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Fase di Berry ed e etto Aharonov - Bohm

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Fase di Berry ed e etto Aharonov - Bohm
Fase di Berry ed eetto Aharonov - Bohm
Andrea Colcelli
Gianluca Grignani
18 Dicembre 2014
Alla mia famiglia
La losoa è scritta in questo grandissimo libro che continuamente ci sta
aperto innanzi a gli occhi, ma non si può intendere se prima non s'impara a
intender la lingua, e conoscer i caratteri, ne' quali è scritto. Egli è scritto in
lingua matematica, e i caratteri son triangoli, cerchi, ed altre gure geometriche, senza i quali mezzi è impossibile a intenderne umanamente parola; senza
questi è un aggirarsi vanamente per un oscuro laberinto.
(Il Saggiatore, Galileo Galilei)
Indice
1 Angolo di anolonomia
7
1.1
Trasporto parallelo
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
7
1.2
Angolo di Hannay . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
10
1.3
Espressione dell'angolo di anolonomia . . . . . . . . . . . . . . .
13
1.4
La fase di Berry . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
16
2 Eetto Aharanov - Bohm
2.1
Potenziali e scelte di Gauge
21
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
21
2.1.1
Eetto magnetico . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
23
2.1.2
Eetto elettrico . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
30
2.2
Applicazione fase di Berry
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
32
2.3
Esperimento di Tonomura
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
34
2.4
Conclusioni
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
37
Bibliograa
41
6
Capitolo 1
Angolo di anolonomia
Nel 1983 il Fisico britannico Michael Berry scoprì che un sistema quantistico
trasportato attraverso un processo adiabatico attorno ad un percorso chiuso
C, acquista una fase dipendente solo dalla geometria del circuito C stesso.
Il nostro primo obiettivo sarà quello di andare ad introdurre gli strumenti
che ci servono per denire suddetta fase.
Una volta mostrati, ne vedremo
un'applicazione al mondo classico, ottenendo quello che viene detto
Hannay
angolo di
. Solo alla ne, quando avremo compreso il signicato sico ed avremo
presentato la matematica necessaria, potremo introdurre la fase di Berry.
L'importanza della fase di Berry deriva dal fatto che essa rivela l'intima struttura geometrica che sta alla base della Meccanica Quantistica.
1.1
Trasporto parallelo
Consideriamo una supercie qualsiasi, come ad esempio un piano o una sfera,
e prendiamo un vettore costretto a trovarsi ovunque sul piano tangente alla
supercie, come illustrato in gura 1.
Figura 1:
in rosso sono indicati i vettori tangenti
~v0 .
Si parla di trasporto parallelo quando il vettore viene trasportato attorno ad
un circuito chiuso C appartenente alla supercie
7
Ω
considerata, di modo tale
che sia sempre appartenente al piano locale tangente ad
Ω
stessa. In questo
modo si potranno avere due dierenti situazioni: a) se la supercie è piatta
Ω anché essa giaccia
sempre parallelo a ~
v0 ; b) se
(cioè ssato un sistema di riferimento è possibile ruotare
su uno dei piani x-y, y-z o x-z), il vettore rimarrà
invece la supercie non è piatta allora il vettore alla ne del circuito non potrà
avere la stessa orientazione di quello iniziale.
Figura 2
Come notiamo dalla gura b), se immaginiamo di partire dal polo della sfera e
seguiamo il percorso C, quando torneremo al polo, si avrà che il vettore risulta
essere ruotato di un angolo
θ(C )
detto
angolo di anolonomia:
è immediato
comprendere che questo angolo dipende dal percorso seguito.
Un sistema come questo appena descritto, che non ritorna al suo stato iniziale quando viene trasportato attorno ad un percorso chiuso, viene detto
anolonomo.
Assumiamo che il vettore tangente trasportato abbia modulo unitario e chiamiamolo
v~1 .
Deniamo con
nel punto di C denito da
~r
n̂(~r)
il versore normale alla supercie che si trova
(si presuppone di ssare un sistema di riferimen-
to). Grazie a questo versore possiamo denire un secondo vettore tangente
v~2
come:
v~2 =n̂
˙ ∧ v~1
(1.1)
v~2 è trasportato parallelamente sulla supercie Ω lungo C.
I tre versori (n̂, v
~1 , v~2 ) formano una terna ortonormale essendo l'uno perpendiovviamente anche
colare all'altro grazie al prodotto vettoriale denito in (1.1).
Quando
v~1
e
v~2
vengono trasportati lungo il circuito su una supercie curva
(caso b) della gura 1), essi ruotano con una velocità angolare
loro equazione del moto risulta essere della forma:
8
ω
~;
dunque la
v~˙i = ω
~ ∧ v~i
con i = 1, 2.
(1.2)
Nel caso della sfera questo è immediato:
Figura 3:
si è indicato con X il versore
n̂
uscente.
Notiamo che, anché i vettori tangenti rimangano tali e anché non ruotino
attorno ad
n̂,
cioè:
ω
~ · n̂ = 0,
la velocità angolare si deve scrivere come:
ω
~ = n̂ ∧ n̂˙
Nel caso della gura 3, il versore
n̂˙
(1.3)
(qui il punto sta ad indicare una derivata
rispetto alle coordinate, e non al tempo) sarà diretto verso destra, percorrendo
il circuito C in senso antiorario.
Riprendendo l'equazione (1.2) e sostituendo la
la
ω
scritta con la (1.3) si ottiene
legge del trasporto parallelo:
˙ ∧ v~i = −(~
˙
v~˙i = (n̂ ∧ n̂)
vi · n̂)n̂
con i = 1, 2.
(1.4)
Quest'ultima legge ci tornerà utile più avanti, quando aronteremo il problema
con l'utilizzo di vettori unitari complessi. Per ora vogliamo avere una prova
del fenomeno descritto e cioè una prova dell'esistenza di questo angolo
θ(C )
nel mondo quotidiano; come vederlo?
Per rispondere a questa domanda possiamo basarci su un qualche Gendanke-
nexperiment che faccia uso di pendoli e giroscopi.
9
1.2
Angolo di Hannay
Immaginiamo di avere in mano una scatola con all'interno un pendolo perfetto,
cioè senza attriti e che non risenta della resistenza dell'aria; immaginiamo poi
che questo pendolo oscilli avanti ed indietro con traiettoria giacente su un piano
verticale. Spostando la scatola con molta accuratezza, il pendolo continuerà
ad oscillare con la stessa ampiezza nello stesso piano, oppure in uno parallelo
ad esso. Un processo di questo tipo, dove cioè le condizioni esterne cambiano
in maniera lenta e graduale, viene detto
processo adiabatico.
Formalmente si parla di processo adiabatico se il tempo esterno (Te ), denito
come il tempo trascorso per avere una variazione apprezzabile dei parametri
del sistema, risulta essere molto maggiore del tempo interno (Ti ), che nel caso
del pendolo è il periodo del moto.
