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Capitolo 11 Sistemi a molte particelle.

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Capitolo 11 Sistemi a molte particelle.
Indice
11 Sistemi a molte particelle.
11.1 Introduzione. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
11.2 Postulato di simmetrizzazione. . . . . . . . . . . .
11.2.1 Equazione di Schrödinger. . . . . . . . . .
11.3 Discussione generale. . . . . . . . . . . . . . . . .
11.3.1 Simmetrizzazione e Antisimmetrizzazione .
11.3.2 Simmetrizzazione e fattorizzazione. . . . .
11.4 Costruzione degli stati. . . . . . . . . . . . . . . .
11.4.1 Normalizzazione degli stati. . . . . . . . .
11.4.2 Misure e proiettori. . . . . . . . . . . . . .
11.4.3 Determinanti di Slater . . . . . . . . . . .
11.5 Interferenza quantistica. . . . . . . . . . . . . . . .
11.5.1 Particelle indistinguibili: bosoni. . . . . . .
11.5.2 Particelle indistinguibili: fermioni. . . . . .
11.6 Discussione sull’interferenza. . . . . . . . . . . . .
11.7 Simmetrie orbitali e di spin. . . . . . . . . . . . . .
11.7.1 Spinori simmetrici. . . . . . . . . . . . . .
11.7.2 Simmetrie di spin: χ(σ) . . . . . . . . . .
11.7.3 Simmetrie orbitali: ϕ(x) . . . . . . . . . .
11.8 Elementi di matrice. . . . . . . . . . . . . . . . . .
11.8.1 Relazione di completezza. . . . . . . . . .
11.8.2 Operatori. . . . . . . . . . . . . . . . . . .
11.9 Rappresentazione di Fock. . . . . . . . . . . . . .
11.9.1 Bosoni. . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
11.9.2 Fermioni. . . . . . . . . . . . . . . . . . .
11.9.3 Operatori in rappresentazione di Fock. . . .
11.10Una discussione sul significato fisico. . . . . . . .
11.10.1 Esempio. . . . . . . . . . . . . . . . . . .
11.10.2 Gruppo SU (2). . . . . . . . . . . . . . . .
11.10.3 Simmetria discreta. . . . . . . . . . . . . .
11.10.4 Rappresentazione di Fock. . . . . . . . . .
11.10.5 Lo spin. . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
11.10.6 Aspetto geometrico. . . . . . . . . . . . .
11.10.7 Stati composti. . . . . . . . . . . . . . . .
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Complementi
11.A Appendice. . . . . . . . . . . . . . . . . . .
11.B Elementi di matrice per stati ad N particelle. .
11.B.1 Bosoni. . . . . . . . . . . . . . . . .
11.B.2 Fermioni. . . . . . . . . . . . . . . .
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INDICE
Capitolo 11
Sistemi a molte particelle.
11.1 Introduzione.
In Natura spesso compaiono sistemi composti da particelle identiche, basti pensare agli
elettroni in un atomo o in un metallo, ai fotoni in un fascio di luce, o a sistemi analoghi.
La trattazione quantistica di queste situazioni presenta alcune importanti peculiarità che
cercheremo di mettere in luce.
Cominciamo dal caso più semplice: due particelle senza spin. Per una singola particella
gli stati del sistema sono definiti da vettori1 in uno spazio di Hilbert H, in particolare
in rappresentazione di Schrödinger da funzioni ψ(x) ∈ L2 . Ci si aspetterebbe di poter
definire gli stati di due particelle come funzioni del tipo ψ(x, y), funzioni di due variabili
vettoriali, corrispondenti alle due variabili posizione classiche q 1 , q 2 delle due particelle.
In termini astratti questo significa dire che lo spazio di Hilbert del sistema composto è
H(2) = H1 ⊗ H2 , il che in pratica significa che una base per lo spazio H(2) è data da
ei ⊗ fj dove ei , fj sono vettori di base negli spazi di Hilbert di singola particella.
Per la rappresentazione di Schrödinger questo è abbastanza intuitivo: a x fisso sviluppiamo la funzione d’onda nella base fj (y), i coefficienti dipenderanno da x, sviluppiamo
ora i coefficienti nella base ei (x) ed avremo l’affermazione appena fatta:
ψ(x, y) =
X
cj (x)fj (y) =
j
X
Aij ei (x)fj (y)
i,j
In particolare se lo spazio di Hilbert è finito dimensionale, di dimensione n diciamo,
lo spazio di Hilbert H(2) ha dimensione n2 . È assolutamente essenziale che il lettore
abbia ben chiara la differenza fra somma di spazi di Hilbert e prodotto: nel caso finito
dimensionale il primo ha dimensione 2n, il secondo n2 .
Esercizio. Si considerino due particelle di spin 1, tralasciando la dipendenza orbitale delle funzioni d’onda e si supponga che
l’Hamiltoniana sia H = s1 2 + s2 2 , si scrivano gli autostati di H e ci si convinca che sono 9.
In generale per N particelle lo spazio degli stati sarà
H(N ) = H1 ⊗ H2 ⊗ . . . ⊗ HN
(11.1)
Torniamo ora al caso di due particelle e supponiamo di considerare uno stato particolarmente semplice, fattorizzato, del tipo
Ψ0 (x, y) = a(x)b(y)
(11.2)
1 Propriamente bisognerebbe parlare di raggi, cioè dei vettori non nulli modulo un fattore di fase. In questo
discorso iniziale la precisazione è ininfluente.
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4
CAPITOLO 11. SISTEMI A MOLTE PARTICELLE.
Se le due particelle sono identiche questo significa che lo stesso stato dinamico, cioè la
stessa situazione fisica descritta dallo stato Ψ0 , deve essere descritta dalla funzione in cui
il ruolo delle due particelle viene scambiato,
Ψ1 (x, y) = a(y)b(x)
Il principio di sovrapposizione allora implica che la stessa situazione fisica deve essere
descritta da una qualunque combinazione lineare
c1 Ψ0 + c2 Ψ1
(11.3)
Usando le combinazioni lineari
1
1
ψS (x, y) = [a(x)b(y) + a(y)b(x)] , ψA (x, y) = [a(x)b(y) − a(y)b(x)] (11.4)
2
2
lo stato del sistema è scrivibile nella forma
Φ(x, y) = αψS (x, y) + βψA (x, y)
(11.5)
Le due combinazioni ψS .ψA sono ortogonali, come è immediato verificare, quindi normalizzando le funzioni:
|α|2 + |β|2 = 1
(11.6)
Consideriamo ora l’evoluzione temporale dello stato: se l’Hamiltoniana è simmetrica,
e questo è obbligatorio altrimenti le due particelle avrebbero interazioni diverse e non sarebbero identiche, le combinazioni ψS e ψA conservano la loro simmetria nell’evoluzione.
Ad esempio dopo un tempo ∆t l’evoluzione temporale della parte simmetrica è ancora
simmetrica:
ψS (t + ∆t) = ψS (t) − iH∆tψS (t) + O(∆t2 )
Ognuno dei due termini nella (11.5) evolve indipendentemente e lo stato continuerà ad
essere scritto nella stessa forma nel corso dell’evoluzione.
Proviamo ora a calcolare la probabilità di trovare una particella in r 1 ed un’altra in r 2 ,
questa sarà data da
Z
P (r 1 , r 2 ) = d3 xd3 yΦ∗ (x, y)[δ(x − r 1 )δ(y − r 2 ) + δ(x − r 2 )δ(y − r 1 )]Φ(x, y)
= 2 |α|2 |ΨS (r 1 , r 2 )|2 + |β|2 |ΨA (r 1 , r 2 )|2
(11.7)
Nella densità di probabilità della (11.7) compaiono due addendi perchè essendo le particelle
indistinguibili la situazione “una particella in r 1 e l’altra in r 2 ” è realizzata in due modi.
Il risultato (11.7) è molto “preoccupante” per svariati motivi.
• Innanzitutto la forma non dipende dalla particolare osservabile considerata, per qualunque funzione f (x, y) simmetrica fra le due particelle si ha
hΦ|f |Φi = |α|2 hψS |f |ψS i + |β|2 hψA |f |ψA i
(11.8)
• Il risultato della misura dipende da α, β, per l’esattezza dai loro moduli. Quindi la
misura dipende da quale combinazione (11.3) viene selezionata, fra le infinite possibili: questo pone un problema perchè se fosse vero i vari stati di partenza non potrebbero essere equivalenti, dando luogo a misure diverse, mentre se sono equivalenti il
risultato della misura non è predicibile.
• Dalla (11.8) è evidente che il risultato non solo non dipende dalla fase complessiva
dello stato, come sempre nel caso di raggi dello spazio di Hilbert, ma nemmeno dalla
fase relativa fra i coefficienti α, β. Questo significa che non c’è interferenza fra i due
termini e quindi il risultato (11.8) è equivalente a quello ottenuto non da una misura
su uno stato puro ma da una misura su una miscela statistica con matrice densità
ρ = |α|2 |ψS ihψS | + |β|2 |ψA ihψA |
11.2. POSTULATO DI SIMMETRIZZAZIONE.
5
11.2 Postulato di simmetrizzazione.
In Meccanica Quantistica i problemi elencati nell’introduzione, che come vedremo sono anche più complicati nel caso di un numero maggiore di particelle, vengono superati
dall’introduzione di un postulato aggiuntivo il Postulato di Simmetrizzazione.
P1: In natura gli stati ad N particelle sono stati a simmetria definita: o totalmente
simmetrici o totalmente antisimmetrici.
Quale delle due possibilità si realizza è fissata da un secondo postulato:
P2: Per particelle di spin intero (bosoni) gli stati sono simmetrici, per particelle di spin
semiintero (fermioni) gli stati sono antisimmetrici.
I postulati sono espressi nell’ambito della meccanica quantistica non relativistica usuale,
alcune specifiche saranno chiarite in seguito. In particolare notiamo che nell’ambito della
meccanica quantistica relativistica un profondo risultato, dovuto a Pauli[13], afferma che
il secondo postulato, sotto ampie ipotesi, è un teorema, il cosiddetto Teorema di Spin e
Statistica.
Come per tutti i postulati ci sono alcuni problemi da affrontare:
• Questi postulati sono coerenti con il resto della teoria?
• La meccanica quantistica costruita con questi postulati aggiuntivi dà uno schema che
si adatta ai fatti sperimentali? La risposta è si. Le conferme sono innumerevoli e
vanno dalla verifica delle statistiche di Bose-Einstein e Fermi-Dirac alla spiegazione
della struttura atomica, dalla costituzione dei nuclei alla fisica dei quarks, etc.
• Cosa cambierebbe nella Meccanica Quantistica di N particelle in assenza di questi postulati? O meglio ancora ci possono essere delle descrizioni coerenti della
meccanica quantistica di N particelle con postulati diversi?
Il motivo per cui presentiamo una discussione di questa problematica un pò più dettagliata di quanto fatto normalmente in molti libri di testo è in parte dovuto al fiorire in questi
anni di molte ricerche sull’argomento, soprattutto in ambito di fisica della materia e fisica
delle particelle elementari. Per molta parte della presentazione seguiremo la traccia fornita
dai lavori [9, 10]. In questo paragrafo presenteremo gli aspetti essenziali del processo di
simmetrizzazione, nel prossimo discuteremo il problema in termini più generali. La lettura
del prossimo paragrafo non è necessaria per la comprensione del resto del testo.
Supponiamo per concretezza di avere un sistema di fermioni, il caso bosonico è simile.
Lo stato del sistema, come detto è un vettore in H(N ) . Per particelle con spin lo spazio
di singola particella, H comprende sia le variabili orbitali che quelle di spin. Indichiamo
l’insieme di queste variabili con λ. Una base per H(N ) è costituita da vettori del tipo
|λ1 , . . . λN i.
L’insieme delle permutazioni di N oggetti forma un gruppo, il gruppo simmetrico SN
di ordine N !, cioè ci sono N ! elementi.
Ogni permutazione si può ottenere come prodotto di scambi i ↔ j di due particelle,
questo scambio agisce in modo naturale sui vettori di base:
Pij |λ1 , . . . λi . . . λj . . . λN i = |λ1 , . . . λj . . . λi . . . λN i
(11.9)
Poichè Pij manda un vettore di base in un altro vettore di base è un operatore unitario in
H(N ) , e poichè ogni permutazione P è un prodotto di scambi, P è un operatore unitario.
Ad ogni permutazione si può associare una parità, a seconda che coinvolga un numero pari
o dispari di scambi, indicheremo con P tale parità, P = 1 per permutazioni pari, P = −1
per permutazioni dispari. Per due permutazioni evidentemente
P Q = P Q
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CAPITOLO 11. SISTEMI A MOLTE PARTICELLE.
Definiamo gli operatori di simmetrizzazione ed antisimmetrizzazione:
S=
1 X
P
N!
P
A=
1 X
P P
N!
(11.10)
P
È facile vedere che questi operatori sono dei proiettori.
Ad esempio per A
A2 =
1 X
1 X
1 X
P P
Q Q =
P Q P Q
N! P
N! Q
N !2 P,Q
possiamo cambiare variabili e porre X = P Q, a fisso P al variare di Q X percorre tutto il gruppo senza ripetizioni e quindi, la somma precedente dipende solo da X, ricordando che ci sono N !
permutazioni:
1 X
1 X
X X =
X X = A
(11.11)
A2 =
2
N ! P,X
N! X
Allo stesso modo usando il fatto che P è unitario, segue P † = P −1 , l’operazione P → P −1 è
biunivoca in un gruppo, e, poichè per l’idendità δ1 = 0 si ha δP −1 = δP quindi effettuando il
cambiamento di variabili Q = P −1 :
A† =
1 X
1 X
P P −1 =
Q Q = A
N! P
N! Q
(11.12)
Le equazioni (11.11),(11.12) assicurano che A è un proiettore. la dimostrazione per S è identica.
