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Le esenzioni dai reati di bancarotta e il reato di falso in attestazioni e
Opinioni
Fallimento
Disposizioni penali
Le esenzioni dai reati
di bancarotta e il reato di falso
in attestazioni e relazioni
di Gian Giacomo Sandrelli (*)
L’Autore muove dalle recenti novità introdotte alla legge fallimentare con particolare riferimento alle novellate disposizioni introdotte in ambito penalistico di cui all’art. 217 bis che esenta l’imprenditore dal rischio di
revocazione per le condotte assunte nell’applicazione dei nuovi strumenti ed all’art. 236 bis, di nuova formulazione, finalizzato a prevenire gli abusi valutativi da parte del professionista attestatore chiamato a verificare
la correttezza dei dati aziendali e la fattibilità delle proposte dell’imprenditore in crisi.
1. Le recenti riforme della legge
fallimentare
La legge fallimentare (RD. 16 marzo 1942, n. 267)
ha riscontrato, a far data dal 2005 (e dalla sistematica rettifica dell’azione revocatoria), una nutrita serie di modifiche, per lo più protese a non disperdere
ed annullare la valenza dei beni dell’impresa caduta
nello stato di crisi. Significativo tra queste novelle
è il tratto di ‘‘privatizzazione’’ delle procedure medesime, con l’espansione dell’area di negoziazione tra
debitore e creditori circa le possibili modalità di salvataggio dell’organismo. Ciò ha comportato la parallela riduzione del peso di istituti tradizionali contrassegnati da rigidità prescrittiva o da valori ancorati a momenti sovente disancorati dalla realtà economica, come - per esempio - la gelosa salvaguardia
della par condicio creditorum, regola considerata cogente ed inderogabile nell’impalcatura della legge.
Il tutto è stato coronato dall’art. 33 del Decreto L.
83/2012, convertito con modificazione dalla L.
134/2012. Intervento germinato da una attenta e
puntigliosa ricerca presso gli operatori giudiziali e
d’impresa, per esso la fisionomia dello statuto delle
procedure fallimentari è decisivamente mutato.
Con gesto pragmatico e libero da vincoli di ordine
dogmatico, il legislatore si è preoccupato di alleggerire il debitore in crisi da tracciati formalistici, al
contempo si è premurato di garantire il giudice ed i
creditori della serietà della proposta risanatrice attraverso il vaglio della relativa veridicità, imponendo l’asseverazione ad opera di esperto professionista,
competente ed indipendente.
Il Fallimento 7/2013
Il terreno di siffatte importanti innovazioni è stato
quello della fattispecie concordataria (nel vecchio
ordinamento concorsuale considerata una procedura ‘‘minore’’, ma oggi, alla luce delle dette trasformazioni, qualificata sicuramente inappropriata) e delle
nuove situazioni ad essa (più nei contenuti che negli aspetti formali e strutturali) affini.
La leva operativa, inoltre, è stata individuata nella
rimodulazione dell’azione revocatoria (nel contenuto e nei termini) (1).
Una riforma assai meditata: si osservi, per esempio,
che le nuove disposizioni rinvengono un’origine
composita. La trama essenziale discende dall’art. 48,
comma 2 bis del D.L. 31 maggio 2010, n. 78, convertito con modifiche nella L. 30 luglio 2010, n.
122; la parte che riguarda il piano descritto dall’art.
67, comma 3, lett. d), nonché l’accordo omologato
Note:
(*) Il contributo è stato sottoposto, in forma anonima, alla valutazione di un referee.
(1) Si consideri, in siffatta tensione, l’abrogazione della severa
disciplina di responsabilità nel caso di una gestione in presenza
di perdita del capitale sociale, il c.d. pre-concordato (su cui v. anche infra nel testo) che null’altro rappresenta che l’accordo di un
non indifferente lasso temporale precluso ad iniziative esecutive
sul patrimonio dell’ente debitore, ecc. Anche sul piano sistematico, il legislatore offre una variegata tipologia di modalità destinate al risanamento della crisi: a partire dall’informale proposta
contenuta nel ‘‘piano attestato di risanamento’’ (art. 67, comma
3, l.fall.), cornice flessibile, che non necessita di consenso ma
soltanto di asseverazione da parte dell’esperto, agli accordi di ristrutturazione evocati dall’art. 182 bis, al ritoccato concordato
preventivo (art. 160), al concordato c.d. ‘‘in continuità’’ (art. 186
bis), agli accenni al concordato fallimentare.
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Opinioni
Fallimento
di composizione della crisi, dall’art. 18, comma 2 bis
del D.L. 18 ottobre 2012, n. 179, convertito con
modifiche nella L. 17 dicembre 2012, n. 221; l’ultima parte, estensiva verso i pagamenti e verso le operazioni di finanziamento autorizzate a mente dell’art.
182 quinquies, fu aggiunta dall’art. 33 comma 1, lett.
1 bis del D.L. 22 giugno 2012, n. 83 (‘‘Misure urgenti per la crescita del Paese’’), convertito con modifiche dalla L. 7 agosto 2012, n. 134 (‘‘Revisione della
legge fallimentare per favorire la continuità aziendale’’),
compendio che, ex art. 33, comma 3 del D.L. citato
assunse vigenza alla data dell’11 settembre 2012.
La nuova disciplina si segnala non soltanto per il
suo oggettivo portato, quanto anche per l’impatto sistematico, avendo disposto la netta separazione tra
la tipologia concordataria rispetto alle altre procedure tradizionali: un’operazione che, forse anche senza
una chiara programmazione riformatrice, ha spostato
alcuni referenti tradizionali della disciplina (2).
La manovra novellatrice è stata accompagnata da
eco e riflesso in ambito penalistico, ancorché assai
ridotti ed essenziali, risolvendosi nell’introduzione
in seno alla legge fallimentare di due norme: l’art.
217 bis destinato ad esentare l’imprenditore dal rischio di revocazione per le condotte assunte nell’applicazione dei nuovi strumenti e l’art. 236 bis,
diretto a prevenire abusi valutativi ad opera dell’esperto chiamato ad asseverare correttezza e fattibilità delle proposte dell’imprenditore in crisi.
L’art. 217 bis si deve all’art. 48, comma 2 bis del già
citato D.L. 31 maggio 2010, n. 78, convertito con
modifiche nella L. 30 luglio 2010, n. 122 (la norma
non prevista dall’originario decreto ed è stata inserita in sede di conversione) ed è norma strutturata
a mezzo rinvii formali: in parte, espressamente richiama la fattispecie dell’art. 217 (ed è probabilmente questa la ragione della sua rubrica che sembrerebbe supporre un’aggiunta al portato di quest’ultima disposizione, mentre, al contrario, il suo
contenuto può ritenersi vera e propria indicazione
di ordine generale), in altra parte rinvia alla figura
della bancarotta preferenziale (art. 216, comma 3,
l.fall.), l’ipotesi punitiva di maggiore spessore. La
norma trova radici pregresse ed attesta una innovazione che non è, per il penalista, di poco conto. Essa rieccheggia ed ingloba recenti interventi normativi, pur essi forieri di riflessi penali: in tal senso
aveva agito già la modifica dell’azione revocatoria,
seguita alla riforma dell’art. 67, comma 3, l.fall.
(D.L. 14 marzo 2005, n. 35, convertito in legge 14
maggio 2005, n. 80, avente ad oggetto ‘‘Disposizioni
urgenti nell’ambito del Piano di azione per lo sviluppo
economico, sociale e territoriale’’, c.d. ‘‘Decreto compe-
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titività’’), disponendo una testuale esenzione dall’azione revocatoria rispetto a taluni (espressamente
tipicizzati (3)) atti, pagamenti e garanzie effettuati
dall’imprenditore che, successivamente, si vedrà
sottoposto a procedura concorsuale. In un contesto
in cui l’azione revocatoria rappresenta l’unica tutela
apprestata dall’ordinamento per garantire l’equa
soddisfazione dei creditori concorsuali, l’estromissione di questi atti dalla protezione giudiziale (non
trovando applicazione l’art. 66 l.fall. che si rivolge
piuttosto alla concessione di garanzie, condotta
esterna alla lettera dell’art. 216, terzo comma, l.fall.,
o al pagamento del debito scaduto, comportamento
inquadrabile nell’area della fraudolenza, piuttosto
che in quella della preferenzialità), sta a significare
l’irrilevanza penale delle condotte ivi descritte (4).
L’intervento normativo si è notato anche nel 2007,
con vigenza dal 18 agosto 2008, quando il legislatore ha modificato l’art. 74 l.fall., relativo ai rapporti
ad esecuzione continuata e periodica, permettendo
il subentro del curatore nel pagamento del prezzo,
anche nel caso di consegne già effettuate.
Nel corso del 2012, con risoluzione omogenea al
precedente ‘‘trend’, il c.d. ‘‘Decreto Sviluppo’’ (D.L. n.
83/2012 convertito nella L. n. 134/2012) assegna
nuova forma al concordato introducendo quello
che, di poi, è definito ‘‘pre-concordato’’ (o ‘‘concordato
con riserva’’ o ‘‘concordato in bianco’’), nel quale (a somiglianza di qualche esperienza anglosassone) il debitore - anticipando gli effetti protettivi del concordato - è autorizzato, mediante il deposito della domanda di concordato preventivo in tribunale, un
termine (non indifferente: di 60/120 gg., prorogabile
di altri 60) non già per concludere una trattativa
con la platea dei creditori, bensı̀ di predisporre un
piano portante proposta concordataria, con allegata
idonea documentazione e parere del professionista
Note:
(2) Normativa che assume, per il vero, applicabilità per una breve parentesi temporale e per un’area assai limitata, esaurendosi
l’efficacia dei benefici e delle esenzioni da essa disposti con
l’avvenuto suo risanamento (o con nuovo accordo) o con la revoca ex art. 173 e, per altro verso, nel perimetro dell’impresa
suscettibile di procedura concorsuale ai sensi dell’art. 1 l.fall.
