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Scritti su la predicazione e le missioni popolari
Francesco Antonio Marcucci Vincenzo La Mendola, (Palermo 1979) sacerdote della Congregazione del SS. Redentore, ha conseguito il Baccalaureato in Teologia alla Pontificia Università Lateranense (2005), il Baccalaureato (2007) e la Licenza (2009) presso la facoltà di Storia della Chiesa e beni culturali alla Pontificia Università Gregoriana, dove è attualmente dottorando. Suoi ambiti di ricerca sono la storia della pietà e delle devozioni di epoca moderna e quella degli ordini religiosi. Collabora con alcune riviste della sua Congregazione; nel 2011 ha pubblicato Gli Agostiniani Scalzi a Cammarata. Notizie storiche sulla Chiesa e il Convento di S. Agostino a Cammarata. Scritti su la predicazione e le missioni popolari (1737-1752) a cura di Vincenzo La Mendola e Maria Paola Giobbi Scritti su la predicazione e le missioni popolari (1737-1752) Maria Paola Giobbi, nata a Cossignano (AP) nel gennaio 1953, è religiosa della Congregazione delle Suore Pie Operaie dell’Immacolata Concezione. E’ laureata in pedagogia e abilitata all’insegnamento; ha conseguito il diploma di Magistero in Scienze Religiose e quello di Postulatrice presso la Congregazione vaticana per le Cause dei santi. Segue da vari anni l’iter per la causa di beatificazione del Venerabile fondatore Francesco Antonio Marcucci e nel 2009 ne è diventata postulatrice. Svolge nella città di Ascoli Piceno vari insegnamenti: Filosofia, presso il Liceo della Comunicazione paritario “M. Tecla Relucenti”, pedagogia presso l’Istituto Superiore di Scienze Religiose e dal 2003 è Preside dell’Istituto Comprensivo della Casa Madre. Dirige la pubblicazione della collana Opera Omnia Marcucciana, di cui ha curato vari volumi e promuove la conoscenza del Venerabile Marcucci attraverso concorsi scolastici, iniziative culturali, conferenze e convegni. Francesco Antonio Marcucci (dalla Presentazione di Suor Flaviana di Feliciantonio, Vicaria Generale) Opera Omnia Marcucciana € 22,00 5.2 Francesco Antonio Marcucci, un “umanista illuminato” che ha saputo fare tante piccole rivoluzioni con discrezione e lungimiranza, precorrendo i tempi con la sua intelligente modernità. Le sei opere pastorali che compongono il presente volume, seppure diverse fra loro per le caratteristiche di genere e per il contenuto, rappresentano una summa esaustiva per comprendere la portata di novità che il giovane predicatore ascolano portò nel campo della predicazione in generale, nella moderna elaborazione del metodo delle missioni popolari e nella sperimentazione pastorale di metodi e strategie dell’annuncio del Vangelo alle periferie. Dai testi originari e dal loro apparato introduttivo emerge chiaramente la contemporaneità del Marcucci col tempo in cui vive e la sua percezione della situazione della Chiesa e delle urgenze che la interrogavano: aiutato da una spiccata sensibilità e da un intuito non comune, concepisce l’annunzio ordinario e straordinario della Parola di Dio in modo nuovo: il suo ritorno alla predicazione evangelica, la semplicità e la chiarezza dell’esposizione, la robustezza delle argomentazioni e dei contenuti, la capacità di sapere cogliere le urgenze pastorali delle zone decentrate e il suo amore per il popolo ne fanno uno dei primi riformatori della predicazione in Italia, in specie della predicazione popolare e delle sue forme espressive. Alla scuola dei grandi gesuiti italiani del secolo XVII e di san Leonardo da Porto Maurizio impara un metodo missionario consolidato, lo fa proprio e lo applica con sapiente discernimento in un contesto difficile e disagiato: le periferie delle Marche e dell’Abruzzo, linea di confine tra lo Stato Pontificio e il Regno di Napoli. Il suo amore alla Sacra Scrittura, ai Padri della Chiesa, agli autori spirituali moderni e all’agiografia post tridentina lo spingono ad optare per una predicazione essenziale, solida e tutta rivolta alla ricerca del bene spirituale del popolo. Libreria Editrice Vaticana Istituto Suore Pie Operaie dell’Immacolata Concezione Marcucciana Opera Omnia PIANO GENERALE Sezione: 1. storico-letteraria 2. biblico-teologica 3. mariologica 4. filosofica 5. omiletica 6. varie 7. epistolare VOLUMI PUBBLICATI 5.1 Abbozzi di esercizi spirituali dati al mio clero, 2001. 1.1 Artis Historicæ Specimen. Riflessioni sopra di alcuni precetti più importanti dell’Arte Istorica, 2002. 1.2 De Asculo Piceno. De Inscritionibus Asculanis. Delle Sicle e Breviature, 2004. 3.1 Sermoni per il triduo e per la festa dell’Immacolata Concezione, 2004. 3.2 Sermoni per le feste Mariane, 2008. 1.3 La Gramatichetta Franzese ad uso delle educande del Ven. Monistero dell’Immacolata Concezione di Ascoli; L’Egloga pastorale per l’Epifania del 1754 e Il Tetralogo tra una Maestra e tre Pellegrine Oltramontane, 2008. 1.4 Prosodia latina e Antologie metriche, 2008. 6.1 Regolamento di vita, 2009. 6.2 Scritti sulla musica, 2010. 7.1 Lettere alle Suore e alle Educande, 2012. 5.2 Scritti su la predicazione e le missioni popolari, 2014. In prima di copertina: Francesco Antonio Marcucci, maiolica (cm 29x35) realizzata a Castelli (TE), 1747. Nella parte superiore è raffigurato il Marcucci missionario su un palco, con la zimarra, la berretta, la stola e il crocifisso grande; nella parte inferiore viene riportato un sonetto in suo onore. In quarta di copertina: Amanti numquam satis = per chi ama non è mai abbastanza: programma di vita di Francesco Antonio Marcucci, particolare dell’immagine di copertina. Si ringraziano: per aiuto revisione manoscritti, note e repertorio Elvezia Di Girolamo per traduzioni dal latino Pietro Alesiani per la revisione delle introduzioni P. Giovanni Spagnolo, O.f.m, capp. Immagini Archivio Suore Pie Operaie dell’Immacolata Concezione Archivio personale P. Vincenzo la Mendola Foto Domenico Oddi Stampa D’Auria Printing S.p.A., febbraio 2014, Ascoli Piceno Con il Contributo della Direzione Generale per i Beni librari, Servizio Patrimonio bibliografico e Istituti culturali © 2014- Suore Pie Operaie dell’Immacolata Concezione Casa Madre, Via S. Giacomo, 3 - 63100 Ascoli Piceno E-mail: [email protected] Casa generalizia, Via Cosimo Tornabuoni, 2 - 00166 Roma ISBN 978-88-209-9241-5 Opera Omnia Del Venerabile Francesco Antonio Marcucci 5.2 Francesco Antonio Marcucci Scritti su la predicazione e le missioni popolari (1737-1752) a cura di P. Vincenzo La Mendola e Suor Maria Paola Giobbi Libreria Editrice Vaticana Stemma del Venerabile Francesco Antonio Marcucci, scelto nel 1741 quando diventa sacerdote. Egli utilizza lo stemma della sua famiglia, riportato sulla metà a destra, dove sono raffigurati tre monti, simboli delle virtù della giustizia, della clemenza e dell’equità; la stadera rafforza il simbolo della giustizia. Sulla parte sinistra, introduce l’immagine dello Spirito Santo e dell’Immacolata “delizia del suo cuore e scala per salire al cielo”. Lo stemma fu mantenuto per tutta la vita. Il cappello sull’ovato fu aggiunto nel 1770, quando divenne Vescovo e la croce con due aste trasversali nel 1781, quando divenne Patriarca di Costantinopoli. Agli evangelizzatori Biografia essenziale del Venerabile Francesco Antonio Marcucci 1717 / 27 novembre Nasce a Force, Ascoli Piceno; é battezzato lo stesso giorno. 1731 / 25 aprile Muore la madre. 1722 - 1732 Formazione domestica con un precettore. 1735 La svolta decisiva verso Dio: conversione. 1738 / settembre Prima intuizione di fondare una Congregazione dedicata all’Immacolata. 1738 -1750 Predica le missioni al popolo in vari paesi della provincia ascolana e nell’Abruzzo. 1741 / 25 febbraio E’ ordinato sacerdote. 1744 / 8 dicembre Quattro giovani vestono l’abito religioso e danno inizio alla Congregazione delle Pie Operaie dell’Immacolata Concezione. 1770 / 15 agosto Consacrazione episcopale a Roma, nella chiesa di San Salvatore in Lauro. 1774 / 19 gennaio Papa Clemente XIV lo nomina vicegerente: si trasferisce a Roma. 1782 / febbraio-giugno Accompagna il S. Padre Pio VI a Vienna per trattare con l’imperatore Giuseppe II. 1786 / 12 aprile Per motivi di salute, ottiene dal Papa la rinuncia alla vicegerenza e torna in diocesi. 1789 / 9 dicembre A causa del peggiorare della malattia, si stabilisce ad Ascoli. 1797 / maggio Si ammala gravemente. 1798 / 12 luglio Muore ad Ascoli Piceno in concetto di santità, mentre infuria la dominazione francese. E’ sepolto nella chiesa dell’Immacolata delle Pie Operaie. 2010 / 27 marzo Papa Benedetto XVI autorizza la promulgazione del decreto del riconoscimento delle sue virtù. 8 Indice Generale Presentazione di Madre Flaviana Di Feliciantonio, Vicaria Generale Studio introduttivo di P. Vincenzo La Mendola Nota redazionale–metodologica di Suor Maria Paola Giobbi - criteri di trascrizione dei manoscritti - descrizione dei manoscritti - sigle e abbreviazioni i. Il Carnovale santificato principalmente colla pratica dei santi esercizi spirituali, Ascoli, 8 dicembre 1737 Introduzione di P. Vincenzo La Mendola Al divoto lettore Introduzione al Carnovale santificato Esortazione sopra la fuga del carnovale Per il primo giorno degli esercizi spirituali a) Orazione vocale b) Catechismo o riforma Meditazione sopra l’ultimo fine dell’Uomo Indice delle prediche per la Santa Missione con i catechismi ii. Il Carnovale santificato principalmente colla pratica dei santi esercizi spirituali per i secolari, e per gli ecclesiastici, Ascoli, 1739 Introduzione di P. Vincenzo La Mendola Prefazione Il Carnevale santificato con la pratica dei santi esercizi Introduzione alla S. Missione Predica del Peccato mortale Predica dell’Inferno Predica del Numero dei peccati Predica della Perseveranza Quanto dispiaccia alla SS.ma Vergine il Carnovale iii. Introduzione alla predicazione vangelica, Ascoli, 15 marzo 1740 Introduzione di P. Vincenzo La Mendola Prefazione Cap. 1 Della Dottrina di San Francesco di Sales sopra la Predicazione Cap. 2 Della Definizione della Predica, e dell’Eccellenza, ed Utilità della Predicazione Cap. 3 Della Causa Efficiente della Predicazione Cap. 4 Di altri Documenti di San Francesco di Sales sopra il Soggetto della Predicazione p. p. p. p. p. p. 13 17 41 41 42 46 p. p. p. p. p. p. p. p. p. p. 47 49 57 61 70 78 78 81 84 86 p. p. p. p. p. p. p. p. p. p. 95 97 108 119 120 128 140 142 157 160 p. p. p. p. 165 167 177 180 p. 183 p. 184 p. 186 9 Cap. 5 Della legittima Missione, o sia Vocazione alla Predicazione a) Mezzi per conoscere la Vocazione alla Santa Predicazione Cap. 6 Dei Requisiti Naturali per ben praticar la Santa Predicazione Cap. 7 Dei Requisiti Artificiali per ben praticare la Predicazione a) Dell’Esercizio del Predicatore b) Dell’Imitazione del Predicatore c) Della Rettorica Ecclesiastica d) Delle Figure Rettoriche Cap. 8 Dei Requisiti Morali per ben praticare la Santa Predicazione a) Dell’Orazione b) Della Prudenza iv. Direttorio della Santa Missione, Ascoli 16 Aprile 1742 Introduzione di P. Vincenzo La Mendola Annotazioni Cap. 1 Dei Giorni, Stagione, e Luoghi nella Santa Missione Cap. 2 Del numero de’ Compagni del Missionario, e di ciò che deve far il Missionario prima di uscire in Missione Cap. 3 De’ palchi e posti da predicare, de’ tendati, e degli officiali della Santa Missione Cap. 4 Del suonar delle campane, dello Stendardo della Missione, dell’ordine, ed ora della predicazione, e della disposizione dell’Uditorio con la divisione degli uomini dalle donne Cap. 5 Dell’ingresso della Missione, e delle altre Funzioni ordinarie, sì la Mattina, che il giorno, che la sera Cap. 6 Del mandar l’invito alle Terre circonvicine, e dell’incontro alle Processioni Forestiere. Cap. 7 Del modo di soddisfare al Popolo concorso per udir messa in giorno Festivo, e per confessarsi, e comunicarsi, massimamente nell’ultimo giorno della missione. Cap. 8 Di alcune Massime spettanti al Missionario e ai suoi Compagni Il fine e il ricordo v. Istoria delle Sante Missioni Scritta ad istanza di Tecla Relucenti, Ascoli 27 marzo 1744 Introduzione di P. Vincenzo La Mendola 1. Viva Gesù, Viva l’Immacolata Concezione di Maria 2. Prima uscita nel castello di Appignano nell’anno 1738. 3. Pratica di missione imparata nella celebre missione fatta dal P. Leonardo da Porto Maurizio, in Ascoli, nell’anno 1739. 10 p. p. p. p. p. p. p. p. p. p. p. 190 192 194 197 200 208 212 214 217 218 221 p. p. p. p. 223 225 246 246 p. 248 p. 251 p. 252 p. 257 p. 263 p. 264 p. 266 p. 269 p. p. p. p. 273 275 284 289 p. 300 4. Triduo di missione sopra il SS.mo Sagramento nel Castello di Appignano, nell’anno 1739. 5. Missione fatta nella divotissima Terra di Monte Prandone della Diocesi di Ripatransone, nell’anno 1739. p. 311 p. 312 vi. Le Paci (dal 1739 al 1750) Introduzione di P. Vincenzo La Mendola 1. Nella Santa Missione fatta nella Terra di Monte Prandone, 14-21 giugno 1739. 2. Nella Santa Missione fatta nella Terra di Monsampolo, 21 agosto-1 settembre 1739. 3. Nella Santa Missione fatta nel Castello della Troia, o sia Ripaberanda, 25 settembre-4 ottobre 1739. 4. Nella Santa Missione fatta nella Terra di Acquaviva, 18-30 ottobre 1739. 5. Nella Santa Missione fatta nella Terra di Torano nel Regno di Napoli, 23 aprile-1 maggio 1741. 6. Nel Triduo di Missione fatto nella Villa di Santo Vito, nel Regno di Napoli, 25-27 marzo, 1742. 7. Nella Santa Missione fatta nella Terra di Musciano, nel Regno di Napoli, 6-15 maggio 1742. 8. Nella Santa Missione fatta nella Terra di Morro, nel Regno di Napoli, 18-21 maggio 1742. 9. Nella Santa Missione fatta nella famosa Terra di Notaresco, nel Regno di Napoli, 23 maggio-3 giugno 1742. 10. Nella Missione fatta in Maltignano, 2-9 settembre 1742. 11. Riflessione sulle missioni dal 1739 al 1750. p. 325 p. 327 Post-fazione di Madre Daniela Volpato, Superiora Generale p. 348 Repertorio dei nomi notevoli p. 351 Bibliografia p. 364 Indice delle immagini p. 371 Indice dei nomi notevoli di persona p. 373 Tavole a colori p. 376 p. 333 p. 334 p. 337 p. 339 p. 341 p. 342 p. 343 p. 343 p. 343 p. 343 11 Manoscritto autografo del Marcucci ventenne, tratto da Il Carnovale santificato; trascrizione a pag. 57 di questo volume. 12 Introduzione di Suor Flaviana Di Feliciantonio Vicaria Generale Un’altra sezione di opere del Venerabile Francesco Antonio Marucci, fondatore delle Pie Operaie dell’Immacolata Concezione, viene data alle stampe: le opere che possiamo definire pastorali. Composte in età giovanile, alcune prima dell’ordinazione sacerdotale, ci aprono uno spiraglio sulle sue prime esperienze di apostolato, ci permettono di accostare il suo mondo culturale e di gustare la sua passione per il Vangelo e per il suo annuncio. Le opere che abbiamo il piacere di presentare, si inseriscono nell’Opera Omnia Marcucciana e sono un altro tassello che si aggiunge al vasto e complesso mosaico della vita e dell’opera del Venerabile, come uno strumento prezioso per inoltrarci nella conoscenza sempre più avvincente di uno dei personaggi, ancora poco noti, ma non per questo meno rappresentativi, della cultura cattolica del secolo dei lumi. Un “umanista illuminato” che ha saputo fare tante piccole rivoluzioni con discrezione e lungimiranza, precorrendo i tempi con la sua intelligente modernità. Le sei opere pastorali che compongono il presente volume, seppure diverse fra loro per le caratteristiche di genere e per il contenuto, rappresentano una summa esaustiva per comprendere la portata di novità che il giovane predicatore ascolano portò nel campo della predicazione in generale, nella moderna elaborazione del metodo delle missioni popolari e nella sperimentazione pastorale di metodi e strategie dell’annuncio del Vangelo alle periferie. Dai testi originari e dal loro apparato introduttivo emerge chiaramente la contemporaneità del Marcucci col tempo in cui vive e la sua percezione della situazione della Chiesa e delle urgenze che la interrogavano: aiutato da una spiccata sensibilità e da un intuito non comune, concepisce l’annunzio ordinario e straordinario della Parola di Dio in modo nuovo: il suo ritorno alla predicazione evangelica, la semplicità e la chiarezza dell’esposizione, la robustezza delle argomentazioni e dei contenuti, la capacità di sapere cogliere le urgenze pastorali delle zone decentrate e il suo amore per il popolo ne fanno uno dei primi riformatori della predicazione in Italia, in specie della predicazione popolare e delle sue forme espressive. Alla scuola dei grandi gesuiti italiani del secolo XVII e di San Leonardo da Porto Maurizio impara un metodo missionario consolidato, lo fa proprio e lo applica con sapiente discernimento in un contesto difficile e disagiato: le periferie delle Marche e dell’Abruzzo, linea di confine tra lo Stato Pontificio e il Regno di Napoli. Il suo amore alla Sacra Scrittura, ai Padri della Chiesa, agli autori spirituali moderni e all’agiografia post tridentina lo spingono 13 ad optare per una predicazione essenziale, solida e tutta rivolta alla ricerca del bene spirituale del popolo. Con la sua Predicazione Vangelica, anticipa, nelle intuizioni e nei criteri di rinnovamento dell’eloquenza sacra, Ludovico Antonio Muratori, San Paolo della Croce e Sant’Alfonso M. De Liguori, figure rappresentative ed emblematiche di una svolta radicale nella storia della predicazione e dei metodi della missione popolare. In questo contesto il Marcucci finalmente ha la possibilità di emergere e di essere conosciuto in modo esaustivo. La presente pubblicazione, a nostro modesto avviso, ha il merito di aver fornito agli studiosi di Storia della Chiesa un’ ulteriore autorevole testimonianza che, oltre ad arricchire gli orizzonti delle conoscenze in tale ambito, offre maggiori