Le basi per gli stati simmetrici ed antisimmetrici sono definite da
S|λ1 , . . . λN i
A|λ1 , . . . λN i
(11.13)
L’azione dei proiettori è piuttosto drastica: degli N ! stati con numeri quantici λ1 . . . λN
ne viene selezionato solo 1, quello simmetrico o antisimmetrico rispettivamente.
Ritorneremo più avanti su esempi espliciti e su una riscrittura più intuitiva degli stati,
ora occupiamoci della questione della consistenza della procedura.
Cominciamo con l’osservare che questa scelta risolve il problema indicato nell’introduzione: se lo stato è simmetrico β = 0 se è antisimmetrico, α = 0, in ogni caso abbiamo
a che fare con usuali raggi di uno spazio di Hilbert.
Il primo punto per la consistenza è connesso all’evoluzione temporale, ma è semplice vedere che non ci sono problemi. Se l’Hamiltoniana è simmetrica automaticamente
l’evoluzione temporale preserva la simmetria dello stato, formalmente se H è simmetrica
significa che [H, P ] = 0 per ogni P , in particolare commuta con S e A, lo stesso vale per
l’operatore di evoluzione temporale, quindi, ad esempio
ψA (t) = U (t)|ψA (0)i = U (t)A|ψA (0)i = AU (t)|ψA (0)i
cioè |ψA (t)i è ancora uno stato antisimmetrico.
L’altro punto delicato è il seguente: di solito “tagliando” una fetta dello spazio di Hilbert perdiamo l’unitarietà della teoria, il motivo è il seguente. Se |niè un insieme completo
di stati la completezza assicura che
X
Pn = 1
Pn = |hn|ψA (t)i|2
n
Se ci limitiamo a stati a simmetria definita, ad esempio antisimmetrici, come facciamo ad
assicurare la completezza? Questa è vera solo se tutti gli elementi di matrice hnP |ψA (t)i
sono nulli per P 6= A, cioè se sono assolutamente vietate le transizioni fra stati antisimmetrici e stati con simmetria diversa.
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11.2. POSTULATO DI SIMMETRIZZAZIONE.
È facile vedere che ad esempio per 2 particelle questo è vero: il prodotto scalare fra uno
stato simmetrico ed uno antisimmetrico (le due uniche possibilità in questo caso) è nullo:
(hλ1 , λ2 | + hλ2 , λ1 |) (|α1 , α2 i − |α2 , α1 i) =
(11.14)
hλ1 |α1 ihλ2 |α2 i − hλ1 |α2 ihλ2 |α1 i + hλ2 |α1 ihλ1 |α2 i − hλ2 |α2 ihλ1 |α1 i = 0
Per N particelle notiamo che S ed A sono proiettori ortogonali fra loro, perchè, ad esempio,
la simmetrizzazione di uno stato antisimmetrico dà chiaramente zero, quindi, in generale
hψS |ψA i = hψS |SA|ψA i = 0
La dimostrazione generale dell’uguaglianza
hn|ψA i = 0 se |ni non è antisimmetrico
(11.15)
richiede un minimo di teoria dei gruppi, il lemma di Schür, e la rimandiamo al prossimo
paragrafo.
Lo stesso discorso vale per gli stati simmetrici. In conclusione tutte le probabilità di
transizione verso stati a simmetria diversa sono nulle, quindi l’unitarietà viene preservata
anche limitandosi ai soli sottospazi a simmetria definita.
Quanto visto finora ci assicura che almeno dal punto di vista matematico la restrizione ai sottospazi a simmetria definita è consistente. C’è però un problema di consistenza
fisica da analizzare: l’introduzione del procedimento di (anti)simmetrizzazione induce necessariamente una correlazione fra gli stati, ma si presume che la fisica fatta in una regione
limitata dello spazio non dipenda, ad esempio, dall’esistenza o meno di un elettrone su
Plutone anche se in linea di principio per definire uno stato puro di elettrone sulla Terra si
dovrebbe operare l’antisimmetrizzazione con tutti gli altri elettroni. In termini più precisi supponiamo di avere una particella, un elettrone ad esempio, descritto da una funzione
d’onda localizzata, nel senso che il supporto di questa funzione è contenuto in una regione
limitata D dello spazio. Cosideriamo un altro elettrone la cui funzione d’onda abbia supporto nella regione esterna a D, quindi classicamente si trova “lontano”, allora la misura di
una qualunque quantità in D non deve dipendere da quest’ultimo elettrone.
Ogni misura può essere scritta tramite proiettori, quindi una misura localizata in D è
caratterizzata da uno stato |αi di singola particella la cui funzione d’onda è localizzata in
D. Effettuare una misura localizzata significa occuparsi solo dello stato |αi e sommare
su tutte le possibilità per l’elettrone esterno, se si misurasse anche questo chiaramente la
misura non sarebbe limitata in D. Se non ci fosse la questione della (anti)simmetrizzazione
la misura sarebbe definita in questo modo: consideriamo un insieme completo di stati |Θi i
con supporto esterno a D, la misura della proiezione dello stato a due particelle |Ψi sarebbe
X
Pα =
|hα|hΘi ||Ψi|2
i
Se Ψ è uno stato come descritto sopra, sarebbe
|Ψi = |ϕi|W i
supp(ϕ) ⊂ D ; supp(W ) ⊂ Dc
(11.16)
e quindi
Pα =
X
i
|hα|hΘi ||Ψi|2 = |hα|ϕi|2
X
hΘi |W i = |hα|ϕi|2
(11.17)
i
L’ultima uguaglianza segue dal fatto che essendo supp(W ) ⊂ Dc , cioè nel complementare
di D, W è sviluppabile in serie dei soli stati Θi . La (11.17) dice appunto che la misura non
dipende da W .
Se ora operiamo, ad esempio, l’antisimmetrizzazione, cambiano due cose: lo stato di
partenza deve essere scritto
1
Ψ = √ (|ϕi|W i − |W i|ϕi)
2
(11.18)
8
CAPITOLO 11. SISTEMI A MOLTE PARTICELLE.
mentre gli stati su cui si opera la proiezione sono
1
|Xi i = √ (|αi|Θi i − |Θi i|αi)
2
(11.19)
Nelle (11.18),(11.19) abbiamo supposto i singoli ket normalizzati, inoltre viste le ipotesi
sul sopporto:
hϕ|W i = 0
hα|Θi i = 0
(11.20)
√
quindi il fattore 1/ 2 assicura la corretta normalizzazione degli stati.
La misura è ora espressa da
Pα =
X
i
|hXi |Ψi|2 =
1X
2 |hα|ϕi|2 |hΘi |W i|2 − |hΘi |ϕihα|W i = |hα|ϕi|2
2 i
che coincide con il risultato precedente. Nell’ultimo passaggio si è di nuovo fatto uso della
separazione dei supporti.
Quindi correttamente le misure locali non dipendono dalle particelle all’esterno. Si può,
e si deve, dimostrare qualcosa in più: se su N eletroni due, ad esempio, sono localizzati e
gli altri esterni, la statistica indotta sulla coppia localizzata deve essere proprio quella che si
otterrebbe “dimenticando” gli altri elettroni, cioè la coppia deve essere antisimmetrizzzata.
Dimostreremo questo risultato più generale nel prossimo paragrafo.
11.2.1
Equazione di Schrödinger.
Prima di proseguire è opportuno insistere su un punto: la scelta della statistica è una scelta
che non dipende da particolari questioni dinamiche, è una proprietà delle osservabili e
corrisponde ad una scelta fra le possibili proprietà di trasformazione sotto il gruppo delle
permutazioni.
Per essere concreti supponiamo di avere un sistema di N particelle identiche che interagiscono fra loro con un potenziale V (r i − r j ). L’equazione di Schrödinger per il sistema
ha la forma
X
~2 X 2
∂Ψ
=−
∇i Ψ +
V (r i − r j ) Ψ
(11.21)
i~
∂t
2m i
i<j
qualunque sia la forma di statistica: questa determina solo quali soluzioni fra quelle ammesse dalla (11.21) hanno significato fisico e quali no.
Un caso limite è quello di due particelle. Una volta eliminato il moto del centro di
massa l’equazione di Schrödinger, stazionaria, per la coordinata relativa è
−
~2 2
∇ Ψ + V (r)Ψ = EΨ
2µ
(11.22)
a parità di massa ridotta questa equazione è la stessa non solo per particelle con diversa
statistica, ma addirittura per particelle diverse fra loro.
Ad esempio nel caso di un potenziale coulombiano gli autovalori corrispondenti a stati
legati sarebbero sempre della stessa forma ma solo alcuni fra questi corrisponderebbero a
stati fisicamente ammissibili. Per due particelle, poichè r = r 1 − r 2 , lo scambio equivale
all’operazione r → −r, quindi gli stati sono simmetrici o antisimmetrici a seconda che L,
il momento angolare relativo, sia pari o dispari. Quindi

particelle diverse : ∀n L qualunque
1 µe4 
En = − 2 2
(11.23)
bosoni :
∀n L pari

2n ~

fermioni :
∀n L dispari
9
11.3. DISCUSSIONE GENERALE.
11.3 Discussione generale.
Poichè è facile “perdersi” nella discussione del caso generale e c’è sempre il rischio di
confondere le ipotesi con le tesi affrontiamo l’argomento in modo un pò più formale del
solito.
Definizione degli stati.
Lo spazio di Hilbert in questione è
H(N ) = H1 ⊗ H2 ⊗ . . . ⊗ HN
dove Hi è lo spazio di Hilbert della singola particella. Stiamo supponendo N fisso. Indicheremo con λi un insieme completo di autovalori per lo stato di singola particella. Su
questo spazio le permutazioni agiscono rimescolando i vettori di base:
Pij |λ1 , . . . λi . . . λj . . . λN i = |λ1 , . . . λj . . . λi . . . λN i
(11.24)
quindi il gruppo SN delle permutazioni è rappresentato da operatori unitari.
Ipotesi di indistinguibilità.
Diciamo che le N particelle sono indistinguibili se dato un qualunque stato fisico |ui questo
è indistinguibile da P |ui, dove P ∈ SN . qui indistinguibile significa che per qualunque
osservabile A
hu|A|ui = hP u|A|P ui = hu|P † AP |ui = hu|P −1 AP |ui
(11.25)
Notiamo che la (11.25) è in pratica una restrizione sulle osservabili.
Conseguenze sulle osservabili.
La (11.25) implica
[A, P ] = 0
A osservabile
(11.26)
Consideriamo infatti due stati |ui, |vi e formiamo le combinazioni
Φ1 = |ui + α|vi
Φ2 = |ui + iα|vi
α∈R
Scrivendo la (11.25) per |Φ1 i e |Φ2 i e confrontando fra loro le due espressioni si ricava
subito
hu|A|vi = hu|P −1 AP |vi
∀ |ui , |vi
(11.27)
che implica la la (11.26).
Nota: Nella dimostrazione della (11.27) si è implicitamente assunto che gli stati Φ1 e Φ2 siano
realizzabili. A priori è possibile che nello spazio di Hilbert agiscano delle regole di superselezione
e non tutti gli stati corrispondano a stati fisici, ad esempio se si assume che la carica elettrica sia
superseletta e |ui, |vi appartengono a settori con carica diversa, allora non si può considerare una
sovrapposizione coerente di tali stati. In tal caso però gli elementi di matrice di qualunque osservabile
fra settori superseletti sono nulli e la permutazione si suppone non coivolga la regola di superselezione
quindi P manda ogni settore dello spazio di Hilbert in se stesso, in questo caso entrambi gli elementi
di matrice nella (11.27) sono nulli e l’uguaglianza continua a valere.
Assumendo che l’Hamiltoniana sia una osservabile, discende che essa deve commutare con
le permutazioni, cioè deve essere simmetrica. Questo implica che l’operatore di evoluzione
temporale commuta con le permutazioni.
10
CAPITOLO 11. SISTEMI A MOLTE PARTICELLE.
Evoluzione degli stati e regole di selezione.
Il gruppo SN è un gruppo finito e, come visto, lo spazio H(N ) è sede di una rappresentazione
di questo gruppo, cioè ad ogni permutazione corrisponde un operatore unitario in H(N ) . È
noto dalla teoria delle rappresentazioni dei gruppi2 che ogni rappresentazione (unitaria) di
un gruppo finito è completamente riducibile. Nel nostro contesto queto significa: il gruppo SN ha un certo insieme di rappresentazioni irriducibili, finito dimensionali, indichiamo
queste rappresentazioni con Rλ . Lo spazio di Hilbert è scrivibile come somma diretta
H(N ) =
M
λ,τ
Rλ,τ
(11.28)
τ indica i numeri quantici aggiuntivi che servono a distinguere una rappresentazione irriducibile da un’altra unitariamente equivalente.
