Telefono alla guida: incontestabile il verbale dell`agente
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Telefono alla guida: incontestabile il verbale dell`agente
codice della strada di Ugo Terracciano* Telefono alla guida: incontestabile il verbale dell’agente accertatore Superato dalle Sezioni Unite il precedente indirizzo che ammetteva la contestabilità delle risultanze del verbale, quando avessero ad oggetto accadimenti repentini, rilievi a di distanza di oggetti o persone in movimento e fenomeni dinamici in genere T elefono alla guida? Inutile mettere in discussione la parola dell’agente accertatore, anche quando la contestazione non sia avvenuta nell’immediatezza della violazione. Lo ha stabilito la Cassazione Civile con la sentenza 11 gennaio 2010, n. 232, decisione che mette la lente su due questioni, entrambe sul tema delle nuove tecnologie. Da una parte quella della telefonia cellulare, che permette di “massimizzare” il tempo anche per chi sta alla guida con contatti telefonici di cortesia, telefonate di lavoro o di affari, se non per digitare addirittura messaggi sms sulla tastiera del cellulare. Del resto, si sa, gli italiani soffrono di dipendenza da telefonino, tanto da possederne uno e mezzo a testa. L’Autorità inglese delle telecomunicazioni (Ofcom) studiando la diffusione della telefonia mobile nei Paesi del G7, ha accertato che in Italia circolano 155,77 sim card ogni cento persone, contro le 97,66 che si registravano nel 2003. La crescita in cinque anni è stata dunque pari al 58,11%. Le chiacchierate al cellulare sono passate dai 52 miliardi di minuti del 2003 ai 97 miliardi del 2008. E chi sa quanti di questi minuti sono stati consumati in macchina. Tornando alla sentenza n. 232, l’altra tecnologia che riappare in questione, anche se sottotraccia, è quella ad appannaggio dei controllori, degli operatori di polizia che In Italia circolano 155,77 sim card ogni cento persone, contro le 97,66 che si registravano nel 2003. La crescita in cinque anni è stata dunque pari al 58,11% se al processo non esibiscono una foto o un filmato, peraltro dimostrando che il mezzo di rilevazione era più che omologato ed efficiente, non convincono oramai più nessuno. Ora, se c’è qualcosa a cui la sentenza 232/2010 possiamo dire abbia ridato forza, è quel sempre più fragile strumento di controllo un tempo invece chiaro, certo ed indiscusso: gli occhi, la vista ed in ultima analisi, la percezione sensoriale dell’operatore di polizia. L’agente una volta, quando non esistevano autovelox, telelaser e foto-red, vedeva coi suoi occhi, annotava sul verbale e a fare prova bastava la descrizione di un immagine transeunte formatasi semplicemente sulla sua retina. L’immagine subito svaniva, è vero, ma il verbale no, quello restava pesante come una pietra e per contestarne l’attendibilità occorreva un rituale giudizio al riguardo. Tutte cose che restano teoricamente contemplate nei nostri codici, intendiamoci, ma molto meno nella pratica giudiziaria sempre più propensa a richiedere una prova per immagini tecnologicamente acquisite. Non dovrebbe pertanto sorprendere che la Cassazione sia tornata a dare valore alla norma restituendo dignità alla verbalizzazione del pubblico ufficiale. Per capire andiamo con ordine e partiamo dal caso che ha generato la decisione n. 232/2010 in argomento. La questione ruotava intorno all’art. 173 del codice stradale, quello che per ragioni di sicurezza della circolazione si prefigge di contenere l’incomprimibile necessità di telefonare in qualunque circostanza e nel caso di specie, mentre si è alla guida dei veicoli. Siamo a Trieste, la polizia municipale invia a casa di un automobilista un verbale con l’addebito di aver utilizzato il telefono mentre guidava. La contestazione non era avvenuta direttamente sul posto, ragione per cui il trasgressore contestava la regolarità dell’accertamento. Fermare un automobilista sorprendendolo al telefono non è facile: chi vede la pattuglia, in genere, nasconde per pochi attimi l’apparecchio per riprendere tranquillamente la conversazione una volta lasciatisi gli agenti alle spalle. E’ più frequente invece per gli operatori di polizia, incrociare il trasgressore mentre circola, annotare la targa e l’ora, ed evitando pericolose manovre per fermarlo, recapitargli successivamente la multa al domicilio. La polizia municipale di Trieste, aveva fatto proprio così. Ma in questo modo, la possibilità di difendersi e spiegare dove va a finire? E’ la domanda che in qualche modo il trasgressore, ricorrendo al giudice di pace aveva messo sul tavolo. Anzi, aveva avanzato l’ipotesi di un abbaglio da parte degli agenti: la propria autovettura era munita di un apparecchio radiotelefonico di tipo bluebooth, circostanza