possibilità di confronti e di approfondimenti. La pubblicazione di queste opere e gli studi introduttivi che l’accompagnano, aprono un altro ambito di ricerca e nuove prospettive per lo studio della vita, della spiritualità e dell’opera di Francesco Antonio Marcucci: il suo cuore sacerdotale, la sua vocazione alla predicazione itinerante, la sua continua ricerca e lo studio sistematico dell’eloquenza e della retorica, ci permettono di sottolineare la sua rilevanza non solo in riferimento alla storia della Chiesa nel Settecento italiano ma anche alla storia locale delle diocesi da lui evangelizzate e della diocesi di Ascoli in primis. Le note e il repertorio dei nomi notevoli che arricchiscono il volume formano un piccolo repertorio al quale attingere per intraprendere altre piste di indagine storica, al livello più generale e anche al livello locale. Altro indiscusso merito della pubblicazione è certamente l’aver portato alla luce un altro importante e costitutivo filone della spiritualità marcucciana, quella dell’annunzio, della missione e del sentire cum ecclesia. Elementi rilevanti per l’approfondimento di una spiritualità che necessita di essere studiata sistematicamente e riproposta per la sua attualità e per la pregnanza dei suoi contenuti. Alle sue figlie, le Pie Operaie, prime destinatarie ed eredi del suo ricco patrimonio umano e spirituale, con la lettura e la conoscenza di queste opere, il fondatore e padre offre la possibilità di prendere coscienza del loro carisma e di continuare ad individuare forme attuali, per viverlo con sempre maggiore efficacia, nella Chiesa, nella scuola e nel mondo odierno, puntando su alcune linee direttrici: il primato della Parola di Dio, amata studiata, meditata e annunciata con forza e franchezza apostolica; l’amore ai poveri e al popolo, specialmente a quello delle periferie della società; il ruolo sociale della donna e la sua incidenza nella costruzione di una nuova società, con proposte di vita cristiana solide e vincenti; l’amore alla Chiesa e il sentire ecclesiale con la capacità di individuare ambiti di apostolato e strategie di inculturazione e di impianto di percorsi di vita cristiana duraturi ed efficaci. I criteri emersi sono solo i principali ma ve ne possono essere aggiunti 14 altri, altrettanto utili e propositivi per una attualizzazione della proposta marcucciana nell’oggi. Auspichiamo che sulle orme del nostro fondatore sorgano nella Chiesa del terzo millennio predicatori efficaci, appassionati della Parola, capaci di attirare e guidare l’uomo del nostro tempo alla conoscenza e all’amore verso Gesù e la sua Chiesa. Ai sacerdoti e agli evangelizzatori dedichiamo questa pubblicazione perché sia incentivo al rinnovamento della pastorale dell’annunzio e della predicazione con particolare riferimento alle periferie, tanto amate e indicate da Papa Francesco come luoghi nei quali urge impellente l’annuncio kerigmatico del Vangelo. Possa diventare il Venerabile Marcucci modello per quanti si dedicano alla prima e alla nuova evangelizzazione. Un ringraziamento va ai curatori: p. Vincenzo La Mendola, redentorista, “Amico del Marcucci”, che col nostro fondatore condivide un carisma e una spiritualità missionaria, per l’interesse, l’amore e lo studio dedicato all’approfondimento delle opere pastorali marcucciane e alla loro diffusione e conoscenza; Suor Maria Paola Giobbi, direttrice dell’Opera Omnia Marcucciana per il costante impegno nello studio e nella diffusione delle opere del fondatore e nella cura dell’iter della causa di beatificazione; i traduttori, trascrittori e revisori dei testi per la loro dedizione e il loro impegno. Ai lettori auguriamo un approccio felice e arricchente con queste pagine marcucciane dalle quali potranno attingere elementi di spiritualità e di riflessione per la loro vita e per la loro missione nella Chiesa. 15 Catena di ferro Marcucci missionario la portava o ai piedi o al collo durante le processioni di penitenza delle missioni popolari, pesa 10 kg. La prima catena gliela donò P. Teodoro Natali. Disciplina Francesco Antonio la usava dopo alcune prediche delle missioni popolari. 16 Studio Introduttivo di Vincenzo La Mendola La predicazione nel Settecento Il Settecento fu il secolo della predicazione popolare1. Tale esigenza era stata già tematizzata dalla quinta sessione del Concilio di Trento nel 1545 e ripresa dai padri conciliari l’undici Novembre 1563 con due decreti che ribadivano l’obbligo della predicazione ordinaria nelle parrocchie e regolavano quella straordinaria della Quaresima e dell’Avvento2. Questo presupponeva anche una adeguata preparazione teologica e pastorale che si sarebbe avviata nei secoli successivi nei seminari, seppure gradualmente e con evidenti rallentamenti e lacune. Nel ministero della predicazione erano coinvolti anzitutto i vescovi, i parroci e i preti secolari; tuttavia questo interessava soprattutto gli ordini religiosi: quelli tradizionali, riformati dal Concilio (francescani, domenicani, agostiniani scalzi, carmelitani) e i nuovi, fondati prima, durante o dopo lo svolgimento del Tridentino (oratoriani, cappuccini, gesuiti, teatini, barnabiti, scolopi, lazzaristi, eudisti). Tra questi si distinsero principalmente i gesuiti, i cappuccini e i lazzaristi. Non mancano membri del clero secolare che, di propria iniziativa e sotto la guida del Vescovo, si impegnavano nell’evangelizzazione sistematica delle zone rurali o più disagiate delle diocesi. Alcuni avevano ricevuto, per essere autorizzati alla predicazione itinerante, la patente di Missionario apostolico; altri solo un incarico dal loro Ordinario3. La predicazione post tridentina può essere distinta in ordinaria4 , affidata ai parroci e svolta durante le domeniche e le solennità dell’anno liturgico; prolungata, o di cartello5 per lo più affidata a religiosi di vari ordini 1 Per una introduzione generale alla predicazione nel Settecento cf. R. Librandi, Alfonso Maria De Liguori e la predicazione nel Settecento, in Studi Linguistici italiani, diretti da A. Castellani e L. Serianni, vol. XIV, Roma 1988, pp. 217-250. 2 Il Concilio di Trento, Sess. V, cap. II, emanò il decreto Super lectione et praedicatione, che è alla origine di tutto il movimento di riforma della retorica cattolica. Cf. Conciliorum oecumenicorum decreta a cura di G. Alberico, Bologna, 1973, pp. 667-670. 3 Cf. A. Caelli, La vita comune del clero, storia e spiritualità, Roma 2000, pp. 147-150. 4 Sulla predicazione: Devozioni e pietà popolare fra Seicento e Settecento; il ruolo delle Congregazioni e degli Ordini religiosi, a cura di S. Nanni, in dimensioni e problemi della ricerca storica, 2 (1994), pp. 3-290; F. Zanotto, Storia della predicazione nei secoli della letteratura italiana, Modena 1899; S. Palese, Predicazione parrocchiale in età moderna. Don Alessandro Cardone (1708-1770) in terra d’Otranto in La Predicazione in Italia dopo il Concilio di Trento, 1995, pp. 303-332. 5 Cf. L. Mezzadri (a cura di), Le missioni popolari della Congregazione della Missioni nei secc. XVII-XVIII, Studi e Documenti, Roma 2002, pp.15-16. 17 detti anche quaresimalisti6, e svolta durante l’avvento e la quaresima7; straordinaria, effettuata durante le missioni popolari e gli esercizi spirituali al popolo8. Il successo della predicazione risiedeva nell’ars praedicandi9 che si avvaleva delle regole dell’eloquenza sacra e della retorica classica10. Agli ordini religiosi, nati in precedenza, si aggiunsero nel secolo XVIII nuove congregazioni religiose dedite a tempo pieno al ministero delle missioni popolari: pii operai11, passionisti12 e redentoristi13. La predicazione missionaria del Settecento costituisce il contraltare della predicazione barocca: utilizzando un linguaggio chiaro ed efficace, i missionari popolari furono i principali promotori di un rinnovamento dell’omiletica, adottando come criterio l’adattamento alla capacità di comprensione del popolo e sul contenuto, riportando la predicazione alla Sacra Scrittura e alle fonti della patristica e della spiritualità cristiana classica, rifuggendo riferimenti a classici latini e greci e a ornamenti retorici e stilistici che svilivano il messaggio evangelico. 6 Cf. Stanislao da Campagnola, La predicazione quaresimale. Gestione, evoluzione, tipologie, in La Predicazione in Italia, pp. 243-280. 7 Durante la Quaresima ordinariamente si esponevano i libri del Pentateuco e dei Profeti. 8 Cf. F. Lebrun, La predicazione nel XVIII secolo, in Storia vissuta del popolo cristiano a cura di J. Delumeau, ed. Italiana a cura di F. Bolgiani, Torino 1985, pp. 561-572. 9 L’Ars praedicandi e il metodo della predicazione concettista: per la prima volta, in età moderna, vennero teorizzati e proposti in un opera del cappuccino siciliano P. Felice Brandimarte da Castelvetrano. Sapientiae Tubae scientia, idest tractatus scolasticus de arte sacra concionandi, […] auctore R. Patre Felice Brandimarte a Castroveterano, concionatore capucino, et sacrae thelogiae secunda vice lectore, Panormi apud Dominicum de Anselmo 1667. 10 Pavone Sabina, I Gesuiti dalle origini alla soppressione (1540- 1773), Bari 20046, pp. 62–71. 11 Per una conoscenza sintetica dei Pii Operai cf. Pii Operai, in Dizionario Istituti di Perfezione, vol. VI, Roma 1980, col. 1717; G. Esposito, Per la storia di un carisma apostolico: dai Pii Operai ai Pii Operai Catechisti rurali, Reggio Calabria 1977. 12 Per una presentazione sintetica della missione popolare passionista e del suo metodo cf. Direttorio per le missioni che si fanno dai Chierici Scalzi della Congregazione della Passione di Gesù Cristo, Roma, nel Collegio Urbano, 1838; Compendio di precetti rettorici, compilati dal P. Vincenzo M. di San Paolo (Strambi) […], Roma nel Collegio Urbano 1838; E. Zoffoli, San Paolo della Croce, voll. 3, Roma 1962; L. Alunno, La Missione Popolare Passionista, Pescara 1981, pp. 32-40; F. Giorgini, Storia dei Passionisti, vol. I, Pescara 1981, pp. 445-460. 13 Per una panoramica generale sulla storia dei Redentoristi: Storia della Congregazione del SS. Redentore, Le origini (1732-1793) a cura di F. Chiovaro, vol. I/I, Roma 1993; id., a cura di F. Chiovaro e J. R. Fenili, vol. I/II,Roma 2009; Storia della Congregazione del SS. Redentore, Prima espansione (1793-1855), a cura di O. Weis, vol. II/I, Roma 2010; Storia della Congregazione del SS. Redentore, Prima espansione, Periodo Secondo, lo sviluppo, a cura di O. Weis, vol. II/II, Roma 2012. 18 La missione popolare nel Settecento14 La missione popolare costituisce una forma straordinaria di predicazione. Essa era già ampiamente diffusa alla fine del secolo XVI e nel Seicento15 con carattere prevalentemente penitenziale e catechetico. Era rivolta agli adulti e ai bambini e tendeva a colmare le lacune di istruzione cristiana di base. Nel secolo successivo i parroci, già avviati alla predicazione ordinaria, erano in grado di garantire ai loro fedeli una formazione basilare più adeguata. Di conseguenza la predicazione popolare delle missioni cambiò aspetto e finalità: essa aveva lo scopo di rinnovare lo spirito del cristianesimo nei cristiani, secondo una espressione di Luigi Grignon de Monfort16. Rinnovare e ricristianizzare, dunque, fu l’obbiettivo che i missionari popolari di ordini e congregazioni religiose si prefissero. La predicazione straordinaria delle missioni voleva distinguersi da quella dei parroci e da quella aggrovigliata dei quaresimalisti. I missionari popolari adottarono dunque uno stile semplice, accattivante, diretto e vivace che faceva presa su un uditorio quasi analfabeta. La presenza autorevole e la parola calda e penetrante del missionario costituivano, per le piccole comunità rurali, una novità assoluta che spezzava la monotonia del ciclo stagionale della vita, legata alla terra. La missione popolare, annunziata e propagandata dai parroci, o caldeggiata dai vescovi, era attesa come un evento e già dai giorni precedenti l’arrivo dei missionari suscitava curiosità e interesse, favoriti ancora di più dai ricordi e dagli echi di precedenti missioni o di quelle predicate nei paesi vicini. La missione aveva il vantaggio di essere un evento circoscritto nel tempo, con funzioni e riti nuovi che scandivano i giorni, e con una varietà di tematiche allettanti per un uditorio assuefatto ad una predicazione ordinaria. Durante lo svolgimento della missione si adottava una strategia pastorale che prevedeva la messa in atto del dramma sacro, con un crescente coinvolgimento del popolo che, di volta in volta, diventava attore e spettatore commosso. Il tempo sacro della missione era inaugurato da un solenne rito di apertura e concluso da uno di chiusura ed era caratterizzato da una cre14 Per una conoscenza analitica sull’argomento: G. Orlandi, Missione popolare strutture e contenuti, in La Predicazione in Italia, pp. 503-536; L. Mezzadri, Storiografia delle missioni, in La predicazione in Italia, pp. 457-490; ID., Missione e predicazione popolare in Dizionario Istituti di perfezione, vol. VIII, Roma 1983, p. 565. 15 Sulla predicazione nel Seicento, cf. L. Mezzadri, Il Seicento italiano e la predicazione, in La predicazione cappuccina nel Seicento, a cura di G. Ingegneri, Roma 1997, pp. 9-30; Maria Luisa Doglio-Carlo del Corno, Predicare nel Seicento, Bologna 2011; ID, La predicazione nel Seicento, Bologna 2009. 16 Cf. G. De Luca, Luigi Maria Grignon de Monfort, Saggio Biografico, Roma 1985, pp. 193-224. 19 scente presa di coscienza del peccato, dell’allontanamento da Dio e dalla sua legge che suscitava nella comunità il bisogno di revisione, espresso nelle forme di penitenza collettiva e, in ultima istanza, nel rito pubblico delle paci e delle restituzioni. Questo cerimoniale segnava il ritorno della comunità alla vita ordinaria. Metodo, contenuti e strategie della missione popolare17. La predicazione missionaria nei suoi contenuti si concentrava sull’appello alla conversione e al ritorno a Dio; era scandita da un orario ben studiato che poteva variare in base alle stagioni o alle aree geografiche interessate. I missionari lo stabilivano dopo un’attenta mappatura e un accurato studio del territorio e della mentalità. L’organizzazione della missione prevedeva un programma generale che riguardava l’intera missione e uno particolare che scandiva i ritmi della giornata. Ci si avvaleva di un canovaccio già sperimentato in tutti i tipi di missione, di volta in volta adattato alle situazioni contingenti. Al mattino vi era una meditazione per tutti, prima del lavoro dei campi, preceduta dalla celebrazione della messa e seguita dagli atti cristiani, che consistevano in preghiere vocali, alternate da canti e piccole esortazioni. Nel primo pomeriggio erano previste le istruzioni per diverse categorie: donne, uomini, bambini. In alcuni casi, in base alla tradizione locale, era prevista, in una chiesa secondaria, l’istruzione per i signori, o borghesi; e brevi corsi di esercizi spirituali o cicli di meditazioni per i preti e per le religiose dei monasteri. Alla sera, dopo la recita del rosario meditato18, vi era la predica grande che era il cuore della missione. Gli interventi di predicazione missionaria erano articolati in diversi registri espressivi: 17 Cf. G. Orlandi, Strutture e contenuti della missione popolare. Contributo alla storia di un ministero apostolico della riforma cattolica, in Lateranum, 62 (1996) pp. 253-294; Id., La missione popolare in età moderna, in Storia dell’Italia religiosa. 2. L’età moderna, Bari 1994, pp. 419-452. 18 La recita del rosario era affidata ad un chierico o ad un giovane padre. Il padre incaricato della recita del rosario nelle missioni era detto Rosariante. Nella recita poteva inserire brevi meditazioni a braccio sui misteri e canzoncine devote; poteva inziare o conludere con esempi devoti sul rosario per invogliare e motivare il popolo alla recita. Un repertorio di esempi può essere considerato l’opera di L. Grignon De Monfort, Il Segreto ammirabile del Santo Rosario per convertirsi e per salvarsi, in Opere, I, Roma 1990, pp. 736ss. S. Alfonso, nei suoi esercizi di missione, dedicava un capitoletto al Rosario di Maria Santissima, cf. Selva di materie predicabili ed istruttive, per dare gli esercizi a’ preti, ed anche per uso di lezione privata a proprio profitto, con una piena illustrazione pratica degli esercizi di missione, data in luce da D. Alfonso De Liguori, rettor maggiore della Congregazione del SS. Redentore, parte terza, in Venezia 1760, nella stamperia Remondini, pp. 300-303. 