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Due opposte concezioni di vita: padron `Ntoni e `Ntoni

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Due opposte concezioni di vita: padron `Ntoni e `Ntoni
Giovanni Verga
Due opposte concezioni di vita:
padron ’Ntoni e ’Ntoni
I Malavoglia, capitolo XI
Anno: 1881
Temi: • il drammatico confronto tra diversi criteri di vita • l’ancoraggio alla tradizione
di padron ’Ntoni • la «brama di meglio» da parte di ’Ntoni
Nella seconda parte del romanzo, Verga focalizza il racconto interamente sulla famiglia Malavoglia. Diversamente da quanto accadeva nei primi capitoli, ora l’incompatibilità non separa più la
volgare mentalità paesana dai buoni e semplici Malavoglia, perché la divisione si è incuneata all’interno della famiglia stessa. Da un lato ci sono coloro che custodiscono la tradizione (il nonno, la Longa, Mena), dall’altro chi la mette in discussione (il giovane ’Ntoni).
Una volta ’Ntoni Malavoglia, andando gironi1 pel paese, aveva visto due giovanotti
che s’erano imbarcati qualche anno prima a Riposto,2 a cercar fortuna, e tornavano
da Trieste, o da Alessandria d’Egitto,3 insomma da lontano, e spendevano e spandevano all’osteria meglio di compare Naso, o di padron Cipolla; si mettevano a cavalcioni sul desco;4 dicevano delle barzellette alle ragazze, e avevano dei fazzoletti di se- 5
ta5 in ogni tasca del giubbone; sicché il paese era in rivoluzione per loro.
’Ntoni, quando la sera tornava a casa, non trovava altro che le donne, le quali mutavano la salamoia6 nei barilotti, e cianciavano in crocchio colle vicine, sedute sui
sassi; e intanto ingannavano il tempo a contare storie e indovinelli, buoni pei ragazzi,7 i quali stavano a sentire con tanto d’occhi intontiti dal sonno. Padron ’Ntoni 10
ascoltava anche lui, tenendo d’occhio lo scolare della salamoia, e approvava col capo
quelli che contavano le storie più belle, e i ragazzi che mostravano di aver giudizio
come i grandi nello spiegare gli indovinelli.
– La storia buona, disse allora ’Ntoni, è quella dei forestieri che sono arrivati oggi,
con dei fazzoletti di seta che non par vero; e i denari non li guardano cogli occhi,8 15
quando li tirano fuori dal taschino. Hanno visto mezzo mondo, dice,9 che Trezza ed
Aci Castello messe insieme, sono nulla in paragone. Questo l’ho visto anch’io;10 e
laggiù la gente passa il tempo a scialarsi11 tutto il giorno, invece di stare a salare le acciughe; e le donne, vestite di seta e cariche di anelli meglio della Madonna dell’Ognina, vanno in giro per le vie a rubarsi i bei marinari.
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Le ragazze sgranavano gli occhi, e padron ’Ntoni stava attento anche lui, come
quando i ragazzi spiegavano gli indovinelli [...].
Le file dei barilotti si allineavano sempre lungo il muro, e padron ’Ntoni, come ne
metteva uno al suo posto, coi sassi di sopra, diceva: – E un altro! Questi a Ognissanti son tutti danari.
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‘Ntoni allora rideva, che pareva padron Fortunato quando gli parlavano della roba degli altri. – Gran denari! borbottava; e tornava a pensare a quei due forestieri che
andavano di qua e di là, e si sdraiavano sulle panche dell’osteria, e facevano suonare
1. andando gironi: a spasso, a zonzo. È
un sintomo di irrequietezza.
2. Riposto: un grosso paese vicino a Catania.
3. Trieste... d’Egitto: nella mentalità dei
paesani, due porti lontani e favolosi, luoghi però anche di dispersione e morte: nel
mare di Trieste era morto Luca Malavoglia
e da Alessandria non era più tornato il padre della Nunziata, lasciandola sola ad accudire i suoi fratellini.
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© Pearson Italia spa
4. desco: tavolo.
5. di seta: pregiati, dunque.
6. la salamoia: acqua e sale per conservare il pesce. Se veniva venduto salato, il pesce dava maggiore guadagno.