Facciamo un breve inciso per il lettore poco familiare con queste notazioni. Classificare le rappresentazioni irriducibili di SN significa classificare i modi possibili in cui un sottospazio lineare va
in se stesso sotto l’azione del gruppo. Un sottospazio Rλ è un sottospazio di dimensione finita. Ogni
vettore si trasforma sotto SN , un sottospazio è irriducibile se non ci sono combinazioni lineari di
vettori che rimangono invarianti. Ad ogni rappresentazione corrisponde un tipo di “simmetria” che
qui è codificata dal numero λ. Tecnicamente ogni rappresentazione irriducibile di SN è in corrispondenza con un tableau di Young (v. ??), λ indica di quale tableau si sta parlando. La decomposizione
(11.28) significa che si può scegliere una base in H(N ) assegnando ad ogni vettore della base una
definita proprietà di trasformazione sotto SN . Logicamente possono esistere molti sottospazi con lo
stesso tipo di simmetria, l’indice τ distingue questi sottospazi. Come analogia il lettore può pensare
alla classificazione |n.`, mi degli autostati dell’atomo di idrogeno. λ è il corrispettivo di `, che per
l’atomo di idrogeno identifica gli stati che si trasformano in modo irriducibile sotto rotazioni. l’indice m è l’etichetta assegnata ai vari vettori di base in questi sottospazi, che nella (11.28) sarebbero i
vettori di base in ogni Rλ,τ , l’indice n infine è l’analogo di τ : per ogni momento angolare assegnato
esistono diversi, infiniti, sottospazi: quelli con n = ` + 1, ` + 2 . . ..
Un punto importante per il seguito è che il gruppo SN ha solo due rappresentazioni irriducibili unidimensionali, quella corrispondente agli stati simmetrici e quella corrispondente agli stati antisimmetrici, tutte le altre rappresentazioni, che corrispondono a simmetrie
“miste” hanno dimensione maggiore di uno.
La relazione (11.27) impone una regola di selezione esatta fra i vari settori dello spazio
di Hilbert. Ricordiamo l’enunciato dei due lemmi di Schür sulle rappresentazioni dei gruppi
adattati alle nostre esigenze3 :
1) Se un operatore A commuta con tutti gli elementi del gruppo4 allora può avere elementi di matrice non nulli solo fra rappresentazioni irriducibili equivalenti. Nel nostro caso fra stati che si trasformano nello stasso modo sotto il gruppo SN , cioè con
lo stesso indice λ.
2) Se A è un operatore hermitiano che commuta con tutti gli elementi del gruppo allora
la matrice che rappresenta A all’interno di una data rappresentazione è un multiplo
dell’identità.
Per richiamare un caso noto: se nell’atomo di idrogeno consideriamo gli elementi di matrice di un
operatore invariante sotto rotazioni, ad esempio una funzione di r = |x|, f (r), il primo lemma ci
dice che gli unici elementi non nulli sono fra stati con lo stesso `, anche se n può essere diverso. Il
2 Lo
studente può trovare un riassunto dei risultati principali nel capitolo ??.
il lettore che ha studiato i gruppi: le rappresentazioni in Meccanica Quantistica sono rappresentazioni su
uno spazio vettoriale su C. La formulazione dei lemmi di Schür è quella adattata a questo caso.
4 Sarebbe più corretto dire che commuta con gli operatori che rappresentano il gruppo, ma tralasciamo queste
finezze linguistiche.
3 Per
11
11.3. DISCUSSIONE GENERALE.
secondo lemma ci dice che per questi elementi di matrice vale la regola di selezione m0 = m e che
gi elementi di matrice sono indipendenti fa m. Scrivendo esplicitamente
hn0 , `0 , m0 |f |n, `, mi =
Z
Rn0 `0 Y`∗0 ,m0 (θ, ϕ)f (r)Rn` Y`,m (θ, ϕ)
vediamo che si tratta semplicemente della ortogonalità delle funzioni Y`,m .
Siccome abbiamo già visto che tutte le osservabili commutano con gli elementi del
gruppo questo implica che
1) Non esistono osservabili che connettono stati a simmetria diversa.
2) Siccome H è un’osservabile l’evoluzione temporale non mischia stati a simmetria
diversa, basta per esempio scrivere, per piccoli ∆t
ψ(t + ∆t) = ψ(t) − iH∆tψ(t)
Insistiamo sul fatto che queste regole di selezione sono esatte. Questa situazione ci dice in
realtà che i vari settori a simmetria diversa sono superseletti: non è possibile fare una transizione da un settore all’altro. Se decomponiamo uno stato qualunque usando la (11.28), ed
indicando con µ l’indice che serve a distinguere i vettori di base in ogni sottospazio Rλ,τ
possiamo scrivere
X
|Ψi =
Cλ,τ,µ |λ, τ µi
(11.29)
λ,τ,µ
ovvero, raggruppando i termini con lo stesso valore di λ
|Ψi = |Φλ1 i + |Φλ2 i + . . . + |Φλn i
(11.30)
dove n, il numero di termini nella somma, è il numero delle rappresentazioni irriducibili
di SN . Se consideriamo il valor medio di un’osservabile abbiamo, sempre per il lemma di
Schür
X
X
hΨ|A|Ψi =
hΦλi |A|Φλj i =
hΦλi |A|Φλi i
(11.31)
i,j
i
Non ci sono termini di interferenza fra i settori con λ diverso ed il risultato (11.31) è lo
stesso che avremmo ottenuto nel caso di uno stato descritto da una matrice densità
X
ρ=
|Φλi ihΦλi |
i
questo è appunto il significato di una regola di superselezione.
Vediamo quindi che ci sono due possibilità
a) Più di una rappresentazione Rλ interviene nella descrizione degli stati, ed allora
necessariamente la descrizione quantistica del sistema avviene tramite una matrice
densità.
b) Nella somma (11.31) interviene un solo termine, ed allora la descrizione avviene
tramite uno stato puro.
Notiamo che fino a questo punto non abbiamo fatto nessuna ipotesi sulla simmetrizzazione
o meno degli stati.
12
CAPITOLO 11. SISTEMI A MOLTE PARTICELLE.
Preparazione degli stati.
Per decidere quale delle due alternative illustrate precedentemente scegliere, dobbiamo fare
qualche affermazione su come possiamo preparare gli stati. Nella meccanica quantistica di
singola particella normalmente si assume, e questo è necessario per l’interpretazione fisica
della teoria, che esista un insieme completo di osservabili compatibili. Il che significa che
uno stato può essere in linea di principio “preparato” misurando contemporaneamente un
sufficiente numero di osservabili. Insieme completo qui significa che non resta nessuna
degenerazione e lo spazio risultante ha dimensione uno. Normalizzando lo stato questo significa che l’unica arbitrarietà che resta dall’effettuazione delle misure è un fattore di fase
e questo è appunto il motivo per cui gli stati fisici sono rappresentati da raggi nello spazio
di Hilbert. Notiamo, per inciso, l’unicità della soluzione dell’equazione di Schródinger
rappresenta un esempio di realizzazione di questo postulato non è una “dimostrazione” del
postulato.
Questo aspetto della definizione degli stati di un sistema viene spesso inconsciamente trascurato
quando si studia la rappresentazione di Schrödinger ed in particolare si cercano gli autostati dell’Hamiltoniana. Ad esempio quando si scrivono gli autostati Rnl Ylm questi sono sicuramente unici, ed in
effetti la fase è stata fissata scegliendo le funzioni Rnl reali e la fase opportua per le armoniche sferiche. In quale punto abbiamo imposto la questione della unidimensionalità dello spazio dei vettori
fisici? Sembra che tutto sia un teorema: il teorema di esistenza e unicità della soluzione dell’equazione di Schródinger. In realtà abbiamo imposto una condizione: che la soluzione sia normalizzabile,
e quindi in L2 , oppure, nel caso dello spettro continuo, che sia limitata all’infinito. In mancanza di
questo vincolo non è vero che la soluzione dell’equazione è unica e non è neanche vero che H è un
operatore autoaggiunto. Una volta imposto questo vincolo abbiamo scelto le osservabili H, L2 , Lz
per caratterizzare completamente lo stato. Un esempio ancora più esplicito è il caso di una particella
libera limitata in un segmento; se non imponiamo nessuna condizione al contorno non è affatto vero
che la soluzione dell’equazione di Schródinger è unica e lo spettro che otteniamo dipende appunto
dalle condizioni al contorno imposte. Se pensiamo alle condizioni al contorno come un esempio di
come si possano vincolare gli stati possibili, o “preparare” gli stati, questo è un classico esempio in
cui possiamo ottenere stati diversi a seconda della definizione del nostro sistema.
Nel caso di un sistema di N particelle la situazione è più complicata. Come al solito assumiamo ci sia un insieme massimale di osservabili compatibili, massimale significa che
non possiamo aggiungere osservabili in modo da eliminare eventuali degenearazioni del
sistema, in altre parole facciamo il meglio possibile per determinare i numeri quantici. Il
problema è che nel caso ad N particelle in generale non è vero che arriviamo ad uno
spazio unidimensionale. Sia infatti |ui uno stato “preparato” nel modo suddetto. Per l’ipotesi di indistinguibilità tutti gli stati P |ui corrispondono alla stessa situazione fisica.
La dimensione dello spazio a cui si arriva è perciò la dimensione dello spazio generato
per conbinazioni lineari dai vettori di tipo P |ui. Il meglio che possa succedere è essere
in una rappresentazione irriducibile, ma non c’è modo di distinguere un vettore dall’altro
all’interno di questa rappresentazione, sempre per il lemma di Schür. Siamo in una situazione analoga a quella che fa passare dai vettori ai raggi dello spazio di Hilbert ma ora
l’arbitrarietà non è semplicemente una fase.
Scelta della simmetria e consistenza dell’ipotesi.
Se vogliamo avere una descrizione del sistema attraverso stati puri siamo perciò condotti a
fare un’ipotesi che generalizza, in generale, il passaggio da vettore a raggio di uno spazio
di Hilbert; gli stati fisici corrispondono ad una simmetria fissata del gruppo delle permutazioni. Qualunque delle scelte fatte è consistente e, ancora più importante, l’arbitrarietà
rimanente è ininfluente su qualunque osservabile, esattamente come l’indipendenza dalla
fase nel caso normale.
Consideriamo infatti, per una data scelta di λ due stati diversi che trasformano secondo
la stessa Rλ e che appartengono allo stesso sottospazio determinato da una misura massi-
13
11.3. DISCUSSIONE GENERALE.
male come detto precedentemente, questo significa che le osservabili usate fissano l’indice
τ fra i vari sottospazi Rλτ . Siano |ui, |vi questi stati. il secondo lemma di Schür ci assicura
che all’interno del sottospazio Rλ gli elementi di matrice di ogni osservabile simmetrica
sono un multiplo della matrice identica, quindi sicuramente
hu|A|ui = hv|A|vi
In conclusione qualunque scelta della simmetria λ è compatibile con l’usuale descrizione
quantistica del sistema. Rinunciare a scegliere una simmetria fissata porta ad una descrizione tramite una matrice statistica. La scelta della simmetria, per gli stessi motivi visti
precedentemente, è compatibile con l’evoluzione temporale del sistema.
Per completezza diciamo che tutta questa problematica può essere affrontata ad un
livello più astratto studiando direttamente l’algebra delle osservabili.
11.3.1
Simmetrizzazione e Antisimmetrizzazione
Fra tutte le scelte possibili, comprese quella della descrizione attraverso una matrice statistica, quella realizzata in natura è la più semplice:
Postulato di simmetrizzazione Gli stati fisici ad N particelle si trasformano secondo
la rappresentazione simmetrica, bosoni, o antisimmetrica, fermioni, del gruppo SN . In
natura i bosoni hanno spin intero ed i fermioni spin semi-intero.
Naturalmente l’associazione fra simmetria dello stato e spin delle particelle a questo
livello è un postulato, o un’evidenza sperimentale. Come già detto in un altro ambito
questo è un teorema.
Notiamo che le due rappresentazioni considerate sono le uniche rappresentazioni unidimensionali del gruppo SN questo significa che in questo caso, e solo in questo, l’arbitrarietà
dello stato si riduce ad una fase, cioè ricadiamo nella stessa situazione del caso di singola
particella. In alcuni testi si trova l’affermazione errata che dovendo le permutazioni portare
da uno stato ad uno equivalente ed essendo gli stati determinati a meno di una fase
P |ui = c|ui
|c| = 1
(11.32)
La (11.32) in realtà asserisce che la realizzazione del gruppo delle permutazioni è unidimensionale, o equivalentemente che esiste un insieme di osservabili compatibili che hanno come sottospazio invariante uno spazio unidimensionale, ma siccome le uniche rappresentazioni unidimensionali di SN sono appunto quelle simmetrica e antisimmetrica, la
(11.32) è equivalente al postulato di simmetrizzazione.
Il postulato di simmetrizzazione è equivalente ad un altra assunzione che è fisicamente
più “ragionevole”. Consideriamo un sistema di N particelle e supponiamo di avere misurato per ognuna di essere un insieme completo di numeri quantici, ad esempio in un processo
d’urto abbiamo misurato impulso e spin di ogni particella. Questa misura individua univocamente lo stato? In altre parole siamo in presenza di un insieme massimale di misure
nel senso prima esposto? La risposta in generale è no, questo succede solo nel caso delle
rappresentazioni simmetriche e antisimmetrica, quindi assumere che la misura dei numeri quantici delle singole particelle determini lo stato del sistema, cosa fisicamente molto
ragionevole, è equivalente ad assumere il postulato di simmetrizzazione.
