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Consulta il testo - Il Diritto Amministrativo

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Consulta il testo - Il Diritto Amministrativo
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I LIMITI DELL’ATTIVITA’ GIORNALISTICA
E
IL REATO DI DIFFAMAZIONE A MEZZO STAMPA
di Daria Proietti (Avvocato, Cultrice universitaria di diritto penale)
Responsabilità civile derivante dall’attività giornalistica –
diffamazione a mezzo stampa – scritto anonimo.
Cass. Civ. Sez. III, sentenza 19.5.2011 n. 11004 – Pres. Trifone –
Rel. Spirito.
(Massima)
“In tema di risarcimento del danno da diffamazione a mezzo stampa, nel caso
in cui l'articolo giornalistico riporti il contenuto di uno scritto anonimo
offensivo dell'altrui reputazione, l'applicazione dell'esimente del diritto di
cronaca (art. 51 cod. pen.) presuppone la prova, da parte dell'autore
dell'articolo, della verità reale o putativa dei fatti riportati nello scritto stesso
(non della mera verità dell'esistenza della fonte anonima); con la conseguenza
che, laddove siffatta prova non possa essere fornita, proprio in ragione del
carattere anonimo dello scritto, la menzionata esimente non può essere
applicata, anche per la carenza del requisito dell'interesse pubblico alla
diffusione della notizia”.
§§§§§
La sentenza in commento attiene ad un fatto riguardante un articolo
apparso nel 2001 sul quotidiano “Libero” nel quale era data notizia di
una lettera anonima che accusava alcuni produttori televisivi di aver
svolto attività di corruzione verso i dirigenti della RAI.
Il percorso della vicenda processuale si è articolato, in sede civile, in
tre gradi di giudizio con esiti differenti.
In primo grado, infatti, il Tribunale di Milano accolse la richiesta
risarcitoria proposta dai produttori televisivi verso la casa editrice e
verso il direttore del giornale, ritenendo che la mancanza di prova
circa la veridicità del contenuto dello scritto anonimo non consentisse
l’applicazione della scriminante dell’esercizio del diritto di cronaca ex
art. 51 cod. pen..
In secondo grado la decisione è stata riformata dai giudici d’appello, i
quali, nell’assolvere da ogni responsabilità sia il direttore del giornale
che la casa editrice, hanno ritenuto esistenti i requisiti necessari per
l’operatività della scriminante cioè la veridicità, la continenza e
l’interesse pubblico.
La Corte d’Appello ha motivato la propria decisione mettendo in luce
come l’articolo in questione non si era limitato a riportare il contenuto
dello scritto ma aveva, altresì, preso in considerazione le reazioni
suscitate nei dirigenti RAI (i quali avevano sporto immediatamente
querela) evidenziando che si trattava di uno scritto anonimo nel quale
erano narrati fatti di scarsa attendibilità e contraddetti da documenti
vari.
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In tal modo all’articolo giornalistico è stato accreditato il requisito
della veridicità della notizia narrata e, in applicazione della
scriminante dell’esercizio del diritto di cronaca, è stato considerato
non diffamante e non lesivo di alcun diritto.
In conseguenza a ciò è stata quindi respinta la richiesta risarcitoria per
i danni lamentati.
Proposto ricorso innanzi alla Suprema Corte di Cassazione, parte
ricorrente chiedeva affermarsi che l’esimente della c.d. cronaca neutrale
non dovesse trovare applicazione quando la notizia, della quale si era
data diffusione, fosse derivata da fonte anonima, dal momento che
impediva al soggetto leso di poter agire a tutela dei propri diritti nei
confronti dell’autore della diffamazione.
La parte ricorrente adduceva a propria ragione che l’esimente del
diritto di cronaca non potesse essere applicata quando la notizia
divulgata fosse accompagnata da allusioni o espressioni insinuanti del
giornalista idonee ad avvalorarne l’attendibilità e la credibilità; inoltre,
nel caso di fonte anonima, l’invocazione dell’esimente in questione
avrebbe comunque richiesto la prova di un oculato ed attento esame
circa l’attendibilità di quanto riportato, oltre ad un controllo volto alla
verifica dei fatti narrati.
La Suprema Corte, cassando la sentenza di secondo grado,
puntualizza che le caratteristiche dell’articolo in questione sono tali da
farlo ritenere diffamatorio e causa di danni verso i soggetti coinvolti.
A vedere della Corte l’articolo de quo, nel riportare il testo dello scritto
anonimo ha fatto riferimento a persone identificate e/o identificabili
in ragione della loro qualifica e della funzione svolta; in tal caso, non
limitandosi ad esporre il contenuto della fonte anonima senza alcuna
allusione a persone ma, argomentandolo in modo piuttosto dettagliato
e ben contestualizzato, non v’è dubbio che ciò abbia determinato una
propalazione dello scritto anonimo con ripercussioni dannose sui
soggetti di cui è stata fatta menzione.
Nel caso di notizia derivante da fonte anonima, questa deve essere
trattata dal giornalista come qualunque altra fonte e, per poter
invocare l’esimente del diritto di cronaca, è necessario che venga
controllata “nella sua verità reale o putativa, intendendo con ciò che il
giornalista deve per lo meno dedurre e provare la cura posta negli accertamenti
svolti per vincere ogni dubbio ed incertezza in ordine alla verità della notizia”.