Deve dunque essere vericata la seguente condizione:
Ti Te
(1.5)
Rendiamo l'esperimento mentale ancora più dettagliato: immaginiamo di trovarci al Polo Nord di una Terra immobile / non ruotante, con in mano il nostro
inseparabile pendolo all'interno della scatola. Senza restrizione di generalità,
immaginiamo che la direzione di oscillazione del suddetto pendolo sia diretta
verso Perugia. Se ora ci armiamo di tanta pazienza e forza di volontà, e ci dirigiamo verso l'equatore passando per Perugia stessa, arriveremo in Africa con il
pendolo che avrà ancora direzione di oscillazione Nord - Sud. Non ci fermiamo
qui! Andiamo verso l'Asia continuando a camminare sulla linea equatoriale e
poi torniamo verso Nord percorrendo un certo meridiano. Una volta arrivati
al Polo noteremo che, se non abbiamo fatto bruschi movimenti lungo l'intero
percorso, il pendolo non oscilla più nello stesso piano iniziale e nemmeno in
uno parallelo!
Anzi si ha un certo angolo
θ
tra i due piani di oscillazione.
E' quindi evidente la stretta relazione tra questo angolo e quel
abbiamo parlato nel precedente paragrafo.
10
θ(C )
di cui
Figura 5:
durante il percorso è cambiata la direzione della forza peso.
Si può poi notare che questo è proprio uguale all'angolo solido
cammino C attorno al quale abbiamo trasportato il pendolo.
Ω
sotteso dal
L'area di C,
infatti, risulta essere:
1
θ
A=
4πR2 = θR2
2
2π
dove R è il raggio della Terra ed il fattore
(1.6)
1
è dovuto al fatto che sto conside2
rando solo la calotta superiore; da quest'ultima si ottiene che:
θ=
A
=
˙ Ω
R2
(1.7)
come volevasi dimostrare.
Un processo adiabatico di questo tipo è anche rappresentato dal pendolo di
Foucault; in questo caso non sono io a muovermi, ma è il moto rotatorio della
Terra che fa tutto il lavoro. L'angolo solido sotteso, vedasi gura 6, è in tal
caso pari a:
Z
Ω=
θ
sin θ dθdφ = 2π(− cos θ)00 = 2π(1 − cos θ0 )
(1.8)
da questo si comprende che, relativamente alla Terra, la precessione giornaliera
del pendolo di Foucault è pari a quel
fattore
2π
2π cos θ0
che troviamo nella (1.8) (il
è quello dovuto alla rotazione terrestre attorno al proprio asse).
Questo risultato può essere ricavato anche nel modo ordinario, facendo uso
della forza apparente di Coriolis nel sistema di riferimento ruotante.
11
Figura 6:
percorso del pendolo di Foucault nel corso della giornata.
Tutto ciò può essere riottenuto in maniera sostanzialmente analoga considerando due giroscopi: immaginiamo che essi siano sincroni (stesso periodo T
e quindi anche stessa pulsazione
circuiti
C1
e
C2
ω ),
ma facciamo percorrere due dierenti
all'uno ed all'altro.
Figura 7:
i versori
nˆ1
ed
nˆ2
indicano gli assi di rotazione.
in questo modo si può notare che, dopo un certo periodo di tempo, essi risulteranno essere sfasati l'uno rispetto all'altro. Questa dierenza di fase è dovuta
al fatto che è sì vero che hanno lo stesso angolo dinamico
ωt,
ma nei due ca-
si, avendo due circuiti dierenti, abbiamo un dierente angolo geometrico di
anolonomia
θ (C )
uguale, per quanto detto no ad ora, all'angolo solido
Ω,
descritto dall'asse di rotazione di ciascun giroscopio.
Questo angolo geometrico
θ
viene detto
angolo di Hannay ed è il corrispet-
tivo classico di quello che vedremo a breve essere la fase di Berry.
12
Tutto questo discorso ci è quindi servito ad avere una visualizzazione di quello
che stiamo cercando di studiare.
1.3
Espressione dell'angolo di anolonomia
Come abbiamo anticipato alla ne del paragrafo 1.1, andiamo ora ad esprimere
la legge di spostamento parallelo per dei vettori unitari deniti nel campo
C.
Deniamo il seguente vettore:
vˆ1 + i vˆ2
~=
√
φ
˙
2
dove
vˆ1
assieme
(1.9)
vˆ2 sono gli stessi vettori di prima, formanti una terna
~ = 1 quindi: φ
~ = φ̂.
ad n̂. Ovviamente si ha che |φ|
e
ortonormale
Con queste
denizioni si ha quindi che:
˙ 1
˙
˙
˙
˙
vˆ1 · vˆ1 + vˆ2 · vˆ2 − vˆ1 · vˆ2 − vˆ1 · vˆ2 =
φ̂ · φ̂ =
2
1
= (0 + 0 + 0 + 0) = 0
2
(1.10)
v̂i
con i = 1, 2 e
∗
dove la penultima uguaglianza segue dall'ortonormalità tra
la sua derivata, in base alla (1.2). L'equazione (1.10) rappresenta la legge del
trasporto parallelo nel caso di vettori complessi.
Cerchiamo ora di esprimere il moto lungo C, ovvero la rotazione dei vettori
vˆ1
e
vˆ2 ;
per farlo abbiamo bisogno di una terna ortonormale ssata di vettori,
come la seguente:
(n̂(~r), t~1 (~r), t~2 (~r)).
Il versore
n̂
è ancora quello normale alla supercie
Ω
e quindi è univocamente
determinato; questo non si può dire invece per i due vettori
posso sceglierne due qualsiasi anché siano ortogonali ad
funzioni senza problemi di analiticità sulla variabile
dei due
~t per
~r.
n̂
t~1
e
t~2
dei quali
e anché siano
Basterà scegliere uno
determinare univocamente l'altro.
Deniamo, in base a quanto fatto nell'equazione (1.9), un vettore unitario
complesso:
û(~r) =
˙
tˆ1 (~r) + i tˆ2 (~r)
√
2
(1.11)
Si comprende che, in base alle denizioni date ed in particolare alla dierenza
tra la terna ssa
(n̂(~r), t~1 (~r), t~2 (~r))
e la terna mobile
13
(n̂(~r), v~1 (~r), v~2 (~r)),
vale
la seguente relazione tra i versori complessi deniti nella (1.9) e nella (1.11):
φ̂(t) = e−iθ(t) û(~r(t))
θ(t)
ovvero uno è la rotazione di una fase
banalmente che:
φ̂∗ (t) = e+iθ(t) û∗ (~r(t))
(1.12)
dell'altro.
e pure:
Dalla (1.12) si ottiene
˙
φ̂ = −i θ̇e−iθ û + e−iθ û˙ .
