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Cassazione - Euroconference
Cassazione penale, sentenza n.14029 del 25 marzo 2013
Fatto e diritto
La Procura della Repubblica preso il tribunale di Modena ha presentato ricorso avverso la
sentenza 25.1.2011 emessa in sede di giudizio abbreviato dal Gup del medesimo tribunale, con la
quale B.S. è stata assolta, ex art. 530 cpv c.p.p., dal reato di bancarotta preferenziale, perché il
fatto non costituisce reato, e perché il fatto non sussiste, dal reato di bancarotta per distrazione.
La B. è stata accusata del reato ex artt. 110 c.p., artt. 216, 223, 219 co. 2 n. 1 L. Fall., perché in
concorso con C.F. e G.A. (giudicati separatamente), nelle rispettive qualità di amministratori (B.,
socia con quote pari al 30% del capitale, amministratore unico dal 6.8.03 all'1.2.07, presidente del
CdA da questa data al 7.10.08, data della messa in liquidazione) e gli altri due di soci e consiglieri
liquidatori della società P. s.r.l., dichiarata fallita il 7.4.09, distraeva beni della società, per un
importo di euro 235.576 (come da inventario del 31.12.07) e deliberava, prima dell'inizio della
procedura fallimentare, il pagamento, in favore proprio e degli altri concorrenti, di euro 62.268,
quale compensi per l'attività di amministratori, svolta nel corso dell'esercizio del 2007, concluso
con una perdita di euro 116.436, tale da azzerare il capitale sociale.
Secondo il ricorrente, il Gup, a fronte delle duplice qualità della B. (di socio e di amministratore), in
relazione al delitto di bancarotta preferenziale, ha disconosciuto il dolo specifico nella condotta
dell'imputata, valorizzando l'impegno finanziario, con sua personale esposizione bancaria, e
considerandolo incompatibile con la violazione della par condicio creditorum, nel momento in cui
ha deliberato il pagamento di un ristretto novero di creditori (identificati negli amministratori). In tal
modo il giudice è incorso in un errore di diritto, laddove ha confuso i due piani in cui va posta
questa duplice qualità: la corretta gestione di qualsiasi compagine societaria impone di separare
nettamente la restituzione dei finanziamenti ai soci e la retribuzione degli amministratori, da
considerare creditori dei compensi per l'attività svolta. La scelta di pagare questi ultimi ha violato le
legittime aspettative degli altri creditori.
Quanto al reato di bancarotta per distrazione, il ricorrente rileva il vizio di motivazione per
travisamento della prova, anche quale sottovalutazione di prove evidenti della colpevolezza
dell'imputata. La sentenza esclude il nesso causale tra il dissesto della società e la non
corrispondenza al vero del bilancio relativa alle rimanenze di magazzino, contestualmente elidendo
qualsiasi relazione eziologica tra il dissesto e l'erogazione dei compensi agli amministratori. Posto
che non è stato contestato il reato di bancarotta impropria ex art. 223 co. 2 n. 1 L. Fall. (previsto
per gli amministratori che abbiano cagionato il dissesto, con i fatti ex art. 216), è incongruo e
immotivato il riferimento, ripreso dalla consulenza tecnica della difesa.
Inoltre il giudice - recependo acriticamente le risultanze della consulenza contabile di parte e le
dichiarazioni dell'imputata - dà rilevanza al modesto valore dei beni e al deterioramento della
merce, causato dal trasloco da [Omissis] a [Omissis].
In tal modo la motivazione difetta di coerenza logica nell'attribuire e nel negare valenza
dimostrativa ai diversi elementi di prova, in sé stessi e nel loro reciproco collegamento, in quanto è
risultato che
a) la consulenza contabile di parte non prova l'inesistenza di rimanenze di magazzino, ma il
ridimensionamento del loro valore;
b) il curatore non ha trovato traccia di questo rimanenze;
c) gli amministratori hanno giustificato, con documenti di trasporto e con bolle di smaltimento,
questa assenza, addebitandolo al depauperamento del valore, causato dal trasloco, e allo
smaltimento dei beni deteriorati;
d) di queste bolle di smaltimento, all'esito di indagini della polizia giudiziaria, è stata accettata,
sotto più profili, la falsità.
