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Scritti su la predicazione e le missioni popolari

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Scritti su la predicazione e le missioni popolari
Francesco
Antonio
Marcucci
Vincenzo La Mendola, (Palermo
1979) sacerdote della Congregazione del
SS. Redentore, ha conseguito il Baccalaureato in Teologia alla Pontificia Università
Lateranense (2005), il Baccalaureato (2007)
e la Licenza (2009) presso la facoltà di Storia della Chiesa e beni culturali alla Pontificia Università Gregoriana, dove è attualmente dottorando. Suoi ambiti di ricerca
sono la storia della pietà e delle devozioni
di epoca moderna e quella degli ordini religiosi. Collabora con alcune riviste della
sua Congregazione; nel 2011 ha pubblicato
Gli Agostiniani Scalzi a Cammarata. Notizie
storiche sulla Chiesa e il Convento di S. Agostino a Cammarata.
Scritti su la predicazione
e le missioni popolari
(1737-1752)
a cura di Vincenzo La Mendola e Maria Paola Giobbi
Scritti su la predicazione
e le missioni popolari (1737-1752)
Maria Paola Giobbi, nata a Cossignano (AP) nel gennaio 1953, è religiosa della
Congregazione delle Suore Pie Operaie
dell’Immacolata Concezione.
E’ laureata in pedagogia e abilitata all’insegnamento; ha conseguito il diploma di
Magistero in Scienze Religiose e quello di
Postulatrice presso la Congregazione vaticana per le Cause dei santi.
Segue da vari anni l’iter per la causa di beatificazione del Venerabile fondatore Francesco Antonio Marcucci e nel 2009 ne è
diventata postulatrice.
Svolge nella città di Ascoli Piceno vari insegnamenti: Filosofia, presso il Liceo della
Comunicazione paritario “M. Tecla Relucenti”, pedagogia presso l’Istituto Superiore di Scienze Religiose e dal 2003 è Preside
dell’Istituto Comprensivo della Casa Madre.
Dirige la pubblicazione della collana Opera Omnia Marcucciana, di cui ha curato
vari volumi e promuove la conoscenza del
Venerabile Marcucci attraverso concorsi
scolastici, iniziative culturali, conferenze
e convegni.
Francesco Antonio Marcucci
(dalla Presentazione di Suor Flaviana
di Feliciantonio, Vicaria Generale)
Opera Omnia
Marcucciana
€ 22,00
5.2
Francesco Antonio Marcucci, un “umanista illuminato” che ha saputo fare tante
piccole rivoluzioni con discrezione e lungimiranza, precorrendo i tempi con la sua intelligente modernità. Le sei opere pastorali che
compongono il presente volume, seppure diverse fra loro per le caratteristiche di genere
e per il contenuto, rappresentano una summa
esaustiva per comprendere la portata di novità che il giovane predicatore ascolano portò nel campo della predicazione in generale,
nella moderna elaborazione del metodo delle
missioni popolari e nella sperimentazione
pastorale di metodi e strategie dell’annuncio
del Vangelo alle periferie. Dai testi originari
e dal loro apparato introduttivo emerge chiaramente la contemporaneità del Marcucci col
tempo in cui vive e la sua percezione della situazione della Chiesa e delle urgenze che la
interrogavano: aiutato da una spiccata sensibilità e da un intuito non comune, concepisce
l’annunzio ordinario e straordinario della Parola
di Dio in modo nuovo: il suo ritorno alla predicazione evangelica, la semplicità e la chiarezza
dell’esposizione, la robustezza delle argomentazioni e dei contenuti, la capacità di sapere
cogliere le urgenze pastorali delle zone decentrate e il suo amore per il popolo ne fanno uno
dei primi riformatori della predicazione in Italia,
in specie della predicazione popolare e delle sue
forme espressive. Alla scuola dei grandi gesuiti italiani del secolo XVII e di san Leonardo
da Porto Maurizio impara un metodo missionario consolidato, lo fa proprio e lo applica
con sapiente discernimento in un contesto
difficile e disagiato: le periferie delle Marche
e dell’Abruzzo, linea di confine tra lo Stato
Pontificio e il Regno di Napoli. Il suo amore
alla Sacra Scrittura, ai Padri della Chiesa, agli
autori spirituali moderni e all’agiografia post
tridentina lo spingono ad optare per una predicazione essenziale, solida e tutta rivolta alla
ricerca del bene spirituale del popolo.
Libreria Editrice Vaticana
Istituto Suore Pie Operaie dell’Immacolata Concezione
Marcucciana Opera Omnia
PIANO GENERALE
Sezione:
1. storico-letteraria
2. biblico-teologica
3. mariologica
4. filosofica
5. omiletica
6. varie
7. epistolare
VOLUMI PUBBLICATI
5.1 Abbozzi di esercizi spirituali dati al mio clero, 2001.
1.1 Artis Historicæ Specimen. Riflessioni sopra di alcuni precetti più importanti
dell’Arte Istorica, 2002.
1.2 De Asculo Piceno. De Inscritionibus Asculanis. Delle Sicle e Breviature, 2004.
3.1 Sermoni per il triduo e per la festa dell’Immacolata Concezione, 2004.
3.2 Sermoni per le feste Mariane, 2008.
1.3 La Gramatichetta Franzese ad uso delle educande del Ven. Monistero
dell’Immacolata Concezione di Ascoli; L’Egloga pastorale per l’Epifania del
1754 e Il Tetralogo tra una Maestra e tre Pellegrine Oltramontane, 2008.
1.4 Prosodia latina e Antologie metriche, 2008.
6.1 Regolamento di vita, 2009.
6.2 Scritti sulla musica, 2010.
7.1 Lettere alle Suore e alle Educande, 2012.
5.2 Scritti su la predicazione e le missioni popolari, 2014.
In prima di copertina:
Francesco Antonio Marcucci, maiolica (cm 29x35) realizzata a Castelli (TE), 1747.
Nella parte superiore è raffigurato il Marcucci missionario su un palco,
con la zimarra, la berretta, la stola e il crocifisso grande; nella parte inferiore
viene riportato un sonetto in suo onore.
In quarta di copertina:
Amanti numquam satis = per chi ama non è mai abbastanza:
programma di vita di Francesco Antonio Marcucci,
particolare dell’immagine di copertina.
Si ringraziano:
per aiuto revisione manoscritti, note e repertorio
Elvezia Di Girolamo
per traduzioni dal latino
Pietro Alesiani
per la revisione delle introduzioni
P. Giovanni Spagnolo, O.f.m, capp.
Immagini
Archivio Suore Pie Operaie dell’Immacolata Concezione
Archivio personale P. Vincenzo la Mendola
Foto
Domenico Oddi
Stampa
D’Auria Printing S.p.A., febbraio 2014, Ascoli Piceno
Con il Contributo della Direzione Generale per i Beni librari,
Servizio Patrimonio bibliografico e Istituti culturali
© 2014- Suore Pie Operaie dell’Immacolata Concezione
Casa Madre, Via S. Giacomo, 3 - 63100 Ascoli Piceno
E-mail: [email protected]
Casa generalizia, Via Cosimo Tornabuoni, 2 - 00166 Roma
ISBN 978-88-209-9241-5
Opera Omnia
Del Venerabile Francesco Antonio Marcucci
5.2
Francesco Antonio Marcucci
Scritti su la predicazione
e le missioni popolari
(1737-1752)
a cura di
P. Vincenzo La Mendola e Suor Maria Paola Giobbi
Libreria Editrice Vaticana
Stemma del Venerabile Francesco Antonio Marcucci,
scelto nel 1741 quando diventa sacerdote.
Egli utilizza lo stemma della sua famiglia, riportato sulla metà a destra,
dove sono raffigurati tre monti, simboli delle virtù della giustizia,
della clemenza e dell’equità; la stadera rafforza il simbolo della giustizia.
Sulla parte sinistra, introduce l’immagine dello Spirito Santo
e dell’Immacolata “delizia del suo cuore e scala per salire al cielo”.
Lo stemma fu mantenuto per tutta la vita.
Il cappello sull’ovato fu aggiunto nel 1770, quando divenne Vescovo
e la croce con due aste trasversali nel 1781,
quando divenne Patriarca di Costantinopoli.
Agli evangelizzatori
Biografia essenziale del Venerabile Francesco Antonio Marcucci
1717 / 27 novembre Nasce a Force, Ascoli Piceno; é battezzato lo stesso giorno.
1731 / 25 aprile
Muore la madre.
1722 - 1732
Formazione domestica con un precettore.
1735
La svolta decisiva verso Dio: conversione.
1738 / settembre
Prima intuizione di fondare una Congregazione dedicata all’Immacolata.
1738 -1750
Predica le missioni al popolo in vari paesi della provincia ascolana
e nell’Abruzzo.
1741 / 25 febbraio
E’ ordinato sacerdote.
1744 / 8 dicembre
Quattro giovani vestono l’abito religioso e danno inizio
alla Congregazione delle Pie Operaie dell’Immacolata Concezione.
1770 / 15 agosto
Consacrazione episcopale a Roma, nella chiesa di San Salvatore in Lauro.
1774 / 19 gennaio
Papa Clemente XIV lo nomina vicegerente: si trasferisce a Roma.
1782 / febbraio-giugno Accompagna il S. Padre Pio VI a Vienna per trattare con l’imperatore
Giuseppe II.
1786 / 12 aprile
Per motivi di salute, ottiene dal Papa la rinuncia alla vicegerenza
e torna in diocesi.
1789 / 9 dicembre
A causa del peggiorare della malattia, si stabilisce ad Ascoli.
1797 / maggio
Si ammala gravemente.
1798 / 12 luglio
Muore ad Ascoli Piceno in concetto di santità, mentre infuria
la dominazione francese.
E’ sepolto nella chiesa dell’Immacolata delle Pie Operaie.
2010 / 27 marzo
Papa Benedetto XVI autorizza la promulgazione del decreto del riconoscimento delle sue virtù.
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Indice Generale
Presentazione di Madre Flaviana Di Feliciantonio, Vicaria Generale
Studio introduttivo di P. Vincenzo La Mendola
Nota redazionale–metodologica di Suor Maria Paola Giobbi - criteri di trascrizione dei manoscritti - descrizione dei manoscritti
- sigle e abbreviazioni i. Il Carnovale santificato principalmente colla pratica dei santi
esercizi spirituali, Ascoli, 8 dicembre 1737
Introduzione di P. Vincenzo La Mendola
Al divoto lettore
Introduzione al Carnovale santificato
Esortazione sopra la fuga del carnovale
Per il primo giorno degli esercizi spirituali
a) Orazione vocale
b) Catechismo o riforma
Meditazione sopra l’ultimo fine dell’Uomo
Indice delle prediche per la Santa Missione con i catechismi
ii. Il Carnovale santificato principalmente colla pratica dei santi esercizi
spirituali per i secolari, e per gli ecclesiastici, Ascoli, 1739
Introduzione di P. Vincenzo La Mendola
Prefazione
Il Carnevale santificato con la pratica dei santi esercizi
Introduzione alla S. Missione
Predica del Peccato mortale
Predica dell’Inferno
Predica del Numero dei peccati
Predica della Perseveranza
Quanto dispiaccia alla SS.ma Vergine il Carnovale
iii. Introduzione alla predicazione vangelica, Ascoli, 15 marzo 1740
Introduzione di P. Vincenzo La Mendola
Prefazione
Cap. 1 Della Dottrina di San Francesco di Sales sopra la Predicazione
Cap. 2 Della Definizione della Predica, e dell’Eccellenza,
ed Utilità della Predicazione
Cap. 3 Della Causa Efficiente della Predicazione
Cap. 4 Di altri Documenti di San Francesco di Sales sopra
il Soggetto della Predicazione
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Cap. 5 Della legittima Missione, o sia Vocazione alla Predicazione
a) Mezzi per conoscere la Vocazione alla Santa Predicazione
Cap. 6 Dei Requisiti Naturali per ben praticar la Santa Predicazione
Cap. 7 Dei Requisiti Artificiali per ben praticare la Predicazione
a) Dell’Esercizio del Predicatore
b) Dell’Imitazione del Predicatore
c) Della Rettorica Ecclesiastica
d) Delle Figure Rettoriche
Cap. 8 Dei Requisiti Morali per ben praticare la Santa Predicazione
a) Dell’Orazione
b) Della Prudenza
iv. Direttorio della Santa Missione, Ascoli 16 Aprile 1742
Introduzione di P. Vincenzo La Mendola
Annotazioni
Cap. 1 Dei Giorni, Stagione, e Luoghi nella Santa Missione
Cap. 2 Del numero de’ Compagni del Missionario, e di ciò che
deve far il Missionario prima di uscire in Missione
Cap. 3 De’ palchi e posti da predicare, de’ tendati,
e degli officiali della Santa Missione
Cap. 4 Del suonar delle campane, dello Stendardo
della Missione, dell’ordine, ed ora della predicazione,
e della disposizione dell’Uditorio con la divisione
degli uomini dalle donne
Cap. 5 Dell’ingresso della Missione, e delle altre Funzioni
ordinarie, sì la Mattina, che il giorno, che la sera
Cap. 6 Del mandar l’invito alle Terre circonvicine,
e dell’incontro alle Processioni Forestiere.
Cap. 7 Del modo di soddisfare al Popolo concorso per udir
messa in giorno Festivo, e per confessarsi, e comunicarsi,
massimamente nell’ultimo giorno della missione.
Cap. 8 Di alcune Massime spettanti al Missionario
e ai suoi Compagni
Il fine e il ricordo
v. Istoria delle Sante Missioni Scritta ad istanza
di Tecla Relucenti, Ascoli 27 marzo 1744
Introduzione di P. Vincenzo La Mendola
1. Viva Gesù, Viva l’Immacolata Concezione di Maria
2. Prima uscita nel castello di Appignano nell’anno 1738.
3. Pratica di missione imparata nella celebre missione fatta
dal P. Leonardo da Porto Maurizio, in Ascoli, nell’anno 1739.
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4. Triduo di missione sopra il SS.mo Sagramento nel Castello
di Appignano, nell’anno 1739.
5. Missione fatta nella divotissima Terra di Monte Prandone
della Diocesi di Ripatransone, nell’anno 1739.
p. 311
p. 312
vi. Le Paci (dal 1739 al 1750)
Introduzione di P. Vincenzo La Mendola
1. Nella Santa Missione fatta nella Terra di Monte Prandone,
14-21 giugno 1739.
2. Nella Santa Missione fatta nella Terra di Monsampolo,
21 agosto-1 settembre 1739.
3. Nella Santa Missione fatta nel Castello della Troia,
o sia Ripaberanda, 25 settembre-4 ottobre 1739.
4. Nella Santa Missione fatta nella Terra di Acquaviva,
18-30 ottobre 1739.
5. Nella Santa Missione fatta nella Terra di Torano
nel Regno di Napoli, 23 aprile-1 maggio 1741.
6. Nel Triduo di Missione fatto nella Villa di Santo Vito,
nel Regno di Napoli, 25-27 marzo, 1742.
7. Nella Santa Missione fatta nella Terra di Musciano,
nel Regno di Napoli, 6-15 maggio 1742.
8. Nella Santa Missione fatta nella Terra di Morro,
nel Regno di Napoli, 18-21 maggio 1742.
9. Nella Santa Missione fatta nella famosa Terra di Notaresco,
nel Regno di Napoli, 23 maggio-3 giugno 1742.
10. Nella Missione fatta in Maltignano, 2-9 settembre 1742.
11. Riflessione sulle missioni dal 1739 al 1750.
p. 325
p. 327
Post-fazione di Madre Daniela Volpato, Superiora Generale
p. 348
Repertorio dei nomi notevoli
p. 351
Bibliografia
p. 364
Indice delle immagini
p. 371
Indice dei nomi notevoli di persona
p. 373
Tavole a colori
p. 376
p. 333
p. 334
p. 337
p. 339
p. 341
p. 342
p. 343
p. 343
p. 343
p. 343
11
Manoscritto autografo del Marcucci ventenne, tratto da Il Carnovale santificato;
trascrizione a pag. 57 di questo volume.
12
Introduzione
di Suor Flaviana Di Feliciantonio
Vicaria Generale
Un’altra sezione di opere del Venerabile Francesco Antonio Marucci,
fondatore delle Pie Operaie dell’Immacolata Concezione, viene data alle
stampe: le opere che possiamo definire pastorali. Composte in età giovanile,
alcune prima dell’ordinazione sacerdotale, ci aprono uno spiraglio sulle sue
prime esperienze di apostolato, ci permettono di accostare il suo mondo
culturale e di gustare la sua passione per il Vangelo e per il suo annuncio.
Le opere che abbiamo il piacere di presentare, si inseriscono nell’Opera
Omnia Marcucciana e sono un altro tassello che si aggiunge al vasto e complesso mosaico della vita e dell’opera del Venerabile, come uno strumento
prezioso per inoltrarci nella conoscenza sempre più avvincente di uno dei
personaggi, ancora poco noti, ma non per questo meno rappresentativi,
della cultura cattolica del secolo dei lumi. Un “umanista illuminato” che ha
saputo fare tante piccole rivoluzioni con discrezione e lungimiranza, precorrendo i tempi con la sua intelligente modernità. Le sei opere pastorali
che compongono il presente volume, seppure diverse fra loro per le caratteristiche di genere e per il contenuto, rappresentano una summa esaustiva
per comprendere la portata di novità che il giovane predicatore ascolano
portò nel campo della predicazione in generale, nella moderna elaborazione del metodo delle missioni popolari e nella sperimentazione pastorale di
metodi e strategie dell’annuncio del Vangelo alle periferie.
Dai testi originari e dal loro apparato introduttivo emerge chiaramente
la contemporaneità del Marcucci col tempo in cui vive e la sua percezione
della situazione della Chiesa e delle urgenze che la interrogavano: aiutato
da una spiccata sensibilità e da un intuito non comune, concepisce l’annunzio ordinario e straordinario della Parola di Dio in modo nuovo: il suo ritorno
alla predicazione evangelica, la semplicità e la chiarezza dell’esposizione, la
robustezza delle argomentazioni e dei contenuti, la capacità di sapere cogliere le urgenze pastorali delle zone decentrate e il suo amore per il popolo
ne fanno uno dei primi riformatori della predicazione in Italia, in specie della
predicazione popolare e delle sue forme espressive.
Alla scuola dei grandi gesuiti italiani del secolo XVII e di San Leonardo
da Porto Maurizio impara un metodo missionario consolidato, lo fa proprio
e lo applica con sapiente discernimento in un contesto difficile e disagiato:
le periferie delle Marche e dell’Abruzzo, linea di confine tra lo Stato Pontificio e il Regno di Napoli. Il suo amore alla Sacra Scrittura, ai Padri della Chiesa, agli autori spirituali moderni e all’agiografia post tridentina lo spingono
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ad optare per una predicazione essenziale, solida e tutta rivolta alla ricerca
del bene spirituale del popolo.
