto, dal richiamo alla derivazione privatistica e fiduciaria nonché ai requisiti per la nomina, meno esigenti che quelli richiesti per la nomina a curatore (art. 28 l.fall.) cfr. Alessandri, Profili penalistici delle innovazioni in tema di soluzioni concordate delle crisi di impresa, in RDPP, 2006, 121, opinione espressa prima della modifica dell’art. 67 comma 3; Sandrelli, in (a cura di Fauceglia e Panzani), Disciplina penale, in Fallimento ed altre procedure concorsuali, Vol. III, 2009, 1974). Ritenendo che la indubbia posizione di terzietà verso creditori e tribunale (profilo implicito secondo Nardecchia, Crisi di impresa, autonomia privata e controllo giurisdizionale, Milano, 2007, 59; profilo indiscutibile secondo Mucciarelli, Stato di crisi, piano attestato, accordi di ristrutturazione, concordato preventivo e fattispecie penali, in Riv. trim. dir. pen. ec., 2009, 872, debba qualificare questo soggetto, si è affacciata la possibilità di qualificarlo quale esercente servizio di pubblica necessità, ai sensi dell’art. 359 c.p., tesi che ha trovato perplessità e critiche da Giunta, Scarcella, Riflessi penali, cit., 1222, ovvero (Antolisei, Manuale, 330 ss.; Bricchetti, Profili penali, in Le nuove procedure concorsuali - Dalla riforma «organica» al decreto «correttivo», a cura di Ambrosini, 650) e, soltanto nel caso che tra i requisiti professionali sia richiesta una speciale abilitazione dello Stato, ricondurre al medesimo, nel caso di falsità, la fattispecie di cui all’art. 481 c.p. (falsità ideologica in certificati commessa da privati esercenti servizio di pubblica necessità). contra Griffey, La disciplina del concordato preventivo e le soluzioni della giurisprudenza in (a cura di Ambrosini), Le nuove procedure concorsuali - Dalla riforma «organica» al decreto «correttivo», 524 che ravvisa nella qualità pubblica un irrobustimento della funzione certificativa. Altre autorevoli voci vi ravvisavano la qualifica di esercente servizio di pubblica necessità, ai sensi dell’art. 359 c.p., con la conseguente applicabilità dell’art. 481 c.p.: Gianoglio, Strumenti di soluzione della crisi di impresa, ruolo dell’attestatore e profili penali, in Il fallimentarista, (segue) 795 Opinioni Fallimento l’importanza di questa verifica è sicuramente maggiore per le scelte creditorie, non potendosi giovare dell’ulteriore controllo pubblico. Oggetto della mansione asseveratrice è la veridicità dei dati aziendali e la fattibilità del piano avanzato dal debitore nella proposta risanatrice. In sostanza un gatekeeper, presenza sempre più frequente negli equilibri tratteggiati dalle recenti riforme economiche che, fruendo di competenza specifica e di estraneità al novero gestorio, garantisce funzioni di controllo, verificando l’affidabilità dell’altrui programma (27). 6.1. Il soggetto attivo Come dianzi accennato, è un soggetto in cui il legislatore ripone grande affidamento, quale garanzia di serietà e di correttezza della soluzione di risanamento delle crisi di impresa (28). La figura è qui prevista dal sistema non soltanto per il rapporto fiduciario che lo lega al cliente, ancorché il legislatore espressamente lo indichi come proveniente da nomina del debitore, il che lo qualifica definitivamente come operatore privato (29); ma anche per la sua competenza (dovendo risultare, oltre che «iscritto nel registro dei revisori legali, in possesso di titolo per esercitare la professione di avvocato, di dottore commercialista, di ragioniere e di ragioniere commercialista»), ovvero, lett. b), quale appartenente a studi professionali associati o società tra professionisti, sempre che i soci delle stesse abbiano i requisiti professionali menzionati (in tal caso, all’atto dell’accettazione dell’incarico, deve essere designata la persona fisica responsabile della procedura); e, soprattutto, per la sua indipendenza di giudizio (cosı̀ allineandosi alla più convincente lettura giurisprudenziale di merito, relativamente alla situazione dedotta dal previgente art. 67, comma 3, lett. d). Caratteristica imposta per prevenire possibili ipotesi di conflitto di interessi (30). Palese è, al riguardo, la preoccupazione legislativa: lo stesso legislatore ha voluto rassegnare un’interpretazione autentica del connotato rappresentato dall’«indipendenza professionale: il professionista è indipendente quando non è legato all’impresa e a coloro che hanno interesse all’operazione di risanamento da rapporti di natura personale o professionale tali da comprometterne l’indipendenza di giudizio; in ogni caso, il professionista deve essere in possesso dei requisiti