Vediamo una dimostrazione di questo fatto. Supponiamo che |q1 . . . qN i sia uno stato in H(N ) che appartiene allo spazio individuato dalle nostre misure, cioè la particella
1 ha numero quantici q1 , la 2 q2 etc. Per l’identità delle particelle tutti gli stati ottenuti applicando una permutazione a questo stato sono equivalenti. Di questi stati, in generale, se i qi sono differenti, ne esistono N !, lo spazio generato da tutti questi vettori,
P1 |q1 . . . qN i, P2 |q1 . . . qN i . . . è uno spazio vettoriale di dimensione N ! che costituisce la
14
CAPITOLO 11. SISTEMI A MOLTE PARTICELLE.
cosiddetta rappresentazione regolare di SN . Come tutte le rappresentazioni anche questa
rappresentazione è completamente riducibile
M
Rreg =
Rλ,τ
(11.33)
Quello che si può dimostrare è che in questa rappresentazione ogni simmetria, cioè ogni
λ compare un numero di volte pari alla sua dimensione, quindi una rappresentazione di
dimensione 3 comparirà 3 volte etc. Le uniche rappresentazioni che compaiono una sola
volta sono le rappresentazioni unidimensionali, cioè quella simmetrica e antisimmetrica.
Supponiamo ora che valga il postulato che gli stati fisici siano stati che si trasformano secondo una rappresentazione fissata λ0 . Questa sarà l’unica a comparire nella (11.33)
e comparirà, in generale, un numero dim(Rλ0 ) volte. Quindi questo tipo di misure non
sono mai una misura massimale, che dovrebbe portare alla comparsa di un’unica rappresentazione Rλ0 . L’unica eccezione sono appunto le rappresentazioni selezionate dal
postulato di simmetrizzazione.
Notiamo comunque che un insieme di misure di questo tipo non può distinguere fra
una statistica bosonica ed una fermionica, entrambe appaiono una sola volta nelle decomposizione ma per sapere quale delle due compare occorre fare una misura di correlazione
fra le particelle. Questo è abbastanza intuitivo: se si prepara ad esempio uno stato di due
elettroni per decidere se è simmetrico o antisimmetrico si può, ad esempio, verificare se i
due elettroni possono o no esistere nello stesso stato, ma questa appunto è una misurazione
sulla coppia di elettroni, non sui singoli elettroni presi separatamente.
11.3.2
Simmetrizzazione e fattorizzazione.
Come abbiamo cercato di sottolineare precedentemente l’imposizione di una simmetria
oltre a richiedere una consistenza matematica richiede una consistenza fisica. In particolare
si vorrebbe che la presenza di eventuali particelle al di fuori di una regione limitata D non
influenzi le misure ristrette a D. Abbiamo dimostrato come questo funziona per misure
di singola particella nel paragrafo 11.2 per statistiche fermioniche. Mostriamo ora che
effettivamente nel caso fermionico il disaccoppiamento delle particelle esterne alla regione
D non cambia il tipo di statistica. Nel caso bosonico il risultato è identico, lasciamo al
lettore la dimostrazione.
Consideriamo un sistema composto da N fermioni, elettroni ad esempio, due di questi
hanno una funzione d’onda ϕ localizzata in D, gli altri N − 2 sono localizzati al di fuori
di D, con funzione d’onda W . Se pensiamo ai due gruppi come disaccoppiati lo stato del
sistema dovrebbe essere |ϕi|W i dove |ϕi è antisimmetrico rispetto alle prime due particelle
e |W i antisimmetrico rispetto alle N − 2 restanti.
Considerando come nel paragrafo 11.2 un insieme completo di vettori |Θi i antisimmetrici e aventi supporto nel complementare di D, supp(Θi ) ⊂ Dc il risultato di una misura
sarebbe esprimibile tramite
X
X
Pα =
|hα|hΘi ||ϕi|W i|2 = |hα|ϕi|2
|hΘi |W i|2 = |hα|ϕi|2
(11.34)
i
i
dove |αi è uno stato antisimmetrico a due particelle. Dimostriamo ora che si ottiene lo
stesso risultato se si considera lo stato completamente antisimmetrizzato.
Lo stato completamente antisimmetrizzato è
|Φi = CA|ϕi|W i = C
1 X
P P |ϕi|W i
N!
P
dove C è una costante di normalizzazione. Calcoliamo C.
hΦ|Φi = C 2 hϕ|hW |A2 |ϕi|W i = C 2 hϕ|hW |A|ϕi|W i
15
11.3. DISCUSSIONE GENERALE.
le permutazioni possono essere distinte in due gruppi, nel primo gruppo quelle che scambiano le separatamente le prime due particelle e le restanti altre N − 2, nel secondo gruppo quelle che mischiano almeno una delle due particelle con quelle rappresentate da W .
Queste seconde non danno alcun contributo perchè i supporti di ϕ e W sono distinti, ad
esempio
Z
ϕ(x1 , x2 )W (x3 . . . xN )ϕ(x1 , x3 )W (x2 , x4 , . . . xN ) = 0
perchè nel prodotto ϕ(x1 , x2 )W (x2 , x4 , . . . xN ) o è zero ϕ se x2 ∈ Dc o è zero W , se
x2 ∈ D. le permutazioni del primo gruppo danno
P |ϕi|W i = P |ϕi|W i
appunto perchè ϕ e W sono stati antisimmetrici, quindi tutti i contributi sono uguali e sono
in numero di 2!(N − 2)!
hΦ|Φi = C 2
2!(N − 2)!
N!
C=
N!
2!(N − 2)!
1/2
Consideriamo ora la base Θi già introdotta, La misura Pα è espressa da vettori
|Xi i = CA|αi|Θi i
e la costante di normalizzazione è la stessa di prima, perchè α e Θi hanno le stesse caratteristiche di supporto di ϕ e W .
Quindi
X
1 X
Pα =
|hXi |Φi|2 = C 2
|hα|hΘi |P P |ϕi|W i
N! i
i
Dividendo come prima le partizioni in due gruppi si ha:
Pα = C 2
X
2!(N − 2)!
|hα|ϕi|2
|hΘi |W i|2 = |hα|ϕi|2
N!
i
(11.35)
che coincide con il risultato aspettato (11.34). Questa dimostrazione si estende con facilità
ad ogni sottogruppo di k particelle fra le N considerate e dimostra che la statistica ‘locale”
indotta dal disaccoppiamento di un certo numero di particelle è identica alla statistica del
sottogruppo considerato.
Un risultato analogo vale per l’evoluzione temporale. Come già detto l’operatore di
evoluzione temporale U commuta con tutte le permutazioni e per il lemma di Schür può
connettere solo rappresentazioni equivalenti sotto SN . Siccome di rappresentazioni irriducibili antisimmetriche ne esiste solo una, se si parte da uno stato antisimmetrico si evolve
in uno stato antisimmetrico. Lo stesso vale nel caso simmetrico.
Questa proprietà di “riduzione” si perde nel caso di statistiche miste. Consideriamo ad
esempio tre particelle. Le rappresentazioni irriducibili del gruppo S3 sono rappresentabili
tramite i tableaux di Young
S
A
M
Le variabili che descrivono le tre particelle si intendono distribuite nelle caselle, simmetrizzando sulle righe e antisimmetrizzando sulle colonne. Le rapprresentazioni di tipo M
corrispondono a simmetrie miste. È abbastanza intuitivo che togliendo uno stato dalla prima riga della rappresentazione M si finisce in uno stato antisimmetrico a due particelle,
togliendo lo stato della seconda riga in uno stato simmetrico. Se l’accoppiamento con lo
16
CAPITOLO 11. SISTEMI A MOLTE PARTICELLE.
stato che si toglie è piccolo, perchè ad esempio rappresenta una particella distante dal sistema, questo implica che per effetto dell’interazione si può passare da stati simmetrici a stati
antisimmetrici di due particelle che approssimativamente, trascurando la presenza del terzo
stato, fornirebbero una rappresentazione del sistema. Applicato agli elettroni questo avrebbe conseguenze piuttosto drastiche: come vedremo il fatto che per gli elettroni valga la
statistica antisimmetrica implica il principio di Pauli, che impedisce a due elettroni di avere gli stessi numeri quantici. Ad esempio classificando gli stati con la stessa convenzione
usata per l’idrogeno, solo due elettroni possono occupare l’orbita 1s, i due elettroni differiscono per il numero quantico di spin, diciamo per uno sz = +1/2, per l’altro sz = −1/2.
Se ci fosse la possibilità di violare questo principio un elettrone di energia superiore in un
atomo a molti elettroni, potrebbe venire catturato nell’orbita 1s con conseguente emissione
di luce, raggi X tipicamente, che sarebbero facilmente rivelabili. Un esperimento di questo
tipo è stato effettivamente eseguito, ponendo un limite al possibile mescolamento fra stati a
simmetria diversa. In appendice 1 il lettore può trovare un esame più dettagliato di questo
problema.
Ogni processo fisico di interazione fra due sistemi A, B, “separati” può essere pensato
come la preparazione dei due sistemi, l’evoluzione del sistema composto e l’eventuale
successiva separazione.
Quanto abbiamo visto in questo paragrafo ci dice che, preparando i due sistemi con una
statistica antisimmetrica:
1) Questa preparazione è consistente con l’assumere una statistica antisimmetrica complessiva per il sistema A + B. Questo è abbastanza ovvio perchè fra le funzioni
d’onda dei due sistemi non c’è sovrapposizione, sono separati appunto.
2) Nel corso dell’evoluzione temporale la simmetria globale viene preservata.
3) Nella, eventuale, separazione del sistema in due parti, C +D, le singole parti ereditano la statistica di partenza, cioè sono ancora antisimmetriche nelle loro componenti.
Questo è quello che abbiamo dimostrato nel caso di una coppia di particelle, il lettore
è invitato a generalizzare la dimostrazione per un insieme arbitrario di particelle.
Lo stesso discorso può essere fatto nel caso bosonico.
11.4
Costruzione degli stati.
Da questo punto in poi supporremo la validità del principio di simmetrizzazione. In questo
paragrafo vogliamo analizzare più in dettaglio come si scrivono gli stati del sistema in
questa ipotesi.
Sia |λi i, al variare di i, una base per lo spazio di Hilbert di singola particella. Una base
per lo spazio H(N ) è formata da
|λi1 i ⊗ |λi2 i . . . |λiN i ≡ |λi1 i|λi2 i . . . |λiN i
(11.36)
Nella seconda forma abbiamo sottinteso il simbolo ⊗. La (11.36) specifica uno stato in cui
la prima particella è nello stato λi1 , la seconda nello stato λi2 e così via.
Il postulato di simmetrizzazione in pratica afferma che gli stati fisici ad N particelle,
E (N ) corrispondono ad un sottospazio di H(N ) :
E
(N )
(
S[H(N ) ] stati simmetrici, bosoni
=
A[H(N ) ] stati antisimmetrici, fermioni
(11.37)
17
11.4. COSTRUZIONE DEGLI STATI.
Una base, non normalizzata, per questi spazi è definita da
X
S[H(N ) ] :
P |λi1 i|λi2 i . . . |λiN i
(11.38a)
P
A[H(N ) ] :
X
P P |λi1 i|λi2 i . . . |λiN i
(11.38b)
P
Un punto da sottolineare è che gli stati sono definiti affermando quali stati di singola particella sono presenti, non dipendono cioè da quale particella occupa un dato stato, questa
nozione si perde nel processo di (anti)simetrizzazione. Questa osservazione è alla base
di una rappresentazione alternativa a quella usuale di Schrödinger, la rappresentazione di
Fock, che sarà illustrata più avanti.
Nella (11.38b) è contenuta un’affermazione fondamentale che rendiamo esplicita:
Prinicipio di Pauli: Due fermioni non possono occupare lo stesso stato.
Infatti se due fra gli stati |λi i sono uguali il processo di antisimmetrizzazione annulla l’espressione (11.38b). Notiamo che il principio di Pauli è stato formulato prima ancora della
nascita della Meccanica Quantistica nella sua forma attuale[14].
Un esempio per le (11.38): se gli stati |λi i sono una base ortonormale per H dei vettori
di base normalizzati per il caso a due particelle sono della forma
1
√ (|λ1 i|λ2 i + |λ2 i|λ1 i) bosoni
2
1
√ (|λ1 i|λ2 i − |λ2 i|λ1 i) fermioni
2
Un esempio pratico è fornito da una coppia di elettroni di impulso p1 , p2 e proiezione dello
spin su un asse z, σ1 , σ2 :
1
√ (|p1 , σ1 i|p2 , σ2 i − |p2 , σ2 i|p1 , σ1 i)
2
11.4.1
Normalizzazione degli stati.
Per brevità scriveremo
|λ1 , λ2 . . .i = |λ1 i|λ2 i . . .
per indicare uno stato in cui la prima particella ha numeri quantici λ1 , la seconda λ2 etc.
Useremo lo stesso ordine per i vettori duali: hλ1 , λ2 . . .|. Data una base, ortonormale, |λi i,
per gli stati di singola particella, è facile calcolare le costanti di normalizzazione per la base
(11.38). Sia N il numero totale di particelle, ni il numero di particelle nello stato λi con
n i1 + . . . + n iN = N
(11.39)
Si ha:
r
N!
