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La ragione in soffitta - Distretto Culturale di Valle Camonica

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La ragione in soffitta - Distretto Culturale di Valle Camonica
La ragione in soffitta
simonino da trento: leggenda, storia, strumentalizzazioni antiche e recenti
L’iconografia del “santo” in Valle Camonica, Sebino e Franciacorta
Immagini:
Alessio Domenighini
Ricostruzione storica:
Gianfranco Bondioni
Università PoPolare di
vallecamonica-sebino
Aspetti artistici e iconografici:
Virtus Zallot
La ragione in soffitta
LA VICENDA
La sera del giovedì santo del 1475, a Trento, scomparve un bambino di due
anni e mezzo, di nome Simone. Il suo corpo straziato fu ritrovato il giorno
di Pasqua, nelle acque di una roggia che attraversava il quartiere ebraico.
Il referto autoptico rilevò segni di strangolamento e di torture.
L’omicidio fu attribuito alla piccola comunità ebraica residente in città, accusata di infanticidio rituale. Il vescovo di Trento, Giovanni Hinderbach,
sostenne fortemente l’accusa ed organizzò un processo-farsa a conclusione del quale gli Ebrei furono condannati al rogo, le donne forzatamente
convertite.
Nonostante le iniziali riserve delle autorità ecclesiastiche il piccolo Simone fu informalmente proclamato martire e santo; il suo culto conobbe una
immediata diffusione soprattutto in area trentina e bresciana.
Tale devozione è testimoniata dalle molte raffigurazioni del bambino affrescate nelle chiese di Valle Camonica, Sebino e Franciacorta.
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La ragione in soffitta
I PROTOTIPI ICONOGRAFICI
Le 16 xilografie sono tratte dal testo che Giovanni Maria Tiberino, il medico che realizzò l’autopsia sul corpo del piccolo Simone, pubblicò nel 1475,
raccontano le fasi della tragica vicenda nella ricostruzione forzatamente
emersa durante il processo.
Esse divennero il prototipo iconografico delle successive raffigurazioni
stampate, scolpite e dipinte, che incentivarono e supportarono lo straordinario successo del culto del piccolo martire.
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La ragione in soffitta
Le tipologie iconografiche – Simonino è prevalentemente raffigurato in due tipologie iconografiche: nella scena del martirio o
come piccolo santo, in forma di ex-voto. La seconda versione comprende a sua volta quattro variazioni: il bambino nudo o vestito, da
solo o accanto ad altri santi. I dipinti ignorano dunque la narrazione
storica, concentrandosi su un singolo evento o sulla persona del piccolo martire in gloria. Le uniche eccezioni si riscontrano sulla parete esterna di S. Andrea a Malegno e nelle chiese di S. Maria Vecchia
a Gussano e di S. Bernardo a Zurane di Provaglio, dove compaiono
più figurazioni coordinate.
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La ragione in soffitta
IL CICLO IN SANT’ANDREA A MALEGNO – I 20 episodi narrati nelle
16 xilografie tratte dal testo di Giovanni Maria Tiberino si riducono
a quattro, di cui due riservati al rapimento di Simonino, con un evidente squilibrio nel tempo della narrazione. Tale soluzione amplifica
una accusa popolare ancor oggi rivolta al diverso, visualizzando un
pre-giudizio immediatamente condivisibile e privo di implicazioni
religiose o socio-economiche; l’Ebreo, prima ancora che anticristiano ed usuraio, è definito come ladro di bambini. Seguono l’episodio
del martirio e dell’esposizione di Simonino sull’almemor.
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La ragione in soffitta
IL CICLO IN SANT’ANDREA A MALEGNO – Le due scene raffigurano
Tobia che prima adesca il bambino e poi lo introduce attraverso una
porta, affidandolo ad un complice e volgendo il capo indietro con
fare sospettoso e guardingo. Tobia, essendo medico, poteva aggirarsi per la città in deroga al divieto imposto agli Ebrei durante la
settimana santa, e dunque poté avvicinare il bambino cristiano.
La collocazione in contesto ebraico, affidata nella versione a stampa al cappello a punta indossato da tutti e quattro gli adulti, è delegata ad un elemento dello sfondo, dove si riconosce un banco dei
pegni.