Con la sua Predicazione Vangelica, anticipa, nelle intuizioni e nei criteri di rinnovamento dell’eloquenza sacra, Ludovico Antonio Muratori, San
Paolo della Croce e Sant’Alfonso M. De Liguori, figure rappresentative ed
emblematiche di una svolta radicale nella storia della predicazione e dei
metodi della missione popolare. In questo contesto il Marcucci finalmente
ha la possibilità di emergere e di essere conosciuto in modo esaustivo. La
presente pubblicazione, a nostro modesto avviso, ha il merito di aver fornito agli studiosi di Storia della Chiesa un’ ulteriore autorevole testimonianza
che, oltre ad arricchire gli orizzonti delle conoscenze in tale ambito, offre
maggiori possibilità di confronti e di approfondimenti.
La pubblicazione di queste opere e gli studi introduttivi che l’accompagnano, aprono un altro ambito di ricerca e nuove prospettive per lo studio della vita, della spiritualità e dell’opera di Francesco Antonio Marcucci:
il suo cuore sacerdotale, la sua vocazione alla predicazione itinerante, la
sua continua ricerca e lo studio sistematico dell’eloquenza e della retorica,
ci permettono di sottolineare la sua rilevanza non solo in riferimento alla
storia della Chiesa nel Settecento italiano ma anche alla storia locale delle
diocesi da lui evangelizzate e della diocesi di Ascoli in primis. Le note e il
repertorio dei nomi notevoli che arricchiscono il volume formano un piccolo repertorio al quale attingere per intraprendere altre piste di indagine
storica, al livello più generale e anche al livello locale.
Altro indiscusso merito della pubblicazione è certamente l’aver portato alla luce un altro importante e costitutivo filone della spiritualità marcucciana, quella dell’annunzio, della missione e del sentire cum ecclesia. Elementi rilevanti per l’approfondimento di una spiritualità che necessita di
essere studiata sistematicamente e riproposta per la sua attualità e per la
pregnanza dei suoi contenuti.
Alle sue figlie, le Pie Operaie, prime destinatarie ed eredi del suo ricco
patrimonio umano e spirituale, con la lettura e la conoscenza di queste opere, il fondatore e padre offre la possibilità di prendere coscienza del loro carisma e di continuare ad individuare forme attuali, per viverlo con sempre
maggiore efficacia, nella Chiesa, nella scuola e nel mondo odierno, puntando su alcune linee direttrici: il primato della Parola di Dio, amata studiata,
meditata e annunciata con forza e franchezza apostolica; l’amore ai poveri e
al popolo, specialmente a quello delle periferie della società; il ruolo sociale
della donna e la sua incidenza nella costruzione di una nuova società, con
proposte di vita cristiana solide e vincenti; l’amore alla Chiesa e il sentire
ecclesiale con la capacità di individuare ambiti di apostolato e strategie di
inculturazione e di impianto di percorsi di vita cristiana duraturi ed efficaci. I criteri emersi sono solo i principali ma ve ne possono essere aggiunti
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altri, altrettanto utili e propositivi per una attualizzazione della proposta
marcucciana nell’oggi.
Auspichiamo che sulle orme del nostro fondatore sorgano nella Chiesa
del terzo millennio predicatori efficaci, appassionati della Parola, capaci di
attirare e guidare l’uomo del nostro tempo alla conoscenza e all’amore verso
Gesù e la sua Chiesa. Ai sacerdoti e agli evangelizzatori dedichiamo questa
pubblicazione perché sia incentivo al rinnovamento della pastorale dell’annunzio e della predicazione con particolare riferimento alle periferie, tanto
amate e indicate da Papa Francesco come luoghi nei quali urge impellente
l’annuncio kerigmatico del Vangelo. Possa diventare il Venerabile Marcucci
modello per quanti si dedicano alla prima e alla nuova evangelizzazione.
Un ringraziamento va ai curatori: p. Vincenzo La Mendola, redentorista, “Amico del Marcucci”, che col nostro fondatore condivide un carisma
e una spiritualità missionaria, per l’interesse, l’amore e lo studio dedicato
all’approfondimento delle opere pastorali marcucciane e alla loro diffusione e conoscenza; Suor Maria Paola Giobbi, direttrice dell’Opera Omnia Marcucciana per il costante impegno nello studio e nella diffusione delle opere
del fondatore e nella cura dell’iter della causa di beatificazione; i traduttori,
trascrittori e revisori dei testi per la loro dedizione e il loro impegno.
Ai lettori auguriamo un approccio felice e arricchente con queste pagine marcucciane dalle quali potranno attingere elementi di spiritualità e di
riflessione per la loro vita e per la loro missione nella Chiesa.
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Catena di ferro
Marcucci missionario la portava o ai piedi o al collo durante le processioni di penitenza delle
missioni popolari, pesa 10 kg. La prima catena gliela donò P. Teodoro Natali.
Disciplina
Francesco Antonio la usava dopo alcune prediche delle missioni popolari.
16
Studio Introduttivo
di Vincenzo La Mendola
La predicazione nel Settecento
Il Settecento fu il secolo della predicazione popolare1. Tale esigenza era
stata già tematizzata dalla quinta sessione del Concilio di Trento nel 1545
e ripresa dai padri conciliari l’undici Novembre 1563 con due decreti che
ribadivano l’obbligo della predicazione ordinaria nelle parrocchie e regolavano quella straordinaria della Quaresima e dell’Avvento2. Questo presupponeva anche una adeguata preparazione teologica e pastorale che si
sarebbe avviata nei secoli successivi nei seminari, seppure gradualmente e
con evidenti rallentamenti e lacune. Nel ministero della predicazione erano coinvolti anzitutto i vescovi, i parroci e i preti secolari; tuttavia questo
interessava soprattutto gli ordini religiosi: quelli tradizionali, riformati dal
Concilio (francescani, domenicani, agostiniani scalzi, carmelitani) e i nuovi, fondati prima, durante o dopo lo svolgimento del Tridentino (oratoriani,
cappuccini, gesuiti, teatini, barnabiti, scolopi, lazzaristi, eudisti). Tra questi
si distinsero principalmente i gesuiti, i cappuccini e i lazzaristi.
Non mancano membri del clero secolare che, di propria iniziativa e
sotto la guida del Vescovo, si impegnavano nell’evangelizzazione sistematica delle zone rurali o più disagiate delle diocesi. Alcuni avevano ricevuto,
per essere autorizzati alla predicazione itinerante, la patente di Missionario
apostolico; altri solo un incarico dal loro Ordinario3.
La predicazione post tridentina può essere distinta in ordinaria4 , affidata ai parroci e svolta durante le domeniche e le solennità dell’anno liturgico; prolungata, o di cartello5 per lo più affidata a religiosi di vari ordini
1 Per una introduzione generale alla predicazione nel Settecento cf. R. Librandi, Alfonso Maria De Liguori e la predicazione nel Settecento, in Studi Linguistici italiani, diretti da A. Castellani e L. Serianni, vol. XIV, Roma 1988, pp. 217-250.
2 Il Concilio di Trento, Sess. V, cap. II, emanò il decreto Super lectione et praedicatione,
che è alla origine di tutto il movimento di riforma della retorica cattolica. Cf. Conciliorum oecumenicorum decreta a cura di G. Alberico, Bologna, 1973, pp. 667-670.
3 Cf. A. Caelli, La vita comune del clero, storia e spiritualità, Roma 2000, pp. 147-150.
4 Sulla predicazione: Devozioni e pietà popolare fra Seicento e Settecento; il ruolo delle Congregazioni e degli Ordini religiosi, a cura di S. Nanni, in dimensioni e problemi della ricerca storica, 2
(1994), pp. 3-290; F. Zanotto, Storia della predicazione nei secoli della letteratura italiana, Modena
1899; S. Palese, Predicazione parrocchiale in età moderna. Don Alessandro Cardone (1708-1770) in
terra d’Otranto in La Predicazione in Italia dopo il Concilio di Trento, 1995, pp. 303-332.
5 Cf. L. Mezzadri (a cura di), Le missioni popolari della Congregazione della Missioni nei
secc. XVII-XVIII, Studi e Documenti, Roma 2002, pp.15-16.
17
detti anche quaresimalisti6, e svolta durante l’avvento e la quaresima7; straordinaria, effettuata durante le missioni popolari e gli esercizi spirituali al
popolo8. Il successo della predicazione risiedeva nell’ars praedicandi9 che si
avvaleva delle regole dell’eloquenza sacra e della retorica classica10.
Agli ordini religiosi, nati in precedenza, si aggiunsero nel secolo XVIII
nuove congregazioni religiose dedite a tempo pieno al ministero delle missioni popolari: pii operai11, passionisti12 e redentoristi13.
La predicazione missionaria del Settecento costituisce il contraltare
della predicazione barocca: utilizzando un linguaggio chiaro ed efficace,
i missionari popolari furono i principali promotori di un rinnovamento
dell’omiletica, adottando come criterio l’adattamento alla capacità di comprensione del popolo e sul contenuto, riportando la predicazione alla Sacra
Scrittura e alle fonti della patristica e della spiritualità cristiana classica, rifuggendo riferimenti a classici latini e greci e a ornamenti retorici e stilistici
che svilivano il messaggio evangelico.
6 Cf. Stanislao da Campagnola, La predicazione quaresimale. Gestione, evoluzione, tipologie,
in La Predicazione in Italia, pp. 243-280.
7 Durante la Quaresima ordinariamente si esponevano i libri del Pentateuco e dei Profeti.
8 Cf. F. Lebrun, La predicazione nel XVIII secolo, in Storia vissuta del popolo cristiano a cura
di J. Delumeau, ed. Italiana a cura di F. Bolgiani, Torino 1985, pp. 561-572.
9 L’Ars praedicandi e il metodo della predicazione concettista: per la prima volta, in età
moderna, vennero teorizzati e proposti in un opera del cappuccino siciliano P. Felice Brandimarte da Castelvetrano. Sapientiae Tubae scientia, idest tractatus scolasticus de arte sacra concionandi, […] auctore R. Patre Felice Brandimarte a Castroveterano, concionatore capucino, et sacrae thelogiae
secunda vice lectore, Panormi apud Dominicum de Anselmo 1667.
10 Pavone Sabina, I Gesuiti dalle origini alla soppressione (1540- 1773), Bari 20046, pp. 62–71.
11 Per una conoscenza sintetica dei Pii Operai cf. Pii Operai, in Dizionario Istituti di Perfezione, vol. VI, Roma 1980, col. 1717; G. Esposito, Per la storia di un carisma apostolico: dai Pii Operai
ai Pii Operai Catechisti rurali, Reggio Calabria 1977.
12 Per una presentazione sintetica della missione popolare passionista e del suo metodo cf. Direttorio per le missioni che si fanno dai Chierici Scalzi della Congregazione della Passione
di Gesù Cristo, Roma, nel Collegio Urbano, 1838; Compendio di precetti rettorici, compilati dal P.
Vincenzo M. di San Paolo (Strambi) […], Roma nel Collegio Urbano 1838; E. Zoffoli, San Paolo della
Croce, voll. 3, Roma 1962; L. Alunno, La Missione Popolare Passionista, Pescara 1981, pp. 32-40; F.
Giorgini, Storia dei Passionisti, vol. I, Pescara 1981, pp. 445-460.
13 Per una panoramica generale sulla storia dei Redentoristi: Storia della Congregazione
del SS. Redentore, Le origini (1732-1793) a cura di F. Chiovaro, vol. I/I, Roma 1993; id., a cura di
F. Chiovaro e J. R. Fenili, vol. I/II,Roma 2009; Storia della Congregazione del SS. Redentore, Prima
espansione (1793-1855), a cura di O. Weis, vol. II/I, Roma 2010; Storia della Congregazione del SS.
Redentore, Prima espansione, Periodo Secondo, lo sviluppo, a cura di O. Weis, vol. II/II, Roma 2012.
18
La missione popolare nel Settecento14
La missione popolare costituisce una forma straordinaria di predicazione. Essa era già ampiamente diffusa alla fine del secolo XVI e nel Seicento15 con carattere prevalentemente penitenziale e catechetico. Era rivolta
agli adulti e ai bambini e tendeva a colmare le lacune di istruzione cristiana
di base. Nel secolo successivo i parroci, già avviati alla predicazione ordinaria, erano in grado di garantire ai loro fedeli una formazione basilare più
adeguata. Di conseguenza la predicazione popolare delle missioni cambiò
aspetto e finalità: essa aveva lo scopo di rinnovare lo spirito del cristianesimo
nei cristiani, secondo una espressione di Luigi Grignon de Monfort16. Rinnovare e ricristianizzare, dunque, fu l’obbiettivo che i missionari popolari di
ordini e congregazioni religiose si prefissero. La predicazione straordinaria
delle missioni voleva distinguersi da quella dei parroci e da quella aggrovigliata dei quaresimalisti.
I missionari popolari adottarono dunque uno stile semplice, accattivante, diretto e vivace che faceva presa su un uditorio quasi analfabeta.
La presenza autorevole e la parola calda e penetrante del missionario costituivano, per le piccole comunità rurali, una novità assoluta che spezzava
la monotonia del ciclo stagionale della vita, legata alla terra. La missione
popolare, annunziata e propagandata dai parroci, o caldeggiata dai vescovi,
era attesa come un evento e già dai giorni precedenti l’arrivo dei missionari
suscitava curiosità e interesse, favoriti ancora di più dai ricordi e dagli echi
di precedenti missioni o di quelle predicate nei paesi vicini.
La missione aveva il vantaggio di essere un evento circoscritto nel tempo, con funzioni e riti nuovi che scandivano i giorni, e con una varietà di tematiche allettanti per un uditorio assuefatto ad una predicazione ordinaria.
Durante lo svolgimento della missione si adottava una strategia pastorale
che prevedeva la messa in atto del dramma sacro, con un crescente coinvolgimento del popolo che, di volta in volta, diventava attore e spettatore
commosso. Il tempo sacro della missione era inaugurato da un solenne rito
di apertura e concluso da uno di chiusura ed era caratterizzato da una cre14 Per una conoscenza analitica sull’argomento: G. Orlandi, Missione popolare strutture
e contenuti, in La Predicazione in Italia, pp. 503-536; L. Mezzadri, Storiografia delle missioni, in La
predicazione in Italia, pp. 457-490; ID., Missione e predicazione popolare in Dizionario Istituti di perfezione, vol. VIII, Roma 1983, p. 565.
15 Sulla predicazione nel Seicento, cf. L. Mezzadri, Il Seicento italiano e la predicazione,
in La predicazione cappuccina nel Seicento, a cura di G. Ingegneri, Roma 1997, pp. 9-30; Maria Luisa Doglio-Carlo del Corno, Predicare nel Seicento, Bologna 2011; ID, La predicazione nel Seicento,
Bologna 2009.
16 Cf. G. De Luca, Luigi Maria Grignon de Monfort, Saggio Biografico, Roma 1985, pp.
193-224.
19
scente presa di coscienza del peccato, dell’allontanamento da Dio e dalla
sua legge che suscitava nella comunità il bisogno di revisione, espresso nelle forme di penitenza collettiva e, in ultima istanza, nel rito pubblico delle
paci e delle restituzioni. Questo cerimoniale segnava il ritorno della comunità
alla vita ordinaria.
Metodo, contenuti e strategie della missione popolare17.
La predicazione missionaria nei suoi contenuti si concentrava sull’appello alla conversione e al ritorno a Dio; era scandita da un orario ben studiato che poteva variare in base alle stagioni o alle aree geografiche interessate. I missionari lo stabilivano dopo un’attenta mappatura e un accurato
studio del territorio e della mentalità.
L’organizzazione della missione prevedeva un programma generale
che riguardava l’intera missione e uno particolare che scandiva i ritmi della
giornata. Ci si avvaleva di un canovaccio già sperimentato in tutti i tipi di
missione, di volta in volta adattato alle situazioni contingenti.
Al mattino vi era una meditazione per tutti, prima del lavoro dei campi, preceduta dalla celebrazione della messa e seguita dagli atti cristiani, che
consistevano in preghiere vocali, alternate da canti e piccole esortazioni.
Nel primo pomeriggio erano previste le istruzioni per diverse categorie: donne, uomini, bambini. In alcuni casi, in base alla tradizione locale, era prevista, in una chiesa secondaria, l’istruzione per i signori, o borghesi; e brevi
corsi di esercizi spirituali o cicli di meditazioni per i preti e per le religiose
dei monasteri. Alla sera, dopo la recita del rosario meditato18, vi era la predica grande che era il cuore della missione.
Gli interventi di predicazione missionaria erano articolati in diversi
registri espressivi:
17 Cf. G. Orlandi, Strutture e contenuti della missione popolare. Contributo alla storia di
un ministero apostolico della riforma cattolica, in Lateranum, 62 (1996) pp. 253-294; Id., La missione
popolare in età moderna, in Storia dell’Italia religiosa. 2. L’età moderna, Bari 1994, pp. 419-452.
18 La recita del rosario era affidata ad un chierico o ad un giovane padre. Il padre incaricato della recita del rosario nelle missioni era detto Rosariante. Nella recita poteva inserire
brevi meditazioni a braccio sui misteri e canzoncine devote; poteva inziare o conludere con
esempi devoti sul rosario per invogliare e motivare il popolo alla recita. Un repertorio di esempi
può essere considerato l’opera di L. Grignon De Monfort, Il Segreto ammirabile del Santo Rosario per convertirsi e per salvarsi, in Opere, I, Roma 1990, pp. 736ss. S. Alfonso, nei suoi esercizi di
missione, dedicava un capitoletto al Rosario di Maria Santissima, cf. Selva di materie predicabili ed
istruttive, per dare gli esercizi a’ preti, ed anche per uso di lezione privata a proprio profitto, con una piena illustrazione pratica degli esercizi di missione, data in luce da D. Alfonso De Liguori, rettor maggiore
della Congregazione del SS. Redentore, parte terza, in Venezia 1760, nella stamperia Remondini, pp.
300-303.
20
a. La predica grande o predica di massima, si svolgeva al termine della
giornata. Affrontava i temi classici della predicazione: i novissimi, il peccato, lo scandalo, la conversione, la penitenza. Il tono era solenne e grave;
il ritmo incalzante e martellante: doveva scuotere, atterrire e stimolare la
compunzione. Veniva affidata ad uno dei missionari più dotati, al quale
erano richieste varie qualità: voce sonora e chiara, resistenza fisica, aspetto
dignitoso e autorevole e soda preparazione teologica.
Il predicatore ricorreva a espedienti retorici, adatti a creare effetti spettacolari e a suscitare il brivido e la contrizione, attraverso gesti, toni di voce
modulati19 e l’uso di strumenti di penitenza come la disciplina, la corda o
il fumo; teneva in mano il crocifisso e spesso lo additava agli ascoltatori; si
serviva all’occorrenza anche di statuette di Gesù bambino, dell’ecce homo,
di un teschio, di una tela esposta in luogo ben visibile. Anche l’illuminazione della chiesa era funzionale agli effetti della predica; quelle sull’inferno o
sulla morte si facevano quasi al buio; quelle sulla penitenza in ginocchio,
dal palco; quella sulla dannazione o sull’anima dannata con l’aiuto di quadri o con lamenti, mimati dal predicatore, che poteva abbassarsi e quasi
scomparire sul pulpito per poi rialzarsi di scatto e assumere un altro tono.