S |λ1 , λ2 . . .i
n1 !n2 ! . . .
r
√
1 X
|λ1 , λ2 . . .iA = N ! A |λ1 , λ2 . . .i =
εP |λ1 , λ2 . . .i
N!
|λ1 , λ2 . . .iS =
(11.40a)
(11.40b)
P
Dimostrazione. Consideriamo ad esempio la (11.40a), che è il caso più complicato. Collezioni
diverse di autovalori λi danno evidentemente stati ortogonali. Per collezioni uguali, esplicitando
l’operatore S:
X
N!
1 X
Qhλ1 , λ2 . . .| ·
P |λ1 , λ2 . . .i
Shλ1 , λ2 . . .|λ1 , λ2 . . .iS =
n1 !n2 ! . . . (N !)2 Q
P
18
CAPITOLO 11. SISTEMI A MOLTE PARTICELLE.
Tutti gli N ! addendi ottenuti permutando con Q danno lo stesso contributo sullo stato simmetrizzato
con le permutazioni P , quindi resta
X
1
hλ1 , λ2 . . .| ·
P |λ1 , λ2 . . .i
n1 !n2 ! . . .
P
Nel prodotto scalare sono non nulli, e valogono 1, solo i vettori che hanno gli autovalori λi nello stesso ordine del vettore hλ1 , λ2 . . .| e questi sono appunto quelli che si ottengono permutando
i sottogruppi a λi fisso, e sono n1 !n2 ! . . ., da cui segue la (11.40a). Il procedimento si può anche
formalizzare usando il fatto che S è un proiettore, quindi S † = S e S 2 = S.
La (11.40a) può essere semplificata notando che il vettore |λ1 , λ2 . . .i rimane invariato se
si permutano fra loro gli autovalori λi uguali fra loro. Le permutazioni di questo tipo, oltre
0
all’identità, formano un sottogruppo SN
del gruppo delle permutazioni, il sottogruppo di
isotropia del vettore. Possiamo immaginare di scrivere ogni permutazione come il prodotto
0
di una permutazione appartenente a SN
e di una che cambia λi non uguali fra loro, questo
0
0
equivale e passare al gruppo quoziente SN /SN
. Tutte le permutazioni di SN
lasciano il
vettore invariato e sono in numero di n1 !n2 ! . . ., quindi
r
n1 !n2 ! . . . X
|λ1 , λ2 . . .iS =
|λ1 , λ2 . . .i
(11.41)
N!
0
P
dove la somma è fatta sulle sole permutazioni “effettive”, quelle cioè che cambiano il vettore. Come esempio il lettore può verificare che usando la (11.41) o la (11.40a) si ottiene
in ogni caso:
1 |λ1 , λ1 , λ2 iS = √ |λ1 , λ1 , λ2 i + |λ1 , λ2 , λ1 i + |λ2 , λ1 , λ1 i
3
11.4.2
Misure e proiettori.
Uno dei più frequenti motivi di confusione nell’uso degli stati simmetrizzati è dato dalla
scrittura dei proiettori, vediamo quindi di chiarire alcuni punti. Trattiamo il caso bosonico,
che è il più complicato.
Uno stato generico per N particelle ha la forma di una combinazione lineare degli stati
di base (11.40a):
X
|ψi =
Cλ1 ... |λ1 , λ2 . . .iS
(11.42)
Una misura su |ψi fornirà l’insieme di variabili {λ1 . . .} con probabilità |Cλ1 ... |2 , e questa
misura è rappresentata dal proiettore sul corrispondente autostato
Πλ1 ,λ−2... = |λ1 , λ2 . . .iS Shλ1 , λ2 . . .|
(11.43)
Vale a dire, usando la (11.40a)
2
1 X
N!
|Cλ1 ... | = hψ|Πλ1 ,λ−2... |ψi =
(hλ1 , λ2 . . .|) |ψi
n1 !n2 ! . . . N !
2
(11.44)
P
Siccome |ψi è simmetrico tutti gli addendi (N !) dovuti alla somma sulle permutazioni P
nella (11.44) danno lo stesso contributo, quindi
|Cλ1 ... |2 =
N!
2
|hλ1 , λ2 . . .|ψi|
n1 !n2 ! . . .
(11.45)
Innanzitutto la (11.45) ci dice che basta calcolare l’elemento di matrice su uno stato non
simmetrizzato, inoltre è consistente con la seguente interpretazione. La misura di numeri
19
11.4. COSTRUZIONE DEGLI STATI.
quantici λ1 . . . deve essere scrivibile come somma simmetrizzata di misure individuali sulle
singole particelle. Immaginiamo di associare un rivelatore ad ogni misura, allora
|λ1 , λ2 , . . .ihλ1 , λ2 , . . .|
(11.46)
significa effettuare una misura che dà risultato λ1 per la prima particella, λ2 per la seconda
etc. La simmetrizzazione della misura corrisponde a simmetrizzare gli operatori (11.46).
Delle N ! permutazioni però, n1 ! · n2 ! . . . corrsipondono alla stessa operazione, solo le
permutazioni distinte corrispondono a misurare qualcosa di diverso, quindi la misura è
espressa da
X0
M=
P |λ1 , λ2 , . . .ihλ1 , λ2 , . . .|P †
(11.47)
P
la somma è sulle permutazioni effettive. Un esempio esplicito di questo tipo di conteggio è
dato nel paragrafo ??. Notiamo che la permutazione che agisce sul vettore e sul suo duale
nella (11.47) è la stessa. Ad esempio una misura di impulso
|p1 , p1 , p2 ihp1 , p1 , p2 |
significa che la prima e la seconda particella hanno impulso p1 , la terza p2 , non ha senso
ovviamente permutare fra loro i primi due impulsi.
Infine un’ultima precisazione. In molte situazioni si calcola una ampiezza di probabilità
per un certo evento, corrispondente al calcolo di
Aλ1 ... = Shλ1 , λ2 , . . .|ψi
(11.48)
Sottolineiamo che lo stato finale nella (11.48) è quello simmetrizzato. Se si desidera
sommare su tutte le possibilità dello stato finale occorre effettuare la somma
X
2
P =
|Aλ1 ... |
(11.49)
stati fin.
La somma (11.49) non è su variabili indipendenti, perchè lo scambio di due variabili porta
allo stesso stato. Per semplicità pensiamo al caso di N impulsi nello stato finale, l’integrale corrispondente andrebbe effettuato in una regione vincolata e questo può essere molto
complessa da specificare. In realtà qualunque permutazione delle varibili dà lo stesso contributo alla (11.49), quindi è più semplice sommare sulle variabili non vincolate e dividere
il risultato per il numero delle permutazioni effettive:
n1 !n2 ! . . . X
2
P =
|Aλ1 ... |
(11.50)
N!
λ1 ...
Ad esempio se f rappresenta l’ampiezza di probabilità per avere uno stato finale a due
particelle di impulso p1 , p2 , la probabilità di avere una coppia con qualunque impulso è
Z Z
1
|f |2
(11.51)
2! p1 p2
Il motivo del fattore 1/2 in questo caso è particolarmente chiaro: effettuando l’integrale
non vincolato ogni configurazione finale viene contata due volte, perchè la misura (p1 , p2 )
e quella (p2 , p1 ) sono le stesse, essendo le particelle identiche.
11.4.3
Determinanti di Slater
Analizziamo più in dettaglio il caso fermionico esplicitando la rappresentazione di Schrödinger. Ricordiamo innanzitutto che qualunque sia la rappresentazione, questa è determinata dalla scelta di autostati |αi di un insieme completo e che la funzione d’onda dello stato
in tale rappresentazione è
hα|ψi ≡ ψ(α)
(11.52)
20
CAPITOLO 11. SISTEMI A MOLTE PARTICELLE.
Nel caso della rappresentazione di Schrödinger l’insieme delle variabili α è costituito daqli
autostati di q, con autovalori x, e, ad esempio, dagli autostati di sz , con autovalori ±1/2.
Quindi la funzione d’onda si presenta nella forma ψ(x, σ), dove σ ha due valori, es. ±1/2.
Logicamente si può anche scrivere ψσ (x), con σ = 1, 2 ad indicare i due autovalori di σz ,
ed intendere la funzione d’onda come un vettore a due componenti. Entrambe le scritture
sono usate.
Uno stato fermionico ad N particelle sarà quindi descritto da una funzione totalmente
antisimmetrica nelle N variabili α1 , . . . αN , ψ(α1 , . . . αN ). Una base per questo insieme
di funzioni è, indicando un insieme qualunque di stati ortonormali con λ1 , . . . λN :
1 X
ϕλ1 ,...λN (α1 , . . . αN ) = √
P P ψλ1 (α1 ) . . . ψλN (αN )
N! P
(11.53)
Nella (11.53) gli stati sono normalizzati se le funzioni ψλii sono ortonormali. Notiamo
che, a piacere, si può operare la permutazione sugli stati o sulle variabili αi , chiaramente è
la stessa cosa.
La formula che compare nella (11.53) non è altro che la definizione di determinante,
quindi
ψλ1 (α1 ) ψλ1 (α2 ) . . . ψλ1 (αN ) 1 ψλ2 (α1 ) ψλ2 (α2 ) . . . ψλ2 (αN ) √
ϕλ1 ,...λN (α1 , . . . αN ) =
(11.54)
...
...
. . . N ! . . .
ψλN (α1 ) ψλN (α2 ) . . . ψλN (αN )
Determinanti del tipo (11.54) si chiamano determinanti di Slater. Un generico stato è
rappresentabile come somma di funzioni del tipo (11.54):
X
ψ(α1 , . . . αN ) =
Cλ1 ...λN ϕλ1 ,...λN (α1 , . . . αN )
λ1 ...λN
Nella forma (11.54) il principio di Pauli è evidente: se due stati sono uguali il determinante
ha due righe uguali e quindi si annulla.
11.5
Interferenza quantistica.
In questo paragrafo analizzeremo uno dei fenomeni più peculiari della Meccanica Quantistica, basato su due aspetti basilari della teoria, il principio di sovrapposizione e la statistica
delle particelle identiche: l’interferenza delle ampiezze per più particelle identiche.
L’argomento è naturalmente trattato in modo abbastanza dettagliato in tutti i testi di
Meccanica Quantistica, ma fra tutti vogliamo segnalare le lezioni di R.P. Feynman[15], che
il lettore è invitato a consultare.
Il fenomeno dell’interferenza è già stato incontrato nello studio dei fondamenti stessi
della teoria: la discussione della diffrazione di un fascio elettronico attraverso due fenditure è il prototipo dei fenomeni in cui si manifesta il comportamento ondulatorio della
materia. Per quanto lontana dalla esperienza quotidiana possa essere l’idea di considerare un elettrone come associato ad un’onda, l’esperienza acquisita con l’interferenza delle
onde elettromagnetiche permette di costruirsi almeno un’immagine “ondulatoria” del fenomeno: benchè formalmente inesatto è naturale associare la funzione d’onda di Schrödinger
per una particella, ψ(x), ad una analoga grandezza classica per le onde elettromagnetiche,
ad esempio il campo elettrico, e usare lo stesso linguaggio per decrivere il fenomeno, parlare quindi di interferenza, diffrazione etc., benchè nel caso quantistico la funzione d’onda
sia associata ad una ampiezza di probabilità non ad un oggetto materiale.
Analizziamo ora un fenomeno in cui è molto più problematica la raffigurazione classica: l’urto fra due particelle identiche. Cominciamo dallo studio di due particelle distinguibili per chiarire i termini del problema, consideriamo perciò una esperienza come quella di
21
11.5. INTERFERENZA QUANTISTICA.
Rutherford: un fascio di particelle α (nuclei di elio) va a scontrarsi su dei nuclei di un altro
materiale, oro nel caso di Rutherford.
Definizioni delle variabili. Ignoriamo per il momento possibili numeri quantici interni.
Lo stato iniziale del sistema è allora della forma
|ψi i = |pi|qi ≡ |p, qi
(11.55)
Da ora in poi sciveremo sempre al primo posto l’impulso della particella 1, al secondo
posto quello della particella 2.
Il sistema evolve, avviene una diffusione e lo stato finale del sistema è
|ψf i = U |ψi i
(11.56)
U è l’operatore di evoluzione temporale U (T, −T ), con T → ∞, e descrive la “storia”
dello stato da una situazione non interagente iniziale (i fasci entranti di particelle) ad una
non interagente finale (le particelle diffuse). Le misure sono fatte sullo stato |ψf i. Nel
processo di evoluzione si conserva l’energia e l’impulso totale del sistema, possiamo quindi pensare al processo direttamente nel centro di massa, in questo caso le due particelle
hanno impulsi iniziali opposti. Gli stati finali permessi dalla legge di conservazione hanno
anch’essi impulsi opposti, quindi gli unici elementi di matrice che ci interessano sono della
forma
hp0 , −p0 |ψf i = hp0 , −p0 |U |p, −pi
(11.57)
Nello stato finale le particelle sono di nuovo libere, quindi l’energia è ancora quella iniziale
ed è la somma delle energie cinetiche delle particelle. Questo significa che il modulo di
p0 è fissato e l’elemento di matrice (11.57) dipende solo dalla direzione di p0 . Se, come
supporremo, il sistema ha simetria assiale, non c’è dipendenza dall’angolo azimutale e l’elemento di matrice (11.57) dipende solo dall’angolo di diffusione θ. Chiameremo ampiezza
di diffusione tale elemento di matrice e lo indicheremo con f (θ), θ è l’angolo fra p e p0 :
f (θ) = hp0 , −p0 |U |p, −pi
(11.58)
Definizione delle osservabili. Il rivelatore può essere di due tipi: può distinguere o no il
tipo di particella. Consideriamo il primo caso. L’operazione di misura, ad esempio della
particella 1, è descritta da
X
X
|p0 i11hp0 |
|q 0 i22hq 0 | ≡
|p0 , q 0 ihp0 , q 0 |
(11.59)
q0
q0
Nella (11.59) è esplicitamente scritto che non si osserva l’impulso della seconda particella.