previsti dall’articolo 2399 c.c. (cause di ineleggibilità e di decadenza del sindaco nelle società commerciali)», previsione che, quanto al rapporto con la società, estende (comma 1 lett. c) la causa ostativa anche alle società controllate o alle società 796 Note: (segue nota 26) 17 luglio 2012; Giunta, Revocatoria e concordato preventivo: tutela penale, in Dir. prat. fall., 2006, 1, 34 ss., cosı̀ anche M. Zincani, Il nuovo art. 217 bis l.fall., in questa Rivista, 2001, 524 ss. (cfr. Lanzi, Il professionista incaricato della relazione per l’ammissione al concordato preventivo non è pubblico ufficiale, in questa Rivista, 2010, 1440 ss.) Sul dibattito in proposito cfr. Lanzi, Nuovi reati di false attestazioni da parte del professionista, in Il Fallimentarista, 2012; G. Schiavano, Il professionista «attestatore» nelle soluzioni concordate delle crisi di impresa: la sua qualifica penalistica, in Riv. trim. dir. pen. economia, 2010, 271. La dottrina e la giurisprudenza erano propense a negare detta qualifica (cfr. per tutti, Alessandri, Profili penalistici delle innovazioni in tema di soluzioni concordate delle crisi di impresa, in Riv. dir. proc. pen., 2006, 121, opinione espressa prima della modifica dell’art. 67, comma 3; per la giurisprudenza di legittimità Cass., Sez. I, 4 febbraio 2009, n. 2706 in Fallimento, 2009, 789; Cass., Sez. 1, 29 ottobre 2009, n. 22927, in Fallimento, 2010, 822; nella giurisprudenza di merito, Trib. Torino, Sez. IV penale, 31 marzo 2010, in questa Rivista, 2010, 1439). (27) Cfr. in tal senso F. Consulich, Il reato di falso in attestazioni e relazioni, in La riforma del fallimento, in Italia Oggi, n. 20, 15 settembre 2012, 130 ss., che segnala giustamente l’analogia con la fisionomia del revisore, secondo il D.Lgs. 27 gennaio 2010, n. 39. (28) Non si tratta di compito ignoto al nostro sistema. Già l’art. 27 del D.Lgs. 8 luglio 1999, n. 270 (amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi) affida al commissario straordinario, in ragione della sua professionalità, la redazione di un programma di cessione dei complessi aziendali o di ristrutturazione (disciplinando anche il contenuto dell’elaborato), inoltre nel contesto affine al presente, l’insolvenza rappresentate dalla ‘‘non fallibilità’’ del debitore ‘‘sovraindebitato’’, l’art. 19, comma 2 e 20, commi 2 e 3, della L. 27 gennaio 2012, n. 3 ha già introdotto la figura del soggetto (componente dell’organismo di composizione della crisi ovvero professionista), artefice della relazione prevista - mediante il richiamo già effettuato dall’art. 67, comma 3, lett. d l.fall. - dall’art. 2501 bis, quarto comma c.c. (in materia di fusione di società), incaricato di attestare la veridicità dei dati aziendali e la fattibilità del piano, onere che permette i soggetti interessati di evitare il rischio della revocazione degli atti, dei pagamenti e delle garanzie concesse su beni del debitore, se posti in essere in esecuzione di un piano che appaia idoneo a consentire il risanamento della esposizione debitoria dell’impresa e ad assicurare il riequilibrio della sua situazione finanziaria. Dunque, un esperto deputato ad attestare la validità della proposta del piano di ristrutturazione dei debiti del soggetto inadempiente per ‘‘sovraindebitamento’’. Anch’egli destinatario di sanzione penale, ancorché inferiore a quella stabilita dall’art. 236 bis (che contempla l’inflizione di pena della reclusione da 2 a 5 anni, anziché, quella da 1 a 3 anni di reclusione, della norma testé esaminata). (29) La chiarificazione al proposito non è trascurabile: si richiamano le letture assunte in passato, a proposito dell’analoga funzione propria del concordato, portanti a connotazione, in diversa guisa, pubblicistica dell’asseveratore. Cfr. retro, n. 25. (30) Cosı̀ Muciarelli, Il ruolo dell’attestatore e la nuova fattispecie penale del ‘‘falso in attestazioni e relazioni’’, in Il Fallimentarista, Speciale Sviluppo 2012, che richiama l’assonanza con l’art. 228 l.fall.; già in passato l’esimio A. riteneva indubbia posizione di terzietà verso creditori e tribunale, Mucciarelli, Stato di crisi, piano attestato, accordi di ristrutturazione, concordato preventivo e fattispecie penali, in Riv. trim. dir. pen. ec., 2009, 872. Cosı̀ anche Nardecchia, Crisi di impresa, autonomia privata e controllo giurisdizionale, Milano, 2007, 59; contra, Scarcella, Riflessi penali della nuova disciplina di fallimento e procedure concorsuali, in Dir. e pratica società, 2010, suppl. al n. 6, 71; ovvero, infine, con richiamo all’art. 483 c.p., come ritenuto da Trib. Rovereto, 12 gennaio 