La predica della passione del Signore, poteva essere accompagnata dalla
rievocazione della crocifissione e della deposizione, con l’uso di statue di
cartapesta, con braccia e testa flessibili, facili da maneggiare e da trasportare su un lenzuolo per le navate della chiesa20. Questi riti potevano essere inseriti nel pio esercizio della via crucis che, dopo la predicazione di san
Leonardo da Porto Maurizio, cominciò a diventare uno dei momenti forti
della missione popolare. Non era raro che i predicatori piangessero fino a
singhiozzare o simulassero una partenza immediata per manifestare il loro
disappunto per il poco concorso di popolo. A volte, durante la predica, il
missionario declamava parole chiave che faceva ripetere al popolo come:
misericordia o eternità; ritornava diverse volte sul tema centrale, per favorirne l’assimilazione, ricorreva anche alla paura come espediente pedagogico
per scuotere gli ascoltatori.
Il popolo si disciplinava, piangeva o prorompeva in esclamazioni di meraviglia, di paura, in invocazione di misericordia, prostrandosi con la faccia a
terra o battendo la testa alle colonne o alle pareti delle chiese. I genitori potevano anche ricorrere a gesti simbolici come lo schiaffo o lo strattonamento
verso i loro figli, per aiutarli a fissare un ricordo. Tutti i resoconti o le relazioni di missioni descrivono accuratamente le reazioni del popolo. Le lacrime
19 Per uno studio accurato su i toni di voce dei missionari, cf. G. Orlandi, Vox Tonitrua,
in Spicilegium Historicum CSsR, 57 (2009), pp. 395-441.
20 Cf. B. Majorana, Elementi drammatici della predicazione missionaria. Osservazioni su un
caso gesuitico tra XVII e XVIII secolo, in La predicazione in Italia, pp. 127-152.
21
erano il segno della conversione e quindi della buona riuscita della missione.
La predica grande poteva durare anche un’ora e si concludeva con la
disciplina del predicatore e degli intervenuti, accompagnata da preghiere
di intercessione; il predicatore assumeva il ruolo di avvocato e di mediatore
del popolo presso Dio e ciò gli conferiva autorevolezza e prestigio.
La benedizione con il crocifisso o con qualche reliquia congedava l’assemblea. Alla predica grande erano ammessi tutti; solo le gestanti facevano
eccezione per la predica della morte, dell’anima dannata e dell’inferno.
L’ordine delle tematiche delle prediche non era improvvisato, ma rispondeva a criteri pedagogici. Le prime vertevano sulla penitenza, il peccato mortale e la misericordia di Dio; seguivano quelle sulla morte, sui novissimi e quelle di contenuto morale. A chiusura della missione venivano
proposte le prediche sul paradiso, sulla Madonna, sulla pratica delle virtù e
sulla perseveranza.
b. Il catechismo o riforma, detto anche istruzione, era una predica formativa che intratteneva, dilettava e istruiva, costituiva il momento
meno formale della missione; aveva la durata di mezz’ora circa e lo scopo di
presentare le verità della fede, di illustrare la pratica sacramentale e di istruire il popolo sui propri doveri religiosi e civili. Il tono era solenne e pacato
nello stesso tempo.
Il missionario destinato a questo intervento era anziano e sperimentato. Sapeva coinvolgere il popolo, attirarlo, divertirlo e interessarlo, con un
nutrito repertorio di esempi, dialoghi improvvisati e domande che suscitavano curiosità e tenevano desta l’attenzione. Era questa un tipo di predicazione semplice, schematica e diretta che coinvolgeva l’uditorio. Si usavano
immagini familiari per suscitare l’ammirazione e facilitare la comprensione dell’argomento. Alcuni predicatori la proponevano sotto forma di dialogo impersonando, di volta in volta, o l’ignorante e il dotto oppure il peccatore e
il confessore. Queste strategie spettacolari portavano il popolo a identificarsi
ora nell’uno ora nell’altro personaggio21.
c. La meditazione era un tipo di predica che proponeva argomenti spirituali: la vita di Cristo, la sua passione, l’amore e la misericordia di Dio e
la vita di Maria santissima, temi che avevano l’obbiettivo di formare negli
ascoltatori una coscienza spirituale e di nutrire la mente suscitando affetti,
pie considerazioni e facilitando l’interiorizzazione degli argomenti attraverso il coinvolgimento della sfera emotiva e della fantasia evocativa degli
21 Un repertorio di Istruzioni dette nelle sagre missioni, lo troviamo in Opere postume del
P. Paolo Segneri Juniore della Compagnia di Gesù, raccolte e per la prima volta pubblicate dall’Abate
Francesco Carrara, tomo primo, Bassano, a spese di Remondini di Venezia 1795, pp. 153-262.
22
ascoltatori22. Il tono era piano e cadenzato e l’esposizione descrittiva. Le meditazioni erano dettate durante la via crucis o per le quarantore e venivano
affidate ad un missionario giovane.
Accanto alle forme di predicazione istituzionalizzate, venivano utilizzate altre forme di comunicazione più brevi e diverse per registro retorico: i
colloqui, i fervorini, e gli svegliarini23.
d. Il colloquio era una preghiera declamata con stile familiare e tono
supplichevole, intervallata da accenti devoti, slanci, richieste di perdono,
atti di amore che il predicatore faceva in ginocchio, rivolto al crocifisso, alla
Madonna o al Santissimo Sacramento. Era spontaneo, breve, affettivo e a
volte si concludeva con una appassionata perorazione. Il colloquio poteva
essere un modello di preghiera affettiva per il popolo.
e. Il fervorino era un intervento omiletico devozionale, brevissimo e
intenso; poteva essere proposto in apertura o a conclusione di una processione, o dopo la benedizione eucaristica; terminava con una breve esortazione, rafforzata da qualche esempiuccio24 e seguita da una massima o da una
giaculatoria.
f. Lo svegliarino25 era un tipo di predica serale o notturna, chiamata
anche sentimento di notte che si improvvisava ai crocicchi delle strade, nelle
piazze o sotto le finestre di pubblici peccatori. Era preceduta da canti penitenziali e da orazioni vocali poetiche e a rima; serviva per attirare l’atten22 Un testo vicino alle meditazioni del Marcucci possono essere le meditazioni per le
sante missioni di san Leonardo da Porto Maurizio, cf. Opere Complete del B. Leonardo da Porto Maurizio, missionario apostolico del ritiro di San Bonaventura di Roma,vol. I, in cui si comprendono le istruzioni catechistiche, gli esercizi spirituali, le riforme e la via crucis spianata, coll’aggiunta di un piccolo
ragguaglio della sua vita, e proponimenti e ritratto dell’autore, edizione seconda napoletana, Napoli,
a spese del Gabinetto letterario, 1846, pp. 149-216.
23 P. Gerolamo Lopez S. J. (1589 1658), a partire dal 1619, predicò molte missioni in
villaggi e città della Spagna, istituendo l’Atto di contrizione, o Svegliarino, o Sentimento di notte,
che consisteva in un vigoroso invito, col terzo tono, alla penitenza e alla partecipazione alla
missione, tenuto dal missionario al calar della notte, in diversi punti del paese, dove si recava
preceduto da una piccola processione con il Crocifisso. A lui ancora risale l’uso di presentare al
popolo, durante la missione, un quadro rappresentante l’anima dannata o il teschio di morto,
col quale il predicatore apriva un dialogo, cf. A. Amarante, dinamica pastorale di S. Alfonso nelle
missioni popolari del ‘700, in Asprenas, XIX, (2), Napoli 1972.
24 Cf. G. Cacciatore, Le maniere letterarie del Seicento religioso, e La letteratura degli exempla in Introduzione generale alle Opere ascetiche di S. Alfonso de’ Liguori, Roma 1960, pp. 157-180 e
239-283.
25 Una raccolta di sei svegliarini è contenuta nelle Opere postume del P. Paolo Segneri
Juniore, pp. 121-147. Cf. Repertorio nomi notevoli, p. 362.
23
zione degli indifferenti e per richiamare e invitare i lontani alla missione26.
La bravura del predicatore stava nel saper cogliere il momento di maggiore
concentrazione di popolo e di imbastire un discorso diretto, immediato e
pungente che aveva per tema la denuncia del peccato e l’invito alla penitenza. Tra le prediche di missione è una di quelle che più lascia spazio alla
creatività e all’intuito del predicatore.
La chiusura solenne della missione prevedeva tre momenti. I ricordi
di missione, consistevano nella distribuzione di stampe o piccoli cartigli
dove erano elencati gli insegnamenti, i propositi e le preghiere, lasciati dal
missionario. Questi avevano la funzione evocativa di richiamare alla mente
l’esperienza vissuta e quella pedagogica di ricordare i contenuti principali
della predicazione ascoltata; frasi e slogan erano utilizzati come memento
sui frontoni dei portali d’ingresso dei palazzi o delle case, accompagnate dal
monogramma del nome di Gesù e di Maria, dalla croce o dall’ostensorio27.
Nel Settecento cominciò ad essere introdotta la consuetudine di distribuire
immagini sacre, foglietti e pagelline o brevi opuscoli contenenti gli atti cristiani, le canzocine divote, il memento mori o i ricordi di missione, come pure
la distribuzione di corone, medaglie e scapolari. L’oggetto sacro, benedetto
dal missionario e indulgenziato, veniva portato nelle case e collocato in un
luogo ben visibile a ricordo della missione. I missionari portavano reliquie
di santi del loro ordine con le quali benedicevano i malati. Spesso veniva
loro chiesto di benedire l’acqua o altri alimenti legati a culti locali. L’impianto della croce o del calvario, o di edicole sacre, in un sito del paese o
della città, visibile a tutti era il momento centrale di questi riti conclusivi.
L’accompagnamento dei missionari alle porte della città o al luogo di destinazione di questi, seguito da forte tensione emotiva e da manifestazioni
di gratitudine e di devozione, segno del rapporto empatico che si era creato
tra il popolo e i missionari concludeva la missione.
Col passare del tempo l’evento della missione entrava a far parte
dell’immaginario collettivo e della storia locale: i missionari, i loro detti e
le loro caratteristiche si fissavano nella memoria del popolo, fino a diventare patrimonio sapienziale della comunità, tramandati e spesso citati come
fonti autorevoli.
26 Un esempio lo troviamo in S. Alfonso che tra i suoi esercizi di missione prevedeva
questo genere di predica, Del sentimento di notte, esempi di diversi sentimenti di notte, diverse canzoncine per li sentimenti di notte, cf. Selva di materie predicabili ed istruttive, pp. 279-288.
27 Ad Ascoli Piceno, nel centro storico sono ancora visibili alcune di queste scritte o
monogrammi. Cf. Immagini, pp. 390-391.
24
Il Settecento e l’evangelizzazione delle periferie
Mentre i predicatori del XIV e del XV secolo avevano raggiunto soprattutto le popolazioni urbane28, il Settecento è il secolo della predicazione popolare nelle campagne29. Dalle grandi città l’attenzione del clero secolare e
regolare si sposta verso i villaggi e le zone rurali, specialmente di montagna,
da tempo trascurate dal clero che preferiva il proprio domicilio in città o nei
grandi centri. Anche i religiosi si concentravano nei conventi di città o negli
studi generali. La soppressione innocenziana del 1652, infatti, aveva decretato la chiusura dei piccoli conventi, detti anche conventini e delle grange dei
monasteri, degli ospizi interrompendo così l’assistenza spirituale e il servizio culturale di alfabetizzazione che i pochi religiosi dei conventini offrivano
alle popolazioni rurali. I luoghi impervi, specialmente quelli di montagna,
divennero così le Indie di quaggiù, le Indie domestiche, le altre Indie30, le Indie di
qui31 o ancora le nostre Indie32 secondo un linguaggio caro ai missionari itineranti della compagnia di Gesù. Il Regno di Napoli e le sue estreme periferie
divennero le mete ambite dei missionari popolari del Settecento. La Sicilia,
Calabria, il Salento, la Terra di Lavoro, la Ciociaria, l’Abruzzo, la Campagna
Romana e l’Agro Pontino con alcuni territori interni delle Marche, dell’Umbria e della Maremma, furono considerati luoghi da rievangelizzare. Due
motivi in particolare spingevano i missionari verso quelle terre: l’ignoranza
e la superstizione; la loro opera mirava all’istruzione cristiana di base, alla
catechesi sistematica e alla moralizzazione dei comportamenti, privati e
pubblici. I missionari itineranti aiutavano le popolazioni della campagna a
riprendere la vita sacramentale, introducevano il culto dei nuovi santi, risvegliavano e promuovevano l’istituzione di confraternite, tra le quali ebbero la
preminenza e una diffusione capillare quelle del SS. Sacramento, del Rosario
e della Dottrina Cristiana. Fu merito dei missionari venire in soccorso ad un
clero impreparato, istruirlo negli elementi della liturgia, della morale sacramentale e avviarlo alla predicazione. La loro azione incitava le popolazioni
alla riparazione, alla ricostruzione di chiese e cappelle e alla restaurazione di
conventi abbandonati, nei quali in diversi casi, gli stessi missionari stabilivano una comunità religiosa permanente, colmando le lacune lasciate dalla
28 Cf. J. Delumeau, Il Cattolicesimo dal XVI al XVIII secolo, Milano 1978, p. 241.
29 Cf. D. Carpanetto e G. Ricuperati, L’Italia del Settecento, Roma-Bari, 2008, pp. 29-42.
30 Cf. M. Spedicato (a cura di), Nelle indie di quaggiù, San Francesco de Geronimo e i processi di evangelizzazione del Mezzogiorno, Lecce 2006, pp. 9-12.
31 Cf. Le missioni popolari della Congregazione della Missioni nei sec. XVII-XVIII, Studi e
Documenti, a cura L. Mezzadri, Roma 2002, p. 8.
32 P. Tacchi Venturi S. J., Storia della Compagnia di Gesù in Italia, I, Roma 1950, pp. 324,
325, 366, 367.
25
soppressione innocenziana33. Questi conventi, riaperti, divenivano nuovi
centri di spiritualità e punti di riferimento per tutto il circondario.
Intere diocesi venivano battute da squadre di missionari per lunghi
anni, chiamati e sostenuti dai vescovi riformatori: preparavano le visite pastorali e incoraggiavano l’attuazione dei decreti e delle disposizioni lasciate
dai vescovi. La missione abbracciava il popolo nella sua totalità: fanciulli,
giovani, adulti e anziani; era anche un’occasione nella quale venivano regolarizzati i matrimoni. Il clero secolare, i religiosi e le religiose erano inseriti
nel programma della missione, come destinatari di corsi chiusi di esercizi spirituali. Una particolare attenzione era riservata alla riforma dei monasteri
femminili, spesso in decadenza, e all’introduzione della vita comune.
Modelli di Missione popolare: continuità e innovazione
La missione popolare in Italia seguiva due modelli: quello penitenziale, preferito dai gesuiti; quello catechistico, praticato dai lazzaristi. San Leonardo da Porto Maurizio (1676-1751)34 riuscì a sintetizzare e conciliare i due
modelli. Anche s. Alfonso M. De Liguori (1696-1787) e san Paolo della Croce
(1694-1775)35 fecero altrettanto, con sfaccettature e accentuazioni proprie. A
questi si affiancarono missionari meno noti, ma altrettanto efficaci come lo
scolopio Pompilio M. Pirrotti (1710-1766), il francescano riformato Leopoldo Croci da Gaiche (1732-1815)36 i cappuccini Angelo da Acri (1669-1739)37 e
33 Cf. Boaga Emanuele, La soppressione Innocenziana dei piccoli conventi in Italia, Roma 1971.
34 Per la conoscenza di san Leonardo da Porto Maurizio: Raffaele da Roma, Vita del
servo di Dio padre Leonardo da Porto Maurizio., Roma 1754; Giuseppe M. da Masserano, Gesta, virtù
e doni del beato Leonardo da Porto Maurizio, Roma 1796; C. Guasti, Vita di s. Leonardo da Porto Maurizio. (1867), a cura di S. Gori, Roma 1951; Diego da Firenze, Diario delle missioni, in Leonardo da
Porto Maurizio, Opere complete…, V, Venezia 1869; S. Leonardo da Porto Maurizio nel secondo centenario della morte, 1751-1951, in Studi francescani, 1952, nn. 1-4; F. M. Pacheco, S. Leonardi a Portu
Mauritio doctrina de caritate, Roma 1963; Bibliotheca sanctorum, VII, coll. 1208-1221.
35 Paolo della Croce, Santo, cf. Repertorio nomi notevoli, p. 360.
36 Per la conoscenza di Leopoldo da Gaiche: Spoletana beatificationis et canonizationis
ven. servi Dei fr. Leopoldi a Gaichis Nova positio super virtutibus, Romae 1850; Pacifico da Rimini, Della vita e delle eroiche virtù del venerabile padre L. da G., Foligno 1835; Analecta Franciscana, I
(1885), pp. 367, 400; P. Campello della Spina, Vita del beato Leopoldo da Gaiche, Roma 1893; A.M.
da Vicenza, Vita del beato Leopoldo da Gaiche, Roma 1893; B. Bazzocchini, Un apostolo dell’Umbria
ossia Il “Giornale delle predicazioni” del beato Leopoldo da Gaiche, Trevi 1919; U. Ceccacci, Il beato
Leopoldo da Gaiche, Torino 1932; L. da Clary - G.C. Guzzo, B. Leopoldo da Gaiche sacerdote dell’Ordine dei frati minori (1732-1815), in Aureola serafica, II (1951), pp. 405-420; L. Canonici, Il beato
Leopoldo da Gaiche O.F.M. (il faro sul monte), Assisi 1986; U. Occhialini, Tutto di Dio, tutto degli
uomini. Il beato Leopoldo da Gaiche di Perugia, Assisi 1993; Arturo a Monasterio, Martyrologium
Franciscanum, Romae 1938, pp.123ss; Bibliotheca sanctorum, VII, coll. 1337-1340.
37 Angelo da Acri, Beato, cf. Repertorio nomi notevoli, pp. 351-352.
26
Carlo da Motrone (1630-1763)38. I pii operai, gli oratoriani, i barnabiti e altri
gruppi di religiosi intraprendenti, sperimentarono altre forme di evangelizzazione in tutta la penisola. All’interno degli ordini tradizionali e riformati
non mancarono gruppi sparsi di religiosi che intrapresero missioni popolari, predicazioni di esercizi e altre forme meno note di rievangelizzazione,
emblematico è il caso degli agostiniani scalzi39. Nelle città i gesuiti avevano
inaugurato la missione urbana permanente40, riportando particolare successo a Napoli, nella chiesa del Gesù Nuovo e a Roma, presso l’Oratorio del Caravita. A questi modelli italiani si possono affiancare san Luigi Grignon de
Monfort (1673-1716), in Francia, dai tratti inconfondibili per l’originalità dei
metodi e dei contenuti e per la singolarità delle manifestazioni religiose; gli
eudisti e i sulpiziani. Il Monfort ha molti tratti in comune con i missionari
del Settecento italiano per l’attenzione verso le forme di religiosità popolare e per la formazione sui testi e il riferimento a modelli comuni e molte
somiglianze con Marcucci, specialmente per il tratto mariano dato alle sue
missioni. Durante il breve soggiorno in Italia, ebbe modo di confrontarsi
con religiosi gesuiti, teatini e francescani, con i quali condivideva la stessa
formazione teologica e spirituale, appresa nei collegi della compagnia e a
contatto con gli oratoriani francesi.