7. buoni pei ragazzi: ’Ntoni disprezza la
sapienza di proverbi e indovinelli popolari,
che gli sembra adatta solo a chi, come ai
ragazzi, crede ancora alle favole.
8. non li guardano cogli occhi: cioè li
spendono senza badarci troppo.
9. dice: dicono; ma il singolare è la forma
colloquiale.
10. anch’io: quando è stato soldato a Napoli.
11. scialarsi: divertirsi, con contrasto voluto rispetto a salare.
12. padron Fortunato: padron Cipolla,
che possiede terreni e case e disprezza la
roba altrui.
Paolo Di Sacco, Edizioni Scolastiche Bruno Mondadori
i soldi nelle tasche. Sua madre lo guardava come se gli leggesse nella testa; né la facevano ridere le barzellette che dicevano nel cortile. [...]
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– Il peggio, disse infine Mena, è spatriare13 dal proprio paese, dove fino14 i sassi vi
conoscono, e dev’essere una cosa da rompere il cuore15 il lasciarseli dietro per la strada. «Beato quell’uccello, che fa il nido al suo paesello».
– Brava Sant’Agata!16 conchiuse17 il nonno. Questo si chiama parlare con giudizio.
– Sì! brontolò ’Ntoni, intanto, quando avremo sudato e faticato per farci il nido ci 35
mancherà il panico;18 e quando arriveremo a ricuperar la casa del nespolo, dovremo
continuare a logorarci la vita dal lunedì al sabato; e saremo sempre da capo!
– O tu che non vorresti lavorare più? Cosa vorresti fare? l’avvocato?19
– Io non voglio fare l’avvocato! brontolò ’Ntoni, e se ne andò a letto di cattivo
umore.
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Ma d’allora in poi non pensava ad altro che a quella vita senza pensieri e senza fatica che facevano gli altri; e la sera, per non sentire quelle chiacchiere senza sugo,20 si
metteva sull’uscio colle spalle al muro, a guardare la gente che passava, e digerirsi la
sua mala sorte;21 almeno così si riposava pel giorno dopo, che si tornava22 da capo a
far la stessa cosa, al pari dell’asino di compare Mosca,23 il quale come vedeva pren- 45
dere il basto gonfiava la schiena aspettando che lo bardassero! – Carne d’asino! borbottava; ecco cosa siamo! Carne da lavoro!24 E si vedeva chiaro che era stanco di
quella vitaccia, e voleva andarsene a far fortuna, come gli altri; tanto che sua madre,
poveretta, l’accarezzava sulle spalle,25 e l’accarezzava pure col tono della voce, e cogli
occhi pieni di lagrime, guardandolo fiso26 per leggergli dentro e toccargli il cuore. Ma 50
ei diceva di no,27 che sarebbe stato meglio per lui e per loro; e quando tornava poi
sarebbero stati tutti allegri. La povera donna non chiudeva occhio in tutta la notte, e
inzuppava di lagrime il guanciale. Infine il nonno se ne accorse, e chiamò il nipote
fuori dell’uscio, accanto alla cappelletta,28 per domandargli cosa avesse.
– Orsù, che c’è di nuovo? dillo a tuo nonno, dillo! – ’Ntoni si stringeva nelle spal- 55
le; ma il vecchio seguitava ad accennare29 di sì col capo, e sputava, e si grattava il capo cercando le parole.
– Sì, sì, qualcosa ce l’hai in testa, ragazzo mio! Qualcosa che non c’era prima. «Chi
va coi zoppi, all’anno zoppica».30
– C’è che sono un povero diavolo! ecco cosa c’è!
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– Bè! che novità! e non lo sapevi? Sei quel che è stato tuo padre, e quel ch’è stato
tuo nonno! «Più ricco è in terra chi meno desidera». «Meglio contentarsi che lamentarsi».
– Bella consolazione!
Questa volta il vecchio trovò subito le parole, perché si sentiva il cuore sulle lab- 65
bra:31
13. spatriare: allontanarsi. Mena ha nostalgia del fidanzato Alfio Mosca, partito
da Trezza senza più tornare.
14. fino: perfino. Anche Alfio Mosca, andandosene, aveva detto: «Sarei rimasto
qui, che fino i muri mi conoscono...».
15. rompere il cuore: “spezzare il cuore”;
ma l’immagine di Mena è più efficace nel
suo realismo.
