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L`interruzione del rapporto di lavoro

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L`interruzione del rapporto di lavoro
QUADRI
L’interruzione
del rapporto di lavoro
Il licenziamento è l’atto unilaterale con cui il datore di lavoro
pone fine al rapporto. Ha effetto quando il destinatario ne viene a conoscenza attraverso lettera scritta e motivata
Mariella Colavito
Sia il datore che un dipendente possono recedere dal
rapporto di lavoro se si rispetta il periodo di preavviso. Eccetto alcuni casi di libera recedibilità, per la generalità dei dipendenti, e quindi per i quadri, il licenziamento deve essere sorretto sempre da una
motivazione1.
Il licenziamento per giusta causa
La giusta causa può essere un inadempimento degli obblighi contrattuali talmente grave da impedire la prosecuzione, anche temporanea, del rapporto di lavoro. Costituiscono giusta causa di licenziamento il diverbio litigioso seguito da vie di fatto in servizio, l’appropriazione e il danneggiamento volontario di beni aziendali o
l’insubordinazione verso i superiori accompagnata da
comportamento oltraggioso. Il licenziamento in questi
casi porta a un’interruzione immediata del rapporto di
lavoro, senza neppure il riconoscimento del periodo di
preavviso. Anche il lavoratore può recedere dal contratto per giusta causa in presenza di situazioni di obiettiva gravità, quali il mancato pagamento della retribuzione o l’omesso versamento dei contributi, con diritto,
però, all’indennità sostitutiva del preavviso.
cesso e l’impossibilità di assegnare i lavoratori ad altre mansioni equivalenti. Anche in questo caso sarà
riconosciuto il periodo di preavviso o la relativa indennità sostitutiva.
Comunicazione per iscritto
Giustificato motivo
Il licenziamento può aver luogo anche per giustificato
motivo. Ciò significa inadempimento degli obblighi
contrattuali da parte del lavoratore che porta a una lesione del vincolo fiduciario col datore di lavoro, ma
non così grave da giustificare un recesso in tronco.
Il datore di lavoro dovrà, quindi, rispettare il periodo di preavviso stabilito dal contratto collettivo o
corrispondere la relativa indennità sostitutiva, qualora esoneri il lavoratore dal servizio.
Il giustificato motivo oggettivo comprende tutte quelle vicende inerenti l’attività produttiva e l’organizzazione del lavoro, quali la soppressione del posto o la
chiusura dell’unità produttiva: in questi casi la legge riconosce prevalenti le esigenze dell’impresa rispetto a
quelle del lavoratore alla conservazione del posto.
Graverà, però, sul datore di lavoro l’onere di dimostrare l’effettività delle ragioni poste a base del re30 DIRIGENTE • 9|2010
Il licenziamento deve essere sempre comunicato attraverso una lettera scritta con i motivi.
Nel caso mancassero, il lavoratore può richiederli entro 15 giorni dalla comunicazione.
Il datore di lavoro deve, entro 7 giorni dalla richiesta,
indicarli per iscritto. Il recesso intimato senza l’osservanza di queste norme è inefficace. E se non sostenuto da giusta causa o giustificato motivo è annullabile. La legge considera infine nullo il licenziamento discriminatorio, ossia determinato da ragioni politiche, religiose, sindacali, di sesso o di razza2.
L’onere di provare la natura discriminatoria grava
sul lavoratore, che deve portare a sostegno della
sua tesi elementi specifici. Va considerato nullo anche il licenziamento intimato alla lavoratrice in gravidanza o puerperio durante il periodo di irrecedibilità, ossia dall’inizio della gravidanza al compimento di un anno di età del bambino3.
Qualora il quadro ritenga ingiustificata la motivazione del licenziamento, dovrà proporre l’impugnazione, con atto scritto, entro e non oltre 60 giorni dalla comunicazione del recesso o dei motivi, se successivi. Una volta esclusa la decadenza con una tempestiva impugnazione, l’azione in giudizio diretta all’annullamento del licenziamento potrà essere proposta in seguito, nel termine di 5 anni.
Le conseguenze della sentenza di annullamento variano a seconda delle dimensioni dell’azienda.
Tutela reale e obbligatoria
In caso di applicazione della tutela reale, la sentenza
di condanna obbliga il datore di lavoro a reintegrare
il lavoratore, come se il rapporto di lavoro non fosse
mai stato interrotto. In alternativa, il quadro può rifiutare la reintegrazione chiedendo il pagamento di
un’indennità sostitutiva pari a 15 mensilità di retribuzione globale di fatto. Questa opzione deve essere esercitata nel termine di 30 giorni dalla comunicazione del deposito della sentenza.
Il datore di lavoro è anche condannato al risarcimento del danno, commisurato alla retribuzione globale dal giorno del licenziamento fino al giorno della reintegrazione e al pagamento dei contributi previdenziali. Tale indennità non potrà comunque essere inferiore a 5 mensilità.
La tutela reale si applica ai lavoratori dipendenti da
datori di lavoro che occupano più di 15 dipendenti
nell’unità produttiva in cui si è verificato il licenziamento o nell’ambito dello stesso comune in unità
produttive diverse, oppure più di 60 dipendenti in
tutta Italia4.
La tutela obbligatoria riguarda invece i datori di lavoro che occupano fino a 15 dipendenti nell’unità
produttiva o nello stesso comune oppure fino a 60
in tutta Italia5.
È una forma di tutela decisamente più blanda. Con
la sentenza che annulla il licenziamento il datore di
lavoro ha di fronte un’alternativa: riassumere il quadro ex novo, dando vita a un nuovo rapporto, oppure, anziché procedere alla riassunzione, può scegliere di versare al lavoratore un’indennità risarcitoria compresa tra le 2,5 e le 6 mensilità della retribuzione globale di fatto6.
Le dimensioni occupazionali dell’azienda però non
hanno alcuna importanza in caso di licenziamento
nullo: il datore sarà in ogni caso condannato alla
reintegrazione del lavoratore e al risarcimento del
danno subito7.
1
2
3
4
5
6
7
Legge 15 luglio 1966, n. 604.
Art. 4, legge 604/66; art. 3, legge 108/90; art. 15, legge 300/70.
Art. 54, TU tutela maternità e paternità (decreto legislativo 151/01).
Art. 18, legge 20 giugno 1970, n. 300.
Art. 2, legge 108/90.
Art. 8, legge 604/66.
Art. 3, legge 108/90.
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