Il fascino delle missioni popolari, ritenute la migliore opera di rievangelizzazione del post tridentino, non lasciò indifferenti nemmeno i più zelanti
membri del clero diocesano, come Vincenzo Romano (1751-1815), apostolo
di Torre del Greco, Francesco Antonio Marcucci dell’Immacolata Concezione nel Piceno e altri.
38 Per una presentazione sintetica di Carlo da Motrone cf. M. D’Alatri, Il venerabile
Carlo da Motrone e le sue missioni popolari (1690-1763), Roma 1956; Da Motrone Carlo, Venerabile,
cf. Repertorio nomi notevoli, p. 354.
39 Gli agostinaiani scalzi furono predicatori popolari richiesti e autorevoli. Oltre alla
predicazione dell’avvento e della quaresima si dedicarono a forme di predicazione popolare
come gli esercizi spirituali al popolo e anche sporadiche missioni popolari. Emblematico è il
caso di p. Benigno (Catalano) da Santa Caterina (1743-1815), missionario popolare in Sicilia,
autore di stofette sacre, canzocine devote e poesie sacre, tra cui Giaculatorie per cantarsi nelle
meditazioni degli esercizi di S. Ignazio, composti nell’anno del Signore 1789, contenuti nel volume
Poesie sagre siciliane […] Trapani 1787, fotocopie dall’originale, in Archivio Generale agostiniani
scalzi, Roma.
40 Per una conoscenza più dettagliata del De Geronimo: Acta canonizationis b. Francisci
de Hieronymo, I-IV, Romae 1767-1835; M. Volpe, I gesuiti nel Napoletano, I, Napoli 1914, pp. 10, 13;
F. Nicolini, Aspetti della vita italo-spagnola nel Cinque e Seicento, Napoli 1934, pp. 330-334; G. Barrella, Un restauratore sociale. Storia critica di S. Francesco De Geronimo da documenti inediti, I, Roma
1943; Un amico del popolo, S. Francesco De Geronimo, Napoli 1945; R. De Maio, Società e vita religiosa
a Napoli nell’età moderna, 1656-1799, Napoli 1971; P. Lopez, Clero, eresia e magia nella Napoli del Viceregno, Napoli 1984, p. 174; E. Novi Chavarria,Pastorale e devozioni nel XVI e XVII secolo, in Storia
del Mezzogiorno, IX, Napoli 1991, pp. 378, 394, 401; E. Papa, Francesco De Geronimo, in Bibliotheca
sanctorum, V, coll. 1201-1204. Cf. immagine, p. 39.
27
Missioni popolari ad Ascoli tra la fine del Seicento
e l’inizio del Settecento
Ad Ascoli, e nel territorio limitrofo, la predicazione di missioni popolari e di esercizi spirituali fu uno dei mezzi di evangelizzazione ricorrenti.
Il collegio dei gesuiti di San Venanzio in città,41 la vicinanza dei collegi
della compagnia de l’Aquila, di Teramo, di Atri, di Ancona e di Macerata,
l’oratorio ascolano di San Filippo Neri, l’ubicazione di conventi di cappuccini e di francescani riformati, in tutto il territorio circostante, offrivano
una presenza qualificata di predicatori e missionari che si alternavano
nell’insegnamento e nella predicazione. Più rara fu la presenza dei vincenziani42 che non avevano case in quest’area geografica. La prevalenza delle
presenze missionarie gesuitiche ne fa uno dei territori più battuti dalla
compagnia; tuttavia a questa massiccia presenza costante si può affiancare quella francescana dei riformati e dei cappuccini. I vescovi ascolani di
questo periodo, tutti preoccupati della riforma della pastorale dell’evangelizzazione delle masse, riporrano nei gesuiti una fiducia piena, richiedendo per le loro diocesi i migliori soggetti della compagnia.
L’ambiente devoto popolare ascolano è dunque quello formato dalla
inconfondibile opera di evangelizzazione dei gesuiti: la spiritualità eucaristica e quella della passione vissute in chiave penitenziale sono di chiara derivazione gesuitica, così come il culto mariano, con una preferenza
ai titoli e ai culti più vicini alla sensibilità del popolo: la Vergine delle
Grazie, la Madre di Misericordia, il Rifugio dei peccatori e l’Addolorata. Di
derivazione francescana è invece l’introduzione del pio esercizio della Via
Crucis, il culto dell’Immacolata e la devozione all’umanità di Cristo.
Queste due componenti hanno trovato la loro piena confluenza e armonia nella cultura religiosa ascolana e sono state il terreno fertile nel
quale è maturata la religiosità, la devozione e la spiritualità di Francesco
Antonio Marcucci.
Nel primo Settecento era vivo in Ascoli il ricordo della missione che
il famoso missionario, p. Paolo Segneri senior (1624-1694) predicò in città.
Egli giunse ad Ascoli il 17 agosto 1689, tenne le sue prediche quasi sempre
in Piazza Arringo43 di fronte la cattedrale, in un ampio spazio quadrato,
delimitato da palazzi, che formava all’aperto un ottimo luogo di raccolta
per il popolo numeroso. Il ricordo del celebre gesuita, tramandato da testimoni oculari, ancora in vita, affascinò anche il giovane chierico Marcuc41 Cf. Ciannavei G. I., Compendio di Memorie Istoriche, 1797, ristampa con note e indici
di Giannino Gagliardi, Ascoli Piceno 1995.
42 L. Mezzadri, Le missioni popolari, p. 446.
43 Cf. immagine, pp. 388-389.
28
ci44 . Durante la sua prima formazione teologica e pastorale ricorrerà con
frequenza ai testi spirituali del Segneri e, nella fase di preparazione dei
discorsi e delle prediche, si servirà abbondantemente dei predicabili segneriani, riportandone a volte brani interi nelle sue stesse prediche. Il Segneri sarà considerato dal Marcucci il primo e più autorevole modello di
oratoria ed eloquenza sacra: attingerà abbondantemente ai suoi repertori
e se ne servirà per l’eleborazione del suo metodo missionaro. Al Segneri
fecero seguito altri celebri figli della compagnia, eredi e continuatori del
suo metodo, tra cui A. Baldinucci45 e G. B. Scaramelli46.
Altra missione rimasta celebre nella storia della città picena fu quella
del gesuita p. Antonio Baldinucci (1655-1717). La missione baldinucciana, fedele a quella segneriana nell’impianto generale, si caratterizzava per
una forte accentuazione della devozione mariana, e per l’attenzione alla
formazione spirituale del clero. Baldinuci infatti fu un convinto assertore
della predicazione degli esercizi ignaziani al clero, durante la missione e
un propagatore instancabile del rosario tra il popolo, particolare che non
sfuggirà al Marcucci per l’ideazione della sua missione mariana. Egli giunse ad Ascoli il 5 novembre 1716, un anno prima della nascita del Marcucci.
La predicazione del gesuita incentivò nella città la devozione alla Vergine,
con particolari manifestazioni prodigiose, riconosciute e attribuite all’immagine della Madonna che portava con sé nelle sante missioni. Si deve a
lui il risveglio e il nuovo rilancio della pietà mariana nella città di Ascoli,
humus nel quale il Marcucci crescerà e apprenderà la spiritualità mariana
che lo accompagnerà per tutta la vita.
Solo dopo sette anni dalla missione di Baldinucci, da Giovanni Gambi
(Vescovo di Ascoli dal 1710 al 1726) venne chiamato a predicare nella città
e nei paesi limitrofi p. Giovanni Battista Scaramelli (1687-1752). Giunse
il 13 Giugno 1723 accompagnato dal compagno di missione p. Bianchi.
In continuità con il Baldinucci anche lo Scaramelli favoriva la diffusione
della devozione mariana, recando con sé l’immagine della Mater Misericordiae47. La sua predicazione veniva facilitata e resa attraente dai metodi
teatrali della drammatica religiosa di cui si serviva come espediente pedagogico per imprimere meglio i contenuti della predicazione nel popolo. Della presenza dello Scaramelli il Marcucci riporta ricordi infantili: a
soli sei anni, con una zia, nella cittadina di Ancarano, partecipò ad alcuni
44 Per la missione ascolana del Segneri cf.: G. Maffei, Breve ragguaglio della vita del P.
Paolo Segneri, Venezia, 1702, pp. 31-32, 58-62, 68; G. Fabiani, Le missioni in Ascoli di P. Paolo Segneri e
di san Leonardo da Porto Maurizio (1689-1739), in Miscellanea Francescana, 60 (1960), pp. 455- 482.
45 Antonio Baldinucci, cf. Repertorio nomi notevoli, pp. 352-353.
46 Scaramelli Giovanni Battista, cf. Repertorio nomi notevoli, pp. 361-362
47 Una copia di questa immagine si può osservare sull’altare del coro interno nel Monastero delle Concezioniste di Ascoli, cf. immagini, pp. 386-387.
29
momenti della missione che rimasero per sempre impressi nella sua mente. Lo Scaramelli, inoltre, autore di classici della spiritualità, fu uno degli
autori di riferimento del Marcucci e del primo nucleo delle Pie Operaie48.
I francescani riformati del Ritiro di San Bonaventura, con a capo san
Leonardo da Porto Maurizio tennero una missione nella città picena dal 5
al 19 aprile 173949, chiamati da Tommaso Marana (Vescovo di Ascoli dal
1728 al 1755).
Questa fu per il Marcucci la prima vera missione popolare alla quale
partecipò direttamente e il p. Leonardo, il primo missionario che ebbe la
fortuna di ammirare, ascoltare, conoscere come modello autorevole50. Da
lui il Marcucci apprese lo spirito penitenziale delle missioni, una forma
di penitenza di impronta francescana che doveva destare il continuo ricordo della Passione di Cristo; la misericordia e la dolcezza verso i peccatori; la santità che deve avere il missionario e il suo stile di sobrietà; il
coinvolgimento della società nella missione con l’erezione di pii sodalizi,
monti di pietà, confraternite e diffusione del culto all’Immacolata, di cui
il missionario riformato fu uno dei più convinti assertori e diffusori in età
moderna. Marcucci partecipò in prima persona all’organizzazione della
missione. Si preparò all’evento con un metodo di vita ben delineato: lasciò
la casa paterna per ritirarsi in un casino sito in un vasto giardino, dentro la
città della signora Ludovica Parisani; andò incontro al missionario fino ad
Acquasanta; si mise al servizio del p. Leonardo e lo seguì passo passo per
tutto il tempo della missione, osservando il suo metodo, ascoltando i suoi
sermoni e discorsi e preparandosi ad una confessione generale. Quest’ultimo aspetto, forse poco sottolineato, può darci la chiave per comprendere
la portata dell’impatto spirituale esercitato dal santo francescano sull’animo del giovane chierico ascolano.
Alla scuola del celebre missionario il Marcucci imparò a coniugare
la scenografia e la teatralità tipica del metodo missionario gesuitico con
l’aspetto interiore di conversione e di cambiamento radicale della vita:
questo difficile equilibrio sarà una delle caratteristiche non solo del metodo missionario marcucciano ma anche della spiritualità apostolica che vi
soggiace. L’intraprendenza, la sagacia e l’umorismo contenuto nel santo
francescano furono una scuola di umanità e di santità per il giovane aspirante che non soddisfatto dei quattordici giorni di presenza ad Ascoli del
riformato, lo volle seguire fino a Macerata, in un viaggio suggestivo, lungo
48 Per le missioni in Ascoli tra il Seicento e il Settecento, ci siamo riferiti alla Positio, di
mons. Marcucci, vol. I, pp. 227-232.
49 Cf. Suor M. P. Giobbi, Mons. Marcucci e alcuni uomini illustri del suo tempo, in Donna
educazione società, Torino 1994, pp. 48-56.
50 Katalin Soltész Frattaioli, Leonardo da Porto Maurizio, missionario con un cuore da
eremita, Roma 2009, pp. 48-62.
30
e faticoso. Nella città maceratese la sua permanenza si protrasse per nove
giorni ancora, offrendo all’intrepido aspirante la possibilità di contrarre
nuove conoscenze e amicizie spirituali51.
Il bilancio di questa esperienza giovanile fu postivo, da questa scuola
efficace di pastorale pratica, il Marcucci uscì confermato nella sua vocazione alla predicazione popolare, formato alla spiritualità del vero predicatore
apostolico e pieno di entusiasmo per continuare un ministero per il quale
aveva vocazione, doti, e passione52.
Anche il cappuccino p. Stefano (Bernardi) da Cesena (1690-1771)53
predicò ad Ascoli durante la giovinezza del Marcucci e la sua predicazione
esercitò una certa influenza sul giovane missionario che più volte lo ascoltò
e ne trascrisse la predica sulla Penitenza54 . Altri religiosi come i minimi, gli
oratoriani, gli osservanti, gli agostiniani scalzi, i carmelitani che avevano
conventi nella città picena furono frequentati e consultati dal Marcucci;
nella sua formazione teolgica spirituale e pastorale infatti confluiscono
tutti i filoni della spiritualità moderna. L’amicizia con i religiosi gli permise
di avere un vasto orizzonte di confronto e di accostarsi a opere e personaggi di diversa formazione, da ognuno assumerà quelle note più consoni alla
sua sensibilità, conservando rapporti e ricordi con tutte le famiglie religiose
menzionate.
Attività apostoliche del Venerabile Marcucci 1737-1752
L’attività apostolica giovanile di predicazione e di missioni popolari
del Marcucci si è svolta nell’arco di tempo di 15 anni. Egli stesso ne dà notizia nelle Paci, e nell’Istoria delle sante missioni fornendo nello stesso tempo
descrizioni e riferimenti precisi sull’indole delle popolazioni evangelizzate,
su alcuni eventi che caratterizzarono i giorni della sua permanenza in quei
luoghi e sulle persone incontrate.
Sono gli anni giovanili che precedono e seguono l’ordinazione sacerdotale (1741). Dal 1737 al 1740 potremmo definirlo il periodo delle esercitazioni di composizione e di predicazione, mentre il successivo è il primo
51 Come san Francesco di Sales, anche il Marcucci fu sensibile all’amicizia spirituale,
intesa come legame spirituale che aiuta a progredire verso la santità. Sarebbe interessante raccogliere in un unico volume tutti gli scritti e i profili dei personaggi con i quali il Marcucci ha
intrattenuto rapporti di amicizia spirituale per avere un quadro esauriente della sua umanità
matura.
52 Cf. Positio di mons. Marcucci, vol. I, pp. 238-243.
53 Cf. Sigismondo da Venezia, Biografia serafica degli uomini illustri, Venezia, 1846, p. 830;
Bernardino da Lapedona, Il P. Stefano Bernardi da Cesena missionario apostolico cappuccino, in L’Italia Francescana, vol. XXIV, (1949), pp. 163-168.
54 Il manoscritto autografo del Marcucci si trova in ASC 43.
31
decennio della sua esperienza presbiterale. Durante questo periodo lavora
anche per la fondazione della congregazione delle Pie Operaie dell’Immacolata Concezione (1744): un’attività intensa, quasi febbrile se si considera
anche l’aspetto itinerante della sua predicazione. Il territorio da lui evangelizzato interessa le diocesi di Ascoli, Teramo, Penne, Atri, Fermo e Ripatransone, al confine tra lo Stato Pontificio e il Regno di Napoli. I luoghi interessati dalla sua predicazione sono piccoli paesi di collina e grandi centri
in pianura (Mosciano, Notaresco). Per la maggior parte si tratta di missioni
popolari di 8-10 giorni, quaresimali (Monteprandone - Castelli), tridui di
predicazione, singole prediche, panegirici per le feste dei santi o per le varie
solennità dell’anno. Questi ultimi però sono da ricondurre al periodo giovanile. Nella maggior parte dei casi si tratta di esercizi al popolo in forma
di missione. Sono missioni che predica da solo, raramente menziona altri
collaboratori chierici o laici. La predicazione itinerante viene svolta in autunno e primavera e interrotta in inverno e in estate, in alcuni casi prosegue
per tutto il mese di Giugno. Il 1740, anno del suddiaconato, per prepararsi al
sacerdozio interrompe le attività apostoliche. Questa prima fase del suo ministero si conclude con il quaresimale di Monteprandone, preceduto dagli
esercizi spirituali al popolo, in forma di rinnovo di missione. Dopo il 1750
la predicazione marcucciana assume connotati di specificità: quaresimali,
esercizi e prediche alle monache e alle sue religiose, predicazioni in città,
collaborazione con il vescovo Marana e col suo successore, specialmente
in preparazione al sinodo del 1760. L’attività che assorbirà le sue migliori
energie sarà la composizione di opere di vario genere con una preferenza
per testi pedagogici di teologia esegesi e spiritualità, utili alla formazione
delle Pie Operaie. L’esperienza delle missioni e della predicazione popolare
sarà utile per dare al Marcucci la cifra della situazione della Chiesa e della
pastorale nel secolo XVIII.
L’esperienza della predicazione rimarrà uno degli aspetti qualificanti
di tutta la sua vita tanto da entrare a far parte della ritrattistica e dell’iconografia marcucciana. A tal proposito merita interesse una formella di ceramica (cm. 29x35)55 realizzata a Castelli nel 1746, anno in cui Marcucci
vi predicò il quaresimale. L’opera è divisa in due parti, una superiore nella
quale viene raffigurato giovane, su un palco, con la zimarra, la berretta, la
stola e il crocifisso grande di missione; nella parte inferiore viene riportato
il seguente sonetto:
55 Cf. immagine di copertina e a p. 377.
32
Ecco o Castelli56 un nuovo sacro Alcide57,
che declamante a tua salvezza io scerno;
odilo pur, che il predator d’Averno
nell’udirlo da Te fuggir si vide.
Mostri, Serpi, Tiranni, Idre omicide58
De viti (l) estinse, spalancò l’Inferno
Ai peccatori, e scala al gaudio eterno
Cogl’Omer59 Suoi fece a’ le genti Fide.
D’abisso il drago ad espugnar si espose,
Incatenollo, e stuol d’alme meschine
Gli tolse, e nella via del Ciel ripose.
E se non terminò l’onde marine
Con due colonne, in mar d’inchiostro ei pose
Con la sua penna alla virtù confine60.
56 Tra i borghi più belli d’Italia, Castelli è un piccolo comune, situato a 500 mt di
altezza alle pendici del Monte Camicia, nello splendido comprensorio del Parco Nazionale del
Gran Sasso. Da secoli nota per la produzione di ceramiche, come testimoniano il Museo delle
Ceramiche e le numerose scuole artigiane. Di antica tradizione, l’arte della ceramica smaltata
fu introdotta a Castelli dai monaci benedettini nel 1100 c., ma solo intorno al 1400 la città
conosce un vero sviluppo economico e urbanistico. Si distinse per l’introduzione di metodi
di lavorazione innovativi, e per la combinazione di tecniche che rendessero più economica la
produzione, favorita dall’abbondanza di legname (per la cottura delle ceramiche) e delle materie prime come l’argilla e i corsi d’acqua (dalla cui macinazione a mulino si otteneva la polvere
bianca per lo smalto).