Inserendo la (1.12) nella (1.10) si ottiene una condizione per la
θ:
0 = −i θ̇ û∗ · û + û∗ · û˙
(1.13)
Dato poi che valgono, come facilmente vericabile in base alla (1.11):
˙ ,
i Im(û∗ · û)
e:
û∗ · û = 1,
la (1.13) risolta per
θ
û∗ · û˙ =
diviene nalmente:
˙
θ̇ = Im(û∗ · û)
(1.14)
Eettuando una integrazione nel tempo attorno all'intero circuito C, cioè per
t che va da 0 a T, si ottiene:
I
θ(C) = Im
C
û∗ dû
(1.15)
questa è l'espressione che cercavamo dell'angolo anolonomo.
Generalizzando e volendo esprimere questo angolo attraverso un campo vettoriale, dobbiamo ssare un certo sistema di coordinate (X1 ,
supercie che non chiamiamo più
ma
Σ;
X2 )
sulla nostra
Ω, per ragioni che ci saranno chiare in seguito,
in questo modo possiamo denire una connessione come:
"
~ =
Ai (X)
˙
X
j
~
~ · ∂uj (X)
Im u∗j (X)
∂Xi
#
dove con j si è indicata la componente j-esima dei vettori
(1.16)
~u
mentre con i la
i-esima coordinata del sistema scelto.
Grazie a questa denizione, la (1.15) può essere scritta come:
I
θ(C) =
C
~ X)
~ · dX
~
A(
(1.17)
Per mostrarlo basta esplicitare il prodotto scalare tra il campo vettoriale
dierenziale
~
dX
ed usare la (1.16). Questa equazione esprime l'angolo
θ
~ e il
A
come
una 1-forma.
La domanda che ci viene subito in mente è: perché dover passare ai campi
vettoriali? La risposta è che in questo modo possiamo riottenere quello che si
è trovato con l'angolo di Hannay, ovvero che:
14
θ(C) = Ω(S) dove, con Omega si
è indicato l'angolo solido descritto da un certo versore
n̂ normale alla supercie
Σ.
Vediamo come fare: la (1.17) può essere riscritta utilizzando il
teorema di
Kelvin - Stokes, altresì detto teorema del rotore; quest'ultimo aerma che:
Teorema di Kelvin-Stokes. Con S una supercie compatta con bordo γ
orientato secondo
continua in
Ω
ν̂
F~ ∈ C 1 (Ω)
e con un campo vettoriale
, dove
S⊆Ω
un aperto, allora:
I
ZZ
F~ · d~Γ =
γ
(∇ ∧ F~ ) · ν̂ dS
(1.18)
S
Grazie a questo, prendendo
variazione dei parametri
ovvero è a derivata
γ
X1
come C,
ed
X2 ,
F~
come
~ , e di conseguenza dγ
A
come la
abbiamo che la (1.17) può essere riscritta
come:
ZZ
θ(C) =
S
~
B(X)dX
1 dX2
(1.19)
Si deve fare particolare attenzione nella scelta della nostra
Σ:
anché si possa
applicare il teorema suddetto, la supercie deve essere semplicemente connessa
e cioè non contenere dei buchi; se così fosse allora ci sarebbero dei termini
aggiuntivi alla (1.19) che conterrebbero il numero di avvolgimenti del percorso
C attorno a queste singolarità topologiche.
Confrontando la (1.19) con la (1.18) e la (1.17) si comprende che quella
è proprio il rotore di
~,
A
~
B(X)
ovvero:
∂A1
∂A2
−
=
∂X1 ∂X2
∗
∂~u
∂~u∗ ∂~u
∂~u
·
−
·
= Im
.
∂X1 ∂X2 ∂X2 ∂X1
~ =
B(X)
(1.20)
In base a tutto questo si può aermare che l'equazione (1.19) della
θ costituisce
un'espressione 2-forma dell'angolo di anolonomia.
Rimane da capire cosa rappresenta questo
~ dal punto di vista geometrico.
B(X)
Non è semplice da vericare, ma si può mostrare che esso è in stretto rapporto
con la curvatura Gaussiana, K, della supercie
Σ;
~
B(X)dX
˙
1 dX2 = KdΣ =
la relazione è del tipo:
dΣ
R·S
(1.21)
dove l'ultima uguaglianza deriva proprio dalla denizione di curvatura Gaussiana. La verica di questa relazione può essere banalmente fatta se si considera
X1 = θ
dΣ = 4πR dR.
una sfera di raggio R, usando le coordinate sferiche:
questo modo R = S perciò:
K=
1
e poi:
R2
15
2
ed
X2 = ϕ;
in
Continuando a considerare una supercie sferica, in analogia con la denizione
di un angolo solido
Ω
:
Ω = S/R2 ,
si intuisce che la (1.21) può essere riscritta
direttamente rispetto l'angolo solido stesso, descritto dal versore normale alla
supercie
Σ
, come:
BdX1 dX2 = Ω =⇒ B =
d2 Ω
.
dX1 dX2
(1.22)
Finalmente possiamo ricavare dalla (1.19), grazie alla (1.22), che:
ZZ
d2 Ω = Ω(S).
θ(C) =
(1.23)
Σ
Questi importanti risultati possono essere trasferiti in superci non sferiche,
costruendo una mappa tale che ogni punto di
di
Σgenerica corrisponda ad un punto
Σsf erica .
Le denizioni appena viste dell'angolo di anolonomia possono essere ritrovate,
facendo uso del teorema adiabatico, in ambito della Meccanica Quantistica. Le
cose quindi si riveleranno essere molto interessanti e tutto questo ci permetterà
di ideare, sull'onda di quanto fatto da Yakir Aharonov e David Bohm nel 1959
circa, un esperimento la cui prova ha cambiato la visualizzazione che si aveva
della Meccanica Quantistica, soprattutto per quanto riguarda i concetti di
campo e potenziale.
Vedremo tutto questo nel dettaglio nel prossimo capitolo; per ora vogliamo
ricavare matematicamente un'espressione della fase di Berry . . . passiamo al
Mondo Quantistico !
1.4
La fase di Berry
Consideriamo un sistema quantistico descritto da una Hamiltoniana H la cui
variazione è controllata da un insieme di parametri esterni che chiameremo
(R1 ,
R2
,
R3 ,
. . . ); questi potranno essere campi elettrici o magnetici ad
esempio. Conviene considerare, anziché una variazione su singolo parametro,
una variazione collettiva di un vettore
~
R
che tenga conto dei singoli
Ri
con
i = 1, 2, 3, . . . .
Immaginiamo, come abbiamo fatto per introdurre l'angolo di Hannay, che la
variazione dell'Hamiltoniana sia lenta e graduale, da una forma iniziale a t =
0s: H
i
ad una nale ad un tempo T: H
f
16
Figura 8:
variazione dell'Hamiltoniana.
Questa lenta variazione sarà dovuta, essendo H
di
~
R
=
~ , ad un cambiamento
H(R)
nello spazio in cui vive, cioè in quello dei parametri. In particolare se si
immagina di percorrere un circuito chiuso nel suddetto spazio, nella forma:
C=
˙
Figura 9:
n
o
~
R(t)|t
=0→T
variazione dei parametri
Ri
nel loro spazio (per semplicità
prendiamo solo tre dimensioni, i = 3).
allora avremo che: H
i
≡ Hf
.
