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Il mondo delle Favole - Fondazione Culturale Hermann Geiger

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Il mondo delle Favole - Fondazione Culturale Hermann Geiger
a cura di
Vittorio Riguzzi
il mondo
favole
delle
un viaggio attraverso il tempo
Catalogo realizzato in occasione della mostra
“Il mondo delle favole”
Fondazione Culturale Hermann Geiger
Sala delle Esposizioni - Corso Matteotti 47, Cecina (LI)
12 dicembre 2009 - 7 febbraio 2010
Catalogo e testi a cura di Vittorio Riguzzi
Illustrazioni di Valentina Grassini - Andrea Carciola
Impaginazione e graphic design: Studio Kiro
In copertina: “Se passeggi nel bosco potresti incontrare il Lupo!” Acrilico e gesso su tela - Valentina Grassini
Indice
Introduzione.................................................... 5
II parte/ Leggere
I parte/ Ascoltare
La fiabe
La trascrizione della fiaba.............................. 31
Miti e leggende
Le caratteristiche della fiaba popolare........... 32
I miti e le leggende: le radici delle fiabe........... 9
Le figure della fiaba....................................... 33
La funzione dei miti e delle leggende............. 10
I simboli........................................................ 36
Il racconto di Ulisse e la sua odissea............. 13
Il linguaggio delle fiabe.................................. 37
Il mito di Narciso........................................... 14
La teoria di Propp......................................... 39
Il mito di Eros e Psiche.................................. 17
Cenerentola e la leggenda di Rodopi............ 40
La favole
Le favole e la saggezza popolare.................. 18
La cicala e le formiche.................................. 20
La lepre e la tartaruga................................... 22
La rana e il bue............................................. 24
L’apologo di Menemio Agrippa..................... 26
Gli autori....................................................... 28
La Bella e la Bestia
e il mito di Eros e Psiche............................... 42
Cappuccetto Rosso e l’antica Grecia............ 44
Gli autori....................................................... 45
III parte/ Guardare
Immagini in movimento
La rivoluzione del cartone animato................ 49
Il mondo di Walt Disney................................ 50
L’animazione digitale:
l’epoca Dreamworks e Pixar......................... 52
Dalla calzamaglia azzurra all’orco verde........ 53
I film-fiaba ovvero il cinema fantasy............... 54
3
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Introduzione
Anche se sussistono notevoli differenze fra i concetti di mito, leggenda, favola, fiaba,
il termine favola, scelto per il titolo di questo quaderno, è quello genericamente inteso
per indicare una forma di racconto popolare di fantasia, un genere affidato per secoli
alla tradizione orale e, solo successivamente, reso disponibile al grande pubblico in
forma scritta, a iniziare dalle prime pubblicazioni nei caratteri di stampa.
Nel Novecento la favola ha ulteriormente subito gli effetti del progresso tecnologico,
diventando un racconto per immagini in movimento che sono i moderni cartoni
animati e i più attuali film di animazione. Se in gran parte i contenuti – la tipologia dei
personaggi, le trame, i temi – sono rimasti invariati nei secoli, il modo di raccontare
una storia è cambiato adattandosi al mezzo (la viva voce del narratore, poi il libro,
quindi la pellicola, il dvd, ecc) con cui essa viene trasmessa alla gente.
Così, assistiamo nel tempo non solo ad una trasformazione delle psicologie dei
personaggi, dei valori che rappresentano e della morale di fondo a seconda dell’epoca
e della cultura in cui le vicende sono narrate, ma anche ad un diverso impatto sulla
fantasia del fruitore, in relazione ai sensi della percezione che vengono coinvolti dal
metodo e dalla tecnica della narrazione stessa.
Per questo motivo, si è voluto suddividere questo viaggio attraverso il tempo in tre
grandi momenti: la favola ascoltata, la favola letta e la favola guardata.
C’è un curioso e quasi ontologico parallelismo tra qualunque storia raccontata e
la vita umana, prima ancora dei soggetti stessi che la abitano, dovuto al fatto che,
sia l’una che l’altra, si svolgono nel tempo. Il tempo dell’esistenza individuale, che
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s’intreccia direttamente e indirettamente con quelle di chissà quanti altri esseri animati,
è un terreno di esperienza in cui gli eventi, le azioni, gli incontri, le responsabilità
prese o subite, i frutti del caso trovano sempre un corrispettivo nella fantasia di chi
inventa una storia. Le favole, e i generi letterari ad esse prossimi, raccolgono in più
l’esperienza interiore, psicologica e persino pseudo-religiosa: la paura e la speranza,
l’idea della fortuna e del destino, il senso del magico e del misterioso che tutti insieme
adombrano e rischiarano il cammino umano.
Dato lo sterminato materiale illustrativo e iconografico a disposizione, per la mostra Il
mondo delle favole, come per questo catalogo che ne è una piccola testimonianza,
si è dovuta operare una “crudele” selezione di alcune grandi storie, tra i miti più
conosciuti e le favole più note della tradizione, fino a qualche succinto esempio di
personaggi dei film di animazione.
Ma ciò che più importa, per tutti coloro che ci hanno lavorato – e ci auguriamo sia lo
stesso per i visitatori e i lettori di queste pagine – è l’occasione di far rivivere dentro
di sé l’incantesimo di un mondo duro ma propizio, di tanti sentieri irti di difficoltà ma
ricchi di sapore e di sentimenti veri.
È facile dire, come spesso accade, che la vita di quel tale è stata “una favola” pensando
solo alla gioia e alla bellezza, e dimenticando invece che in tutte le favole ci sono i
pericoli del bosco, le ombre, le privazioni, le prove da superare. Ma proprio questa è
la parte più affascinante: l’opportunità di imparare costantemente. E alla fine, come
nel finale della storia, capire che la vita, fra i suoi alti e bassi, è sempre degna di essere
vissuta.
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Ascoltare
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Miti e leggende
I miti e le leggende: le radici delle fiabe
ll termine mito deriva dal greco mythos che significa “parola”, “discorso”, “racconto”.
Si tratta di un racconto fantastico in cui i Greci, come molti altri popoli dell’antichità,
custodivano il patrimonio culturale necessario a dare risposta alle domande fondamentali della vita e offrire una guida per i comportamenti pratici. Il mito ha la funzione di fornire una spiegazione ai fenomeni della natura non ancora indagati dalla
scienza, e in generale quegli arcani della realtà che non hanno ancora una risposta
razionale; rappresenta inoltre una garanzia della validità del sapere sui si fonda il patrimonio sociale, intellettuale e morale di una cultura; esso proietta in un passato più
o meno lontano le esigenze psicologiche di una società, inserendole in un contesto
sacrale che ne costituisce la legittimazione. Prodotto di una mentalità arcaica, il mito
è spesso dominato dal pensiero magico: le cose, gli animali, i fenomeni della natura
vi appaiono animati ed umanizzati e tutte le metamorfosi sono possibili. I temi che il
mito può trattare sono estremamente vari: la nascita degli eroi, le vicende degli dei,
la creazione o la formazione del mondo e dell’uomo, l’origine della realtà naturale o
fisiologica (per esempio, il vento, il fuoco, la morte) o culturale (la caccia, l’agricoltura)
o di particolari divieti sociali.
Il mito si distingue dalla favola non per i contenuti, ma per il diverso atteggiamento
della società nei suoi confronti: si ha una favola quando un racconto è presentato
9
come opera di pura fantasia, un mito quando esso assume un carattere sacrale e
richiede un’adesione di fede.
