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Relazione integrativa

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Relazione integrativa
Regione Molise – Studio del Rischio Idrogeologico nella Regione
1
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STUDIO DEL RISCHIO IDROGEOLOGICO NELLA REGIONE MOLISE
SEZIONE B - RISCHIO IDRAULICO
RELAZIONE INTEGRATIVA
INDICE
1
PREMESSA __________________________________________________ 2
2
RISPOSTE ALLE OSSERVAZIONI ________________________________ 5
2.1 Risposta all’osservazione punto 1___________________________________5
2.2 Risposta all’osservazione punto 2___________________________________5
2.2.1
Confronto con le indicazioni fornite dal criterio “visuale” ______________________ 7
2.2.2
Confronto con le indicazioni della formula di Cowan ________________________ 18
2.2.3
Confronto con studi analoghi __________________________________________ 20
2.2.4
Confronto con scale di deflusso note ____________________________________ 21
2.2.5
Conclusioni ________________________________________________________ 23
2.3 Risposta all’osservazione punto 3__________________________________25
2.4 Risposta all’osservazione punto 4__________________________________26
2.5 Risposta all’osservazione punto 5__________________________________27
2.6 Risposta all’osservazione punto 6__________________________________28
Europrogetti & Finanza – Sudgest – Physis
Regione Molise – Studio del Rischio Idrogeologico nella Regione
2
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1 PREMESSA
Con nota prot. 5978 del 5.6.2001 la Regione Molise ha formulato una serie di
osservazioni sui risultati dello “Studio del Rischio Idrogeologico nella Regione”
contenuti negli elaborati consegnati dall’A.T.I. Europrogetti & Finanza – Sudgest –
Physis in data 10.5.2001.
Per quanto attiene alla Sezione B – Rischio idraulico, la Regione Molise ha
formulato le seguenti osservazioni che qui si riportano integralmente:
“1.
il modello utilizzato per la schematizzazione del territorio e degli apporti in
alveo appare rispondente alle reali situazioni morfologiche e geologiche,
per cui anche le portate stimate a 30 – 100 – 200 anni sono confrontabili
con i dati storici disponibili e con gli studi di settore precedentemente svolti;
2.
il modello idraulico di deflusso in alveo delle portate non corrisponde invece
ai dati ed alle misurazioni disponibili, con particolare riferimento al livello del
pelo libero della corrente, in quanto risulta sottostimata la velocità del
liquido, per cui si chiede di verificare i coefficienti di scabrezza adottati;
3.
si chiede la verifica della quota di fondo alveo alla stazione di rilievamento
di Alto Pantano sul basso Biferno;
4.
i casi di rischio segnalati in corrispondenza dei ponti stradali devono essere
studiati, per la mitigazione degli effetti negativi, anche mediante la
risagomatura dell’alveo, in alternativa alla rimozione delle infrastrutture,
anche se tale studio potrà essere approfondito in fase di redazione del
Piano Stralcio;
5.
la pericolosità delle aree studiate viene caratterizzata su tre livelli (P0 – P1
– P2), ma si ritiene opportuno in fase di Piano Stralcio rendere omogenea la
trattazione al livello di rischio su quattro modulazioni (P1 – P2 – P3 – P4),
con relative successive misure di salvaguardia;
6.
la presenza di grandi bacini di laminazione (come la diga del Liscione)
comporta una accurata regimentazione dei deflussi a valle, per cui si ritiene
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necessario rimodulare le portate a valle dell’invaso tenendo conto della
quota di 125.5 m come quota di massimo invaso di regolazione ordinaria.”
Dopo le necessarie riflessioni sulle sopra riportate osservazioni, l’A.T.I. ha fornito
le relative risposte che formano oggetto della presente relazione, la quale pertanto
costituisce integrazione, con i relativi allegati, degli elaborati già consegnati in data
10.5.2001.
Per quanto riguarda l’osservazione sub 2, peraltro non supportata da dati oggettivi
in quanto quelli dichiarati come “disponibili” non sono stati in realtà né forniti né
indicati, è stato eseguito un confronto con studi analoghi e con quanto reperibile in
letteratura, evidenziando come i coefficienti di scabrezza utilizzati siano
perfettamente congruenti con lo stato attuale degli alvei se non addirittura
ottimistici riguardo al F. Biferno, nel senso di condurre ad una sottostima dei livelli
di piena in alveo.