57 Il patronimico poetico che lo definisce è Alcide, derivante da Alceo, suo nonno paterno
putativo. Celebri le sue incredibili imprese, quali ad esempio le dodici fatiche che lo vedono affrontare serpenti dalle molteplici teste, leoni dalla pelle impossibile da scalfire, uccelli in grado
di sparare piume affilate come lame. Fu venerato come simbolo di coraggio e forza, ma anche di
umanità e generosità, anche presso i Romani. Era ritenuto protettore degli sport. Fu onorato in
numerosi santuari della Grecia e le sue imprese, espressione dell’altruismo e della forza fisica,
lo fecero credere fondatore dei Giochi olimpici.
58 Nella mitologia greca l’Idra è un mostro con nove teste a forma di serpente.
59 Gli omeri stanno per braccia.
60 Ciò che non riuscì a insegnare sulla virtù con la predicazione, lo fece con gli scritti.
33
Attività apostoliche del Venerabile Francesco Antonio Marcucci (1737-1750)61
Data
Luogo
Ministero
Quaresima del 1737
Villa di Fulignano,
diocesi di Ascoli
Sermoncino sopra
Maria Addolorata
1737-1738
Appignano, diocesi di Ascoli
Triduo al SS. Sacramento
1737-1738
Appignano del Tronto
Panegirico di S. Francesco
di Paola
25 gennaio2 febbraio 1738
Appignano del Tronto
Prima missione popolare
1737-1738
Tezzano, diocesi di Ascoli
Panegirico di San Filippo Neri
1737-1738
Ascoli
Triduo all’Immacolata
Concezione
1737-1738
Petritoli, diocesi di Fermo
Panegirico alla Madonna
delle Stelle
1737-1738
Petritoli
Predica eucaristica
1737-1738
Petritoli
Predica della Santa Croce
1737-1738
Petritoli
Triduo di San Luigi Gonzaga
1737-1738
Petritoli
Panegirico di San Luigi Gonzaga
14-21 giugno 1739
Monteprandone,
diocesi di Ripatransone
Missione popolare
8 dicembre 1739
Ascoli
Discorso su l’Immacolata
Concezione a S. Maria
Intervineas
61 Per la stesura della Tabella, oltre alle Paci e all’Istoria delle Missioni, cf. Positio di mons. Marcucci, vol.
I, pp. 234, 246-248; vol. II, p. 1319.
34
Data
Luogo
Ministero
21 agosto1 settembre 1739
Monsampolo,
diocesi di Teramo
Missione popolare
25 settembre4 ottobre 1739
Ripa Berarda, diocesi di Ascoli
Missione popolare
18-30 ottobre1739
Acquaviva (Picena),
diocesi di Ripatransone
Missione popolare
3-5 aprile 1741
San Vito, diocesi di Teramo
Triduo di predicazione
con l’amico Ignazio Matteucci
23 aprile1 maggio 1741
Torano, diocesi di Teramo
Missione popolare
25-27 marzo 1742
San Vito
Triduo di predicazione
6-19 maggio 1742
Mosciano, diocesi di Teramo
Missione popolare
18-21 maggio 1742
Morro, diocesi di Teramo
Triduo di predicazione
23 maggio3 giugno 1742
Notaresco, diocesi di Teramo
Missione popolare
2-9 settembre 1742
Maltignano, diocesi di Ascoli
Missione popolare
gennaio-febbraio 1743 Monteprandone
Missione popolare
settembre 1744
Acquasanta, diocesi di Ascoli
Missione popolare
aprile-maggio 1745
Offida, diocesi di Ascoli
Missione popolare
maggio 1745
Cellino (Attanasio),
diocesi di Penne
Missione popolare
giugno 1745
Atri, diocesi di Atri
Missione popolare
giugno 1745
Castelli, diocesi di Teramo
Missione popolare
febbraio-marzo 1746
Castelli
Quaresimale
35
aprile e
settembre 1746
Mosciano, diocesi di Teramo
Missione e rinnovo
di missione
settembre 1746
Montorio diocesi di Teramo
Missione popolare
ottobre 1746
Civita S. Angelo diocesi
di Penne
Missione popolare
marzo 1747
Terra della Guardia diocesi
di Teramo
Missione popolare
marzo 1748
Atri
Missione popolare
aprile 1748
Montorio
Missione popolare
giugno 1748
Pianella, diocesi di Penne
Missione popolare
1750
Monteprandone
Esercizi spirituali al popolo
e Quaresimale
36
Missionari popolari gesuiti del XVIII secolo
P. Paolo Segneri Iunior
stampa anno 1715.
P. Giovanni Battista Scaramelli
stampa sec. XVIII.
37
P. Giovanni Pietro Pinamonti, stampa sec. XVIII.
38
San Francesco De Geronimo, stampa anno 1716.
39
Pagina autografa di Il Carnovale santificato del 1737; trascrizione a pag. 61 di questo volume.
40
Nota redazionale-metodologica
di Maria Paola Giobbi
La pubblicazione di questo volume, che raccoglie gli scritti giovanili
sull’evangelizzazione, composti dal Venerabile Francesco Antonio Marcucci nella prima metà del Settecento, è una risposta all’invito di Papa Francesco ad uscire dal recinto per portare il Vangelo in ogni realtà.
Il Vescovo ascolano ci offre una testimonianza di fede generosa nel donare a tutti il Vangelo, come il bene più prezioso; si avvicina e raggiunge
anche i più poveri e chi abita nelle zone periferiche, adattando, con creatività, il contenuto della fede alla capacità degli interlocutori, per riempire il
loro cuore di gioia e affidarli alla tenera e premurosa intercessione di Maria.
Ringrazio la Superiora Generale Madre Maria Daniela Volpato e il Consiglio delle Suore dell’Istituto, per aver accolto il progetto della pubblicazione; Padre Vincenzo La Mendola, C.Ss.R, per l’impegno nella stesura degli
studi introduttivi ai vari scritti marcucciani e per l’entusiamo nel far conoscere, ad ogni occasione, la testimonianza di Marcucci evangelizzatore.
Ringrazio il prof. Pietro Alesiani per l’accurata traduzione dei testi
latini, la signora Elvezia Di Girolamo che con costanza e competenza accompagna da anni i lavori redazionali dell’Opera Omnia Marcucciana e le
consorelle che hanno collaborato alla trascrizione dei manoscritti.
“Quando si auspica un ritorno alle origini non è per un amore archeologico per il passato, ma perché questo passato, voluto da Cristo, è finalizzato a tutti i tempi futuri dell’umanità”62.
Criteri di trascrizione
La trascrizione dei manoscritti autografi del Venerabile Francesco Antonio Marcucci è fedele all’originale. Le sottolineature sono state rese graficamente con il carattere corsivo per snellire la lettura. Le parole scritte in maiuscolo
sono state lasciate come nell’originale; alcune parole abbreviate sono state trascritte per intero e le sigle sono state sciolte dentro parentesi rotonde; le parti
esplicative aggiunte sono state poste tra parentesi quadre. L’uso delle maiuscole
è stato lasciato come nell’originale. Le note alfabetiche sono state trasformate
in numeriche e riportate a piè di pagina. Le citazioni bibliche sono state tradotte dal latino e rese secondo le abbreviazioni correnti, mentre le citazioni degli
altri Autori sono state lasciate come nell’originale.
La distribuzione del testo nelle pagine è stata lasciata come nell’originale, compresa l’evidenziazione dei capo lettera. Nell’indice l’uso della numerazione romana e araba è stata uniformata.
62 Musso Mario, IV di copertina in Da Pietro al Papato, senza data.
41
Nella bibliografia sono state inserite solo le note generali e di riferimento, mentre nelle note anche quelle specifiche.
Descrizione dei manoscritti
Il presente volume, intitolato Scritti su la predicazione e le missioni popolari raccoglie i manoscritti autografi dell’età giovanile del venerabile Francesco Antonio Marcucci, compresi tra il 1737 e il 1752. Essi sono conservati nell’archivio della casa madre delle Suore Pie Operaie dell’Immacolata
Concezione di Ascoli Piceno, Via San Giacomo, 3 e indicati con la sigla ASC
seguita dal numero di collocazione. Si tratta di sei volumetti di cui quattro
autonomi (ASC 3, ASC 4, ASC 9 e ASC 12) e due conservati nelle miscellanee
n. 10 e n. 30. La descrizione di ogni manoscritto segue, per quanto possibile,
l’ordine cronologico.
Il manoscritto autografo, ASC 3, Il Carnovale santificato, scritto l’8 dicembre 1737 è composto da due fascicoli che misurano mm. 245x170: il primo è composto da quattordici carte, di cui due tagliate; il secondo era originariamente composto da sei carte, ma ne rimangono quattro. I fascicoli sono
cuciti al centro con filo di cotone. La lettera introduttiva rivolta Al divoto lettore presenta una numerazione romana aggiunta successivamente a matita da
altra mano (da uno a tre), così pure l’introduzione è numerata a matita con
numeri arabi, da due a otto. Il resto del manoscritto presenta una numerazione araba originale, da nove a ventiquattro. Il manoscritto è mutilo: infatti
al centro sono state tagliate due pagine e la ventiquattro si interrompe senza
conclusione. La pagina ventisei è stata aggiunta successivamente, sia perché
ha una grafia diversa, sia perché ha una numerazione a matita.
Sono presenti richiami “carta per carta”: sui margini inferiori del recto
e del verso di ciascuna carta è presente una parte della parola, che si ripete
nella pagina che segue. Sui margini, tracciati a inchiostro, spesso sono riportate citazioni di fonti che noi abbiamo inserito tra parentesi rotonde nel
corpo del testo. La grafia è minuta, armonica, ben leggibile e distribuita a
piena pagina; il contenuto è graficamente suddiviso in capitoli, organizzati
a loro volta in paragrafi, evidenziati con capolettera di dimensioni maggiori
rispetto al testo. Ci sono rare cancellature e le note sono alfabetiche. Il manoscritto è ben conservato e presenta solo qualche traccia di umidità.
La copertina è della stessa carta del manoscritto e contiene il frontespizio dell’opera. La filigrana è costituita da uno stemma circolare al cui interno sono presenti tre monti sormontati da un merlo (cf. dedica dell’opera al
vescovo Tommaso Marana, p. 56).
42
Il manoscritto autografo il Carnovale santificato, scritto nel 1739, fa
parte della miscellanea n. 10.
Il volume è formato da sedici fascicoli con un numero irregolare di fogli, a seconda del contenuto, che misurano circa mm. 200x138, cuciti con
filo di cotone. La numerazione, a cifre arabe, è a volte originale e ricomincia
su ogni fascicolo che presenta un argomento diverso; altre volte è continua
e a matita. Spesso al titolo dell’argomento è riservato l’intero frontespizio
del fascicolo. Sono presenti richiami “carta per carta”: sui margini inferiori
del recto e del verso di ciascuna carta è presente una parte della parola, che si
ripete nella pagina che segue. I margini sono tracciati a secco.
La grafia è armonica, ben leggibile e distribuita a piena pagina; a volte è
minuta, altre volte più ariosa. Il fascicolo IX intitolato Cento Avvertimenti per
un confessore novello di Monache presenta il frontespizio autografo, mentre il
contenuto è attribuibile ad altra mano.
Il contenuto è graficamente suddiviso in paragrafi: con numerazione araba, a volte romana, altre volte solo con il capo lettera rientrato e più
grande del testo. Sono presenti varie cancellature. Qua e là si notano macchie gialle, causate da umidità o macchie di inchiostro. Nell’insieme il manoscritto è ben conservato.
La copertina, mm. 210x145, è cartonata e decorata, con quadratini allineati orizzontalmente di colore rosso. Il dorso è pergamenato con delicate
decorazioni in oro sui lati, tranne quello in basso. Tra un fascicolo e l’altro,
a volte ci sono pagine bianche che permettono di vedere la filigrana della
carta, non uniforme in tutti i fascicoli. Sulle pp. 117, 139 e 257 si legge chiaramente a caratteri maiuscoli “ASCOLI”; oppure è ben visibile uno stemma
circolare al cui interno sono presenti tre monti sormontati da un merlo e,
fuori del cerchio, in basso, è presente la lettera S decorata con due foglioline, oppure la lettera G. Tutte le informazioni ci permettono di ricondurre la
tipologia di filigrana alla cartiera papale ascolana.
Il manoscritto autografo, ASC 4, Introduzione alla predicazione Vangelica
è stato composto il 15 marzo 1740. Il volume, privo di legatura, è composto di
tre fascicoli che misurano mm. 195x140, cuciti con filo di refe. Il primo fascicolo è costituito da ventidue carte, il secondo da quattordici carte e l’ultimo da
otto carte, di cui le due pagine finali bianche. In questo fascicolo due carte risultano tagliate presumibilmente dall’autore stesso, dato che il discorso continua senza interruzione. La numerazione è originale: con caratteri romani,
da uno a quattro, la prefazione; con cifre arabe, da uno a sessanta, il testo. Sono
presenti richiami “carta per carta”: sui margini inferiori del recto e del verso
di ciascuna carta è presente una parte della parola, che si ripete nella pagina
che segue. Sui margini, tracciati a inchiostro, talvolta sono riportate citazioni
di fonti che noi abbiamo inserito tra parentesi rotonde nel corpo del testo.
43
La grafia è minuta, armonica, ben leggibile e distribuita a piena pagina;
il contenuto è graficamente suddiviso in sette capitoli, di cui alcuni suddivisi in paragrafi, evidenziati con capolettera di dimensioni maggiori rispetto al testo. Gli angoli inferiori delle prime ventiquattro pagine presentano
macchie causate da umidità. La copertina è della stessa carta del manoscritto e contiene il frontespizio dell’opera. Gli ultimi due fogli sono bianchi
e permettono di intravedere la filigrana, proveniente dalla cartiera papale
ascolana e costituita da uno stemma circolare al cui interno sono presenti
tre monti sormontati da un merlo. Fuori del cerchio, in alto, è presente la
lettera A e in basso la lettera S.
Il manoscritto autografo, ASC 12, Direttorio della Santa Missione, è stato composto nel 1742.
Il volumetto è formato da un fascicolo di ottanta carte che misurano
mm. 125x90, cucito con filo di cotone. Non c’è nessuna pagina bianca; l’ultima è tagliata, anche se il discorso è concluso. La numerazione, a cifre arabe,
è originale e va da uno a settantaquattro. Le prime due carte sono prive di
numerazione. Sono presenti richiami “carta per carta”: sui margini inferiori
del recto e del verso di ciascuna carta è presente una parte della parola, che si
ripete nella pagina che segue. Sui margini talvolta sono riportate aggiunte,
oppure è disegnata una mano con l’indice puntato per sottolineare l’importanza del contenuto.
La grafia è minuta, armonica, ben leggibile e distribuita a piena pagina;
il contenuto è graficamente suddiviso in otto capitoli, di cui alcuni ripartiti
in paragrafi, con numerazione romana. Sono presenti varie cancellature: il
frontespizio titolava l’opera Avvertimenti Prudenziali, cambiato poi in Direttorio e i capitoli erano denominati Avvertimento primo, secondo, ecc.
La copertina misura mm. 130x93; è di cartone ricoperto con carta decorata a stelline di colore rosso e verde. Sulla seconda di copertina è riportato
il disegno autografo dell’autore per indicare il percorso che predisponeva
per la sfilata delle processioni; la terza di copertina, titolata Ricordo è scritta
a tutta pagina e termina con la data di redazione dello scritto: 25 aprile 1742.
La filigrana si intravede con difficoltà perché le pagine sono di piccole
dimensioni; nella parte alta, di scorge un cerchio dentro il quale sono inscritti tre monti sormontati da un merlo.
Il manoscritto autografo, ASC 9, Istoria delle Sante Missioni, composta
ad Ascoli il 27 marzo 1744.
Il volumetto è composto di due fascicoli che misurano mm. 180x130,
cuciti con filo di cotone. Il primo è costituito da venti carte; il secondo da
dodici di cui l’ultima bianca. La numerazione è originale e a cifre arabe, da
uno a sessanta. Sono presenti richiami “carta per carta”: sui margini inferio-
44
ri del recto e del verso di ciascuna carta è presente una parte della parola, che
si ripete nella pagina che segue. Sul margine sinistro di pagina trentaquattro, è riportata un’aggiunta che noi abbiamo inserito nel corpo del testo.
La grafia è minuta, armonica, ben leggibile e distribuita a piena pagina;
i margini sono tracciati a secco. Il contenuto è graficamente suddiviso in
cinque capitoli, organizzati a loro volta in paragrafi, evidenziati con capolettera di dimensioni maggiori rispetto al testo. Qua e là si notano macchie
gialle, causate da umidità. Nell’insieme il manoscritto è ben conservato.
Il volumetto è rilegato con un altro, di dimensioni poco più grandi,
intitolato, Succinto ragguaglio della vita, virtù e morte preziosa di mons. Francesco Antonio Marcucci, detto dell’Immacolata Concezione di Ascoli, Patriarca di Costantinopoli, Vescovo di Montalto della marca, Fondatore del Venerabile Monastero
delle Pie Operaie dell’Immacolata Concezione della detta città di Ascoli, tirato a
norma dello stile tenuto dal medesimo nel notare nel Libro delle Defonte del Monastero la morte delle Pie Operaie, Educande ed altre sepolte nella Chiesa del predetto
Monastero.
I due manoscritti sono custoditi da una copertina di cartone foderata
con carta a decorazioni floreali di mm 209 x 135; sul frontespizio c’è una
targhetta con l’annotazione: Documenti preziosi del Fondatore. La filigrana è
costituita da una stella a sei punte inscritta in un cerchio sormontato da
una croce; nella parte inferiore si intravede la lettera L.
Il manoscritto autografo Missioni è una miscellanea, catalogata con il n. 30.
Il volume è formato da dodici fascicoli con un numero irregolare di fogli, a seconda del contenuto, che misurano circa mm. 200x133, cuciti con filo
di cotone. La numerazione, a cifre arabe, è quasi tutta originale e ricomincia
su ogni fascicolo che presenta un argomento diverso. Spesso al titolo dell’argomento è riservato l’intero frontespizio del fascicolo stesso. Sono presenti
richiami “carta per carta”: sui margini inferiori del recto e del verso di ciascuna
carta è presente una parte della parola, che si ripete nella pagina che segue.
Sui margini talvolta sono riportate aggiunte, oppure è disegnata una mano
con l’indice puntato per porre l’accento sull’importanza del contenuto.
La grafia è minuta, a volte frettolosa, molto più spesso armonica, ben
leggibile e distribuita a piena pagina; il contenuto è graficamente suddiviso
in paragrafi, con numerazione, a volte romana, altre volte araba. Sono presenti varie cancellature. La copertina, mm. 205x138, è cartonata e decorata
con quadratini a scacchi di colore rosso e verde. Il dorso è pergamenato con
delicate decorazioni in oro sui lati, tranne quello in basso. Tra un fascicolo
e l’altro, a volte ci sono pagine bianche che permettono di vedere la filigrana, non uniforme in tutti i fascicoli. Una tipologia è costituita da uno
stemma circolare al cui interno sono presenti tre monti sormontati da un
merlo. Fuori del cerchio, in alto, è presente la lettera A e in basso la S; altre
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volte fuori del cerchio è presente la lettera F. Una pagina mostra una bellissima decorazione della cartiera Cherubini F. Lo stato di conservazione del
volume è discreto; sono presenti macchie di umidità e di inchiostro che,
tuttavia, non impediscono la lettura. Dalla Miscellanea sono state estratte
le prediche per vari giorni della santa Missione e cioè “Introduzione alla S.