La leggenda è un tipo di racconto molto antico, come il mito e la fiaba, e fa parte
dell’eredità culturale di tutti i popoli, appartiene alla tradizione orale e nella narrazione
mescola il reale al meraviglioso. La parola deriva dal latino legenda che significa “cose
che devono essere lette”, o “degne di essere lette”.
Il concetto abbraccia per estensione tutti quei racconti, favole comprese, che per
secoli si sono tramandati mediante la tradizione orale e non scritta o, se scritta, non
divulgata attraverso i libri. Per questo motivo si può parlare genericamente di favola
ascoltata, poiché si tratta di un tipo di sapienza popolare da cui era possibile attingere prevalentemente attraverso l’ascolto e la presenza viva di un narratore.
Col tempo, i miti, le leggende, le parabole e le forme di narrazione fantasiosa e didattica si sono trasformate, ad un livello popolare e non religioso, nelle molte fiabe della
tradizione giunte fino a noi.
La funzione dei miti e delle leggende
La funzione dei miti e delle leggende è quella in primo luogo di mettere ordine alla
realtà. Di fronte all’uomo ancora ignaro delle leggi e delle cause che presiedono la
natura, la vita, la storia il mondo appare caotico e privo di un senso razionale. Ecco
che allora la descrizione del mondo attraverso un racconto dà un volto all’ignoto e
indica la via per affrontare i pericoli e i misteri più grandi.
Questo evento si ripete ancora ai giorni nostri quando un bambino ci pone domande
la cui risposta supera la sua capacità di comprensione. Oggi, come allora, per comunicare messaggi di grande importanza per la vita ma difficili da comprendere,
si usano le fiabe il cui fine ultimo è di far giungere l’ascoltatore al significato profondo delle cose in forma inconscia, attraverso l’emozione. I miti, le parabole, le fiabe
hanno dunque il compito di dischiudere all’ascoltatore il mondo dei principi mediante
l’impiego dell’immaginazione e il coinvolgimento emotivo.
10
Perché il meccanismo inconscio della immedesimazione dell’ascoltatore nei personaggi del mito si realizzi, è necessario che questi abbiano in comune con la maggior
parte delle persone i medesimi pregi ma anche i difetti, i vizi, i limiti propri della natura
umana, e mostrino come sia possibile superarli facendo appello alle risorse individuali. Ecco perché nel pantheon del mondo antico gli dèi assomigliano tutt’altro
che a divinità, sia nella psicologia che nei comportamenti, e sono soggetti alle stesse
passioni furenti degli uomini, agli stessi errori fatali.
È solo con la nascita della filosofia che s’incomincerà a spiegare logicamente il mondo, anziché semplicemente raccontarlo. Tuttavia, il modo in cui alla mente umana si
offrono significati attraverso il senso del magico, del sacro, del mistero va al di là delle
verità della ragione.
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Il racconto
di Ulisse e la
sua odissea
Ulisse è un eroe dell’Antica Grecia le cui gesta
sono narrate dal poeta Omero. Dopo la vittoria
contro la città di Troia, Ulisse è costretto dal fato
e dal volere degli dei ad un lungo peregrinare che
lo vede lontano dalla sua città, Itaca, e dalla sua
famiglia per venti anni. Durante il periglioso viaggio
per le acque del Mediterraneo, Ulisse si trova a dover superare innumerevoli prove,
in ciascuna delle quali può leggersi un significato simbolico riconducibile ad un unico fine: la conoscenza di sé. Il conosci te stesso è un adagio di carattere morale e
psicologico che fa da sfondo a tutta la cultura ellenica. In un certo senso, dunque, le
prove affrontate da Ulisse sono altrettante tentazioni - che incorrono nella vita di ogni
uomo - a derogare al compito esistenziale di conoscere se stessi. Solo superando tali
prove, Ulisse potrà fare ritorno in patria, che altro non è se non il compimento della
difficile ricerca della propria identità profonda, il significato del proprio ruolo nel mondo, il fine dell’esistenza terrena e la consapevolezza del proprio destino.
Nell’Odissea queste prove o tentazioni, comuni all’esperienza umana, sono ad esempio l’oblio e la rimozione dei ricordi, il gigantismo dell’io, la vanità, la violazione della
legge e della concordia, la lussuria, le seduzioni dell’immaginazione, la tentazione
all’abbandono e alla rassegnazione, l’indifferenza nei confronti del sacro.
« “O frati,” dissi, “che per cento milia
perigli siete giunti a l’occidente,
a questa tanto picciola vigilia
d’i nostri sensi ch’è del rimanente
non vogliate negar l’esperïenza,
di retro al sol, del mondo sanza gente.
Considerate la vostra semenza:
fatti non foste a viver come bruti,
ma per seguir virtute e canoscenza”. »
(vv. 112-120)
13
La ninfa Eco si innamorò
di un giovane di nome
Il mito di
Narciso
Narciso, del quale l’oracolo Tiresia aveva predetto che avrebbe raggiunto la vecchiaia solo
“se non avesse mai conosciuto se stesso”.
Quando Narciso raggiunse il sedicesimo anno di età, era un
giovane così bello che ogni abitante della città s’innamorava
di lui. Narciso, sdegnosamente, li respingeva tutti. Un giorno, mentre era a caccia di cervi, Eco furtivamente seguì il bel
giovane tra i boschi desiderosa di rivolgergli la parola. Ma la
ninfa, su punizione di Giunone, poteva parlare soltanto ripetendo le ultime parole di ciò che le veniva detto. Così quando
Narciso, uditi dei passi, gridò: “Chi è là?”, Eco rispose: “Chi
è là?” e così continuò, finché la ninfa non decise di corrergli
incontro per abbracciarlo. Narciso però allontanò in malo
modo Eco che, con il cuore a pezzi, trascorse il resto della
sua vita in valli solitarie, gemendo per l’amore non corrisposto, finché di lei rimase solo la voce. Nemesi, commossa da
questi lamenti, decise di punire il crudele Narciso.
Il ragazzo, mentre era nel bosco, si imbatté in una pozza
d’acqua e su di essa si chinò per bere. Non appena vide la
sua immagine riflessa si innamorò perdutamente del giovane che stava fissando, senza rendersi conto che era lui stesso. Poco dopo capì che l’immagine riflessa apparteneva a
lui, e comprendendo che non avrebbe mai potuto essere
corrisposto, si lasciò morire di dolore. Si compiva così la
profezia di Tiresia.
Là dove morì venne trovato un fiore cui fu dato il nome narciso.
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16
Il mito di
Eros e Psiche
Venere, gelosa della bellezza di Psiche, ordina al
figlio di darla in sposa al più brutto e avaro degli
uomini. Ma Eros, innamoratosi di lei, la porta in una
valle incantata. Psiche, trasgredendo l’ordine dello sposo di accettarlo al buio senza mai vederlo,
su istigazione delle sorelle, durante una delle notti
trascorse insieme accende un lume. La curiosità le
è fatale: una goccia cade dalla lampada e sveglia
il suo amante, che fugge per la promessa tradita.
Per potersi ricongiungere a lui ed essere accettata
nell’Olimpo, Venere le infligge quattro prove. La prima, suddividere un mucchio di
sementi di diverse dimensioni in tante parti uguali. Deve quindi strappare un ciuffo di
lana dorata da un montone feroce; e, ancora, raccogliere un bicchiere d’acqua dal
fiume Stige, che scorre negli inferi. Ma la prova più dura consiste nel chiedere alla dea
Proserpina un po’ della sua bellezza, di cui è gelosissima, per portarla a Venere.