Merita attenzione ripercorrere l’iter argomentativo seguito dalla Corte
che, nel riprendere il caso analogo del c.d. diritto di intervista,
rammenta l’opinione valsa in giurisprudenza secondo cui l’esimente
del diritto di cronaca non possa essere applicato solo in quanto il
giornalista riporti “alla lettera” il testo di un’intervista diffamatoria, in
quanto ha comunque il dovere di controllare la veridicità delle
circostanze e la continenza delle espressioni riferite.
Sul punto, a seguito di un vivace dibattito giurisprudenziale nel quale
si è cercato di sciogliere il quesito se il limite della verità oggettiva
abbia ad oggetto il fatto narrato dall’intervistato o l’intervista in sè
considerata, la Cassazione è giunta a ritenere, secondo un
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orientamento più garantista, che il limite della verità del fatto vada
riferito non al contenuto dell’intervista ma al fatto che l’intervista sia
realizzata e che i concetti e le parole riportate siano rispondenti alle
dichiarazioni dell’intervistato.
La scriminante del diritto di cronaca non scatta automaticamente solo
in quanto il giornalista riporta fedelmente il pensiero dell’intervistato;
tuttavia, quando la rilevanza dei soggetti coinvolti è tale che
l’intervista in sè diventa un evento di pubblico interesse la scriminante
viene integrata anche se il giornalista non ha verificato la
corrispondenza al vero delle dichiarazioni dell’intervistato.
In ogni caso è necessaria da parte del giudice una valutazione del
contesto complessivo nel quale sono riportate le dichiarazioni
diffamatorie al fine di verificare se il giornalista abbia assunto la
prospettiva di un terzo osservatore dei fatti o sia stato soltanto un
dissimulato coautore della dichiarazione diffamatoria 1.
Tuttavia, se nel caso del diritto di intervista la fonte è di per sè certa ed
è qualificata dall’identità dell’intervistato che rende edotto il lettore
che il giornalista non risponde della veridicità di quanto riportato, ciò
non può in egual modo valere per il caso dello scritto anonimo.
Nel caso in questione ciò non è possibile in quanto, una volta assolto
il giornalista da ogni responsabilità, l’anonimia della fonte
impedirebbe al soggetto leso di potersi rivalere nei confronti di un non
ben identificato autore.
Inoltre, nel caso della diffamazione realizzata mediante intervista, il
requisito della pertinenza/pubblico interesse è in grado di svolgere un
ruolo centrale, tanto da realizzare una “reductio ad unum”2 dei tre
criteri guida del diritto di cronaca.
Ciò in quanto il criterio della pertinenza/interesse pubblico è sia in
condizione di rendere superfluo l’elemento della veridicità rispetto a
quanto riferito dall’intervistato e sia da assorbire l’altro elemento, cioè
quello della continenza del linguaggio utilizzato3.
Altrettanto non può certo affermarsi nel caso di diffamazione
compiuta mediante scritto anonimo.
La Giurisprudenza penale ha infatti affermato non sussistere
l’esimente del diritto di cronaca qualora la notizia sia riportata
utilizzando uno scritto anonimo, come tale inidoneo a meritare
l’interesse pubblico ed insuscettibile di controlli circa l’attendibilità
della fonte4.
In conclusione, ritornando al caso che ci occupa, la terza sezione
civile della Suprema Corte ha ritenuto che la sentenza della Corte
d’Appello non si sia adeguata ai principi enunciati in materia di diritto
di cronaca e che abbia confuso la verità del fatto in sè (cioè l’esistenza
1
Roberto Garofoli, Manuale di diritto penale, 2010, 617 ss.
Roberto Garofoli, op. cit,620; Dello Iacovo, Diffamazione a mezzo stampa e diritto di intervista del
giornalista, in www.lexfor.it.
3
Roberto Garofoli, op. cit; Dello Iacovo,op.cit.
4
Cass. Pen. sent. n. 46528 del 2.12.2008; Cass. Pen. Sent. n.5545 del 5.3.1992.
2
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e la circolazione della lettera anonima) con la verità del contenuto
della lettera violando, in tal modo, le disposizioni degli artt. 595 e 51
cp..
Del tutto irrilevante appare la circostanza riportata dalla Corte di
secondo grado circa il fatto che l’articolo non si sia limitato a
riprodurre lo scritto anonimo ma abbia riferito anche delle reazioni
suscitate in RAI; così come la circostanza secondo cui le perplessità
ed il sospetto dalle quali il lettore medio può essere affetto non
sarebbero da ricondurre alle modalità di confezione dell’articolo “ma
sono da ricondurre, semmai, al contesto stesso in cui si sarebbe collocata (se
vera) la vicenda oggetto dello scritto anonimo”.
A fronte di tali considerazioni, la Corte ha accolto il ricorso proposto
e, cassando con rinvio la sentenza impugnata, ha dettato il seguente
principio: “in tema di risarcimento del danno da diffamazione a mezzo
stampa, nel caso in cui l'articolo giornalistico riporti il contenuto di uno scritto
anonimo offensivo dell'altrui reputazione, l'applicazione dell'esimente del
diritto di cronaca (art. 51 cod. pen.) presuppone la prova, da parte dell'autore
dell'articolo, della verità reale o putativa dei fatti riportati nello scritto stesso
(non della mera verità dell'esistenza della fonte anonima); con la conseguenza
che, laddove siffatta prova non possa essere fornita, proprio in ragione del
carattere anonimo dello scritto, la menzionata esimente non può essere
applicata, anche per la carenza del requisito dell'interesse pubblico alla
diffusione della notizia”.
Pubblicato il 4 ottobre 2011
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