20 a. La predica grande o predica di massima, si svolgeva al termine della giornata. Affrontava i temi classici della predicazione: i novissimi, il peccato, lo scandalo, la conversione, la penitenza. Il tono era solenne e grave; il ritmo incalzante e martellante: doveva scuotere, atterrire e stimolare la compunzione. Veniva affidata ad uno dei missionari più dotati, al quale erano richieste varie qualità: voce sonora e chiara, resistenza fisica, aspetto dignitoso e autorevole e soda preparazione teologica. Il predicatore ricorreva a espedienti retorici, adatti a creare effetti spettacolari e a suscitare il brivido e la contrizione, attraverso gesti, toni di voce modulati19 e l’uso di strumenti di penitenza come la disciplina, la corda o il fumo; teneva in mano il crocifisso e spesso lo additava agli ascoltatori; si serviva all’occorrenza anche di statuette di Gesù bambino, dell’ecce homo, di un teschio, di una tela esposta in luogo ben visibile. Anche l’illuminazione della chiesa era funzionale agli effetti della predica; quelle sull’inferno o sulla morte si facevano quasi al buio; quelle sulla penitenza in ginocchio, dal palco; quella sulla dannazione o sull’anima dannata con l’aiuto di quadri o con lamenti, mimati dal predicatore, che poteva abbassarsi e quasi scomparire sul pulpito per poi rialzarsi di scatto e assumere un altro tono. La predica della passione del Signore, poteva essere accompagnata dalla rievocazione della crocifissione e della deposizione, con l’uso di statue di cartapesta, con braccia e testa flessibili, facili da maneggiare e da trasportare su un lenzuolo per le navate della chiesa20. Questi riti potevano essere inseriti nel pio esercizio della via crucis che, dopo la predicazione di san Leonardo da Porto Maurizio, cominciò a diventare uno dei momenti forti della missione popolare. Non era raro che i predicatori piangessero fino a singhiozzare o simulassero una partenza immediata per manifestare il loro disappunto per il poco concorso di popolo. A volte, durante la predica, il missionario declamava parole chiave che faceva ripetere al popolo come: misericordia o eternità; ritornava diverse volte sul tema centrale, per favorirne l’assimilazione, ricorreva anche alla paura come espediente pedagogico per scuotere gli ascoltatori. Il popolo si disciplinava, piangeva o prorompeva in esclamazioni di meraviglia, di paura, in invocazione di misericordia, prostrandosi con la faccia a terra o battendo la testa alle colonne o alle pareti delle chiese. I genitori potevano anche ricorrere a gesti simbolici come lo schiaffo o lo strattonamento verso i loro figli, per aiutarli a fissare un ricordo. Tutti i resoconti o le relazioni di missioni descrivono accuratamente le reazioni del popolo. Le lacrime 19 Per uno studio accurato su i toni di voce dei missionari, cf. G. Orlandi, Vox Tonitrua, in Spicilegium Historicum CSsR, 57 (2009), pp. 395-441. 20 Cf. B. Majorana, Elementi drammatici della predicazione missionaria. Osservazioni su un caso gesuitico tra XVII e XVIII secolo, in La predicazione in Italia, pp. 127-152. 21 erano il segno della conversione e quindi della buona riuscita della missione. La predica grande poteva durare anche un’ora e si concludeva con la disciplina del predicatore e degli intervenuti, accompagnata da preghiere di intercessione; il predicatore assumeva il ruolo di avvocato e di mediatore del popolo presso Dio e ciò gli conferiva autorevolezza e prestigio. La benedizione con il crocifisso o con qualche reliquia congedava l’assemblea. Alla predica grande erano ammessi tutti; solo le gestanti facevano eccezione per la predica della morte, dell’anima dannata e dell’inferno. L’ordine delle tematiche delle prediche non era improvvisato, ma rispondeva a criteri pedagogici. Le prime vertevano sulla penitenza, il peccato mortale e la misericordia di Dio; seguivano quelle sulla morte, sui novissimi e quelle di contenuto morale. A chiusura della missione venivano proposte le prediche sul paradiso, sulla Madonna, sulla pratica delle virtù e sulla perseveranza. b. Il catechismo o riforma, detto anche istruzione, era una predica formativa che intratteneva, dilettava e istruiva, costituiva il momento meno formale della missione; aveva la durata di mezz’ora circa e lo scopo di presentare le verità della fede, di illustrare la pratica sacramentale e di istruire il popolo sui propri doveri religiosi e civili. Il tono era solenne e pacato nello stesso tempo. Il missionario destinato a questo intervento era anziano e sperimentato. Sapeva coinvolgere il popolo, attirarlo, divertirlo e interessarlo, con un nutrito repertorio di esempi, dialoghi improvvisati e domande che suscitavano curiosità e tenevano desta l’attenzione. Era questa un tipo di predicazione semplice, schematica e diretta che coinvolgeva l’uditorio. Si usavano immagini familiari per suscitare l’ammirazione e facilitare la comprensione dell’argomento. Alcuni predicatori la proponevano sotto forma di dialogo impersonando, di volta in volta, o l’ignorante e il dotto oppure il peccatore e il confessore. Queste strategie spettacolari portavano il popolo a identificarsi ora nell’uno ora nell’altro personaggio21. c. La meditazione era un tipo di predica che proponeva argomenti spirituali: la vita di Cristo, la sua passione, l’amore e la misericordia di Dio e la vita di Maria santissima, temi che avevano l’obbiettivo di formare negli ascoltatori una coscienza spirituale e di nutrire la mente suscitando affetti, pie considerazioni e facilitando l’interiorizzazione degli argomenti attraverso il coinvolgimento della sfera emotiva e della fantasia evocativa degli 21 Un repertorio di Istruzioni dette nelle sagre missioni, lo troviamo in Opere postume del P. Paolo Segneri Juniore della Compagnia di Gesù, raccolte e per la prima volta pubblicate dall’Abate Francesco Carrara, tomo primo, Bassano, a spese di Remondini di Venezia 1795, pp. 153-262. 22 ascoltatori22. Il tono era piano e cadenzato e l’esposizione descrittiva. Le meditazioni erano dettate durante la via crucis o per le quarantore e venivano affidate ad un missionario giovane. Accanto alle forme di predicazione istituzionalizzate, venivano utilizzate altre forme di comunicazione più brevi e diverse per registro retorico: i colloqui, i fervorini, e gli svegliarini23. d. Il colloquio era una preghiera declamata con stile familiare e tono supplichevole, intervallata da accenti devoti, slanci, richieste di perdono, atti di amore che il predicatore faceva in ginocchio, rivolto al crocifisso, alla Madonna o al Santissimo Sacramento. Era spontaneo, breve, affettivo e a volte si concludeva con una appassionata perorazione. Il colloquio poteva essere un modello di preghiera affettiva per il popolo. e. Il fervorino era un intervento omiletico devozionale, brevissimo e intenso; poteva essere proposto in apertura o a conclusione di una processione, o dopo la benedizione eucaristica; terminava con una breve esortazione, rafforzata da qualche esempiuccio24 e seguita da una massima o da una giaculatoria. f. Lo svegliarino25 era un tipo di predica serale o notturna, chiamata anche sentimento di notte che si improvvisava ai crocicchi delle strade, nelle piazze o sotto le finestre di pubblici peccatori. Era preceduta da canti penitenziali e da orazioni vocali poetiche e a rima; serviva per attirare l’atten22 Un testo vicino alle meditazioni del Marcucci possono essere le meditazioni per le sante missioni di san Leonardo da Porto Maurizio, cf. Opere Complete del B. Leonardo da Porto Maurizio, missionario apostolico del ritiro di San Bonaventura di Roma,vol. I, in cui si comprendono le istruzioni catechistiche, gli esercizi spirituali, le riforme e la via crucis spianata, coll’aggiunta di un piccolo ragguaglio della sua vita, e proponimenti e ritratto dell’autore, edizione seconda napoletana, Napoli, a spese del Gabinetto letterario, 1846, pp. 149-216. 23 P. Gerolamo Lopez S. J. (1589 1658), a partire dal 1619, predicò molte missioni in villaggi e città della Spagna, istituendo l’Atto di contrizione, o Svegliarino, o Sentimento di notte, che consisteva in un vigoroso invito, col terzo tono, alla penitenza e alla partecipazione alla missione, tenuto dal missionario al calar della notte, in diversi punti del paese, dove si recava preceduto da una piccola processione con il Crocifisso. A lui ancora risale l’uso di presentare al popolo, durante la missione, un quadro rappresentante l’anima dannata o il teschio di morto, col quale il predicatore apriva un dialogo, cf. A. Amarante, dinamica pastorale di S. Alfonso nelle missioni popolari del ‘700, in Asprenas, XIX, (2), Napoli 1972. 24 Cf. G. Cacciatore, Le maniere letterarie del Seicento religioso, e La letteratura degli exempla in Introduzione generale alle Opere ascetiche di S. Alfonso de’ Liguori, Roma 1960, pp. 157-180 e 239-283. 25 Una raccolta di sei svegliarini è contenuta nelle Opere postume del P. Paolo Segneri Juniore, pp. 121-147. Cf. Repertorio nomi notevoli, p. 362. 23 zione degli indifferenti e per richiamare e invitare i lontani alla missione26. La bravura del predicatore stava nel saper cogliere il momento di maggiore concentrazione di popolo e di imbastire un discorso diretto, immediato e pungente che aveva per tema la denuncia del peccato e l’invito alla penitenza. Tra le prediche di missione è una di quelle che più lascia spazio alla creatività e all’intuito del predicatore. La chiusura solenne della missione prevedeva tre momenti. I ricordi di missione, consistevano nella distribuzione di stampe o piccoli cartigli dove erano elencati gli insegnamenti, i propositi e le preghiere, lasciati dal missionario. Questi avevano la funzione evocativa di richiamare alla mente l’esperienza vissuta e quella pedagogica di ricordare i contenuti principali della predicazione ascoltata; frasi e slogan erano utilizzati come memento sui frontoni dei portali d’ingresso dei palazzi o delle case, accompagnate dal monogramma del nome di Gesù e di Maria, dalla croce o dall’ostensorio27. Nel Settecento cominciò ad essere introdotta la consuetudine di distribuire immagini sacre, foglietti e pagelline o brevi opuscoli contenenti gli atti cristiani, le canzocine divote, il memento mori o i ricordi di missione, come pure la distribuzione di corone, medaglie e scapolari. L’oggetto sacro, benedetto dal missionario e indulgenziato, veniva portato nelle case e collocato in un luogo ben visibile a ricordo della missione. I missionari portavano reliquie di santi del loro ordine con le quali benedicevano i malati. Spesso veniva loro chiesto di benedire l’acqua o altri alimenti legati a culti locali. L’impianto della croce o del calvario, o di edicole sacre, in un sito del paese o della città, visibile a tutti era il momento centrale di questi riti conclusivi. L’accompagnamento dei missionari alle porte della città o al luogo di destinazione di questi, seguito da forte tensione emotiva e da manifestazioni di gratitudine e di devozione, segno del rapporto empatico che si era creato tra il popolo e i missionari concludeva la missione. Col passare del tempo l’evento della missione entrava a far parte dell’immaginario collettivo e della storia locale: i missionari, i loro detti e le loro caratteristiche si fissavano nella memoria del popolo, fino a diventare patrimonio sapienziale della comunità, tramandati e spesso citati come fonti autorevoli. 26 Un esempio lo troviamo in S. Alfonso che tra i suoi esercizi di missione prevedeva questo genere di predica, Del sentimento di notte, esempi di diversi sentimenti di notte, diverse canzoncine per li sentimenti di notte, cf. Selva di materie predicabili ed istruttive, pp. 279-288. 27 Ad Ascoli Piceno, nel centro storico sono ancora visibili alcune di queste scritte o monogrammi. Cf. Immagini, pp. 390-391. 24 Il Settecento e l’evangelizzazione delle periferie Mentre i predicatori del XIV e del XV secolo avevano raggiunto soprattutto le popolazioni urbane28, il Settecento è il secolo della predicazione popolare nelle campagne29. Dalle grandi città l’attenzione del clero secolare e regolare si sposta verso i villaggi e le zone rurali, specialmente di montagna, da tempo trascurate dal clero che preferiva il proprio domicilio in città o nei grandi centri. Anche i religiosi si concentravano nei conventi di città o negli studi generali. La soppressione innocenziana del 1652, infatti, aveva decretato la chiusura dei piccoli conventi, detti anche conventini e delle grange dei monasteri, degli ospizi interrompendo così l’assistenza spirituale e il servizio culturale di alfabetizzazione che i pochi religiosi dei conventini offrivano alle popolazioni rurali. I luoghi impervi, specialmente quelli di montagna, divennero così le Indie di quaggiù, le Indie domestiche, le altre Indie30, le Indie di qui31 o ancora le nostre Indie32 secondo un linguaggio caro ai missionari itineranti della compagnia di Gesù. Il Regno di Napoli e le sue estreme periferie divennero le mete ambite dei missionari popolari del Settecento. La Sicilia, Calabria, il Salento, la Terra di Lavoro, la Ciociaria, l’Abruzzo, la Campagna Romana e l’Agro Pontino con alcuni territori interni delle Marche, dell’Umbria e della Maremma, furono considerati luoghi da rievangelizzare. Due motivi in particolare spingevano i missionari verso quelle terre: l’ignoranza e la superstizione; la loro opera mirava all’istruzione cristiana di base, alla catechesi sistematica e alla moralizzazione dei comportamenti, privati e pubblici. I missionari itineranti aiutavano le popolazioni della campagna a riprendere la vita sacramentale, introducevano il culto dei nuovi santi, risvegliavano e promuovevano l’istituzione di confraternite, tra le quali ebbero la preminenza e una diffusione capillare quelle del SS. Sacramento, del Rosario e della Dottrina Cristiana. Fu merito dei missionari venire in soccorso ad un clero impreparato, istruirlo negli elementi della liturgia, della morale sacramentale e avviarlo alla predicazione. La loro azione incitava le popolazioni alla riparazione, alla ricostruzione di chiese e cappelle e alla restaurazione di conventi abbandonati, nei quali in diversi casi, gli stessi missionari stabilivano una comunità religiosa permanente, colmando le lacune lasciate dalla 28 Cf. J. Delumeau, Il Cattolicesimo dal XVI al XVIII secolo, Milano 1978, p. 241. 29 Cf. D. Carpanetto e G. Ricuperati, L’Italia del Settecento, Roma-Bari, 2008, pp. 29-42. 30 Cf. M. Spedicato (a cura di), Nelle indie di quaggiù, San Francesco de Geronimo e i processi di evangelizzazione del Mezzogiorno, Lecce 2006, pp. 9-12. 31 Cf. Le missioni popolari della Congregazione della Missioni nei sec. XVII-XVIII, Studi e Documenti, a cura L. Mezzadri, Roma 2002, p. 8. 32 P. Tacchi Venturi S. J., Storia della Compagnia di Gesù in Italia, I, Roma 1950, pp. 324, 325, 366, 367. 25 soppressione innocenziana33. Questi conventi, riaperti, divenivano nuovi centri di spiritualità e punti di riferimento per tutto il circondario. Intere diocesi venivano battute da squadre di missionari per lunghi anni, chiamati e sostenuti dai vescovi riformatori: preparavano le visite pastorali e incoraggiavano l’attuazione dei decreti e delle disposizioni lasciate dai vescovi. La missione abbracciava il popolo nella sua totalità: fanciulli, giovani, adulti e anziani; era anche un’occasione nella quale venivano regolarizzati i matrimoni. Il clero secolare, i religiosi e le religiose erano inseriti nel programma della missione, come destinatari di corsi chiusi di esercizi spirituali. Una particolare attenzione era riservata alla riforma dei monasteri femminili, spesso in decadenza, e all’introduzione della vita comune. Modelli di Missione popolare: continuità e innovazione La missione popolare in Italia seguiva due modelli: quello penitenziale, preferito dai gesuiti; quello catechistico, praticato dai lazzaristi. San Leonardo da Porto Maurizio (1676-1751)34 riuscì a sintetizzare e conciliare i due modelli. Anche s. Alfonso M. De Liguori (1696-1787) e san Paolo della Croce (1694-1775)35 fecero altrettanto, con sfaccettature e accentuazioni proprie. A questi si affiancarono missionari meno noti, ma altrettanto efficaci come lo scolopio Pompilio M. Pirrotti (1710-1766), il francescano riformato Leopoldo Croci da Gaiche (1732-1815)36 i cappuccini Angelo da Acri (1669-1739)37 e 33 Cf. Boaga Emanuele, La soppressione Innocenziana dei piccoli conventi in Italia, Roma 1971. 34 Per la conoscenza di san Leonardo da Porto Maurizio: Raffaele da Roma, Vita del servo di Dio padre Leonardo da Porto Maurizio., Roma 1754; Giuseppe M. da Masserano, Gesta, virtù e doni del beato Leonardo da Porto Maurizio, Roma 1796; C. Guasti, Vita di s. Leonardo da Porto Maurizio. (1867), a cura di S. Gori, Roma 1951; Diego da Firenze, Diario delle missioni, in Leonardo da Porto Maurizio, Opere complete…, V, Venezia 1869; S. Leonardo da Porto Maurizio nel secondo centenario della morte, 1751-1951, in Studi francescani, 1952, nn. 1-4; F. M. Pacheco, S. Leonardi a Portu Mauritio doctrina de caritate, Roma 1963; Bibliotheca sanctorum, VII, coll. 1208-1221. 35 Paolo della Croce, Santo, cf. Repertorio nomi notevoli, p. 360. 36 Per la conoscenza di Leopoldo da Gaiche: Spoletana beatificationis et canonizationis ven. servi Dei fr. Leopoldi a Gaichis Nova positio super virtutibus, Romae 1850; Pacifico da Rimini, Della vita e delle eroiche virtù del venerabile padre L. da G., Foligno 1835; Analecta Franciscana, I (1885), pp. 367, 400; P. Campello della Spina, Vita del beato Leopoldo da Gaiche, Roma 1893; A.M. da Vicenza, Vita del beato Leopoldo da Gaiche, Roma 1893; B. Bazzocchini, Un apostolo dell’Umbria ossia Il “Giornale delle predicazioni” del beato Leopoldo da Gaiche, Trevi 1919; U. Ceccacci, Il beato Leopoldo da Gaiche, Torino 1932; L. da Clary - G.C. Guzzo, B. Leopoldo da Gaiche sacerdote dell’Ordine dei frati minori (1732-1815), in Aureola serafica, II (1951), pp. 405-420; L. Canonici, Il beato Leopoldo da Gaiche O.F.M. (il faro sul monte), Assisi 1986; U. Occhialini, Tutto di Dio, tutto degli uomini. Il beato Leopoldo da Gaiche di Perugia, Assisi 1993; Arturo a Monasterio, Martyrologium Franciscanum, Romae 1938, pp.123ss; Bibliotheca sanctorum, VII, coll. 1337-1340. 37 Angelo da Acri, Beato, cf. Repertorio nomi notevoli, pp. 351-352. 