Relativamente all’osservazione sub 3, è stato operato un confronto tra il rilievo
eseguito per il presente Studio ed il rilievo eseguito alcuni anni fa per un
precedente studio, riscontrando modeste differenze della quota in questione
imputabili senz’altro alla normale dinamica d’alveo.
Per quanto concerne l’osservazione sub 4 non si nega la possibilità di soluzioni
alternative a quelle indicate per la mitigazione del rischio in corrispondenza degli
attraversamenti e più economiche; si fa presente, tuttavia, che per la loro effettiva
fattibilità sono necessarie analisi di dettaglio che possono essere condotte in sede
di redazione di Piano Stralcio e che comunque la differenza economica rientra nei
margini d’errore della stima del costo complessivo degli interventi di messa in
sicurezza.
Riguardo all’osservazione sub 5, si concorda con la proposta di introdurre una
ulteriore fascia di pericolosità in sede di redazione di Piano Stralcio, che può
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essere convenientemente individuata nelle aree inondabili per Tr compresi tra 200
e 500 anni.
Infine, per quanto riguarda l’osservazione indicata sub 6, si fa presente come non
siano state fornite nel dettaglio le modalità di gestione definitive della diga del
Liscione in concomitanza di eventi di piena straordinari, necessarie per la stima
della laminazione dei volumi operabile dall’invaso; pur tuttavia, si è proceduto ad
una nuova verifica idraulica dell’intero tratto del Fiume Biferno a valle dell’invaso
del Liscione e conseguente nuova perimetrazione delle aree inondabili per i soliti
tempi di ritorno, nell’ipotesi cautelativa e verosimile di invaso già al massimo livello
di regolazione ed assenza di manovre agli scarichi durante il transito della piena,
ferma restando la possibilità di individuare, in fase di redazione del Piano Stralcio,
politiche gestionali di maggior efficienza ai fini della riduzione del rischio.
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2 RISPOSTE ALLE OSSERVAZIONI
2.1
Risposta all’osservazione punto 1
Trattandosi di osservazione di tipo meramente appovatorio non necessita di
risposta, ma si ringrazia comunque per il riscontro della bontà del modello
idrologico adottato.
2.2
Risposta all’osservazione punto 2
Purtroppo i dati e le misurazioni che vengono citati a supporto di quanto fatto
rilevare, e cioè che i livelli di piena in alveo forniti dal modello idraulico non
corrispondono a quelli reali, non sono stati forniti né indicati con maggior
precisione dalla Regione Molise.
Dunque non è stato possibile un confronto su base oggettiva per stabilire in quali
tratti fluviali studiati sia osservabile tale discrepanza di livelli idrici e se si tratti di
errore di sovrastima o di sottostima.
Ad ogni buon conto, poiché nella nota è stato precisato che la causa della
suddetta presunta non corrispondenza risiede in una sottostima delle velocità di
deflusso in alveo e si è richiesto esplicitamente la verifica dei coefficienti di
scabrezza adottati nel modello, resta chiaro che i livelli di piena forniti da modello
sono apparsi affetti da errore di sovrastima e che quindi i valori adottati per il
coefficiente n di scabrezza secondo Manning siano stati reputati eccessivi.
Pertanto, ci si è limitati a verificare la congruità o meno dei valori del coefficiente di
Manning utilizzati e per fare ciò si è fatto ricorso a quanto disponibile in letteratura
scientifica per la stima di tale coefficiente, nonché al confronto con studi analoghi
al presente.
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Come è noto, il coefficiente n di Manning, definito attraverso la omonima formula:
U=
1 0.66 0.5
R J
n
(1)
ove gli altri simboli hanno il seguente significato:
U
velocità media della corrente
R
raggio idraulico della sezione liquida
J
cadente dell’energia, ossia perdita di carico per unità di lunghezza
tiene conto globalmente di tutti quei fattori geometrici in grado di determinare
maggiori o minori dissipazioni energetiche per la corrente, cioè:
- materiale d’alveo
- irregolarità della sezione
- variazioni di sezione
- presenza di ostruzioni e di vegetazione
- sviluppo tortuoso dell’asta fluviale
Maggiore è il coefficiente di Manning, maggiori sono le dissipazioni e quindi le
altezze d’acqua a parità di portata e caratteristiche geometriche.