16. sant’Agata: il solito soprannome di
Mena: come la martire siciliana, ella impersona le virtù femminili.
17. conchiuse: concluse.
18. panìco: miglio; una volta recuperata la
casa del nespolo, non avremo di che mangiare, in un circolo vizioso immutabile a
cui ’Ntoni vuole sottrarsi.
19. l’avvocato: nella mentalità popolare è
l’approfittatore che campa sulle disgrazie
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altrui (cfr. l’azzeccagarbugli nei Promessi
sposi).
20. senza sugo: inconcludenti, vuote; la
conversazione familiare, che gira e rigira
sempre sui medesimi argomenti, non lo
attrae più.
21. e digerirsi.. sorte: a ruminare il suo
disgraziato destino.
22. che si tornava: la congiunzione che
segnala l’inserzione del discorso indiretto
libero; l’autore lascia spazio al punto di vista di ’Ntoni.
23. compare Mosca: il carrettiere vicino
di casa dei Malavoglia, allontanatosi da
Trezza per cercar fortuna (왘 nota 14).
L’asino è il simbolo della rassegnazione,
della passività.
24. Carne da lavoro: destinati, come bestie da soma, a vivere una vita di stenti e
di fatiche, senza raccogliere mai altro che
bastonate.
25. l’accarezzava sulle spalle: la Longa
percepisce il disagio profondo del figlio, ma
non sa come rispondere alle sue esigenze;
può solo comunicargli il proprio affetto.
26. fiso: fisso, in profondità.
27. diceva di no: non accoglieva l’affettuoso richiamo materno.
28. cappelletta: l’altarino con un’immagine sacra posto sul muro esterno della casa.
29. accennare: far cenno.
30. all’anno zoppica: in breve finisce per
zoppicare anche lui. Il nonno è convinto
che siano state le cattive compagnie a
mettere in testa al nipote le smanie di novità.
31. il cuore sulle labbra: le parole gli
vengono dal cuore, spontanee e sincere.
Paolo Di Sacco, Edizioni Scolastiche Bruno Mondadori
– Almeno non lo dire davanti a tua madre.
– Mia madre... Era meglio che non mi avesse partorito, mia madre!
– Sì, accennava padron ’Ntoni, sì! meglio che non t’avesse partorito, se oggi dovevi
parlare in tal modo.
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‘Ntoni per un po’ non seppe che dire: – Ebbene! esclamò poi, lo faccio per lei, per
voi, e per tutti. Voglio farla ricca, mia madre! ecco cosa voglio. Adesso ci arrabattiamo colla casa e colla dote di Mena; poi crescerà Lia, e un po’ che le annate andranno
scarse staremo sempre nella miseria. Non voglio più farla questa vita. Voglio cambiar stato,32 io e tutti voi. Voglio che siamo ricchi, la mamma, voi, Mena, Alessi e tut- 75
ti.
Padron ’Ntoni spalancò tanto d’occhi, e andava ruminando quelle parole, come
per poterle mandar giù. – Ricchi! diceva, ricchi! e che faremo quando saremo ricchi?
‘Ntoni si grattò il capo, e si mise a cercare33 anche lui cosa avrebbero fatto. – Faremo quel che fanno gli altri... Non faremo nulla, non faremo!... Andremo a stare in 80
città, a non far nulla, e a mangiare pasta e carne tutti i giorni.
– Va, va a starci tu in città. Per me io voglio morire dove son nato; – e pensando alla casa dove era nato, e che non era più sua si lasciò cadere la testa sul petto. – Tu sei
un ragazzo, e non lo sai!... non lo sai!... Vedrai cos’è quando non potrai più dormire
nel tuo letto; e il sole non entrerà più dalla tua finestra!... Lo vedrai! te lo dico io che 85
son vecchio!
Il poveraccio tossiva che pareva soffocasse, col dorso34 curvo, e dimenava tristamente35 il capo: – «Ad ogni uccello, suo nido è bello». Vedi quelle passere? le vedi?
Hanno fatto il nido sempre colà, e torneranno a farcelo, e non vogliono andarsene.
