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Distribuzioni Teoremi Frobenius, Chow, Sussmann

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Distribuzioni Teoremi Frobenius, Chow, Sussmann
Capitoli di
Meccanica Analitica
***
Distribuzioni
e
Teoremi
di
Frobenius, Chow,
Sussmann
Sergio Benenti
19 aprile 2013
Indice
1 Definizioni
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
2 Il teorema di Frobenius
3 Funzioni integrali
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
2
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
4
4 Il teorema di Chow
5 Esempi
1
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
6
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
7
6 I teoremi di Sussmann*
7 Integrating factors
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
12
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
13
1
1. Definizioni
1
Definizioni
Definizione 1.1 – Una distribuzione di rango r su di una varietà M è una legge che ad
ogni punto p ∈ M associa un sottospazio ∆p di dimensione r dello spazio tangente TpM è tale
che l’insieme
[
(1)
∆=
∆p ,
p∈M
unione di tutti i vettori contenuti in tutti i ∆p , sia una sottovarietà del fibrato tangente T M . •
Osservazione 1.1 – Si può dare una definizione di distribuzione più generale di questa (vedi
§6). Ad una distribuzione del tipo ora definito si aggiunge, quando è necessario per una migliore
comprensione, l’attributo di regolare, riservando l’attributo singolare a quelle di tipo più
generale. •
La teoria delle distribuzioni studia i legami tra gli oggetti definiti qui di seguito.
Definizione 1.2 – Un campo vettoriale X su M si dice compatibile con una distribuzione ∆,
ovvero ∆-compatibile, se X(p) ∈ ∆p per ogni p ∈ M . Denotiamo con D∆ l’insieme dei campi
∆-compatibili: è un sottospazio di X (M ). •
Definizione 1.3 – Una 1-forma θ su M si dice annichilante se essa annulla tutti i vettori
di ∆: hv, θi = 0, ∀v ∈ ∆. Denotiamo con Φ1∆ l’insieme delle 1-forme annichilanti di ∆: è un
sottospazio di Φ1 (M ). •
Definizione 1.4 – Una varietà integrale di una distribuzione ∆ è una sottovarietà immersa
S ⊂ M tale che per ogni p ∈ M si ha ∆p = TpS.1 Dicesi varietà integrale massimale di una
distribuzione ∆ una varietà integrale connessa che non è contenuta propriamente in un altra
varietà integrale. •
Definizione 1.5 – Una funzione integrale di una distribuzione ∆ è una funnzione F su M
tale che per ogni vettore v ∈ ∆ si ha v(F ) = 0 (la derivata di F rispetto a v si annulla). •
Definizione 1.6 – Una curva integrale di una distribuzione ∆ è una curva γ(t) su M tale
che per ogni t il vettore tangente γ̇(t) è un vettore di ∆. •
Definizione 1.7 – Due punti p1 e p2 si dicono ∆-accessibili se esiste una successione finita di
curve integrali di ∆ che congiungono p0 a p1 . L’accessibilità cosı̀ definita è una relazione di
equivalenza su M . Ogni classe di equivalenza prende il nome di classe di accessibilità di ∆.
•
Se m = dim M , allora dim ∆ = m + r e quindi la sua co-dimensione è uguale a 2m − (m + r) =
m − r. Come sottovarietà di T M , ∆ può allora essere localmente rappresentata da un sistema
di equazioni indipendenti f a (x, ẋ) = 0 (a = 1, ..., m − r). Tuttavia, per il fatto che ∆ è costituita
1
Per sottovarietà immersa s’intende qui un sottoinsieme S ⊂ M dotato di una struttura di varietà differenziabile
tale che l’inezione canonica di S in M è un’immersione (la topologia di S non è necessariamente quella indotta