2012, in questa Rivista, 2012, 834); cfr. al ri(segue) Il Fallimento 7/2013 Opinioni Fallimento che la controllano o a quelle sottoposte a comune controllo da un rapporto di lavoro o da un rapporto continuativo di consulenza o di prestazione d’opera retribuita ovvero da altro rapporto di natura patrimoniale che ne compromettano l’indipendenza). Queste caratteristiche inducono a sottolineare la peculiare posizione di garanzia di questo soggetto verso i terzi, con le connesse specifiche responsabilità nel caso di violazione dei propri doveri. Ma, sul punto, occorre precisare - con l’occhio rivolto al sistema normativo complessivo - che egli assume la funzione di garante piuttosto nell’interesse dei terzi che di quello del debitore (suo cliente) e che, nel caso di conflitto tra i vantaggi di chi ebbe a nominarlo e quelli dei destinatari della sua reazione, egli deve privilegiare questi ultimi. Con maggiore precisazione e dettaglio, ripartito per le singole connotazioni pretese dal sistema, giova osservare: – il professionista di cui è discorso è persona scelta ed incaricata dal privato debitore: il suo compito si svolge, come sopra precisato, nell’alveo di un consueto rapporto professionale. L’esplicito accenno alla ‘‘designazione del debitore’’ (che non esclude il concorso nella scelta anche di terze persone, come creditori o consulenti dell’impresa) rappresenta un’evidente innovazione chiarificatrice portata dal testo della novella, chiaramente volta a precludere forzature ermeneutiche dirette a ravvisare in questa figura un’emanazione pubblicistica ed una correlata responsabilità penale nei termini delle più severe previsioni soprattutto in tema di falso, anche perché originariamente il professionista era stato assimilato al curatore (in ragione del generico ed onnicomprensivo richiamo all’art. 28 l.fall., organo dotato ex art. 30 l.fall. di connotazione pubblicistica). Come si è dianzi osservato, l’attestatore opera all’interno di un rapporto di natura privatistica: già in passato la S.C., a proposito del professionista di cui all’art. 161, comma 3, aveva sottolineato (escludendo qualifica pubblicistica) questo suo connotato privato (31). Ma il già ricordato «decreto correttivo» (art. 3, comma 3 del D.Lgs. 12 settembre 2007, n. 169) ha, di poi, ristretto - come l’attuale normativa - il profilo del «professionista» alle condizioni dettate dall’art. 28 lett. a e b (32). Questo soggetto, per la sua capacità professionale, dovrà sottoporre a vaglio l’informazione fornita dal debitore, non bastando sicuramente che l’attestazione di veridicità si limiti ad un fideistico affidamento al dato fornito dal debitore anche se il compito assegnato all’esperto non suppone una vera e propria certificazione (33). Tutto ciò non sta a significare che Il Fallimento 7/2013 l’esperto non possa valersi di indagini già da altri professionisti (per es. i revisori) espletate, purché ne verifichi la serietà ed, in ogni caso per questa ragione, egli assume un’autonoma responsabilità per i risultati che esse comportano; la violazione al requisito di indipendenza non è penalmente sanzionato, posto che il richiamo all’articolo 2399 c.c. e quindi alle cause d’ineleggibilità e di decadenza dei sindaci, non comporta l’inefficacia dell’attestazione resa dal professionista non indipendente. È, comunque, dato indiscutibile che la carenza di indipendenza - se rapportata ad una relazione ben determinata (es. rapporto di stretta amicizia/parentela, cointeressenza all’esito della vicenda concorsuale) - non può essere ininfluente nella valutazione della penale (ed anche civile) responsabilità dell’attestatore le cui attestazioni non risultino fededegne, risultando sintomo o riscontro sul piano psicologico dell’infedeltà dei dati resi. Non esistono prassi formali per la nomina del soggetto attivo, purché essa sia nota all’interno della procedura concorsuale. La pluralità dei requisiti necessari rende teorica l’ipotesi di un ‘‘professionista/attestatore di fatto’’: ove lo si volesse individuare dovrà tenersi presente la traccia che, al proposito, il codice civile ha già elaborato per i soggetti ‘‘societari’’ (34). Note: (segue nota 30) guardo anche Ceccherini, La qualificazione, l’indipendenza e la terzietà del professionista attestatore negli istituti concorsuali di gestione della crisi d’impresa e le diverse tipologie di relazioni o attestazioni, in Dir. fallim., 2011, I, 299. (31) In tema di indipendenza, rammentando l’arresto penalistico (Cass., Sez. Un., 26 febbraio 2009, n. 24468) di cui a n. 24, il giudice di legittimità civilistico, sia