26 Carlo da Motrone (1630-1763)38. I pii operai, gli oratoriani, i barnabiti e altri gruppi di religiosi intraprendenti, sperimentarono altre forme di evangelizzazione in tutta la penisola. All’interno degli ordini tradizionali e riformati non mancarono gruppi sparsi di religiosi che intrapresero missioni popolari, predicazioni di esercizi e altre forme meno note di rievangelizzazione, emblematico è il caso degli agostiniani scalzi39. Nelle città i gesuiti avevano inaugurato la missione urbana permanente40, riportando particolare successo a Napoli, nella chiesa del Gesù Nuovo e a Roma, presso l’Oratorio del Caravita. A questi modelli italiani si possono affiancare san Luigi Grignon de Monfort (1673-1716), in Francia, dai tratti inconfondibili per l’originalità dei metodi e dei contenuti e per la singolarità delle manifestazioni religiose; gli eudisti e i sulpiziani. Il Monfort ha molti tratti in comune con i missionari del Settecento italiano per l’attenzione verso le forme di religiosità popolare e per la formazione sui testi e il riferimento a modelli comuni e molte somiglianze con Marcucci, specialmente per il tratto mariano dato alle sue missioni. Durante il breve soggiorno in Italia, ebbe modo di confrontarsi con religiosi gesuiti, teatini e francescani, con i quali condivideva la stessa formazione teologica e spirituale, appresa nei collegi della compagnia e a contatto con gli oratoriani francesi. Il fascino delle missioni popolari, ritenute la migliore opera di rievangelizzazione del post tridentino, non lasciò indifferenti nemmeno i più zelanti membri del clero diocesano, come Vincenzo Romano (1751-1815), apostolo di Torre del Greco, Francesco Antonio Marcucci dell’Immacolata Concezione nel Piceno e altri. 38 Per una presentazione sintetica di Carlo da Motrone cf. M. D’Alatri, Il venerabile Carlo da Motrone e le sue missioni popolari (1690-1763), Roma 1956; Da Motrone Carlo, Venerabile, cf. Repertorio nomi notevoli, p. 354. 39 Gli agostinaiani scalzi furono predicatori popolari richiesti e autorevoli. Oltre alla predicazione dell’avvento e della quaresima si dedicarono a forme di predicazione popolare come gli esercizi spirituali al popolo e anche sporadiche missioni popolari. Emblematico è il caso di p. Benigno (Catalano) da Santa Caterina (1743-1815), missionario popolare in Sicilia, autore di stofette sacre, canzocine devote e poesie sacre, tra cui Giaculatorie per cantarsi nelle meditazioni degli esercizi di S. Ignazio, composti nell’anno del Signore 1789, contenuti nel volume Poesie sagre siciliane […] Trapani 1787, fotocopie dall’originale, in Archivio Generale agostiniani scalzi, Roma. 40 Per una conoscenza più dettagliata del De Geronimo: Acta canonizationis b. Francisci de Hieronymo, I-IV, Romae 1767-1835; M. Volpe, I gesuiti nel Napoletano, I, Napoli 1914, pp. 10, 13; F. Nicolini, Aspetti della vita italo-spagnola nel Cinque e Seicento, Napoli 1934, pp. 330-334; G. Barrella, Un restauratore sociale. Storia critica di S. Francesco De Geronimo da documenti inediti, I, Roma 1943; Un amico del popolo, S. Francesco De Geronimo, Napoli 1945; R. De Maio, Società e vita religiosa a Napoli nell’età moderna, 1656-1799, Napoli 1971; P. Lopez, Clero, eresia e magia nella Napoli del Viceregno, Napoli 1984, p. 174; E. Novi Chavarria,Pastorale e devozioni nel XVI e XVII secolo, in Storia del Mezzogiorno, IX, Napoli 1991, pp. 378, 394, 401; E. Papa, Francesco De Geronimo, in Bibliotheca sanctorum, V, coll. 1201-1204. Cf. immagine, p. 39. 27 Missioni popolari ad Ascoli tra la fine del Seicento e l’inizio del Settecento Ad Ascoli, e nel territorio limitrofo, la predicazione di missioni popolari e di esercizi spirituali fu uno dei mezzi di evangelizzazione ricorrenti. Il collegio dei gesuiti di San Venanzio in città,41 la vicinanza dei collegi della compagnia de l’Aquila, di Teramo, di Atri, di Ancona e di Macerata, l’oratorio ascolano di San Filippo Neri, l’ubicazione di conventi di cappuccini e di francescani riformati, in tutto il territorio circostante, offrivano una presenza qualificata di predicatori e missionari che si alternavano nell’insegnamento e nella predicazione. Più rara fu la presenza dei vincenziani42 che non avevano case in quest’area geografica. La prevalenza delle presenze missionarie gesuitiche ne fa uno dei territori più battuti dalla compagnia; tuttavia a questa massiccia presenza costante si può affiancare quella francescana dei riformati e dei cappuccini. I vescovi ascolani di questo periodo, tutti preoccupati della riforma della pastorale dell’evangelizzazione delle masse, riporrano nei gesuiti una fiducia piena, richiedendo per le loro diocesi i migliori soggetti della compagnia. L’ambiente devoto popolare ascolano è dunque quello formato dalla inconfondibile opera di evangelizzazione dei gesuiti: la spiritualità eucaristica e quella della passione vissute in chiave penitenziale sono di chiara derivazione gesuitica, così come il culto mariano, con una preferenza ai titoli e ai culti più vicini alla sensibilità del popolo: la Vergine delle Grazie, la Madre di Misericordia, il Rifugio dei peccatori e l’Addolorata. Di derivazione francescana è invece l’introduzione del pio esercizio della Via Crucis, il culto dell’Immacolata e la devozione all’umanità di Cristo. Queste due componenti hanno trovato la loro piena confluenza e armonia nella cultura religiosa ascolana e sono state il terreno fertile nel quale è maturata la religiosità, la devozione e la spiritualità di Francesco Antonio Marcucci. Nel primo Settecento era vivo in Ascoli il ricordo della missione che il famoso missionario, p. Paolo Segneri senior (1624-1694) predicò in città. Egli giunse ad Ascoli il 17 agosto 1689, tenne le sue prediche quasi sempre in Piazza Arringo43 di fronte la cattedrale, in un ampio spazio quadrato, delimitato da palazzi, che formava all’aperto un ottimo luogo di raccolta per il popolo numeroso. Il ricordo del celebre gesuita, tramandato da testimoni oculari, ancora in vita, affascinò anche il giovane chierico Marcuc41 Cf. Ciannavei G. I., Compendio di Memorie Istoriche, 1797, ristampa con note e indici di Giannino Gagliardi, Ascoli Piceno 1995. 42 L. Mezzadri, Le missioni popolari, p. 446. 43 Cf. immagine, pp. 388-389. 28 ci44 . Durante la sua prima formazione teologica e pastorale ricorrerà con frequenza ai testi spirituali del Segneri e, nella fase di preparazione dei discorsi e delle prediche, si servirà abbondantemente dei predicabili segneriani, riportandone a volte brani interi nelle sue stesse prediche. Il Segneri sarà considerato dal Marcucci il primo e più autorevole modello di oratoria ed eloquenza sacra: attingerà abbondantemente ai suoi repertori e se ne servirà per l’eleborazione del suo metodo missionaro. Al Segneri fecero seguito altri celebri figli della compagnia, eredi e continuatori del suo metodo, tra cui A. Baldinucci45 e G. B. Scaramelli46. Altra missione rimasta celebre nella storia della città picena fu quella del gesuita p. Antonio Baldinucci (1655-1717). La missione baldinucciana, fedele a quella segneriana nell’impianto generale, si caratterizzava per una forte accentuazione della devozione mariana, e per l’attenzione alla formazione spirituale del clero. Baldinuci infatti fu un convinto assertore della predicazione degli esercizi ignaziani al clero, durante la missione e un propagatore instancabile del rosario tra il popolo, particolare che non sfuggirà al Marcucci per l’ideazione della sua missione mariana. Egli giunse ad Ascoli il 5 novembre 1716, un anno prima della nascita del Marcucci. La predicazione del gesuita incentivò nella città la devozione alla Vergine, con particolari manifestazioni prodigiose, riconosciute e attribuite all’immagine della Madonna che portava con sé nelle sante missioni. Si deve a lui il risveglio e il nuovo rilancio della pietà mariana nella città di Ascoli, humus nel quale il Marcucci crescerà e apprenderà la spiritualità mariana che lo accompagnerà per tutta la vita. Solo dopo sette anni dalla missione di Baldinucci, da Giovanni Gambi (Vescovo di Ascoli dal 1710 al 1726) venne chiamato a predicare nella città e nei paesi limitrofi p. Giovanni Battista Scaramelli (1687-1752). Giunse il 13 Giugno 1723 accompagnato dal compagno di missione p. Bianchi. In continuità con il Baldinucci anche lo Scaramelli favoriva la diffusione della devozione mariana, recando con sé l’immagine della Mater Misericordiae47. La sua predicazione veniva facilitata e resa attraente dai metodi teatrali della drammatica religiosa di cui si serviva come espediente pedagogico per imprimere meglio i contenuti della predicazione nel popolo. Della presenza dello Scaramelli il Marcucci riporta ricordi infantili: a soli sei anni, con una zia, nella cittadina di Ancarano, partecipò ad alcuni 44 Per la missione ascolana del Segneri cf.: G. Maffei, Breve ragguaglio della vita del P. Paolo Segneri, Venezia, 1702, pp. 31-32, 58-62, 68; G. Fabiani, Le missioni in Ascoli di P. Paolo Segneri e di san Leonardo da Porto Maurizio (1689-1739), in Miscellanea Francescana, 60 (1960), pp. 455- 482. 45 Antonio Baldinucci, cf. Repertorio nomi notevoli, pp. 352-353. 46 Scaramelli Giovanni Battista, cf. Repertorio nomi notevoli, pp. 361-362 47 Una copia di questa immagine si può osservare sull’altare del coro interno nel Monastero delle Concezioniste di Ascoli, cf. immagini, pp. 386-387. 29 momenti della missione che rimasero per sempre impressi nella sua mente. Lo Scaramelli, inoltre, autore di classici della spiritualità, fu uno degli autori di riferimento del Marcucci e del primo nucleo delle Pie Operaie48. I francescani riformati del Ritiro di San Bonaventura, con a capo san Leonardo da Porto Maurizio tennero una missione nella città picena dal 5 al 19 aprile 173949, chiamati da Tommaso Marana (Vescovo di Ascoli dal 1728 al 1755). Questa fu per il Marcucci la prima vera missione popolare alla quale partecipò direttamente e il p. Leonardo, il primo missionario che ebbe la fortuna di ammirare, ascoltare, conoscere come modello autorevole50. Da lui il Marcucci apprese lo spirito penitenziale delle missioni, una forma di penitenza di impronta francescana che doveva destare il continuo ricordo della Passione di Cristo; la misericordia e la dolcezza verso i peccatori; la santità che deve avere il missionario e il suo stile di sobrietà; il coinvolgimento della società nella missione con l’erezione di pii sodalizi, monti di pietà, confraternite e diffusione del culto all’Immacolata, di cui il missionario riformato fu uno dei più convinti assertori e diffusori in età moderna. Marcucci partecipò in prima persona all’organizzazione della missione. Si preparò all’evento con un metodo di vita ben delineato: lasciò la casa paterna per ritirarsi in un casino sito in un vasto giardino, dentro la città della signora Ludovica Parisani; andò incontro al missionario fino ad Acquasanta; si mise al servizio del p. Leonardo e lo seguì passo passo per tutto il tempo della missione, osservando il suo metodo, ascoltando i suoi sermoni e discorsi e preparandosi ad una confessione generale. Quest’ultimo aspetto, forse poco sottolineato, può darci la chiave per comprendere la portata dell’impatto spirituale esercitato dal santo francescano sull’animo del giovane chierico ascolano. Alla scuola del celebre missionario il Marcucci imparò a coniugare la scenografia e la teatralità tipica del metodo missionario gesuitico con l’aspetto interiore di conversione e di cambiamento radicale della vita: questo difficile equilibrio sarà una delle caratteristiche non solo del metodo missionario marcucciano ma anche della spiritualità apostolica che vi soggiace. L’intraprendenza, la sagacia e l’umorismo contenuto nel santo francescano furono una scuola di umanità e di santità per il giovane aspirante che non soddisfatto dei quattordici giorni di presenza ad Ascoli del riformato, lo volle seguire fino a Macerata, in un viaggio suggestivo, lungo 48 Per le missioni in Ascoli tra il Seicento e il Settecento, ci siamo riferiti alla Positio, di mons. Marcucci, vol. I, pp. 227-232. 49 Cf. Suor M. P. Giobbi, Mons. Marcucci e alcuni uomini illustri del suo tempo, in Donna educazione società, Torino 1994, pp. 48-56. 50 Katalin Soltész Frattaioli, Leonardo da Porto Maurizio, missionario con un cuore da eremita, Roma 2009, pp. 48-62. 30 e faticoso. Nella città maceratese la sua permanenza si protrasse per nove giorni ancora, offrendo all’intrepido aspirante la possibilità di contrarre nuove conoscenze e amicizie spirituali51. Il bilancio di questa esperienza giovanile fu postivo, da questa scuola efficace di pastorale pratica, il Marcucci uscì confermato nella sua vocazione alla predicazione popolare, formato alla spiritualità del vero predicatore apostolico e pieno di entusiasmo per continuare un ministero per il quale aveva vocazione, doti, e passione52. Anche il cappuccino p. Stefano (Bernardi) da Cesena (1690-1771)53 predicò ad Ascoli durante la giovinezza del Marcucci e la sua predicazione esercitò una certa influenza sul giovane missionario che più volte lo ascoltò e ne trascrisse la predica sulla Penitenza54 . Altri religiosi come i minimi, gli oratoriani, gli osservanti, gli agostiniani scalzi, i carmelitani che avevano conventi nella città picena furono frequentati e consultati dal Marcucci; nella sua formazione teolgica spirituale e pastorale infatti confluiscono tutti i filoni della spiritualità moderna. L’amicizia con i religiosi gli permise di avere un vasto orizzonte di confronto e di accostarsi a opere e personaggi di diversa formazione, da ognuno assumerà quelle note più consoni alla sua sensibilità, conservando rapporti e ricordi con tutte le famiglie religiose menzionate. Attività apostoliche del Venerabile Marcucci 1737-1752 L’attività apostolica giovanile di predicazione e di missioni popolari del Marcucci si è svolta nell’arco di tempo di 15 anni. Egli stesso ne dà notizia nelle Paci, e nell’Istoria delle sante missioni fornendo nello stesso tempo descrizioni e riferimenti precisi sull’indole delle popolazioni evangelizzate, su alcuni eventi che caratterizzarono i giorni della sua permanenza in quei luoghi e sulle persone incontrate. Sono gli anni giovanili che precedono e seguono l’ordinazione sacerdotale (1741). Dal 1737 al 1740 potremmo definirlo il periodo delle esercitazioni di composizione e di predicazione, mentre il successivo è il primo 51 Come san Francesco di Sales, anche il Marcucci fu sensibile all’amicizia spirituale, intesa come legame spirituale che aiuta a progredire verso la santità. Sarebbe interessante raccogliere in un unico volume tutti gli scritti e i profili dei personaggi con i quali il Marcucci ha intrattenuto rapporti di amicizia spirituale per avere un quadro esauriente della sua umanità matura. 52 Cf. Positio di mons. Marcucci, vol. I, pp. 238-243. 53 Cf. Sigismondo da Venezia, Biografia serafica degli uomini illustri, Venezia, 1846, p. 830; Bernardino da Lapedona, Il P. Stefano Bernardi da Cesena missionario apostolico cappuccino, in L’Italia Francescana, vol. XXIV, (1949), pp. 163-168. 54 Il manoscritto autografo del Marcucci si trova in ASC 43. 31 decennio della sua esperienza presbiterale. Durante questo periodo lavora anche per la fondazione della congregazione delle Pie Operaie dell’Immacolata Concezione (1744): un’attività intensa, quasi febbrile se si considera anche l’aspetto itinerante della sua predicazione. Il territorio da lui evangelizzato interessa le diocesi di Ascoli, Teramo, Penne, Atri, Fermo e Ripatransone, al confine tra lo Stato Pontificio e il Regno di Napoli. I luoghi interessati dalla sua predicazione sono piccoli paesi di collina e grandi centri in pianura (Mosciano, Notaresco). Per la maggior parte si tratta di missioni popolari di 8-10 giorni, quaresimali (Monteprandone - Castelli), tridui di predicazione, singole prediche, panegirici per le feste dei santi o per le varie solennità dell’anno. Questi ultimi però sono da ricondurre al periodo giovanile. Nella maggior parte dei casi si tratta di esercizi al popolo in forma di missione. Sono missioni che predica da solo, raramente menziona altri collaboratori chierici o laici. La predicazione itinerante viene svolta in autunno e primavera e interrotta in inverno e in estate, in alcuni casi prosegue per tutto il mese di Giugno. Il 1740, anno del suddiaconato, per prepararsi al sacerdozio interrompe le attività apostoliche. Questa prima fase del suo ministero si conclude con il quaresimale di Monteprandone, preceduto dagli esercizi spirituali al popolo, in forma di rinnovo di missione. Dopo il 1750 la predicazione marcucciana assume connotati di specificità: quaresimali, esercizi e prediche alle monache e alle sue religiose, predicazioni in città, collaborazione con il vescovo Marana e col suo successore, specialmente in preparazione al sinodo del 1760. L’attività che assorbirà le sue migliori energie sarà la composizione di opere di vario genere con una preferenza per testi pedagogici di teologia esegesi e spiritualità, utili alla formazione delle Pie Operaie. L’esperienza delle missioni e della predicazione popolare sarà utile per dare al Marcucci la cifra della situazione della Chiesa e della pastorale nel secolo XVIII. L’esperienza della predicazione rimarrà uno degli aspetti qualificanti di tutta la sua vita tanto da entrare a far parte della ritrattistica e dell’iconografia marcucciana. A tal proposito merita interesse una formella di ceramica (cm. 29x35)55 realizzata a Castelli nel 1746, anno in cui Marcucci vi predicò il quaresimale. L’opera è divisa in due parti, una superiore nella quale viene raffigurato giovane, su un palco, con la zimarra, la berretta, la stola e il crocifisso grande di missione; nella parte inferiore viene riportato il seguente sonetto: 55 Cf. immagine di copertina e a p. 377. 32 Ecco o Castelli56 un nuovo sacro Alcide57, che declamante a tua salvezza io scerno; odilo pur, che il predator d’Averno nell’udirlo da Te fuggir si vide. Mostri, Serpi, Tiranni, Idre omicide58 De viti (l) estinse, spalancò l’Inferno Ai peccatori, e scala al gaudio eterno Cogl’Omer59 Suoi fece a’ le genti Fide. D’abisso il drago ad espugnar si espose, Incatenollo, e stuol d’alme meschine Gli tolse, e nella via del Ciel ripose. E se non terminò l’onde marine Con due colonne, in mar d’inchiostro ei pose Con la sua penna alla virtù confine60. 