da M ).
2
2. Il teorema di Frobenius
da sottospazi di spazi tangenti, queste equazioni devono essere lineari omogenee nelle ẋ, cioè del
tipo
θia (x) ẋi = 0.
L’indipendenza di queste equazioni equivale all’indipendenza delle 1-forme
θa = θia dxi ,
che sono forme annichilanti. Un sistema di m − r forme annichilanti prende il nome di base di
forme caratteristiche di ∆.
Un insieme di r campi vettoriali ∆-compatibili Xα (α = 1, ..., r) indipendenti in ogni punto del
loro campo di definizione prende il nome di base di generatori di ∆. L’indipendenza di tali
generatori equivale alla massimalità del rango della matrice m × r [Xαi ] delle loro componenti.
Tra generatori e forme caratteristiche vale ovviamente la relazione
hXα , θai = Xαi θia = 0.
2
Il teorema di Frobenius
Definizione 2.1 – Una distribuzione ∆ si dice completamente integrabile se per ogni punto
p di M esiste una varietà integrale che contiene p. •
Definizione 2.2 – Una distribuzione ∆ si dice involutiva se lo spazio D∆ dei campi ∆compatibili è una sottoalgebra di Lie dell’algebra di Lie di tutti i campi vettoriali X (M ) su M ,
cioè se
X, Y ∈ D∆ =⇒ [X, Y ] ∈ D∆ . •
Queste due nozioni, apparentemente distanti tra loro, perché la prima ha carattere integrale
mentre la seconda ha carattere differenziale, sono in realtà equivalente. Sussiste infatti il seguente
fondamentale teorema di Frobenius:2
Teorema 2.1 – Una distribuzione è integrabile se e solo se è involutiva.
L’involutività di una distribuzione si può caratterizzare attraverso sistemmi di generatori locali:
Teorema 2.2 – Una distribuzione ∆ è involutiva se e solo se per una qualunque sua base di
generatori Xα le parentesi di Lie [Xα, Xβ ] sono combinazioni lineari dei generatori stessi, cioè
(2)
γ
[Xα, Xβ ] = Fαβ
Xγ
γ
con Fαβ
funzioni opportune.3
Nel caso di completa integrabilità le varietà integrali formano un fogliettamento di M , cioè
una partizione di M in sottovarietà disgiunte.
Per quel che riguarda le classi di accessibilità si dimostra che:
2
3
Di non semplice dimostrazione.
Di semplice dimostrazione.
3
2. Il teorema di Frobenius
Teorema 2.3 – Le classi di accessibilità di una distribuzione involutiva sono le varietà integrali
connesse massimali.
Per definizione, una varietà integrale è massimale se non è contenuta propriamente in un’altra
varietà integrale.
In alternativa al Teorema 2.2, l’involutività di una distribuzione ∆ si può caratterizzare mediante
basi di forme caratteristiche:
Teorema 2.4 – Una distribuzione ∆ è involutiva se e solo se per una qualunque sua base di
forme caratteristiche (θa ) risultano soddisfatte le equazioni
(3)
dθa ∧ θ1 ∧ . . . ∧ θm−r = 0,
con a = 1, . . . , m − r.
Dimostrazione. Si tratta di dimostrare l’equivalenza delle condizioni (2) and (3). Facciamolo
per una distribuzione di rango r = m − 1 (nel caso generale la dimostrazione è analoga, solo
un po’ più complessa). In questo caso una base di forme caratteristiche è costituita da una sola
forma caratteristica θ e la condizione (3) diventa
(4)
dθ ∧ θ = 0
Osserviamo che un campo vettoriale X ∆-compatibile è caratterizzato dalla condizione iX θ =
hX, θi = 0. Utilizziamo la regola di Leibniz per il prodotto interno iX :
(5)
iX (ϕ ∧ ψ) = iX ϕ ∧ ψ + (−1)p ϕ ∧ iX ψ,
dove p è il grado di ϕ. Applichiamola a dθ ∧ θ (p = 2):
iX (dθ ∧ ψ) = iX dθ ∧ θ + dθ ∧ iX θ.
Se X è ∆-compatibile:
iX (dθ ∧ θ) = iX dθ ∧ θ.