pure mediante obiter dictum, (Cass., Sez. I, 4 febbraio 2009, n. 2706 in questa Rivista, 2009, 789; Cass., Sez. 1, 29 ottobre 2009, n. 22927, ivi, 2010, 822), ha escluso proprio per questa connotazione privatistica, profili di incompatibilità con l’eventuale pregressa attività professionale svolta a favore del debitore, ritenendo di intendere il richiamo come effettuato al solo fine di individuare le categorie di professionisti (di cui al comma 1) abilitati alla presentazione della relazione e che «il professionista è soltanto un privato che effettua una prestazione professionale per conto di un imprenditore non ancora sottoposto ad alcuna procedura concorsuale». (32) Proprio in forza del tratto saliente di indipendenza e di garanzia era stato opinato che il professionista indicato dall’art. 161 comma 3 l.fall., assumesse la qualifica di pubblico ufficiale, conclusione carica di riflessi sul piano penalistico per quanto attiene alle fattispecie proprie dell’attestatore mendace (in primis, art. 479 c.p., falso ideologicomma Al riguardo v. retro quanto annotato a n. 24. (33) Ciò che maggiormente interessa è, invero, la fedeltà dei dati quanto all’esistenza del patrimonio aziendale nei termini esposti dal debitore e l’assenza di perdite che modifichino i presupposti stabiliti dalle norme per l’accesso agli istituti di risanamento. (34) Cfr. art. 2639 c.c. nell’art. 2639 c.c. (introdotto dal D.Lgs. 11 aprile 2002, n. 61 ed estensibile anche oltre i formali confini (segue) 797 Opinioni Fallimento Il professionista attestatore può anche essere nominato dal debitore successivamente alla redazione dell’elaborato infedele, non essendovi nella lettera della legge indicazione di una preordinazione al falso. La nomina da parte del debitore non prelude, tuttavia, ad un concorso necessario di quest’ultimo nel reato, essendo sempre doverosa la dimostrazione di una consapevole condotta decettiva in capo a ciascun autore dell’infedeltà. Anche se, chiaramente l’ipotesi di concorso nel reato sarà più frequentemente ravvisabile nella forma dell’istigazione ad opera del debitore, autore della nomina del professionista, sottendendosi - come ragionevolmente è dato supporre nella logica del ‘‘cui prodest?’’ - un concerto illecito di quest’ultimo per essere ammesso alla procedura concorsuale. In tal caso la previsione dell’art. 236 bis potrà concorrere su quella (del resto riferibile al solo imprenditore individuale) di cui all’art. 236, comma 1, l.fall. L’art. 236 bis è reato a soggettività qualificata, c.d. ‘‘proprio’’, che vede il professionista unica figura espressamente indicata quale artefice dell’infedeltà. Ciò non esclude che altri possa con costui concorrere nella commissione dell’illecito: si pensi a chi (consapevole dell’alterazione dal vero) coopera alla redazione dell’attestazione menzognera. Soccorre, invece, il paradigma dell’art. 110 c.p. da coniugarsi con l’art. 236 bis, nel caso di persona che estenda la relazione, al nome del debitore o di altro professionista, pur non rivestendo i requisiti richiesti dall’art. 236 bis: ovviamente la penale responsabilità segue alla compiuta rappresentazione dell’infedeltà dei ragguagli forniti ai terzi nonché la dimostrazione di un’intesa con il professionista (che quale soggetto qualificato concreta il profilo criminoso del fatto). 6.2. La condotta e l’oggetto materiale La norma in esame configura una fattispecie di mera condotta: per la sua integrazione non è richiesto alcun danno, né pretende che il destinatario (creditore o giudice) si determini (per es. rilasciando un consenso ovvero provvedendo con omologa) nel senso indicato dall’esperto. La funzione attestativa demandata all’esperto, pur prevista in difformi fattispecie, si caratterizza per la comune finalità di consentire affidamento tecnico alla proposta del debitore in difficoltà. Il pregiudizio patrimoniale, ove discendente dalla infedeltà asseverativa, rappresenta una circostanza aggravante del reato. Oggetto materiale del reato sono le informazioni (e 798 non i giudizi) necessarie al giudice ed ai creditori (che sono i naturali referenti dell’attestazione, salvo per quanto attiene il ‘‘piano attestato di risanamento’’, nel quale il destinatario dell’attestazione è rappresentato soltanto dai creditori) per valutare l’idoneità del piano proposto dal debitore per superare la crisi e provvedere al compiuto adempimento delle proprie obbligazioni e, più precisamente, alla verifica di veridicità dei dati aziendali esposti dal debitore nel proprio ricorso per l’ammissione alla procedura. Informazioni, dunque, pertinenti