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pessimismo di leopardi

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pessimismo di leopardi
IL PESSIMISMO STORICO
Nel “pessimismo storico” la natura è concepita come madre benevola e provvidenziale atten­
ta al bene delle sue creature: essa fin dall'inizio ha voluto offrire un rimedio ai mali dell'uo­
mo, attraverso l'immaginazione e le illusioni.
Il progresso della civiltà, opera della ragione, ha fatto conoscere all'uomo la sua realtà, ren­
dendolo infelice.
Al contrario dei moderni, gli antichi erano in grado di dimenticare il nulla e il vuoto della propria esistenza attraverso una vita più attiva e intensa.
Il progresso della ragione, spegnendo le illusioni, ha allontanato gli uomini dalla via traccia­
ta dalla natura benigna. Per questo la condizione negativa del presente viene vista come l'ef­
fetto di un processo storico realizzatosi con l'allontanamento progressivo dell'uomo dalla sua condizione originaria di maggior felicità (Francesco).
Nel “pessimismo storico” Leopardi vede la natura come madre benevole a protettrice: il poe­
ta, in questo periodo, vive in simbiosi con essa e ne trae spunti per le sue opere, in cui si me­
scolano ragione e sentimento, razionalità e immaginazione.
In questo stesso periodo, rifiutando il pensiero religioso, egli diventa ateo, eppure continua la sua ricerca dell'ignoto e dell'invisibile. Questa fase del suo pensiero è ben espressa nella li­
rica “Infinito”, nella quale Leopardi mescola realtà e fantasia (Manuela).
In questa fase del suo pensiero, che va dal 1817 al 1821, Leopardi sostiene che l'infelicità è il prodotto della ragione e che i bambini e gli antichi, i quali non sono condizionati dall'incivi­
limento della ragione, sono più felici.
Leopardi, in questa fase, vede ancora la natura come madre benigna, che, provando pietà per l'uomo, gli dona l'immaginazione e le illusioni, allo scopo di dargli una parvenza di felicità. (Christian).
Nel pessimismo storico Leopardi nutre una specie di nostalgia per l'epoca antica: egli ritiene che gli uomini antichi, grazie a uno stato di non­consapevolezza, fossero felici, perché non si rendevano conto della realtà in cui vivevano. In questa fase la natura è benigna e amica, ma la ragione distrugge questa circostanza (forse il pensiero di Leopardi è alimentato dall'illu­
minismo) perché ci rende consapevoli del presente in cui viviamo. Gli antichi, invece, erano più influenzati dall'immaginazione che gli offuscava la vista della realtà (Robert).
Durante il pessimismo storico (1817­1822) il pensiero di Leopardi è quello di un giovane poeta. La natura è madre benigna, madre di illusioni, colei che ci ha creato felici, mentre la ragione è matrigna, colei che ci mostra la realtà in cui viviamo e demolisce i nostri sogni.
Questa contrapposizione natura/ragione equivale al confronto fra l'essere umano e il mondo che lo circonda.
Il pessimismo storico si riferisce al periodo dell'infanzia, quando non siamo consapevoli del­
la ragione, crediamo che sia tutto bello e siamo felici perché pensiamo di avere tutto quello che ci serve.
In questo periodo Leopardi scrisse i “piccoli idilli”, in cui descrive paesaggi, sono presenti accenti autobiografici ed emerge la poesia sentimentale (Jessica).
Il pessimismo storico di Leopardi si basa sulla riflessione sul rapporto uomo/natura e ragio­
ne/immaginazione.
La natura è tutto ciò che ci circonda ed è una madre benigna, in quanto ci crea felici. I bam­
bini, per esempio, sono il ritratto della felicità, perché sono ingenui e incoscienti.
L'uomo diventa infelice nel momento in cui, crescendo, inizia a pensare e a ragionare, perché la ragione lo mette davanti all'inesorabilità della vita e della morte.
L'unica cosa che ci dà un po' di spazio, nel quale possiamo essere temporaneamente illusi e felici, è quando ci rinchiudiamo nell'immaginazione (Valentina).
Nelle sue opere Leopardi cerca delle risposte sull'esistenza dell'uomo e sul dolore che prova. Egli “vive” tre periodi: il pessimismo storico, quello cosmico e quello eroico.
Nel primo periodo il poeta è partecipe dello “scontro” fra classici e romantici: esso si basava sulle diverse ideologie dei due movimenti: i primi sostenevano che la natura dà agli uomini la felicità, la fantasia e la capacità di sognare, mentre i romantici sostenevano che l'uso della ragione dipende dal pensiero scientifico ed è utile per vivere meglio, aprendo gli occhi alle persone ed evitando di vivere in un mondo pieno di illusioni.
Leopardi si schiera a favore della poesia degli antichi, perché è piena di fantasia e trasmette felicità e speranza, mentre non apprezza quella del romanticismo, perché trasmette infelici­
tà. Tuttavia, con la riflessione sugli avvenimenti passati e sulle proprie emozioni si può ve­
dere la dura verità dei fatti.
Da tutto ciò Leopardi sperimentò la “poesia di sentimento” nei “piccoli idilli”, nei quali il poeta descrive il proprio stato d'animo (Jennifer).
Il “pessimismo storico” coincide con la composizione dei “piccoli idilli” e in esso Leopardi matura la sua idea che la natura sia “benigna”, perché essa è la madre di tutti gli uomini e rappresenta, quindi, il regno del bello e dell'immaginazione.
Opposta a essa c'è, invece, la ragione, che è la causa di tutti i mali e costituisce il regno del vero, perché fa svanire le illusioni e i sogni e rappresenta, di conseguenza, la “matrigna” del genere umano.