Durante il ritorno, spinta nuovamente dalla curiosità, aprirà l’ampolla contenente il
dono di Proserpina, che in realtà contiene il sonno più profondo. Ecco che allora viene
in suo aiuto Eros, che la risveglierà dopo aver riposto nell’ampolla la nuvola soporifera.
Solo alla fine, Psiche riceve l’aiuto di Giove che mosso a compassione fa in modo
che gli amanti si riuniscano: Psiche diviene una dea e sposa Eros, con un grande
banchetto al quale partecipano tutti gli dei.
Al termine del banchetto i due giovani consumano per tutta la notte la loro incontenibile passione e da questa unione nasce una figlia, chiamata Piacere.
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La favole
Le favole e la saggezza popolare
Per favola s’intende una breve composizione in prosa o in versi che ha per protagonisti animali o, più raramente, piante o oggetti inanimati – e che è dotata di una morale. La morale è spesso esplicitata nel finale dall’autore stesso oppure lasciata pronunciare ad uno dei protagonisti. Essa può contenere un messaggio su cosa è bene
fare oppure cosa è utile evitare per il proprio vantaggio e per il rispetto degli altri.
Nelle favole di Esopo la morale si risolve quasi sempre in un consiglio positivo, a
volte con un pizzico di ironia e con l’intento di divertire l’ascoltatore. Fedro invece è
più incline a mostrare la durezza della vita e i comportamenti negativi, ottenendo un
effetto drammatico e di ammonizione.
La parola favola deriva dal latino fabula, il cui etimo è nel verbo fari, cioè dire, raccontare. La fabula indicava in origine una narrazione di fatti inventati, e frutto di una
fantasia spesso volta al grandioso, e per questo motivo tali racconti sono imparentati
con i miti e le leggende (da cui il termine favoloso). Le favole propriamente intese però,
diversamente dalle fiabe, descrivono con semplicità episodi della vita di tutti i giorni.
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Spesso questi brevi racconti avevano lo scopo di veicolare non solo messaggi morali
ma anche insegnamenti di natura politica, religiosa, sociale. Per questo motivo la
forma retorica assunta dalla favola poteva essere quella della parabola, dell’allegoria
o dell’apologo.
Si crede comunemente che le favole siano nate per intrattenere i bambini: in realtà
esse venivano narrate anche mentre si svolgevano lavori comuni, fatti di gesti sapienti
ma ripetitivi, che non impegnavano particolarmente la mente. Le favole rappresentavano un piacevole intrattenimento per chiunque, quando la sera, a famiglia riunita presso
il focolare domestico, venivano narrate ad adulti e bambini di entrambi i sessi.
Le favole, come in seguito le fiabe, venivano raccontate a memoria e tramandate.
Esse costituiscono il grande patrimonio orale della nostra cultura, soggetto nei secoli
a variazioni legate alla mentalità e alle condizioni sociali proprie di ciascuna generazione. Per questo, prima che venissero trascritte e in seguito pubblicate, le favole erano
depositarie di un saggezza popolare in continua trasformazione e adattamento.
19
La cicala
e le formiche
In inverno, essendosi bagnati i chicchi di grano, le formiche
li esposero all’aria; una cicala invece che aveva fame
chiedeva loro del cibo.
E le formiche le dissero:
Perché durante l’estate non hai raccolto del cibo?
E quella disse:
Non sono stata in ozio, ma ho cantato armoniosamente.
E quelle mettendosi a ridere dissero:
Ebbene, se nelle giornate d’estate hai cantato, d’inverno
balla.
La favola insegna che non bisogna essere negligenti per
non affliggersi ed essere in pericolo.
20
Esopo
21
La lepre e
la tartaruga
La lepre un giorno si vantava con gli altri animali: - Nessuno può battermi in
velocità - diceva - sfido chiunque a correre come me.
La tartaruga, con la sua solita calma, disse: - Accetto la sfida.
- Questa è buona! - esclamò la lepre, e scoppiò a ridere.
- Non vantarti prima di aver vinto - replicò la tartaruga. - Vuoi fare questa
gara?
Così fu stabilito un percorso e dato il via.
La lepre partì come un fulmine: quasi non si vedeva più, tanto era già lontana. Poi si fermò, e per mostrare il suo disprezzo verso la tartaruga si sdraiò
a fare un sonnellino.
La tartaruga intanto camminava con fatica, un passo dopo l’altro, e quando
la lepre si svegliò, la vide vicina al traguardo. Allora si mise a correre con
tutte le sue forze, ma ormai era troppo tardi per vincere la gara.
La tartaruga sorridendo disse: - Non serve correre, bisogna partire in tempo.
22
Esopo
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La rana
e il bue
Una volta una rana vide un bue in un prato. Presa dall’invidia
per quell’imponenza prese a gonfiare la sua pelle rugosa.
Chiese poi ai suoi piccoli se era diventata più grande del
bue.
Essi risposero di no.
Subito riprese a gonfiarsi con maggiore sforzo e di nuovo
chiese chi fosse più grande.
Quelli risposero: - Il bue.
Sdegnata, volendo gonfiarsi sempre più, scoppiò e morì.
Quando gli uomini piccoli vogliono imitare i grandi, finiscono
male.
24
Fedro
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Apologo
Una volta le membra dell’uomo, constatando
che lo stomaco se ne stava ozioso [ad attendere cibo], ruppero con lui gli accordi e cospirarono tra loro decidendo che le mani non
portassero cibo alla bocca, né che, portato,
la bocca lo accettasse, né che i denti lo masticassero a dovere.
Ma mentre intendevano domare lo stomaco,
a indebolirsi furono anche loro stesse, e il corpo intero giunse a deperimento estremo.
Di qui apparve che l’ufficio dello stomaco non
è quello di un pigro, ma che, una volta accolti,
distribuisce i cibi per tutte le membra, e quindi tornarono in amicizia con lui.
Così senato e popolo, come fossero un unico corpo, con la discordia periscono, con la
concordia rimangono in salute.
Menemio
Agrippa
26
27
Gli autori
Esopo (ca. 620 a.C. – ca. 560 a.C.) è forse il più grande favolista greco conosciuto. Secondo
una tradizione biografica fu di origine frigia, schiavo e gobbo (detto infatti il gobbo frigio). Visse a
Samo, ma viaggiò in Oriente e in quasi tutta la Grecia. Sarebbe morto in seguito a un processo
per furto intentatogli dagli abitanti di Delfi, da lui beffati. Spirito acuto e penetrante, compose circa 400 favole brevi di animali ma con evidenti allusioni al mondo degli uomini, concluse da una
breve morale.
La favola di Esopo ha uno stile sobrio, ingenuo e a volte umoristico, consiste nel racconto agevole ma arguto di una semplice vicenda, ed esprime grande naturalezza evocativa e profonda
conoscenza delle passioni umane.