56 Tra i borghi più belli d’Italia, Castelli è un piccolo comune, situato a 500 mt di altezza alle pendici del Monte Camicia, nello splendido comprensorio del Parco Nazionale del Gran Sasso. Da secoli nota per la produzione di ceramiche, come testimoniano il Museo delle Ceramiche e le numerose scuole artigiane. Di antica tradizione, l’arte della ceramica smaltata fu introdotta a Castelli dai monaci benedettini nel 1100 c., ma solo intorno al 1400 la città conosce un vero sviluppo economico e urbanistico. Si distinse per l’introduzione di metodi di lavorazione innovativi, e per la combinazione di tecniche che rendessero più economica la produzione, favorita dall’abbondanza di legname (per la cottura delle ceramiche) e delle materie prime come l’argilla e i corsi d’acqua (dalla cui macinazione a mulino si otteneva la polvere bianca per lo smalto). 57 Il patronimico poetico che lo definisce è Alcide, derivante da Alceo, suo nonno paterno putativo. Celebri le sue incredibili imprese, quali ad esempio le dodici fatiche che lo vedono affrontare serpenti dalle molteplici teste, leoni dalla pelle impossibile da scalfire, uccelli in grado di sparare piume affilate come lame. Fu venerato come simbolo di coraggio e forza, ma anche di umanità e generosità, anche presso i Romani. Era ritenuto protettore degli sport. Fu onorato in numerosi santuari della Grecia e le sue imprese, espressione dell’altruismo e della forza fisica, lo fecero credere fondatore dei Giochi olimpici. 58 Nella mitologia greca l’Idra è un mostro con nove teste a forma di serpente. 59 Gli omeri stanno per braccia. 60 Ciò che non riuscì a insegnare sulla virtù con la predicazione, lo fece con gli scritti. 33 Attività apostoliche del Venerabile Francesco Antonio Marcucci (1737-1750)61 Data Luogo Ministero Quaresima del 1737 Villa di Fulignano, diocesi di Ascoli Sermoncino sopra Maria Addolorata 1737-1738 Appignano, diocesi di Ascoli Triduo al SS. Sacramento 1737-1738 Appignano del Tronto Panegirico di S. Francesco di Paola 25 gennaio2 febbraio 1738 Appignano del Tronto Prima missione popolare 1737-1738 Tezzano, diocesi di Ascoli Panegirico di San Filippo Neri 1737-1738 Ascoli Triduo all’Immacolata Concezione 1737-1738 Petritoli, diocesi di Fermo Panegirico alla Madonna delle Stelle 1737-1738 Petritoli Predica eucaristica 1737-1738 Petritoli Predica della Santa Croce 1737-1738 Petritoli Triduo di San Luigi Gonzaga 1737-1738 Petritoli Panegirico di San Luigi Gonzaga 14-21 giugno 1739 Monteprandone, diocesi di Ripatransone Missione popolare 8 dicembre 1739 Ascoli Discorso su l’Immacolata Concezione a S. Maria Intervineas 61 Per la stesura della Tabella, oltre alle Paci e all’Istoria delle Missioni, cf. Positio di mons. Marcucci, vol. I, pp. 234, 246-248; vol. II, p. 1319. 34 Data Luogo Ministero 21 agosto1 settembre 1739 Monsampolo, diocesi di Teramo Missione popolare 25 settembre4 ottobre 1739 Ripa Berarda, diocesi di Ascoli Missione popolare 18-30 ottobre1739 Acquaviva (Picena), diocesi di Ripatransone Missione popolare 3-5 aprile 1741 San Vito, diocesi di Teramo Triduo di predicazione con l’amico Ignazio Matteucci 23 aprile1 maggio 1741 Torano, diocesi di Teramo Missione popolare 25-27 marzo 1742 San Vito Triduo di predicazione 6-19 maggio 1742 Mosciano, diocesi di Teramo Missione popolare 18-21 maggio 1742 Morro, diocesi di Teramo Triduo di predicazione 23 maggio3 giugno 1742 Notaresco, diocesi di Teramo Missione popolare 2-9 settembre 1742 Maltignano, diocesi di Ascoli Missione popolare gennaio-febbraio 1743 Monteprandone Missione popolare settembre 1744 Acquasanta, diocesi di Ascoli Missione popolare aprile-maggio 1745 Offida, diocesi di Ascoli Missione popolare maggio 1745 Cellino (Attanasio), diocesi di Penne Missione popolare giugno 1745 Atri, diocesi di Atri Missione popolare giugno 1745 Castelli, diocesi di Teramo Missione popolare febbraio-marzo 1746 Castelli Quaresimale 35 aprile e settembre 1746 Mosciano, diocesi di Teramo Missione e rinnovo di missione settembre 1746 Montorio diocesi di Teramo Missione popolare ottobre 1746 Civita S. Angelo diocesi di Penne Missione popolare marzo 1747 Terra della Guardia diocesi di Teramo Missione popolare marzo 1748 Atri Missione popolare aprile 1748 Montorio Missione popolare giugno 1748 Pianella, diocesi di Penne Missione popolare 1750 Monteprandone Esercizi spirituali al popolo e Quaresimale 36 Missionari popolari gesuiti del XVIII secolo P. Paolo Segneri Iunior stampa anno 1715. P. Giovanni Battista Scaramelli stampa sec. XVIII. 37 P. Giovanni Pietro Pinamonti, stampa sec. XVIII. 38 San Francesco De Geronimo, stampa anno 1716. 39 Pagina autografa di Il Carnovale santificato del 1737; trascrizione a pag. 61 di questo volume. 40 Nota redazionale-metodologica di Maria Paola Giobbi La pubblicazione di questo volume, che raccoglie gli scritti giovanili sull’evangelizzazione, composti dal Venerabile Francesco Antonio Marcucci nella prima metà del Settecento, è una risposta all’invito di Papa Francesco ad uscire dal recinto per portare il Vangelo in ogni realtà. Il Vescovo ascolano ci offre una testimonianza di fede generosa nel donare a tutti il Vangelo, come il bene più prezioso; si avvicina e raggiunge anche i più poveri e chi abita nelle zone periferiche, adattando, con creatività, il contenuto della fede alla capacità degli interlocutori, per riempire il loro cuore di gioia e affidarli alla tenera e premurosa intercessione di Maria. Ringrazio la Superiora Generale Madre Maria Daniela Volpato e il Consiglio delle Suore dell’Istituto, per aver accolto il progetto della pubblicazione; Padre Vincenzo La Mendola, C.Ss.R, per l’impegno nella stesura degli studi introduttivi ai vari scritti marcucciani e per l’entusiamo nel far conoscere, ad ogni occasione, la testimonianza di Marcucci evangelizzatore. Ringrazio il prof. Pietro Alesiani per l’accurata traduzione dei testi latini, la signora Elvezia Di Girolamo che con costanza e competenza accompagna da anni i lavori redazionali dell’Opera Omnia Marcucciana e le consorelle che hanno collaborato alla trascrizione dei manoscritti. “Quando si auspica un ritorno alle origini non è per un amore archeologico per il passato, ma perché questo passato, voluto da Cristo, è finalizzato a tutti i tempi futuri dell’umanità”62. Criteri di trascrizione La trascrizione dei manoscritti autografi del Venerabile Francesco Antonio Marcucci è fedele all’originale. Le sottolineature sono state rese graficamente con il carattere corsivo per snellire la lettura. Le parole scritte in maiuscolo sono state lasciate come nell’originale; alcune parole abbreviate sono state trascritte per intero e le sigle sono state sciolte dentro parentesi rotonde; le parti esplicative aggiunte sono state poste tra parentesi quadre. L’uso delle maiuscole è stato lasciato come nell’originale. Le note alfabetiche sono state trasformate in numeriche e riportate a piè di pagina. Le citazioni bibliche sono state tradotte dal latino e rese secondo le abbreviazioni correnti, mentre le citazioni degli altri Autori sono state lasciate come nell’originale. La distribuzione del testo nelle pagine è stata lasciata come nell’originale, compresa l’evidenziazione dei capo lettera. Nell’indice l’uso della numerazione romana e araba è stata uniformata. 62 Musso Mario, IV di copertina in Da Pietro al Papato, senza data. 41 Nella bibliografia sono state inserite solo le note generali e di riferimento, mentre nelle note anche quelle specifiche. Descrizione dei manoscritti Il presente volume, intitolato Scritti su la predicazione e le missioni popolari raccoglie i manoscritti autografi dell’età giovanile del venerabile Francesco Antonio Marcucci, compresi tra il 1737 e il 1752. Essi sono conservati nell’archivio della casa madre delle Suore Pie Operaie dell’Immacolata Concezione di Ascoli Piceno, Via San Giacomo, 3 e indicati con la sigla ASC seguita dal numero di collocazione. Si tratta di sei volumetti di cui quattro autonomi (ASC 3, ASC 4, ASC 9 e ASC 12) e due conservati nelle miscellanee n. 10 e n. 30. La descrizione di ogni manoscritto segue, per quanto possibile, l’ordine cronologico. Il manoscritto autografo, ASC 3, Il Carnovale santificato, scritto l’8 dicembre 1737 è composto da due fascicoli che misurano mm. 245x170: il primo è composto da quattordici carte, di cui due tagliate; il secondo era originariamente composto da sei carte, ma ne rimangono quattro. I fascicoli sono cuciti al centro con filo di cotone. La lettera introduttiva rivolta Al divoto lettore presenta una numerazione romana aggiunta successivamente a matita da altra mano (da uno a tre), così pure l’introduzione è numerata a matita con numeri arabi, da due a otto. Il resto del manoscritto presenta una numerazione araba originale, da nove a ventiquattro. Il manoscritto è mutilo: infatti al centro sono state tagliate due pagine e la ventiquattro si interrompe senza conclusione. La pagina ventisei è stata aggiunta successivamente, sia perché ha una grafia diversa, sia perché ha una numerazione a matita. Sono presenti richiami “carta per carta”: sui margini inferiori del recto e del verso di ciascuna carta è presente una parte della parola, che si ripete nella pagina che segue. Sui margini, tracciati a inchiostro, spesso sono riportate citazioni di fonti che noi abbiamo inserito tra parentesi rotonde nel corpo del testo. La grafia è minuta, armonica, ben leggibile e distribuita a piena pagina; il contenuto è graficamente suddiviso in capitoli, organizzati a loro volta in paragrafi, evidenziati con capolettera di dimensioni maggiori rispetto al testo. Ci sono rare cancellature e le note sono alfabetiche. Il manoscritto è ben conservato e presenta solo qualche traccia di umidità. La copertina è della stessa carta del manoscritto e contiene il frontespizio dell’opera. La filigrana è costituita da uno stemma circolare al cui interno sono presenti tre monti sormontati da un merlo (cf. dedica dell’opera al vescovo Tommaso Marana, p. 56). 42 Il manoscritto autografo il Carnovale santificato, scritto nel 1739, fa parte della miscellanea n. 10. Il volume è formato da sedici fascicoli con un numero irregolare di fogli, a seconda del contenuto, che misurano circa mm. 200x138, cuciti con filo di cotone. La numerazione, a cifre arabe, è a volte originale e ricomincia su ogni fascicolo che presenta un argomento diverso; altre volte è continua e a matita. Spesso al titolo dell’argomento è riservato l’intero frontespizio del fascicolo. Sono presenti richiami “carta per carta”: sui margini inferiori del recto e del verso di ciascuna carta è presente una parte della parola, che si ripete nella pagina che segue. I margini sono tracciati a secco. La grafia è armonica, ben leggibile e distribuita a piena pagina; a volte è minuta, altre volte più ariosa. Il fascicolo IX intitolato Cento Avvertimenti per un confessore novello di Monache presenta il frontespizio autografo, mentre il contenuto è attribuibile ad altra mano. Il contenuto è graficamente suddiviso in paragrafi: con numerazione araba, a volte romana, altre volte solo con il capo lettera rientrato e più grande del testo. Sono presenti varie cancellature. Qua e là si notano macchie gialle, causate da umidità o macchie di inchiostro. Nell’insieme il manoscritto è ben conservato. La copertina, mm. 210x145, è cartonata e decorata, con quadratini allineati orizzontalmente di colore rosso. Il dorso è pergamenato con delicate decorazioni in oro sui lati, tranne quello in basso. Tra un fascicolo e l’altro, a volte ci sono pagine bianche che permettono di vedere la filigrana della carta, non uniforme in tutti i fascicoli. Sulle pp. 117, 139 e 257 si legge chiaramente a caratteri maiuscoli “ASCOLI”; oppure è ben visibile uno stemma circolare al cui interno sono presenti tre monti sormontati da un merlo e, fuori del cerchio, in basso, è presente la lettera S decorata con due foglioline, oppure la lettera G. Tutte le informazioni ci permettono di ricondurre la tipologia di filigrana alla cartiera papale ascolana. Il manoscritto autografo, ASC 4, Introduzione alla predicazione Vangelica è stato composto il 15 marzo 1740. Il volume, privo di legatura, è composto di tre fascicoli che misurano mm. 195x140, cuciti con filo di refe. Il primo fascicolo è costituito da ventidue carte, il secondo da quattordici carte e l’ultimo da otto carte, di cui le due pagine finali bianche. In questo fascicolo due carte risultano tagliate presumibilmente dall’autore stesso, dato che il discorso continua senza interruzione. La numerazione è originale: con caratteri romani, da uno a quattro, la prefazione; con cifre arabe, da uno a sessanta, il testo. Sono presenti richiami “carta per carta”: sui margini inferiori del recto e del verso di ciascuna carta è presente una parte della parola, che si ripete nella pagina che segue. Sui margini, tracciati a inchiostro, talvolta sono riportate citazioni di fonti che noi abbiamo inserito tra parentesi rotonde nel corpo del testo. 43 La grafia è minuta, armonica, ben leggibile e distribuita a piena pagina; il contenuto è graficamente suddiviso in sette capitoli, di cui alcuni suddivisi in paragrafi, evidenziati con capolettera di dimensioni maggiori rispetto al testo. Gli angoli inferiori delle prime ventiquattro pagine presentano macchie causate da umidità. La copertina è della stessa carta del manoscritto e contiene il frontespizio dell’opera. Gli ultimi due fogli sono bianchi e permettono di intravedere la filigrana, proveniente dalla cartiera papale ascolana e costituita da uno stemma circolare al cui interno sono presenti tre monti sormontati da un merlo. Fuori del cerchio, in alto, è presente la lettera A e in basso la lettera S. Il manoscritto autografo, ASC 12, Direttorio della Santa Missione, è stato composto nel 1742. Il volumetto è formato da un fascicolo di ottanta carte che misurano mm. 125x90, cucito con filo di cotone. Non c’è nessuna pagina bianca; l’ultima è tagliata, anche se il discorso è concluso. La numerazione, a cifre arabe, è originale e va da uno a settantaquattro. Le prime due carte sono prive di numerazione. Sono presenti richiami “carta per carta”: sui margini inferiori del recto e del verso di ciascuna carta è presente una parte della parola, che si ripete nella pagina che segue. Sui margini talvolta sono riportate aggiunte, oppure è disegnata una mano con l’indice puntato per sottolineare l’importanza del contenuto. La grafia è minuta, armonica, ben leggibile e distribuita a piena pagina; il contenuto è graficamente suddiviso in otto capitoli, di cui alcuni ripartiti in paragrafi, con numerazione romana. Sono presenti varie cancellature: il frontespizio titolava l’opera Avvertimenti Prudenziali, cambiato poi in Direttorio e i capitoli erano denominati Avvertimento primo, secondo, ecc. La copertina misura mm. 130x93; è di cartone ricoperto con carta decorata a stelline di colore rosso e verde. Sulla seconda di copertina è riportato il disegno autografo dell’autore per indicare il percorso che predisponeva per la sfilata delle processioni; la terza di copertina, titolata Ricordo è scritta a tutta pagina e termina con la data di redazione dello scritto: 25 aprile 1742. La filigrana si intravede con difficoltà perché le pagine sono di piccole dimensioni; nella parte alta, di scorge un cerchio dentro il quale sono inscritti tre monti sormontati da un merlo. Il manoscritto autografo, ASC 9, Istoria delle Sante Missioni, composta ad Ascoli il 27 marzo 1744. Il volumetto è composto di due fascicoli che misurano mm. 180x130, cuciti con filo di cotone. Il primo è costituito da venti carte; il secondo da dodici di cui l’ultima bianca. La numerazione è originale e a cifre arabe, da uno a sessanta. Sono presenti richiami “carta per carta”: sui margini inferio- 44 ri del recto e del verso di ciascuna carta è presente una parte della parola, che si ripete nella pagina che segue. Sul margine sinistro di pagina trentaquattro, è riportata un’aggiunta che noi abbiamo inserito nel corpo del testo. La grafia è minuta, armonica, ben leggibile e distribuita a piena pagina; i margini sono tracciati a secco. Il contenuto è graficamente suddiviso in cinque capitoli, organizzati a loro volta in paragrafi, evidenziati con capolettera di dimensioni maggiori rispetto al testo. Qua e là si notano macchie gialle, causate da umidità. Nell’insieme il manoscritto è ben conservato. Il volumetto è rilegato con un altro, di dimensioni poco più grandi, intitolato, Succinto ragguaglio della vita, virtù e morte preziosa di mons. Francesco Antonio Marcucci, detto dell’Immacolata Concezione di Ascoli, Patriarca di Costantinopoli, Vescovo di Montalto della marca, Fondatore del Venerabile Monastero delle Pie Operaie dell’Immacolata Concezione della detta città di Ascoli, tirato a norma dello stile tenuto dal medesimo nel notare nel Libro delle Defonte del Monastero la morte delle Pie Operaie, Educande ed altre sepolte nella Chiesa del predetto Monastero. I due manoscritti sono custoditi da una copertina di cartone foderata con carta a decorazioni floreali di mm 209 x 135; sul frontespizio c’è una targhetta con l’annotazione: Documenti preziosi del Fondatore. La filigrana è costituita da una stella a sei punte inscritta in un cerchio sormontato da una croce; nella parte inferiore si intravede la lettera L. Il manoscritto autografo Missioni è una miscellanea, catalogata con il n. 30. Il volume è formato da dodici fascicoli con un numero irregolare di fogli, a seconda del contenuto, che misurano circa mm. 200x133, cuciti con filo di cotone. La numerazione, a cifre arabe, è quasi tutta originale e ricomincia su ogni fascicolo che presenta un argomento diverso. Spesso al titolo dell’argomento è riservato l’intero frontespizio del fascicolo stesso. Sono presenti richiami “carta per carta”: sui margini inferiori del recto e del verso di ciascuna carta è presente una parte della parola, che si ripete nella pagina che segue. Sui margini talvolta sono riportate aggiunte, oppure è disegnata una mano con l’indice puntato per porre l’accento sull’importanza del contenuto. La grafia è minuta, a volte frettolosa, molto più spesso armonica, ben leggibile e distribuita a piena pagina; il contenuto è graficamente suddiviso in paragrafi, con numerazione, a volte romana, altre volte araba. Sono presenti varie cancellature. La copertina, mm. 205x138, è cartonata e decorata con quadratini a scacchi di colore rosso e verde. Il dorso è pergamenato con delicate decorazioni in oro sui lati, tranne quello in basso. Tra un fascicolo e l’altro, a volte ci sono pagine bianche che permettono di vedere la filigrana, non uniforme in tutti i fascicoli. Una tipologia è costituita da uno stemma circolare al cui interno sono presenti tre monti sormontati da un merlo. Fuori del cerchio, in alto, è presente la lettera A e in basso la S; altre 45 volte fuori del cerchio è presente la lettera F. Una pagina mostra una bellissima decorazione della cartiera Cherubini F. Lo stato di conservazione del volume è discreto; sono presenti macchie di umidità e di inchiostro che, tuttavia, non impediscono la lettura. Dalla Miscellanea sono state estratte le prediche per vari giorni della santa Missione e cioè “Introduzione alla S. Missione”, “Predica del Peccato mortale”, “Predica dell’Inferno”, “Predica del Numero dei peccati”, “Predica della Perseveranza”, inserite nel capitolo II di questa pubblicazione e le Paci, inserite nel capitolo VI. Sigle e abbreviazioni ASC= Archivio Suore Concezioniste ACVAP = Archivio Curia Vescovile di Ascoli Piceno BS = Bibliotheca Sanctorum BSC = Biblioteca Suore Concezioniste SDM = Sua Divina Maestà Vr. gr.