Applichiamo ad ambo i membri il prodotto interno iY con Y ancora ∆-compatibile. Sempre
utilizzando la regola di Leibniz otteniamo:
iY iX (dθ ∧ θ) = iY iX dθ ∧ θ.
Adesso richiamiamo la formula generale
iY iX dθ = iX diY θ − iY diX θ − i[X,Y ]θ,
che nel nostro caso si riduce a
iY iX dθ = − i[X,Y ] θ.
Otteniamo:
iY iX (dθ ∧ θ) = − i[X,Y ]θ ∧ θ = − (i[X,Y ] θ) θ,
4
3. Funzioni integrali
osservato che i[X,Y ]θ è una funzione. Infine, applicando ad ambo i membri di questa uguaglianza
il prodotto interno iZ con Z qualsiasi, otteniamo:4
iZ iY iX (dθ ∧ θ) = iZ θ i[Y,X] θ.
Questa uguaglianza è valida per ogni coppia di vettori X e Y ∆-compatibili e per Z qualsiasi.
Ma se consideriamo Z arbitrario non compatibile allora vale l’equivalenza:
dθ ∧ θ = 0 ⇐⇒ iZ iY iX (dθ ∧ θ) = 0, ∀ X, Y ∈ D∆ , ∀Z ∈
/ D∆ .
Allora, per la (6),
dθ ∧ θ = 0 ⇐⇒ iZ θ i[Y,X]θ = 0, ∀ X, Y ∈ D∆ , ∀Z ∈
/ D∆ .
Ma iZ θ 6= 0 perché Z ∈
/ D∆ . Dunque:
dθ ∧ θ = 0 ⇐⇒ i[Y,X]θ = 0, ∀ X, Y ∈ D∆ ,
ovvero
dθ ∧ θ = 0 ⇐⇒ [Y, X] ∈ D∆ , ∀ X, Y ∈ D∆ .
Questo mostra che dθ ∧ θ = 0 se e solo se D∆ è involutiva. 2
3
Funzioni integrali
Le definizioni di funzione integrale
(7)
v(F ) = 0 ∀v ∈ ∆
e quella di curva integrale di una distribuzione ∆ di rango r mostrano chiaramente che una
funzione integrale è costante su ogni classe di accessibilità, quindi in particolare che una funzione
integrale è costante su ogni eventuale varietà integrale.
Questo mostra come la conoscenza delle funzioni integrali sia strettamente correlata alla conoscenza delle varietà integrali e delle classi di accessibilità.
La definizione di funzione integrale (7) equivale alla condizione
hX, dF i = 0,
4
∀ X ∈ D∆ .
Partendo dalle definizioni delle derivazioni iX and dX associate ad un campo vettoriale X si dimostra l’uguaglianza
(6)
iX iY iZ (dθ ∧ θ) = iX θ [dY iZ θ − dZ iY θ − i[Y,Z] θ] + p.c.
dove con p.c. si intendo i temini ottenuti con le permutazioni cicliche dei campi vettoriali. Nel caso in cui X e Y
sia compatibili quest’identità si riduce a
iX iY iZ (dθ ∧ θ) = − iZ θ i[X,Y ] θ.
5
3. Funzioni integrali
Di conseguenza, data una base di generatori locali (Xα), le funzioni integrali sono le soluzioni
delle equazioni
(8)
Xαi
∂F
=0
∂xi
(α = 1, . . . , r).
Si tratta di un sistema di equazioni alle derivate parziali, lineari omogenee.
Possono anche non esistere funzioni integrali globali. Sull’esistenza locale di funzioni integrali
sussitono i seguenti teoremi.
Teorema 3.1 – (teorema di Frobenius locale) Una distribuzione regolare ∆ è involutiva se
e solo se ammette localmente delle coordinate adattate, cioè delle coordinate (ui ) = (uα, ua)
tali che le corrispondenti derivate parziali
(9)
Xα =
∂
∂uα
(α = 1, . . . , r)
intese come campi vettoriali, sono generatori locali di ∆.
Dimostrazione. (i) Se ∆ è completamente integrabile, allora il fogliettamento delle sue varietà
integrali può essere localmente parametrizzato da coordinate (ui) = (uα , ua) tali che ognuna
delle varietà integrali è descritta dalle equazioni ua = ca = costante. Coordinate di questo tipo
sono dette adattate al fogliettamento. Di conseguenza i differenziali dua formano una base
di forme caratteristiche a basis of local characteristic forms e le derivazioni ∂/∂uα formano una
base di generatori. (ii) Il viceversa è ovvio, perché generatori del tipo (9), essendo delle derivate
parziali, commutano sempre, e quindi la condizione di involutività (2) è banalmente soddisfatta.
2