Fedro (15 ca. a.C. - 50 ca. d.C.) fu un favolista latino e schiavo, come Esopo, ma poi liberato
probabilmente dall’imperatore Tiberio. Le sue favole sono ispirate allo stile di Esopo ma trattano
anche, secondo l’autore, di “cose nuove” certamente suggerite dalle condizioni proprie della
società romana, con i suoi fatti, costumi e personaggi dell’epoca. Anche qui troviamo l’intero
spettro dei vizi degli uomini: la prepotenza e la superbia, la furbizia e l’ipocrisia, l’ingordigia e la rapacità, la crudeltà e la vendetta, e molti altri difetti sempre racchiusi nei comportamenti di animali
dalla psicologia umana. La morale, quasi mai allietante, è piuttosto amara e talora sarcastica.
Menenio Lanato Agrippa fu console romano, eletto nel 503 a.C.. Nelle lotte fra patrizi e plebei fu considerato come un uomo dalle opinioni moderate, apprezzato e stimato da entrambe le
parti sociali.Quando i plebei misero in atto la secessione dai patrizi sul Monte Sacro nel 493 a.C.,
grazie al discorso in cui Agrippa espose il suo celebre apologo il conflitto fu risolto in un pacifico
accordo.
L’apologo introdusse per la prima volta nella storia politica l’idea della società come organismo
simile a quello del corpo umano.
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Leggere
29
30
Le fiabe
La trascrizione della fiaba
Per lungo tempo le fiabe popolari furono tramandate solo oralmente e in seguito
alcuni studiosi e scrittori le raccolsero dalla viva voce del popolo e le trascrissero,
cercando di conservare le caratteristiche del linguaggio parlato.
Fra le trascrizioni di fiabe più note ci sono I racconti Mamma Oca di Charles Perrault,
pubblicati a Parigi nel 1697, quelle di ambiente arabo raccolte nel XVIII secolo in Le
mille e una notte, le fiabe tedesche rielaborate dai fratelli Jakob e Wilhelm Grimm nel
XIX secolo e le fiabe italiane, tradotte da trascrizioni dialettali già esistenti, da Italo
Calvino nel 1956.
Ci furono poi letterati che incominciarono a rielaborare le fiabe e a trascriverle usando un linguaggio più raffinato, aggiungendo nuovi episodi e, spesso, inventandone di
nuove. Nacque così la fiaba d’autore che divenne un vero e proprio genere letterario.
Se le fiabe popolari sono il prodotto della tradizione, le fiabe d’autore nascono dall’inventiva di uno scrittore che, pur ispirandosi spesso alle fiabe della tradizione orale, si
esprime con un linguaggio diverso e con motivi nuovi.
Fu l’inizio di una nuova epoca per la favola, che da risorsa pedagogica popolare cui
era possibile attingere prevalentemente attraverso l’ascolto, nella versione propria di
un popolo e della sua cultura, divenne - grazie alle prime raccolta scritte - una narrazione che poteva essere letta da chiunque in una forma universale.
L’Ottocento fu un secolo di grandi trascrittori e grandi inventori di fiabe. Quattro grandi nomi di fiabisti di quel secolo sono: i fratelli Grimm, Hans Christian Andersen,
Carlo Collodi e Lewis Carroll.
31
Le caratteristiche della fiaba popolare
La fiaba è un tipo di narrativa che nasce dalla tradizione popolare, e si distingue da
altre forme del racconto per il tipo di avvenimenti ricorrenti e i personaggi fantastici
come fate, maghi, orchi streghe, giganti ecc. Si differenziano dalle favole, i cui protagonisti sono quasi sempre animali o esseri inanimati e dove il proposito allegorico
e morale è più esplicito.
Le fiabe sono state tramandate a voce per molti secoli attraverso le generazioni che
hanno modificato e adattato la trama, gli episodi o i personaggi di una storia comune alle proprie esigenze culturali e psicologiche, spesso dando così origine ad
un’altra fiaba. Nelle fiabe si descrive la vita della povera gente, le credenze, i valori
popolari e le paure delle persone semplici, il loro modo di immaginarsi i re e i potenti
e una vita felice fatta dei sentimenti più essenziali.
Tutte le fiabe hanno elementi in comune. In tutte le fiabe infatti:
• l’epoca e i luoghi sono indicati genericamente
Si dice: “C’era una volta...”, “In un paese lontano...” ma non si dice né quando
né dove.
• si presentano fatti impossibili e personaggi inverosimili
Molti fatti narrati possono accadere solo per magia; molti personaggi non possono esistere nella realtà.
• non si descrivono i personaggi
Si indica solo la categoria a cui appartengono i personaggi; si dice, per esempio,
se sono belli o brutti, contadini o re, poveri o ricchi.
• si presenta un mondo sempre diviso in due
I personaggi o sono buoni o sono cattivi, o scaltri o stupidi: non ci sono vie di
mezzo; nei litigi la ragione sta solo da una parte.
• si presentano dei motivi ricorrenti
Ad esempio: la partenza del protagonista, la casetta nel bosco, l’audacia del fratello più piccolo, l’invidia delle sorelle più grandi, ecc
32
• c’è sempre un lieto fine
I buoni e i coraggiosi vengono premiati, le fanciulle povere diventano principesse,
i giovani umili ma audaci salgono sul trono.
• c’è sempre una morale
Nelle fiabe c’è una morale, anche se non è espressa chiaramente come nelle favole.
Le fiabe insegnano a rispettare gli anziani e la famiglia, ad onorare le autorità, ad
essere coraggiosi per migliorare la propria condizione.
Le figure della fiaba
Le favole sono scritte secondo le stesse regole che guidano i bambini nella loro
rappresentazione all’esterno. Le figure proiettive che manifestano dall’inconscio in
personaggi immaginari che portano però le medesime caratteristiche dei personaggi
di riferimento reali, parlano il medesimo linguaggio adottato dalle fiabe perché da
possano essere comprese nella loro simbologia.
33
I personaggi
PROTAGONISTI
La principessa
L’eroe
La fanciulla
Il bambino
FIGURE OSTILI
La cattiva matrigna
La strega
L’orco
Il mostro
Lo stregone malvagio
La sorellastra
FIGURE PROTETTIVE
La buona vecchina
La fata
L’angelo
Il grande mago
Il mago buono
Il cacciatore
Il compagno di viaggio (che può essere
un amico, un animale, una stella, una
creatura soprannaturale, un oggetto
simbolico / transazionale)
FIGURE AMBIGUE
Il re / la regina
L’oracolo
La zingara
34
Il grillo parlante
Il messaggero
Il folle
FIGURE FAMILIARI
Le sorelle
I fratelli assenti
Il fratello piccolo
Il padre lontano
La madre defunta
La nonna anziana
Gli zii (con Walt Disney)
Gli animali
Il cavallo
Il leone
Il cervo
la colomba
Il lupo
Il serpente
L’oca
I paesaggi
La foresta
Il deserto
La montagna
Il mare
La valle
Gli strumenti
Lo scettro
La spada
La bacchetta magica
Il bastone
L’arco e le frecce
Il vaso
La lampada
La pentola
L’anfora
Gli stivali
La scarpa / le scarpe
Gli ambienti
Il castello
La grotta
L’armadio
La soffitta
La casetta
La cantina
La discesa nel sottosuolo
(l’Ade, gli Inferi, le segrete del castello, ecc)
Gli ostacoli
La botola
La siepe
Il fiume
Il ponte
La mela
La tempesta
Il guardiano
Gli incantesimi
Trasformazione in un essere orribile
o in un animale
Stato di morte apparente o catalessi /
sonno misterioso
Innamoramento
Trasformazione degli oggetti
Le situazioni
L’intrigo / l’inganno
Le nozze (Nozze di Cana,
Cadmo e Armonia, ecc)
Il viaggio
L’attraversamento
(fiume, mare, bosco, ecc)
Il volo
La prigionia
35
I simboli nelle fiabe
Tutte le fiabe si servono di una grande varietà di simboli per veicolare i propri significati, vólti a una morale e a un insegnamento di fondo; simboli che vengono percepiti inconsciamente dal bambino. Tra i più ricorrenti sono il bosco (cfr. Cappuccetto
Rosso), il ponte (cfr. Märchen, di Goethe), il concetto di ombra o regno delle ombre,
o simili luoghi oscuri (cfr. l’Ade nell’Odissea), e lo specchio (cfr. la matrigna di Biancaneve).