Missione”, “Predica del Peccato mortale”, “Predica dell’Inferno”, “Predica del
Numero dei peccati”, “Predica della Perseveranza”, inserite nel capitolo II di
questa pubblicazione e le Paci, inserite nel capitolo VI.
Sigle e abbreviazioni
ASC= Archivio Suore Concezioniste
ACVAP = Archivio Curia Vescovile di Ascoli Piceno
BS = Bibliotheca Sanctorum
BSC = Biblioteca Suore Concezioniste
SDM = Sua Divina Maestà
Vr. gr.= Verbi gratia che vuol dire per esempio.
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capitolo i
Il Carnovale Santificato
Principalmente colla Pratica
Dei Santi Esercizi Spirituali
Ascoli, 8 Dicembre 1737
Introduzione
di Vincenzo La Mendola
Il carnevale è il periodo dell’anno che precede la Quaresima, il nome
deriva dall’espressione latina, carnem vale (cioè salutare la carne prima di
entare in Quaresima) o anche carnem levare (togliere la carne)63. Per alcuni la
data di inizio coincideva con il giorno di S. Stefano, per altri il 17 gennaio64 .
In sostanza la festa si limita agli ultimi tre giorni, o al martedì grasso, che
precede il mercoledì delle ceneri. Il Carnevale sin dal medioevo si festeggiava con balli, musiche e cortei in maschera: queste usanze erano ritenute
sopravvivenze di antichi riti di purificazione, di propiziazione, di fecondità
o apotropaici.
In Italia la tradizione del Carnevale ha un primato indiscutibile. Il
Carnevale di Roma gareggiava con quello di Venezia per grandiosità e per
eleganza, ma anche nelle città più piccole e nei piccoli centri il Carnevale assumeva connotazioni legate alle tradizioni locali. La cultura libertina
che tendeva a trasformarsi in un orientamento di vita, era promotrice di
questo genere di manifestazioni popolari: il Carnevale era espressione di
questa nuova mentalità65. Costituiva inoltre l’unico momento nel quale
era permesso a tutti di uscire dai propri ruoli istituzionali e immergersi
nell’irrazionale, lasciando i criteri delle convenienze sociali e abbandonandosi all’istinto, all’euforia e alla sfrenatezza. Il disciplinamento operato dal
Concilio di Trento e la conseguente opera di rievangelizzazione e di moralizzazione dei comportamenti, non poteva non prendere in considerazione
il fenomeno del Carnevale che simbolicamente era in stridente contrasto
con l’insegnamento evangelico e la morale della Chiesa. Durante il Carnevale venivano disattese e rifiutate le pratiche di pietà e messa in pericolo la
moralità ufficiale. Il primo predicatore popolare che cercò di santificare il
Carnevale fu il domenicano fra Girolamo Savonarola66, in seguito altri autori spirituali dell’epoca moderna, richiamandosi all’autorità dei Padri della
Chiesa e dei Concili, nelle loro opere pastorali, omiletiche e devozionali,
riservarono un posto non indifferente alla trasformazione e santificazione
del Carnevale, facendone uno degli obbiettivi della predicazione e dell’edu63 Sul rapporto Carnevale - Quaresima si veda: G. Ciappelli, Carnevale e Quaresima,
comportamenti sociali e cultura a Firenze nel Rinascimento, Roma 1997.
64 Sull’inizio del Carnevale ogni città aveva le sue consuetudini. Cf. La scena della
Gloria, drammaturgia e spettacolo a Milano in età spagnola, a cura di A. M. Cascetta e R. Carpani,
Milano 1995, p. 557.
65 Georges Minois, Storia del Riso e della Derisione, traduzione italiana di Manuela Carbone, Dedalo, Bari, 2004, pp. 379-437.
66 Cf. T. S. Centi, Il frate che sconvolse Firenze, Roma 1993.
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cazione religiosa della coscienza popolare. In questo processo ebbero un
ruolo preponderante i gesuiti e i cappuccini, insieme ai missionari popolari
e ai predicatori degli ordini religiosi dediti alla predicazione. Già dalla fine
del Cinquecento la chiesa concentrava nel periodo del Carnevale alcune
pratiche che dessero alla festa profana un tono spirituale: le quarantore, gli
esercizi spirituali al popolo, le missioni popolari, furono tra le manifestazioni religiose più diffuse per arginare la violenza e il libertinaggio dei giorni di Carnevale.67 Anche le autorità civili facevano sforzi non indifferenti
per arginare le conseguenze di una festa così incontrollabile, in un momento storico nel quale passava da festa civile controllata e diretta dall’autorità
a festa popolare incontrollata e sempre meno gestibile68.
Il Carnovale santificato del 1737
L’opera pastorale intitolata Il Carnovale santificato di Francesco Antonio
Marcucci (8 Dicembre 1737), dedicato al vescovo di Ascoli Mons. Tommaso
Marana (1690-1755), olivetano, è uno scritto giovanile nel quale si possono
rintracciare le prime esperienze spirituali e le prime esercitazioni oratorie
dell’autore. Si tratta di esercizi spirituali ignaziani, esposti a metodo di sagra
missione, raccolti dalle opere dei Santi Padri dei concili e dei più saggi Padri e
Maestri di spirito69. Nella prefazione al divoto lettore troviamo una disarmante
confessione dell’autore, da poco convertito che ci aiuta a capire la sua avversione al carnevale: ancor io lo confesso, che sembrerà stranissimo: poiché un uomo
quale io sono per le opere peggior d’un demonio; un cristiano per i costumi peggior
di un ebreo; un orribilissimo mostro insomma, di tutte l’iniquità, come avrà tanto
ardire di palesar la misericordia la giustizia di Dio? Come aprir bocca in predicar
le eterne verità evangeliche? […] come promover la santificazione di giorni così profani un iniquo, che dedito allo sfogo delle sue malvagie passioni, alli lussi e libertà
mondane, alli scandali, alle irriverenze, alle ingratitudini e detrazioni. Egli fu il primo a profanarli? Tra queste righe il lettore può cogliere la portata della triste
67 Cf. C. Russo, Chiesa e comunità nella diocesi di Napoli dal Cinquecento al Settecento, Napoli 1984, pp. 391-392.
68 Cf. P. Zenoni, Mercanti e sacerdoti Breve storia del teatro e della festa, Milano 2011.
69 I principali testi dai quali il Marcucci ha attinto il suo Carnovale santificato sono:
La pietà ossequiosa, alle feste principali dell’anno, ovvero scelta di belle azioni praticate da’ divoti nelle
primarie solennità, raccolte dal Padre Carlo Gregorio Rosignoli della Compagnia di Gesù, in Venezia e
in Bassano, per Gio Antonio Remondini, nel 1684; Id., Verità eterne esposte in lezioni ordinati principalmente per li giorni degli Esercizi Spirituali, XII edizione, Milano Malatesta, 1734; Ludovico Antonio
Muratori, Esercizi Spirituali, in Modena 1720, (Preceduti dalla Vita del P. Paolo Segneri Junior, di
cui la prima edizione è del 1719), nella biblioteca delle Concezioniste è conservata l’edizione
del 1745, appartenuta al Marcucci e con sue postille autografe; Carlo Ambrogio Cattaneo S. J.,
Massime Eterne, in Venezia 1723, presso Bortolo Occhi; Trattato dell’orazione, e meditazione, composto
da S. Pietro d’Alcantara de’ Minori Osservanti Scalzi di Spagna […]. In Firenze 1705.
50
esperienza del Maledetto Carnovale del millesettecentotrentacinque che segnò
profondamente la vita e la conversione dell’autore70; egli compose l’opera
unicamente per due motivi: il primo e il principal motivo è stata una ispirazione
straordinaria di Dio, l’altro è stato legger in vari libri sacri quanto sia stato a Dio
[gradito] in tali giorni profani l’impiegarsi in opere buone. Alla pratica aggiunge
brevi discorsi sopra la SS. Vergine per ogni giorno degli esercizi, rendendo così
personalizzata la redazione del suo Carnovale.
Nella sua memoria erano ancora vive le immagini dei giorni carnevaleschi, feste baccanali che noi chiamiamo Carnovale, nei quali le città italiane si
trasformavano in luoghi di baldoria, musiche, festini, commedie, balli e giochi
e in occasioni di amoreggiamenti, di vendette e di omicidi: frutti del carnovale
festeggiato. Obbiettivo del Carnovale santificato è quello di trasformare festum Satanae in festum Spiritus Sancti. L’esempio di tanti santi e tanti buoni servi
di Dio71 che così santificarono il Carnovale deve spingere all’emulazione: Così
dunque ciascun de’ fedeli potrà praticar nel carnovale.
Gli esercizi spirituali, sono previsti per una settimana e son bastevoli a
mutar il fango in oro72 e affinchè restino viepiù impressi nel cuore, sono disposti
quasi ad uso di sagra missione: di questi nell’opera si dà il metodo. Questo
ricalca quasi fedelmente quello delle missioni popolari, accentuazioni mariane come la recita ad alta voce del santissimo Rosario e l’assegnare il santo protettore ad ogni persona di qualunque stato a ciò mediante quello possa fare bene i
santi esercizi. Frutto degli esercizi sarà la confessione e la comunione generale.
L’Esortazione sopra la fuga del Carnovale, è il secondo discorso che il Missionario farà al popolo radunato in chiesa; vi vengono esposti i motivi per
fuggire il Carnovale e dedicarsi alla pratica degli esercizi. La prima argomentazione contro il Carnevale è che questo sia nostro nemico, il più fiero, il
70 La sua opinione su i pericoli del Carnevale rimase immutata nel tempo, ne è prova la
lettera n. 300 nella quale si allude al Carnovale anche tra “I frati, le monache e gli ecclesiastici
secolari”. Cf. F. A. Marcucci, Lettere alle Suore e alle Educande (1742-1797) a cura di Suor Maria
Paola Giobbi, Roma 2012, pp. 655-656.
71 I santi proposti nelle meditazioni sono quelli dell’epoca moderna con una preferenza per i santi della riforma cattolica, tra questi il Marcucci inserisce anche S. Emidio, Suor
Maria Odoarda Miliani di Ascoli e la Venerabile Girolama Veramonti (1596-1665) nobile ascolana, la quale era solita assegnare il santo protettore ad ogni categoria di persone, pratica che
Marcucci ripropone nei suoi esercizi, per promuovere il culto dei nuovi santi canonizzati e per
diffondere anche la conoscenza dei santi e servi di Dio ascolani.
72 Gli esercizi spirituali ignaziani proprosti al popolo furono una delle forme di predicazione straordinaria utilizzate dal Cinquecento fino alla prima metà del Novecento. La letteratura a riguardo è sterminata. Marcucci, oltre ad averli ascoltati nella chiesa dei gesuiti di
Ascoli nel 1735, anno della sua conversione, ebbe la possibilità di leggere le Notizie Memorabili
degli Esercizi Spirituali di Sant’Ignazio, fondatore della compagnia di Gesù, raccolte dal Padre Carlo
Gregorio Rossignoli, della Medesima Compagnia, Venezia 1713, presso Paolo Baglioni, un’opera
apologetica ed illustrativa nella quale venivano elencate le meraviglie suscitate dagli Esercizi
e il modo di ben farli.
51
più crudele, il più tiranno, che abbiamo, senza andar tanto lontano, basta dar lo
sguardo ai suoi pessimi effetti. Scoperto il nemico ecco il rimedio per atterrarlo e
per vincerlo: mortificazioni, astinenze, la recita del rosario e la meditazione
sulla Passione di Gesù. Tra gli esempi più autorevoli nel discorso si fa una
parafrasi della vicenda dei sette fratelli Maccabei e della loro Madre, sferzati
dall’empio re Antioco a celebrare le feste del Carnovale sotto pena della morte. Al
rimedio segue la consolazione: presto le tristezze e le mortificazioni si cambieranno in gioia, come dimostrano i due esempi di santa Caterina da Siena
e della nobil donzella di Fiandra, quest’ultimo tratto dall’opera del Rosignoli. L’esortazione si conclude con l’illustrazione del metodo che verrà seguito
nei santi esercizi, al mattino per le donne e le zitelle e al pomeriggio per gli
uomini.
Nel Primo giorno degli esercizi spirituali, vengono riportati tutti gli atti
che compongono l’orazione vocale, seguiti dalla pia pratica delle cinque
piaghe di Gesù Cristo73. Segue il Catechismo o riforma sopra i santi esercizi spirituali, una istruzione pratica sul modo di fare gli esercizi dello spirito paragonati agli esercizi del corpo. Per fare bene gli esercizi conviene: rientrare in
se stesso, discorrere con Dio, pregarlo che in questi giorni ci ispiri a conoscere
la sua santissima volontà. Gli esercizi sono il momento per il discernimento
sull’elezione dello stato, per esaminar la coscienza e per prepararsi ad una confessione generale. Alla istruzione segue una bozza di meditazione sopra l’ultimo
fine dell’uomo, che ci permette di capire quale fosse lo stile delle meditazioni
composte dal Marcucci per questa occasione.
È interessante per seguire la metodologia marcucciana l’elenco di Prediche per la Santa Missione con i Catechismi, uno schema nel quale sono enun73 La devozione alle Cinque piaghe proposta dal Rosignoli nella suo Carnovale santificato si intitola Pii Ossequi a Cristo crocifisso nel Carnovale, Le piaghe del Redentore rinnovate da’
peccatori. La pia pratica ha origine da una visione di Santa Brigida nella quale le comparve Cristo
con le piaghe grondanti di fresco sangue, queste ristorate da’ servi di Cristo con atti di virtù e mortificazione furono visti in un’altra visione di Santa Francesca cambiati in bellissimi raggi: La piaga del
piede sinistro rinnovata ne’ festini e ne’ balli viene ristorata con qualche penitenza e con visite al
SS. Sacramento e alle Chiese di Maria, e così per tutte le cinque piaghe. E’ interessante notare la
pedagogia cristologica di questa pia pratica nella quale, oltre a stigmatizzare i comportamenti
pericolosi del Carnevale, veniva offerto un metodo facile per la meditazione della Passione e
prescritti atti di devozione e di penitenza che sostituivano i comportamenti licenziosi del Carnevale. Marcucci porterà la devozione alle cinque piaghe in tutte le sue missioni. Alla pia pratica Marcucci aggiungerà una Salve Regina in onore degli atrocissimi dolori della SS. Vergine Maria,
rinnovati dai peccatori nel Carnovale e ristorati da’ buoni cristiani con far le opere buone specialmente in
quel tempo, per dare anche alla pia pratica gesuitica una impronta mariana: altra opera classica
di riferimento per la devozione alle cinque piaghe è Stanza dell’anima nelle piaghe di Gesù, ovvero
pratiche usate e insegnate da’ santi per fabbricarsi la stanza in Gesù crocifisso, in vita e in morte, del P.
Tommaso Auriemma della Compagnia di Gesù, in Venezia 1706, appresso Nicolò Pezzana, nella
quale sono contenute pie pratiche come le hore dolorose e un indice di alcuni titoli delle piaghe
cavate da sacri autori, un vero e proprio repertorio per i predicatori (pp. 11-12).
52
ciati i temi delle prediche e delle istruzioni. La prima predica verte sopra la
penitenza e la misericordia di Dio. Ripercorrendo le tematiche esposte si può
ancora mettere in evidenza l’importanza data dal Marcucci alla confessione, preparata con quasi la metà delle prediche e dei catechismi; è originale
la predica sopra l’Immacolata Concezione, inserita all’ottavo giorno e seguita
dalle richieste di perdono; il catechismo dodicesimo sopra la fuga degli incantesimi, sortilegi e superstizioni ci permette di entrare negli ambienti popolari
e nella loro mentalità, legata al mondo magico; la predica sopra l’educazione
dei figli, purtroppo non arrivata fino a noi, denota la sensibilità educativa e
l’attenzione ai bambini del Marcucci; il catechismo sopra lo stabilimento di
vita è un momento nel quale ognuno prende coscienza della propria vocazione specifica e vengono confermate e incoraggiate le vocazioni locali; il
catechismo sopra il giurare, bestemmiare, nominar il nome è indicativo della
propaganda antiblasfema che si faceva con le missioni e gli esercizi; è ricercato e arguto il titolo dell’ultima Predica sopra tutte le prediche che sono state
fatte, una sorta di criterio per ricavare frutto da tutto il corso degli esercizi.
È evidente che non tutte le prediche e i catechismi potevano essere fatti
in un corso, ma il missionario poteva scegliere, tra questi proposti, i temi
più adeguati al contesto e alla mentalità del popolo. Molte sono le prediche
classiche che si possono ritrovare nei vari repertori dei predicatori e missionari popolari, alcune invece sono frutto dell’elaborazione personale di un
metodo missionario proprio dell’autore.
Il testo è stato trascritto dall’autografo originale in ASC 3 da Suor M.
Paola Giobbi e Suor Anna Schiavi.
53
Frontespizio autografo di Il Carnovale santificato del 1737.
54
IL
CARNOVALE SANTIFICATO
PRINCIPALMENTE
COLLA PRATICA DEI SANTI ESERCIZI SPIRITUALI
Raccolti, ed esposti quasi a Metodo di
SAGRA MISSIONE,
Con Aggiunta di un brieve Discorso sopra la Santissima
Vergine
per ogni Giorno di Essi,
DAL CHIERICO
Francesco Antonio Marcucci
D’ASCOLI.
ASCOLI, VIII DECEMBRE, MDCCXXXVII
55
Dedica autografa dell’opera al vescovo Marana
Al centro della pagina si intravede il simbolo ricorrente della filigrana:
stemma circolare al cui interno sono presenti 3 monti sormontati da un merlo.
56
AL DIVOTO LETTORE
e Frutta contro Stagione sogliono esser Causa di eccitar in ogni
Animo gran Maraviglia, perché inaspettate, e credute quas’impossibili in tal tempo. In fatti, quel Predicar dell’Apostolo San
Paolo all’improvviso nelle Sinagoghe di Damasco la Fede Sagrosanta di CRISTO fu motivo, che gli Ebrei restassero attoniti: Stupebant autem
omnes, qui audiebant74; poiché parve Loro un Frutto contro Stagione: mentre
ben sapevano, che poco prima era stata di suo piacere la Morte del Protomartire Stefano; e che spirans minarum, et, caedis in Discipulos Domini accessit
ad principem Sacerdotum, et petiit ab ipso epistolas in Damascum ad Synagogas:
ut si quos inveniret huius viae viros, ac mulieres, vinctos perduceret in Jerusalem75:
quindi, senza perdere il Loro costume, cominciaron tra Loro a mormorar di
tal Successo76. Ma a dire il vero tal improvvisa Mutazione di San Paolo, non
dovea riputarsi Frutto contro Suo tempo; poiché quella Luce celeste, che nel
Dilui Viaggio verso Damasco Lo circondò di Splendori interni, ed esterni:
et cum iter faceret circum fulsit eum Lux de Coelo77, potè agevolmente mutarlo
in un subito da Saulo in Vaso d’elezione. Onde perchè gli Ebrei non vollero considerar la virtù onnipotente di DIO, troppo a torto si maravigliarono
in vederlo cambiato da crudelissimo Persecutore della Legge di CRISTO in
zelantissimo Apostolo della medesima. Quindi a loro scorno, e confusione
lo videro sempre più divenire forte nella Santissima Fede cristiana: Saulus
autem multo magis convalescebat, et confundebat Judeos78.