= Verbi gratia che vuol dire per esempio. 46 capitolo i Il Carnovale Santificato Principalmente colla Pratica Dei Santi Esercizi Spirituali Ascoli, 8 Dicembre 1737 Introduzione di Vincenzo La Mendola Il carnevale è il periodo dell’anno che precede la Quaresima, il nome deriva dall’espressione latina, carnem vale (cioè salutare la carne prima di entare in Quaresima) o anche carnem levare (togliere la carne)63. Per alcuni la data di inizio coincideva con il giorno di S. Stefano, per altri il 17 gennaio64 . In sostanza la festa si limita agli ultimi tre giorni, o al martedì grasso, che precede il mercoledì delle ceneri. Il Carnevale sin dal medioevo si festeggiava con balli, musiche e cortei in maschera: queste usanze erano ritenute sopravvivenze di antichi riti di purificazione, di propiziazione, di fecondità o apotropaici. In Italia la tradizione del Carnevale ha un primato indiscutibile. Il Carnevale di Roma gareggiava con quello di Venezia per grandiosità e per eleganza, ma anche nelle città più piccole e nei piccoli centri il Carnevale assumeva connotazioni legate alle tradizioni locali. La cultura libertina che tendeva a trasformarsi in un orientamento di vita, era promotrice di questo genere di manifestazioni popolari: il Carnevale era espressione di questa nuova mentalità65. Costituiva inoltre l’unico momento nel quale era permesso a tutti di uscire dai propri ruoli istituzionali e immergersi nell’irrazionale, lasciando i criteri delle convenienze sociali e abbandonandosi all’istinto, all’euforia e alla sfrenatezza. Il disciplinamento operato dal Concilio di Trento e la conseguente opera di rievangelizzazione e di moralizzazione dei comportamenti, non poteva non prendere in considerazione il fenomeno del Carnevale che simbolicamente era in stridente contrasto con l’insegnamento evangelico e la morale della Chiesa. Durante il Carnevale venivano disattese e rifiutate le pratiche di pietà e messa in pericolo la moralità ufficiale. Il primo predicatore popolare che cercò di santificare il Carnevale fu il domenicano fra Girolamo Savonarola66, in seguito altri autori spirituali dell’epoca moderna, richiamandosi all’autorità dei Padri della Chiesa e dei Concili, nelle loro opere pastorali, omiletiche e devozionali, riservarono un posto non indifferente alla trasformazione e santificazione del Carnevale, facendone uno degli obbiettivi della predicazione e dell’edu63 Sul rapporto Carnevale - Quaresima si veda: G. Ciappelli, Carnevale e Quaresima, comportamenti sociali e cultura a Firenze nel Rinascimento, Roma 1997. 64 Sull’inizio del Carnevale ogni città aveva le sue consuetudini. Cf. La scena della Gloria, drammaturgia e spettacolo a Milano in età spagnola, a cura di A. M. Cascetta e R. Carpani, Milano 1995, p. 557. 65 Georges Minois, Storia del Riso e della Derisione, traduzione italiana di Manuela Carbone, Dedalo, Bari, 2004, pp. 379-437. 66 Cf. T. S. Centi, Il frate che sconvolse Firenze, Roma 1993. 49 cazione religiosa della coscienza popolare. In questo processo ebbero un ruolo preponderante i gesuiti e i cappuccini, insieme ai missionari popolari e ai predicatori degli ordini religiosi dediti alla predicazione. Già dalla fine del Cinquecento la chiesa concentrava nel periodo del Carnevale alcune pratiche che dessero alla festa profana un tono spirituale: le quarantore, gli esercizi spirituali al popolo, le missioni popolari, furono tra le manifestazioni religiose più diffuse per arginare la violenza e il libertinaggio dei giorni di Carnevale.67 Anche le autorità civili facevano sforzi non indifferenti per arginare le conseguenze di una festa così incontrollabile, in un momento storico nel quale passava da festa civile controllata e diretta dall’autorità a festa popolare incontrollata e sempre meno gestibile68. Il Carnovale santificato del 1737 L’opera pastorale intitolata Il Carnovale santificato di Francesco Antonio Marcucci (8 Dicembre 1737), dedicato al vescovo di Ascoli Mons. Tommaso Marana (1690-1755), olivetano, è uno scritto giovanile nel quale si possono rintracciare le prime esperienze spirituali e le prime esercitazioni oratorie dell’autore. Si tratta di esercizi spirituali ignaziani, esposti a metodo di sagra missione, raccolti dalle opere dei Santi Padri dei concili e dei più saggi Padri e Maestri di spirito69. Nella prefazione al divoto lettore troviamo una disarmante confessione dell’autore, da poco convertito che ci aiuta a capire la sua avversione al carnevale: ancor io lo confesso, che sembrerà stranissimo: poiché un uomo quale io sono per le opere peggior d’un demonio; un cristiano per i costumi peggior di un ebreo; un orribilissimo mostro insomma, di tutte l’iniquità, come avrà tanto ardire di palesar la misericordia la giustizia di Dio? Come aprir bocca in predicar le eterne verità evangeliche? […] come promover la santificazione di giorni così profani un iniquo, che dedito allo sfogo delle sue malvagie passioni, alli lussi e libertà mondane, alli scandali, alle irriverenze, alle ingratitudini e detrazioni. Egli fu il primo a profanarli? Tra queste righe il lettore può cogliere la portata della triste 67 Cf. C. Russo, Chiesa e comunità nella diocesi di Napoli dal Cinquecento al Settecento, Napoli 1984, pp. 391-392. 68 Cf. P. Zenoni, Mercanti e sacerdoti Breve storia del teatro e della festa, Milano 2011. 69 I principali testi dai quali il Marcucci ha attinto il suo Carnovale santificato sono: La pietà ossequiosa, alle feste principali dell’anno, ovvero scelta di belle azioni praticate da’ divoti nelle primarie solennità, raccolte dal Padre Carlo Gregorio Rosignoli della Compagnia di Gesù, in Venezia e in Bassano, per Gio Antonio Remondini, nel 1684; Id., Verità eterne esposte in lezioni ordinati principalmente per li giorni degli Esercizi Spirituali, XII edizione, Milano Malatesta, 1734; Ludovico Antonio Muratori, Esercizi Spirituali, in Modena 1720, (Preceduti dalla Vita del P. Paolo Segneri Junior, di cui la prima edizione è del 1719), nella biblioteca delle Concezioniste è conservata l’edizione del 1745, appartenuta al Marcucci e con sue postille autografe; Carlo Ambrogio Cattaneo S. J., Massime Eterne, in Venezia 1723, presso Bortolo Occhi; Trattato dell’orazione, e meditazione, composto da S. Pietro d’Alcantara de’ Minori Osservanti Scalzi di Spagna […]. In Firenze 1705. 50 esperienza del Maledetto Carnovale del millesettecentotrentacinque che segnò profondamente la vita e la conversione dell’autore70; egli compose l’opera unicamente per due motivi: il primo e il principal motivo è stata una ispirazione straordinaria di Dio, l’altro è stato legger in vari libri sacri quanto sia stato a Dio [gradito] in tali giorni profani l’impiegarsi in opere buone. Alla pratica aggiunge brevi discorsi sopra la SS. Vergine per ogni giorno degli esercizi, rendendo così personalizzata la redazione del suo Carnovale. Nella sua memoria erano ancora vive le immagini dei giorni carnevaleschi, feste baccanali che noi chiamiamo Carnovale, nei quali le città italiane si trasformavano in luoghi di baldoria, musiche, festini, commedie, balli e giochi e in occasioni di amoreggiamenti, di vendette e di omicidi: frutti del carnovale festeggiato. Obbiettivo del Carnovale santificato è quello di trasformare festum Satanae in festum Spiritus Sancti. L’esempio di tanti santi e tanti buoni servi di Dio71 che così santificarono il Carnovale deve spingere all’emulazione: Così dunque ciascun de’ fedeli potrà praticar nel carnovale. Gli esercizi spirituali, sono previsti per una settimana e son bastevoli a mutar il fango in oro72 e affinchè restino viepiù impressi nel cuore, sono disposti quasi ad uso di sagra missione: di questi nell’opera si dà il metodo. Questo ricalca quasi fedelmente quello delle missioni popolari, accentuazioni mariane come la recita ad alta voce del santissimo Rosario e l’assegnare il santo protettore ad ogni persona di qualunque stato a ciò mediante quello possa fare bene i santi esercizi. Frutto degli esercizi sarà la confessione e la comunione generale. L’Esortazione sopra la fuga del Carnovale, è il secondo discorso che il Missionario farà al popolo radunato in chiesa; vi vengono esposti i motivi per fuggire il Carnovale e dedicarsi alla pratica degli esercizi. La prima argomentazione contro il Carnevale è che questo sia nostro nemico, il più fiero, il 70 La sua opinione su i pericoli del Carnevale rimase immutata nel tempo, ne è prova la lettera n. 300 nella quale si allude al Carnovale anche tra “I frati, le monache e gli ecclesiastici secolari”. Cf. F. A. Marcucci, Lettere alle Suore e alle Educande (1742-1797) a cura di Suor Maria Paola Giobbi, Roma 2012, pp. 655-656. 71 I santi proposti nelle meditazioni sono quelli dell’epoca moderna con una preferenza per i santi della riforma cattolica, tra questi il Marcucci inserisce anche S. Emidio, Suor Maria Odoarda Miliani di Ascoli e la Venerabile Girolama Veramonti (1596-1665) nobile ascolana, la quale era solita assegnare il santo protettore ad ogni categoria di persone, pratica che Marcucci ripropone nei suoi esercizi, per promuovere il culto dei nuovi santi canonizzati e per diffondere anche la conoscenza dei santi e servi di Dio ascolani. 72 Gli esercizi spirituali ignaziani proprosti al popolo furono una delle forme di predicazione straordinaria utilizzate dal Cinquecento fino alla prima metà del Novecento. La letteratura a riguardo è sterminata. Marcucci, oltre ad averli ascoltati nella chiesa dei gesuiti di Ascoli nel 1735, anno della sua conversione, ebbe la possibilità di leggere le Notizie Memorabili degli Esercizi Spirituali di Sant’Ignazio, fondatore della compagnia di Gesù, raccolte dal Padre Carlo Gregorio Rossignoli, della Medesima Compagnia, Venezia 1713, presso Paolo Baglioni, un’opera apologetica ed illustrativa nella quale venivano elencate le meraviglie suscitate dagli Esercizi e il modo di ben farli. 51 più crudele, il più tiranno, che abbiamo, senza andar tanto lontano, basta dar lo sguardo ai suoi pessimi effetti. Scoperto il nemico ecco il rimedio per atterrarlo e per vincerlo: mortificazioni, astinenze, la recita del rosario e la meditazione sulla Passione di Gesù. Tra gli esempi più autorevoli nel discorso si fa una parafrasi della vicenda dei sette fratelli Maccabei e della loro Madre, sferzati dall’empio re Antioco a celebrare le feste del Carnovale sotto pena della morte. Al rimedio segue la consolazione: presto le tristezze e le mortificazioni si cambieranno in gioia, come dimostrano i due esempi di santa Caterina da Siena e della nobil donzella di Fiandra, quest’ultimo tratto dall’opera del Rosignoli. L’esortazione si conclude con l’illustrazione del metodo che verrà seguito nei santi esercizi, al mattino per le donne e le zitelle e al pomeriggio per gli uomini. Nel Primo giorno degli esercizi spirituali, vengono riportati tutti gli atti che compongono l’orazione vocale, seguiti dalla pia pratica delle cinque piaghe di Gesù Cristo73. Segue il Catechismo o riforma sopra i santi esercizi spirituali, una istruzione pratica sul modo di fare gli esercizi dello spirito paragonati agli esercizi del corpo. Per fare bene gli esercizi conviene: rientrare in se stesso, discorrere con Dio, pregarlo che in questi giorni ci ispiri a conoscere la sua santissima volontà. Gli esercizi sono il momento per il discernimento sull’elezione dello stato, per esaminar la coscienza e per prepararsi ad una confessione generale. Alla istruzione segue una bozza di meditazione sopra l’ultimo fine dell’uomo, che ci permette di capire quale fosse lo stile delle meditazioni composte dal Marcucci per questa occasione. È interessante per seguire la metodologia marcucciana l’elenco di Prediche per la Santa Missione con i Catechismi, uno schema nel quale sono enun73 La devozione alle Cinque piaghe proposta dal Rosignoli nella suo Carnovale santificato si intitola Pii Ossequi a Cristo crocifisso nel Carnovale, Le piaghe del Redentore rinnovate da’ peccatori. La pia pratica ha origine da una visione di Santa Brigida nella quale le comparve Cristo con le piaghe grondanti di fresco sangue, queste ristorate da’ servi di Cristo con atti di virtù e mortificazione furono visti in un’altra visione di Santa Francesca cambiati in bellissimi raggi: La piaga del piede sinistro rinnovata ne’ festini e ne’ balli viene ristorata con qualche penitenza e con visite al SS. Sacramento e alle Chiese di Maria, e così per tutte le cinque piaghe. E’ interessante notare la pedagogia cristologica di questa pia pratica nella quale, oltre a stigmatizzare i comportamenti pericolosi del Carnevale, veniva offerto un metodo facile per la meditazione della Passione e prescritti atti di devozione e di penitenza che sostituivano i comportamenti licenziosi del Carnevale. Marcucci porterà la devozione alle cinque piaghe in tutte le sue missioni. Alla pia pratica Marcucci aggiungerà una Salve Regina in onore degli atrocissimi dolori della SS. Vergine Maria, rinnovati dai peccatori nel Carnovale e ristorati da’ buoni cristiani con far le opere buone specialmente in quel tempo, per dare anche alla pia pratica gesuitica una impronta mariana: altra opera classica di riferimento per la devozione alle cinque piaghe è Stanza dell’anima nelle piaghe di Gesù, ovvero pratiche usate e insegnate da’ santi per fabbricarsi la stanza in Gesù crocifisso, in vita e in morte, del P. Tommaso Auriemma della Compagnia di Gesù, in Venezia 1706, appresso Nicolò Pezzana, nella quale sono contenute pie pratiche come le hore dolorose e un indice di alcuni titoli delle piaghe cavate da sacri autori, un vero e proprio repertorio per i predicatori (pp. 11-12). 52 ciati i temi delle prediche e delle istruzioni. La prima predica verte sopra la penitenza e la misericordia di Dio. Ripercorrendo le tematiche esposte si può ancora mettere in evidenza l’importanza data dal Marcucci alla confessione, preparata con quasi la metà delle prediche e dei catechismi; è originale la predica sopra l’Immacolata Concezione, inserita all’ottavo giorno e seguita dalle richieste di perdono; il catechismo dodicesimo sopra la fuga degli incantesimi, sortilegi e superstizioni ci permette di entrare negli ambienti popolari e nella loro mentalità, legata al mondo magico; la predica sopra l’educazione dei figli, purtroppo non arrivata fino a noi, denota la sensibilità educativa e l’attenzione ai bambini del Marcucci; il catechismo sopra lo stabilimento di vita è un momento nel quale ognuno prende coscienza della propria vocazione specifica e vengono confermate e incoraggiate le vocazioni locali; il catechismo sopra il giurare, bestemmiare, nominar il nome è indicativo della propaganda antiblasfema che si faceva con le missioni e gli esercizi; è ricercato e arguto il titolo dell’ultima Predica sopra tutte le prediche che sono state fatte, una sorta di criterio per ricavare frutto da tutto il corso degli esercizi. È evidente che non tutte le prediche e i catechismi potevano essere fatti in un corso, ma il missionario poteva scegliere, tra questi proposti, i temi più adeguati al contesto e alla mentalità del popolo. Molte sono le prediche classiche che si possono ritrovare nei vari repertori dei predicatori e missionari popolari, alcune invece sono frutto dell’elaborazione personale di un metodo missionario proprio dell’autore. Il testo è stato trascritto dall’autografo originale in ASC 3 da Suor M. Paola Giobbi e Suor Anna Schiavi. 