Il difensore della B., il 21.11.2012, ha depositato memoria, in cui ha rilevato l'infondatezza delle
argomentazioni del P.M., in relazione all'elemento psicologico della bancarotta preferenziale,
essendo stato giustificato il pagamento dei compensi degli amministratori dalla strategia di
alleggerire la pressione dei creditori, tra cui vi erano gli amministratori; in relazione alla sussistenza
del reato di bancarotta fraudolenta per distrazione, essendo le questioni sollevate dal ricorrente
inammissibili, perché funzionali a sollecitare una rivalutazione delle circostanze fattuali su cui il
giudice ha fondato il proprio convincimento; comunque non risulta provata la disponibilità dei beni
del magazzino, di cui è stata contestata la distrazione, rendendo così giustificata l'assoluzione per
insussistenza del fatto. Il tema della falsità delle bolle di smaltimento non rileva ai fini della
configurabilità dell'illecito contestato, posto che l'asserita falsità sarebbe compatibile con la tesi
difensiva della insussistenza di beni di valore e quantità pari al dato di bilancio; lo smaltimento
delle rimanenze non è stato curato dall'imputata.
Il ricorso merita accoglimento.
Quanto al reato di bancarotta preferenziale, risulta che, in stato di insolvenza della società, la B. ha
partecipato ad una delibera in proprio favore, diretta a soddisfare il credito vantato verso l'impresa
da lei amministrata, violando però le legittime aspettative degli altri creditori. Questa delibera,
quindi, pur caratterizzata da legittimità formale, sul piano del rapporto civilistico tra impresa e
amministratori, presenta una rilevanza penale, a fronte della doverosa tutela della par condicio
creditorum, la quale impone all'amministratore, nella presente fattispecie, il percorso dell'insinuarsi
nel passivo, riservando agli organi fallimentari la valutazione sulla sussistenza del credito e sul
quantum della sua soddisfazione.
Quanto al delitto di bancarotta fraudolenta per distrazione, è parimenti fondata la censura
formulata dal ricorrente, in ordine al proscioglimento per insussistenza del fatto. La censura
correttamente riguarda la motivazione in relazione al travisamento del decisivo materiale
probatorio, acquisito al processo, in ordine all'accertamento dell'elemento fondamentale:
l'esistenza della merce costituente il magazzino, stimato, in sede di inventario al 31.12.2007, in
euro 235.576,50, e la rilevanza della sua dissoluzione, economica e materiale, a seguito di suo
trasloco e di suo smaltimento. Va rilevato che appare corrispondente a una razionale valutazione
delle risultanze processuali la censura dedotta, circa l'esistenza di una palese difformità trai
risultati obiettivamente derivanti dall'assunzione delle prove e quelli che il giudice di merito ne
abbia tratto.
È infatti risultato che:
a) il curatore non ha trovato traccia alcuna del magazzino;
b) il dato fattuale del depauperamento del florido magazzino è dimostrato dalle sole dichiarazioni
degli interessati;
c) lo smaltimento, rappresentato dalle bolle prodotte, in cui sono dettagliatamente descritti i beni,
non risulta effettuabile e quindi non risulta effettuato presso la struttura indicata nella predetta
documentazione.
Posto che, in tema di bancarotta per distrazione, il mancato rinvenimento, all'atto della
dichiarazione di fallimento, di beni o valori societari costituisce valida presunzione della loro dolosa
distrazione; posto che manca una convincente giustificazione sul graduale dissolvimento lecito del
magazzino, realizzato attraverso il percorso depauperamento/smaltimento, narrato dagli
interessati, va ritenuta sussistente l'ipotesi della nullità della sentenza impugnata, per vizio di
motivazione da travisamento del materiale probatorio.
La sentenza del Gip del tribunale di Modena va annullato con rinvio per nuovo esame.
P.Q.M.
Annulla l'impugnata sentenza con rinvio al Gip del tribunale di Modena per nuovo esame.
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