alle componenti della situazione patrimoniale, finanziaria ed economica (35) dell’impresa debitrice (e di eventuali coobbligati con essa) al fine di rendere un quadro esauriente a chi è chiamato a decidere sul ricorso del debitore, non soltanto in rapporto ad una corretta stima in linea astratta, ma anche in termini di fattibilità e, cioè, di pratica attuazione. L’art. 236 bis configura l’incriminazione dei falsi attestativi commessi nel contesto di alcune queste situazioni a cui la disposizione rinvia in guisa formale. In tal senso è una tipica norma sanzionatoria che rinviene il suo contenuto in altri precetti. Queste situazioni per le quali l’eventuale infedeltà dell’attestatore integra il reato in discorso sono agevolmente ricavabili dalla normativa peculiare dettata dalla legge fallimentare, nella sua parte novellata e, cioè, trattasi: A) del vaglio delle informazioni esposte dal debitore nel compendio dell’azione revocatoria, secondo quanto disposto dall’art. 67, terzo comma, lett. d. Al soggetto attestatore è richiesta una relazione che asseveri un «piano che appaia idoneo a consentire il risanamento della esposizione debitoria dell’impresa e ad assicurare il riequilibrio della sua situazione finanziaria». Lo scrutinio richiesto al consulente è di evidente difficoltà, in ragione della delicatezza della diagnosi, ma sicuramente non connesso ad attività ‘‘divinatorie’’. Nota: (segue nota 34) del reato societario, cfr. per es. Cass., Sez. V, 20 giugno 2012, n. 39535, A., rv. 253363) che identifica il soggetto ‘‘di fatto’’ mediante l’esercizio di funzioni tipiche (non necessariamente tutte, cfr. Cass. pen., sez. V, 17 ottobre 2005, C., rv. 232456) con ‘‘continuità’’ e ‘‘significatività’’, con esclusione di contributi marginali e del tutto fungibili: a differenza del concorrente nel reato, egli è destinatario diretto del precetto penale; sul punto cfr. anche Minniti, La ‘‘nuova’’ responsabilità penale dell’attestatore, in Il fallimentarista, 2012, Speciale decreto sviluppo, 6. (35) Cfr. sull’identificazione di questi elementi, Mucciarelli, Stato di crisi, piano attestato, accordi di ristrutturazione, concordato preventivo e fattispecie penali, in Riv. trim. dir. pen. econ., 2009, 825 ss. Il Fallimento 7/2013 Opinioni Fallimento L’attestazione deve scrutinare la ragionevolezza delle previsioni effettuate dal debitore, verosimilmente secondo regole di economia e ragioneria. Eppertanto, sicuramente, nell’accertamento che i dati forniti ai terzi nel ricorso e nei suoi allegati (per es. l’esattezza degli ammontari e dei connotato delle poste debitorie, dell’esigibilità delle poste creditorie, della ragionevole tempistica del recupero di ricchezza presso terzi, ecc.), nella prospettiva di un ‘‘risanamento’’ (il che significa anche una attestazione su possibili transazioni, rinunce di terzi, ricavi di liquidazioni parziali o dismissioni di attività, ecc.) In tal senso la responsabilità di questo professionista può ritenersi esistente non già per una mendace previsione, ma per una infedele e (consapevolmente) alterata rappresentazione delle premesse da cui si diparte questo giudizio prognostico; B) dell’attività dedotta dall’art. 161, terzo comma, la quale si compendia in una relazione che deve attestare la veridicità dei dati aziendali e la fattibilità del piano di concordato. Il contenuto dell’accertamento è suggerito dalla stessa disposizione dell’art. 236, comma 1, allorquando punisce chi si sia attribuito attività inesistenti o abbia simulato crediti in tutto o in parte inesistenti. Anche in questo caso la ‘‘fattibilità’’ non è rimessa ad un vero vaticinio prognostico, bensı̀ deve desumersi in guisa di riscontro dell’attendibilità del dato esposto dal debitore (e, dunque, anche dalla sua contabilità), risultanza che non può essere accolta acriticamente (36) ma che, proprio per gli scopi sottesi dall’istituto, postula una valutazione ragionata ed un riscontro anche in termini di ragionevolezza e plausibilità; C) dell’analisi della proposta ex art. 182 bis circa la ristrutturazione dei debiti. La norma prevede una relazione del professionista attestatore, al comma 1, la quale asseveri la ‘‘veridicità dei dati aziendali’’, e che riscontri l’attuabilità dell’accordo stesso, con particolare riferimento alla sua idoneità ad assicurare il regolare pagamento dei creditori estranei (37); D) la valutazione imposta dall’art. 182 quinquies, preposto a stabilire i crediti assoggettati a prededucibilità in tutte le forme di concordato e negli accordi di ristrutturazione dei debiti, deduce un accertamento assai delicato e