È bene ricordare che il valore da attribuire al coefficiente n dipende dall’estensione
della porzione d’alveo interessata dal deflusso, e quindi dall’entità della portata
transitante; in particolare, per simulazioni di piene fluviali straordinarie quali sono
quelle prese in considerazione dallo Studio, che interessano per buona parte le
aree golenali adiacenti all’alveo di magra, il coefficiente avrà un valore senz’altro
maggiore di quello da utilizzare invece per i deflussi di magra e di piena
ordianaria, a causa della maggior presenza di vegetazione e di accidentalità nelle
aree golenali che non nell’alveo propriamente detto.
Il valore di n impiegato nelle verifiche idrauliche condotte nell’ambito dello Studio
riflette i fattori sopraelencati ed è leggermente variabile da sezione a sezione;
pertanto, una volta calcolato il valore di n per ciascuna sezione fluviale a partire
dal valore del coefficiente adimensionale di Chezy C fornito dal modello idraulico,
ed è stata poi eseguita una operazione di media pesata con le lunghezze dei
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singoli tronchi da sezione a sezione onde fornire un valore indicativo per ciascuno
dei tratti fluviali oggetto di studio. Tali valori medi sono riportati in TABELLA 1:
Tratto studiato
n
Ks
T. Callora e T. il Rio
0.042
24
F. Biferno (tratto loc. Bojano)
0.031
32
F. Biferno (tratto loc. Covatta di Ripalimosani)
0.029
35
F. Biferno (tratto a valle diga del Liscione)
0.039
26
T. Cigno (tratto terminale)
0.035
28
T. Sinarca (tratto terminale)
0.031
32
F. Trigno (tratto terminale)
0.033
30
TABELLA 1 – Valori medi del coefficiente di scabrezza n secondo Manning e
Ks secondo Gauckler-Strickler impiegati nel modello utilizzato
Si è quindi proceduto a verificare con vari criteri se i suddetti valori di n fossero
realmente eccessivi.
2.2.1 Confronto con le indicazioni fornite dal criterio “visuale”
Una utile pubblicazione in grado di fornire indicazioni sul valore del coefficiente n
di scabrezza di Manning è: V.T. Chow – “Open-channel hydraulics”, McGraw-Hill,
Tokyo, 1959, nella quale si suggerisce, fra gli altri, un criterio molto pratico
utilizzato negli Stati Uniti, che fornisce un valore indicativo di n per svariate
tipologie
di
corsi
d’acqua
naturali
o
artificiali
esemplate
ciascuna
da
un’illustrazione fotografica. Sono state riprodotte nelle FIGURE 1-6 alcune di tali
illustrazioni, con l’indicazione in didascalia del coefficiente n relativo.
Osservando la situazione attuale dei tratti studiati, rappresentata nelle linee
generali dalle riprese fotografiche eseguite in occasione della campagna di rilievo
condotta nei primi mesi del 2001 e di cui si riporta un campione nelle FIGURE 717, si possono ravvisare notevoli analogie soprattutto con le fotografie delle
FIGURE 3 e 5 (per quanto riguarda il basso Biferno): abbiamo infatti la presenza
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di una fitta vegetazione arborea che ricopre le sponde e spesso si protende anche
nell’alveo di magra. Tale vegetazione è evidente soprattutto per l’asta fluviale del
Biferno nel tratto finale Guglionesi-Termoli, come mostra la foto aerea della zona
del vecchio ponte di Altopantano (FIGURA 18).
FIGURA 1 - Tipico corso d’acqua con n = 0.035 (da Chow)
FIGURA 2 - Tipico corso d’acqua con n = 0.045 (da Chow)
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FIGURA 3 – Tipico corso d’acqua con n = 0.060 (da Chow)
FIGURA 4 - Tipico corso d’acqua con n = 0.080 (da Chow)
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FIGURA 5 - Tipico corso d’acqua con n = 0.110 (da Chow)
FIGURA 6 - Tipico corso d’acqua con n = 0.125 (da Chow)
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Dunque, tenendo presente i valori riportati nelle didascalie delle fotografie e la
TABELLA 1, il criterio fotografico suggerirebbe valori di n sensibilmente più alti di
quelli utilizzati nello Studio per il Basso e Alto Biferno, Callora, Rio, Sinarca,
mentre per Cigno e Trigno i valori utilizzati apparirebbero sostanzialmente congrui.