che in caso di contestazione immediata sarebbe stata agevolmente constatata evitando ogni seguito alla vicenda. Lui, insomma, non aveva alcun bisogno di accostare il telefono all’orecchio, cosa che avrebbe potuto dimostrare senza affanno, se solo l’avessero fermato. L’opposizione, venne però respinta. Per il giudice, il verbale di accertamento fa fede fino a querela di falso di quanto avvenuto e constatato dal pubblico ufficiale; l’opponente non aveva fornito, né chiesto di fornire, prova contraria volta a dimostrare l’erroneità dei rilievi degli agenti accertatori; infine, la contestazione differita, la cui casistica ai sensi dell’art. 201 C.d.S. e 384 Reg. Att. C.d.S. non è tassativa, risultava “correttamente motivata ed altresì specificata nel verbale”. Per il giudice di Pace di Trieste, dunque, i vigili avevano agito in piena regola e l’accertamento era del tutto legittimo e fondato. Invece di accomodarsi alla cassa, il trasgressore aveva deciso di portare il caso fino all’ultimo grado di giudizio, trascurando probabilmente che gli orientamenti più recenti del Supremo Collegio in materia, non si prospettavano per lui molto favorevoli. Vero è che l’opponente non contestava la formale veridicità dell’accertamento operato dei verbalizzanti sulla scorta di quanto avevano ritenuto, in buona fede, di aver visivamente constatato, ma metteva in dubbio la loro stessa percezione sensoriale giudicata fallace, come sarebbe stato facile dimostrare se vi fosse stata l’immediata contestazione. Peccato, però, che le Sezioni Unite, pronunciandosi in sede di risoluzione di contrasto circa la efficacia probatoria dei verbali di accertamento di violazioni al codice della strada, avevano già affermato il seguente principio di diritto: “Nel giudizio di opposizione ad ordinanza- ingiunzione del pagamento di una sanzione amministrativa è ammessa la contestazione e la prova unicamente delle circostanze di fatto della violazione che non sono attestate nel verbale di accertamento come avvenute alla presenza del pubblico ufficiale o rispetto alle quali l’atto non è suscettibile di fede privilegiata per una irrisolvibile oggettiva contraddittorietà, mentre è riservato al giudizio di querela di falso, nel quale non sussistono limiti di prova e che è diretto anche a verificare la correttezza dell’operato del pubblico ufficiale, la proposizione e l’esame di ogni questione concernente l’alterazione nel verbale, pur se involontaria o dovuta a cause accidentali, della realtà degli accadimenti e dell’effettivo svolgimento dei fatti.”(Cass., S.U., n. 17355/2009). Non sapeva, insomma, il ricorrente di Trieste, che con questa pronuncia le Sezioni Unite, superando il precedente indirizzo che ammetteva la contestabilità delle risultanze del verbale, quando avessero ad oggetto accadimenti repentini, rilievi a di distanza di oggetti o persone in movimento e fenomeni dinamici in genere, aveva già sancito la fede privilegiata ex art. 2700 cod. civ. in ordine a tutto quanto il pubblico ufficiale affermi avvenuto in sua presenza, con la conseguenza che anche nelle ipotesi in cui, come in quella di specie, si deducano sviste o altri involontari errori o omissioni percettivi da parte del verbalizzante è necessario proporre querela di falso (in questo senso Cass. Civ. 26204/2009; Cass. Civ. 27323/2009; Cass. Civ. 27326/2009; Cass. Civ. 26204/2009). In termini più semplici: è inutile fare appello alle condizioni che possono alterare la percezione dell’agente, poiché se ha scritto di aver visto e accertato, tanto basta a sostenere l’accusa e la sanzione. Su una cosa, però, il conducente di Trieste aveva ragione: niente contestazione immediata, niente sottrazione dei punti sulla sua patente. La Corte Costituzionale con sentenza n. 27 del 12.2.2005, ha stabilito l’illegittimità della decurtazione del punteggio della patente di guida pur in assenza di identificazione del conducente, al quale soltanto e non anche al proprietario del veicolo, può essere applicata la sanzione accessoria in questione. Quindi, all’opponente, al quale la violazione era stata contestata in via differita, non in quanto conducente, ma quale proprietario del veicolo, non avrebbe dovuto applicarsi la decurtazione di cinque punti dalla patente. A ridare forza al verbale degli agenti, come prova indiscussa dell’accertamento della violazione dell’art. 173 cod. strad. erano stati per la verità anche diversi giudici di territoriali: il giudice di pace di Morbegno, per esempio, con sentenza del 30 novembre 2005; il giudice di pace di Roma con sentenza del 26 settembre 2005; con sentenza depositata il 6 settembre 2005 si era espresso per l’incontestabilità del verbale il Giudice di pace di Latina Fuori dal coro, con una decisione