53 Frontespizio autografo di Il Carnovale santificato del 1737. 54 IL CARNOVALE SANTIFICATO PRINCIPALMENTE COLLA PRATICA DEI SANTI ESERCIZI SPIRITUALI Raccolti, ed esposti quasi a Metodo di SAGRA MISSIONE, Con Aggiunta di un brieve Discorso sopra la Santissima Vergine per ogni Giorno di Essi, DAL CHIERICO Francesco Antonio Marcucci D’ASCOLI. ASCOLI, VIII DECEMBRE, MDCCXXXVII 55 Dedica autografa dell’opera al vescovo Marana Al centro della pagina si intravede il simbolo ricorrente della filigrana: stemma circolare al cui interno sono presenti 3 monti sormontati da un merlo. 56 AL DIVOTO LETTORE e Frutta contro Stagione sogliono esser Causa di eccitar in ogni Animo gran Maraviglia, perché inaspettate, e credute quas’impossibili in tal tempo. In fatti, quel Predicar dell’Apostolo San Paolo all’improvviso nelle Sinagoghe di Damasco la Fede Sagrosanta di CRISTO fu motivo, che gli Ebrei restassero attoniti: Stupebant autem omnes, qui audiebant74; poiché parve Loro un Frutto contro Stagione: mentre ben sapevano, che poco prima era stata di suo piacere la Morte del Protomartire Stefano; e che spirans minarum, et, caedis in Discipulos Domini accessit ad principem Sacerdotum, et petiit ab ipso epistolas in Damascum ad Synagogas: ut si quos inveniret huius viae viros, ac mulieres, vinctos perduceret in Jerusalem75: quindi, senza perdere il Loro costume, cominciaron tra Loro a mormorar di tal Successo76. Ma a dire il vero tal improvvisa Mutazione di San Paolo, non dovea riputarsi Frutto contro Suo tempo; poiché quella Luce celeste, che nel Dilui Viaggio verso Damasco Lo circondò di Splendori interni, ed esterni: et cum iter faceret circum fulsit eum Lux de Coelo77, potè agevolmente mutarlo in un subito da Saulo in Vaso d’elezione. Onde perchè gli Ebrei non vollero considerar la virtù onnipotente di DIO, troppo a torto si maravigliarono in vederlo cambiato da crudelissimo Persecutore della Legge di CRISTO in zelantissimo Apostolo della medesima. Quindi a loro scorno, e confusione lo videro sempre più divenire forte nella Santissima Fede cristiana: Saulus autem multo magis convalescebat, et confundebat Judeos78. Parerà cosa stranissima, che io siami accinto ad un’Impresa così alta, e così eccedente, non solo le mie deboli forze, ma anche quelle dei più saggi Padri e Maestri di Spirito, quale è quella di raccogliere, ed esporre fortissimi Motivi di santificar certi giorni, tanto protetti da demoni, tanto festeggiati da Popoli, tanto appestati da peccati, con infinito dispiacere di CRISTO, con grandissimi Pianti di Santa Chiesa Cattolica, e con indicibile discapito delle Anime Cristiane, volea intendere, il Carnovale. Ancor io lo confesso, che sembrerà stranissimo: poiché un Uomo quale io sono per le opere peggior d’un demonio; un Cristiano per i costumi peggior d’un ebreo; un orribilissimo mostro, in somma, di tutte l’iniquità, come avrà tant’ardire di palesar la 74 “Stupivano tutti quelli che lo ascoltavano” (At 9, 1). 75 “Paolo fremente minacce e stragi contro i discepoli del Signore si presentò al sommo sacerdote e gli chiese lettere per le sinagoghe di Damasco affinchè, se trovasse alcuni uomini e donne di questa dottrina, li conducesse in prigione a Gerusalemme” (At 9, 3). 76 Cf. At 9, 21. 77 “E facendo il viaggio lo avvolse una luce dal cielo” (At 9, 3). 78 “Saulo poi guariva ancor di più e confondeva i Giudei” (At 9, 22). 57 misericordia, la Giustizia di DIO? Come aprir bocca in predicar le eterne verità evangeliche? Peccatori dixit Deus: quare tu enarras Justitias meas, et assumis Testamentum meum per os tuum!79 Come promover la santificazione di giorni sì profani un Iniquo, che dedito allo sfogo delle sue malvagie Passioni, alli Lussi, e Libertà mondane, alli Scandali, alle irriverenze alle ingratitudini, e detrazioni. Egli fu il primo a profanarli? Come procurar di liberar Anime Cristiane dalla schiavitù diabolica, chi impiegò in ogni momento della Vita passata, e Potenze dell’Anima, e Sentimenti del Corpo in gravissime offese di DIO? Tu vero odisti Disciplinam, Ah che troppo giustamente DIO mi rimprovera per il Profeta, et proiecisti Semones meus retrorsum: si videbas furen currebas cu meo: et cum adulteris portionem tuam ponebas. Os tuum abundavit malitia: et Lingua tua concinabat dolos. Sedens ad versus Fratrem tuum loquebaris, et adversus Filium matris tuae ponebas scandalum80. Di me giustamente potrà dir ognuno nel vedermi accinto a tal’Impresa: Nonne hic est, qui exspugnabat in Jerusalem eos, qui invocabant Nomen Christi?81 Non è forse questo quell’uomo, per le sue Azioni, diabolico che nella Santa Chiesa espugnava a forza d’infernali persuasioni quei, che cercavano essere fedeli a CRISTO? Nonne hic est, qui huc ad hoc venit, ut vinctos illos duceret ad Pricipes Sacerdotum!82. Non è forse questo quello, che perciò veniva nelle Piazze, nelle Strade, nelle Chiese, nelle Case, per portar Legati a Principi dell’Abbisso i Seguaci del Santo Vangelo? Ma pure, benchè tutto ciò sia verissimo, per mia maggior Confusione, acciò questa mia Impresa non si reputi tanto, frutto fuori di stagione, e non comparisca così strana, dirò qui i due motivi, che mi hanno indotto ad assumerla, chiedendo prima umilmente Perdono di tutti i miei peccati a’quel caro Signore IDIO infinitamente buono, che con un Miracolo de’ Miracoli si è degnato pur di darmi tempo di Penitenza, quale mi conceda appieno, con fermo, e stabile Proposito di mai più commetterli; desiderando con quello stesso cuore del Santo Penitente Re Davide, dire umiliato: Peccavi Domino83 fermamente sperando dalla sua infinita Misericordia, che il Profeta Ezechiele mi fa intender di fede: Si autem impius egerit penitentiam ab omnibus peccatis 79 “Disse Dio al peccatore: perché narri le mie giustizie e hai sempre in bocca la mia alleanza? (Sal 49, 16). 80 “E hai gettato alle spalle le mie Parole: se vedevi un ladro, correvi con lui, e facevi la tua parte con gli adulteri. La tua bocca abbondò di malizia e la tua lingua produceva inganni. Sedendo parlavi contro tuo fratello e ponevi inciampo contro il figlio di tua madre” (Sal 49). 81 “Non è costui che combatteva in Gerusalemme coloro che invocavano il nome di Cristo?”. 82 “Non è costui che venne qui per questo, per condurli prigionieri ai principi dei Sacerdoti?” (At 9, 21). 83 2 Sam 12, 13. 58 suis, quae operatus est, et custodierit omnia praecepta mea: vita vivet, et non morietur. Omnium iniqitatum eius, quos operatus est non recordabitur84; sperando, dico, fermamente di ottenerne il Perdono; e quindi udir anch’io quel che il Profeta Natan rispose a Davide: Dominus quoque transtulit peccatum tuum: non morieris85. Il primo dunque, e principal Motivo, che mi ha indotto a scriver questo Carnovale Santificato, è stata un’Ispirazione straordinaria di DIO, il quale infirma mundi elegit, ut confundat fortia86, si è degnato elegger me miserabilissimo acciò, veramente confondendomi, mi risolva ad amarlo; e con questo procuri, che altri facciano lo stesso per contracambiare quelle tante industrie da me prima usate per tirarli all’inferno. L’altro motivo poi è stato il legger in vari Libri Sacri, quanto sia stato a DIO [gradito] in tali Giorni profani l’impiegarsi in opere buone, come fiori fuor di tempo; quanto si sieno affaticati Santi Padri, e Scrittori in raccomandarlo nei loro Volumi; e quanto i Santi, e buoni servi di DIO, a costo di sudori, di viaggi, e di asprissime penitenze di introdurlo. Ecco dunque perché mi sono indotto ad esporre i Motivi per santificar il Carnovale. Ma perché in tal tempo i Mondani si scordano affatto delle Verità Evangeliche, che è la causa, onde il mondo sempre più vada in rovina: Desolatione desolata est omnis terra, quia nullus est, qui recogitet corde87, perciò non vi è cosa più buona per ritirarli dalle libertà e feste diaboliche, che ridurre alla loro Mente i Novissimi, ed altre Massime Cristiane. Quindi mi è parso, per poter meglio vedere Santificato il Carnovale, di raccogliere dalle opere mirabili di San Francesco di Sales, dal Trattato dell’Orazione di San Pietro D’Alcantara88, dalle Verità eterne del P. Carlo Gregorio Rosignoli89, dagli Esercizi Spirituali di Lodovico Antonio Muratori90, e da 84 “Ma se l’empio avrà fatto penitenza di tutti i suoi peccati che commise e avrà custodito tutti i miei precetti, vivrà e non morirà. Non si ricorderà di alcuna delle colpe commesse (Ez 18, 21-22). 85 “Il Signore ha perdonato il tuo peccato; tu non morirai” (2 Sam 12, 13). 86 “Scelse le cose deboli del mondo per confondere i forti” (1 Cor 1, 27). 87 “Tutta la terra è completamente desolata poiché non c’è chi se ne preoccupi” (Ger 12, 11). 88 San Pietro D’Alcantara, cf. Repertorio nomi notevoli, pp. 354-355. 89 P. Carlo Gregorio Rosignoli, gesuita da Borgomanero (1631-1707) è autore di numerose opere apologetiche e teologiche. Quella cui fa riferimento il Marcucci si intitola Verità eterne, esposte in lezioni ordinate principalmente per li Giorni degli Esercizi Spirituali. XII edizione, Milano, Malatesta, 1734. Fortunata opera del padre Rosignoli, ispirata agli Esercizi Spirituali di S. Ignazio di Loyola ed articolata forse in modo più immediato in funzione degli esercizi di devozione. Apparsa per la prima volta nel 1689, fu poi impressa con “privilegio” dall’editore Malatesta a partire dal 1699 ripetute volte. Assai curiose le figure in rame, di piglio efficace e popolaresco, che accompagnano ogni lezione. Cf. Repertorio nomi notevoli, p.361 90 Lodovico Antonio Muratori (Vignola 1672 - Modena 1750); cf. Repertorio nomi notevoli, p. 359. Il libro dell’autore che cita il Marcucci è conservato ancora oggi nella sua Biblioteca, BSC, collocazione n. 1313, stampato in Venezia 1745. 59 altri Sagri Libri; ed esporre con semplice stile i Sagrosanti Esercizi Spirituali ordinati quasi a Metodo di Sagra Missione, che contengono il tutto necessario a riscuoter gli Animi addormentati nel Sonno del peccato, con aggiunta di un Discorso sopra la Santissima Vergine per ogni giorno; acciò ognuno, mediante tal Santo Impiego, riscosso, o dall’Amore, o dal Timore, possa lasciar per sempre ogni vanità diabolica, ed ogni Offesa di DIO. Vero è, che tali Santi Esercizi si sono accomodati con tal Metodo, quale verrà esposto nella Introduzione, per darsi dal Direttore nelle Terre, ed altri Luoghi pubblici; ma non è però, che non sieno anche per essere utilissimi a chiunque vorrà farli in privato; potendo esercitar da sé, ciò che vien prescritto per il Pubblico. E con ciò spero dall’infinita Misericordia di DIO veder introdotto nelle Terre, ed altri Luoghi, sì pubblici, che privati il Carnovale Santificato; e quindi, ponendo sotto i piedi ogni ambizione e gloria del mondo, ho gran fiducia, che queste mie picciole fatiche debbano servire alla maggior Gloria di DIO, della Santissima Vergine MARIA, e alla salute dell’Anima mia, e del Prossimo. Così sia. 60 INTRODUZIONE AL CARNOVALE SANTIFICATO iccome non trovasi Lode proporzionata al merito di questi buoni Cristiani, che per via di Mortificazioni, e di esercizi di buone virtù procurano di vivere secondo lo Spirito; così all’opposto non trovasi biasimo competente alla malizia di quei Perversi, che, per mezzo di licenziose libertà, di lussi, e di vanità mondane, cercano di vivere secondo la carne e secondo il mondo. Quelli, avvalorati dalla Grazia Divina, col tener mortificate le Passioni, allontanati gli strepiti, e debellati gli inganni, rinnovano nella sagre Feste lo Spirito di Divozione, essi muovono i dovuti Ringraziamenti, e fervorose imitazioni: questi, accecati dalla carne, delusi dal mondo, e legati dal demonio, si danno a briglia sciolta nelle Feste alle vanità, s’immergono in mille dissolutezze; e con somma puntualità si spingono a diaboliche Imitazioni. Quali siano queste Feste sì licenziose, ognun lo sa, che sono appunto quelle Feste Baccanali, che noi chiamiamo Carnovale, allorquando il mondo si dà a pieno a sfrenati diletti, a balli, a conviti, a festini, alle veglie, a commedie, alle maschere, alle crapole, e a mille bogordi e spettacoli, in somma, a mille offese di DIO. Vera Invenzione de’ Gentili, o per dir meglio, del demonio per mezzo de’ Gentili, allorchè ogni tre anni nel primo Giorno di Gennaio sopra vari monti vicino a Tebe, celebravano la Festa del loro dio favoloso Bacco, e della loro favolosa dea Strenua, facendo urli, strepiti, maschere, e salti sconcertati; e dandosi totalmente alle ubriachezze, a giuochi, a laidezze, e ad altre sacrileghe superstizioni 91. O quanto piange la Santa Chiesa in questi Giorni Carnovaleschi in ve- dere tanti suoi Figli, che scordatisi dell’esser Cristiano, voltano le Spalle al Sagrosanto Vangelo, si dichiarano apertamente seguaci di quelle empie Feste gentilizie: quindi in tali giorni vestendosi di Paramenti da lutto, propone loro nel Vangelo la dolorosa Rimembranza della Passione dell’amabilissimo REDENTORE92, ed esorta il Genere umano a Penitenza93. Anzi anticamente da Santa Chiesa, come osserva il dottissimo Padre Tomassino con Altri94 , e come riferisce il P. Ignazio Giacinto Amat De Graveson95, fu imposto un pubblico digiuno nel primo Giorno di Gennaio per queste diaboliche feste de’ Gentili, acciocchè, e loro potessero ottener da DIO la Conversione, e i Cristiani, impiegati in tali opere di Pietà, aborrissero affatto quei diabolici 91 Calepin: U.bo Bachanalia. Thomasinus e Soc. Jesu, Lib. 2, De Festis, cap. 8. 92 Ivi. 93 Ivi. 94 Thomassin: loc. cit. Faustinus Episcopus, Ser: in Kal: Januarii. P. Franciscus Chiffletio e soc. apud Bollandum tomo I, mensis Januar. pag. 3. 95 Tomo I De Myst: et Ann. Christi, Dissert. 9, Quaeres. 2. 61 riti: Propter illas nefandas Ethnicorum Superstitiones, così l’Istorico, Pubblicum Kalendis Januarii fuit ab Ecclesia indictum Jejunium, tum ut, exorata divina Clementia, ethnici ad meliorem frugem adduci possent, tum etiam, ut Christiani, Pietatis operibus vacantes, ab illis diabolicis ritibus omnino abhorrerent96. Infatti sin a tanto che un Gentile sia seguace de’ Riti gentilizi, pure in qualche modo si può intendere, benché il solo Lume di ragione a far aborrire basta cose sì contro la Natura stessa, come per appunto fu l’empio Re Antioco, mentre leggesi nel Secondo Libro de’ Maccabei, che fe’ bandire in Gerosolima le Feste baccanali: Cum Liberi, idest Bacchi, sacra celebrarentur97: ma che se un cristiano, che per parlar con l’Apostolo, debitores sumus non carni, ut secundum carnem vivamus98, abbracci tali Solennità secondo i Gentili, che quanto a dire, secondo la Carne, e il Mondo, oh questo sì che è somma cecità, che non può capirsi. Gli Ebrei, come leggesi nel Luogo citato de’ Maccabei, non solamente erano invitati dal cattivo esempio de’ Ministri gentili di Antioco, a sacrificare a Bacco, a mascherarsi d’ellera, a mangiar le carni proibite dalla Legge, e a voltar le Spalle a DIO, e ai suoi Precetti, ma di più furono sforzati da quei Crudeli sotto pena della morte: Qui compelleret Judeos, ut se transferrent a patriis, et Dei legibus… et cum Liberi Sacra celebrarentur, cogebantur haedera coronati Libero circuire… Avversus Judeos agerent, ut sacrificarent: eos autem, qui nollent transire ad Instituta Gentium, interficerent99. E pure, o grand’Esempio di Fedeltà a tutti i Cristiani, si esposero piuttosto a generosa morte, che volessero consentire a sì diabolici Riti. Quindi non spaventandoli, né il veder per tal cagione precipitati dalle mura due teneri Bambini circoncisi100, né il mirare mandati alle Fiamme altri Ebrei, che ascosi nelle prossime Spelonghe santificavano il Sabato101, sempre più si stabilivano nell’Osservanza de’ divini Comandamenti. Allora avvenne quella gloriosissima Impresa del Santo Vecchio Eleazaro, che destinavit non admittere illecita propter Vitae Amorem102. 96 “Per quelle nefande superstizioni dei Pagani, fu indetto dalla Chiesa un pubblico digiuno il primo di gennaio, e perché i Pagani, pregata la divina Clemenza, potessero essere condotti ad un migliore pasto e anche perché i cristiani, che sono privi delle opere di pietà, si allontanassero completamente dai quei riti diabolici”. 97 “Venendo celebrate le feste di Libero, cioè di Bacco (2 Mac 6, 7). 98 “Non siamo debitori alla carne, per vivere secondo la carne (Rom 8, 12). 99 “Il quale costringesse i Giudei a trasferirsi dalle leggi Patrie e di Dio … e celebrando i sacri riti bacchici venivano costretti ad andare intorno alla statua di Bacco coronati di edera … costringessero i Giudei a sacrificare: ma uccidessero quelli che non volevano passare alle istituzioni dei Gentili (2 Mac 6, 1; 8-9). 100 2 Mac 6, 10. 101 2 Mac 6, 11. 102 “Decise di non commettere peccati per amore della Vita” (2 Mac 6, 20). 