In effetti nello Studio si è voluto tener conto, in via ottimistica, della futura
realizzazione di interventi di ripulitura migliorativi dell’efficienza idraulica di cui
innegabilmente abbisognano i corsi d’acqua studiati.
FIGURA 7 – Torrente Callora alla sezione CA0010 (zona Bojano)
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FIGURA 8 – Fiume Biferno alla confluenza con il Torrente il Rio (zona Bojano)
FIGURA 9 – Torrente il Rio alla sezione RI0011 (zona Bojano)
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FIGURA 10 – Fiume Biferno nei pressi di Guglionesi (sezione BI3038)
FIGURA 11 – Fiume Biferno a valle confluenza T. Cigno (sezione BI3054)
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FIGURA 12 – Fiume Biferno a valle di Altopantano (sezione BI3073)
FIGURA 13 – Fiume Biferno nei pressi dell’Autostrada A14 (sezione BI3089)
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FIGURA 14 – Torrente Cigno nel tratto finale (sezione CI0003)
FIGURA 15 – Torrente Sinarca (sezione SI0016)
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FIGURA 16 – Fiume Trigno presso Ponte Trigno (sezione TR0001)
FIGURA 17 – Fiume Trigno nel tratto finale (sezione TR0013)
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17
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FIGURA 18 – Aerofotografia del F. Biferno nella zona di Altopantano.
Si noti la presenza di una fitta vegetazione arborea che occupa quasi totalmente
l’alveo di piena nascondendo alla vista aerea buona parte dell’alveo di magra
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2.2.2 Confronto con le indicazioni della formula di Cowan
Un altro riferimento per la stima del coefficiente di Manning n è dato dalla formula
di Cowan, che tiene conto dei vari fattori che concorrono alla resistenza al moto:
n = (n0 + n1 + n 2 + n 3 + n 4 )m 5
dove i valori da assegnare ai parametri:
n0
resistenza al moto dovuta al materiale d’alveo
n1
resistenza al moto dovuta all’irregolarità della sezione
n2
resistenza al moto dovuta alle variazioni di sezione
n3
resistenza al moto dovuta alle ostruzioni
n4
resistenza al moto dovuta alla vegetazione
m5
resistenza al moto dovuta alla tortuosità dell’asta fluviale
sono tabulati in funzione di valutazioni qualitative dei vari fattori di resistenza.
In particolare:
n0 = 0.020 per sabbie e limi, 0.024 per ghiaia fine
n1 = 0.005 per sezioni poco irregolari
n2 = 0.000 per variazioni di sezione graduali
n3 = 0.000 per ostruzioni assenti o trascurabili
n4 = 0.010 per presenza medio-bassa di vegetazione, 0.025 per presenza medioalta, fino a valori di 0.100 per vegetazione fittissima
vegetazione molto fitta
m5 = 1 per aste abbastanza rettilinee, 1.15 se apprezzabilmente meandriformi
Ad esempio, secondo Cowan, per il Fiume Biferno a valle diga, ove abbiamo
prevalentemente sabbie, sezioni poco irregolari, variazioni graduali di sezione,
presenza medio-alta di vegetazione e sviluppo sensibilmente meandriforme
dell’asta (vedi FIGURA 19), si otterrebbe n = 0.057, che è un valore maggiore di
quello realmente utilizzato, pari a 0.039 (vedi TABELLA 1). Anche ammettendo, in
via ottimistica, che mediamente la presenza di vegetazione sia medio-bassa, si
otterrebbero valori comunque non inferiori a 0.040.
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FIGURA 19 – Aerofotografia del F. Biferno a monte di Altopantano.
Si noti l’assetto meandriforme dell’asta fluviale.
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Per il Torrente Sinarca, ove abbiamo ancora sedimenti fini, sezioni poco irregolari
con variazioni graduali, ma un livello medio-basso di vegetazione e tortuosità
minima dell’asta fluviale, si otterebbe, con la formula di Cowan, un n pari a 0.035,
contro il valore 0.031 impiegato nello Studio, dunque un grado di scabrezza
ancora una volta non inferiore a quello considerato nelle verifiche idrauliche.