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La ragione in soffitta
IL CICLO IN SANT’ANDREA A MALEGNO – Il terzo episodio raffigura
il martirio di Simonino. Il breve ciclo si conclude con la deposizione
del corpo di Simone sull’almemor, circondato dagli Ebrei probabilmente impegnati in un rito di denigrazione ed ingiurie.
Il deterioramento dello strato pittorico non consente di individuare
l’espressione e la gestualità dei protagonisti, che si intravedono a
malapena e tra i quali si riconosce, sulla sinistra, il rabbino.
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La ragione in soffitta
LE SCENE IN S. MARIA VECCHIA DI PIEDELDOSSO, GUSSAGO
Le ampie lacune dello strato pittorico non consentono di valutare
correttamente la struttura di insieme.
Si conservano tre episodi: il rapimento, il martirio e la deposizione.
La loro dislocazione non rispetta tuttavia la successione cronologica, ed essi sembrano, per alcuni aspetti, privi di progettazione unitaria.
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La ragione in soffitta
LE SCENE IN S. MARIA VECCHIA DI PIEDELDOSSO, GUSSAGO
Secondo la consueta iconografia la scena del rapimento presenta
Tobia che consegna il bambino ad un complice.
Oltre la porta compare, in questo caso, un ulteriore personaggio la
cui fisionomia (pur molto deteriorata) sembrerebbe rispettare la
tipica caricatura dell’Ebreo malvagio.
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La ragione in soffitta
LE SCENE IN S.MARIA VECCHIA DI PIEDELDOSSO, GUSSAGO
La scena, compromessa da una ristrutturazione della volta e malamente ridipinta, presenta la tradizionale iconografia del martirio.
Elemento di grande interesse è la scritta, che riporta la data 1476.
Tale indicazione (se riferita agli affreschi dedicati a Simonino) documenta una solerte traduzione figurata della vicenda, confermando l’immediata diffusione del culto. Se invece gli affreschi fossero
successivi e dunque predatati, essa dimostrerebbe una volontaria
falsificazione, a ribadire l’importanza che si attribuiva alla vicenda
e al culto.
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La ragione in soffitta
LE SCENE IN S.MARIA VECCHIA DI PIEDELDOSSO, GUSSAGO
Anche questa scena risulta gravemente compromessa dalle lacune
e dal deterioramento dello strato pittorico. Vi si intravedono due fedeli in preghiera davanti al corpo del piccolo Simone deposto sull’altare.
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La ragione in soffitta
IL TRITTICO DI ZURANE – Nella chiesa di S. Bernardo, a Zurane di
Provaglio, è conservato un affresco comprendente tre scene dedicate a Simonino. Il martirio, al centro, rispetta la consueta iconografia. Sulla sinistra è raffigurata l’esposizione del corpo di Simonino
alla venerazione di alcuni fedeli inginocchiati in preghiera.
L’affresco, piuttosto ingenuo nella costruzione spaziale e nella definizione delle anatomie, presenta ampie ridipinture che testimoniano un precedente sfregio, materiale e simbolico, soprattutto sui
volti dei carnefici ebrei.
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La ragione in soffitta
IL TRITTICO DI ZURANE – Nella scena di destra Simonino si erge
trionfante con palma e vessillo, citando un Cristo risorto che sembra calpestare i soldati dormienti. Se i personaggi a terra fossero
Ebrei, il messaggio risulterebbe alquanto significativo e perentorio:
Simonino/Cristo trionfante vince la morte e sconfigge il nemico anticristiano.
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La ragione in soffitta
IL MARTIRIO – La scena del martirio, particolarmente efficace e funziona-
le al programma di denigrazione dell’Ebreo, conobbe una vasta diffusione e
fu redatta in molteplici versioni: a stampa, dipinte e scolpite. Rappresenta
un gruppo di ebrei che, trattenendo il piccolo Simone con le braccia aperte,
lo tortura pungendolo e ferendolo per estrarne il sangue. Gli Ebrei erano infatti accusati di praticare omicidi rituali per raccogliere il sangue di bambini
cristiani, utilizzato nella preparazione degli azzimi pasquali e in una serie di
misteriose applicazioni e medicamenti. La macabra coreografia descrive in
modo morboso la crudeltà dell’evento, suscitando orrore e repulsione. Attraverso una serie di accorgimenti iconografici tali sentimenti sono deviati
-13dai destinatari iniziali (gli Ebrei trentini) a tutti gli Ebrei.