Il bosco simboleggia il momento di transizione dall’infanzia alla prima età adulta, passaggio irto di pericoli, paure, difficoltà. È il luogo metaforico dell’esperienza di vita da
cui possiamo estrarre le risorse necessarie al cammino, il regno di mezzo tra due realtà
opposte: una l’inizio, l’altra la meta cui siamo inevitabilmente destinati. Rappresenta
anche il luogo delle prove cui siamo sottoposti durante i periodi di crescita interiore.
Il ponte è uno degli archetipi più antichi dell’architettura, suggerisce due direzioni di
movimento: quella del fiume che scorre sotto e quello della strada che scorre sopra:
due movimenti che formano la croce della rosa dei venti, dei quattro punti cardinali:
simbolo dell’orientamento, del controllo sulla realtà. Inoltre il ponte sostituisce il guado, una vittoria parziale dell’uomo rispetto all’ostacolo che sbarra il cammino. Quando la vittoria diventa stabile è perché la strada si è fatta ponte: ha saltato l’ostacolo,
ha unito le due “rive” opposte facendone una sola realtà.
Il luogo dell’oscurità con le sue ombre è il momento più profondo dell’interrogazione
interiore. Là si discende nei momenti critici della propria esistenza per interrogare se
stessi e le figure a noi care, che sentiamo ci accompagnano nei ricordi e all’interno
del nostro patrimonio spirituale durante il cammino della vita. Si tratta quasi sempre
di figure lontane o defunte, che nel profondo cui appunto si discende per confortarci
con loro, danno voce ai valori che abbiamo interiorizzato nel corso della nostra educazione, per trarne consigli e consolidare la coscienza nella quale identifichiamo il
nostro Io.
Lo specchio, infine, è il simbolo dei simboli: la conoscenza di sé, come nel mito di
Narciso: il modo in cui noi ci percepiamo o le sembianze sotto le quali desideriamo
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vederci ed essere veduti. Rappresenta il confronto con se stessi per definizione: da
questo possiamo trarre l’occasione di un cambiamento radicale - che è simboleggiato nella morte del vecchio Sé (cfr. Narciso) - oppure il motivo di false promesse a
adulazioni narcisistiche (cfr. “Specchio delle mie brame…”).
Il linguaggio delle fiabe
Il linguaggio della fiaba è quello della gente comune: è semplice e volutamente un
po’ sgrammaticato, poiché deve riflettere quella cultura fatta di modi di dire e ricca
di formule popolari. Inoltre le ripetizioni, le parole onomatopeiche, le filastrocche, i
rumori strani, le alterazioni indotte della voce, ecc. sono tutti espedienti per stimolare
la fantasia del bambino, per catturare e mantenere la sua attenzione, e per permettergli di fissare con più facilità nella memoria un particolare passo della storia. Ecco
un breve elenco degli aspetti narrativi più ricorrenti in tutte le fiabe:
• gli errori di grammatica
“A me questa storia mi piace poco…”
• il discorso diretto
Le battute del dialogo permettevano al narratore di cambiare voce, di tener desta
l’attenzione di chi ascoltava.
• le ripetizioni
“Cammina cammina...”, “Cerca; cerca, ...”
• le triplicazioni
Raccontare tre volte lo stesso fatto, con poche varianti, aveva lo scopo di allungare la storia, di renderla più chiara, di prolungare la sensazione del mistero.
• le formule d’inizio e di chiusura
“C’era una volta...” “In un paese lontano...”
“Così vissero felici e contenti...”
• le formule magiche
“Apriti Sesamo”, “Quaquà! Attaccati là!”
• le filastrocche
“Ucci ucci / qui c’è puzza di cristianucci / o ce n’è o ce n’è stati / o ce n’è di rimpiattati”.
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Lo teoria di Propp
Vladimir Propp, studioso russo del XX secolo, studiò le origini storiche della fiaba e ne
trasse una struttura che propose anche come modello di tutte le narrazioni. Nel suo
scritto Morfologia della fiaba, egli formulò uno schema, identificando 31 sequenze
(note anche come Sequenze di Propp) che compongono il racconto. Ogni sequenza
rappresenta una situazione tipica nello svolgimento della trama di una fiaba, riferendosi in particolare ai personaggi e ai loro precisi ruoli (ad es. l’eroe o l’antagonista).
Personaggi
Propp individuò 8 personaggi caratteristici delle fiabe:
• Eroe: protagonista che dopo aver compiuto un’impresa, trionferà
• Antagonista: l’oppositore dell’eroe
• Falso eroe: chi si sostituisce all’eroe con l’inganno
• Mandante: chi spinge l’eroe a partire per la sua missione
• Mentore: la guida dell’eroe, che gli dà un dono magico
• Aiutante: chi aiuta l’eroe a portare a termine la missione
• Sovrano: amico o oppositore
• Principessa: premio amoroso finale per l’eroe
La dinamica principale della fiaba può essere così schematizzata:
l’eroel’oppositore
aiutante e mentore
Schema
Lo schema generale di una fiaba secondo Propp è il seguente:
1. Equilibrio iniziale (inizio)
2. Rottura dell’equilibrio iniziale (movente o complicazione)
3. Peripezie dell’eroe
4. Ristabilimento dell’equilibrio (conclusione)
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Cenerentola
e la leggenda
di Rodopi
Una riprova che le radici delle fiabe affondano
nelle leggende più antiche, è la storia di Rodopi,
forse il più antico archetipo letterario di Cenerentola. Citata per la prima volta da Erodoto, che
la raccolse durante un suo viaggio in Egitto, la
storia di Rodopi è databile nel VII sec. a.C.
Rodopi (che in greco antico significa guance rosa, caratteristica con cui è raffigurata
anche Cenerentola) era una bellissima schiava che lavorava nell’abitazione del suo
padrone. Sebbene gentile con lei, il padrone di casa era ignaro dei maltrattamenti che
Rodopi era costretta a subire dalle altre schiave. Esse infatti la deridevano, le impartivano ordini di continuo, la sottoponevano ad angherie e dispetti.
Avendola sorpresa a danzare da sola con grande abilità, il padrone le fece dono di un
paio di pantofole di oro rosso con il risultato, a sua insaputa, di inasprire ancor più il
comportamento delle altre schiave nei suoi confronti.
Un bel giorno il faraone Amasis invita il popolo d’Egitto ad un’imponente celebrazione
da lui offerta nella città di Menphi. Le altre schiave cercano di impedire la partecipazione di Rodopi, ingiungendole di portare a termine una lunga lista di ingrati lavori
domestici.