2.2.3 Confronto con studi analoghi
Prendendo in considerazione studi analoghi, giova notare che nelle simulazioni
idrauliche eseguite per la definizione delle aree inondabili del Fiume Arno, in
Toscana, è stato impiegato un coefficiente di Manning pari a 0.036, valore frutto di
taratura su misure dirette di portata disponibili in alcune sezioni idrometriche e
quindi collaudato. Lo stato di manutenzione delle sponde e dell’alveo, soprattutto
per quanto concerne la presenza di vegetazione arborea, è buono, come mostrato
dalle FIGURE 20 e 21.
FIGURA 20 – Fiume Arno in loc. Sieci presso Pontassieve (FI)
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FIGURA 21 – Fiume Arno in loc. Vallina presso Bagno a Ripoli (FI)
Operando un confronto con le immagini del Fiume Biferno a valle della diga del
Liscione, ad esempio le FIGURE 10, 11, 12 e 13, è evidente come lo stato di
ingombro vegetazionale dell’alveo e delle sponde del basso Biferno è
sensibilmente peggiore di quello dell’Arno, ma nonostante ciò per il basso Biferno
è stato utilizzato un valore del coefficiente di Manning solo di poco superiore.
2.2.4 Confronto con scale di deflusso note
Sempre riguardo al basso corso del Fiume Biferno, per il quale è disponibile una
stazione idrometrica del S.I.M.N. fornita di scala di deflusso in loc. Altopantano, e
più precisamente alla sezione fluviale indicata in questo Studio col codice
BI3071_D, è stato eseguito anche un confronto tra i livelli forniti dal modello
idraulico e quelli forniti, in corrispondenza dei medesimi valori di portata,
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dall’ultima scala di deflusso disponibile (pubblicata sugli Annali Idrologici parte II
del 1992). Si sono riscontrate differenze notevoli, particolarmente sugli alti valori di
portata, come mostra il grafico in FIGURA 22: il modello sembra fornire livelli più
alti di circa 2 m.
16
15
14
Livello assoluto [m s.l.m.]
13
12
11
10
9
modello idraulico
8
scala deflusso S.I.M.N. 1992
7
6
5
0
100
200
300
400
500
600
700
800
900
1000
1100
1200
1300
1400
1500
Portata [mc/s]
FIGURA 22 – Confronto tra la scala di deflusso S.I.M.N. (1992) e quella ricostruita
da modello idraulico per la sezione di Altopantano sul F. Biferno
Bisogna tuttavia considerare che:
-
le vecchie scale di deflusso, nella parte relativa alle portate straordinarie,
sono sempre frutto di estrapolazioni ottenute spesso per via grafica e quindi con
margini di errore considerevoli;
-
anche la quota dello zero idrometrico dichiarata sugli Annali del S.I.M.N: è
spesso solo un’approssimazione di quella reale;
-
non vi è la certezza che la scala di deflusso sia stata rimodulata almeno per
le portate straordinarie dopo che, a partire dal 1968, sono stati eseguiti numerosi
interventi idraulici a valle di Altopantano, fra cui importanti opere di arginatura che
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hanno ridotto notevolmente la sezione di piena, provocando così un sensibile
rigurgito verso monte evidenziato anche dal modello impiegato nello Studio.
Al riguardo della considerazione al primo punto, si deve osservare che
attualmente si preferisce impiegare modelli idraulici in moto permanente, al fine di
ricavare una più corretta scala di deflusso per le alte portate, una volta eseguita,
se la situazione lo richiede, la taratura del parametro di scabrezza su misure
dirette di portata.
Al fine di verificare se la discrepanza osservata tra livelli da modello e livelli da
scala di deflusso per la suddetta stazione idrometrica del S.I.M.N. fosse dovuta ad
una sovrastima, anche soltanto locale, del coefficiente di scabrezza n, sono state
eseguite più simulazioni in moto permanente del tratto del Biferno che va dal
Ponte di Altopantano alla foce ognuna con un differente valore di n. Si è osservato
che, anche per coefficienti di scabrezza molto bassi e assolutamente improbabili
(quelli relativi al cemento lisciato!!!), i livelli non differivano molto da quelli
originariamente ottenuti nello Studio per n = 0.039 e quindi permanevano sempre
sensibilmente più alti di quelli forniti dalla scala di deflusso del S.I.M.N.: questo si
spiega con il prevalere, sugli effetti dissipativi, degli effetti delle trasformazioni
energetiche legate alla forte strozzatura della sezione (vedi FIGURA 23) operata
dagli argini artificiali presenti in fregio al corso d’acqua a valle di Altopantano fino
alla foce.