Sotto queste ipotesi, siamo in condizioni di applicare il
teorema adiabatico
che ci permette di dire che, se una particella si trova inizialmente
i
1
nell'n-esimo
autostato di H , essa si troverà alla ne, cioè dopo T, nell'n-esimo autostato
di H
f
i
e cioè ancora di H .
1 ovviamente si intende: lo stato della particella è descritto da . . . 17
Noi, per facilità di calcolo, assumeremo che lo spettro dell'Hamiltoniana sia
discreto e senza degenerazioni, per cui l'equazione di Schrödinger stazionaria
sarà nella forma:
~ |n(R)
~
H(R)
~ |n(R)
~ >.
> = En (R)
(1.24)
Assumiamo che le funzioni d'onda siano correttamente normalizzate e che:
~ = 0)) >
|ψ(t = 0) > = |n(R(t
(1.25)
in questo modo abbiamo uno stato generico ad un qualsiasi tempo t, come:
i
|ψ(t) > = e− }
Rt
0
En (~
r(t0 ))dt0
|φn (t) >
(1.26)
dove si è utilizzato l'operatore di evoluzione temporale; la fase espressa nella
(1.26) viene detta
fase dinamica.
Il ket
|φn (t) > è quindi una funzione d'onda
con fase dinamica nulla.
Usando l'equazione di Schrödinger dipendente dal tempo:
0 = −i}
e proiettandola su
< ψ(t)|,
d|ψ(t) >
+
dt
H(t) |ψ(t)
>
(1.27)
cioè facendone il prodotto scalare:
∂
0 =< ψ(t)| H(t) − i}
∂t
|ψ(t) >=
∂
=< ψ(t)|H|ψ(t) > −i} < ψ(t)| |ψ(t) >=
∂t
i
∂φn (t)
= En (t) − i} < φn (t)| − En (t) φn (t) > −i} < φn (t)|
>=
}
∂t
= En (t) − En (t) − i} < φn (t)|φ̇n (t) > =⇒
=⇒ < φn (t)|φ̇n (t) > = 0
(1.28)
dove nei vari passaggi si è utilizzata la (1.26) e pure la seguente equazione:
< ψ(t)|H(t)|ψ(t) > = En (t)
quest'ultima deriva direttamente dal teorema adiabatico e dalla normalizzazione delle
|ψ >.
L'equazione (1.28) mostra quindi che la funzione d'onda
|φ >
obbedisce ad
una legge di trasporto parallelo completamente analoga alla (1.10).
18
Continuando su questa strada, in analogia con la (1.12) possiamo esprimere
lo stato parallelamente trasportato
~ >,
|n(R)
|φ >
in funzione degli autostati ssati
come:
~ >
|φn (t) > =
˙ eiΘn (t) |n(R)
dove la fase
(1.29)
Θn è l'analogo dell'angolo di anolonomia −θ(t) visto nel precedente
paragrafo.
Possiamo ottenere l'equazione del moto di questa fase
stituendo l'espressione (1.29) data per la
|φn (t) >
Θn
semplicemente so-
nella legge del trasporto
parallelo (1.28):
< n| iΘ̇n (t)n > + < n|ṅ >= 0 =⇒
=⇒ iΘ̇n (t) = − < n|ṅ >=⇒
=⇒ Θ̇n (t) = i < n|ṅ >
dove si è utilizzata la normalizzazione degli autovettori dell'Hamiltoniana:
< n|n >= 1.
Da questa legge del moto possiamo fare un confronto con l'equazione (1.14),
ricordando che
Θn −→ −θ(t):
Θ̇n (t) = −Im
n
~
< n(R(t))|
o
dn ~
(R(t)) >
dt
(1.30)
Ora ci rimane solo da mettere insieme tutti i pezzi: ponendo t = T e quindi
~ >= |ψ(t = 0) >, e sostituendo la (1.29) nella (1.26) si ottiene che
|φn >= |n(R)
la funzione d'onda che descrive il sistema al termine del circuito C è siatta:
|ψ(T ) > = eiδn (T )+iΘn (T ) |ψ(0) >
dove con δn (T ) si è espressa la fase dinamica al tempo T cioè:
(1.31)
− }1
RT
0
En (~r(t))dt,
mentre, grazie alla (1.30), si ha che:
nI
o
~
~
~
Θn (T ) = − Im
< n(R)|∇
n(
R)
>
d
R
~
R
C
dove si è utilizzato il fatto che:
N
~ ∂n
dn X dR
=
.
~i
dt
dt ∂ R
i=1
19
(1.32)
Ora ci possiamo chiedere: questa fase ha una qualche utilità pratica? Cioè
questo
Θn ,
che siamo riusciti ad ottenere attraverso i suddetti passaggi, può
essere visualizzato attraverso un qualche esperimento?
La risposta, che non deve stupire, è aermativa. Un eetto molto aascinante e contro-intuitivo è quello scoperto da Aharonov e Bohm nel 1959 (prima
della pubblicazione dell'articolo di Michael Berry sulla sua fase!), i quali intuirono l'esistenza di un eetto che solo nel 1986, grazie ad un gruppo di sici
giapponesi nei laboratori Hitachi, ricevette la prova sperimentale denitiva.
Prima di passare ad una dettagliata denizione dell'eetto Aharanov - Bohm,
facciamo il punto della situazione: si può aermare che la fase di Berry è una
1-forma che mappa dallo spazio dei vettori complessi delle funzioni d'onda
ψ
a quello dei reali; quest'ultimo corrisponderà alla dierenza di fase, non
dinamica, tra la
ψ
iniziale (a t = 0s) e nale (a tempo T per completare il
circuito C nello spazio dei parametri). Volendo fare una relazione con l'angolo
di anolonomia, in Meccanica Quantistica i vettori tangenti alla supercie nello
spazio dei parametri sono gli autostati stazionari dell'Hamiltoniana.
Inne si può dire che angolo di Hannay e fase di Berry sono due facce della
stessa medaglia, e questa medaglia si chiama angolo di anolonomia.
20
Capitolo 2
Eetto Aharanov - Bohm
L'eetto Aharnov - Bohm è un eetto puramente quantistico che può essere
distinto in due tipi:
1. eetto elettrico
2. eetto magnetico
E' fortemente contro-intuitivo, infatti riguarda un elettrone che si comporta come se risentisse di campi magnetici in regioni dove, in realtà, questi sono nulli;
il motivo è che essi ivi sono eettivamente nulli, ma non lo sono i potenziali!
Noi ora andremo a costruire le basi per lo studio di tutto questo con l'introduzione dei potenziali in elettrodinamica classica ed accenneremo all'invarianza
della Meccanica Quantistica sotto trasformazioni di Gauge, per poi andare sullo specico e capire il funzionamento di questo intrigante eetto Aharonov Bohm.