La ragione in soffitta
IL MARTIRIO – Il bambino non oppone resistenza, non pare soffrire,
sopporta la tortura quasi rassegnato, chinando leggermente il capo
ed abbassando gli occhi. La sua reazione ricorda quella del Cristo
crocifisso o di altri martiri sottoposti a crudeli supplizi, ma dignitosi
e pacati, indifferenti al dolore e vittoriosi sul male.
Anche i carnefici non esprimono partecipazione o coinvolgimento
emotivo: la loro gestualità è precisa, il loro intervento meticoloso,
quasi chirurgico. L’indifferenza accentua la loro malvagità.
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La ragione in soffitta
IL MARTIRIO – Gli aguzzini trattengono il bambino a braccia aperte, facendogli assumere la forma di croce.
Simone raffigura metaforicamente il Cristo crocifisso, e gli Ebrei si
accaniscono sul suo corpo celebrando un rito di diffamazione e spregio del simbolo stesso del cristianesimo.
L’immagine rinnova e visualizza la tradizionale accusa di deicidio
rivolta al popolo ebraico.
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La ragione in soffitta
IL MARTIRIO – Simone è straziato dalle ferite inferte con strumenti
taglienti ed appuntiti. Una bacinella ne raccoglie il sangue.
L’Ebreo che sottrae il sangue di Simone, bambino innocente ed indifeso, diventa metaforicamente l’Ebreo usuraio che succhia il sangue dei poveri cristiani.
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La ragione in soffitta
IL MARTIRIO – Le ferite del piccolo martire hanno solitamente forma e distribuzione regolari, con effetto quasi decorativo ed indifferenza alla coerenza anatomica.
L’unico taglio sempre segnalato e grondante sangue è quello al sesso del bambino, come esplicita allusione e denuncia del rito della
circoncisione.
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La ragione in soffitta
IL MARTIRIO – I personaggi presentano varietà fisionomica e tipologie umane stereotipate, ad indicare non tanto la loro individualità
ma la loro indegnità morale e la loro appartenenza al popolo ebraico. Partecipa al rito un sacerdote ebraico, riconoscibile per il talled, il telo rituale. Nel gruppo compare la fisionomia convenzionale
e caricaturale dell’Ebreo, con il volto scavato, il naso pronunciato,
il mento aguzzo: tale caratterizzazione razziale individua il cattivo
nelle scene più drammatiche della passione, e viene attribuita comunemente a Giuda.
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La ragione in soffitta
IL MARTIRIO – I personaggi sono molto eleganti; abiti e copricapi
hanno fogge, colori e tessuti vistosamente costosi. L’esibizione negli abiti era proibita agli Ebrei da alcune disposizioni suntuarie, ma
era anche sconsigliata da norme interne al gruppo, per non suscitare
invidie o risentimenti. L’iconografia induce volutamente tali sentimenti; ostentando eleganza l’ebreo testimonia la propria ricchezza,
indebitamente accumulata a scapito dei cristiani. L’esibizionismo
dei vestiti dunque non solo accusa l’Ebreo di superficialità e vanità,
ma anche di sfruttamento mediante l’usura.
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La ragione in soffitta
IL MARTIRIO – Salvo alcune temporanee e particolari prescrizioni,
gli Ebrei amavano ed indossavano gli stessi abiti dei cristiani di pari
grado sociale. Proprio tale uniformità rese necessaria l’introduzione
di segni di riconoscimento come la rondella cucita sul vestito che, in
territorio bresciano, fu resa obbligatoria con disposizioni emanate
nel 1422, 1461 e 1476. A Cerveno, Pian Camuno ed Esine i carnefici
di Simonino sono riconoscibili come Ebrei proprio per la presenza
sugli abiti della rondella gialla.