In conclusione, la scala di deflusso del S.I.M.N. relativa alla stazione idrometrica di
Biferno ad Altopantano non è adatta alla taratura del coefficiente di scabrezza e,
per di più, sembra anche fortemente errata almeno per le portate di piena.
2.2.5 Conclusioni
Sia il criterio fotografico di Chow, sia la formula di Cowan, sia il confronto con
collaudate verifiche idrauliche per fini analoghi dimostrano che i coefficienti di
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scabrezza utilizzati in questo Studio sono congrui o al più ottimistici, nel senso di
fornire valori dei livelli idrici in leggera sottostima.
Indicazioni in senso contrario sembrano essere fornite, per il basso Biferno, dal
confronto dei livelli idrici simulati con quelli ricavati dalla scala di deflusso S.I.M.N.
per la stazione idrometrica di Altopantano; tuttavia, varie ragioni portano a ritenere
questa scala di deflusso inattendibile nello stimare correttamente le portate di
piena straordinarie.
FIGURA 23 – Confronto tra la sezione del F. Biferno immediatamente a valle
dell’idrometro di Altopantano (BI3072) e quella successiva più a valle (BI3074).
Si noti la strozzatura operata dal rilevato arginale in sinistra.
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2.3
Risposta all’osservazione punto 3
La verifica della quota di fondo alveo della sezione fluviale del F. Biferno ove è
ubicata la stazione idrometrica S.I.M.N. di Altopantano (BI3071_D) è stata
effettuata mediante confronto con l’unico rilievo disponibile precedentemente
eseguito, che è quello contenuto nello studio “Sistemazione idraulica del Fiume
Biferno a valle della Diga di Ponte Liscione” commissionato dalla Regione Molise
nel 1991-92.
Nel suddetto studio la sezione più vicina a quella in questione è la n° 77, posta
solamente 25 m circa più a valle e quindi idonea al confronto della quota di fondo
alveo. Il confronto tra i rilievi è riportato nella FIGURA 24.
FIGURA 24 – Confronto tra il rilievo dello Studio (BI3071_D) e quello di un
precedente studio idraulico (77) per la sezione della stazione di Altopantano
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Si può notare la presenza, in entrambi i rilievi, di un isolotto che separa il fiume in
due bracci distinti; il confronto delle quote del fondo alveo, per ciascun braccio, è
riportato nella TABELLA 2.
Quota rilievo
Quota rilievo
attuale
precedente
[m s.l.m.]
[m s.l.m.]
Differenza
[m]
Braccio sinistro
5.07
4.61
+ 0.46
Braccio destro
4.94
4.61
+ 0.33
TABELLA 2 – Confronto tra le quote del fondo alveo
per la sezione della stazione di Altopantano
Le differenze della quota in questione, tra i due rilievi, sono minimali e imputabili in
parte alle escursioni dovute all’ordinaria dinamica d’alveo, in parte alla pendenza
naturale del fondo alveo (la sezione rilevata precedentemente è poco più a valle di
quella rilevata attualmente), il che fa ritenere corretta la quota rilevata nell’ambito
dello Studio.
Si fa notare che lo zero idrometrico dichiarato dal S.I.M.N. per la stazione di
Biferno ad Altopantano e riportato sugli Annali Idrologici del 1992 è a 6 m s.l.m. e
pertanto circa un metro al di sopra del fondo alveo rilevato attualmente. Dalla
scala di deflusso già citata al paragrafo precedente si desume che a tale quota di
6 m corrisponde la portata nulla. La portata nulla può verificarsi anche con una
profondità d’acqua localmente non nulla, per effetto della locale formazione di
pozze; pertanto il dato non è in contrasto con quello rilevato nello Studio.