Teorema 3.2 – Una distribuzione (regolare) di rango r è involutiva (cioè completamente integrabile) se e solo se nell’intorno di ogni punto esiste una base di m − r funzioni integrali
(F a ) = (F 1 , ..., F m−r), vale a dire un insieme di m − r funzioni integrali indipendenti tali che
ogni altra funzione integrale in quell’intorno è funzionalmente dipendente da queste.5
Dimostrazione. È una conseguenza del teorema precedente. Basta osservare che in coordinate
adattate il sistema (8) diventa
∂F
= 0.
∂uα
La più generale soluzione di queste equazioni è chiaramente una qualsiasi funzione dipendente
solo dalle m − r coordinate (ua). Interpretate come funzioni su M , queste formano allora una
base di funzioni integrali: F a = ua . 2
Di qui segue il legame tra varietà integrali e funzioni integrali:
Corollario 3.1 – Determinata una base (F a ) di funzioni integrali allora le varietà integrali dela
distribuzione sono descritte dalle equazioni
F a (x) = ca = costante
5
Se F è una qualunque funzione integrale, allora esiste una funzione z = f (u1 , ..., um−r di m − r variabili tale che
F = f (F 1 , ..., F m−r ).
6
4. Il teorema di Chow
per ogni scelta ammissibile6 delle costanti ca.
Dimostrazione. Ricordiamo che un campo vettoriale X è tangente ad una sottovarietà S
definita da equazioni indipendenti F a = costante se e solo se hX, dSai|S = 0. 2
4
Il teorema di Chow
Abbiamo denotato con D∆ lo spazio dei campi vettoriali compatibili con una distribuzione ∆.
Denotiamo con D̄∆ la minima sottoalgebra di X (M ) contenente D∆ , che chiamiamo algebra
¯p ⊆
inviluppante di D∆ .7 Per ogni punto p ∈ M risulta allora determinato un sottospazio ∆
Tp M generato dai valori X(p) di tutti i campi X ∈ D̄∆ . Non è detto che la dimensione di
questi sottospazi sia la medesima per ogni p. Ma se questo accade allora risulta definita una
distribuzione
[
¯ =
¯p
(10)
∆
∆
p∈M
regolare di rango r̄ > r (r rango di ∆) e involutiva quindi completamente integrabile. Diciamo
allora che la distribuzione originaria ∆ è una distribuzione di Chow.
Sussiste il seguente teorema di Chow:
Teorema 4.1 – Se ∆ è una distribuzione di Chow allora:
¯
(i) le sue classi di accessibilità sono le varietà integrali connesse massimali di ∆.
¯
(ii) le sue funzioni integrali sono tutte e sole le funzioni integrali di ∆.
Si noti che:
¯ hanno dimensione uguale a r̄ < r.
(i) le varietà integrali di ∆
(ii) una base di funzioni integrali è costituita da m − r̄ < m − r funzioni indipendenti. Ogni
altra funzione integrale è funzionalmente dipendente da queste.
Osservazione 4.1 – A partire da una base di generatori (Xα) di ∆ si può costruire l’algebra
inviluppante calcolando successivamente le parentesi di Lie
[Xα, Xβ ],
[[Xα, Xβ ], Xγ ], ,
[[[Xα, Xβ ], Xγ ], Xδ ] ...
Ci si arresta quando quando si ottengono campi vettoriali che sono combinazioni lineari dei
precedenti. Si va quindi a vedere la dimensione r(p) dei sottospazi di TpM da essi generati. Se
questa risulta essere indipendente da p si può applicare il teorema di Chow. •
6
7
Non tutti i valori delle ca sono in genere ammissibile. Per esempio, se F 1 è una funzione positiva, un valore
negativo o nullo della costante c1 non è ammissibile.
Per una ∆ involutiva si ha ovviamente D̄∆ = D∆ .
7
5. Esempi
5
Esempi
Esempio 5.1 – Sia M la varietà delle configurazioni di un sistema olonomo. I vettori tangenti
a M rappresentano gli atti di moto del sistema. Su questi possono essere imposti dei vincoli