2.1
Potenziali e scelte di Gauge
Nel 1861 il sico scozzese James Clerk Maxwell scrisse le famose leggi dell'elettromagnetismo classico attraverso l'omonimo sistema di equazioni:
~ ·E
~ = ρ
Legge di Gauss elettrica :∇
0
~
~
Legge di Gauss magnetica :∇ · B = 0
Legge di F araday :
~
∂B
~ ∧E
~
= −∇
∂t
~
~ ∧B
~ = µ0~j + µ0 0 ∂ E
Legge di Ampere − M axwell :∇
∂t
21
dove si sono utilizzate le unità di misura del Sistema Internazionale. Questo
sistema è però composto da ben otto equazioni (due dalle prime due e poi 3 x 2,
poiché vettoriali, dalle restanti)! Per semplicare il calcolo e per convenienze
che vedremo a breve, si sono introdotti i potenziali, vettore e scalare:
φ.
~
A
e
Grazie alla legge di Gauss per il campo magnetico e considerato che la
divergenza di un rotore di un certo campo vettoriale è sempre nulla, si può
scrivere:
~ =∇
~ ∧ A.
~
B
(2.1)
Inoltre si può esprimere il campo elettrico come:
~
~ = −∇φ
~ − ∂A
E
∂t
(2.2)
infatti utilizzando quest'ultima e la (2.1) nella legge di Faraday, otterremo che
essa è sempre vericata (essendo anche il rotore di un gradiente nullo).
Grazie a questi si passa da un sistema ad otto equazioni ad uno a quattro
e, soprattutto, si passa da equazioni, come quella della forza di Lorentz, contenenti campi (magnetici ed / od elettrici) a equazioni contenenti potenziali!
L'utilità principale è quindi il fatto che possono essere inclusi nell'equazione di
Schrödinger che appunto contiene esplicitamente la funzione Hamiltoniana.
Un'altra importante conseguenza dell'introduzione di questi potenziali è che si
possono fare delle
~
A
e
φ
trasformazioni di Gauge, ovvero delle trasformazioni di
tali che i campi magnetici ed elettrici deniti dalla (2.1) e dalla (2.2)
rimangano gli stessi. Queste sono della forma:
1 ∂Λ
c ∂t
~ −→ A
~ + ∇Λ
~
A
φ −→ φ −
e la verica che
~
E
e
~
B
(2.3)
(2.4)
rimangano invariati è banale.
Si può poi mostrare che l'equazione di Schrödinger dipendente dal tempo con
Hamiltoniana:
H=
dove
p~
2
~
p~ − ec A
2m
+ eφ
(2.5)
è il vettore momento canonico, risulta essere invariante per trasforma-
zioni di Gauge.
Questi sono gli elementi che ci torneranno utili per la trattazione dell'eetto
Aharonov Bohm sia magnetico che elettrico.
22
2.1.1 Eetto magnetico
Consideriamo il caso ideale di una particella, q, che si muove all'interno di una
spira conduttrice (con resistenza nulla) di raggio b. Immaginiamo poi di porre
un solenoide innitamente lungo di raggio a e con campo magnetico
~
B
diverso
da zero all'interno e nullo all'esterno, grazie ad una certa corrente che passa
nelle spire. Il campo potrà essere così schematizzato:
Figura 10:
campo magnetico di un solenoide percorso da corrente. Se è
innitamente lungo le linee di campo si chiudono all'innito.
Poniamo gli assi di un certo sistema di riferimento di modo tale che:
dunque la nostra situazione può essere così schematizzata:
Figura 11
23
~ = B ẑ
B
il campo magnetico è nullo oltre a.
Saremmo quindi portati a dire che q
non risente di alcuna forza dovuta al campo magnetico, ma saremmo troppo
incuranti e ingenui.
Infatti, anche se il campo magnetico è nullo all'esterno del solenoide, il poten-
~ non lo è! Mostriamolo a partire dalla (2.1) ed integrando
A
supercie Σ che racchiude il cilindro formato dal solenoide:
ziale vettore
una
Z ~
~ ∧A
~ · n̂ dΣ =⇒
B · n̂ dΣ =
∇
Σ
Z Σ
~ · n̂ dr
=⇒ Bπa2 = A
su
Z
dove
n̂
(2.6)
è il versore normale alla supercie di base del cilindro e
è il versore normale alla supercie laterale del cilindro.
ûn ,
invece,
In particolare si è
~ = B ẑ e quindi la Σ ecace, quella perpendicolare a B
~, è
B
~ si è invece utilizzato
πa2 . Per quanto riguarda l'integrale su A
usato il fatto che
quella di base:
il teorema di Stokes (le sue ipotesi sono vericate a meno di un potenziale
vettore scomodo, con derivate non continue).
Visto chi è
ûn
ed assumendo r > a, allora la (2.6) diventa:
~ =⇒ A
~=
Bπa = 2πrA
2
φ
2πr
ϕ̂
(2.7)
φ si è indicato il usso del campo magnetico attraverso il solenoide:
φ = Bπa2 e con ϕ̂ il versore nella direzione per la quale l'angolo azimutale
è crescente (l'angolo che si forma tra la proiezione del vettore ~
r generico nel
dove con
piano xy, con l'asse x).
Siamo implicitamente passati ad un sistema di coordinate convenienti, ovvero
quelle cilindriche, per le quali:
~r = (r cos ϕ, r sin ϕ, z) .
24
(2.8)
Figura 12:
coordinate cilindriche.
Come notiamo dalla (2.7), il potenziale vettore non è nullo all'esterno del
solenoide e quindi l'Hamiltoniana che abbiamo scritto nella forma (2.5), dove
il potenziale scalare
φ è nullo in quanto il solenoide non risulta carico, è siatta:
1 2 2
~·∇
~
−} ∇ + q 2 A2 + 2i}q A
2m
H=
in cui si sono sostituiti i rispettivi operatori quantistici (p
(2.9)
~ ).
−→ −i}∇
Rimane
da sostituire al gradiente la sua forma nel sistema di coordinate cilindriche;
per farlo prendiamo i versori tangenti alle linee coordinate r,
ϕ
e z, i quali,
utilizzando la (2.8), hanno le seguenti forme:
∂~r
= (cos ϕ, sin ϕ, 0)
∂r
∂~r
rêϕ =
= (− sin ϕ, cos ϕ, 0)
∂ϕ
êr =
êz =
ed essendo
~ =
∇
∂~r
= (0, 0, 1)
∂z
∂
si ha:
∂~
r
~ = ∂~r ∂ = ∂
êr · ∇
∂r ∂~r
∂r
~ = 1 ∂~r ∂ = 1 ∂
êϕ · ∇
r ∂ϕ ∂~r
r ∂ϕ
~ = ∂~r ∂ = ∂
êz · ∇
∂z ∂~r
∂z
e cioè si ha che le componenti del gradiente in coordinate cilindriche sono:
25
~ =
∇
∂ ∂ 1 ∂
, ,
∂r ∂z r ∂ϕ
= r̂
∂
∂
1 ∂
+ ẑ
+ ϕ̂
.