Leopardi, inoltre, ritiene che la civiltà degli antichi sia la più alta espressione dello stato di natura e che, al contrario, il cristianesimo abbia solo allontanato gli uomini da questa condizione. Sebbene però le poesie degli antichi siano , in assoluto, le più vicine al concetto di natura, il poeta ritiene che esse siano state comunque già contagiate dalla ragione e che, quindi, l'unica poesia possibile sia quella “di sentimento”, che non nasce dai miti e dalla fan­
tasia, bensì dalle riflessioni e dalla reale visione della vita.
Leopardi crede che la vita dell'uomo dipenda dalla ricerca del piacere e della felicità, ma poi­
ché è impossibile arrivare alla felicità suprema egli ne deduce che essa appartenga solo al re­
gno dell'immaginazione e che la più alta soddisfazione, per l'uomo, sia la continua e sempre delusa attesa del suo raggiungimento. Di conseguenza l'uomo può arrivare al piacere soltan­
to attraverso l'immaginazione e il ricordo.
Nel “pessimismo cosmico” Leopardi modifica la sua teoria, dicendo che la natura rappresen­
ta il principio di creazione e di distruzione della materia: essa, quindi, crea l'uomo lascian­
dolo poi indifeso di fronte all'infelicità: essa è “matrigna” (Gianluca).
IL PESSIMISMO COSMICO
La concezione di “natura benigna” entra in crisi quando Leopardi si rende conto che, più che al bene dei singoli individui, essa mira alla conservazione della specie.
Di conseguenza il male e la sofferenza rientrano nel piano della natura, la quale adesso non viene più vista come madre benigna, amorosa e previdente, ma come meccanismo cieco, indif­
ferente alla sorte delle sue creature: “natura matrigna”.
A questo punto l'infelicità non è più effetto del progresso storico, ma è una condizione di tutti i tempi che colpisce e ha sempre colpito tutti gli uomini (Francesco).
Durante il “pessimismo cosmico” Leopardi vede la natura come se essa avesse due facce, una benevola e illusoria e una “matrigna”, che prende il sopravvento con la “ragione”.
La ragione, infatti, rende l'uomo consapevole, cosciente e superiore, ma è questa “superiori­
tà” rispetto agli altri esseri viventi che lo separa da ciò che prima lo proteggeva e lo rendeva felice.
Il pensiero della felicità come “non­dolore” sta per esempio nell'attesa e o nella convalescen­
za ed è, quindi, irraggiungibile (Manuela).
Nel pessimismo cosmico Leopardi guarda alla natura non più come madre ma come “matri­
gna”, ovvero come colei che ci dà la vita e poi ci abbandona, lasciandoci infelici e con il co­
mune destino della morte, senza curarsi della nostra sofferenza.
L'unica possibilità che abbiamo è quella di ricorrere alla ragione, per riuscire a comprendere e ad accettare questa realtà inesorabile (Valentina).
In questa fase del suo pessimismo Leopardi non vede più la natura come madre benigna e amica dell'uomo, ma come “cattiva” e matrigna: la poesia “A Silvia”, per esempio, ci illustra chiaramente i suoi pensieri riguardo alla natura: Leopardi la incolpa per tutti i dolori e le sofferenze che gli uomini subiscono e la ritiene crudele perché essa crea l'uomo con un desi­
derio di felicità e di piacere che egli non riuscirà mai a ottenere. La natura, con il tempo, lo farà morire, per dar spazio a un altro uomo (Robert).
Tutta l'opera di Leopardi è pervasa da un motivo pessimistico, che prende connotazioni di­
verse nel tempo.
L'uomo, per natura, insegue il piacere infinito, la felicità, ma questa gli sfugge e anzi lo porta verso una sicura infelicità. A ciò viene in soccorso la natura (madre), che don agli uo­
mini l'immaginazione.
Leopardi, infatti, dice che i fanciulli, come gli uomini antichi, con l'immaginazione oltrepas­
savano i limiti del mondo conosciuto: la poesia è concepita come un sollievo, come una ricer­
ca dell'indefinito, del vago, come il piacere della “rimembranza”, delle speranze e delle illu­
sioni.
Il progresso della civiltà e la crescita dell'individuo portano a negare l'immaginazione, ma ciò porta l'uomo all'infelicità, al dolore, alla corruzione, per cui la natura è madre mentre la ragione è matrigna.
Questo periodo viene definito “pessimismo storico” e lo si può collocare nel 1819­22, quando cioè lo stesso Leopardi attraversò un momento di “ribellione”, forse anche grazie alla nuova amicizia con Giordani, uno dei più grandi intellettuali dell'epoca. Egli tentò anche di fuggi­
re da Recanati, sposò la dottrina ateista, rinnegò la religione cattolica e scrisse i “piccoli i­
dilli”.
A partire dal 1823 il poeta riuscì a lasciare Recanati e si trasferì a Roma, abbandonò la poe­
sia e si dedicò alla prosa scrivendo le “Operette morali” (Dialogo della natura e di un islan­
dese).
Qui inizia il cosiddetto “pessimismo cosmico”: la natura insegue solo le sue leggi meccanici­
stiche e, per la prosecuzione della specie, sacrifica la felicità del singolo. Alla natura, infat­
ti, non interessa nulla dell'uomo (matrigna), per cui l'uomo può salvarsi solo con la propria ragione (vera madre).
Nell'ultimo periodo della sua vita (Leopardi muore il 14 giugno 1837), egli evolve ancora il suo pensiero nel “pessimismo eroico”: l'uomo può contrastare la natura matrigna solamente alleandosi con i suoi simili, dando vita a una “social catena” di solidarietà fra tutti gli uo­
mini (Anna).
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