(detti vincoli non olonomi), rappresentabili in un sottoinsieme ∆ del fibrato tangente T M .
Il caso più frequente in meccanica è quello di vincoli lineari (in genere dovuti a fenomeni di
rotolamento senza strisciamento), per cui ∆ è una distribuzione. Si pone allora il problema di
determinare quali configurazioni sono raggiungibili, partendo da una configurazione iniziale assegnata, compatibilmente con i vincoli di velocità imposti. Ciò corrisponde (nel caso puramente
cinematico) a determinare le classi di accessibilità dei generatori di ∆. •
Esempio 5.2 – Consideriamo un disco di raggio R su cui è marcato un raggio (‘tacca’).
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O
v
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u ·········
Configurazione finale x
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Configurazione iniziale x
x
Figura 1: Esempio 5.2.
Appoggiamolo perpendicolarmente ad un piano (O, x, y) in un certa configurazione iniziale x0 .
Pensiamo and un’altra configurazione finale x1 . Ci chiediamo se è possibile passare dall’una
8
5. Esempi
all’altra configurazione facendo rotolare il disco sul piano, senza strisciamento e mantenendolo
sempre perpendicolare al piano stesso. Osserviamo che ogni possibile configurazione del disco è
determinata dal valore delle seguenti coordinate lagrangiane:
x1 = x
coordinata x del punto di contatto (ovvero del centro del disco),
x2 = y
coordinata y del punto di contatto,
x3 = u
angolo di rotazione della tacca rispetto alla verticale,
x4
angolo tra piano del disco e asse x.
=v
La varietà delle configurazioni M è quindi
M = R × R × S1 × S1 = R2 × T2 .
Il vincolo di puro rotolamento è espresso dalla condizione che la la velcità del punto del disco
a contatto col piano deve sempre essere nulla. Applicando noti teoremi di cinematica del corpo
rigido si trova che questa condizione equivale alle seguenti due equazioni:
(
ẋ + R sin v u̇ = 0,
(11)
ẏ + R cos v u̇ = 0,
Essendo lineari nelle velocità lagrangiane e indipendenti, queste due equazioni definiscono una
ditribuzione ∆ ⊂ T M di rango r = 2, essendo dim M = 4. Queste equazioni mostrano che le
due 1-forme
( 1
θ = dx + R sin v du,
θ2 = dy + R cos v du,
formano una base di forme caratteristiche di ∆. Posto che la rappresentazione di un generico
campo vettoriale X su M è del tipo
X = X x ∂x + X y ∂y + X u ∂u + X v ∂v ,
i campi ∆-compatibili sono caratterizzati dalle due equazioni
(
hX, θ1 = X x + R sin v X u = 0,
hX, θ2 = X y + R cos v X u = 0,
Se poniamo X u = − α troviamo
(
X x = α R sin v,
X y = α R cos v.
Quindi i campi ∆-compatibili sono del tipo
X = α R sin v ∂x + R cos v ∂y − ∂u + β ∂v
posto β = X v . Ciò mostra che i due campi vettoriali
(
X1 = ∂v ,
(12)
Xα :
X2 = R (sin v ∂x + cos v ∂y ) − ∂u ,
9
5. Esempi
formano una base di generatori di ∆. La loro parentesi di Lie,
X3 = [X1 , X2 ] = R cos v ∂x − sin v ∂y
non è una combinazione lineare di X1 and X2 . Dunque la distribuzione non è involutiva.
Procediamo alla costruzione dell’algebra inviluppante D̄∆ , calcolando le parentesi di Lie:
[X1 , X3 ] = R [∂v , cos v ∂x − sin v ∂y ] = − R (sin v ∂x + cos v ∂y ) = − X2 − ∂u ,
[X2 , X3 ] = R [R (sin v ∂x + cos v ∂y ) − ∂u , cos v ∂x − sin v ∂y ] = 0.
I campi X1 , X2 e X3 = [X1 , X2 ] non formano ancora una sottoalgebra di Lie per la presenza
di ∂u in [X1 , X3]. Aggiungiamo allora questo quarto vettore: X4 = ∂u . I quattro vettori cosı̀
determinati,