∂r
∂z
r ∂ϕ
(2.10)
Nel nostro caso specico si ha che la funzione d'onda dipende solo dall'angolo
azimutale
ϕ
mentre z = 0 ed r = b, infatti:
Figura 13
e quindi dalla (2.10) si ha immediatamente che al gradiente si associa:
~ −→ ϕ̂ d .
∇
r dϕ
Riprendendo la (2.9) ed applicandola ad una funzione d'onda
(2.11)
ψ(ϕ), sostituendo
la (2.11) e la (2.7), si ottiene la seguente equazione di Schrödinger stazionaria:
"
#
2
1
}2 d2
qφ
}qφ d
− 2 2+
+i 2
ψ(ϕ) = Eψ(ϕ)
2m
b dϕ
2πb
πb dϕ
(2.12)
Quest'ultima è un'equazione dierenziale lineare omogenea a coecienti costanti, della forma:
d2 ψ
dψ
− 2iα
+ βψ = 0
2
dϕ
dϕ
dove:
α=
qφ
2π}
26
(2.13)
(2.14)
mentre:
β=
2mEb2
− α2 .
}2
(2.15)
La soluzione della (2.13) si ottiene passando dall'equazione caratteristica:
λ2 − 2iαλ + β = 0 =⇒
p
iα ± −α2 − β
=
=⇒ λ =
p1
= i(α ± α2 + β) =⇒
b√
2mE
=⇒ λ = i α ±
}
dove nell'ultima implicazione si è sostituita la (2.15), quindi le soluzioni saranno della forma:
ψ(ϕ) = AeiΛϕ
in cui
Λ=
(2.16)
λ
.
i
Imponendo poi la continuità della
ψ
a
ϕ = 2π ,
si ottiene per la (2.16):
ψ(0) = ψ(2π) =⇒ eiΛ0 = 1 = eiΛ2π =⇒
=⇒ 2πΛ = 2πn =⇒ Λ = n
con
n ∈ Z; Λ
diviene dunque:
Λ=n=α±
dalla quale, sostituendo l'espressione di
b√
2mE
}
(2.17)
α secondo la (2.14), si ricava lo spettro
dell'Hamiltoniana:
}2
En =
2mb2
2
qφ
n−
2π}
con n = 0, ±1, ±2, . . .
(2.18)
La (2.18) ci da' un'importante informazione: l'energia della particella dipende
dal campo magnetico all'interno del solenoide, nonostante esso sia localmente
nullo per la particella stessa!
Generalizziamo e supponiamo di avere una carica che si muove in una regione
dove
~ = ~0,
B
ma non il potenziale vettore
~
A
(che assumeremo per semplici-
tà essere non dipendente dal tempo); in tal caso l'equazione di Schrödinger
dipendente dal tempo avrà la forma:
27
"
~ − qA
~
−i}∇
2
#
+ V ψ = i}
2m
∂ψ
∂t
(2.19)
dove V è un potenziale generico che può includere o meno il contributo elettrico
qφ.
Questa può essere semplicata scrivendo la funzione d'onda come:
ψ = eig ψ 0
(2.20)
Z
q ~r ~ 0
A(~r ) · d~r0
g(~r) =
˙
} O
(2.21)
dove:
dove con O si è indicato un punto di riferimento scelto arbitrariamente, o
meglio il vettore che ne indica la posizione.
~ =∇
~ ∧A
~ = ~0,
B
congiungente O ed ~
r e,
Si tenga ben presente che questa denizione ha senso solo se:
altrimenti l'integrale della
g
dipende dal cammino
quindi, non denisce una funzione di
~r.
Cerchiamo di capire il signicato sico della (2.20): facendo il gradiente della
funzione d'onda
ψ
si ottiene:
∇ψ = i (∇g) eig ψ 0 + eig ∇ψ 0 =⇒
~ ψ = −i}eig ∇ψ 0
=⇒ −i}∇ − q A
dove si è utilizzato il fatto che
∇g =
q ~
A, vista la sua denizione (2.21).
}
Applicando nuovamente la divergenza otteniamo:
~ − q A∇ψ
~
−i}∇2 ψ − q(∇A)ψ
= −i}(i∇g)eig ∇ψ 0 − i}eig ∇2 ψ 0
e sostituendo nuovamente
~
eig ∇ψ 0 = ∇ψ − i }q Aψ
(2.22)
~ e scrivendo, per la relazione trovata sopra:
∇g = }q A
si ottiene:
q 2 A2
~
~
~
−i}∇ ψ − q(∇A)ψ − q A∇ψ = q A∇ψ − i
ψ − i}eig ∇2 ψ 0 .
}
2
Dividendo tutto per i e moltiplicando per
},
si ottiene:
~ + iq}A∇ψ
~
~
−}2 ∇2 ψ + iq}(∇A)ψ
= −iq}A∇ψ
− q 2 A2 ψ − }2 eig ∇2 ψ
28
(2.23)
(2.24)
la quale può essere facilmente riscritta come:
2
~
i}∇ + q A ψ = }2 eig ∇2 ψ 0 .
(2.25)
Sostituendo quest'ultima equazione nella (2.19) ed eliminando i fattori in
comune
eig
si ottiene nalmente:
∂ψ 0
}2 2 0
∇ ψ + V ψ 0 = i}
(2.26)
2m
∂t
0
da questa si comprende che la ψ , nella (2.20), è la funzione d'onda della
~ fosse nullo. Ecco quindi che si può già
particella se il potenziale vettore A
−
intuire dalla (2.20) ed in base a tutto quello fatto no ad ora, che dal punto di
vista della funzione d'onda, un potenziale vettore non nullo in regioni dove il
campo magnetico
~ = ~0,
B
genera uno sfasamento dato da:
eig .
Aharonov e Bohm proposero un esperimento molto simile a quello da noi trattato:
considerarono due fasci di elettroni che passano attorno ad un lungo
solenoide percorso da corrente e poi i due fasci vengono ricombinati.
Figura 14:
dove
C1
e
C2
sono i percorsi di ogni singolo fascio elettronico.
Per quanto detto, questi fasci arriveranno ad avere una dierenza di fase (immaginando comunque che V sia lo stesso per entrambi, cioè sia uguale da un
lato e dall'altro del solenoide) data da:
q
∆Φ = g1 − g2 =
}
Z
Z
~ r)d~r −
~ r)d~r = q
A(~
A(~
}
C1
C2
29
I
~ r)d~r = qφ
A(~
}
C
(2.27)
dove si è utilizzata la denizione della funzione g secondo la (2.21) e la (2.7),
per l'espressione di
~.
A
Inoltre si è tenuto conto del fatto che C, in base alla
gura 14, sarà siatto:
Figura 15:
C è una circonferenza.
