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Mastite: alcuni fattori gestionali di rischio Zucali M. e Bava L. Dipartimento di Scienze Animali, sezione Zootecnica Agraria, via Celoria 2 , 20133 Milano Premessa Secondo un recentissimo lavoro pubblicato da ricercatori olandesi (Huijps et al., 2008) la perdita economica annuale per bovina a causa di una mastite clinica o subclinica varia da 65 a 182 €. Nell’indagine che hanno condotto in 78 aziende è emerso che la maggior parte degli allevatori (il 72% degli intervistati) sottovaluta nettamente l’entità di tale perdita: la perdita da loro stimata è stata valutata tra 17–198 € per animale all’anno. I risultati di questo lavoro dimostrano quanto le mastiti, seppur così largamente conosciute e studiate, sono ancora una problematica non del tutto risolta e soprattutto ancora sottovalutata nella pratica aziendale. E’ noto che la causa dell’infezione mammaria è l’ingresso di microrganismi patogeni nella mammella della bovina e che tale ingresso è facilitato da una parte dalla presenza dei patogeni sulla cute e dall’altra da cause predisponenti quali lesioni dei tessuti capezzolari. In questo breve articolo verranno messi in evidenza alcuni fattori predisponenti legati alla gestione della mungitura e della mandria. L’impianto di mungitura: effetto del livello di vuoto sullo sfintere capezzolare Il livello di vuoto dell’impianto di mungitura e il tempo in cui la guaina rimane aperta nel corso di un ciclo di pulsazione sono i principali parametri che influenzano il livello di flusso massimo e la velocità di mungitura. Alzando il livello di vuoto e prolungando la durata della fase B di mungitura (guaina aperta, figura 1) aumenta il richiamo di liquidi (interstiziali e sangue) verso la punta del capezzolo (congestione), che si manifesta con un incremento della spessore della parete capezzolare dopo la mungitura. Nella fase di massaggio (D) la guaina comprime il capezzolo alleviandone la congestione; l’importante ruolo della compressione della guaina nell’incrementare la velocità di mungitura riducendo la congestione del capezzolo si è reso chiaro negli ultimi 20 anni (Mein et al., 2003). Il capezzolo è quindi la porzione di mammella Figura 1. Variazioni del vuoto durante un intero ciclo di pulsazione Zucali e Bava, 2008 più sensibile alle fluttuazioni di vuoto e più in generale dei parametri dell’impianto di mungitura. Il capezzolo è la prima barriera contro la contaminazione batterica, essa in condizioni normali è molto efficiente nel ridurre la risalita di microrganismi dall’esterno fino alla ghiandola mammaria, dove potrebbero causare infiammazioni mastitiche. Quando il capezzolo è congestionato, in fase di postmungitura, tale meccanismo di difesa viene compromesso. Questo probabilmente è dovuto al fatto che il canale del capezzolo si chiude più lentamente dopo la mungitura se è congestionato. Il ritorno alle condizioni pre-mungitura può durare alcune ore; in tale periodo di tempo l’animale generalmente ritorna in stalla dove, se le condizioni igieniche non sono ottimali, il rischio di contagio è elevato. Quando le variazioni di spessore del capezzolo sono più del 5% il rischio di colonizzazione batterica è maggiore. Allo stesso tempo però un eccesso di compressione da parte della guaina può contribuire allo sviluppo di ipercheratosi. Per ipercheratosi si intende un ispessimento dello strato corneo della cute, determinato da un'aumentata produzione delle cellule dell'epidermide. L’ipercheratosi è il risultato di uno stress applicato sulla pelle quando la guaina collassa sull’apice del capezzolo. Essa è inoltre influenzata da condizioni ambientali (umidità e temperatura) e da fattori genetici (la forma e la dimensione del capezzolo). Figura 2. Schema di valutazione dell’apice del capezzolo (Teat score) Per valutare il livello di ipercheratosi viene utilizzata una scala di 4 punteggi (Teat Score, vedi figura 2): • N (no ring): l’apice del capezzolo è liscio con orifizio liscio. Si verifica solitamente nelle prime fasi di lattazione • S (smooth): intorno all’orifizio capezzolare si forma un anello liscio. È un tipo di reazione naturale del capezzolo soggetto a mungitura continua. È la giusta condizione in cui si dovrebbero trovare i capezzoli • R (rough): sull’apice del capezzolo si sviluppa ipercheratosi di dimensione compresa tra 1 e 4 mm • VR (very rough): sull’apice del capezzolo si ritrova una consistente presenza di ipercheratosi (> 4mm). Questi capezzoli, insieme ai precedenti sono