In effetti però la conservazione dell’impulso implica che fra tutti gli stati possibili solo
quelli con q 0 = −p0 si possono realizzare, quindi l’operatore di misura si riduce a
M1 = |p0 , −p0 ihp0 , −p0 |
(11.60)
In realtà anche il modulo dell’impulso è fissato, ma per non appensantire la notazione
lasciamo la (11.60) in questa forma. La misura della particella 2 con impulso p0 si ottiene
dalla (11.60) scambiando di posto i due vettori:
X
M2 =
|q 0 , p0 ihq 0 , p0 | = |−p0 , p0 ih−p0 , p0 |
(11.61)
q0
Chiariamo il senso operativo delle due misure: si pone un rivelatore ad un certo angolo θ
dal fascio e si fa il conteggio delle particelle. La misura M1 significa che si rivela una
22
CAPITOLO 11. SISTEMI A MOLTE PARTICELLE.
particella di tipo 1, la misura M2 è effettuata col rivelatore nella stessa posizione ma in
questo caso si seleziona la, eventuale, particella di tipo 2.
Se il rivelatore non distingue le due particelle si misurerà logicamente:
M = M1 + M2 = |p0 , −p0 ihp0 , −p0 | + |−p0 , p0 ih−p0 , p0 |
R1
(11.62)
R1
p'
Au
p
Au
-p
R2
R2
Figura 11.1: Urto di una particella α con un nucleo.
Risultato per particelle distinguibili. Abbiamo ora tutti gli elementi per descrivere il
risultato della misura nel caso di urto tra particelle α e nucleo. La densità di probabilità5 di
osservare la particella α diffusa ad angolo θ sarà
2
hψf |M1 |ψf i = |hp0 , −p0 |p, −pi| = |f (θ)|2
(11.63)
La probabilità di osservare una qualunque particella è
hψf |M1 + M2 |ψf i = |f (θ)|2 + |f (π − θ)|2
(11.64)
Il secondo termine è dovuto al fatto che, secondo la definizione (11.58), θ è l’angolo fra p
e p0 , quindi l’angolo fra p e −p0 è π − θ.
Per quanto abbiamo detto precedentemente la (11.64) ha anche un’altra interpretazione:
siccome misurare la seconda particella è la stessa cosa che misurare la prima ad angolo
π − θ stiamo affermando che la probabiltà di misurare la particella α ad angolo θ oppure
ad angolo π − θ è la somma delle due probabilità.
11.5.1
Particelle indistinguibili: bosoni.
Consideriamo ora il caso di un urto fra due particelle α.
Per particelle di spin 0 lo stato iniziale è uno stato simmetrico, quindi della forma
1
|p, −piS = √ {|p, −pi + |−p, pi}
2
(11.65)
Non solo: i soli stati osservabili sono quelli simmetrici, quindi l’operazione di misura non
è data dal proiettore (11.60) ma da
|p0 , −p0 iS Shp0 , −p0 |
(11.66)
5 Prescindiamo qui dalla questione di normalizzazione degli stati, parliamo per brevità di probabilità anche se
ciò che scriviamo è in realtà solo proporzionale alla probabilità del processo per unità di tempo.
23
11.5. INTERFERENZA QUANTISTICA.
R1
R1
R2
R2
Figura 11.2: Urto di due particella α.
La probabilità dell’evento, misura di una particella α ad angolo θ è allora:
2
P (θ) = |Shp0 , −p0 |U |p, −piS |
o
1n 0
0
0
2hp , −p0 |U |p, −pi + 2h−p0 , p0 |U |p, −pi =
Shp , −p |U |p, −piS =
2
= f (θ) + f (π − θ)
(11.67)
Quindi
2
P (θ) = |f (θ) + f (π − θ)|
(11.68)
Questo risultato è completamente diverso da quello per particelle distinguibili, (11.64): è
presente un termine di interferenza fra le ampiezze. Commentiamo questo risultato formale.
Con riferimento alla figura 11.2 il fatto che il rivelatore R1 , posto ad angolo θ dal fascio
misuri una particella α si esprime con
X
X
M=
|p0 , qihp0 , q|+
|q, p0 ihq, p0 | =
q
q
= |p0 , −p0 ihp0 , −p0 | + |−p0 , p0 ih−p0 , p0 |
(11.69)
cioè l’operatore (11.62), infatti il rivelatore non distingue la particella 1 dalla particella 2,
in quanto appunto le particelle sono identiche. Formalmente questo operatore è diverso dal
proiettore (11.66), ma coincide con questo sugli stati simmetrici, infatti
2
2
hψf |M|ψf i = 2 |hp0 , −p0 |ψf i| = |f (θ) + f (π − θ)|
(11.70)
Questo è un esempio della relazione (11.45) e ne chiarisce il significato fisico.
Punto fondamentale: Le due possibilità illustrate nella figura 11.2, e nelle seguenti, non
vanno intese come probabilità, ma come ampiezze. Non si hanno due possibilità con prababilità diverse che si sommano, si hanno invece due ampiezze che vanno sommate. Questo
è un concetto cruciale ed è il punto discriminante fra la meccanica classica e quella quantistica: il fatto che il rivelatore R1 possa misurare la particella 1 o la particella 2 non
corrisponde alla somma dei risultati di due misure diverse, è invece un modo di analizzare
una singola misura in termini di componenti più semplici (non simmetrizzate) dello stato.
Alla (11.68) è quindi possibile associare una descrizione intuitiva basata sulla evoluzione temporale dello stato, che si perde un pò nella descrizione che abbiamo fatto in termini
di autostati degli impulsi. All’istante iniziale le particelle sono separate, quindi la simmetrizzazione o meno dello stato non deve avere influenza, questo corrisponde fisicamente
al fatto che le particelle sono in realtà descritte da pacchetti d’onda con una certa localizzazione spaziale, non da onde piane come nelle equazioni (11.65) e seguenti. Nel corso
dell’evoluzione temporale i due pacchetti si sovrappongono e si ha una diffusione, di nuovo
in due pacchetti separati. Ma il fatto che le particelle siano identiche significa che, per una
24
CAPITOLO 11. SISTEMI A MOLTE PARTICELLE.
data configurazione finale, l’ampiezza di probabilità è data dalla somma di due ampiezze,
apputo perchè le due situazioni in cui le particelle finali 1 e 2 sono scambiate è indistinguibile. In altre parole per una data condizione finale ci sono due ampiezze possibili, f (θ) e
f (π − θ) che corrispondono alla stessa situazione fisica. La differenza cruciale fra meccanica classica e meccanica quantistica è che in meccanica quantistica non si sommano le
probabilità ma le ampiezze. Dal punto di vista formale questa proprietà è riflessa dal fatto che lo stato iniziale (e finale) che abbiamo usato sono una sovrapposizione di due stati
fattorizzati.
Naturalmente l’osservazione sperimentale conferma il risultato (11.68). Notiamo in
particolare che per θ = π/2, nel centro di massa del sistema, la probabilità predetta è il doppio rispetto a quella “classica”. Prima di discutere più approfonditamente le implicazioni
della (11.68) analizziamo il caso fermionico.
11.5.2
Particelle indistinguibili: fermioni.
Nel caso fermionico si deve avere antisimmetria rispetto allo scambio di tutte le variabili,
orbitali e di spin. Consideriamo due elettroni, quindi il caso di spin 1/2. Ogni particella ha
due valori possibili per la proiezione sz dello spin, quindi per dati impulsi incidenti ci sono
4 possibili stati di spin per la coppia (e 4 possibili stati di spin per la coppia uscente)
1
√ (|p, −pi − |−p, pi) |+, +i
2
1
√ (|p, −pi − |−p, pi) |−, −i
2
1
√ (|p, −pi|+, −i − |−p, pi|−, +i)
2
1
√ (|p, −pi|−, +i − |−p, pi|+, −i)
2
(11.71a)
(11.71b)
(11.71c)
(11.71d)
Notando che due spin 1/2 si possono sommare in modo simmetrico per dare uno spin 1, stato di
tripletto, o in modo antisimmetrico per dare uno spin 0, stato di singoletto:
1
|0, 0i = √ (|+i|−i − |−i|+i)
2
1
|1, 0i = √ (|+i|−i + |−i|+i)
2
|1, 1i = |+i|+i
|1, −1i = |−i|−i
si possono usare anche le combinazioni:
1
√ (|p, −pi + |−p, pi) |Si ≡ |p, −piS |Si
2
1
√ (|p, −pi − |−p, pi) |T i ≡ |p, −piA |T i
2
(11.72a)
(11.72b)
Ma per il discorso che segue preferiamo usare la base (11.71).
La situazione generale è piuttosto complicata, dipende se nell’urto lo spin è o no conservato, dipende da cosa si misura etc. Analizziamo il caso più semplice, ed interessante,
rimandando al paragrafo ?? una piccola estensione formale dei risultati.
Supponiamo che l’interazione non dipenda dallo spin e che il rivelatore non distingua
lo spin. La cosa è interessante perchè in un certo senso lo spin è “invisibile” sia all’interazione che al rivelatore. Supponiamo che i due elettroni iniziali abbiano lo stesso valore
di sz , quindi entrambi “up” o entrambi “down”, scriveremo u, d al posto di +, − in alcune
formule per renderle più chiare.
25
11.5. INTERFERENZA QUANTISTICA.
R1
R1
up
up
up
up
up
e
e
up
e
e
up
up
R2
R2
Figura 11.3: Urto di due elettroni con lo stesso sz .
Se i due elettroni hanno spin entrambi +, o −, sono a tutti gli effetti particelle identiche
e si ha per l’ampiezza di diffusione
0
0
Ahp , −p |U |p, −piA
= f (θ) − f (π − θ)
(11.73)
e la corispondente probabilità
Puu,uu (θ) = Pdd,dd (θ) = |f (θ) − f (π − θ)|2
(11.74)
Il risultato è diverso da quello classico e diverso da quello bosonico naturalmente. in
particolare in questo caso ad un angolo θ = π/2, nel centro di massa, l’interferenza è
distruttiva.
Chiariamo alcune cose. Riferendoci alla situazione rappresentata in figura 11.3, l’operatore che esprime il conteggio di un elettrone nel rivelatore R1 , quindi con impulso p0 , e
non misura lo spin è, tenendo conto della conservazione dell’impulso:
o
Xn
M1 =
|p0 , −p0 ihp0 , −p0 ||sz , s0z ihsz , s0z | + |−p0 , p0 ih−p0 , p0 ||sz , s0z ihsz , s0z |
sz ,s0z
(11.75)
Se assumiamo che l’interazione conservi lo spin, e se partiamo da una configurazione
(+, +), o (−, −), solo la corrispondente combinazione di spin nella (11.75) sopravvive,
e possiamo “dimenticarci” della variabile di spin. Ricaviamo quindi la (11.74) esattamente
come nel caso bosonico:
2
hψf |M1 |ψf i = 2 |hp0 , −p0 |U |p, −piA | = |f (θ) − f (π − θ)|2
(11.76)
Supponiamo che lo spin sia opposto, ad esempio +, −. Le due particelle si devono
comportare come se fossero distinguibili, appunto perchè sono in stati diversi, ed il principio di Pauli non entra in gioco. Se non si misura lo spin il rivelatore posto ad un angolo
θ può rivelare sia il primo elettrone con lo spin +, e questo corrisponde ad una probabilità
f (θ)|2 , o il secondo con lo spin in giù, e questo corrisponde ad una probabilità f (π − θ)|2 ,
come nel caso bosonico, quindi si deve osservare
Pud,ud = |f (θ)|2
Pud,du = |f (π − θ)|2
2
(11.77a)
2
Pud,X (θ) ≡ Pud,ud + Pud,du = |f (θ)| + f (π − θ)|
(11.77b)
Si usa generalmente la notazione a + b → X per indicare una transizione in uno stato finale
qualunque, qui i due possibili stati di spin opposto.
Facciamo anche in questo caso un’analisi dettagliata dell’operazione di misura. Per
generalità supponiamo che il rivelatore R2 possa misurare lo spin, l’impulso è automaticamente misurato.
26
CAPITOLO 11. SISTEMI A MOLTE PARTICELLE.
R1
R1
up
down
down
up
e
e
down
R2
up
down
e
e
up
R2
Figura 11.4: Urto di due elettroni con sz opposto.
La misura di un elettrone + nel rivelatore R1 , cioè ad angolo θ, e di un elettrone − nel
rivelatore R2 è data dal valor medio di:
Mud,ud = |p0 , −p0 ihp0 , −p0 ||+, −ih+, −|+|−p0 , +p0 ih−p0 , +p0 ||−, +ih−, +| (11.78)
Notiamo la simmetrizzazione: i due eletroni sono identici, quindi l’elettrone misurato in
R1 può essere la particella 1 o la particella 2. Si ha, usando la solita propietà di simmetria:
2
hψf |Mud,ud |ψf i = 2 |h+, −|hp0 , −p0 |U (|p, −pi|+, −i)A |
(11.79)
L’ampiezza è, separando la parte di spin dalla parte orbitale,
1
1
hu, d|A|u, di = √ (h+, −|+, −if (θ) + h+, −|−, +if (π − θ)) = √ f (θ)
2
2
(11.80)
Inserendo questo risultato nella (11.79) segue l’espressione per Pud,ud data dalla (11.77a).