Dalla (2.27) notiamo quindi che la dierenza di fase tra i fasci sarà strettamente
correlata con il usso del campo e quindi con l'intensità del campo magnetico
all'interno del solenoide.
Questo viene chiamato eetto Aharonov - Bohm
(magnetico).
2.1.2 Eetto elettrico
Yakir Aharonov e David Bohm proposero un'altra versione dell'esperimento
sopra descritto che non facesse uso di campi magnetici e potenziali vettore, ma
di campi elettrici
scalare
φ
~
E
che fossero nulli in certe regioni dove però il potenziale
è non nullo.
L'esperimento che proposero può essere realizzato come in gura 16:
Figura 16:
realizzazione esperimento Aharonov - Bohm per il campo
elettrico.
si mandano dei fasci di elettroni ben collimati attraverso cilindri, detti anche
gabbie, di materiale conduttivo, che vengono mantenuti a dierenti potenziali
30
φ1
e
φ2 .
Si immagina poi di accendere la dierenza di potenziale tra i due ci-
lindri quando il pacchetto d'onde (rappresentativo del fascio elettronico) entra
all'interno dei suddetti cilindri conduttori e di spegnerlo quando escono.
In questo modo le particelle non dovrebbero risentire di alcuna forza all'interno
delle gabbie poiché il potenziale è ivi uniforme e quindi non c'è alcun campo
elettrico all'interno.
Quando i due fasci vengono ricombinati si osserverà che risultano sfasati di
una quantità pari a:
∆Φ =
dove
∆φ
qt
∆φ.
}
(2.28)
è la dierenza dei due potenziali scalari e t è il tempo che necessita
al fascio di elettroni per passare all'interno dei cilindri.
Per ricavare questa formula basta ricordare che una funzione d'onda autostato
dell'Hamiltoniana con autovalore dell'energia E, si evolve nel tempo secondo
la legge:
i
ψ(~r, t) = ψ(~r, t = 0s)e } Et
da questa è evidente l'analogia con la (2.20), se si pone
(2.29)
E = qφ
e si scrive
quindi:
q
g=
}
Z
t
φdt0 .
(2.30)
0s
Confrontando la (2.30) con la (2.21) ci si accorge che hanno la stessa forma, ma
con la sostanziale dierenza che la prima presenta un'integrazione sul tempo
di un potenziale scalare, mentre la seconda ha un'integrazione sullo spazio di
un potenziale vettore; questa è diretta conseguenza della relatività ristretta,
dove si usa un unico oggetto matematico, detto quadrivettore, che presenta
una parte temporale (la coordinata zero) e tre spaziali:
Aµ =
φ ~
,A
c
dove c
è la velocità della luce nel vuoto.
Per ottenere la dierenza di fase
∆Φ
si ripetono i passaggi della (2.27) visti
nel caso magnetico.
Questi esperimenti proposti da Bohm e Aharonov hanno però dei problemi
evidenti:
nel caso magnetico si è sempre tenuto conto di avere un cilindro
innitamente lungo di modo tale da connare il campo magnetico; nel caso
elettrico si è tenuto conto di una costanza del potenziale sui fasci elettronici,
ma quando essi entrano ed escono dalle gabbie cilindriche essi risentono di
campi elettrici non nulli. Solo dopo aver visto come si collegano fase di Berry
31
ed eetto Aharonov - Bohm, vedremo come si è ovviato ad alcuni di questi
problemi, trattando nello specico l'esperimento di Tonomura.
2.2
Applicazione fase di Berry
Fu Michael Berry stesso a notare che l'eetto Aharonov - Bohm poteva essere
visto come un esempio della fase geometrica. Noi ci atterremo proprio a quello
che scrisse Berry nel suo primo articolo.
Considerando un solenoide innitamente lungo, ssiamo un sistema di riferimento con centro all'interno del solenoide.
Immaginiamo poi di avere una
particella costretta a trovarsi all'interno di una scatola (quindi le pareti di
questa sono come barriere di potenziale innite) che è centrata in un punto
descritto dal vettore posizione
~.
R
Se la posizione della particella rispetto al
~r, allora la sua posi~ e quindi risentirà
~r − R
centro del sistema di riferimento è descritta dal vettore
zione rispetto al centro della scatola sarà descritta da:
di un potenziale della forma:
Figura 17:
~ ,
V (~r − R)
come si vede in gura 17:
con sdr si è indicato sistema di riferimento.
In questo caso l'equazione agli autovalori per l'Hamiltoniana del sistema sarà:
i2
1 h
~ ψn = En ψn
~ − q A(~
~ r) + V (~r − R)
−i}∇
2m
e per quanto abbiamo visto nella sezione
(2.31)
2.1.1 Eetto magnetico, un'equa-
zione di questo tipo si risolve ponendo:
ψn = eig ψn0 .
32
(2.32)
dove g è così denita:
q
g=
˙
}
Z
~
r
~ r0 ) · d~r0
A(~
(2.33)
~
R
avendo posto come O il centro della scatola.
Per quanto visto, si ha che
della
ψ
ψ0
soddisferà la stessa equazione agli autovalori
ma con potenziale vettore nullo:
−}2 2
~
∇ + V (~r − R) ψn0 = En ψn0
2m
e da quest'ultima si nota che
ψn0
è solo funzione di
(2.34)
~.
~r − R
Immaginiamo ora di trasportare la scatola, e di conseguenza la particella stessa,
1
attorno al solenoide
e cerchiamo di determinare la fase di Berry a partire dalla
sua forma (1.32). Valutiamo separatamente il prodotto scalare
< ψn |∇R~ ψn >;
sapendo che:
h
i
q ~ ~ ig 0
ig 0
ig
~
~
~
∇R~ ψn = ∇R~ e ψn (~r − R) = −i A(
R)e ψn (~r − R)+e
∇R~ ψn0 (~r − R)
}
dove si è utilizzata la (2.32) ed il fatto che:
~ R)
~ ,
∇g = }q A(
(2.35)
allora otteniamo:
< ψn |∇R~ ψn > =
Z
i
h
i∗ h q
~ R)ψ
~ 0 (~r − R)
~ + ∇ ~ ψ 0 (~r − R)
~ d3~r
~
= e−ig ψn0 (~r − R)
eig −i A(
n
R n
}
(2.36)
ed utilizzando la normalizzazione delle funzioni d'onda:
q~ ~
< ψn |∇R~ ψn >= −i A(
R) −
}
Z h
i∗
~
~ 3~r.
ψn0 (~r − R)
∇~r ψn0 (~r − R)d
(2.37)
i
volte il valore di aspettazione del mo}
}2
mento in un autostato dell'Hamiltoniana: −
∇2 + V che sappiamo però
2m
d<x>
essere nullo (questo deriva dal teorema di Ehrenfest: < p >= m
poiché
dt
Riconoscendo nell'ultimo integrale
il valore di aspettazione del vettore posizione è costante essendo in uno stato
stazionario, per il quale:
i
ψ(x, t) = ψ(x, 0)e } Et ),
allora si ha:
q~ ~
< ψn |∇R~ ψn >= −i A(
R).