(3) Curiosa ed inconsueta per il diritto penale è la terminologia
usata: «esenzioni» dai reati di bancarotta, mentre il testo dello
stesso si limita a sancire la mera «inapplicabilità» delle fattispecie incriminatrici, cfr. M. Zincani, Il nuovo art. 217 bis l.fall.: la ridefinizione dei reati di bancarotta, in questa Rivista, 2011, 518,
secondo cui la norma agisce direttamente sulla struttura dei reati di bancarotta (preferenziale e semplice), con funzione delimitativa per sottrazione (riformulazione).
(4) Bricchetti, Mucciarelli, Sandrelli, op. cit., 2738 ss.; cfr. anche
F. Giunta, Revocatoria e concordato preventivo: tutela penale, in
Dir. e prat. fall., 2006, n. 1, 37.
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esperto. È cosı̀ disposta - per il detto periodo - l’immunità del debitore da possibili iniziative creditorie
volte all’esecuzione delle pretese. Per l’esattezza, non
si tratta ancora di una forma di procedura concorsuale, poiché alla sua definizione necessitano la presenza di un piano, che preveda la continuità dell’attività gestoria, c.d. going concern (e, quindi, la possibile cessione dell’azienda o il conferimento in altra
società), nonché l’indicazione specifica dei costi e
dei ricavi preventivati per la prosecuzione dell’attività di impresa, accompagnata dalla indicazione delle
modalità finanziarie per sovvenire gli oneri di prosecuzione ed, infine, la relazione del professionista ai
sensi dell’art,. 161 comma 3. La vera e propria procedura concordataria potrà ravvisarsi soltanto dopo
il deposito degli atti sopra menzionati (5).
2. L’art. 217 bis
Il testo della norma (nella versione definitiva) è
semplice e lineare (si tratta di un unico comma):
‘‘Esenzione dai reati di bancarotta’’
«Le disposizioni di cui all’art. 216, terzo comma, e
217 non si applicano ai pagamenti ed alle operazioni compiuti in esecuzione di un concordato preventivo di cui all’articolo 160 o di un accordo di ristrutturazione dei debiti omologato ai sensi dell’articolo 182 bis ovvero del piano di cui all’articolo 67,
terzo comma, lettera d), nonché ai pagamenti e alle
operazioni di finanziamento autorizzati dal giudice a
norma dell’articolo 182 quinquies».
La disposizione incide su due distinte fattispecie incriminatrici, figure - si osservi - in cui delicata è la
posizione del soggetto terzo che in qualche misura
concorre con il debitore inadempiente. In primo
luogo, la bancarotta preferenziale, prevista dall’art.
216 comma 3 (6), reato plurisoggettivo, ma che, tuttavia, non conosce espressa responsabilità penale per
il creditore indebitamente soddisfatto. Inoltre, la
bancarotta semplice, per la quale, evidentemente, il
legislatore ha superato il non pacifico connotato colposo, attribuitole dalla giurisprudenza, di per sé ostativo all’ipotesi di comportamento concorsuale ex art.
110 c.p. (7). Quest’ultima ipotesi è qui implicitamente evocata nella repressione delle operazioni di
grave imprudenza (art. 217, comma 1, n. 4) tese alla
dilazione della dichiarazione di fallimento (ma la genericità della lettera permette, con qualche problema di precisione e determinatezza del dettato, anche
il riferimento alle ulteriori ipotesi della bancarotta
semplice, come quella di cui all’art. 217, comma 1,
n. 4, attinente all’aggravamento del dissesto conseguente alla mancata richiesta del fallimento).
Il Fallimento 7/2013
È indubbia la finalità legislativa sia nel favorire, per
un verso, il mantenimento in vita di un’impresa
(anche per i casi in cui il ‘‘salvataggio’’ dell’impresa
si presenti arduo e concreto sia il rischio del fallimento, con le sue implicazioni penali (8)), cosı̀
conservando l’occupazione lavorativa ed il gettito
tributario (9) sia, d’altro canto, nell’agevolare la soluzione della crisi di impresa (individuale e collettiva) eliminando quegli ‘‘inciampi’’ per l’imprenditore
in difficoltà e per i suoi corrispondenti, rappresentati da situazioni in cui possa ravvisarsi responsabilità
penale. Nonché, a carico dei terzi, la non indifferente liberazione dalla spada di Damocle finanziaria
costituita dalla probabile revocazione del sostegno
accordato al soggetto in crisi.
Probabilmente, anche senza preconcetta sospettosità, può affermarsi che la soluzione normativa dipese
anche dalle istanze provenienti dal mondo del credito bancario e di Confindustria nell’allineare la riforma della legge fallimentare al comparto penalistico della disciplina, notoriamente orfano di razionali e complessivi interventi normativi (10). In
questa prospettiva il legislatore ha eliminato dal sistema della repressione (patrimoniale e penale) le
Note:
(5) Cosı̀ Lamanna, La problematica relazione, ecc., cit., f. 14/15,
il quale ritiene ammissibile una gestione di fatto dell’impresa,
anche prima del deposito degli atti e l’istanza al Tribunale per le
autorizzazioni consentite al debitore concordatario.
(6) Per la configurabilità del concorso dell’istituto di credito nel
reato di bancarotta fraudolenta impropria per mezzo di ‘‘operazioni
dolose’’, ai sensi dell’art. 223 comma 2 n. 2 l.fall., cfr. Troyer, Relazione al ‘‘La procedura pre-fallimentare ed i reati fallimentari:
problematiche vecchie e nuove’’ organizzato dal CSM (Palazzo
Giustizia di Milano) 23 dicembre 2012, 7 ss. dell’estratto; Insolera,
La responsabilità penale della banca per concessione abusiva di
credito alla impresa in crisi, in Giur. Comm., 2008, 852.
(7) Cfr. Insolera, La responsabilità penale della banca, cit., 853; ma
si deve tenere presente anche la generale prescrizione dettata dall’art. 113 c.p. che estende l’attribuzione della rilevanza penale a
condotte che, in quanto atipiche rispetto alla fattispecie monosoggettiva, non sarebbero punibili in assenza di una norma, quale
quella di cui all’art. 113 c.p., che allarga l’area della punibilità.
(8) In questo senso cfr. le puntuali osservazioni di Bricchetti-Pistorelli, La bancarotta e gli altri reati fallimentari - Dottrina e giurisprudenza a confronto, Milano 2011, 159. Tra gli agréments riconosciuti al debitore in crisi vi è la ‘‘moratoria’’ (istituto sinora
ignoto alla normativa, ma praticato nella prassi negoziale con il
sistema bancario, sicché si propende per escludere, al di fuori
di questa tipologia di concordato, analoga facilitazione, cfr. Baldassarre/Pereno, Prime riflessioni in tema di concordato preventivo in continuità aziendale, in Il Fallimentarista, 2013, f. 2/3) fino
ad un anno dall’omologazione per il pagamento dei creditori privilegiati, le condizioni privilegiate nelle relazioni con P.A., ecc.
(9) Vitiello, Brevi (e scettiche) considerazioni sul concordato con
continuità aziendale, in Il Fallimentarista, 2013, 2.
(10) È la tesi seguita da Lottini, Il nuovo art. 217 bis: una riforma
che tradisce le aspettative, in questa Rivista, 2010, 1375.
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più frequenti condotte rapportabili alla ricerca dei
rimedi risanatori (11).
3. I riflessi sul sistema fallimentare
Contemporaneamente all’immunità dal rischio penale, il legislatore autorizza (tra l’altro) l’imprenditore al pagamento di pendenze pregresse, nell’ottica
della continuità, previa scrupolosa verifica del rispetto della finalità risanatoria ed, anzi, della «migliore soddisfazione dei creditori», il vero obiettivo sostanziale a cui mira il riformatore.
Infatti, testualmente l’art. 182 quinquies permette al
debitore «di richiedere al Tribunale (12), nell’ambito della domanda di ammissione a concordato, di
essere autorizzato a pagare crediti anteriori per prestazione di beni o servizi a condizione che un professionista indipendente attesti che gli stessi sono
essenziali per la prosecuzione dell’attività di impresa
e funzionali alla «migliore soddisfazione dei creditori». Parimenti, la normativa racchiusa nell’art. 186
bis (13) (che prevede, all’ultimo comma, anche
ipotesi di revoca quando l’esperimento non palesi
idoneità risanatoria ovvero quando il tribunale
provveda ai sensi dell’art. 173 l.fall. per l’accertata
mancanza dei requisiti che legittimano siffatta procedura (14)) espressamente permette il pagamento
dei creditori concorsuali nell’ottica di conservare
l’attività di impresa, consentendosi anche l’accensione di debiti, se rivolti a questo scopo, assegnando ad essi il regime di prededuzione, quando sia - di
poi - dichiarato il fallimento ovvero nella dinamica
predisposta nell’accordo assunto ai sensi dell’art.
182 bis (disposizione a sfondo negoziale). Ciò sconvolge quella che era una scala di valori nella tacitazione dei debiti dell’impresa in crisi.
Invero, al criterio tradizionale, ispiratore della fattispecie della cd. ‘‘bancarotta preferenziale’’, cioè la
tutela della ‘‘par condicio creditorum’’ si sostituisce
quello della ‘‘continuità di impresa’’, purché siffatta
protrazione sia disposta in vista della migliore soddisfazione dei creditori medesimi (15). Principio che
domina il caso del concordato preventivo con prosecuzione in capo alla medesima impresa senza cessione a terzi dell’attività, ma soltanto previo ‘‘risanamento’’ o ‘‘ristrutturazione’’ dell’organismo in vista
del rientro in bonis. Anzi, a ben vedere, il nuovo testo dell’art. 186 bis assume rilievo pressoché soltanto
in funzione di segnalare questo nuovo principio direttivo, dal momento che la diversa regolamentazione in esso contenuta non diverge da quanto già statuito - quantomeno nell’applicazione giurispruden-
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ziale - dalla formulazione dell’art. 160 l.fall., il cui
portato era già stato volutamente esteso (16).