Una cosa, ovvia dall’impostazione, ma importante dal punto di vista di principio, è che
l’ampiezza hu, u|A|u, di è nulla, per l’ortogonalità degli stati di spin, questo ci dice due
una cosa importante: si sarebbe ottenuta la stessa ampiezza anche se non si fosse osservato
lo spin in R2 , in effetti l’altra ampiezza possibile, hu, u|A|u, di appunto, è nulla.
Logicamente si possono anche calcolare l’ampiezza e la probabilità per misurare uno
spin − in R1 , ed ormai dovrebbe essere chiaro come riottonere in modo formale il risultato
(11.77a) scritto “a colpo” poche righe sopra:
hd, u|A|u, di = f (π − θ)
Pud,du = |f (π − θ)|2
(11.81)
Una conseguenza importante delle formule precedenti è la seguente: se si parte da uno
stato (u, d) e si misura lo spin in R1 automaticamente viene fissato lo spin in R2 . Questo
sembra praticamente una banalità: se si hanno 2 particelle, tipo u,d, se in un rivelatore
si misura la prima, nell’altro si deve misurare la seconda, vedremo che la situazione è
un pò più delicata. Per ora sottolineiamo il fatto che in R1 a priori è possibile misurare
sia la particella u che quella d, la scelta avviene solo dopo aver fatto la misura, questo,
automaticamente, implica il risultato della misura su R2 , che può essere un rivelatore posto
a distanza arbitrariamente grande da R1 .
Finora abbiamo trattato stati puri, ma possiamo anche pensare di avere dei fasci di
elettroni non preselezionati in spin, quindi descritti da una matrice statistica, ogni elettrone
avrà il 50% di probabilità di avere lo spin + ed il 50% di probabilità di avere lo spin −.
ognuna delle 4 configurazioni possibili allora ha probabilità 1/4: è un urto fra fasci non
polarizzati. La misura darà la media pesata dei risultati precedenti, che sono riassunti nella
tabella seguente
27
11.6. DISCUSSIONE SULL’INTERFERENZA.
prob.
spin
part 1
spin
part. 2
spin
R1
spin
R2
Probabilità
1
4
u
u
u
u
|f (θ) − f (π − θ)|2
1
4
d
d
d
d
|f (θ) − f (π − θ)|2
1
4
|f (θ)|2
d
n u
d
u
d
u
|f (π − θ)|2
1
4
|f (π − θ)|2
u
n u
d
d
d
u
|f (θ)|2
Quindi per un fascio non polarizzato la probabilità è data da
P =
1
1
1
|f (θ) − f (π − θ)|2 + |f (θ)|2 + |f (π − θ)|2
2
2
2
(11.82)
Anche questo è un risultato molto interessante: per un facio non polarizzato, usando rivelatori “ciechi” allo spin, il risultato non è uguale al risultato che si otterrebbe per particelle
distinguibili, lo spin si manifesta indirettamente con la nascita di un termine di interferenza.
11.6
Discussione sull’interferenza.
In meccanica classica la distinzione fra due corpi, in particolare due particelle, è basata
su dei parametri che possono, in linea di principio, cambiare con continuità: ad esempio
due sfere omogenee di raggio quasi uguale e massa quasi uguale sono considerate “quasi
identiche”. A prima vista sembra che questo tipo di descrizione venga meno in Meccanica
Quantistica, infatti le ampiezze (11.64) e (11.68) sono molto differenti, nella seconda è
presente un termine di interferenza nella prima no. Un breve ragionamento permette però
di ripristinare questa continuità rispetto ai parametri: immaginiamo di avere due particelle
quasi uguali, nel senso che con gli strumenti di misura a disposizione non riusciamo a
distinguerle, nè in fase di preparazione nè in fase di rivelazione, chiamiamo a, b le due
particelle, che supporremo di spin nullo. Ci sono 4 tipi di stati, (a, a), (b, b), (a, b), (b, a),
nei primi due le particelle sono effettivamente identiche. Se nella preparazione non si
distinguono i tipi lo stato iniziale può essere assunto come una miscela statistica con pesi
uguali per le quattro combinazioni precedenti, abbiamo allora la seguente tabella per le
probabilità di transizione, identica a quella di due elettroni, a meno del segno per i termini
di interferenza:
prob.
part 1
part 2
Riv. 1
Riv. 2
Probabilità
1
4
a
a
a
a
|f (θ) + f (π − θ)|2
1
4
b
b
b
b
|f (θ) + f (π − θ)|2
1
4
b
|f (θ)|2
b
n
a
a
b
a
|f (π − θ)|2
1
4
b
|f (π − θ)|2
a
n
a
b
b
a
|f (θ)|2
Ne segue una probabilità di transizione
P =
1
1
1
|f (θ) + f (π − θ)|2 + |f (θ)|2 + |f (π − θ)|2
2
2
2
(11.83)
28
CAPITOLO 11. SISTEMI A MOLTE PARTICELLE.
che è logicamente uguale a quella che si otterrebbe per una particella singola con due stati
interni a, b. In questo senso due particelle ‘simili” possono essere identificate con una
singola particella avente due stati interni diversi.
Viceversa il fatto di misurare, ad esempio attraverso un processo d’urto elettromagnetico, una ampiezza di diffusione del tipo (11.68) ci dice che una particella α non ha una
struttura interna degenere: la sua massa ed il suo spin identificano univocamente il tipo di
particella. Questa piccola introduzione ci conduce al problema che vogliamo discutere in
questo paragrafo: nel principio di simmetrizzazione si fissa un certo tipo di statistica per
particelle elementari, ma cosa è che si deve intendere per particella elementare?
Le particelle α in realtà sono oggetti composti, costituiti da due protoni e due neutroni.
Se effettuiamo un processo d’urto a grande energia possiamo far sì che i costituenti stessi
vengano scambiati fra una particella e l’altra, o che ci sia un processo di frammentazione
in cui lo stato finale è composto da nucleoni liberi, in questo caso è chiaro che la statistica
in gioco è quella dei costituenti. L’interazione fra i due oggetti composti è in ultima analisi
riconducibile ad una Hamiltoniana di interazione fra i costituenti, fra nucleoni nel caso di
particelle α. Supponiamo di considerare una diffusione fra due composti, a, b nello stato
fondamentale. Gli elementi di matrice dell’Hamiltoniana, una volta operata la simmetrizzazione suli stati, possono essere divisi in due gruppi: quelli che coinvolgono uno scambio
fra i componenti e quelli che invece lasciano invariati i composti. Se gli elementi di matrice si scambio sono trascurabili allora i composti possono essere trattati come un unica
particella. Il termine di confronto per affermare la trascurabilità o meno di questi elementi
di matrice è dato dalla differenza di energia fra lo stato fondamentale e gli stati eccitati:
Vscambio
1
∆E
(11.84)
La relazione (11.84) ha un significato piuttosto inuitivo: se il primo stato eccitato è molto diverso dal fondamentale, semplicemente non viene coinvolto dall’interazione. Si può
dare una giustificazione formale della (11.84) usando la teoria delle perturbazioni, vedi ad
esempio la ref.[16]. È chiaro ora che le permutazioni che non coinvolgono scambio fra
le componenti sono di due tipi: o sono all’interno di ogni composto, e allora determinano
solo la struttura interna della particella, o coinvolgono uno scambio in blocco dei composti,
e corrisponderanno a scambi di particelle bosoniche o fermioniche a seconda del tipo di
componenti.
1) Se le componenti sono bosoniche questi scambi devono lasciare invariata la funzione
d’onda del sistema.
2) Se le componenti sono fermioniche, ed in numero pari, questi scambi devono lasciare
invariata la funzione d’onda del sistema.
3) Se le componenti sono fermioniche, ed in numero dispari, questi scambi devono fra
cambiare segno alla funzione d’onda del sistema, cioè lo stato deve essere dispari.
In altre parole, parlando di componenti fermioniche, che è il caso realistico: un numero
pari di fermioni si comporta come un bosone, infatti ha uno spin totale intero, un numero
dispari come un fermione, infatti ha uno spin totale semintero.
Una tipica situazione che riflette questo stato di cose è quella di un nucleo all’interno
di una struttura molecolare. Le interazioni in gioco sono quelle elettromagnetiche a bassa
energia, quindi frazioni di eV al massimo. La probabilità di “eccitare” gli stati interni
nucleari, con una separazione tipica di qualche MeV è assolutamente trascurabile e a tutti
gli effetti i nuclei possono essere considerati come particelle elementari con un dato spin.
È interessante notare che questo tipo di considerazioni hanno fornito una delle prime prove a favore
del modello di nucleo come composto da Z protoni e A − Z neutroni. Si pensava che un nucleo di
carica Z e peso atomico A potesse essere costituito da A protoni e A − Z elettroni, che in pratica
11.6. DISCUSSIONE SULL’INTERFERENZA.
29
contribuiscono alla carica ma sono tracurabili come massa. Se consideriamo l’azoto, con carica 7 e
numero atomico 14, N714 , i due modelli prevedono:
7 protoni + 7 neutroni
14 protoni + 7 elettroni
14 fermioni ⇒ bosone
21 fermioni ⇒ fermione
Se si considera una molecola di azoto, N2 , gli stati orbitali permessi per il moto dei nuclei cambiano
a seconda della natura fermionica o bosonica dei nuclei stessi. Dall’analisi dei livelli rotazionali della
molecola di N2 si può ricavare che il nucleo di azoto ha spin intero, escludendo quindi il modello
che prevedeva la presenza di elettroni come costituenti nucleari. Il lettore interessato può trovare una
breve disamina del problema in appendice ??.
Quanto abbiamo detto può riassumersi in questo modo. Consideriamo l’Hamiltoniana
di un sistema isolato con N componenti. L’invarianza sotto traslazioni permette di affermare che, passando alle coordinate relative, il moto del centro di massa del sistema è
disaccoppiato, cioè l’equazione di Schrödinger per gli stati stazionari ha delle soluzioni del
tipo
Ψ = Ψ(X cm )ϕ(ξ) ∼ exp(iP X cm )ϕ(ξ)
esattamente come nel caso dell’atomo di idrogeno. ξ rappresenta simbolicamente l’insieme
delle coordinate relative. L’invarianza sotto rotazioni impone che il momento angolare
nel sistema del centro di massa, cioè lo spin, sia un buon numero quantico. Quindi fra
i numeri quantici che descrivono lo stato del sistema bisogna annoverare S, Sz , quindi le
autofunzioni per gli stati stazionari sono della forma
ϕ(ξ) = ϕS,Sz ,n (ξ)
(11.85)
dove n è l’insieme degli altri numeri quantici. Per interazioni piccole rispetto alle differenze di energie dei livelli interni, i numeri quantici S.Sz , n non cambiano e a tutti gli effetti
il composto si comporta come una particella di impulso P e spin S. Questa sarà la nostra
definizione operativa di “particella elementare”: un sistema in cui un insieme completo di
osservabili è costituito dall’impulso e dallo spin (e dalla massa). Dal puto di vista geometrco questa definizione è molto naturale: si sta sempre assumendo che un qualunque sistema
fisico sia invariante sotto il gruppo di Galileo, quindi lo spazio di Hilbert del sistema deve
essere sede di una rappresentazione del gruppo. Questa rappresentazione sarà decomponibile in rappresentazioni irriducibili, che sono appunto le rappresentazioni più “elementari”.
Queste rappresentazioni sono caratterizzate dalla massa e dallo spin6 .
Una lezione che si trae da questo discorso è che in certe situazioni il concetto di particella elementare dipende dalla cinematica. Come esempio concreto consideriamo la diffusione di un elettrone da un atomo di idrogeno nello stato fondamentale. Si hanno diverse
regioni cinematiche:
1) Diffusione a bassissima energia: le funzioni d’onda dell’elettrone incidente e dell’elettrone legato hanno una notevole sovrapposizione, gli effetti di scambio non
possono essere trascurati, in più si può avere un passaggio dell’atomo ad un livello eccitato, cioè una diffusione anelastica, in cui evidentemente l’atomo in quanto
tale non può essere considerato come un oggetto singolo.
2) Diffusione elastica ad alta energia. Nella diffusione elastica la struttura atomica non
viene cambiata. Poichè l’energia dell’elettrone incidente è alta rispetto alle tipiche
energie atomiche la sovrapposizione fra le funzioni d’onda dei due elettroni, quello
incidente e quello legato, sono trascurabili. L’atomo è visto come un unico oggetto
con una certa distribuzione di carica, il fattore di forma, e gli effetti di scambio sono
trascurabili.
6 Per essere precisi ciò che si richiede alla teoria è l’invarianza rispetto a trasformazioni relativistiche, il gruppo
corrispondente è il gruppo di Poincaré, e gli invarianti di questo gruppo che caratterizzano le rappresentazioni
irriducibili, per massa non nulla, sono appunto la massa e lo spin. Il gruppo di Galileo è visto come il limite non
relativistico di questa costruzione.
30
CAPITOLO 11. SISTEMI A MOLTE PARTICELLE.