Mentre Rodopi è al fiume a lavare i panni con le sue pantofole esposte ad asciugare
al sole, improvvisamente il dio Horus, nelle sue sembianze di falcone, scende in volo
portandone via una con sé. Volato fino a Menphi, il falcone lascia cadere la sua preda
in mano al faraone il quale, interpretato l’evento come un segno da Horus, decreta
che tutte le fanciulle del regno debbano provare la pantofola perché lui avrebbe sposato quella che fosse riuscita a calzarla.
La lunga ricerca del Faraone, rivelatasi fino ad allora vana, lo conduce infine nella casa
di Rodopi. La schiava, vista arrivare l’imbarcazione reale, cerca invano di nascondersi. Non riesce però a sfuggire alla vista del faraone che la prega di calzare la pantofola.
Dopo aver constatato l’esatta proporzione della pantofola al piede della fanciulla,
Rodopi gli mostra l’altra e il faraone subito la prende con sé per sposarla.
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La Bella e la Bestia e il mito di Eros e Psiche
Oltre al Cenerentola e Rodopi, ci sono altri casi di storie che mostrano il legame fra la
tradizione orale più antica e le fiabe popolari. Uno di questi è la sorprendente similitudine tra il mito di Eros e Psiche e la favola de La Bella e la Bestia.
In entrambe le storie (quasi certamente una è evoluzione dell’altra) è presente il tema
della relazione amorosa tra i due protagonisti, così articolato:
1) la difficoltà della fanciulla a percepire le reale bellezza della parte maschile fino a
quando, dopo una conoscenza più intima, non se ne innamora;
2) la separazione tra i due per causa di un genitore;
3) le prove affrontate per tornare insieme;
4) il finale ricongiungimento eterno.
Essenzialmente, questo antico canovaccio simboleggia l’animalità insita nella condizione umana: infatti in moltissimi miti e racconti popolari si narra di un principe trasformato, a causa di un incantesimo, in un animale selvaggio o in un essere mostruoso,
che viene liberato dalle sue sembianze fisiche per mezzo dell’amore di una fanciulla.
Sia la versione mitologica che quella fiabesca narrano metaforicamente il raggiungimento della maggiore età e la conquista della sessualità di una bambina. La
primaria esperienza affettiva con il genitore si sposta, nella giovane psiche femminile,
dalla percezione di un amore puro e disinteressato alla sfera della sessualità, che è
pertanto avvertita inizialmente come qualcosa di perverso: un uomo che manifesti un
desiderio sessuale nei suoi confronti è una bestia. Solo nel momento in cui Bella /
Psiche riesce ad assimilare le relazioni sessuali come umane e adulte, può portare a
compimento l’unione amorosa e raggiungere la felicità.
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Cappuccetto Rosso e l’antica Grecia
Un altro ancora è quello della favola di Cappuccetto Rosso. Di recente uno studioso
inglese, Jamie Tehrani, ha mostrato infatti che la storia della bambina che attraversa
il bosco e s’imbatte nel lupo esiste in tutto il mondo fin dal VI secolo a.C. Si è poi
evoluta attraverso diverse culture arrivando a noi nella versione conosciuta.
Furono i fratelli Grimm a raccoglierla e trascriverla e da allora è forse la fiaba più nota
del mondo: la bimba va da sola a visitare la nonna, si perde nella foresta, il lupo la
precede, divora la nonna e poi lei, ma un cacciatore le salva. In realtà questa storia
venne narrata per la prima volta nell’antica Grecia e grazie a viaggiatori e scambi tra
culture, fece il giro del mondo, cambiando ogni volta particolari.
Lo studioso ha individuato e comparato almeno 35 versioni di Cappuccetto Rosso,
che cambiano a seconda del contesto sociale cui è stata adattata, pur rimanendo il
messaggio di fondo che è comune: l’infanzia non è un idillio, è un mondo insidiato da
mille pericoli.
La prima versione di Cappuccetto Rosso è una favola esopica risalente a 2600 anni
fa. Quindi la fiaba è molto più antica di quanto non si pensasse finora: si riteneva
che fosse originaria della Francia, e che la prima versione nota, scritta, fosse quella
terrificante di Charles Perrault, grande trascrittore di fiabe del XVII secolo: una versione, la sua, in cui la bambina viene divorata dal lupo. Sempre il lupo, in una versione
tedesca, si mangia anche sette agnellini. In Iran, invece, dove non è socialmente accettabile che una ragazzina giri da sola, nell’attraversare il bosco è accompagnata da
un ragazzo. In Cina dove il lupo aveva una valenza culturale diversa, la bimba viene
aggredita da una tigre.
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Gli autori
I fratelli Grimm, Jacob (1785-1863) e Wilhelm (1786-1859) rappresentano un punto di svolta nella tradizione occidentale della fiaba perché furono tra i primi – e più prolifici – a trascrivere storie tramandate oralmente per secoli e in molte diverse versioni. Nel 1812 e nel 1815 i fratelli Grimm pubblicarono due volumi per un totale di 156 fiabe.
Le fiabe più celebri raccolte e raccontate dai fratelli Grimm sono: Biancaneve, Cenerentola, Il
principe ranocchio, Hänsel e Gretel, Cappuccetto Rosso, Raperonzolo.
Hans Christian Andersen
(1805-1875)
fu
uno
dei
massimi
autori
di
fiabe,
capa-
ce di esprimere le emozioni più sottili e le idee più elevate attraverso un uso equilibrato del linguaggio corrente e delle espressioni popolari, passando dalla poesia all’ironia, dalla farsa alla tragedia, dal quotidiano al meraviglioso. Andersen espresse nelle fiabe pensieri e sentimenti fino ad allora ritenuti estranei alla comprensione di un bambino, attraverso le vicende di re e regine, animali, piante, creature magiche e persino di oggetti.
Le fiabe più famose scritte da Andersen sono: La principessa sul pisello, I vestiti nuovi dell’imperatore, La sirenetta, Il soldatino di stagno, Il brutto anatroccolo, La piccola fiammiferaia.
Lewis Carroll - pseudonimo di Charles Lutwidge Dodgson (1832 -1898) è stato uno scrittore,
matematico, fotografo e logico britannico. È celebre soprattutto per i due libri Alice nel Paese
delle Meraviglie e Attraverso lo specchio e quel che Alice vi trovò, opere che sono state apprezzate da una straordinaria varietà di lettori, dai bambini a grandi scienziati, anche per i molti
enigmi, indovinelli, giochi di parole, e matematici di cui le due opere sono disseminate.
Carlo Collodi, all’anagrafe Carlo Lorenzini (1826- 1890), è stato uno scrittore e giornalista italiano. È noto in Italia e nel mondo come autore del romanzo Le avventure di Pinocchio. Storia
di un burattino. La Fiaba è stata tradotta in tutte le lingue è studiata dalla critica con molti e diversi
esiti interpretativi. A Pinocchio si ispira anche il film di Steven Spielberg AI.Intelligenza artificiale.
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Guardare
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Immagini in movimento
Il cartone animato: le favole si guardano
La rivoluzione introdotta nella storia delle favole dall’avvento dei cartoni animati consiste nel fatto che i racconti di vicende di giovani protagonisti alle prese con le difficoltà della vita non siano più indirizzate a stimolare la fantasia e i processi inconsci
di immedesimazione attraverso l’udito – tanto che si può parlare in questo caso di
sollecitazione dell’intelligenza acustica – bensì impegnando il senso della vista che
farà da guida, d’ora in poi, alle altre percezioni sensoriali.