X1 = ∂v ,





 X2 = R (sin v ∂x + cos v ∂y ) − ∂u ,

X3 = R cos v ∂x − sin v ∂y ,





X4 = ∂u ,
sono indipendenti in ogni punto di M . Generano quindi l’algebra inviluppante D̄∆ . Ma sono
quattro, tanti quanto la dimensione di M . Dunque D̄∆ coincide con tutto lo spazio dei campi
¯ coincide con l’intero fibrato tangente T M . Conclusione: la
vettoriali su M e la distribuzione ∆
¯ coincide con T M (il suo rango è r̄ = m) e ammette
distribuzione ∆ è di Chow, la distribuzione ∆
quindi una sola varietà integrale: l’intera varietà delle configurazioni M . Questa, sempre per
il teorema di Chow, è la sola classe di accessibilità. Pertanto qualunque sia la configurazione
finale x1 , la posso sempre raggiungere partendo da qualunque configurazione iniziale x0 , facendo
rotolare il disco secondo un ‘opportuno’ cammino. Questo ‘oppotuno’ è ignoto, e non è neanche
unico. Ma sappiamo che esiste. •
Esempio 5.3 – Modifichiamo l’apparato dell’esempio precedente aggiungendo un secondo disco
D2 , dello stesso raggio R, avente asse in comune con il primo disco D1 , e distanza costante da
questo.8 La varietà delle configurazioni è ora
M = R × R × S1 × S1 × S1 = R2 × T3
con coordinate lagrangiane (x1 , x2, x3 , x4 , x5 ) = (x, y, u, v, w). Infatti, rispetto al caso precedente, dobbiamo solo aggiungere l’angolo di rotazione w del secondo disco. Ora è m = dim M =
5.
8
Il vincolo di puro rotolamente risulta espresso dalle 3 equazioni

ẋ + R sin v u̇ = 0,



ẏ + R cos v u̇ = 0,



v̇ + ` ẇ = 0,
In effetti, si potrabbe dimostrare che questa distanza, se i due dischi si muovono con puro rotolamento, resta
comunque costante.
10
5. Esempi
Figura 2: Dischi coassiali su di un piano.
dove ` è la lunghezza dell’asse dei dischi. Queste definiscono una distribuzione ∆ ⊂ T M di
rango r = m − 3 = 2. Le forme caratteristiche corrispondenti a queste equazioni sono:

θ1 = dx + R sin v du,



θ2 = dy + R cos v du,


 3
θ = dv + ` dw.
I campi ∆-compatibili sono caratterizzati dalle equazioni

X x + R sin v X u = 0,



X y + R cos v X u = 0,


 v
X + ` X w = 0.
Ponendo X u = − α troviamo
 x
X = α R sin v,



X y = α R cos v,


 4
X = − ` X w.
Quindi i campi compatibili sono del tipo:
1
X = α (R sin v ∂x + R cos v ∂y − ∂u + β ∂v − ∂w ).
`
con β = X v . Di qui si possono trarre due i vettori