Nel caso in cui vi sia trasferimento ad altri dell’azienda, ipotesi per la quale l’art. 186 bis comma 3 prevede espressamente la possibilità di cancellare vincoli
reali di garanzia (17), la disciplina penale delle esenzioni dai reati di bancarotta sembra mantenere la sua
vigenza, stando all’‘‘intentio legis’’ ed alla filosofia che
permea l’azione legislativa: l’art. 217 bis, invero, accorda le esenzioni non già in ragione del soggetto
che promuove le operazioni indicate, bensı̀, al risultato conseguito mediante quegli atti. Il referente è,
dunque, di tipo oggettivo e nulla osta a che esso sia
traslato con l’organismo che viene ceduto: a condizione, ben s’’intende, che il cessionario persegua la
medesima logica risanatoria in continuità aziendale.
Note:
(11) Cfr. l’attenta analisi al riguardo di Troyer, La procedura prefallimentare ecc., cit. Esaurientemente si rammenta la posizione
più formale che ricorda la mera connotazione generica del dolo
che deve sorreggere l’autore di condotte di bancarotta (cfr. per
es. Cass., Sez. V, 22 aprile 2004, B., Rv. 228905), contrapposta
a quella, più rigorosa (che chi scrive ritiene più esatta), delle decisioni che suppongono la necessità per cui «il giudice deve dare rigorosa dimostrazione del sufficiente contenuto rappresentativo dell’elemento psicologico, focalizzato sul concreto rischio di
insolvenza, anche se non qualificato da una specifica volontà di
cagionare danno ai creditori dell’imprenditore» (Cass., Sez. V,
27 ottobre 2006, T., Rv. 235766; Cass., Sez. V, 23 marzo 2011,
PG. in proc. B., Rv. 250108).
(12) E non al giudice delegato, cfr. Baldassarre/Pereno, Prime riflessioni, cit., f. 6.
(13) La cui collocazione sistematica è criticata da Baldassarre/
Pereno, Prime riflessioni cit., f. 1 poiché al concordato ‘‘in continuità’’ alludono previsioni che precedono l’art. 186 bis, come
l’art. 182 quinquies; meglio sarebbe stata collocazione prossima
all’art. 161 o inserita nel Capo I.
(14) «Se nel corso di una procedura iniziata ai sensi del presente
articolo l’esercizio dell’attività d’impresa cessa o risulta manifestamente dannoso per i creditori, il tribunale provvede ai sensi
dell’articolo 173. Resta salva la facoltà del debitore di modificare
la proposta di concordato». L’espressa previsione della fattispecie dettata dall’art. 173 raccoglie prassi giudiziali già previgenti,
secondo Vitiello, Brevi, cit., p.5.
(15) Cosı̀ anche M. Arato, Il concordato con continuità aziendale, in Il Fallimentarista, 2012. Vitiello, Brevi (ma scettiche), ecc.,
cit., pag. 4, sostiene che la lesione della ‘‘par condicio’’ fosse
già rinvenibile nella pregressa disciplina, ma non nega che la
nuova previsione impone una tutela per i creditori, discendente
dall’asseverazione del professionista e che sia disposta la valutazione imparziale del Tribunale.
(16) Per es. ammettendo la liceità dei pagamenti in linea generale, in adempimento degli art. 1186 c.c. e 56 l.fall., indicando la
necessità della prova di uno specifico intento di favore nell’atto
solutorio qualificato illecito: tale non è quello suggerito dall’intento di pagare nel tempo (da pare dell’ente risanato) tutti i creditori (cfr. Sez. V, 26 giugno 2009, P., Rv. 244498; Cass.,
Sez. V, 20 maggio 2009 Ud., S., Rv. 244490).
(17) Secondo il medesimo art. 186 bis, il cessionario dell’azienda può giovarsi della continuazione dei contratti richiesta a suo
tempo dal cedente.
Il Fallimento 7/2013
Opinioni
Fallimento
4. L’esenzione dall’azione revocatoria
ed i suoi limiti
Singolare e pragmatica è, indubbiamente, la tecnica
seguita dal legislatore nel comparto penalistico: la
prospettazione di un’‘‘esenzione’’ di responsabilità in
relazione alle fattispecie punitive dettate dall’art.
216, comma 3 e dall’art. 217 l.fall. in ragione di un
ben delimitato novero di situazioni proiettate alla
soluzione della crisi (18):
– di un concordato preventivo (art. 160 ss.) nella
forma tradizionale o in quella di nuovo conio c.d.
‘‘in continuità’’ (art. 186 bis);
– di un accordo di ristrutturazione dei debiti, omologato (art. 182 bis);
– del piano (attestato) di risanamento indicato dalla citata norma (art. 67, comma 3, lett. d) (19).
I casi, cioè, sui quali è intervenuta la riforma della
legge fallimentare e per i quali ha escluso dalla proponibilità dell’azione revocatoria, garantendo cosı̀
alle parti interessate la conservazione degli accordi
assunti prima della procedura fallimentare.
Il quesito che si pone, a questo punto, è se l’‘‘esenzione’’ sia riconoscibile anche per chi proceda per
schemi dissimili da quelli sopra esposti, come nel
caso in cui provveda, nei fatti, alla liquidazione dei
beni con modalità ‘‘atomistiche’’, allo stesso modo
della consueta liquidazione concorsuale: la risposta
è, a parere di chi scrive, negativa (ancorché il tema
fuoriesca dai limiti di questa breve nota).
La successiva domanda, strettamente ‘‘penalistica’’ è
se residui un ambito effettivo per la fattispecie di
preferenzialità nei termini descritti dall’art. 216,
comma 3, l.fall. e per l’ipotesi di bancarotta semplice di cui all’art. 217, comma 1, n. 3.
La risposta suppone qualche precisazione.
Quale deroga alla generale disciplina, l’esenzione di
cui qui si tratta non sembra suscettibile di interpretazione estensiva o analogica, trattandosi di ipotesi
che formalmente decampano dalla regola generale,
ricavabile dal sistema della legge fallimentare (e
dalle leggi speciali) (20).
Al contempo, non può sfuggire che a tanta latitudine di manovra riconosciuta all’imprenditore (individuale o collettivo) in crisi, fa riscontro una forte rigidità di verifica mediante l’opera dell’attestatore, nei
termini del medesimo art. 186 bis. Valutazione affidata a costui (su cui v. infra) non soltanto per impedire la perdita di un frammento di ricchezza, qual è
pur sempre la presenza di un soggetto economico sul
mercato, ma per sovvenire «al miglior soddisfacimento dei creditori». Inciso che impone all’interprete di considerare la ‘‘continuità’’, che innerva i diversi
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piani di risanamento e le difformi modalità a disposizione dell’imprenditore, quale momento strumentale
al maggior interesse della platea dei creditori.
In altre parole:
– la latitudine assegnata all’imprenditore in crisi è
una forma di libertà fortemente condizionata alla
funzione satisfattiva delle pendenze in essere, non
per altri traguardi (quali per es. la ricerca astratta di
un diverso e più appagante oggetto sociale, il sondaggio di nuovi mercati dal volto più proficuamente affidabile, ecc.)
– la programmazione dell’imprenditore in crisi non
è affidata alla sua libera fantasia, ma deve incanalarsi negli schemi ben rigidi (almeno in via astratta)
che qualificano il giudizio dell’attestatore in termini
di rischio, con valutazione di seria probabilità.
Ed, allora, può segnalarsi che il connotato di indebita preferenzialità, capace di integrare i non abrogati art. 216, comma 3, e 217, comma 3, l.fall. può
esser ravvisato, esemplificativamente: nel pagamento o ‘‘soddisfazione’’ (21) di debiti prima della
estinzione di quelli concessi per finanziamenti prededucibili, nell’ottica del nuovo art. 182 bis Invero,
la nuova disciplina esige una qualche garanzia di riNote:
(18) A cui devono aggiungersi anche le non trascurabili modifiche, nel contesto del concordato fallimentare (art. 124 ss.).
(19) L’esenzione, ora formalmente riconosciuta era già sottesa
al previgente sistema, Infatti, la dottrina penale (cfr. Antolisei,
Manuale di diritto penale, cit., 82 ss.; Mangano, Disciplina penale del fallimento, Milano 1993, 70; La Monica, Diritto penale
commerciale, I, Milano 1988, 290; Cocco, La bancarotta preferenziale, Napoli 1987, 160) ha affermato che la «sanzione» per il
creditore favorito, che conosce lo stato d’insolvenza del debitore, è la revocatoria del pagamento. La sanzione per il debitore
fallito che ha preferenzialmente pagato (per il quale la revocatoria non esplica effetto) è costituita dalla sanzione penale. Orbene, la riforma dell’art. 67, comma 3, l.fall. ha disposto una testuale esenzione dall’azione revocatoria rispetto a taluni (espressamente tipicizzati) atti, pagamenti e garanzie effettuati dall’imprenditore che, successivamente, si vedrà sottoposto a procedura concorsuale, atti estromessi, conseguentemente, dalla sfera oggettiva della norma penale, in un contesto in cui l’azione revocatoria rappresenta l’unica tutela apprestata dall’ordinamento
per garantire l’equa soddisfazione dei creditori concorsuali (non
trovando applicazione l’art. 66 l.fall. che si rivolge piuttosto alla
concessione di garanzie, condotta esterna alla lettera dell’art.
216, terzo comma, l.fall., o al pagamento del debito scaduto,
comportamento inquadrabile nell’area della fraudolenza, piuttosto che in quella della preferenzialità).
(20) Cfr. per l’indicazione di siffatti limiti della norma derogatoria
la costante giurisprudenza, da ultimo Cass. civ., sez. trib., 24
febbraio 2012, n. 2824, Rep. Foro it., 2012, Tributi locali [6830],
n. 72.