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La ragione in soffitta
IL MARTIRIO – Spesso, accanto ai carnefici è inserita una figura
femminile. Tale presenza, non attiva, visualizza il ruolo delle donne
trentine che, pur non avendo partecipato direttamente all’omicidio,
lo avevano approvato ed avevano condiviso con gli uomini i riti ad
esso successivi. Le donne ebree portano un velo avvolto intorno al
capo e sotto il mento, secondo una tipologia ricorrente in altri contesti iconografici, per esempio nelle scene affrescate nella chiesa
dell’Annunciata di Borno.
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La ragione in soffitta
SIMONINO – Nelle raffigurazioni isolate il piccolo martire è presentato in piedi, vittima sacrificale su un basamento/altare a volte coperto da una candida tovaglia. Lo sfondo è privo di indicazioni ambientali.
La decontestualizzazione spazio/temporale allenta il riferimento ai
fatti di Trento rendendo Simonino un piccolo martire; anche la funzione antiebraica si è attenuata, per la mancanza di personaggi riconoscibili come Ebrei.
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La ragione in soffitta
SIMONINO – Il piccolo Simone è solitamente presentato nudo, ad
esibire il corpo straziato dalle ferite; particolare evidenza è assegnata al sesso sanguinante, con riferimento alla circoncisione.
I tagli, distribuiti con regolarità inverosimile su tutto il corpo, avvicinano Simonino a San Sebastiano, trasformandolo in santo della
peste.
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La ragione in soffitta
SIMONINO– Attributo iconografico di Simonino sono, oltre alle ferite, gli strumenti ed il simbolo del martirio: il coltello, la tenaglia e la
palma. Il bambino presenta spesso, avvolto al collo come sciarpa o
poggiato elegantemente all’avambraccio, il telo con cui fu trattenuto o soffocato durante la tortura. Appare inoltre la bacinella in cui
Simonino, come agnello mistico, versa il sangue, simbolo di Cristo
che si sacrifica per la redenzione degli uomini.
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La ragione in soffitta
SIMONINO – Ad accentuare il parallelismo simbolico tra Simonino
e Cristo ricorrono, in alcuni casi, i chiodi della croce; tale parallelismo, ai lati del portale della chiesa di Marone, è evidenziato dall’accostamento del piccolo martire con il Cristo in croce.
In S. Pietro in Lamosa, a Provaglio, e nel trittico di Zurane Simonino regge il vessillo con la croce rossa in campo bianco, attributo di
Cristo risorto e simbolo di resurrezione.
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La ragione in soffitta
SIMONINO – Nella versione vestita (a Bienno e Breno) il piccolo
Simone perde in drammaticità e diventa un grazioso santo bambino. Gli strumenti di tortura sembrano ridiventare attrezzi di lavoro,
ed il santo antiebreo si trasforma nel piccolo protettore degli artigiani.
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La ragione in soffitta
SIMONINO E SANTI – Maria, inginocchiata davanti al crocifisso, è
accostata ai santi Antonio, Faustino, Simonino, Giovita e Rocco. Il
piccolo Simone, vestito ed accompagnato dai tradizionali attributi
iconografici, regge insieme a Giovita il vessillo della resurrezione.
Alquanto significativa è la sua collocazione a lato della croce, simmetricamente a Maria; ma, soprattutto, davanti a Maria, che sembra
rivolgere la sua preghiera più al bambino che al crocifisso, o, meglio,
al crocifisso tramite il bambino. Si conferma pertanto la simbolica
coincidenza tra Simonino e Cristo.
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La ragione in soffitta
SIMONINO E SANTI – Simonino è accostato ai Santi Antonio Abate,
Lorenzo e Rocco. Particolarmente significativa è la vicinanza a Rocco, che il bambino imita nel tradizionale atteggiamento con la calza calata a mostrare la piaga. Tale soluzione iconografica parrebbe
confermare la re-interpretazione di Simonino come santo della peste, in virtù del corpo martoriato dalle ferite che ricordano le piaghe.
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La ragione in soffitta
SIMONINO E SANTI – Simonino, nella versione di martire trionfante
con il vessillo della resurrezione, è inserito in una maestà, accanto
ai Santi Benedetto, Lucia e Stefano.