2.4
Risposta all’osservazione punto 4
Nello Studio, ai fini di quantificare il costo di massima degli interventi di messa in
sicurezza dalle piene fluviali, è stato stabilito che, qualora un attraversamento
risultasse sprovvisto del franco di un metro con la piena trentennale, oppure
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risultasse sormontato nel caso di piena duecentennale, dovesse essere demolito e
ricostruito a una quota maggiore.
Certamente è valida l’osservazione che occorre indagare sulla possibilità di evitare
la demolizione dell’attraversamento e risagomare la sezione in modo da
aumentare l’area disponibile per il deflusso, tuttavia, si fa presente che ogni
intervento di risagomatura in corrispondenza di strutture di attraversamento è un
intervento gravato da notevoli vincoli sia geometrici che strutturali, e che quindi
oltre ad essere oneroso non sempre permette di ottenere il risultato voluto.
Per esempio, l’unico modo per aumentare la sezione senza modificare le strutture
in elevazione è quello di ribassare la platea, se esistente, o di scavare localmente
l’alveo e le sponde, con la conseguenza di dover rifare le strutture in fondazione.
Da tener presente, inoltre, che spesso un abbassamento della quota di fondo
alveo in corrispondenza dell’opera è idraulicamente poco efficace in quanto la
normale dinamica d’alveo tende a ristabilire il preesistente profilo.
Per questi motivi, si è preferito prevedere un intervento di totale rifacimento,
restando comunque possibile una soluzione più conservativa la cui esistenza però
può essere accertata solo attraverso un rilievo e un’indagine più approfonditi che
esulano dagli scopi dello Studio e che potranno eventualmente essere condotti in
fase di redazione del Piano Stralcio Rischio Idraulico.
Peraltro, la differenza di costo dei due interventi (totale rifacimento e
risagomatura) rientra pienamente negli errori di valutazione del costo del singolo
intervento, e non inficia in alcun modo la quantificazione economica di massima
delle opere di messa in sicurezza della Regione.
2.5
Risposta all’osservazione punto 5
Per quanto non vi sia alcuna corrispondenza diretta tra i livelli di pericolosità
(definiti dai tre tempi di ritorno 30, 100, 200 anni presi a riferimento nello Studio) e
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i livelli di rischio (R1, R2, R3, R4), si concorda comunque nell’opportunità di
definire un quarto livello di pericolosità, che potrebbe, anche secondo gli indirizzi
forniti dal D.P.C.M. 29.09.1998, essere riferito al tempo di ritorno di 500 anni.
Le perimetrazioni e le misure di salvaguardia relative a questo ulteriore livello di
pericolosità potranno essere definite in sede di redazione di Piano Stralcio Rischio
Idraulico.
2.6
Risposta all’osservazione punto 6
Nelle verifiche idrauliche condotte nello studio è stato volutamente trascurato
l’effetto di laminazione che può essere operato da eventuali invasi presenti sulle
aste fluviali oggetto di indagine.
Ci si riferisce in particolare all’unico invaso di un certo rilievo attualmente in
esercizio all’interno della Regione, e cioè l’invaso del Liscione (o invaso di
Guardialfiera), ubicato sul basso corso del Biferno.
Il motivo fondamentale è che l’invaso, allo stato attuale, è in fase di esercizio
provvisorio, con una quota massima autorizzata, e non è stata ancora definita e
formalizzata la modalità di gestione nel caso di piene eccezionali. Si tenga
presente, tra l’altro, che qualora venisse aperto lo scarico di fondo con l’invaso al
massimo livello di regolazione, eventualità che può verificarsi appunto in situazioni
particolarmente
critiche
quali
sono
quelle
considerate
nello
Studio,
si
manifesterebbe un aggravio di portata rilasciata di entità tale da annullare il
beneficio della laminazione.
Ad ogni modo, è stato eseguito un ricalcolo delle portate in uscita dall’invaso (e
quindi in ingresso nell’asta fluviale del basso Biferno) tenuto conto delle indicazioni
fornite nella nota cui si riferisce la presente relazione integrativa, e cioè del livello
di massimo invaso di regolazione ordinaria, pari a 125.5 m s.l.m.
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E’ stato assunto cioè che all’inizio dell’evento di piena l’invaso si trovi nello stato di
completo riempimento, ossia al suddetto livello, che corrisponde a quello dello
sfioratore a soglia libera e a quello di massima ritenuta della paratoia a ventola
che chiude le tre luci dello sfioratore mobile.