 X1 = ∂v − 1 ∂w ,
`

 X = R (sin v ∂ + cos v ∂ ) − ∂ ,
2
x
y
u
11
5. Esempi
atti a formare una base di generatori. La loro parentesi di Lie,
X3 = [X1 , X2 ] = [∂v −
1
∂w , R (sin v ∂x + cos v ∂y ) − ∂u ]
`
= [∂v , R (sin v ∂x + cos v ∂y )]
= R (cos v ∂x − sin v ∂y ),
non è una combinazione lineare di X1 e X2 . Inoltre:
[X1 , X3] = R [∂v −
1
`
∂w , cos v ∂x − sin v ∂y ] = R [∂v , cos v ∂x − sin v ∂y ]
= − R (sin v ∂x + cos v ∂y ) = − X2 − ∂u ,
[X2 , X3] = R [R (sin v ∂x + cos v ∂y ) − ∂u , cos v ∂x − sin v ∂y ] = 0.
.
Ciò suggerisce di aggiungere il vettore X4 = ∂u . Abbiamo cosı̀ determinato quattro campi
vettoriali (X1 , X2, X3 , X4 ) generatori dell’algebra inviluppante D̄∆ :

1


X1 = ∂v − ∂w ,


`


 X = R (sin v ∂ + cos v ∂ ) − ∂ ,
2
x
y
u
(13)
Xα :


X3 = R (cos v ∂x − sin v ∂y ),




 X =∂ .
4
u
In ogni punto p di M questi sono indipendenti e generano quindi un sottospazio ∆p ⊂ TpM di
¯ ha rango
dimensione 4. Concludiamo che ∆ è una distribuzione di Chow e la distribuzione ∆
r̄ = 4. Ma ora la varietà delle configurazioni M ha dimensione 5. Quindi le classi di accessibilità
sono sottovarietà di co-dimensione 1. Questo significa che, a partire da una configurazione
iniziale x0 non tutte le configurazioni finali x1 proposte sono accessibili.
Figura 3: Accessibilità fra coppie di dischi coassiali.
¯ Visto che r̄ = 4 = dim M − 1 queste si
Cerchiamo le forme annichilanti della distribuzione ∆.
riducono a una soltanto, a meno di un fattore moltiplicativo. Una generica 1-forma su M è del
12
6. I teoremi di Sussmann*
tipo
θ = α dx + β dy + γ du + δ dv + dw.
Questa è annichilante se soddisfa alle quattro condizioni hXα, θi = 0, le quali si traducono nel
sistema di equazioni