spesso accompagnati da micro-ferite. La presenza di ipercheratosi è una condizione da evitare per vari motivi: • contribuisce ad una condizione poco confortevole per gli animali • la superficie rugosa del capezzolo è più difficile da pulire nella operazioni pre-mungitura, risulta quindi essere una zona più favorevole alla colonizzazione batterica. Zucali e Bava, 2008 • alcuni studi hanno trovato una relazione, seppur non molto marcata, tra ipercheratosi e frequenza delle infezioni mastitiche. Per valutare l’effetto del tipo di guaina utilizzata sullo sviluppo dell’ipercheratosi è stato realizzato un progetto in collaborazione con l’University of Wisconsin- Madison, USA. Sono state testate 4 diversi tipi di guaine, 3 di gomma, con sezione circolare caratterizzate da un diverso spessore della parete e 1 di silicone caratterizzata da una sezione circolare a guaina aperta e triangolare a guaina chiusa. L’ipercheratosi è stata valutata tramite fotografie digitali effettuate settimanalmente per un mese consecutivo. L’ipercheratosi, secondo il nostro studio, è stata principalmente influenzata dalla durata della mungitura, dalle condizioni del capezzolo prima della prova e, in parte, dal tipo di guaina utilizzata. In particolare una maggior durata della mungitura (>5,3 minuti), che dipende dal livello produttivo, dalla frequenza di mungitura e dallo stacco automatico, ha predisposto maggiormente allo sviluppo di ipercheratosi. Abbiamo inoltre riscontrato che capezzoli caratterizzati da condizioni di ipercheratosi prima della prova, hanno mostrato una maggior predisposizione a sviluppare ipercheratosi accentuata a fine progetto. Questo ci ha fatto pensare che la forma del capezzolo possa giocare un ruolo fondamentale, forse più che il tipo di guaina utilizzato. Questo probabilmente perché la modalità e l’intensità della compressione operata dalla guaina dipende molto dalla lunghezza e dalla forma del capezzolo che influiscono sulla capacità di adesione della guaina al capezzolo. La minor probabilità di avere capezzoli con ipercheratosi accentuata (R+VR) è stata riscontrata utilizzando la guaina di maggior spessore, caratterizzata cioè da una minor forza di compressione sul capezzolo. È inoltre da ricordare che una compressione troppo elevata da parte della guaina può portare ad una rimozione eccessiva della cheratina che normalmente è presente nel canale capezzolare, la quale ha funzioni protettive; ciò rende il capezzolo più suscettibile alla contaminazione batterica. Una compressione della guaina pari alla pressione arteriosa (circa 12 kPa) sembra essere sufficiente per alleviare i fenomeni di congestione, se la compressione è maggiore non ci sono benefici per la riduzione della congestione ma possono verificarsi fenomeni di ipercheratosi. La modalità di mungitura: la curve di emissione del latte Lo studio dell’andamento della curva di emissione lattea è uno strumento utile per identificare sia dei punti critici riguardanti la modalità di mungitura che quelli relativi alle caratteristiche dell’animale che sono spesso connessi con l’incidenza di infezioni mastitiche. L’emissione del latte durante la mungitura segue una curva tipica, caratterizzata da una fase di ascesa rapida con flusso crescente, da una fase di plateau, durante la quale il flusso si mantiene costante, e infine da una fase di discesa, durante la quale il flusso di latte decresce più o meno rapidamente. Al fine di valutare le interazioni tra modalità di mungitura, fisiologia dell’animale e sanità della mammella sono state monitorate nel corso dell’intera lattazione un totale di circa 84 bovine primipare di razza Frisona presenti in 6 aziende lombarde: 5 commerciali e 1 sperimentale (Progetto Mungiben n 819, finanziato dalla regione Lombardia). In particolare si sono studiate le relazioni tra la routine di mungitura, le curve di emissione del latte, le condizioni del capezzolo, la sanità della mammella e la quantità e qualità del latte prodotto. Sono stati effetuati diversi rilievi e in particolare sono state analizzate le curve di emissione del latte, misurate tramite flussometri elettronici (Lactocorder). I risultati ottenuti sono stati valutati alla luce delle condizioni sanitarie dei quarti mammari misurate mediante il contenuto di cellule somatiche e l’analisi batteriologica del latte. Il lavoro ha evidenziato come il tempo di stimolazione, ossia il tempo intercorrente tra la stimolazione tattile sul capezzolo e l’attacco del gruppo di mungitura, sia uno dei principali punti