Parerà cosa stranissima, che io siami accinto ad un’Impresa così alta, e
così eccedente, non solo le mie deboli forze, ma anche quelle dei più saggi
Padri e Maestri di Spirito, quale è quella di raccogliere, ed esporre fortissimi
Motivi di santificar certi giorni, tanto protetti da demoni, tanto festeggiati
da Popoli, tanto appestati da peccati, con infinito dispiacere di CRISTO, con
grandissimi Pianti di Santa Chiesa Cattolica, e con indicibile discapito delle
Anime Cristiane, volea intendere, il Carnovale. Ancor io lo confesso, che
sembrerà stranissimo: poiché un Uomo quale io sono per le opere peggior
d’un demonio; un Cristiano per i costumi peggior d’un ebreo; un orribilissimo mostro, in somma, di tutte l’iniquità, come avrà tant’ardire di palesar la
74 “Stupivano tutti quelli che lo ascoltavano” (At 9, 1).
75 “Paolo fremente minacce e stragi contro i discepoli del Signore si presentò al sommo sacerdote e gli chiese lettere per le sinagoghe di Damasco affinchè, se trovasse alcuni uomini e donne di questa dottrina, li conducesse in prigione a Gerusalemme” (At 9, 3).
76 Cf. At 9, 21.
77 “E facendo il viaggio lo avvolse una luce dal cielo” (At 9, 3).
78 “Saulo poi guariva ancor di più e confondeva i Giudei” (At 9, 22).
57
misericordia, la Giustizia di DIO? Come aprir bocca in predicar le eterne verità evangeliche? Peccatori dixit Deus: quare tu enarras Justitias meas, et assumis
Testamentum meum per os tuum!79 Come promover la santificazione di giorni
sì profani un Iniquo, che dedito allo sfogo delle sue malvagie Passioni, alli
Lussi, e Libertà mondane, alli Scandali, alle irriverenze alle ingratitudini, e
detrazioni. Egli fu il primo a profanarli? Come procurar di liberar Anime
Cristiane dalla schiavitù diabolica, chi impiegò in ogni momento della Vita
passata, e Potenze dell’Anima, e Sentimenti del Corpo in gravissime offese
di DIO? Tu vero odisti Disciplinam, Ah che troppo giustamente DIO mi rimprovera per il Profeta, et proiecisti Semones meus retrorsum: si videbas furen currebas cu meo: et cum adulteris portionem tuam ponebas. Os tuum abundavit malitia: et Lingua tua concinabat dolos. Sedens ad versus Fratrem tuum loquebaris, et
adversus Filium matris tuae ponebas scandalum80. Di me giustamente potrà dir
ognuno nel vedermi accinto a tal’Impresa: Nonne hic est, qui exspugnabat in
Jerusalem eos, qui invocabant Nomen Christi?81 Non è forse questo quell’uomo,
per le sue Azioni, diabolico che nella Santa Chiesa espugnava a forza d’infernali persuasioni quei, che cercavano essere fedeli a CRISTO? Nonne hic
est, qui huc ad hoc venit, ut vinctos illos duceret ad Pricipes Sacerdotum!82. Non è
forse questo quello, che perciò veniva nelle Piazze, nelle Strade, nelle Chiese, nelle Case, per portar Legati a Principi dell’Abbisso i Seguaci del Santo
Vangelo?
Ma pure, benchè tutto ciò sia verissimo, per mia maggior Confusione,
acciò questa mia Impresa non si reputi tanto, frutto fuori di stagione, e non
comparisca così strana, dirò qui i due motivi, che mi hanno indotto ad assumerla, chiedendo prima umilmente Perdono di tutti i miei peccati a’quel
caro Signore IDIO infinitamente buono, che con un Miracolo de’ Miracoli si
è degnato pur di darmi tempo di Penitenza, quale mi conceda appieno, con
fermo, e stabile Proposito di mai più commetterli; desiderando con quello
stesso cuore del Santo Penitente Re Davide, dire umiliato: Peccavi Domino83
fermamente sperando dalla sua infinita Misericordia, che il Profeta Ezechiele mi fa intender di fede: Si autem impius egerit penitentiam ab omnibus peccatis
79 “Disse Dio al peccatore: perché narri le mie giustizie e hai sempre in bocca la mia
alleanza? (Sal 49, 16).
80 “E hai gettato alle spalle le mie Parole: se vedevi un ladro, correvi con lui, e facevi la
tua parte con gli adulteri. La tua bocca abbondò di malizia e la tua lingua produceva inganni.
Sedendo parlavi contro tuo fratello e ponevi inciampo contro il figlio di tua madre” (Sal 49).
81 “Non è costui che combatteva in Gerusalemme coloro che invocavano il nome di
Cristo?”.
82 “Non è costui che venne qui per questo, per condurli prigionieri ai principi dei
Sacerdoti?” (At 9, 21).
83 2 Sam 12, 13.
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suis, quae operatus est, et custodierit omnia praecepta mea: vita vivet, et non morietur. Omnium iniqitatum eius, quos operatus est non recordabitur84; sperando,
dico, fermamente di ottenerne il Perdono; e quindi udir anch’io quel che il
Profeta Natan rispose a Davide: Dominus quoque transtulit peccatum tuum: non
morieris85.
Il primo dunque, e principal Motivo, che mi ha indotto a scriver questo Carnovale Santificato, è stata un’Ispirazione straordinaria di DIO, il quale
infirma mundi elegit, ut confundat fortia86, si è degnato elegger me miserabilissimo acciò, veramente confondendomi, mi risolva ad amarlo; e con questo
procuri, che altri facciano lo stesso per contracambiare quelle tante industrie da me prima usate per tirarli all’inferno. L’altro motivo poi è stato il
legger in vari Libri Sacri, quanto sia stato a DIO [gradito] in tali Giorni profani l’impiegarsi in opere buone, come fiori fuor di tempo; quanto si sieno
affaticati Santi Padri, e Scrittori in raccomandarlo nei loro Volumi; e quanto
i Santi, e buoni servi di DIO, a costo di sudori, di viaggi, e di asprissime penitenze di introdurlo. Ecco dunque perché mi sono indotto ad esporre i Motivi per santificar il Carnovale. Ma perché in tal tempo i Mondani si scordano
affatto delle Verità Evangeliche, che è la causa, onde il mondo sempre più
vada in rovina: Desolatione desolata est omnis terra, quia nullus est, qui recogitet
corde87, perciò non vi è cosa più buona per ritirarli dalle libertà e feste diaboliche, che ridurre alla loro Mente i Novissimi, ed altre Massime Cristiane.
Quindi mi è parso, per poter meglio vedere Santificato il Carnovale, di raccogliere dalle opere mirabili di San Francesco di Sales, dal Trattato dell’Orazione di San Pietro D’Alcantara88, dalle Verità eterne del P. Carlo Gregorio
Rosignoli89, dagli Esercizi Spirituali di Lodovico Antonio Muratori90, e da
84 “Ma se l’empio avrà fatto penitenza di tutti i suoi peccati che commise e avrà custodito tutti i miei precetti, vivrà e non morirà. Non si ricorderà di alcuna delle colpe commesse
(Ez 18, 21-22).
85 “Il Signore ha perdonato il tuo peccato; tu non morirai” (2 Sam 12, 13).
86 “Scelse le cose deboli del mondo per confondere i forti” (1 Cor 1, 27).
87 “Tutta la terra è completamente desolata poiché non c’è chi se ne preoccupi” (Ger 12, 11).
88 San Pietro D’Alcantara, cf. Repertorio nomi notevoli, pp. 354-355.
89 P. Carlo Gregorio Rosignoli, gesuita da Borgomanero (1631-1707) è autore di numerose opere apologetiche e teologiche. Quella cui fa riferimento il Marcucci si intitola Verità
eterne, esposte in lezioni ordinate principalmente per li Giorni degli Esercizi Spirituali. XII edizione,
Milano, Malatesta, 1734. Fortunata opera del padre Rosignoli, ispirata agli Esercizi Spirituali di
S. Ignazio di Loyola ed articolata forse in modo più immediato in funzione degli esercizi di
devozione. Apparsa per la prima volta nel 1689, fu poi impressa con “privilegio” dall’editore
Malatesta a partire dal 1699 ripetute volte. Assai curiose le figure in rame, di piglio efficace e
popolaresco, che accompagnano ogni lezione. Cf. Repertorio nomi notevoli, p.361
90 Lodovico Antonio Muratori (Vignola 1672 - Modena 1750); cf. Repertorio nomi notevoli, p. 359. Il libro dell’autore che cita il Marcucci è conservato ancora oggi nella sua Biblioteca,
BSC, collocazione n. 1313, stampato in Venezia 1745.
59
altri Sagri Libri; ed esporre con semplice stile i Sagrosanti Esercizi Spirituali
ordinati quasi a Metodo di Sagra Missione, che contengono il tutto necessario
a riscuoter gli Animi addormentati nel Sonno del peccato, con aggiunta di
un Discorso sopra la Santissima Vergine per ogni giorno; acciò ognuno, mediante tal Santo Impiego, riscosso, o dall’Amore, o dal Timore, possa lasciar per
sempre ogni vanità diabolica, ed ogni Offesa di DIO.
Vero è, che tali Santi Esercizi si sono accomodati con tal Metodo, quale verrà esposto nella Introduzione, per darsi dal Direttore nelle Terre, ed
altri Luoghi pubblici; ma non è però, che non sieno anche per essere utilissimi a chiunque vorrà farli in privato; potendo esercitar da sé, ciò che
vien prescritto per il Pubblico. E con ciò spero dall’infinita Misericordia di
DIO veder introdotto nelle Terre, ed altri Luoghi, sì pubblici, che privati il
Carnovale Santificato; e quindi, ponendo sotto i piedi ogni ambizione e gloria
del mondo, ho gran fiducia, che queste mie picciole fatiche debbano servire
alla maggior Gloria di DIO, della Santissima Vergine MARIA, e alla salute
dell’Anima mia, e del Prossimo. Così sia.
60
INTRODUZIONE AL CARNOVALE SANTIFICATO
iccome non trovasi Lode proporzionata al merito di questi buoni Cristiani, che per via di Mortificazioni, e di esercizi di buone
virtù procurano di vivere secondo lo Spirito; così all’opposto
non trovasi biasimo competente alla malizia di quei Perversi,
che, per mezzo di licenziose libertà, di lussi, e di vanità mondane, cercano di vivere secondo la carne e secondo il mondo. Quelli, avvalorati dalla
Grazia Divina, col tener mortificate le Passioni, allontanati gli strepiti, e debellati gli inganni, rinnovano nella sagre Feste lo Spirito di Divozione, essi
muovono i dovuti Ringraziamenti, e fervorose imitazioni: questi, accecati
dalla carne, delusi dal mondo, e legati dal demonio, si danno a briglia sciolta nelle Feste alle vanità, s’immergono in mille dissolutezze; e con somma
puntualità si spingono a diaboliche Imitazioni. Quali siano queste Feste sì
licenziose, ognun lo sa, che sono appunto quelle Feste Baccanali, che noi
chiamiamo Carnovale, allorquando il mondo si dà a pieno a sfrenati diletti,
a balli, a conviti, a festini, alle veglie, a commedie, alle maschere, alle crapole, e a mille bogordi e spettacoli, in somma, a mille offese di DIO. Vera
Invenzione de’ Gentili, o per dir meglio, del demonio per mezzo de’ Gentili,
allorchè ogni tre anni nel primo Giorno di Gennaio sopra vari monti vicino
a Tebe, celebravano la Festa del loro dio favoloso Bacco, e della loro favolosa
dea Strenua, facendo urli, strepiti, maschere, e salti sconcertati; e dandosi
totalmente alle ubriachezze, a giuochi, a laidezze, e ad altre sacrileghe superstizioni 91.
O quanto piange la Santa Chiesa in questi Giorni Carnovaleschi in ve-
dere tanti suoi Figli, che scordatisi dell’esser Cristiano, voltano le Spalle al
Sagrosanto Vangelo, si dichiarano apertamente seguaci di quelle empie Feste gentilizie: quindi in tali giorni vestendosi di Paramenti da lutto, propone
loro nel Vangelo la dolorosa Rimembranza della Passione dell’amabilissimo
REDENTORE92, ed esorta il Genere umano a Penitenza93. Anzi anticamente
da Santa Chiesa, come osserva il dottissimo Padre Tomassino con Altri94 ,
e come riferisce il P. Ignazio Giacinto Amat De Graveson95, fu imposto un
pubblico digiuno nel primo Giorno di Gennaio per queste diaboliche feste
de’ Gentili, acciocchè, e loro potessero ottener da DIO la Conversione, e i
Cristiani, impiegati in tali opere di Pietà, aborrissero affatto quei diabolici
91 Calepin: U.bo Bachanalia. Thomasinus e Soc. Jesu, Lib. 2, De Festis, cap. 8.
92 Ivi.
93 Ivi.
94 Thomassin: loc. cit. Faustinus Episcopus, Ser: in Kal: Januarii. P. Franciscus Chiffletio e soc. apud Bollandum tomo I, mensis Januar. pag. 3.
95 Tomo I De Myst: et Ann. Christi, Dissert. 9, Quaeres. 2.
61
riti: Propter illas nefandas Ethnicorum Superstitiones, così l’Istorico, Pubblicum
Kalendis Januarii fuit ab Ecclesia indictum Jejunium, tum ut, exorata divina Clementia, ethnici ad meliorem frugem adduci possent, tum etiam, ut Christiani, Pietatis operibus vacantes, ab illis diabolicis ritibus omnino abhorrerent96.
Infatti sin a tanto che un Gentile sia seguace de’ Riti gentilizi, pure in
qualche modo si può intendere, benché il solo Lume di ragione a far aborrire basta cose sì contro la Natura stessa, come per appunto fu l’empio Re
Antioco, mentre leggesi nel Secondo Libro de’ Maccabei, che fe’ bandire in
Gerosolima le Feste baccanali: Cum Liberi, idest Bacchi, sacra celebrarentur97:
ma che se un cristiano, che per parlar con l’Apostolo, debitores sumus non carni, ut secundum carnem vivamus98, abbracci tali Solennità secondo i Gentili,
che quanto a dire, secondo la Carne, e il Mondo, oh questo sì che è somma
cecità, che non può capirsi.
Gli Ebrei, come leggesi nel Luogo citato de’ Maccabei, non solamente
erano invitati dal cattivo esempio de’ Ministri gentili di Antioco, a sacrificare a Bacco, a mascherarsi d’ellera, a mangiar le carni proibite dalla Legge,
e a voltar le Spalle a DIO, e ai suoi Precetti, ma di più furono sforzati da
quei Crudeli sotto pena della morte: Qui compelleret Judeos, ut se transferrent
a patriis, et Dei legibus… et cum Liberi Sacra celebrarentur, cogebantur haedera
coronati Libero circuire… Avversus Judeos agerent, ut sacrificarent: eos autem, qui
nollent transire ad Instituta Gentium, interficerent99. E pure, o grand’Esempio di
Fedeltà a tutti i Cristiani, si esposero piuttosto a generosa morte, che volessero consentire a sì diabolici Riti. Quindi non spaventandoli, né il veder per
tal cagione precipitati dalle mura due teneri Bambini circoncisi100, né il mirare mandati alle Fiamme altri Ebrei, che ascosi nelle prossime Spelonghe
santificavano il Sabato101, sempre più si stabilivano nell’Osservanza de’ divini Comandamenti. Allora avvenne quella gloriosissima Impresa del Santo
Vecchio Eleazaro, che destinavit non admittere illecita propter Vitae Amorem102.
96 “Per quelle nefande superstizioni dei Pagani, fu indetto dalla Chiesa un pubblico
digiuno il primo di gennaio, e perché i Pagani, pregata la divina Clemenza, potessero essere
condotti ad un migliore pasto e anche perché i cristiani, che sono privi delle opere di pietà, si
allontanassero completamente dai quei riti diabolici”.
97 “Venendo celebrate le feste di Libero, cioè di Bacco (2 Mac 6, 7).
98 “Non siamo debitori alla carne, per vivere secondo la carne (Rom 8, 12).
99 “Il quale costringesse i Giudei a trasferirsi dalle leggi Patrie e di Dio … e celebrando
i sacri riti bacchici venivano costretti ad andare intorno alla statua di Bacco coronati di edera
… costringessero i Giudei a sacrificare: ma uccidessero quelli che non volevano passare alle
istituzioni dei Gentili (2 Mac 6, 1; 8-9).
100 2 Mac 6, 10.
101 2 Mac 6, 11.
102 “Decise di non commettere peccati per amore della Vita” (2 Mac 6, 20).
62
Allora quella gran Generosità de’ sette Fanciulli Maccabei con la loro invittissima Madre, che subito risposero: Parati sumus mori ed invicem una cum
Matre se hortabantur mori fortiter103. Quali tutti, né le Preghiere di Amici, né
Minacce di Nemici, né la Presenza d’atroci tormenti poterono mai rimuovere dal Santo Proponimento, fino a tanto che l’Uno alla Vista dell’Altro, per
non prevaricare dalla Legge di DIO, ricevè la corona del Martirio sotto le più
barbare carneficine, che inventar sapesse la Crudeltà medesima104 .
E pure i Cristiani senza Esempio de’ Gentili, senza minacce di morte,
anzi in faccia a tanti Lamenti di Santa Chiesa, a tante Opere pie, a tante Ammonizioni, a tanti Aiuti, si danno a briglia sciolta alle Solennità Baccanali, a
consuetudini sì diaboliche; e invitandosi l’un l’altro, vanno schiamazzando:
Venite, fruamur bonis, impleamus nos vino. Nullum sit pratum, quod non per transeat luxuria nostra105. O Cecità, o Malizia, o Follia! E quel che apparisce più
mostruoso si è, che, come deplora il Cardinal Bellarmino106, quelle Feste,
che appresso i Gentili erano sì di rado, sì semplici, sì brevi, appresso i Cristiani sono fatte in ogni Anno, doppie, e lunghissime. O quanto ancor poco
saria un Mar di Lagrime per pianger tante perdite dei poco avveduti Fedeli,
che dopo essersi affaticati quasi un Anno in agevolarsi la Strada del Cielo, in
un momento la perdono, e s’incamminano verso quella dell’Inferno: Ducunt
in bonis dies suos, et in puncto ad inferna descendunt107.
O Miseria! O Miseria! Ecco i frutti del Carnovale festeggiato: Libertà scandalose, che si ricavano da festini, da commedie, e dalle maschere: Amoreggiamenti profani, che si ritraggono da’ Balli, da’ Conviti, da’ Veglie, da’ Lussi,
e da’ Conversazioni: Spettacoli diabolici, che nascono dalle crapole, dalle
ebrezze, e da particolari confidenze licenziose. Ecco i frutti del Carnovale
festeggiato: Frequenza de’ santissimi Sagramenti abbandonata: rispetto alle
Chiese, a’ Sacerdoti, a’ Superiori perduto: Esercizio di Orazioni, di visite di
Chiese e di altre pie Opere lasciato: Legge sacrosanta di CRISTO calpestata.