di natura strettamente finanziaria, nel senso che «verificato il complessivo fabbisogno finanziario dell’impresa sino all’omologazione, attesta che tali finanziamenti (38) sono funzionali ad assicurare la migliore soddisfazione dei creditori». Attestazione che (comma 4), tuttavia, non è necessaria se i finanziamenti trovino provvista in erogazioni procurate dal debitore o con obbligo di restituzione Il Fallimento 7/2013 postergato . Poiché la disciplina si fonda sul mero dato oggettivo della tipologia dei crediti, l’attestatore dovrà dar puntuale conto della natura delle pendenze coinvolte nella proposta del debitore; E) la relazione prevista nel novello ‘‘concordato con continuità aziendale’’ (art. 186 bis) e, dunque, una relazione del professionista (comma 2, lett. b) proiettata ad attestare che la prosecuzione dell’attività di impresa quale tratteggiata nel piano di concordato, sia ‘‘funzionale al miglior soddisfacimento dei creditori’’. Cioè, a segnalare la possibilità di trasformare (in continuità) la crisi dell’impresa in una situazione di raggiunto equilibrio. Il che comporta, preliminarmente, l’esclusione del riscontro di una presente ed irredimibile insolvenza. Valutazione che in sé difficilmente può ascriversi alla nozione penalistica di falso, nella misura in cui è proiettata ad epoca futura, ma che agevolmente può ricondursi all’art. 236 bis quando si consideri che l’attestatore deve accertare se le premesse in fatto siano veridiche (onde consentire, secondo i criteri della scienza commerciale e ragionieristica, un giudizio prognostico corretto e ragionevole). Nella gran parte di queste verifiche l’analisi presuppone un esame sulla situazione offerta dal debitore: il mendacio informativo può annidarsi in questa disamina (eppertanto in tutta l’articolazione, patrimoniale, economica e finanziaria, ivi comprese le economie di eventuali soggetti coinvolti nel salvataggio). Si ribadisce che, invece, non attiene alla opinabilità dei giudizi, ancorché essi risultino manifestamente infondati. La condotta vietata si riferisce non soltanto alla complessiva valutazione resa, bensı̀ anche alle singole componenti che l’hanno sorretta e, dunque, alle Note: (36) Donde è sicuramente debole l’eventuale asserto giustificativo dell’attestatore di essersi fiduciosamente rimesso alla parola del debitore interessato, senza un richiamo a qualche più convincente ed oggettiva situazione che possa rendere giustificazione all’accertata falsità (non interessa qui l’errore incolpevole). L’eccessivo affidamento alla proposta configura, però, una condotta di imperizia/imprudenza, rilevante per la responsabilità civile, non ancora per quella penale. (37) Non pertiene al novero in esame la dichiarazione, avente valore di ‘‘autocertificazione’’ e, quindi, esente dal successivo controllo dell’esperto. Essa è ausilio efficace proprio in ragione del divieto di iniziare o proseguire le azioni cautelari o esecutive verso il debitore. Pertanto, la dichiarazione tende ad accertare se la proposta di accordo sia idonea ad assicurare l’integrale pagamento dei creditori con cui non sono in corso trattative o che hanno negato la propria disponibilità a trattare la soluzione pattizia. (38) Da intendersi in senso restrittivo, quali contratti apportatori di nuova finanza, come convenzioni di mutuo, di apertura di credito, di scontro, ecc. 799 Opinioni Fallimento informazioni acquisite presso il debitore in esecuzione del mandato professionale da questi conferitogli. Non solo: per quanto sarà subito oltre osservato, egli è responsabile per l’omessa acquisizione di informazioni rilevanti e necessarie allo svolgimento del compito, ovvero per il silenzio su notizie acquisite o, comunque, a lui note. Dati che, nella loro oggettività sono necessari al terzo per raggiungere una corretta percezione dell’idoneità del piano proposto. La norma non tipicizza ulteriormente le caratteristiche delle notizie costitutive di reato. Non vi è ragione di escludere la prensione punitiva per tutte le volte in cui il professionista renda la sua prestazione infedele mediante una diversa denominazione dell’atto o con richiamo improprio alla procedura a cui esso debba riferirsi: non interessa al legislatore il dato formale con cui possa inquadrarsi l’attestazione, purché essa sia idonea a sorreggere la funzione a cui il debitore la destina (e purché l’esperto sia consapevole della finalità a cui il suo operato illecito viene destinato). Il documento che racchiude quest’attività attestativa è una scrittura privata, provenendo da soggetto privato, anche qualora sia destinato