(21) La ‘‘soddisfazione dei creditori’’ è locuzione propria dell’art.
160, comma 1 e 2, che si riferisce ad una situazione di più ampia portata rispetto al ‘‘pagamento’’, includendo anche altre modalità estintive dell’obbligazione come la datio in solutum, ovvero la conversione a capitale del credito, ecc. Cfr. Arato, Il concordato con continuità aziendale, cit., f. 6.
793
Opinioni
Fallimento
spetto delle posizioni che nuovi soggetti (come i finanziatori dell’impresa in crisi) possano avere considerato nell’operazione finanziaria di indubbio rischio da essi assunta. Ipotesi analoga al caso in cui
vi sia stato accollo liberatorio all’acquirente dell’azienda pertinente all’impresa in crisi.
Nel pagamento o soddisfazione di un creditore nella
fase dell’esecuzione del concordato, al di fuori del
piano: precisato che la normativa è orfana di specifica regolamentazione allo sviluppo successivo all’ammissione del concordato (che dovrà proseguire
in assenza di liquidatore, ma sotto la diretta vigilanza dell’AG. (22)), non vi è dubbio che lo scopo di
risanamento deve essere perseguito in conformità
alle modalità stabilite dal giudice (e precedentemente prefigurate nel piano asseverato), sino all’integrale pagamento dei creditori dedotti dalla procedura: ogni scostamento si traduce in uno sviamento
dall’’’esecuzione del concordato’’, secondo la lettera
che riconosce al debitore le ‘‘esenzioni’’ di cui all’art. 217 bis. Sicché per le esigenze (ovviamente afferenti al perfezionamento del risanamento aziendale) occorrerà un nuovo ricorso per una diversa fisionomia del possibile rinnovato concordato (23).
Nell’assenza dei necessari connotati che debbono
tipicizzare le operazioni indicate dalla norma. In
questo senso non possono qualificarsi esecutorie
(perché inefficaci verso la massa dei creditori) di
un concordato preventivo le operazioni descritte
(in via esemplificativa) dall’art. 167, comma 2, (ed
in ragione di quanto stabilito dall’art. 167, comma
3), compiute senza l’autorizzazione scritta del giudice delegato, eppertanto esse conservano la natura
illecita, ricorrendo i presupposti considerati dagli
art. 216, comma 3, e 217.
I comportamenti di grave imprudenza per ritardare il
fallimento (paradossalmente, quindi, protesi ad una
impossibile continuità di impresa) serbano profilo di
illiceità quando non risultino rapportabili allo scopo
a cui vorrebbero essere diretti ovvero travalichino i
confini della ragionevolezza (24), o quando, infine,
l’agente agisce dolosamente perseguendo un interesse proprio o di terzi estranei all’impresa.
Venendo ai profili formali della previsione, vi è da
domandarsi quale sia la natura delle inconsuete
‘‘esenzioni’’.
Si tratta, a ben vedere e considerata la permanenza
dell’illegittimità delle condotte, ove non calate nelle operazioni segnalate dal legislatore, di una restrizione della portata incriminatrice delle fattispecie
espressamente evocate dalla norma.
Non già, dunque, una esimente (o una causa di non
794
punibilità), bensı̀ una limitazione del portato tipico
del delitto di bancarotta sia preferenziale sia semplice.
Come tale valevole per tutti i partecipi, a vario titolo, concorrenti con il fallito nel perfezionamento
delle operazioni.
Non sembra, invece, assumere interesse effettivo la
lettura della disposizione in guisa formalistica e riduttiva, ritenendo che la lettera della legge escluda
le non evocate ipotesi previste dagli art. 223 e 224
l.fall. per la c.d. ‘‘bancarotta impropria’’, preoccupazione, per il vero, rinvenibile nelle fasi elaborative
del provvedimento.
Se, infatti, la disposizione di cui all’art. 217 bis
l.fall. concorre a descrivere (in negativo) le fattispecie delineate dagli artt. 216, terzo comma e 217
l.fall., è chiaro che il richiamo operato dagli artt.
223 e 224 ai ‘‘fatti’’, seguendone la lettera, di cui ai
menzionati articoli è in sé sufficiente a ritenere precisa e compiuta la previsione, senza necessità di ricorrere ad interpretazione analogica del testo (25).
5. Cenni applicativi dell’art. 217 bis
Per esemplificare, in via di mera ipotesi possono
prefigurarsi le seguenti situazioni per le quali giovano le esenzioni:
– il banchiere, che astrattamente può ritenersi concorrente nel reato (proprio) di bancarotta semplice
ascrivibile all’imprenditore, avendo accordato finanziamenti che artificiosamente tengono in vita
un organismo economico ormai defedato (c.d. ‘‘credito rovinoso’’), non cade nel fuoco dell’incriminazione, grazie all’‘‘esenzione’’ che giova pure all’imprenditore (non sfugge che anche il riformato art.
Note:
(22) Arato, Il concordato con continuità aziendale, cit., f. 11.
(23) Per questa rigidità del sistema Arato, op. cit., 12, segnala la
necessità della redazione ‘‘flessibile’’ del piano di ristrutturazione. Tuttavia l’argomento deve essere correlato con l’art. 186 bis
u.c. che prevede, quale clausola di chiusura «Resta salva la facoltà del debitore di modificare la proposta di concordato», cosı̀
consentendo, chiaramente nei medesimi termini in cui vi è legittimazione per la domanda principale, qualche rettifica, con modalità da coordinarsi con la restante disciplina (per es. l’art. 175
comma 2, che esclude facoltà modificative dopo l’inizio delle
operazioni di voto)
(24) Cfr. in linea generale, per es. Cass. pen., sez. V, 20 marzo
2003, G., rv. 225937.
(25) È opportuno chiarire che, nonostante il rinvio espresso dall’art. 224 all’art. 217, non sembra possibile includere nel richiamo l’ipotesi generale colposa dettata dall’art. 224, n. 2 (hanno
concorso a cagionare o aggravare il dissesto della società con
inosservanza degli obblighi ad essi imposti dalla legge), ancorché la violazione della ‘‘par condicio’’ nei pagamenti possa ritenersi obbligo di derivazione normativa. Gli è che agevole è il ritenere questo caso incluso in uno dei n. 3 o 4 dell’art. 217 e, per
questa via, fatto proprio dal novello art. 217 bis.
Il Fallimento 7/2013
Opinioni
Fallimento
218, comma 1, con l’inciso «anche al di fuori dei
casi di cui agli articoli precedenti» ha fornito un diretto collegamento con le figure della bancarotta
preferenziale e semplice, tale da richiamare direttamente il suo ruolo nel reato fallimentare).
Del pari, per espressa previsione normativa, si «parificano ai crediti pre-deducibili» quelli derivanti
da finanziamenti erogati in ragione dell’ammissione
al concordato preventivo o di omologazione dell’accordo di ristrutturazione dei debiti, alla condizione che la prededuzione sia richiamata e concessa
nel provvedimento del tribunale che accoglie le relative istanze (art. 182 quater, comma 2). Provvedimento che viene interpretato, nella prassi, come discrezionale e non già automatica conseguenza della
natura del credito;
– il professionista che si ristori di compensi vantati
per la redazione delle relazioni di cui all’art. 161
comma 3 o 182 bis, comma 1, l.fall. o delle istanze
a cui allude l’art. 217 bis, alla condizione, però, che
il tribunale accolga l’istanza e che venga disposta
successiva omologa: una modalità per premiare le
relazioni sorrette da ‘‘fattibilità’’, ‘‘veridicità’’ dei dati
(art. 161) o ‘‘attuabilità’’ del prospettato accordo
(con reiezione delle pretese destinate a dilazioni del
‘‘redde rationem’’ ingiustificato).
6. L’art. 236 bis: il professionista
attestatore ed il compito affidatogli.
I tratti soggettivi caratteristici
Anche il varo dell’art. 236 bis in seno alla legge fallimentare discende dall’art. 33, comma 1, lett. l) del
D.L. 22 giugno 2012, n. 83 (G.U. 26 giugno 2012,
n. 147), convertito con modificazioni dalla legge 7
agosto 2012, n. 134 (con vigenza dall’11 settembre
2012, ai sensi dell’art. 33, comma 3, del D.L. citato).
Esso è, cioè, coevo alla complessiva riforma.
Questo il testo:
« Falso in attestazioni e relazioni.
1) Il professionista che nelle relazioni o attestazioni
di cui agli articoli 67, terzo comma, lettera d), 161,
terzo comma, 182-bis, 182-quinquies e 186-bis espone informazioni false ovvero omette di riferire informazioni rilevanti, è punito con la reclusione da due
a cinque anni e con la multa da 50.000 a 100.000
euro.
2) Se il fatto è commesso al fine di conseguire un ingiusto profitto per sé o per altri, la pena è aumentata.
3) Se dal fatto consegue un danno per i creditori la
pena è aumentata fino alla metà».