– Io non sono una passera. Io non sono una bestia come loro! rispondeva ’Ntoni. 90
Io non voglio vivere come un cane alla catena, come l’asino di compare Alfio, o come un mulo da bindolo,36 sempre a girar la ruota; io non voglio morir di fame in un
cantuccio, o finire in bocca ai pescicani.
– Ringrazia Dio piuttosto, che t’ha fatto nascer qui; e guardati dall’andare a morire
lontano dai sassi che ti conoscono. «Chi cambia la vecchia per la nuova, peggio tro- 95
va».37 Tu hai paura del lavoro, hai paura della povertà;38 ed io che non ho più né le
tue braccia né la tua salute non ho paura, vedi! «Il buon pilota39 si prova alle burrasche». Tu hai paura di dover guadagnare il pane che mangi; ecco cos’hai! Quando la
buon’anima di tuo nonno40 mi lasciò la Provvidenza e cinque bocche da sfamare, io
era più giovane di te, e non aveva paura; ed ho fatto il mio dovere41 senza brontolare; 100
e lo faccio ancora; e prego Iddio di aiutarmi a farlo sempre sinché ci avrò gli occhi
aperti, come l’ha fatto tuo padre, e tuo fratello Luca, benedetto! che non ha avuto
paura di andare a fare il suo dovere. Tua madre l’ha fatto anche lei il suo dovere, povera femminuccia, nascosta fra quelle quattro mura; e tu non sai quante lagrime ha
pianto, e quante ne piange ora che vuoi andartene; che la mattina tua sorella trova il 105
lenzuolo tutto fradicio! E nondimeno sta zitta e non dice di queste cose che ti vengono in mente; e ha lavorato, e si è aiutata come una povera formica42 anche lei; non
ha fatto altro, tutta la sua vita, prima che le toccasse di piangere tanto, fin da quando
32. stato: condizione sociale.
33. si mise a cercare: ’Ntoni ha le idee
più chiare su quel che vuole abbandonare,
piuttosto che su ciò a cui aspira.
34. dorso: schiena; è prostrato dall’emozione, perché si sente chiamato a una prova decisiva: difendere presso il nipote ciò
in cui crede e per cui ha vissuto.
35. dimenava tristamente: scuoteva tristemente.
36. bindolo: macchina a cui si attaccava
l’asino o il cavallo; serviva per attingere
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acqua dal pozzo.
37. chi cambia peggio trova: è l’ennesima formulazione dell’ideale dell’ostrica.
38. Tu hai paura... povertà: secondo lui,
il nipote ha paura di misurarsi con la realtà
e d’impegnarsi in essa. Questa è la più lunga battuta pronunciata dal vecchio in tutto
il romanzo.
39. pilota: timoniere; l’uomo di carattere
si rivela cioè solo nelle difficoltà.
40. tuo nonno: in realtà, bisnonno; è detto familiarmente.
41. ho fatto il mio dovere: nella mentalità patriarcale, il bene del singolo individuo
è sempre subordinato al bene collettivo
della famiglia; è la legge cui ’Ntoni si ribella.
42. come una povera formica: al nonno
che propone a modello le passere e la formica, come esempi di virtù, ’Ntoni contrappone il cane, l’asino e il mulo, rifiutando di doversi identificare in una bestia come loro.
Paolo Di Sacco, Edizioni Scolastiche Bruno Mondadori
ti dava la poppa,43 e quando non sapevi ancora abbottonarti le brache, che allora
non ti era venuta in mente la tentazione di muovere le gambe, e andartene pel mon- 110
do come uno zingaro.
In conclusione ’Ntoni si mise a piangere come un bambino, perché in fondo quel
ragazzo il cuore ce l’aveva buono come il pane; ma il giorno dopo tornò da capo.44
G. Verga, Tutti i romanzi, a cura di E. Ghidetti, Sansoni, Firenze 1983
43. ti dava la poppa: ti offriva il seno, ti
allattava.
44. tornò da capo: le lacrime di ’Ntoni ne
indicano la momentanea resa emotiva; ma
il giovane è intimamente tutt’altro che
convinto dagli argomenti del nonno.
LE CHIAVI DEL TESTO
■ Esplode apertamente, in questo brano, il confronto ravvicinato tra nonno e nipote e, con esso, il contrasto, insanabile, fra due ordini di opposti valori.