ad una procedura concorsuale coinvolgente una pluralità di persone (il concordato preventivo coinvolge non solo il ceto chirografario ma, nei limiti delle attestazioni operate ex art. 160 l.fall., anche quello privilegiato). In altri termini la fattispecie contempla un falso ideologico incidente su scrittura privata, forma indubbiamente eccezionale per la conseguenza di potenziale rilevanza penale. L’elaborato dovrà - verosimilmente - essere redatto mediante la tecnica ragionieristica suggerita dal codice civile, ovvero, sulla base di criteri derogatori, purché espressamente segnalati, al fine di permettere una corretta lettura dello svolgimento argomentativo del giudizio reso. Imbarazzante è la risposta al delicato quesito se l’attestatore abbia obbligo di evidenziare anche condotte illecite, foriere di responsabilità (penale o civile) di esponenti societari o del medesimo debitore che lo ha incaricato. L’attestatore non essendo, per quanto dianzi osservato, pubblico ufficiale non è passibile di repressione penale per omessa denuncia dell’illecito penale (art. 361 c.p.), tuttavia, egli è penalmente responsabile per le omissioni nel suo dovere di asseverazione proprio ai sensi dell’art. 236 bis. Pertanto, ove egli accetti l’incarico del privato che gli ha commissionato proprio questo controllo (e, ove lo abbia anche informato dell’eventuale rischio di conseguenze penalistiche), non vi è ragione per escludere il dovere di lealtà informativa anche al riguardo. 800 Chiaramente l’insuccesso del piano proposto non significa una responsabilità dell’attestatore ai sensi della citata fattispecie penale, nemanco in termini di erronea prognosi di fattibilità. Può ricorrere una censura di negligenza o di imperizia, connotati che concretano una colpa e che, nel ricorrere di un pregiudizio economico, possono determinare una responsabilità civile (sia contrattuale sia extra-contrattuale),. Non certamente per il riguardo penale, poiché la disposizione dell’art. 236 bis suppone la volontarietà consapevole. 6.3. I rapporti della fattispecie con la bancarotta Non sfugge che l’informazione resa dal professionista attestatore può venire a coincidere con la rappresentazione analoga a quella fornita dal bilancio societario. Conseguentemente potrebbe ritenersi evocata nella situazione la fattispecie di bancarotta fraudolenta cd. ‘‘societaria’’ di cui all’art. 223, comma 2, n. 1, l.fall. Siffatta conclusione non può essere accolta. In primo luogo perché l’estensione dell’art. 223 al concordato preventivo è consentita soltanto dall’art. 236, norma che richiede la già avvenuta ammissione alla procedura speciale; inoltre, perché il soggetto attivo non ha i requisiti previsti dalla norma penal/fallimentare (e, per questa medesima ragione, non è ravvisabile il fatto di cui all’art. 2621/ 2622 c.c., notoriamente a soggettività qualificata). Mentre per gli evidenti connotati di specialità (sottolineati dalla puntigliosa elencazione delle ipotesi incriminatrici a cui riferirsi, che rigidamente e tassativamente segnano l’area di rilevanza penale), l’art. 236 bis prevale sulla eventuale concorrenza di altre fattispecie penali aventi per oggetto l’infedeltà di stima sul patrimonio societario. 6.4. La condotta: il fatto commissivo e l’omissione rilevante. L’identificazione del falso penalmente rilevante e l’asseverazione delle valutazioni La condotta illecita è prevista nella forma commissiva ed in quella omissiva. Il rilievo penale di siffatte informazioni discende, secondo l’accenno letterale del legislatore, dalla loro ‘‘falsità’’, per il caso di condotta commissiva, ovvero, di ‘‘rilevanza’’ nel caso della loro omissione. Per la condotta commissiva del reato non sorgono soverchie difficoltà, essendo sufficiente per accertare la penale responsabilità, per il riguardo oggettivo, la discrası̀a corrente tra il dato reale e quello illustrato. Il Fallimento 7/2013 Opinioni Fallimento La «fattibilità» - informazione già prevista dall’art. 161, comma 3 - seppur non esclusa dalla lettera della novella, propone qualche difficoltà nell’inquadramento nel falso di rilievo penale, illecito che ha per paradigma il dato attuale e non prognostico. Pertanto, l’incidenza penale si palesa apprezzabile nella misura in cui essa si diparta da dati attuali infedeli, con esclusione di ogni giudizio radicato soltanto in un momento futuro (39). Nel novero delle condotte penalmente rilevanti rientrano certamente le valutazioni espresse dall’esperto a proposito della situazione che è chiamato ad asseverare. Anche in questo caso la natura della ritenuta ‘‘falsità’’ riesce di non facile definizione, non ancorandosi il giudizio a dati obiettivi. Ma - richiamando l’elaborazione di dottrina e giurisprudenza maturata nel contesto del reato di false comunicazioni sociali, qui agevolmente trasponibile può correttamente affermarsi l’inutilità della ricerca di un referente assoluto, quando piuttosto primaria è la ricerca dei parametri stabiliti dal legislatore per l’espressione dei dati valutativi di un’impresa (c.d. ‘‘vero legale’’). L’infedeltà si misura, pertanto, sullo scostamento dalla ragionevole lettura di quei referenti normativi. Soccorre, conseguentemente, nello scrutinio della condotta dell’attestatore anche l’ulteriore parametro della ‘‘ragionevolezza’’, nel senso che oltre un certo spazio di opinabilità la valutazione risulta obiettivamente infedele (40). Ed, allora, al proposito sovvengono quali indispensabili referenti per il professionista gli art. 2423 ss. del codice civile disposizioni che postulano, laddove sia necessario (per maggiore fedeltà al quadro da rassegnare ai terzi) giustificare lo scostamento la formulazione delle necessarie informazioni complementari (cfr. art. 2423, comma 3): in sostanza l’attestazione deve adeguarsi alla corrispondenza ai criteri di legge, anche prescindendo da dati direttamente realistici (cfr. la stima delle partecipazioni azionarie che deve essere effettuata secondo il criterio del costo storico delle azioni, anziché secondo quello dell’andamento delle quotazioni in borsa, stabilito dall’art. 2425, n. 4, c.c.). Per la condotta omissiva la norma pretende che l’informazione mancante sia ‘‘rilevante’’ (qualificazione che non si appunta soltanto sul dato quantitativo, ma anche sull’importanza della notizia in funzione della domanda proposta con ricorso dal debitore). È, indubbiamente, tale tutto ciò che direttamente porta ad assentire alla domanda del ricorrente. O, se si vuole, quella notizia che, se conosciuta, porterebbe alla revoca del concordato, secondo gli Il Fallimento 7/2013 indici enumerati dall’art. 173 l.fall. Infatti, la condotta omissiva si modella sul dovere informativo che, pur imposto dalla norma, non viene rispettato dall’attestatore. Può essere utile segnalare che qui il legislatore, usando l’inciso ‘‘omette di riferire’’, si è allineato alla formula utilizzata per il reato di false comunicazioni sociali (‘‘omettono informazioni la cui comunicazione è imposta dalla legge’’), cosı̀ ha abbandonato il (forse più ragionevole e più agevolmente accertabile) pregresso comportamento di ‘‘nascondere’’ previsto dall’abrogato art. 2621, n. 1, c.c. (e foriero di un’azione, non già della mera assenza della stessa), evidentemente ricercando l’obbligo informativo non già nella previsione astratta rappresentata dalla tipologia di prescrizione, ma nella concreta finalità a cui mira l’attestazione. Pertanto, nell’area di quelle notizie che, qualora fossero state segnalate, avrebbero portato il terzo ad un giudizio difforme. Invero, nel falso ideologico per omissione l’unico criterio di rilevanza plausibile è quello dello scopo dell’atto comunicativo (per es. l’art. 479 c.p. precisa l’area della sensibilità penalistica soltanto in quei fatti dei quali l’atto è destinato a provare la verità). Cosı̀ può non essere vero che l’informazione omessa debba soltanto ritenersi fonte di incompletezza, non già di falsità. Infatti, l’omissione di informazione può apprezzarsi anche nei casi di silenzio ricadente su momenti che sono ostativi all’accoglimento della soluzione concordataria, sı̀ che la mancata segnalazione dello stesso implicitamente porta a ritenere l’assenza del fatto impeditivo all’accoglimento della domanda del ricorrente. Certamente, poi, l’utilità della notizia omessa sempre nella menzionata finalità a cui mira la comunicazione - consente di qualificare la rilevanza della medesima, ma con criterio - si ribadisce - non generalizzabile, bensı̀ rivolto al caso concreto (per es. l’errore sul nominativo dei singoli creditori può ritenersi indifferente, se esso non coinvolge cause di prelazione, situazioni di prescrizione; ancora: l’entità quantitativa del dato contabile omesso assume indubbio rilievo cosı̀ come la pretesa creditoria già ‘‘azionata’’ giudizialmente, ecc.). Note: (39) Tutto ciò per tacere del fatto che la valutazione prognostica dell’esperto deve necessariamente inserirsi anche nello sviluppo dell’economia esterna all’impresa, ambito soggetto a variabili sovente imponderabili e sfuggenti ad ogni analisi scientifica. (40) Cfr. al riguardo la risalente, ma lucida, Cass., Sez. V, 4 maggio 1976, H., Rv. 134843. 801