Zucali e Bava, 2008 critici del processo di mungitura, in quanto il mancato rispetto della corretta tempistica favorisce un’elevata frequenza di bimodalità (curva di emissione caratterizzata da due picchi) a cui è associato un aumento del numero di cellule somatiche (figura 3). I risultati dello studio indicano in un minuto il tempo minimo di stimolazione necessario per mantenere la frequenza di bimodalità entro limiti accettabili e suggeriscono l’adozione di una serie di operazioni (eliminazione dei primi getti, pulizia e/o pre-dipping) che, oltre a indurre l’innesco del meccanismo neuroendocrino dell’eiezione, possono favorire l’ottenimento di un latte di elevata qualità e la salvaguardia della sanità della mammella. Figura 3. Variazione della percentuale di curve bimodali e del contenuto in cellule somatiche del latte al variare del tempo di stimolazione Tramite l’utilizzo di registratori elettronici del flusso è inoltre possibile valutare se lo stacco avviene tempestivamente o se ci sono fasi di mungitura a vuoto. La mungitura a vuoto sembra essere correlata ad un incremento delle cellule somatiche del latte, oltre che determinare un inutile perdita di tempo. Da questa prova è stato possibile individuare dei valori consigliati (tabella 1) per alcuni parametri della curva di emissione lattea al fine di ottimizzare le procedure di mungitura e di non incrementare il rischio di infezioni mastitiche. Tabella 1. Valori consigliati per alcuni parametri della curva di emissione del latte Parametro Valore consigliato Motivazioni Flusso massimo (hmf) Durata del plateau (espressa in percentuale della durata totale della primipare: <2,75 kg/min • Un flusso massimo troppo elevato sembra essere collegato ad un peggiore stato sanitario della pluripare: <4,00 kg/min mammella >40% • Un elevato valore percentuale della fase di plateau, sulla durata totale dell’eiezione, è correlato ad una elevata produzione, ad una scarsa frequenza di bimodalità, ad un basso valore di flusso massimo e un basso contenuto di cellule somatiche Zucali e Bava, 2008 mungitura) Bimodalità (bimo) Conducibilità elettrica massima (elmax) Tempo di stimolazione netto (ts500-tempo di preparazione) Sovramungitura (tmbg) singola bovina: assente (0) mandria: percentuale minima • Bovine con elevata frequenza di curve bimodali hanno elevati valori di cellule somatiche • Una elevata conducibilità elettrica può essere indice di uno stato infiammatorio della mammella anche se vi sono altri fattori influenti <6,3 mS/cm • Se minore di 1 minuto: la frequenza di curve bimodali aumenta, poiché non si è dato il tempo allo stimolo tattile sul capezzolo di promuovere l’eiezione del latte alveolare. • Se maggiore di 2 minuti: rischia di causare un’eccessiva perdita di tempo e sembra portare ad un incremento delle curve bimodali compreso tra 1 e 2 minuti durata minima • Determina un allungamento dei tempi di mungitura e svolge un’azione traumatica sui capezzoli Risulta quindi interessante valutare l’andamento dell’eiezione lattea al fine di identificare le bovine con emissione lattea ‘disturbata’ che possono essere più soggette a mastiti. Le condizioni igieniche della stalla e degli animali Il grado di pulizia delle mammelle è direttamente correlato alla presenza sulla pelle di batteri di vario tipo che possono facilmente penetrare all’interno dell’orifizio capezzolare. E’ stato largamente dimostrato che maggiore è il numero di batteri presenti sulla mammella maggiore è il rischio di andare incontro a infezioni mastitiche. Alcuni autori americani (Schreiner e Ruegg, 2003) hanno dimostrato che esiste una stretta relazione tra grado di pulizia delle mammelle e numero di cellule somatiche nel latte. Utilizzando il sistema di valutazione del grado di pulizia degli animali proposto dagli autori americani (Hygiene Score) abbiamo valutato se tale relazione è riscontrabile anche nelle nostre realtà aziendali. Sono stati condotti due sopralluoghi a distanza di quindici giorni l’uno dall’altro in 10 aziende lombarde con un numero di capi medio pari a 96 (con un minimo di 42 e un massimo di 260 capi per azienda). Durante i sopralluoghi sono stati registrate diverse informazioni relative alla gestione aziendale e alla mungitura ed è stato valutato il grado di pulizia di arti, fianchi e mammelle di tutti gli animali che entravano in sala di mungitura secondo con una scala da 1 a 4 dove 1 indica pulizia e 4 elevato grado di sporcizia. Inoltre sono stati considerati i contenuti delle cellule somatiche (dai controlli