` δ − = 0,





 R (sin v α + cos v β) − γ = 0,
che subito si riduce a

cos v α − sin v β = 0,





γ = 0,

γ = 0,





 = ` δ,

sin v α + cos v β = 0,





cos v α − sin v β = 0.
Il sistema delle ultime due equazioni, lineare nelle due incognite (α, β), avendo determinante
−1, quindi diverso da 0, ammette la sola soluzione banale α = β = 0. Di conseguenza troviamo
che
θ = δ (dv + ` dw),
ovvero trascurando il fattore δ, che
θ = dv + ` dw
¯ Questa è una 1-forma chiusa che ammette il potenziale
è una forma caratteristica di ∆.
F = v + ` w.
Siccome θ soddisfa alle quattro equazioni hXα, θi = 0, e θ = dF , segue che la funzione F =
¯ Abbiamo allora un semplice criterio per stabilire se due
v + ` w è una funzione integrale di ∆.
configurazioni x0 e x1 sono mutuamente accessibili: è necessario e sufficiente che gli angoli v e
w soddisfino la condizione v0 + ` w0 = v1 + ` w1 . •
6
I teoremi di Sussmann*
Il Teorema di Chow è un’estensione del Teorema di Frobenius: nel caso di una distribuzione
involutiva le varietà integrali massimali coincidono con le classi di accessibilità. Entrambi discendono da due teoremi più generali dovuti a H.J. Sussmann, di grande portata per svariate
applicazioni.
Sia D un insieme9 di campi vettoriali differenziabili. In ogni punto p ∈ M esso genera un
sottospazio ∆p ⊆ TpM di dimensione r(p). Questa dimensione dipende da p. Lunione di tutti i
vettori di tutti questi sottospazi
[
∆D =
∆p
p∈M
9
Non si fa alcuna ipotesi strutturale su questo insieme. Può anche non essere un sottospazion di X (M ). Di qui
l’assoluta generalità delle considerazioni che andiamo a svolgere.
7. Integrating factors
13
è una distribuzione singolare su M , nel senso della Osservazione 1.1.
Oltre alla distribuzione ∆D , l’insieme D genera una seconda distribuzione PD , in generale diversa
dalla precedente, definita alla maniera seguente: PD è la minima distribuzione contenente ∆D
e D-invariante, cioè tale che
T ϕt PD (p) = PD ϕt(p) ,
per ogni p ∈ M e per ogni flusso ϕ (eventualmente locale) associato agli elementi di D.
Il primo teorema di Sussmann prende in considerazione le orbite di D:
Teorema 6.1 – Sia D un insieme di campi vettoriali differenziabili su di una varietà M .
(i) Ogni orbita S di D ammette un’unica struttura differenziabile per cui è una sottovarietà
(immersa) di M . La dimensione di S è uguale alla dimensione di PD (p) ⊆ TpM , qualunque
sia il punto p ∈ S.
(ii) Con la struttura differenziabile di cui al punto (i) ogni orbita di D è una varietà integrale
connessa massimale di PD .
Corollario:
Teorema 6.2 – Sia D un insieme di campi vettoriali differenziabili su di una varietà M . Allora:
(i) Per ogni punto p ∈ M passa una ed una sola varietà integrale connessa massimale della
distribuzione PD .
(ii) PD è una distribuzione involutiva.
Il secondo teorema di Sussmann prende in considerazione i generatori di una distribuzione.
Teorema 6.3 – Sia ∆D la distribuzione generata da un insieme D di campi vettoriali differenziabili. Le seguenti proprietà sono equivalenti:
(i) ∆D è D-invariante.
(ii) ∆D = PD .
7
Integrating factors
As we know, if a one-form θ is exact, θ = dF , then it is closed: dθ = 0, since d2 = 0. Conversely,
if θ is closed, then it is locally exact: for each point p ∈ M there exists a neighborhood Up and
a function F : Up → R such that θ|Up = dF . Such a function F is called a local potential of θ.
It is well known that the problem of finding local potentials for closed 1-forms is solvable by
quadratures i.e., by simple integrals. We consider this fact as a fundamental integrability
theorem.
We consider a more general problem.
Definizione 7.1 – Let θ be a no-where vanishing one-form. If θ is not closed, we call integrating factor any function f such that d(f θ) = 0.•
14
7. Integrating factors
Teorema 7.1 – A one-form θ admits an integrating factor if and only if dθ ∧ θ = 0.
Dimostrazione. If d(f θ) = 0, then
(14)
df ∧ θ + f dθ = 0.
If we multiply this equation by ∧ θ, then we get
dθ ∧ θ = 0.
Conversely, assume that this conditions is fulfilled. If we consider θ as a characteristic form of a
regular distribution ∆ of rank r = n−1, then the distribution is completely integrable (Theorem
2.4, equation (4)). As a consequence, there exists an integral function F , with dF 6= 0. The
differential dF is another characteristic form, so that there exists a function f 6= 0 such that
dF = f θ.
Since ddF = 0, we have d(f θ) = 0 and f is an integrating factor. 2
If dθ ∧ θ = 0, then an integrating factor is determined by an algebraic procedure and simple
integrals. Indeed, from (14) we get
θ ∧ d log |f | = dθ.
This shows that when an integrating factor exists, then dθ has the form
(15)
dθ = θ ∧ α,
where α is a closed one-form. In a concrete application, the form α can be determined from the
expression of dθ by an algebraic analysis of equation (15). When this is done, a local potential
u can be found by quadratures. Being α = du = d log |f |, we get, up to an inessential additive
constant, u = log |f |, so that f = eu is an integrating factor.
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