Ecco per fine i frutti del Carnovale festeggiato: Grazia divina perduta: Abiti
pessimi, e Compagnie de’ demoni acquistate e atrocissime Pene nell’Inferno meritate.
O maledetto Carnovale, causa di tanti danni, di tante Rovine sì pregiudiziali
all’Anima e al Corpo! Ora sì, bisogna pur confessarla, che quei Cristiani, che
103 “Siamo pronti a morire … e vicendevolmente, insieme con la madre, si esortavano
a morire coraggiosamente” (2 Mac 7, 2; 5).
104 2 Mac 7; Sap 2, 6-8.
105 “Venite, usiamo dei beni, riempiamoci di vino. Non ci sia prato che non sia attraversato dalla nostra lussuria” (Sap 2, 6-8).
106 Conc. 26 in Quinquag.
107 “Conducono i propri giorni in mezzo ai beni, e in un momento scendono agli
inferi” (Gb 21, 13).
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abbracciano riti gentilizi sì diabolici o hanno perduto affatto l’Uso di ragione, o non si curano punto della Salvezza delle loro Anime.
Con gran Ragione, dunque, dalla Sacra Scrittura, da Sacri Concilii e da’
Santi Padri e Dottori vengono con gran calore riprese tali baccanali solennità. Ed ammoniti i Fedeli, a ciò affatto da quelle si allontanino. Nell’Ecclesiastico al decimo ottavo, per tacer di mille altri luoghi, si legge: Post concupiscentias non eas, et a voluntate tua avertere. Ne oblecteris in Turbis108; e nell’Epistola agli Efesini al quarto l’Apostolo vuole, che neppur si nominino tra i
Cristiani le Pazzie, le Immondezze, e le Buffonerie: Fornicatio autem, et omnis
Immonditia, aut avaritia, nec nominetur in vobis, sicut decet Sanctos:aut turpitudo, aut stultiloquium aut scurrilitas. Nemo vos seducat inanibus verbis, propter
haec enim venit Ira Dei in Filios diffidentiae. Nolite ergo effici participes eorum109. Il
Concilio Romano, tra gli altri, celebrato nell’Anno di CRISTO Redentore nostro 742, sotto Zaccaria sommo Pontefice, strettamente proibì, come racconta il Graveson, ai Cristiani l’osservanza di queste sacrileghe Superstizioni, e
profani riti de’ Gentili. Lo stesso fecero prima i Concilii Turonense II nel canone vigesimo terzo, ed Altisiodorense celebrato nell’Anno 614, nel Canone
primo: Concilium Turonense secundum, così lo Storico, Canone 23; Altisiodorense canone primo, et Concilium Romanum sub Zacharia Summo Pontifice coactum, districte vetuerunt, ne Cristiani has sacrilegas Paganorum Superstitiones, et
prophanos ritus observarent110. I Santi Padri poi con qual zelo scrivessero contro tali Solennità, e con qual spirito ammonissero i Cristiani, a ciò fossero
lontani da quelle, lasciando da parte ciò che mirabilmente sopra di questo
registrarono San Pier Grisologo nel Sermone 155, San Massimo nell’Omelia
in Kalendis Januarii, ed altri Sacri Dottori, potrà a pieno ritraersi da quel che
scrisse Sant’ Agostino nel Sermone Settimo in Append: Sirmundi, parlando
ad un Cattolico: Sei già disposto, dice egli, a celebrar le Feste baccanali ad
imitazion de’ Gentili, a giuocar alle carte, ad ubriacarti? Come dunque altro
credi, altro speri, altro ami? Danno quelli le mance, date voi l’elemosine:
convocansi quelli con Canzoni lussuriose; convocatevi con Discorsi sacri:
108 “Non andar dietro ai desideri e non allontanarti dal tuo volere. Non dilettarti nella
folla” (Sir 18, 30-32).
109 “La fornicazione poi e ogni immondizia e avarizia neppure se ne parli tra di voi,
come conviene ai Santi: ugualmente delle cose turpi, stolti o scurrili. Nessuno vi seduca con
parole vane, per queste cose infatti viene l’ira di Dio verso i figli della diffidenza. Non vogliate
dunque essere partecipi di loro”.
110 “Il Concilio Turonense secondo, al canone 23; quello Altisiodorense, canone primo, e il Concilio romano indetto sotto il Sommo Pontefice Zaccaria vietarono assolutamente
che i cristiani osservassero queste superstizioni sacrileghe e i riti profani dei Pagani (Tomo I,
De Myster et Annis Christi, Dissert. 9, Quaer. 2; et tomo II, Historiae Eccles. Nov. Testam. Secundu
6, Colloq. 3).
64
corrono quelli al Teatro; voi correte alla Chiesa: quelli si ubriacano; voi digiunate: Acturus es celebrationem strenarum sicut Paganus, lusurus alea, et inebriaturus te? Quommodo aliud credis, aliud speras, aliud amas? Dant illi strenas
date vos elemosinas; advocantur illi cantionibus luxuriarum, advocate vos Sermonibus Scripturarum; currunt illi ad Theatrum, vos ad Ecclesiam; inebriabuntur
illi; vos iejunate. E sopra il Salmo 98: Per istos autem dies, dice, ad hoc jejunamus,
ut quando ethnici laetantur, nos pro ipsis gemamus111. O volesse il Cielo, esclama con gran Zelo il sopraccennato Graveson, volesse il Cielo, che a queste
Leggi sapientissimamente fatte da Concili e a queste fervorose Esortazioni
de’ Santi Padri ubbidissero i Cristiani! Quibus Legibus a Conciliis sapientissime
conditis et Sanctorum Patrum adhortationibus utinam obtemperarent Christiani,
quorum bene multi Bacchanalium, ut vocant, temporibus, luxui, epulis, spectaculis,
et coreis passim indulgent, atque per vicos larvati circumcursantes, paganorum
instar, etiamnum insanire solent112.
Io però spero fermamente nell’infinita Misericordia di DIO, e nella In-
tercessione della SS.ma V. MARIA, Concetta senza peccato originale, e senza
debito di contrarlo, e desidero con tutto il Cuore, che quella Grazia di DIO
Salvador nostro, che per parlar coll’Apostolo113, comparve a tutti gli uomini,
ammaestrandoli a dinegare ogni Empietà, ed ogni Desiderio del mondo, a
ciò sobriamente, giustamente, e piamente vivessero in questo Secolo, aspettando la beata Speranza, e la venuta della Gloria di Gesù Cristo, spero dico,
e desidero, che abbia di nuovo a comparire nel Cuore di ciascuno de’ Fedeli, ammaestrandolo a lasciare ogni mondana, e diabolica vanità, a ciò viver
possa, non secondo il secolo, e la carne, ma secondo la Legge Vangelica, e
lo Spirito: stante che qui in carne sunt Deo placere non possunt. Et si secundum
carnem vixerint, morientur114. Affidato dunque su questa Misericordia divina,
e Protezione della Riparadrice del Genere umano, avrò la contentezza di veder le Feste Carnovalesche, santificate con Riti di religiosa Pietà; e per parlare
111 “Stai per fare la celebrazione delle strenne come un Pagano, stai per giocare ai
dadi, e per inebriarti? In che modo tu credi una cosa, speri un’altra e ami un’altra? Quelli distribuiscono strenne, voi distribuite elemosine; quelli vengono convocati con canzoni lussuriose,
voi radunatevi con discorsi delle Scritture; quelli corrono al teatro, voi in Chiesa; quelli si ubriacheranno, voi digiunate. E sopra il Salmo 98: In questi giorni per questo noi digiuniamo perché,
quando i pagani si rallegrano, noi piangiamo per essi”.
112 “Perché i cristiani ottemperassero a queste leggi fondate con molta sapienza dai
Concilii e dalle esortazioni dei santi Padri e molti di questi cristiani al tempo dei Baccanali,
come li chiamano, indulgono al lusso, ai banchetti, agli spettacoli e alle danze e attraverso i
vicoli andando in giro mascherati, a mo’ dei pagani sono soliti perfino impazzire” (Graveson
Doctor Sorbonicus, tomo I, De Myster. et Annis Christi, loc. cit).
113 Tit 2, 11-13.
114 “Coloro che sono nella carne non possono piacere a Dio. E se sono vissuti secondo
la carne, moriranno” (Rom 8, 8-13).
65
con il Bellarmino, Festum Satanae facere Festum SPIRITUS SANCTI115.
Di fatti così santificarono il Carnovale tanti Santi, e tanti buoni Servi di
DIO, che veramente conobbero li grandissimi Danni, che da esso nascevano. Santa Caterina da Siena116 se ne stava in tali giorni sempre ritirata a piangere le grandi Offese, che si facevano al Signore. Santa Francesca Romana con
gran compassione orava innanzi al Crocefisso. San Francesco Saverio per li
Balli si cingeva asprissime Funi alle gambe. Santa Maria Maddalena de Pazzis117 visitava spesso il Santissimo Sagramento, e gli Altari della Santissima
Vergine, e vi vegliava anche di notte. Il Beato Enrico Susone per tutto questo
tempo si asteneva da ogni cibo. Santa Geltrude118 ogni Giovedì di Carnevale
si comunicava con straordinaria Divozione. San Francesco di Sales lasciava
in tali Giorni ogni sorta di ricreazione. San Filippo Neri tirava la Gioventù
a’ Sagri Oratori. San Francesco di Assisi per più ore riguardava il Crocefisso
con occhi lagrimosi. San Carlo Borromeo119 faceva grandissime Penitenze.
San Luigi Gonzaga, sforzato andare ad un Festino, non alzò mai gli Occhi.
Sant’Ignazio di Lojola120 per impedire un peccato d’un Impudico, si mise in
acqua gelata sino al collo per molte ore. San Francesco Borgia121, essendo
Duca di Candia, e dovendo mal suo grado intervenire nella corte di Carlo
V ad una Festa di Dame, si coprì sotto le Vesti principesche d’orrido cilizio.
Cornelia Lampugnana122 dama milanese, costretta andare ad un Festino, si
pose molti ceci negli attillati calzari, affinchè danzando le sovvenisse la Passione del Redentore. Il piissimo Cavaliere Gio. Battista Vitelli123 radunava con
sagri discorsi la nobile Gioventù, e la conduceva con solenne Processione
a ricevere il Divin Sagramento: innanzi a cui egli stava le giornate intere
digiunando, meditando la Passione del Salvatore, e prorompendo spesso
in quest’esclamazioni: Viva l’Amor di Dio: muoia l’Amor del mondo. Una nobil
Donzella di Fiandra, rinunziando di andare a Balli, se ne stava ritirata sempre
in camera, dedita a celesti meditazioni124 . La venerabile Girolama Veramonti
Nobile Ascolana125 costretta andare in casa da alcuni suoi Parenti, dove si
115 “Rendere la festa di Satana, festa dello Spirito Santo (Conc. 26 in Quinquag.).
116 Caterina Benincasa da Siena, cf. Repertorio nomi notevoli, p. 353.
117 Santa Maria Maddalena de Pazzis, cf. Repertorio nomi notevoli, p. 355.
118 Santa Geltrude, cf. Repertorio nomi notevoli, pp. 356-357.
119 Carlo Borromeo, cf. Repertorio nomi notevoli, pp. 354.
120 Di Loyola Ignazio, cf. Repertorio nomi notevoli, p. 356.
121 Scipione Sgambati, Angelo Barbanti, Ragguaglio della vita di s. Francesco Borgia duca
di Gandia, Grande di Spagna. E hora ristampato con l’aggiunta de’ miracoli cavati da processi autentici
della sua canonizatione, per il Varese, 1671, Biblioteca Nazionale Centrale di Roma.
122 Porro Ippolito, Vita, e morte della Sig. Cornelia Lampugnana Ro, gentildonna milanese di gloriosa
memoria in bontà, e virtù Christiane… Con l’aggionta d’alcuni suoi esercitij spirituali, e altre orationi. Milano, 1626.
123 Giovanni Battista Vitelli, cf. Repertorio nomi notevoli, p. 363.
124 Rosignol. In Pietat. Obseq. In Bachanal. Sanctific.
125 Girolama Veramonti, cf. Repertorio nomi notevoli, p. 363.
66
faceva una Ricreazione, si pose dentro le scarpe delle fave sì dure e tormentose, che ad ogni passo pativa gran tormento; e in tutte quelle ore mai si
pose a sedere, ma o con camminare, o con star in piedi tenne sempre dietro
alle Orme insanguinate del suo Signore126. E così altri moltissimi buoni Cristiani. Così dunque ancora ciascun de’ fedeli potrà praticar nel Carnovale.
Ma per aver qualche Rito di religiosa Pietà per santificarlo, vengono
qui appunto proposti i Sagrosanti Esercizi Spirituali, che son bastevoli a mutar anche il fango in oro; disposti quasi ad Uso di Sagra Missione, acciocchè
restino viepiù impressi nel Cuore. Quindi potran principiarsi nel cominciar
del Carnovale, per aver pronto lo scudo da riparar tutti i colpi, che si scagliano da un sì fiero Nemico: e quando dura l’Assedio, altrettanto potria durare
tal Difesa. Ma perché ciò recherebbe al Popolo troppo incomodo, stante che
il Carnovale dura alle volte tre, e quattro Settimane, quindi vengono qui
ridotti ad una sola settimana, poiché quando vi si applicherà di proposito,
potrà cavarsi, in otto soli Giorni, il frutto di venti, e di trenta; e potrà munirsi di tanti Aiuti, che basterà per combattere, e trionfare, non solo nei giorni baccanali, ma in tutto il Resto della vita. Tanta è la Forza degli Esercizi
Spirituali. Come questi poi dovran farsi, eccone il Metodo. Potrà il Direttore
degli Esercizi far avvisato, alcuni Giorni prima, il Parroco della Terra, o altro
Luogo, per dove ha ottenuta la Licenza di andare, a ciò faccia consapevole
il Popolo con Sante Preghiere, ed Esortazioni, ad apparecchiarsi alli Santi
Esercizi; quindi potrà additargli il Giorno determinato, a ciò restino avvisati Tutti, sì Uomini, come Donne ad intervenire in quel Giorno, che si darà
principio. E perciò potrà egli trovarsi nel Luogo stabilito qualche giorno
prima per far accomodare tutte le cose necessarie. Il Giorno stabilito poi potrà il Direttore far dopo Pranzo una Predica al Popolo nella pubblica Piazza,
sopra la Misericordia infinita di DIO, che oltraggiato da noi sì gravemente, invece
di castigarci, manda i suoi Ambasciatori a chieder la Pace, ed offrire il Perdono: e
poi farlo avviare processionalmente alla Chiesa (con fargli far qualche Giro,
cantando Sagra Lodi, a ciò il Popolo si aduni), ove gli farà una Sagra Esortazione sopra la Fuga del Carnovale; e lo inviterà a non mancare a questa Funzione Sagra per santificar Feste sì diaboliche o con i Santi Esercizi Spirituali,
spiegandogli come saranno ordinati, cioè la Mattina intervengano tutte le
Donne solamente ad ore quindici, quando si darà il Segno con la Campana;
dandosi principio a quindici e mezza il Giorno poi dopo Pranzo tutti gli Uomini solamente ad ore venti, dandosi parimenti il Segno, e principiandosi a
venti e mezza. Servendo la mezz’ora per dar tempo al Popolo; e però occupandosi in qualche Lezione Spirituale.
126 In Vita, lib. I, cap. 2.
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Sì la Mattina, che il Giorno dopo Pranzo consisteranno questi Esercizi
spirituali, quasi a Metodo di Sagra Missione in questo Impiego, cioè primieramente in recitar insieme inginocchioni le Orazioni Vocali, che verranno
assegnate; di poi in fare il Catechismo, o sia Riforma a sedere in un quarto in
circa; e di poi inginocchioni far la Meditazione divisa in tre Punti, in mezz’ora
in circa, nella quale ogni tanto far pausa, acciocchè il Popolo ben consideri.
E in fine di questa potrà il Direttore farsi la Disciplina (permettendola anche agli uomini nel dopo Pranzo), con intuonar il Miserere sino alla metà:
Asperges me hyssopo, ecc., con far frapporre al Popolo, dopo ogni versicolo,
Perdono mio Dio, ecc. Terminata la Disciplina procuri di far metter per ordine
la Gente per andar a visitar qualche Chiesa della SS.ma Vergine, se vi sia, o
qualche Altare a Lei dedicato in diversa Chiesa, processionalmente. E se sia
la Mattina, tutte le Zitelle vestite di Bianco, avanti con la loro Croce; e le
Vedove, e Maritate addietro con un’altra Croce: se poi sia il Giorno non vi
occorre tal Distinzione per gli Uomini. E per la strada, sì all’andare, come
al tornare, recitare ad alta voce il Santissimo Rosario. E nella Chiesa della
SS.ma Vergine il Direttore farà un breve Discorso sopra la medesima, con dar
infine la Benedizione, o con la Reliquia d’essa Vergine Sagrosanta, se vi sia,
o con qualche Sagra Immagine. Di poi facendo col solito ordine ritorno alla
Chiesa degli Esercizi, con far esporre il Santissimo Sagramento, e far cantare
il Tantum Ergo, ecc., si terminerà la Sagra Funzione con la Benedizione del
Santissimo. Durando tutto ciò per lo spazio di tre ore in circa.
Potrà il Direttore nella Riforma del primo Giorno de’ Santi Esercizi
assegnare il Santo Protettore ad ogni persona di qualunque Stato, a ciò mediante quello possa far bene i Santi Esercizi. Così faceva con le Persone, benché in diversa occasione, la venerabile Girolama Veramonti Ascolana, e per
mano di quel Santo stava ben avvertita di rubar all’inferno sempre qualche
Anima, come infatti accadea127. E però alle Zitelle potrà assegnare per Avvocata Santa Caterina da Siena: alle Vedove Santa Francesca Romana128: e alle
Maritate Santa Anastasia129. Alli Giovani poi, ed Altri dello Stato Celibe San
Luigi Gonzaga130: ai Coniugati Santo Alesio131; e alli Ecclesiastici San Francesco di
Sales132. In tal prima Riforma ancora procuri esortare il Popolo a prepararsi
in tali Giorni alla Santa Confessione Generale, e però avvisarlo, che l’ultima
127 In Vita, lib. II, cap. 2.
128 Cf. in Biblioteca Suore Concezioniste (BSC), n. 1199, P. Giulio Orsini, S. J., Vita di
santa Francesca Romana, Venezia 1616, cf. Repertorio nomi notevoli, p. 356.
129 Santa Anastasia, cf. Repertorio nomi notevoli, p. 351.
130 Cf. in BSC, n. 1264 San Luigi Gonzaga, S. J., Roma, 1727. Cf. Repertorio nomi notevoli, p. 357.
131 Sant’Alessio, cf. Repertorio nomi notevoli, p. 351.
132 Cf. in BSC, n. 509, Pier Giacinto Gallizia, La vita di san Francesco di Sales, Vescovo e
Principe di Geneva, Venezia 1790; cf. Repertorio nomi notevoli, pp. 355-356.
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