funzionali) e della carica batterica del latte (laboratorio CNR Latte, Milano). Zucali e Bava, 2008 6.0 55 5.5 50 5.0 45 4.5 40 4.0 35 3.5 CBS 3.0 LS 2.5 % mammella punteggio 3 + 4 30 25 % log10 ufc/mL log10 cellule somatiche/mL I risultati ottenuti confermano la stretta relazione tra grado di pulizia degli animali, e in particolare della mammella, e il contenuto in cellule somatiche. Nella figura 4 sono presenti i dati medi aziendali di cellule somatiche, carica batterica e percentuale delle mammelle valutate con punteggio 3 e 4 (cioè con un grado di sporcizia elevato). Come si può notare le aziende con elevata presenza di mammelle sporche sono risultate anche quelle con i peggiori contenuti in cellule somatiche del latte. 20 2.0 15 1.5 1.0 10 0.5 5 0.0 0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 aziende Figura 4. Contenuto in cellule somatiche e carica batterica del latte e percentuale di mammelle valutate con punteggio 3 e 4 dell’Hygiene Score nelle 10 aziende monitorate Tabella 2. Hygiene score di mammelle, fianchi e zampe e grado di pulizia delle cuccette e delle corsie della stalla in base al contenuto di cellule somatiche del latte nei 20 controlli aziendali Linear Score Linear Score = log10 cellule somatiche/ml < = 5,4 > 5,4 N osservazioni Pulizia zampe % zampe con punteggio 3 e 4 Pulizia mammella % mammelle con punteggio 3 e 4 Pulizia fianchi % fianchi con punteggio 3 e 4 Pulizia zampe Pulizia mammella Pulizia fianchi Pulizia cuccetta^ Pulizia corsie nella stalla^ Zucali e Bava, 2008 11 33,2 6,71 21,6 2,17 1,46 1,85 1,33 1,82 9 50,9 31,5 40,6 2,63 1,84 2,35 2,00 2,44 ES P 9,577 NS * NS NS * NS ** * 7,160 8,370 0,191 0,126 0,199 0,118 0,220 * P < 0,05; ** P < 0,01 ^ 1 = pulita; 2 = parzialmente pulita; 3 = sporca I risultati ottenuti dalla valutazione della pulizia degli animali e degli ambienti di stabulazione nei 20 controlli sono stati analizzati in base al contenuto di cellule somatiche del latte e sono mostrati nella tabella 2. La tabella indica chiaramente che nelle situazioni di elevato grado di imbrattamento delle mammelle, delle cuccette e delle corsie della stalla il Linear Score è più elevato rispetto alle situazioni di elevata pulizia sia degli animali che dell’ambiente stalla. Conclusioni I risultati riportati confermano che tra i molti fattori che predispongono l’animale alle infezioni mastitiche non vanno sottovalutati anche quelli di natura più strettamente gestionale. In particolare grande importanza deve essere data alle modalità di mungitura in quanto un’errata routine determina alterazioni alla fisiologica emissione del latte e predispone la mammella e soprattutto il capezzolo a lesioni della cute che alla lunga possono favorire l’insorgenza di infezioni. Anche la corretta regolazione del vuoto con cui opera l’impianto di mungitura è un fattore da tenere sotto controllo: un’eccessiva compressione delle guaine sui capezzoli può causare anche in questo caso lesioni ai tessuti soprattutto dell’apice del capezzolo. Un altro fattore da non sottovalutare è il la pulizia degli animali e degli ambienti di stabulazione in quanto le deiezioni e il fango sono fonte di microrganismi anche patogeni per la mammella. Alcuni di questi fattori sono di facile controllo da parte dell’allevatore (quali ad esempio la pulizia) altri necessitano di controlli mirati da effettuare con strumenti appositi (quali ad esempio i flussometri elettronici e i misuratori del vuoto) ma che sono facilmente a disposizione tramite i servizi di assistenza tecnica delle APA. Più facilmente utilizzabili in stalla sono i sistemi di valutazione visiva sia del grado di pulizia degli animali (Hygiene Score) che delle condizioni del capezzolo (Teat Score). Tali sistemi, pur nel limite della rilevazione soggettiva, consentono di fare una fotografia immediata della situazione della mandria e possono essere utilizzati come campanello di allarme per ulteriori e più approfondite indagini. Bibliografia Huijps K., Lam TJGM, Hogeveen H. 2008. Costs of mastitis : facts and perception. Journal of Dairy Research 75:113–120. Mein, G. A., D. J. Reinemann, E. O'Callaghan, and I. Ohnstad. 2003. Where the Rubber Meets the Teat and what Happens to Milking Characteristics. Pages 28-34 in the Bulletin of the Intl. Dairy Fed., 100 Years with Liners and Pulsators in Machine Milking, IDF/FIL, Brussels Schreiner DA, Ruegg PL. 2003. Relationship between udder and leg hygiene scores and subclinical mastitis. Journal of Dairy Science 86: 3460-3465. Zucali e Bava, 2008