Inoltre, l’immaginazione cessa di essere la vera protagonista nella mente del bambino, che davanti al film non deve più ricreare le sembianze dell’eroe, della principessa
o del castello e così via, ma di fatto “subisce” le forme già esistenti assegnate
dall’autore: l’eroe e la principessa hanno quel volto e non un altro, il castello è fatto
così e non in altro modo, ecc. Le fisionomie individuali non sono frutto della fantasia
soggettiva bensì le medesime percepite e memorizzate da tutti.
Il passaggio a questo nuovo modo di raccontare è dato in gran parte dall’invenzione
del cartone animato.
Il termine “cartone animato” deriva dall’inglese animated cartoon. Il termine cartoon
è a sua volta derivato dall’italiano cartone con riferimento, nell’arte, ai disegni preparatori per arazzi e affreschi. L’idea di animazione invece nasce dall’ottenere un
effetto di movimento utilizzando in rapida successione disegni di un stesso soggetto
in posizioni simili ma progressivamente diverse.
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L’animazione è il risultato di un’illusione ottica dovuta al fenomeno fisico della “persistenza visiva”. L’occhio umano, infatti, ha la capacità di trattenere sulla retina un’immagine per una frazione di secondo anche dopo che essa è sparita dal campo visivo.
In quella stessa frazione di secondo, un’immagine può essere sostituita da un’altra
lievemente diversa, fornendo al cervello l’illusione del movimento.
In origine il cartone animato esordisce al cinema dove si distingue per contenuti
umoristici destinati principalmente agli adulti ma in grado anche di rivolgersi a tutta la
famiglia. Negli anni ‘50 il cartone animato entra gradualmente in televisione e si afferma nelle sale cinematografiche grazie ai primi lungometraggi di Walt Disney. Questo
passaggio lo trasforma radicalmente nello stile del disegno e diventa a tutti gli effetti
un fenomeno culturale d’intrattenimento.
Da sottolineare inoltre un fenomeno sociale importate che si lega al diffondersi delle
sale da cinema: i produttori di storie a cartoni animati dovranno sempre più impegnarsi per rendere i filmati interessanti anche per gli adulti, che necessariamente
accompagnano i bambini. Questo finirà con l’influenzare notevolmente i modi in cui
sono strutturate le storie e i temi che in esse vengono trattati.
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Il mondo di Walt Disney
Walter Disney (1901-1966), è stato forse il più grande fumettista, inventore di storie ed elaboratore di
fiabe per cartoni animati, imprenditore dell’intrattenimento del XX secolo.
I grandi classici dei cartoni animati Disney, prima del passaggio al digitale, sono appunto riedizioni di fiabe tradizionali, o invenzioni di storie sulla falsariga di quelle. Tra questi i più celebri
sono: Biancaneve e i Sette Nani, Pinocchio, Fantasia, Bambi, Cenerentola, Alice nel Paese delle
Meraviglie, Le Avventure di Peter Pan, Lilli e il Vagabondo, La Bella Addormentata nel Bosco,
La Carica dei 101, La Spada nella Roccia, Il Libro della Giungla, Gli Aristogatti, Le Avventure di
Bianca e Bernie, La Sirenetta, La Bella e la Bestia, Aladdin, Il Re Leone, Pocahontas, Hercules,
Mulan, Koda Fratello Orso.
Il primo cartone animato sonoro prodotto da Walt Disney fu Steamboat Willie nel 1928. L’idea
innovativa di Walt Disney fu quella di combinare in modo indissolubile le immagini con la musica:
quando, nel 1928, venne proiettato per la prima volta il primo cortometraggio completamente
sonorizzato con Mickey Mouse (Topolino) come protagonista, le note musicali non costituivano
un semplice accompagnamento, ma esisteva già una combinazione perfetta tra musica, immagini e carattere dei personaggi. Nel 1935 la Disney realizzò il primo lungometraggio animato a
colori, l’indimenticabile Biancaneve e i sette nani. Avendo compreso che la musica era già
considerata l’anima delle sue immagini, Walt dichiarò esplicitamente di voler creare un nuovo
schema, proponendo un uso narrativo a tutto tondo della colonna sonora.
Le canzoni diventarono quindi l’elemento unificante nella progressione del racconto, in modo
molto più articolato di quello che normalmente si faceva per i musical hollywoodiani, finendo
per distinguersi all’interno del tessuto narrativo e diventare delle entità autonome, avvincenti e
coinvolgenti per se stesse.
Tradotte nelle lingue dei diversi paesi, divennero classici immortali, in grado di evocare, all’ascolto ed anche senza vederle, le immagini della fiaba. Questa caratteristica, divenuta una costante
nelle opere Disney, si trasformò progressivamente in un fenomeno socio-culturale di rilevanza
mondiale, che ha interessato intere generazioni.
Ancora adesso, la musica Disney trasporta in un mondo lontano nel tempo e nello spazio, dove
niente è impossibile perché vi regna il fantastico ed il meraviglioso.
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L’animazione digitale. Un nuovo modo di raccontare
Si potrebbe considerare il passaggio dal sistema classico dei cartoni animati, con le
tecniche artigianali del disegno, all’elaborazione digitale delle immagini, già di per sé
un enorme salto culturale e generazionale. Non soltanto perché l’era informatica
ha portato nuove risorse creative all’industria del divertimento, nate dall’accessibilità
pressoché universale del PC, ma anche perché il nuovo modo di raccontare e di
guardare le fiabe si è sempre più radicato nell’uso e nella ricerca estrema degli effetti
speciali. I personaggi stessi sono modellati sull’idea di rappresentare il fantastico
oltre i limiti del possibile o con poteri di cui si mostrano gli effetti spettacolari in modo
realistico. Inoltre, su un piano più strettamente culturale, l’epoca Pixar e Dreamworks ha storicamente raccolto l’eredità novecentesca di molte delle rivoluzioni nei costumi, negli atteggiamenti e nelle psicologie individuali che hanno cambiato il sistema
delle relazioni interpersonali, raggiungendo le fasce dei più giovani.
Fra queste rivoluzioni non violente, eppure radicali, sono contemplate non solo il
trattamento di tematiche un tempo riservate al pubblico adulto, ma pure il ribaltamento dei ruoli classici affidati ai protagonisti di storie, fiabe, racconti. Un nuovo
sistema di valori e una nuova mitologia che inizia dal romanzo antiborghese degli
anni ’20 - con il culto, ad esempio dell’antieroe, sfortunato, sofferente, “cattivo” in
luogo del “patinato” principe azzurro - per arrivare all’home video dedicato alle famiglie e ai bambini in età prescolare. L’industria del divertimento, le moderne dinamiche
del marketing hanno alimentato e potenziato il sistema dei consumi creando catene con anelli d’acciaio: il successo di un film che veicola esempi di socializzazione,
successo, conquista degli affetti genera desideri di emulazione di possesso feticistico
delle immagini: giocattoli, figurine o altri accessori del nuovo esteso concetto della
moda. Così si vorrebbe essere l’eroe della fiaba dentro il film di animazione e fuori del
film, nella vita reale, poiché quei modelli fissano di volta in volta nuovi standard di
riferimento comportamentale se non addirittura esistenziale. Si vuole essere l’eroe
della fiaba, il che significa non voler essere il principe azzurro, né Cenerentola, né altre
figure troppo esplicitamente edificanti, in direzione di una morale, sul finale, che se in
fondo rimane non dissimile da quella di sempre, comunque è raggiunta per vie molto
più indirette e “disincantate”.