del 22 giugno 2005, si era posto il Giudice di pace di Terni accogliendo l’opposizione di un conducente avverso il verbale elevato dalla Polizia Municipale, con il quale veniva contestata la violazione dell’art. 173 C.d.S., per avere circolato alla guida di un’autovettura facendo uso di telefono cellulare. Secondo il Giudice “la violazione notificata alla ricorrente non ha avuto il supporto di una più pregnante verifica da parte dell’organo accertatore, che avrebbe dovuto immediatamente contestarla alla ricorrente, per accertarsi che la stessa facesse uso del telefono cellulare senza l’utilizzo del prescritto auricolare”. La cosa singolare, in questo caso, è che i vigili avevano cercato di intimare l’alt al veicolo ma, secondo il giudice “a norma dell’art. 24 reg. C.d.S., i trilli del fischietto di per se stessi non assumono autonomo rilievo di legittimo mezzo regolamentare per intimare l’alt ai veicoli in movimento”. L’agente accertatore, da parte sua, aveva chiaramente descritto la tipologia dell’illecito sia nel verbale che nella relazione di servizio, e nel verbale era stata puntualmente specificata la ragione della impossibilità della contestazione immediata (non si fermava ai ripetuti trilli del fischietto); ragione che è stata ulteriormente puntualizzata nella relazione di servizio. Sulla scorta di questa certezza il Comune aveva proposto ricorso per Cassazione, ottenendo peraltro ragione . L’affermazione della sentenza impugnata, secondo cui i trilli del fischietto non assumono di per sé autonomo rilievo di legittimo mezzo regolamentare per intimare l’alt ai veicoli in movimento, secondo la Cassazione (Sez. II Civ., sentenza 24 dicembre 2009, n. 27323) contrastava sia con le risultanze documentali (e in particolare con la relazione di servizio) sia con l’art. 24 reg. C.d.S., che prevede espressamente che gli organi di polizia stradale in uniforme possono intimare l’alt, oltre che con il distintivo, anche facendo uso di fischietto o con segnale manuale o luminoso. In ogni caso, l’opponente, quale intestatario del veicolo, e in tale veste destinatario della sanzione, aveva messo in dubbio di essere stato lui alla guida, aveva sostenuto di non ricordare di avere fatto uso del radiotelefono, né aveva dedotto la prova liberatoria prevista dall’art. 196 cod. strada, e cioè che la circolazione del veicolo era avvenuta contro la sua volontà. Per la Cassazione civile, in questo caso il Giudice di pace, anziché accogliere l’opposizione, avrebbe dovuto, ritenere rilevante e decisivo quanto verbalizzato dall’agente accertatore, nonché la relazione di servizio redatta dal medesimo agente, dalla quale risultava che la conducente del mezzo era impegnata al telefono e non poteva udire i trilli del fischietto emessi da esso agente impegnato nella viabilità del traffico. I trilli del fischietto, secondo la Cassazione, assumono eccome autonomo rilievo di legittimo mezzo per intimare l’alt ai veicoli in movimento e la mancata considerazione di questa disposizione equivale ad un errore, poiché era invece dimostrata la ragione che giustifica la mancata contestazione immediata della violazione. Del resto, la circostanza che l’opponente abbia dedotto la illegittimità della contestazione, assumendo di non avere sentito i trilli del fischietto, costituisce indice certo che le ragioni della mancata contestazione immediata sono state esplicitate nel verbale notificato alla medesima opponente, con conseguente liceità della contestazione differita. Insomma, se il conducente è così occupato a telefonare da non sentire i ripetuti fischi dei vigili, come avrebbe potuto prendere una contestazione immediata? Quello che più interessa, però, è che la Cassazione ha rifiutato l’idea prospettata dal Giudice di Pace di Terni secondo cui, a fronte di un verbale di accertamento contenente l’attestazione di fatti avvenuti in presenza del pubblico ufficiale verbalizzante, “la violazione notificata al ricorrente non ha avuto il supporto di una più pregnante verifica da parte dell’organo accertatore, che avrebbe dovuto immediatamente contestarla alla ricorrente, per accertarsi che la stessa facesse uso del telefono cellulare senza l’utilizzo del prescritto auricolare”. La parola dell’agente torna ad avere un valore importante, la “sacralità” del verbale ritorna ad essere una fondamentale regola per la presunzione di veridicità degli atti sanzionatori. Gli agenti accertatori si chiamano così per quello: sono al di sopra delle parti e rappresentano la pubblica amministrazione. Niente di strano se a loro, la Cassazione, abbia restituito uno strumento fondamentale: la fiducia nei loro atti. * Funzionario della Polizia di Stato e Docente di Politiche della Sicurezza Presso l’Università di Bologna