Lo strato pittorico è molto rovinato.
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La ragione in soffitta
PREDICAZIONE FRANCESCANA E MONTI DI PIETA’ – I frati francescani
hanno battuto il Nord Italia con predicazioni infuocate contro gli Ebrei e la
pratica dell’usura. Nella foto del frate predicatore di Bienno sono di estremo interesse la data del 16 dicembre 1490 scritta alla base del pulpito, le
fattezze del frate che rimandano immediatamente a Bernardino da Siena.
Il “pubblico” costituito da uccelli e da altri animali istituisce un rapporto
diretto fra il predicatore e San Francesco, fra l’azione dei francescani contemporanei e il fondatore. L’istituzione dei monti di pietà, sulla spinta della
predicazione francescana, avviene proprio negli ultimi decenni del Quattrocento e l’inizio del Cinquecento. A Malegno si vede ancora la porta della
-30sede del monte.
La ragione in soffitta
PREDICAZIONE FRANCESCANA E MONTI DI PIETA’ – All’esterno della
chiesa di Santa Maria al Ponte (o alla Minerva) a Breno si ritrovano due rappresentazioni simboliche del 1522 del monte di pietà e un simbolo di Bernardino da Siena. Sempre nel medesimo graffito le tavole della legge ebraiche sono raffigurate capovolte.
In Santa Maria in Silvis di Pisogne si vedono due frati (si direbbero un francescano e un domenicano) che si passano quella che pare una moneta. Immagine di difficilissima lettura date le condizioni dell’affresco: forse è la
manifestazione di una elemosina oppure, al contrario, di uno dei numerosi
accenni all’attaccamento ai beni terreni da parte degli esponenti del clero,
-31tema tipico dei trionfi della morte.
La ragione in soffitta
LA TIPICIZZAZIONE DELL’EBREO COME MALVAGIO
Nei periodi di maggior tensione fra cristiani e comunità ebraiche vi
è una forte tipicizzazione somatica e degli abiti degli Ebrei. Così è
nel caso di Giuda nell’Ultima Cena di Giovanni da Volpino, a Branico,
unico apostolo con tratti “diversi” rispetto agli altri e a Gesù, oppure negli Ebrei degli arma Christi di Berzo e Esine o in quelli del San
Simonino di Cerveno e altrove.
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La ragione in soffitta
LA TIPICIZZAZIONE DELL’EBREO COME MALVAGIO
La tipicizzazione prosegue anche nei secoli successivi, fino, per
esempio, ai personaggi della Via Crucis nelle cappelle della bottega
di Fantoni sempre a Cerveno, dove, in verità, vi è una qualche confusione fra la fisionomia del personaggio e il cappello un po’ ebraico
e un po’ arabeggiante.
Da notare che nelle cappelle di mano simoniana la tipicizzazione
non è presente.
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La ragione in soffitta
LA PERDITA DELLE CARATTERISTICHE SOMATICHE TIPICHE
Lentamente la figura dell’Ebreo perde i suoi caratteri distintivi e diventa un generico cattivo o un “eretico”. Così il persecutore ebreo di
Cerveno diventa un villico gozzuto, mentre il personaggio centrale
di Zurane di fatto è un biondo giovane rinascimentale (“todesco” e
luterano?). Al contrario ancora nel ‘400 i caratteri ebraico-demoniaci sono prestati al torturatore di Santa Caterina a Esine, che ebreo
certo non era.
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La ragione in soffitta
LA PERDITA DELLE CARATTERISTICHE SOMATICHE TIPICHE
Beniamino Simoni concluderà il discorso nelle Cappelle di Cerveno: l’aguzzino di Cristo ha i tratti del contadino camuno. Insomma
vi è una certa approssimazione e mescolanza. Forse non è un caso
che in Santa Maria in Silvis si citi Tasso: “Tartari e Turchi, Saracini
e Mori / morte li adduce a li infernali cori”: gli Ebrei sono impliciti
nelle parole, presenti nel dipinto. E nel testo scritto della Leggenda
di Carlo Magno (che è proprio degli anni di cui si sta parlando) vi è
una incredibile equivalenza: paganus sive arianus sive judeus.
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