62 Allora quella gran Generosità de’ sette Fanciulli Maccabei con la loro invittissima Madre, che subito risposero: Parati sumus mori ed invicem una cum Matre se hortabantur mori fortiter103. Quali tutti, né le Preghiere di Amici, né Minacce di Nemici, né la Presenza d’atroci tormenti poterono mai rimuovere dal Santo Proponimento, fino a tanto che l’Uno alla Vista dell’Altro, per non prevaricare dalla Legge di DIO, ricevè la corona del Martirio sotto le più barbare carneficine, che inventar sapesse la Crudeltà medesima104 . E pure i Cristiani senza Esempio de’ Gentili, senza minacce di morte, anzi in faccia a tanti Lamenti di Santa Chiesa, a tante Opere pie, a tante Ammonizioni, a tanti Aiuti, si danno a briglia sciolta alle Solennità Baccanali, a consuetudini sì diaboliche; e invitandosi l’un l’altro, vanno schiamazzando: Venite, fruamur bonis, impleamus nos vino. Nullum sit pratum, quod non per transeat luxuria nostra105. O Cecità, o Malizia, o Follia! E quel che apparisce più mostruoso si è, che, come deplora il Cardinal Bellarmino106, quelle Feste, che appresso i Gentili erano sì di rado, sì semplici, sì brevi, appresso i Cristiani sono fatte in ogni Anno, doppie, e lunghissime. O quanto ancor poco saria un Mar di Lagrime per pianger tante perdite dei poco avveduti Fedeli, che dopo essersi affaticati quasi un Anno in agevolarsi la Strada del Cielo, in un momento la perdono, e s’incamminano verso quella dell’Inferno: Ducunt in bonis dies suos, et in puncto ad inferna descendunt107. O Miseria! O Miseria! Ecco i frutti del Carnovale festeggiato: Libertà scandalose, che si ricavano da festini, da commedie, e dalle maschere: Amoreggiamenti profani, che si ritraggono da’ Balli, da’ Conviti, da’ Veglie, da’ Lussi, e da’ Conversazioni: Spettacoli diabolici, che nascono dalle crapole, dalle ebrezze, e da particolari confidenze licenziose. Ecco i frutti del Carnovale festeggiato: Frequenza de’ santissimi Sagramenti abbandonata: rispetto alle Chiese, a’ Sacerdoti, a’ Superiori perduto: Esercizio di Orazioni, di visite di Chiese e di altre pie Opere lasciato: Legge sacrosanta di CRISTO calpestata. Ecco per fine i frutti del Carnovale festeggiato: Grazia divina perduta: Abiti pessimi, e Compagnie de’ demoni acquistate e atrocissime Pene nell’Inferno meritate. O maledetto Carnovale, causa di tanti danni, di tante Rovine sì pregiudiziali all’Anima e al Corpo! Ora sì, bisogna pur confessarla, che quei Cristiani, che 103 “Siamo pronti a morire … e vicendevolmente, insieme con la madre, si esortavano a morire coraggiosamente” (2 Mac 7, 2; 5). 104 2 Mac 7; Sap 2, 6-8. 105 “Venite, usiamo dei beni, riempiamoci di vino. Non ci sia prato che non sia attraversato dalla nostra lussuria” (Sap 2, 6-8). 106 Conc. 26 in Quinquag. 107 “Conducono i propri giorni in mezzo ai beni, e in un momento scendono agli inferi” (Gb 21, 13). 63 abbracciano riti gentilizi sì diabolici o hanno perduto affatto l’Uso di ragione, o non si curano punto della Salvezza delle loro Anime. Con gran Ragione, dunque, dalla Sacra Scrittura, da Sacri Concilii e da’ Santi Padri e Dottori vengono con gran calore riprese tali baccanali solennità. Ed ammoniti i Fedeli, a ciò affatto da quelle si allontanino. Nell’Ecclesiastico al decimo ottavo, per tacer di mille altri luoghi, si legge: Post concupiscentias non eas, et a voluntate tua avertere. Ne oblecteris in Turbis108; e nell’Epistola agli Efesini al quarto l’Apostolo vuole, che neppur si nominino tra i Cristiani le Pazzie, le Immondezze, e le Buffonerie: Fornicatio autem, et omnis Immonditia, aut avaritia, nec nominetur in vobis, sicut decet Sanctos:aut turpitudo, aut stultiloquium aut scurrilitas. Nemo vos seducat inanibus verbis, propter haec enim venit Ira Dei in Filios diffidentiae. Nolite ergo effici participes eorum109. Il Concilio Romano, tra gli altri, celebrato nell’Anno di CRISTO Redentore nostro 742, sotto Zaccaria sommo Pontefice, strettamente proibì, come racconta il Graveson, ai Cristiani l’osservanza di queste sacrileghe Superstizioni, e profani riti de’ Gentili. Lo stesso fecero prima i Concilii Turonense II nel canone vigesimo terzo, ed Altisiodorense celebrato nell’Anno 614, nel Canone primo: Concilium Turonense secundum, così lo Storico, Canone 23; Altisiodorense canone primo, et Concilium Romanum sub Zacharia Summo Pontifice coactum, districte vetuerunt, ne Cristiani has sacrilegas Paganorum Superstitiones, et prophanos ritus observarent110. I Santi Padri poi con qual zelo scrivessero contro tali Solennità, e con qual spirito ammonissero i Cristiani, a ciò fossero lontani da quelle, lasciando da parte ciò che mirabilmente sopra di questo registrarono San Pier Grisologo nel Sermone 155, San Massimo nell’Omelia in Kalendis Januarii, ed altri Sacri Dottori, potrà a pieno ritraersi da quel che scrisse Sant’ Agostino nel Sermone Settimo in Append: Sirmundi, parlando ad un Cattolico: Sei già disposto, dice egli, a celebrar le Feste baccanali ad imitazion de’ Gentili, a giuocar alle carte, ad ubriacarti? Come dunque altro credi, altro speri, altro ami? Danno quelli le mance, date voi l’elemosine: convocansi quelli con Canzoni lussuriose; convocatevi con Discorsi sacri: 108 “Non andar dietro ai desideri e non allontanarti dal tuo volere. Non dilettarti nella folla” (Sir 18, 30-32). 109 “La fornicazione poi e ogni immondizia e avarizia neppure se ne parli tra di voi, come conviene ai Santi: ugualmente delle cose turpi, stolti o scurrili. Nessuno vi seduca con parole vane, per queste cose infatti viene l’ira di Dio verso i figli della diffidenza. Non vogliate dunque essere partecipi di loro”. 110 “Il Concilio Turonense secondo, al canone 23; quello Altisiodorense, canone primo, e il Concilio romano indetto sotto il Sommo Pontefice Zaccaria vietarono assolutamente che i cristiani osservassero queste superstizioni sacrileghe e i riti profani dei Pagani (Tomo I, De Myster et Annis Christi, Dissert. 9, Quaer. 2; et tomo II, Historiae Eccles. Nov. Testam. Secundu 6, Colloq. 3). 64 corrono quelli al Teatro; voi correte alla Chiesa: quelli si ubriacano; voi digiunate: Acturus es celebrationem strenarum sicut Paganus, lusurus alea, et inebriaturus te? Quommodo aliud credis, aliud speras, aliud amas? Dant illi strenas date vos elemosinas; advocantur illi cantionibus luxuriarum, advocate vos Sermonibus Scripturarum; currunt illi ad Theatrum, vos ad Ecclesiam; inebriabuntur illi; vos iejunate. E sopra il Salmo 98: Per istos autem dies, dice, ad hoc jejunamus, ut quando ethnici laetantur, nos pro ipsis gemamus111. O volesse il Cielo, esclama con gran Zelo il sopraccennato Graveson, volesse il Cielo, che a queste Leggi sapientissimamente fatte da Concili e a queste fervorose Esortazioni de’ Santi Padri ubbidissero i Cristiani! Quibus Legibus a Conciliis sapientissime conditis et Sanctorum Patrum adhortationibus utinam obtemperarent Christiani, quorum bene multi Bacchanalium, ut vocant, temporibus, luxui, epulis, spectaculis, et coreis passim indulgent, atque per vicos larvati circumcursantes, paganorum instar, etiamnum insanire solent112. Io però spero fermamente nell’infinita Misericordia di DIO, e nella In- tercessione della SS.ma V. MARIA, Concetta senza peccato originale, e senza debito di contrarlo, e desidero con tutto il Cuore, che quella Grazia di DIO Salvador nostro, che per parlar coll’Apostolo113, comparve a tutti gli uomini, ammaestrandoli a dinegare ogni Empietà, ed ogni Desiderio del mondo, a ciò sobriamente, giustamente, e piamente vivessero in questo Secolo, aspettando la beata Speranza, e la venuta della Gloria di Gesù Cristo, spero dico, e desidero, che abbia di nuovo a comparire nel Cuore di ciascuno de’ Fedeli, ammaestrandolo a lasciare ogni mondana, e diabolica vanità, a ciò viver possa, non secondo il secolo, e la carne, ma secondo la Legge Vangelica, e lo Spirito: stante che qui in carne sunt Deo placere non possunt. Et si secundum carnem vixerint, morientur114. Affidato dunque su questa Misericordia divina, e Protezione della Riparadrice del Genere umano, avrò la contentezza di veder le Feste Carnovalesche, santificate con Riti di religiosa Pietà; e per parlare 111 “Stai per fare la celebrazione delle strenne come un Pagano, stai per giocare ai dadi, e per inebriarti? In che modo tu credi una cosa, speri un’altra e ami un’altra? Quelli distribuiscono strenne, voi distribuite elemosine; quelli vengono convocati con canzoni lussuriose, voi radunatevi con discorsi delle Scritture; quelli corrono al teatro, voi in Chiesa; quelli si ubriacheranno, voi digiunate. E sopra il Salmo 98: In questi giorni per questo noi digiuniamo perché, quando i pagani si rallegrano, noi piangiamo per essi”. 112 “Perché i cristiani ottemperassero a queste leggi fondate con molta sapienza dai Concilii e dalle esortazioni dei santi Padri e molti di questi cristiani al tempo dei Baccanali, come li chiamano, indulgono al lusso, ai banchetti, agli spettacoli e alle danze e attraverso i vicoli andando in giro mascherati, a mo’ dei pagani sono soliti perfino impazzire” (Graveson Doctor Sorbonicus, tomo I, De Myster. et Annis Christi, loc. cit). 113 Tit 2, 11-13. 114 “Coloro che sono nella carne non possono piacere a Dio. E se sono vissuti secondo la carne, moriranno” (Rom 8, 8-13). 65 con il Bellarmino, Festum Satanae facere Festum SPIRITUS SANCTI115. Di fatti così santificarono il Carnovale tanti Santi, e tanti buoni Servi di DIO, che veramente conobbero li grandissimi Danni, che da esso nascevano. Santa Caterina da Siena116 se ne stava in tali giorni sempre ritirata a piangere le grandi Offese, che si facevano al Signore. Santa Francesca Romana con gran compassione orava innanzi al Crocefisso. San Francesco Saverio per li Balli si cingeva asprissime Funi alle gambe. Santa Maria Maddalena de Pazzis117 visitava spesso il Santissimo Sagramento, e gli Altari della Santissima Vergine, e vi vegliava anche di notte. Il Beato Enrico Susone per tutto questo tempo si asteneva da ogni cibo. Santa Geltrude118 ogni Giovedì di Carnevale si comunicava con straordinaria Divozione. San Francesco di Sales lasciava in tali Giorni ogni sorta di ricreazione. San Filippo Neri tirava la Gioventù a’ Sagri Oratori. San Francesco di Assisi per più ore riguardava il Crocefisso con occhi lagrimosi. San Carlo Borromeo119 faceva grandissime Penitenze. San Luigi Gonzaga, sforzato andare ad un Festino, non alzò mai gli Occhi. Sant’Ignazio di Lojola120 per impedire un peccato d’un Impudico, si mise in acqua gelata sino al collo per molte ore. San Francesco Borgia121, essendo Duca di Candia, e dovendo mal suo grado intervenire nella corte di Carlo V ad una Festa di Dame, si coprì sotto le Vesti principesche d’orrido cilizio. Cornelia Lampugnana122 dama milanese, costretta andare ad un Festino, si pose molti ceci negli attillati calzari, affinchè danzando le sovvenisse la Passione del Redentore. Il piissimo Cavaliere Gio. Battista Vitelli123 radunava con sagri discorsi la nobile Gioventù, e la conduceva con solenne Processione a ricevere il Divin Sagramento: innanzi a cui egli stava le giornate intere digiunando, meditando la Passione del Salvatore, e prorompendo spesso in quest’esclamazioni: Viva l’Amor di Dio: muoia l’Amor del mondo. Una nobil Donzella di Fiandra, rinunziando di andare a Balli, se ne stava ritirata sempre in camera, dedita a celesti meditazioni124 . La venerabile Girolama Veramonti Nobile Ascolana125 costretta andare in casa da alcuni suoi Parenti, dove si 115 “Rendere la festa di Satana, festa dello Spirito Santo (Conc. 26 in Quinquag.). 116 Caterina Benincasa da Siena, cf. Repertorio nomi notevoli, p. 353. 117 Santa Maria Maddalena de Pazzis, cf. Repertorio nomi notevoli, p. 355. 118 Santa Geltrude, cf. Repertorio nomi notevoli, pp. 356-357. 119 Carlo Borromeo, cf. Repertorio nomi notevoli, pp. 354. 120 Di Loyola Ignazio, cf. Repertorio nomi notevoli, p. 356. 121 Scipione Sgambati, Angelo Barbanti, Ragguaglio della vita di s. Francesco Borgia duca di Gandia, Grande di Spagna. E hora ristampato con l’aggiunta de’ miracoli cavati da processi autentici della sua canonizatione, per il Varese, 1671, Biblioteca Nazionale Centrale di Roma. 122 Porro Ippolito, Vita, e morte della Sig. Cornelia Lampugnana Ro, gentildonna milanese di gloriosa memoria in bontà, e virtù Christiane… Con l’aggionta d’alcuni suoi esercitij spirituali, e altre orationi. Milano, 1626. 123 Giovanni Battista Vitelli, cf. Repertorio nomi notevoli, p. 363. 124 Rosignol. In Pietat. Obseq. In Bachanal. Sanctific. 125 Girolama Veramonti, cf. Repertorio nomi notevoli, p. 363. 66 faceva una Ricreazione, si pose dentro le scarpe delle fave sì dure e tormentose, che ad ogni passo pativa gran tormento; e in tutte quelle ore mai si pose a sedere, ma o con camminare, o con star in piedi tenne sempre dietro alle Orme insanguinate del suo Signore126. E così altri moltissimi buoni Cristiani. Così dunque ancora ciascun de’ fedeli potrà praticar nel Carnovale. Ma per aver qualche Rito di religiosa Pietà per santificarlo, vengono qui appunto proposti i Sagrosanti Esercizi Spirituali, che son bastevoli a mutar anche il fango in oro; disposti quasi ad Uso di Sagra Missione, acciocchè restino viepiù impressi nel Cuore. Quindi potran principiarsi nel cominciar del Carnovale, per aver pronto lo scudo da riparar tutti i colpi, che si scagliano da un sì fiero Nemico: e quando dura l’Assedio, altrettanto potria durare tal Difesa. Ma perché ciò recherebbe al Popolo troppo incomodo, stante che il Carnovale dura alle volte tre, e quattro Settimane, quindi vengono qui ridotti ad una sola settimana, poiché quando vi si applicherà di proposito, potrà cavarsi, in otto soli Giorni, il frutto di venti, e di trenta; e potrà munirsi di tanti Aiuti, che basterà per combattere, e trionfare, non solo nei giorni baccanali, ma in tutto il Resto della vita. Tanta è la Forza degli Esercizi Spirituali. Come questi poi dovran farsi, eccone il Metodo. Potrà il Direttore degli Esercizi far avvisato, alcuni Giorni prima, il Parroco della Terra, o altro Luogo, per dove ha ottenuta la Licenza di andare, a ciò faccia consapevole il Popolo con Sante Preghiere, ed Esortazioni, ad apparecchiarsi alli Santi Esercizi; quindi potrà additargli il Giorno determinato, a ciò restino avvisati Tutti, sì Uomini, come Donne ad intervenire in quel Giorno, che si darà principio. E perciò potrà egli trovarsi nel Luogo stabilito qualche giorno prima per far accomodare tutte le cose necessarie. Il Giorno stabilito poi potrà il Direttore far dopo Pranzo una Predica al Popolo nella pubblica Piazza, sopra la Misericordia infinita di DIO, che oltraggiato da noi sì gravemente, invece di castigarci, manda i suoi Ambasciatori a chieder la Pace, ed offrire il Perdono: e poi farlo avviare processionalmente alla Chiesa (con fargli far qualche Giro, cantando Sagra Lodi, a ciò il Popolo si aduni), ove gli farà una Sagra Esortazione sopra la Fuga del Carnovale; e lo inviterà a non mancare a questa Funzione Sagra per santificar Feste sì diaboliche o con i Santi Esercizi Spirituali, spiegandogli come saranno ordinati, cioè la Mattina intervengano tutte le Donne solamente ad ore quindici, quando si darà il Segno con la Campana; dandosi principio a quindici e mezza il Giorno poi dopo Pranzo tutti gli Uomini solamente ad ore venti, dandosi parimenti il Segno, e principiandosi a venti e mezza. Servendo la mezz’ora per dar tempo al Popolo; e però occupandosi in qualche Lezione Spirituale. 126 In Vita, lib. I, cap. 2. 67 Sì la Mattina, che il Giorno dopo Pranzo consisteranno questi Esercizi spirituali, quasi a Metodo di Sagra Missione in questo Impiego, cioè primieramente in recitar insieme inginocchioni le Orazioni Vocali, che verranno assegnate; di poi in fare il Catechismo, o sia Riforma a sedere in un quarto in circa; e di poi inginocchioni far la Meditazione divisa in tre Punti, in mezz’ora in circa, nella quale ogni tanto far pausa, acciocchè il Popolo ben consideri. E in fine di questa potrà il Direttore farsi la Disciplina (permettendola anche agli uomini nel dopo Pranzo), con intuonar il Miserere sino alla metà: Asperges me hyssopo, ecc., con far frapporre al Popolo, dopo ogni versicolo, Perdono mio Dio, ecc. Terminata la Disciplina procuri di far metter per ordine la Gente per andar a visitar qualche Chiesa della SS.ma Vergine, se vi sia, o qualche Altare a Lei dedicato in diversa Chiesa, processionalmente. E se sia la Mattina, tutte le Zitelle vestite di Bianco, avanti con la loro Croce; e le Vedove, e Maritate addietro con un’altra Croce: se poi sia il Giorno non vi occorre tal Distinzione per gli Uomini. E per la strada, sì all’andare, come al tornare, recitare ad alta voce il Santissimo Rosario. E nella Chiesa della SS.ma Vergine il Direttore farà un breve Discorso sopra la medesima, con dar infine la Benedizione, o con la Reliquia d’essa Vergine Sagrosanta, se vi sia, o con qualche Sagra Immagine. Di poi facendo col solito ordine ritorno alla Chiesa degli Esercizi, con far esporre il Santissimo Sagramento, e far cantare il Tantum Ergo, ecc., si terminerà la Sagra Funzione con la Benedizione del Santissimo. Durando tutto ciò per lo spazio di tre ore in circa. Potrà il Direttore nella Riforma del primo Giorno de’ Santi Esercizi assegnare il Santo Protettore ad ogni persona di qualunque Stato, a ciò mediante quello possa far bene i Santi Esercizi. Così faceva con le Persone, benché in diversa occasione, la venerabile Girolama Veramonti Ascolana, e per mano di quel Santo stava ben avvertita di rubar all’inferno sempre qualche Anima, come infatti accadea127. E però alle Zitelle potrà assegnare per Avvocata Santa Caterina da Siena: alle Vedove Santa Francesca Romana128: e alle Maritate Santa Anastasia129. Alli Giovani poi, ed Altri dello Stato Celibe San Luigi Gonzaga130: ai Coniugati Santo Alesio131; e alli Ecclesiastici San Francesco di Sales132. In tal prima Riforma ancora procuri esortare il Popolo a prepararsi in tali Giorni alla Santa Confessione Generale, e però avvisarlo, che l’ultima 127 In Vita, lib. II, cap. 2. 128 Cf. in Biblioteca Suore Concezioniste (BSC), n. 1199, P. Giulio Orsini, S. J., Vita di santa Francesca Romana, Venezia 1616, cf. Repertorio nomi notevoli, p. 356. 129 Santa Anastasia, cf. Repertorio nomi notevoli, p. 351. 130 Cf. in BSC, n. 1264 San Luigi Gonzaga, S. J., Roma, 1727. Cf. Repertorio nomi notevoli, p. 357. 131 Sant’Alessio, cf. Repertorio nomi notevoli, p. 351. 132 Cf. in BSC, n. 509, Pier Giacinto Gallizia, La vita di san Francesco di Sales, Vescovo e Principe di Geneva, Venezia 1790; cf. Repertorio nomi notevoli, pp. 355-356. 68