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Dalla calzamaglia azzurra all’orco verde
Alcuni dei film di animazione di maggior successo degli ultimi tempi, riflettono con
sufficiente nitidezza la composizione odierna dei ruoli sociali, dei desideri, ambizioni e
sforzi considerati legittimi per la loro realizzazione, nonché dei compromessi che sono
richiesti, sia dalla coscienza personale che dalla morale comune, per sentirsi soddisfatti di se stessi. Come in ogni epoca, il mito, la fiaba, il racconto, e poi il romanzo
e infine il cinema sono riflesso e cartina di tornasole della visione del mondo di
un’intera cultura.
Le “tentazioni” dei porcellini più giovani di divertirsi oltre il consentito, l‘accettare una
mela da una sconosciuta, la golosità di Hansel e Gretel, al pari della leggerezza della
Cicala, la curiosità di Psiche, o l’imprudenza di Icaro trovano i loro corrispettivi nella
ricerca di una identità possibile mostrata dai piccoli e grandi eroi dei nuovi film di animazione. Ma la differenza essenziale rispetto al passato è probabilmente il venir meno
di uno spazio riservato allo spirituale, o al sacro, o anche solo alla sfera interiore per
far posto a nuove sintesi del disincanto.
Emblematico da questo punto di vista è il primo Shrek, che ha da subito riscosso un
enorme successo presso adulti e bambini. Il film (di animazione) o cartone animato
digitale, è la concentrazione di tutti gli elementi più leziosi della tradizione fiabesca,
ormai vissuti, dal nuovo eroe (un orco verde) come motivo d’ingombro. A iniziare
dai “vecchi personaggi” delle fiabe che egli non vorrebbe nella sua palude, il rapporto
con la principessa è sbrigativo e poco romantico, il principe pretendente è un codardo incipriato, la fata turchina è una suocera petulante e interessata.
Una famosa scena in cui Biancaneve di Walt Disney duettava cercando l’acuto con
un uccellino, è ripresa in Shrek, ma in questa gara canora l’uccellino scoppia dallo
sforzo. E la sequenza successiva inquadra la padella in cui la stessa principessa sta
cuocendo le sue uova.
Se un elemento tipico della fiaba tradizionale era la presenza sullo sfondo di un giovane coraggioso, cavaliere o principe, incarnazione dei valori più alti e per ciò stesso ambito, il cardine regolatore del nuovo rapporto fra uomo e donna sembra essere
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la totale disfatta
di questo ideale. In Mostri contro
Alieni, ad esempio – ma anche
in Bee Movie
e in molti altri
film animati
(e peraltro
come nella
maggior parte
degli sceneggiati
televisivi americani), la figura
maschile non è solo in secondo piano, ma è ridotta al minimo delle funzioni intellettuali
e volitive, oltre che di incerta
caratura morale.
In altre parole, l’avvento del
digitale pare aver coinciso
con un capovolgimento
degli antichi schemi relazionali
riflettendo un nuovo modo di
intendere la realtà umana.
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I film-fiaba ovvero il cinema fantasy
Nel corso del tempo, i miti, le favole, le fiabe popolari, i fumetti, i cartoni animati e i film
di animazione digitale hanno acceso in modo sempre diverso, nei contenuti e nella
forma, la fantasia di intere generazioni di adulti e bambini. In questa tappa finale, la
sfida alla sfera della percezione progressivamente stimolata da nuovi messaggi
visivi e uditivi giunge all’ultimo capitolo dell’immaginazione contemporanea: il cinema
della favole. Detto anche genere fantasy, questa forma di intrattenimento ha fatto
sue alcune delle incredibili possibilità offerte dalla rivoluzione digitale. Basti pensare
ad alcuni dei personaggi del Signore degli Anelli (lo hobbit ad esempio, creatura
non umana di impressionante realismo), o al film le Cronache di Narnia. Ciò che
distingue coloro che hanno visto al cinema queste storie (dei due più famosi Inklings
J.R.R. Tolkien e C.S. Lewis) dai milioni di lettori che le hanno soltanto lette, sono
sicuramente le risorse di visualizzazione offerte dalla tecnologia FX, che hanno
rimpiazzato la creatività immaginativa personale. È probabilmente sbagliato pensare
che ciò induca soltanto ad un atteggiamento passivo dello spettatore rispetto al lettore: le nuove generazioni cresciute sui film di animazione, internet e i videogames
stanno dimostrando – seppure un minore controllo su terreno di gioco della parola, il
discorso – una nuova, inaspettata capacità di elaborazione delle immagini e del loro
impiego su tutti i piani di rappresentazione della realtà. Così come le favole si sono
sempre mostrate un indicatore indispensabile dei costumi e della morale nelle tante
stagioni di un popolo, oggi i film-fiaba ci mostrano, anche quando calcano vicende
antiche, gli elementi costitutivi del pensiero globale, e le dinamiche standardizzate
della sua comunicazione.
Negli ultimi anni inoltre, si è assistito ad esperimenti interessanti di fusione tra cinema
e fumetto, come nei film Sin City (2005), 300 (2007), e The Spirit (2008), dove gli
effetti visivi hanno cercato di emulare le rappresentazioni fantasiose proprie del lettore di fumetti, che il regista e disegnatore di “favole” contemporanee Frank Miller
certo conosce assai bene. Altro esempio di nuova favola è il ritorno ai vecchi temi
della magia e della stregoneria, in Harry Potter, dove il genere fantasy è unito alla
moderna passione per il complottismo e l’alchimia, ad elementi propri del romanzo di
formazione e a citazioni della mitologia celtica e greca.
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Indice delle illustrazioni
pag. 4
Valentina Grassini
“Il Principe Ranocchio”
Acrilico su tela
pag. 12
Valentina Grassini
“Il canto delle sirene”
Acrilico su tela
pag.14
Andrea Carciola
“Narciso”
Acquerello e china su carta
pag.21
Valentina Grassini
“La cicala e la formica”
Acrilico su tela
pag. 23
Valentina Grassini
“La lepre e la tartaruga”
Acrilico su tela
pag. 25
Valentina Grassini
“La rana e il bue”
Acrilico su tela
pag. 27
Valentina Grassini
“Apologo”
Acrilico su tela
pag. 30
Valentina Grassini
“Ma chi ha paura del Lupo nero?”
Acrilico e gesso su tela
pag. 33
Andrea Carciola
bozzetto per “Cappuccetto Rosso”
Acquerello e china su carta
pag. 34
Andrea Carciola
bozzettI per “Biancaneve e i sette nani”
e “La bella addormentata nel bosco”
Acquerello e china su carta
pag. 38
Valentina Grassini
“Una dolce casina”
Acrilico su tela
pag. 41
Valentina Grassini
“Tutta colpa di una scarpetta!”
Acrilico su tela
pag. 43
Andrea Carciola
bozzetto ispirato al cartone animato
“La Bella e la Bestia”
Acquerello e china su carta
pag. 46
Valentina Grassini
“Ma che mela è?”
Acrilico su tela
pag. 52
Andrea Carciola
bozzetto ispirato al film “Monster & Co.”
Acquerello e china su carta
pag. 55
Andrea Carciola
bozzetto ispirato al film “Shrek”
Acquerello e china su carta
pag. 57
Andrea Carciola
“Harry Potter”
Acquerello e china su carta
59
Finito di stampare nel mese di gennaio 2010
Fly UP