}
1 il processo non ha bisogno di essere adiabatico!
33
(2.38)
Possiamo nalmente ottenere l'espressione della fase di Berry dalla (1.32) con
la (2.38):
q
Θn (T ) =
}
I
~ R)
~ · dR
~ = q
A(
}
Z
~ ∧ A)
~ · d~
(∇
α=
α
qφ
}
dove si è utilizzato il teorema di Kelvin - Stokes ed il fatto che:
da cui integrando sulla supercie
α,
si ottiene il usso
(2.39)
~ =∇
~ ∧A
~,
B
φ.
Come notiamo si è ottenuto lo stesso risultato della (2.27) e questo ci permette di descrivere lo sfasamento tra fasci elettronici che percorrono diversi cammini attraverso la fase di Berry, dando un'ulteriore conferma dell'esistenza
dell'eetto Aharonov - Bohm.
2.3
Esperimento di Tonomura
Nel 1960, solo un anno dopo la pubblicazione dell'articolo di Aharonov e Bohm
sull'omonimo eetto discusso no ad ora, il sico sperimentale Robert Chambers eettuò un esperimento simile al famoso esperimento di Young della doppia fenditura, ma con una dierenza fondamentale: pose un magnete al di là
della barriera con fenditure e riuscì eettivamente ad osservare uno sfasamento
tra i due fasci elettronici che si ricongiungono dopo la barriera.
Molti contestarono il fatto che si fosse utilizzato un pezzo di Ferro per generare
~ , in quanto, con questo materiale, il campo magnetico non era eettivamente
B
nullo all'esterno e quindi gli elettroni risentivano di questo (sottolineiamo: del
campo e non del potenziale!).
Successivamente, nel 1986, un gruppo di sici giapponesi, tra i quali Akira
Tonomura, eettuarono un esperimento per la prova dell'eetto Aharonov Bohm magnetico.
Per la realizzazione utilizzarono un magnete toroidale di
modo che le linee del campo magnetico risultassero non essere uscenti:
34
Figura 18:
linee di campo magnetico generate da un usso di corrente su un
toroide.
Per essere completamente sicuri che il campo risultasse nullo all'esterno, sfruttarono l'eetto Meissner ; questo è un eetto molto particolare che si ha
con materiali superconduttori, i quali non possono essere penetrati da campi magnetici se si trovano sotto ad un certa temperatura, detta temperatura
critica.
Figura 19:
semplice schematizzazione dell'eetto Meissner;
TC
indica la
temperatura critica.
Per ottenere questo decisero di ricoprire il magnete con Niobio (Nb) che è un
metallo molto duttile e tenero; esso risulta essere superconduttore a temperature dell'ordine di 9K. L'intero apparato venne poi ricoperto con uno strato di
rame (Cu).
35
Tutto ciò può essere schematizzato come segue:
Figura 20:
apparato sperimentale utilizzato dal gruppo guidato da
Tonomura.
Vengono utilizzati principalmente tre fasci:
uno viene inviato verso il bu-
co del magnete toroidale ed un altro, detto di riferimento, viene indirizzato
direttamente sul rivelatore.
In questo modo essi formano un circuito chiuso attorno al usso magnetico che
percorre il toroide e ciò causa una dierenza di fase.
Un terzo fascio viene fatto interferire con quello di riferimento senza alcuno
spostamento di fase, e quindi questo è una sorta di gruppo di controllo.
I pattern di interferenza che ottennero da questo esperimento sono riportati
nella pagina seguente:
36
Figura 21:
la prima colonna mostra il pattern a temperatura sopra quella
critica: 15K; la seconda e la terza sotto alla temperatura critica: 5K e
dieriscono solo per un'amplicazione di fase.
Come si può notare confrontando le varie colonne della gura 21, il pattern
di interferenza cambia se gli elettroni sono sottoposti (prima colonna essendo
T > TC )
o meno (seconda e terza colonna, dove
T < TC )
al campo magnetico;
per evidenziare le dierenze si è posta una sottile linea tratteggiata bianca che
mostra gli sfasamenti tra fascio interno ed esterno (cioè quello di controllo) al
toro.
2.4
Conclusioni
Grazie al lavoro di Berry si sono aperti i nostri occhi sulla Meccanica Quantistica, permettendoci di dare uno sguardo alla sua congurazione geometrica.
Grazie invece al lavoro di Aharonov, Bohm, Tonomura ed altri si può comprendere il ruolo fondamentale che hanno i potenziali in Meccanica Quantistica, i
quali sembrano essere entità ancor più fondamentali rispetto ai campi. L'effetto Aharonov - Bohm, come abbiamo visto, è fortemente contro-intuitivo
e non a caso è stato proclamato dalla rivista New Scientist una delle sette
meraviglie del mondo quantistico .
37
38
Ringraziamenti
Desidero ringraziare il mio relatore Gianluca Grignani per avermi lasciato la
completa libertà di lavoro e studio sull'argomento trattato; è stato sempre
presente e vigile quando chiedevo un aiuto.
Professore molto preparato, di-
sponibile, rigoroso e soprattutto dotato di ottime capacità comunicative ed
esplicative.
Grazie per avermi mostrato la Via dello Studio . . .
Ringrazio poi i miei genitori che hanno ducia nelle mie capacità ed io non li
deluderò.
Mia madre che è stata la prima ad indirizzarmi sulle materie scientiche, mi
ha permesso di capire la precisione ineccepibile della Matematica. Mio padre
che lasciandomi libertà di scelta in moltissime situazioni mi ha permesso di
assaporare la scontta e la vittoria.
Grazie poi a mio fratello e mia sorella che con i loro comportamenti e le loro
azioni mi hanno permesso di formare un carattere forte ed il più possibile
pragmatico.
Grazie a voi per avermi mostrato la Via della Vita . . .
Ringrazio tutti i miei amici, che mi sono stati vicini e mi hanno fatto ridere e
divertire quando le ore di studio diventavano eccessive.
Grazie per avermi mostrato la Via dell'Amicizia . . .
Sento poi di dover ringraziare il mio Professore del Liceo, Giampietro Cagnoli,
per avermi aperto gli occhi sulla bellezza della Fisica come Scienza che cerca di
spiegare la Natura, ma che si limita a creare modelli rimanendo quindi sempre
consapevoli dei limiti dell'uomo.
Grazie per avermi mostrato la Via della Fisica . . .
Inne ringrazio me stesso per aver dato il 100% su tutti i compiti che mi sono
stati assegnati e che mi sono assegnato nel tempo. Ho grandi ambizioni e sono
molto determinato nel soddisfare la mia fame.
L'esperienza mi ha mostrato la Via della Morale e del Dovere.
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Bibliograa
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