La disposizione assegna rilievo penale all’infedele
opera del professionista «indipendente designato
Il Fallimento 7/2013
dal debitore», iscritto nel registro dei revisori legali
ed in possesso dei requisiti previsti dall’articolo 28,
lettere a) e b), al quale è affidato il compito di attestare e garantire giudice e creditori sull’affidabilità
delle proposte di soluzioni delle crisi di impresa: un
compito sostanzialmente omogeneo, ancorché nelle
diverse (ed anche fortemente difformi) ipotesi formulate dalla riforma al riguardo. Infatti, alcune
conservano un profilo giudiziale, mentre il «piano
attestato di risanamento» si concreta in una iniziativa privatistica del debitore, con uno svolgimento
esterno al vaglio giudiziale (26): pertanto in esso
Nota:
(26) Secondo la nitida decisione di Cass., Sez. Un., 26 febbraio
2009, n. 24468 (in Cass. Pen., 2009, 4113 e ss. portante l’intera
motivazione) «l’accordo di ristrutturazione ha natura diversa dal
concordato preventivo e gode di una propria autonomia .... Si
colloca in un’area privatistica a sfondo negoziale ed il sopravvenire dell’omologazione non attribuisce connotazione pubblicistica all’accordo, ma determina soltanto l’esenzione dall’azione revocatoria dei pagamenti effettuati in esecuzione dell’accordo
medesimo» (p. 4120): si tratta, dunque, di un rimedio privatistico, frutto di accordo contrattuale (che il legislatore ha anche favorito per un riguardo fiscale). Ovviamente questa soluzione
può succedere all’avvı̀o di un concordato preventivo, qualora esso si commuti in una libera intesa tra i creditori. Sulla natura privatistica del professionista attestatore (e, dunque, sull’assenza
di tratto pubblicistico), in passato ed a proposito del concordato
preventivo, si era indirettamente espressa, quale obiter dictum,
la S.C. (cfr., in una linea consolidata, Sez. I, 4 febbraio 2009, in
questa Rivista, 2009, 789 ed altre), nonché il Trib. Torino, Sez.
IV, 8 marzo 2010, Mazzilli ed altro. Motivazioni sorrette, soprattutto, dal richiamo alla derivazione privatistica e fiduciaria nonché ai requisiti per la nomina, meno esigenti che quelli richiesti
per la nomina a curatore (art. 28 l.fall.) cfr. Alessandri, Profili penalistici delle innovazioni in tema di soluzioni concordate delle
crisi di impresa, in RDPP, 2006, 121, opinione espressa prima
della modifica dell’art. 67 comma 3; Sandrelli, in (a cura di Fauceglia e Panzani), Disciplina penale, in Fallimento ed altre procedure concorsuali, Vol. III, 2009, 1974). Ritenendo che la indubbia
posizione di terzietà verso creditori e tribunale (profilo implicito
secondo Nardecchia, Crisi di impresa, autonomia privata e controllo giurisdizionale, Milano, 2007, 59; profilo indiscutibile secondo Mucciarelli, Stato di crisi, piano attestato, accordi di ristrutturazione, concordato preventivo e fattispecie penali, in Riv.
trim. dir. pen. ec., 2009, 872, debba qualificare questo soggetto,
si è affacciata la possibilità di qualificarlo quale esercente servizio di pubblica necessità, ai sensi dell’art. 359 c.p., tesi che ha
trovato perplessità e critiche da Giunta, Scarcella, Riflessi penali, cit., 1222, ovvero (Antolisei, Manuale, 330 ss.; Bricchetti, Profili penali, in Le nuove procedure concorsuali - Dalla riforma «organica» al decreto «correttivo», a cura di Ambrosini, 650) e, soltanto nel caso che tra i requisiti professionali sia richiesta una
speciale abilitazione dello Stato, ricondurre al medesimo, nel caso di falsità, la fattispecie di cui all’art. 481 c.p. (falsità ideologica
in certificati commessa da privati esercenti servizio di pubblica
necessità). contra Griffey, La disciplina del concordato preventivo e le soluzioni della giurisprudenza in (a cura di Ambrosini), Le
nuove procedure concorsuali - Dalla riforma «organica» al decreto «correttivo», 524 che ravvisa nella qualità pubblica un irrobustimento della funzione certificativa. Altre autorevoli voci vi ravvisavano la qualifica di esercente servizio di pubblica necessità,
ai sensi dell’art. 359 c.p., con la conseguente applicabilità dell’art. 481 c.p.: Gianoglio, Strumenti di soluzione della crisi di impresa, ruolo dell’attestatore e profili penali, in Il fallimentarista,
(segue)
795
Opinioni
Fallimento
l’importanza di questa verifica è sicuramente maggiore per le scelte creditorie, non potendosi giovare
dell’ulteriore controllo pubblico.
Oggetto della mansione asseveratrice è la veridicità
dei dati aziendali e la fattibilità del piano avanzato
dal debitore nella proposta risanatrice. In sostanza un
gatekeeper, presenza sempre più frequente negli equilibri tratteggiati dalle recenti riforme economiche che,
fruendo di competenza specifica e di estraneità al novero gestorio, garantisce funzioni di controllo, verificando l’affidabilità dell’altrui programma (27).
6.1. Il soggetto attivo
Come dianzi accennato, è un soggetto in cui il legislatore ripone grande affidamento, quale garanzia di
serietà e di correttezza della soluzione di risanamento delle crisi di impresa (28).
La figura è qui prevista dal sistema non soltanto per
il rapporto fiduciario che lo lega al cliente, ancorché il legislatore espressamente lo indichi come
proveniente da nomina del debitore, il che lo qualifica definitivamente come operatore privato (29);
ma anche per la sua competenza (dovendo risultare,
oltre che «iscritto nel registro dei revisori legali, in
possesso di titolo per esercitare la professione di avvocato, di dottore commercialista, di ragioniere e di
ragioniere commercialista»), ovvero, lett. b), quale
appartenente a studi professionali associati o società
tra professionisti, sempre che i soci delle stesse abbiano i requisiti professionali menzionati (in tal caso, all’atto dell’accettazione dell’incarico, deve essere designata la persona fisica responsabile della procedura); e, soprattutto, per la sua indipendenza di
giudizio (cosı̀ allineandosi alla più convincente lettura giurisprudenziale di merito, relativamente alla
situazione dedotta dal previgente art. 67, comma 3,
lett. d). Caratteristica imposta per prevenire possibili ipotesi di conflitto di interessi (30). Palese è, al
riguardo, la preoccupazione legislativa: lo stesso legislatore ha voluto rassegnare un’interpretazione autentica del connotato rappresentato dall’«indipendenza professionale: il professionista è indipendente
quando non è legato all’impresa e a coloro che
hanno interesse all’operazione di risanamento da
rapporti di natura personale o professionale tali da
comprometterne l’indipendenza di giudizio; in ogni
caso, il professionista deve essere in possesso dei requisiti previsti dall’articolo 2399 c.c. (cause di ineleggibilità e di decadenza del sindaco nelle società
commerciali)», previsione che, quanto al rapporto
con la società, estende (comma 1 lett. c) la causa
ostativa anche alle società controllate o alle società
796
Note:
(segue nota 26)
17 luglio 2012; Giunta, Revocatoria e concordato preventivo: tutela penale, in Dir. prat. fall., 2006, 1, 34 ss., cosı̀ anche M. Zincani, Il nuovo art. 217 bis l.fall., in questa Rivista, 2001, 524 ss.
(cfr. Lanzi, Il professionista incaricato della relazione per l’ammissione al concordato preventivo non è pubblico ufficiale, in
questa Rivista, 2010, 1440 ss.) Sul dibattito in proposito cfr.
Lanzi, Nuovi reati di false attestazioni da parte del professionista, in Il Fallimentarista, 2012; G. Schiavano, Il professionista
«attestatore» nelle soluzioni concordate delle crisi di impresa: la
sua qualifica penalistica, in Riv. trim. dir. pen. economia, 2010,
271. La dottrina e la giurisprudenza erano propense a negare
detta qualifica (cfr. per tutti, Alessandri, Profili penalistici delle innovazioni in tema di soluzioni concordate delle crisi di impresa,
in Riv. dir. proc. pen., 2006, 121, opinione espressa prima della
modifica dell’art. 67, comma 3; per la giurisprudenza di legittimità Cass., Sez. I, 4 febbraio 2009, n. 2706 in Fallimento, 2009,
789; Cass., Sez. 1, 29 ottobre 2009, n. 22927, in Fallimento,
2010, 822; nella giurisprudenza di merito, Trib. Torino, Sez. IV
penale, 31 marzo 2010, in questa Rivista, 2010, 1439).
(27) Cfr. in tal senso F. Consulich, Il reato di falso in attestazioni
e relazioni, in La riforma del fallimento, in Italia Oggi, n. 20, 15
settembre 2012, 130 ss., che segnala giustamente l’analogia
con la fisionomia del revisore, secondo il D.Lgs. 27 gennaio
2010, n. 39.
(28) Non si tratta di compito ignoto al nostro sistema. Già l’art. 27
del D.Lgs. 8 luglio 1999, n. 270 (amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi) affida al commissario straordinario, in ragione della sua professionalità, la redazione di un programma di
cessione dei complessi aziendali o di ristrutturazione (disciplinando anche il contenuto dell’elaborato), inoltre nel contesto affine al
presente, l’insolvenza rappresentate dalla ‘‘non fallibilità’’ del debitore ‘‘sovraindebitato’’, l’art. 19, comma 2 e 20, commi 2 e 3, della L. 27 gennaio 2012, n. 3 ha già introdotto la figura del soggetto
(componente dell’organismo di composizione della crisi ovvero
professionista), artefice della relazione prevista - mediante il richiamo già effettuato dall’art. 67, comma 3, lett. d l.fall. - dall’art.
2501 bis, quarto comma c.c. (in materia di fusione di società), incaricato di attestare la veridicità dei dati aziendali e la fattibilità del
piano, onere che permette i soggetti interessati di evitare il rischio della revocazione degli atti, dei pagamenti e delle garanzie
concesse su beni del debitore, se posti in essere in esecuzione
di un piano che appaia idoneo a consentire il risanamento della
esposizione debitoria dell’impresa e ad assicurare il riequilibrio
della sua situazione finanziaria. Dunque, un esperto deputato ad
attestare la validità della proposta del piano di ristrutturazione dei
debiti del soggetto inadempiente per ‘‘sovraindebitamento’’. Anch’egli destinatario di sanzione penale, ancorché inferiore a quella
stabilita dall’art. 236 bis (che contempla l’inflizione di pena della
reclusione da 2 a 5 anni, anziché, quella da 1 a 3 anni di reclusione, della norma testé esaminata).