• Da una parte vi è il vecchio ordine immutabile della famiglia patriarcale: sono i valori della tradizione incarnati
dall’anziano patriarca della casa.
• Dall’altra parte, il giovane nipote viene a incarnare il rifiuto di tale tradizione e insieme l’ansia, ancora vaga e ancora indefinita, del «nuovo».
Era il tema messo a fuoco nella Prefazione del romanzo:
adesso il racconto è arrivato a uno snodo fondamentale
per quanto riguarda la sua struttura ideologica di fondo.
■ La prima sequenza. L’inizio del capitolo fotografa precisamente l’antitesi tra la famiglia unita e compatta nel lavoro, da una parte, e ’Ntoni, che se ne va gironi (r. 1) per
il paese e che irride, quasi con la freddezza di un razionalista, le favole e gli indovinelli raccontati dalle donne di casa. Egli si sente un realista, uno che conosce le leggi della
vita, che non sono quelle che legano la famiglia e si conchiudono nel breve giro delle case di cui è fatto il paese.
Nasce in lui, insieme al rifiuto di quella vita, il desiderio di
luoghi lontani, carichi di fascino: le città di cui parlano i marinai, da dove si può ritornare con fazzoletti di seta per le
donne e soldi che escono dal taschino.
■ La sequenza centrale. Nonno e nipote incarnano due
culture profondamente diverse. Il contrasto è marcato anzitutto dal fuoco di fila di proverbi e sentenze cui padron
’Ntoni e altri familiari sottopongono il giovane irrequieto:
Beato quell’uccello, che fa il nido al suo paesello (r. 33); Chi
va coi zoppi, all’anno zoppica (rr. 58-59) ecc. È una vera e
propria rassegna dell’infallibile sapienza degli antichi.
’Ntoni non può combattere ad armi pari con il nonno su
quel terreno; usa allora le armi dell’ironia e del sarcasmo.
A chi gli ricorda che è Meglio contentarsi che lamentarsi (rr.
62-63), replica dunque con un amaro Bella consolazione!
(r. 64); oppure, al nonno che gli mostra come ad ogni uccello, suo nido è bello (r. 88) oppone un deciso Io non sono una bestia come loro! (r. 90).
■ Il contrasto fra nonno e nipote coinvolge anche diversi piani:
• la vita delle bestie: ’Ntoni rifiuta l’esempio delle «bestie»
(Carne d’asino! borbottava; ecco cosa siamo! Carne da lavoro!, rr. 46-47), ed è un vero affronto, per la civiltà contadina;
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• il piano del sapere e del non sapere: alle ingenue bramosie del giovane, il vecchio oppone la propria esperienza
della vita: Tu sei un ragazzo, e non lo sai!... non lo sai...
• il piano del dovere (sostenuto dal nonno) e del volere
(sostenuto dal nipote). Più volte padron ’Ntoni rimarca il
concetto del dovere (Tu hai paura di dover guadagnare il pane che mangi; Ho fatto il mio dovere senza brontolare; e lo
faccio ancora; tuo fratello Luca, benedetto! che non ha avuto
paura di andare a fare il suo dovere. Tua madre l’ha fatto anche lei il suo dovere, rr. 98-103): nella civiltà patriarcale i
doveri verso il gruppo vengono sempre e comunque prima
dei diritti del singolo. ’Ntoni contrappone al gruppo la propria volontà individualistica, anche se la maschera con sentimenti di solidarietà: Voglio farla ricca mia madre, ecco cosa
voglio [...] non voglio più farla questa vita! Voglio cambiare
stato, io e tutti voi. Voglio che siamo ricchi (rr. 72-75).
LAVORIAMO SUL TESTO
1. Da che cosa nasce l’insofferenza di ’Ntoni per la propria condizione? E come si esprime? Quali argomenti il
nonno contrappone alle irrequietezze del giovane?
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2. Che cos’è l’«ideale dell’ostrica»? Quali espressioni di
padron ’Ntoni la esprimono meglio.
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3. I tre capoversi iniziali sono giocati sulla contrapposizione tra ’Ntoni e il crocchio familiare: essi indicano con
chiarezza l’impossibilità d’integrazione tra vecchio e nuovo.
Sei d’accordo con questo giudizio? Spiega perché.
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Paolo Di Sacco, Edizioni Scolastiche Bruno Mondadori
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