Si è ipotizzato, inoltre, che durante il transito della piena non vengano eseguite
manovre agli organi di scarico. Dunque la laminazione operata è solo quella
naturale.
Il modello idrologico è formulato in modo da tener conto della presenza
dell’invaso, una volta definite la lunghezza complessiva della soglia sfiorante, la
quota di questa, la quota iniziale dell’invaso e la legge di invaso volumi/quote (vedi
RELAZIONE B.1.2, paragrafo 3.1.3.2).
La simulazione idrologica ha fornito, in sintesi, i risultati esposti in TABELLA 3,
peraltro già riportati nella RELAZIONE B.1.2:
Q30
Q100
Q200
[mc/s]
[mc/s]
[mc/s]
Senza invaso
1063.6
1518.9
1846.1
Con invaso
886.0
1300.0
1601
Riduzione del colmo di piena
16.6 %
14.4 %
13.3 %
TABELLA 3 – Confronto delle portate al colmo senza e con invaso per la sezione
immediatamente a valle della diga del Liscione
Come si vede l’efficienza di laminazione è leggermente maggiore per eventi con
tempo di ritorno inferiore.
L’effetto dell’invaso sulla forma degli idrogrammi di piena è invece riportato nei
grafici delle FIGURE 25, 26 e 27.
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30
_____________________________________________________________________________________________________________________________________________________________
Tempo di ritorno 30 anni
2000
1800
Portata in ingresso [mc/s]
1600
Portata in uscita [mc/s]
Portata [mc/s]
1400
1200
1000
800
600
400
200
0
0
5
10
15
20
25
30
35
40
45
50
Tempo [h]
FIGURA 25 – Laminazione operata dall’invaso del Liscione per Tr = 30 anni
Tempo di ritorno 100 anni
2000
1800
Portata in ingresso [mc/s]
Portata in uscita [mc/s]
1600
Portata [mc/s]
1400
1200
1000
800
600
400
200
0
0
5
10
15
20
25
30
35
40
45
Tempo [h]
FIGURA 25 – Laminazione operata dall’invaso del Liscione per Tr = 100 anni
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50
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31
_____________________________________________________________________________________________________________________________________________________________
Tempo di ritorno 200 anni
2000
1800
Portata in ingresso [mc/s]
Portata in uscita [mc/s]
1600
Portata [mc/s]
1400
1200
1000
800
600
400
200
0
0
5
10
15
20
25
30
35
40
45
50
Tempo [h]
FIGURA 25 – Laminazione operata dall’invaso del Liscione per Tr = 200 anni
Naturalmente, vi è la possibilità di ottenere laminazioni maggiori, manovrando
opportunamente gli organi di scarico in modo da concentrare il beneficio della
presenza dell’invaso solo nella fase culminante dell’evento di piena.
Con i nuovi idrogrammi in uscita dall’invaso, è stata rieseguita la verifica idraulica
del basso Biferno (vedi i relativi tabulati in ALLEGATO B.2.1.4.bis) e la
conseguente perimetrazione delle aree inondabili, secondo i criteri e le modalità
già esposte all’interno della RELAZIONE B.1.3.
Nella sostanza, si è osservata una riduzione sensibile non tanto dei livelli
idrometrici in alveo, quanto delle aree inondabili per assegnato tempo di ritorno
(vedi le TAVOLE B.3.8.3.bis – B.3.8.5.bis), soprattutto in relazione all’evento
trentennale: infatti, molte delle esondazioni osservate nello Studio originario
(senza l’effetto dell’invaso del Liscione) avvenivano in conseguenza di sormonti
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32
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arginali di modesta entità, che sotto le nuove ipotesi qui considerate non si
verificano più.
Dal confronto con le TAVOLE B.3.8.3- B.3.8.5 si nota che la riduzione delle aree
inondabili riguarda soprattutto l’area industriale e residenziale di Termoli, ad alto
valore economico, con una notevole riduzione del rischio ivi presente. Per
completezza è stata rielaborata anche la mappa del rischio idraulico (vedi
TAVOLE B.3.9.3.bis – B.3.9.5.bis), mentre per quanto concerne la mappa del
rischio da dinamica d’alveo, così come quella degli interventi, queste rimangono
sostanzialmente inalterate e perciò non sono state rielaborate.
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