(29) La chiarificazione al proposito non è trascurabile: si richiamano le letture assunte in passato, a proposito dell’analoga funzione propria del concordato, portanti a connotazione, in diversa
guisa, pubblicistica dell’asseveratore. Cfr. retro, n. 25.
(30) Cosı̀ Muciarelli, Il ruolo dell’attestatore e la nuova fattispecie penale del ‘‘falso in attestazioni e relazioni’’, in Il Fallimentarista, Speciale Sviluppo 2012, che richiama l’assonanza con l’art.
228 l.fall.; già in passato l’esimio A. riteneva indubbia posizione
di terzietà verso creditori e tribunale, Mucciarelli, Stato di crisi,
piano attestato, accordi di ristrutturazione, concordato preventivo e fattispecie penali, in Riv. trim. dir. pen. ec., 2009, 872. Cosı̀
anche Nardecchia, Crisi di impresa, autonomia privata e controllo giurisdizionale, Milano, 2007, 59; contra, Scarcella, Riflessi
penali della nuova disciplina di fallimento e procedure concorsuali, in Dir. e pratica società, 2010, suppl. al n. 6, 71; ovvero, infine, con richiamo all’art. 483 c.p., come ritenuto da Trib. Rovereto, 12 gennaio 2012, in questa Rivista, 2012, 834); cfr. al ri(segue)
Il Fallimento 7/2013
Opinioni
Fallimento
che la controllano o a quelle sottoposte a comune
controllo da un rapporto di lavoro o da un rapporto
continuativo di consulenza o di prestazione d’opera
retribuita ovvero da altro rapporto di natura patrimoniale che ne compromettano l’indipendenza).
Queste caratteristiche inducono a sottolineare la
peculiare posizione di garanzia di questo soggetto
verso i terzi, con le connesse specifiche responsabilità nel caso di violazione dei propri doveri.
Ma, sul punto, occorre precisare - con l’occhio rivolto al sistema normativo complessivo - che egli
assume la funzione di garante piuttosto nell’interesse dei terzi che di quello del debitore (suo cliente)
e che, nel caso di conflitto tra i vantaggi di chi ebbe a nominarlo e quelli dei destinatari della sua reazione, egli deve privilegiare questi ultimi.
Con maggiore precisazione e dettaglio, ripartito per
le singole connotazioni pretese dal sistema, giova
osservare:
– il professionista di cui è discorso è persona scelta
ed incaricata dal privato debitore: il suo compito si
svolge, come sopra precisato, nell’alveo di un consueto rapporto professionale. L’esplicito accenno alla ‘‘designazione del debitore’’ (che non esclude il
concorso nella scelta anche di terze persone, come
creditori o consulenti dell’impresa) rappresenta
un’evidente innovazione chiarificatrice portata dal
testo della novella, chiaramente volta a precludere
forzature ermeneutiche dirette a ravvisare in questa
figura un’emanazione pubblicistica ed una correlata
responsabilità penale nei termini delle più severe
previsioni soprattutto in tema di falso, anche perché originariamente il professionista era stato assimilato al curatore (in ragione del generico ed onnicomprensivo richiamo all’art. 28 l.fall., organo dotato ex art. 30 l.fall. di connotazione pubblicistica).
Come si è dianzi osservato, l’attestatore opera all’interno di un rapporto di natura privatistica: già
in passato la S.C., a proposito del professionista di
cui all’art. 161, comma 3, aveva sottolineato (escludendo qualifica pubblicistica) questo suo connotato
privato (31). Ma il già ricordato «decreto correttivo»
(art. 3, comma 3 del D.Lgs. 12 settembre 2007, n.
169) ha, di poi, ristretto - come l’attuale normativa
- il profilo del «professionista» alle condizioni dettate dall’art. 28 lett. a e b (32).
Questo soggetto, per la sua capacità professionale,
dovrà sottoporre a vaglio l’informazione fornita dal
debitore, non bastando sicuramente che l’attestazione
di veridicità si limiti ad un fideistico affidamento al
dato fornito dal debitore anche se il compito assegnato all’esperto non suppone una vera e propria certificazione (33). Tutto ciò non sta a significare che
Il Fallimento 7/2013
l’esperto non possa valersi di indagini già da altri professionisti (per es. i revisori) espletate, purché ne verifichi la serietà ed, in ogni caso per questa ragione,
egli assume un’autonoma responsabilità per i risultati
che esse comportano; la violazione al requisito di indipendenza non è penalmente sanzionato, posto che
il richiamo all’articolo 2399 c.c. e quindi alle cause
d’ineleggibilità e di decadenza dei sindaci, non comporta l’inefficacia dell’attestazione resa dal professionista non indipendente. È, comunque, dato indiscutibile che la carenza di indipendenza - se rapportata
ad una relazione ben determinata (es. rapporto di
stretta amicizia/parentela, cointeressenza all’esito della vicenda concorsuale) - non può essere ininfluente
nella valutazione della penale (ed anche civile) responsabilità dell’attestatore le cui attestazioni non risultino fededegne, risultando sintomo o riscontro sul
piano psicologico dell’infedeltà dei dati resi.
Non esistono prassi formali per la nomina del soggetto attivo, purché essa sia nota all’interno della
procedura concorsuale.
La pluralità dei requisiti necessari rende teorica l’ipotesi di un ‘‘professionista/attestatore di fatto’’: ove lo
si volesse individuare dovrà tenersi presente la traccia che, al proposito, il codice civile ha già elaborato per i soggetti ‘‘societari’’ (34).
Note:
(segue nota 30)
guardo anche Ceccherini, La qualificazione, l’indipendenza e la
terzietà del professionista attestatore negli istituti concorsuali di
gestione della crisi d’impresa e le diverse tipologie di relazioni o
attestazioni, in Dir. fallim., 2011, I, 299.
(31) In tema di indipendenza, rammentando l’arresto penalistico
(Cass., Sez. Un., 26 febbraio 2009, n. 24468) di cui a n. 24, il
giudice di legittimità civilistico, sia pure mediante obiter dictum,
(Cass., Sez. I, 4 febbraio 2009, n. 2706 in questa Rivista, 2009,
789; Cass., Sez. 1, 29 ottobre 2009, n. 22927, ivi, 2010, 822),
ha escluso proprio per questa connotazione privatistica, profili di
incompatibilità con l’eventuale pregressa attività professionale
svolta a favore del debitore, ritenendo di intendere il richiamo
come effettuato al solo fine di individuare le categorie di professionisti (di cui al comma 1) abilitati alla presentazione della relazione e che «il professionista è soltanto un privato che effettua
una prestazione professionale per conto di un imprenditore non
ancora sottoposto ad alcuna procedura concorsuale».
(32) Proprio in forza del tratto saliente di indipendenza e di garanzia era stato opinato che il professionista indicato dall’art.
161 comma 3 l.fall., assumesse la qualifica di pubblico ufficiale,
conclusione carica di riflessi sul piano penalistico per quanto attiene alle fattispecie proprie dell’attestatore mendace (in primis,
art. 479 c.p., falso ideologicomma Al riguardo v. retro quanto annotato a n. 24.
(33) Ciò che maggiormente interessa è, invero, la fedeltà dei dati
quanto all’esistenza del patrimonio aziendale nei termini esposti
dal debitore e l’assenza di perdite che modifichino i presupposti
stabiliti dalle norme per l’accesso agli istituti di risanamento.
(34) Cfr. art. 2639 c.c. nell’art. 2639 c.c. (introdotto dal D.Lgs.
11 aprile 2002, n. 61 ed estensibile anche oltre i formali confini
(segue)
797
Opinioni
Fallimento
Il professionista attestatore può anche essere nominato dal debitore successivamente alla redazione dell’elaborato infedele, non essendovi nella lettera della
legge indicazione di una preordinazione al falso.
La nomina da parte del debitore non prelude, tuttavia, ad un concorso necessario di quest’ultimo nel
reato, essendo sempre doverosa la dimostrazione di
una consapevole condotta decettiva in capo a ciascun autore dell’infedeltà. Anche se, chiaramente
l’ipotesi di concorso nel reato sarà più frequentemente ravvisabile nella forma dell’istigazione ad
opera del debitore, autore della nomina del professionista, sottendendosi - come ragionevolmente è
dato supporre nella logica del ‘‘cui prodest?’’ - un
concerto illecito di quest’ultimo per essere ammesso
alla procedura concorsuale. In tal caso la previsione
dell’art. 236 bis potrà concorrere su quella (del resto
riferibile al solo imprenditore individuale) di cui all’art. 236, comma 1, l.fall.
L’art. 236 bis è reato a soggettività qualificata, c.d.
‘‘proprio’’, che vede il professionista unica figura
espressamente indicata quale artefice dell’infedeltà.
Ciò non esclude che altri possa con costui concorrere nella commissione dell’illecito: si pensi a chi
(consapevole dell’alterazione dal vero) coopera alla
redazione dell’attestazione menzognera.
Soccorre, invece, il paradigma dell’art. 110 c.p. da
coniugarsi con l’art. 236 bis, nel caso di persona
che estenda la relazione, al nome del debitore o di
altro professionista, pur non rivestendo i requisiti
richiesti dall’art. 236 bis: ovviamente la penale responsabilità segue alla compiuta rappresentazione
dell’infedeltà dei ragguagli forniti ai terzi nonché la
dimostrazione di un’intesa con il professionista (che
quale soggetto qualificato concreta il profilo criminoso del fatto).
6.2. La condotta e l’oggetto materiale
La norma in esame configura una fattispecie di mera condotta: per la sua integrazione non è richiesto
alcun danno, né pretende che il destinatario (creditore o giudice) si determini (per es. rilasciando un
consenso ovvero provvedendo con omologa) nel
senso indicato dall’esperto.
La funzione attestativa demandata all’esperto, pur
prevista in difformi fattispecie, si caratterizza per la
comune finalità di consentire affidamento tecnico
alla proposta del debitore in difficoltà.
Il pregiudizio patrimoniale, ove discendente dalla
infedeltà asseverativa, rappresenta una circostanza
aggravante del reato.
Oggetto materiale del reato sono le informazioni (e
798
non i giudizi) necessarie al giudice ed ai creditori
(che sono i naturali referenti dell’attestazione, salvo
per quanto attiene il ‘‘piano attestato di risanamento’’,
nel quale il destinatario dell’attestazione è rappresentato soltanto dai creditori) per valutare l’idoneità del
piano proposto dal debitore per superare la crisi e
provvedere al compiuto adempimento delle proprie
obbligazioni e, più precisamente, alla verifica di veridicità dei dati aziendali esposti dal debitore nel proprio ricorso per l’ammissione alla procedura.
Informazioni, dunque, pertinenti alle componenti
della situazione patrimoniale, finanziaria ed economica (35) dell’impresa debitrice (e di eventuali
coobbligati con essa) al fine di rendere un quadro
esauriente a chi è chiamato a decidere sul ricorso
del debitore, non soltanto in rapporto ad una corretta stima in linea astratta, ma anche in termini di
fattibilità e, cioè, di pratica attuazione.
L’art. 236 bis configura l’incriminazione dei falsi attestativi commessi nel contesto di alcune queste situazioni a cui la disposizione rinvia in guisa formale. In tal senso è una tipica norma sanzionatoria
che rinviene il suo contenuto in altri precetti.
Queste situazioni per le quali l’eventuale infedeltà
dell’attestatore integra il reato in discorso sono agevolmente ricavabili dalla normativa peculiare dettata dalla legge fallimentare, nella sua parte novellata e, cioè, trattasi:
A) del vaglio delle informazioni esposte dal debitore nel compendio dell’azione revocatoria, secondo
quanto disposto dall’art. 67, terzo comma, lett. d.
Al soggetto attestatore è richiesta una relazione che
asseveri un «piano che appaia idoneo a consentire
il risanamento della esposizione debitoria dell’impresa e ad assicurare il riequilibrio della sua situazione finanziaria». Lo scrutinio richiesto al consulente
è di evidente difficoltà, in ragione della delicatezza
della diagnosi, ma sicuramente non connesso ad attività ‘‘divinatorie’’.
Nota:
(segue nota 34)
del reato societario, cfr. per es. Cass., Sez. V, 20 giugno 2012,
n. 39535, A., rv. 253363) che identifica il soggetto ‘‘di fatto’’
mediante l’esercizio di funzioni tipiche (non necessariamente
tutte, cfr. Cass. pen., sez. V, 17 ottobre 2005, C., rv. 232456)
con ‘‘continuità’’ e ‘‘significatività’’, con esclusione di contributi
marginali e del tutto fungibili: a differenza del concorrente nel
reato, egli è destinatario diretto del precetto penale; sul punto
cfr. anche Minniti, La ‘‘nuova’’ responsabilità penale dell’attestatore, in Il fallimentarista, 2012, Speciale decreto sviluppo, 6.
(35) Cfr. sull’identificazione di questi elementi, Mucciarelli, Stato
di crisi, piano attestato, accordi di ristrutturazione, concordato
preventivo e fattispecie penali, in Riv. trim. dir. pen. econ.,
2009, 825 ss.
Il Fallimento 7/2013
Opinioni
Fallimento
L’attestazione deve scrutinare la ragionevolezza delle previsioni effettuate dal debitore, verosimilmente
secondo regole di economia e ragioneria. Eppertanto, sicuramente, nell’accertamento che i dati forniti
ai terzi nel ricorso e nei suoi allegati (per es. l’esattezza degli ammontari e dei connotato delle poste
debitorie, dell’esigibilità delle poste creditorie, della
ragionevole tempistica del recupero di ricchezza
presso terzi, ecc.), nella prospettiva di un ‘‘risanamento’’ (il che significa anche una attestazione su
possibili transazioni, rinunce di terzi, ricavi di liquidazioni parziali o dismissioni di attività, ecc.) In tal
senso la responsabilità di questo professionista può
ritenersi esistente non già per una mendace previsione, ma per una infedele e (consapevolmente) alterata rappresentazione delle premesse da cui si diparte questo giudizio prognostico;
B) dell’attività dedotta dall’art. 161, terzo comma,
la quale si compendia in una relazione che deve attestare la veridicità dei dati aziendali e la fattibilità
del piano di concordato. Il contenuto dell’accertamento è suggerito dalla stessa disposizione dell’art.
236, comma 1, allorquando punisce chi si sia attribuito attività inesistenti o abbia simulato crediti in
tutto o in parte inesistenti.
Anche in questo caso la ‘‘fattibilità’’ non è rimessa
ad un vero vaticinio prognostico, bensı̀ deve desumersi in guisa di riscontro dell’attendibilità del dato
esposto dal debitore (e, dunque, anche dalla sua
contabilità), risultanza che non può essere accolta
acriticamente (36) ma che, proprio per gli scopi
sottesi dall’istituto, postula una valutazione ragionata ed un riscontro anche in termini di ragionevolezza e plausibilità;
C) dell’analisi della proposta ex art. 182 bis circa la
ristrutturazione dei debiti. La norma prevede una relazione del professionista attestatore, al comma 1, la
quale asseveri la ‘‘veridicità dei dati aziendali’’, e che riscontri l’attuabilità dell’accordo stesso, con particolare riferimento alla sua idoneità ad assicurare il regolare pagamento dei creditori estranei (37);
D) la valutazione imposta dall’art. 182 quinquies, preposto a stabilire i crediti assoggettati a prededucibilità in tutte le forme di concordato e negli accordi di
ristrutturazione dei debiti, deduce un accertamento
assai delicato e di natura strettamente finanziaria,
nel senso che «verificato il complessivo fabbisogno
finanziario dell’impresa sino all’omologazione, attesta
che tali finanziamenti (38) sono funzionali ad assicurare la migliore soddisfazione dei creditori». Attestazione che (comma 4), tuttavia, non è necessaria
se i finanziamenti trovino provvista in erogazioni
procurate dal debitore o con obbligo di restituzione
Il Fallimento 7/2013
postergato . Poiché la disciplina si fonda sul mero
dato oggettivo della tipologia dei crediti, l’attestatore
dovrà dar puntuale conto della natura delle pendenze coinvolte nella proposta del debitore;
E) la relazione prevista nel novello ‘‘concordato con
continuità aziendale’’ (art. 186 bis) e, dunque, una relazione del professionista (comma 2, lett. b) proiettata ad attestare che la prosecuzione dell’attività di impresa quale tratteggiata nel piano di concordato, sia
‘‘funzionale al miglior soddisfacimento dei creditori’’.
Cioè, a segnalare la possibilità di trasformare (in continuità) la crisi dell’impresa in una situazione di raggiunto equilibrio. Il che comporta, preliminarmente,
l’esclusione del riscontro di una presente ed irredimibile insolvenza. Valutazione che in sé difficilmente
può ascriversi alla nozione penalistica di falso, nella
misura in cui è proiettata ad epoca futura, ma che
agevolmente può ricondursi all’art. 236 bis quando si
consideri che l’attestatore deve accertare se le premesse in fatto siano veridiche (onde consentire, secondo i criteri della scienza commerciale e ragionieristica, un giudizio prognostico corretto e ragionevole).
Nella gran parte di queste verifiche l’analisi presuppone un esame sulla situazione offerta dal debitore:
il mendacio informativo può annidarsi in questa disamina (eppertanto in tutta l’articolazione, patrimoniale, economica e finanziaria, ivi comprese le
economie di eventuali soggetti coinvolti nel salvataggio).
Si ribadisce che, invece, non attiene alla opinabilità dei giudizi, ancorché essi risultino manifestamente infondati.
La condotta vietata si riferisce non soltanto alla
complessiva valutazione resa, bensı̀ anche alle singole componenti che l’hanno sorretta e, dunque, alle
Note:
(36) Donde è sicuramente debole l’eventuale asserto giustificativo dell’attestatore di essersi fiduciosamente rimesso alla parola del debitore interessato, senza un richiamo a qualche più convincente ed oggettiva situazione che possa rendere giustificazione all’accertata falsità (non interessa qui l’errore incolpevole).
L’eccessivo affidamento alla proposta configura, però, una condotta di imperizia/imprudenza, rilevante per la responsabilità civile, non ancora per quella penale.
(37) Non pertiene al novero in esame la dichiarazione, avente valore di ‘‘autocertificazione’’ e, quindi, esente dal successivo controllo dell’esperto. Essa è ausilio efficace proprio in ragione del divieto di iniziare o proseguire le azioni cautelari o esecutive verso il
debitore. Pertanto, la dichiarazione tende ad accertare se la proposta di accordo sia idonea ad assicurare l’integrale pagamento
dei creditori con cui non sono in corso trattative o che hanno negato la propria disponibilità a trattare la soluzione pattizia.
(38) Da intendersi in senso restrittivo, quali contratti apportatori
di nuova finanza, come convenzioni di mutuo, di apertura di credito, di scontro, ecc.
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Opinioni
Fallimento
informazioni acquisite presso il debitore in esecuzione del mandato professionale da questi conferitogli.
Non solo: per quanto sarà subito oltre osservato, egli
è responsabile per l’omessa acquisizione di informazioni rilevanti e necessarie allo svolgimento del compito, ovvero per il silenzio su notizie acquisite o, comunque, a lui note. Dati che, nella loro oggettività
sono necessari al terzo per raggiungere una corretta
percezione dell’idoneità del piano proposto.
La norma non tipicizza ulteriormente le caratteristiche delle notizie costitutive di reato.
Non vi è ragione di escludere la prensione punitiva
per tutte le volte in cui il professionista renda la
sua prestazione infedele mediante una diversa denominazione dell’atto o con richiamo improprio alla
procedura a cui esso debba riferirsi: non interessa al
legislatore il dato formale con cui possa inquadrarsi
l’attestazione, purché essa sia idonea a sorreggere la
funzione a cui il debitore la destina (e purché l’esperto sia consapevole della finalità a cui il suo operato illecito viene destinato).
Il documento che racchiude quest’attività attestativa
è una scrittura privata, provenendo da soggetto privato, anche qualora sia destinato ad una procedura
concorsuale coinvolgente una pluralità di persone (il
concordato preventivo coinvolge non solo il ceto
chirografario ma, nei limiti delle attestazioni operate
ex art. 160 l.fall., anche quello privilegiato).
In altri termini la fattispecie contempla un falso
ideologico incidente su scrittura privata, forma indubbiamente eccezionale per la conseguenza di potenziale rilevanza penale.
L’elaborato dovrà - verosimilmente - essere redatto
mediante la tecnica ragionieristica suggerita dal codice civile, ovvero, sulla base di criteri derogatori,
purché espressamente segnalati, al fine di permettere una corretta lettura dello svolgimento argomentativo del giudizio reso.
Imbarazzante è la risposta al delicato quesito se l’attestatore abbia obbligo di evidenziare anche condotte
illecite, foriere di responsabilità (penale o civile) di
esponenti societari o del medesimo debitore che lo
ha incaricato. L’attestatore non essendo, per quanto
dianzi osservato, pubblico ufficiale non è passibile di
repressione penale per omessa denuncia dell’illecito
penale (art. 361 c.p.), tuttavia, egli è penalmente responsabile per le omissioni nel suo dovere di asseverazione proprio ai sensi dell’art. 236 bis. Pertanto,
ove egli accetti l’incarico del privato che gli ha commissionato proprio questo controllo (e, ove lo abbia
anche informato dell’eventuale rischio di conseguenze penalistiche), non vi è ragione per escludere il dovere di lealtà informativa anche al riguardo.
800
Chiaramente l’insuccesso del piano proposto non
significa una responsabilità dell’attestatore ai sensi
della citata fattispecie penale, nemanco in termini
di erronea prognosi di fattibilità. Può ricorrere una
censura di negligenza o di imperizia, connotati che
concretano una colpa e che, nel ricorrere di un pregiudizio economico, possono determinare una responsabilità civile (sia contrattuale sia extra-contrattuale),. Non certamente per il riguardo penale,
poiché la disposizione dell’art. 236 bis suppone la
volontarietà consapevole.
6.3. I rapporti della fattispecie
con la bancarotta
Non sfugge che l’informazione resa dal professionista attestatore può venire a coincidere con la rappresentazione analoga a quella fornita dal bilancio
societario.
Conseguentemente potrebbe ritenersi evocata nella
situazione la fattispecie di bancarotta fraudolenta cd.
‘‘societaria’’ di cui all’art. 223, comma 2, n. 1, l.fall.
Siffatta conclusione non può essere accolta.
In primo luogo perché l’estensione dell’art. 223 al
concordato preventivo è consentita soltanto dall’art. 236, norma che richiede la già avvenuta ammissione alla procedura speciale; inoltre, perché il
soggetto attivo non ha i requisiti previsti dalla norma penal/fallimentare (e, per questa medesima ragione, non è ravvisabile il fatto di cui all’art. 2621/
2622 c.c., notoriamente a soggettività qualificata).
Mentre per gli evidenti connotati di specialità (sottolineati dalla puntigliosa elencazione delle ipotesi
incriminatrici a cui riferirsi, che rigidamente e tassativamente segnano l’area di rilevanza penale),
l’art. 236 bis prevale sulla eventuale concorrenza di
altre fattispecie penali aventi per oggetto l’infedeltà
di stima sul patrimonio societario.
6.4. La condotta: il fatto commissivo
e l’omissione rilevante. L’identificazione
del falso penalmente rilevante
e l’asseverazione delle valutazioni
La condotta illecita è prevista nella forma commissiva ed in quella omissiva.
Il rilievo penale di siffatte informazioni discende,
secondo l’accenno letterale del legislatore, dalla loro ‘‘falsità’’, per il caso di condotta commissiva, ovvero, di ‘‘rilevanza’’ nel caso della loro omissione.
Per la condotta commissiva del reato non sorgono
soverchie difficoltà, essendo sufficiente per accertare
la penale responsabilità, per il riguardo oggettivo, la
discrası̀a corrente tra il dato reale e quello illustrato.
Il Fallimento 7/2013
Opinioni
Fallimento
La «fattibilità» - informazione già prevista dall’art.
161, comma 3 - seppur non esclusa dalla lettera
della novella, propone qualche difficoltà nell’inquadramento nel falso di rilievo penale, illecito che ha
per paradigma il dato attuale e non prognostico.
Pertanto, l’incidenza penale si palesa apprezzabile
nella misura in cui essa si diparta da dati attuali infedeli, con esclusione di ogni giudizio radicato soltanto in un momento futuro (39).
Nel novero delle condotte penalmente rilevanti
rientrano certamente le valutazioni espresse dall’esperto a proposito della situazione che è chiamato
ad asseverare. Anche in questo caso la natura della
ritenuta ‘‘falsità’’ riesce di non facile definizione,
non ancorandosi il giudizio a dati obiettivi. Ma - richiamando l’elaborazione di dottrina e giurisprudenza maturata nel contesto del reato di false comunicazioni sociali, qui agevolmente trasponibile può correttamente affermarsi l’inutilità della ricerca
di un referente assoluto, quando piuttosto primaria
è la ricerca dei parametri stabiliti dal legislatore per
l’espressione dei dati valutativi di un’impresa (c.d.
‘‘vero legale’’). L’infedeltà si misura, pertanto, sullo
scostamento dalla ragionevole lettura di quei referenti normativi. Soccorre, conseguentemente, nello
scrutinio della condotta dell’attestatore anche l’ulteriore parametro della ‘‘ragionevolezza’’, nel senso
che oltre un certo spazio di opinabilità la valutazione risulta obiettivamente infedele (40).
Ed, allora, al proposito sovvengono quali indispensabili referenti per il professionista gli art. 2423 ss.
del codice civile disposizioni che postulano, laddove sia necessario (per maggiore fedeltà al quadro da
rassegnare ai terzi) giustificare lo scostamento la formulazione delle necessarie informazioni complementari (cfr. art. 2423, comma 3): in sostanza l’attestazione deve adeguarsi alla corrispondenza ai criteri di legge, anche prescindendo da dati direttamente realistici (cfr. la stima delle partecipazioni
azionarie che deve essere effettuata secondo il criterio del costo storico delle azioni, anziché secondo
quello dell’andamento delle quotazioni in borsa,
stabilito dall’art. 2425, n. 4, c.c.).
Per la condotta omissiva la norma pretende che
l’informazione mancante sia ‘‘rilevante’’ (qualificazione che non si appunta soltanto sul dato quantitativo, ma anche sull’importanza della notizia in
funzione della domanda proposta con ricorso dal
debitore). È, indubbiamente, tale tutto ciò che direttamente porta ad assentire alla domanda del ricorrente.
O, se si vuole, quella notizia che, se conosciuta,
porterebbe alla revoca del concordato, secondo gli
Il Fallimento 7/2013
indici enumerati dall’art. 173 l.fall. Infatti, la condotta omissiva si modella sul dovere informativo
che, pur imposto dalla norma, non viene rispettato
dall’attestatore.
Può essere utile segnalare che qui il legislatore,
usando l’inciso ‘‘omette di riferire’’, si è allineato alla
formula utilizzata per il reato di false comunicazioni
sociali (‘‘omettono informazioni la cui comunicazione è
imposta dalla legge’’), cosı̀ ha abbandonato il (forse
più ragionevole e più agevolmente accertabile) pregresso comportamento di ‘‘nascondere’’ previsto dall’abrogato art. 2621, n. 1, c.c. (e foriero di un’azione, non già della mera assenza della stessa), evidentemente ricercando l’obbligo informativo non già
nella previsione astratta rappresentata dalla tipologia di prescrizione, ma nella concreta finalità a cui
mira l’attestazione. Pertanto, nell’area di quelle notizie che, qualora fossero state segnalate, avrebbero
portato il terzo ad un giudizio difforme.
Invero, nel falso ideologico per omissione l’unico
criterio di rilevanza plausibile è quello dello scopo
dell’atto comunicativo (per es. l’art. 479 c.p. precisa
l’area della sensibilità penalistica soltanto in quei
fatti dei quali l’atto è destinato a provare la verità).
Cosı̀ può non essere vero che l’informazione omessa
debba soltanto ritenersi fonte di incompletezza,
non già di falsità. Infatti, l’omissione di informazione può apprezzarsi anche nei casi di silenzio ricadente su momenti che sono ostativi all’accoglimento della soluzione concordataria, sı̀ che la mancata
segnalazione dello stesso implicitamente porta a ritenere l’assenza del fatto impeditivo all’accoglimento della domanda del ricorrente.
Certamente, poi, l’utilità della notizia omessa sempre nella menzionata finalità a cui mira la comunicazione - consente di qualificare la rilevanza
della medesima, ma con criterio - si ribadisce - non
generalizzabile, bensı̀ rivolto al caso concreto (per
es. l’errore sul nominativo dei singoli creditori può
ritenersi indifferente, se esso non coinvolge cause
di prelazione, situazioni di prescrizione; ancora:
l’entità quantitativa del dato contabile omesso assume indubbio rilievo cosı̀ come la pretesa creditoria
già ‘‘azionata’’ giudizialmente, ecc.).
Note:
(39) Tutto ciò per tacere del fatto che la valutazione prognostica
dell’esperto deve necessariamente inserirsi anche nello sviluppo dell’economia esterna all’impresa, ambito soggetto a variabili
sovente imponderabili e sfuggenti ad ogni analisi scientifica.
(40) Cfr. al riguardo la risalente, ma lucida, Cass., Sez. V, 4 maggio 1976, H., Rv. 134843.
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