3) Diffusione inelastica con ionizzazione dell’atomo. Nello stato finale sono presenti
due elettroni, quindi gli effetti di scambio sono sicuramente importanti, ma la loro
importanza dipende dalla regione cinematica in esame, dipende cioè da quanto le
funzioni d’onda degli elettroni finali sono sovrapposte.
Come si vede lo stesso oggetto, un atomo, si comporta come un’unica particella o come un
composto a seconda del tipo di processo.
In linea di principio se si conoscono le componenti si può sempre descrivere lo stato
del sistema usando la loro statistica, ma questo può non essere molto coveniente, si pensi
alla diffusione di particelle α a bassa energia.
Non bisogna pensare che questo tipo di discorso sia limitato a nuclei ed elettroni, vale
per qualunque sistema. Un esempio illuminante è fornito dal comportamento superfluido
dell’elio. Un atomo di eleio è costituito da un nucleo di spin zero (una particella α) e due
elettroni inun guscio elettronico chiamato 1s2 . Lo spin totale del sistema è nullo e l’atomo
è quindi un bosone. Il primo stato eccitato corrisponde ad una configurazione elettronica
1s2s, nel linguaggio degli orbitali dell’idrogeno, ed ha una differenza di energia di circa 19.8 eV. Quindi in condizioni normali di temperatura e pressione l’atomo è nello stato
fondamentale. A temperatura sufficientemente bassa l’elio è liquido. Al contrario di altri
materiali l’elio non solidifica abbassando la temperatura, questo permette una rilevante sovrapposizione delle funzioni d’onda dei singoli atomi, quindi gli effetti della statistica di
Bose sono importanti e si ha un fenomeno di “condensazione quantistica”, che corrisponde macroscopicamente allo stato superfluido. Viceversa l’isotopo He3 , in cui il nucleo è
formato da due protoni ed un solo neutrone, è un fermione e non presenta fenomeni di condensazione, tipici della statistica di Bose. Sottolineiamo che è l’atomo che condensa, non
il nucleo: l’intero atomo si comporta come un sistema elementare.
Un altro esempio può essere il fenomeno di condensazione di Bose per un aotmo di
idrogeno. Trascuriamo per semplicità la possibilità di formare molecole. Consideriamo un
gas rarefatto di idrogeno, confinato in qualche modo in una regione limitata dello spazio in
modo che a bassa temperatura, quindi piccola velocità e grande lunghezza di de Broglie,
si possa avere una sovrapposizione notevole delle funzioni d’onda: anche in questo caso si
può avere un fenomeno di condensazione. Nell’atomo di idrogeno però lo spin del nucleo
(un protone) è 1/2, come quello dell’elettrone. Il sistema in totale può avere spin 0 o
spin 1, i due valori dellospin totale corrispondono a due distinti livelli atomici, i livelli di
struttura iperfine, la loro separazione è di circa ∆E ∼ 5.88 · 10−6 eV corrispondenti ad una
temperatura T0 = ∆E/k ∼ 0.06 K. Per temperature più basse di T0 si può assumere che
il gas sia composto dal solo stato fondamentale e presenti un fenomeno di condensazione.
Per temperatura più alta, ma sempre dell’ordine di T0 si può considerare il sistema come
un insieme di due gas di Bose interagenti, uno relativo a S = 0, uno relativo a S = 1.
Notiamo che in questo caso l’Hamiltoniana di interazione deve prevedere la possibilità
di trasformazione di un gas nell’altro, ad esempio tramite un urto fra un atomo e l’altro.
Questo è un esempio in cui chiaramente conviene preservare una descrizione elementare
per i sistemi composti e non analizzarli nelle loro componenti.
11.7
Simmetrie orbitali e di spin.
In molti problemi, sopratutto in fisica atomica, si presenta la seguente situazione: in prima
approssimazione l’Hamiltoniana del sistema non dipende dallo spin delle particelle, questo significa che le sue autofunzioni hanno una forma fattorizzata, prodotto di una parte
spinoriale e di una parte orbitale:
ψ = χ · ϕ(x1 , . . . , xN )
(11.86)
È importante capire come il principio di Pauli, ovvero l’antisimmetria, vincola la forma delle funzioni d’onda, questo ad esempio ci permetterà una classificazione dei livelli
atomici.
31
11.7. SIMMETRIE ORBITALI E DI SPIN.
Il principio di Pauli assicura che la funzione d’onda (11.86) è antisimmetrica per scambio di tutte le coordinate, sia quelle orbitali che quelle di spin, ma non fornisce direttamente
informazioni separate sulla parte di spin χ e quella orbitale ϕ.
L’Hamiltoniana H è simmetrica rispetto alle variabili orbitali, non dipendendo dallo
spin, quindi commuta con le permutazioni P̃ di queste variabili. Poichè in generale in
gruppo delle permutazioni non è abeliano non è possibile diagonalizzare simultaneamente
tutte le permutazioni assieme all’Hamiltoniana del sistema. Comunque le cose vanno come
nel caso generale delineato nei paragrafi precedenti: lo spazio di Hilbert generato dagli autovettori di H è sede di una rappresentazione del gruppo delle permutazioni (spaziali) SN ,
la decomposizione è riducibile ed il lemma di Schür assicura che all’interno di ogni rappresentazione irriducibile H è proporzionale all’identità, in altre parole all’interno di una
rappresentazione irriducibile H è diagonalizzata e la dimensione della rappresentazione dà
la degenerazione del livello. A priori tutte le rappresentazioni sono possibili. Supponiamo
di scrivere l’Hamiltoniana nella forma
H=
N
X
(1)
Hi
+ V ≡ H0 + V
(11.87)
i=1
dove l’operatore H (i) si riferisce solo alla particella i−esima, per un atomo è la somma dell’energia cinetica e dell’energia potenziale nel campo del nucleo. V rappresenta
l’interazione fra le particelle.
Se pensiamo di trattare la (11.87) in modo perturbativo dobbiamo elencare gli autostati
di H0 . H0 è chiaramente a variabili separabili e un suo autostato sarà della forma
ψλ1 (x1 ) . . . ψλN (xN )
E = λ1 + . . . λ N
Ora se ψ0 è un autostato anche P ψ0 lo è, e , siccome H0 è a variabili separabili, P ψ0 ha lo
stesso autovalore, cioè il livello ha una degenerazione almeno N !, supponendo che i singoli
autovalori λi siano non degeneri7 .
L’interazione V provvederà a rompere parzialmente questa enorme degenerazione ma
gli stati sarebbero in ogni caso moltissimi, in effetti il principio di Pauli provvede a limitare
drasticamente il numero di stati ammissibili.
Gli N ! stati virtualmente possibili sono ottenuti dall’azione del gruppo SN su un singolo stato, costituiscono perciò, come già visto, una rappresentazione regolare di SN , che
appunto ha dimensione N !. Ogni rappresentazione irriducibile corrisponde ad uno schema
di Young, quindi i vari livelli sono classificati dai tableaux di Young: il principio di Pauli
deve limitare i tableaux possibili.
Consideriamo la parte di spin della funzione d’onda, che benchè non intervenga direttamente nella determinazione dell’autovalore dell’energia, determina la simmetria globale
della funzione d’onda. Possiamo analizzare la funzione d’onda di spin di nuovo tramite il
gruppo delle permutazioni delle sue variabili, questa avrà i suoi tableaux di Young, cioè le
sue simmetrie. Il punto essenziale, che non dimostriamo, è il seguente:
Dualita: Se si vuole che la funzione d’onda totale sia antisimmetrica i tableaux di Young
della parte orbitale e di spin devono essere duali l’uno dell’altro, cioè si devono ottenere
l’uno dall’altro scambiando le righe con le colonne.
Questo significa che se classifichiamo la parte di spin abbiamo automaticamente classificato anche la parte orbitale. Prima di proseguire richiamiamo brevemente alcune cose
sulle rappresentazioni spinoriali.
7 Il lettore si convince facilmente che questa degenerazine corrisponde a permutare in tutti i modi possibili la
sequenza (λ1 , . . . λN ).
32
CAPITOLO 11. SISTEMI A MOLTE PARTICELLE.
11.7.1
Spinori simmetrici.
La costruzione di rappresentazioni spinoriali avviene in modo esattamente parallelo a quanto fatto per la costruzione di H(N ) in termini di H, in realtà ne è un caso particolare.
Un singolo spinore può essere rappresentato, come detto, da una funzione χ(σ) in
cui la variabile σ assume due valori, corrispondenti, ad esempio, agli autovalori ±1/2 di
sz , dove z indica la direzione di quantizzazione. Un altro modo di dire la stessa cosa è
scrivere χσ . Per fissare le idee diciamo che l’indice 1 corrisponde a sz = 1/2, l’indice
2 a sz = −1/2. Ledue componenti χσ , volendo, si possono raggruppare in un vettore
χ1
bidimensionale
.
χ2
Lo spinore trasforma secondo la rappresentazione 1/2 del gruppo SO(3), o meglio
SU (2), e, a seconda dei modi di scrivere si può rappresentare con
χ0 = R(θ)χ
0
0
χµ = Rµµ χµ
1
R = exp(i σ · θ)
2
(11.88)
In astratto fissati due vettori di base eµ , uno spinore si scrive χ = χµ eµ con abuso di
linguaggio chiamiamo spinore l’insieme delle due componenti, esattamente come nel caso
di un vettore tridimensionale.
Il prodotto tensoriale fra due rappresentazioni spinoriali è lo spazio lineare generato da
eµ ⊗ eν , quindi gli oggetti della forma
χ = χµν eµ ⊗ eν
con la solita convenzione chiamiamo spinore di rango 2 l’insieme delle componenti χµν
e così via. Per rotazioni le leggi di trasformazione delle componenti di χµν sono quelle
indotte dalla trasformazione dei vettori di base e sono la semplice generalizzazione della
(11.88):
0 0
0
µ0 µ0
µ0
χµ1 µ2 ...µk = Rµ11 Rµ22 . . . Rµkk χµ1 µ2 ...µk
(11.89)
Questo è quello che si intende per prodotto di rappresentazioni. Gli spinori di rango k
costituiscono perciò una rappresentazione, riducibile, del gruppo delle rotazioni. La decomposizione in rappresentazioni irriducibili corrisponde alla regola di addizione del momento angolare, come vedremo dettagliatamente studiando le rappresentazioni dei gruppi.
Ad esempio
1/2 ⊗ 1/2 = 0 ⊕ 1
Si vede facilmente che gli spinori simmetrici di rango k costituiscono una rappresentazione
irriducibile con spin k/2.
1) Dalla (11.89) discende che uno spinore simmetrico si trasforma in uno spinore simmetrico, quindi gli spinori simmetrici da soli formano una rappresentazione del gruppo.
2) Il massimo autovalore di Sz è k/2, corispondente alla componente χ111...1 . Siccome
lo spazio è una rappresentazione deve contenere anche tutti i vettori che si ottengono
applicando l’operatore di discesa S− , arrivando fino a Sz = −k/2, in totale 2 · k/2 +
1 = k + 1.
3) Il numero di spinori simmetrici indipendenti di rango k è k + 1. Infatti l’ordine in cui
compaiono in χ gli indici 1,2 non importa, essendo χ simmetrico, dobbiamo quindi
contare in quanti modi possa comparire l’indice 1: se compare s volte, automaticamente 2 comparirà k − s volte. 1 può comparire 0 volte, 1 volta . . . k volte, in
tutto k + 1 possibilità. Quindi lo spazio ha dimensione k + 1 ma questa è proprio
la dimensione della rappresentazione irriducibile di spin k/2, che abbiamo già visto essere contenuta nello spazio, quindi lo spazio coincide con la rappresentazione
irriducibile.
33
11.7. SIMMETRIE ORBITALI E DI SPIN.
Nel caso dei vettori tridimensionali esiste una procedura per passare da un tensore ad uno
scalare, cioè ad un oggetto invariante sotto rotazioni: consiste nel considerare la traccia
Tr(T ). cha è invariante sotto rotazioni ovviamente.
Nel caso di uno spinore sappiamo, ed è facile in ogni caso verificarlo, che la combinazione antisimmetrica di due spin 1/2 porta ad uno spin 0, ad uno scalare cioè
α1 β 2 − α2 β 1
invariante per rotazioni
Introduciamo il simbolo antisimmetrico ε12 = −ε21 = 1. L’operazione di antisimmetrizzazione si scrive allora
αµ β ν εµν
(11.90)
Si può anche intepretare εµν come un tensore che permette8 di “abbassare gli indici”, come
δij nel caso tridimensionale, e riscrivere la (11.90) nella forma αµ βµ . Il punto importante
è che, analogamente a δij nel caso tridimensionale, il tensore µν è un tensore invariante
per rotazioni, cioè sotto rotazioni va in se stesso. Interpretato come matrice = iσ2 , sotto
rotazioni
Rµµ0 Rνν 0 εµν
⇒
Riσ2 RT
Si verifica subito che σ2 σ T σ2 = −σ quindi
Riσ2 RT = iRσ2 RT σ2 σ2 = iRR−1 σ2 = iσ2
(11.91)
quindi effettivamente ε è uno spinore invariante.
Questa stessa tecnica dimostra immediatamente l’affermazione sull’invarianza dell’operazione di traccia. Per chiarezza scriviamo lo spinore ruotato con χ̃
0 0
0
0
εµ0 ν 0 χ̃µ ν = εµ0 ν 0 Rµµ Rνν χµν = εµν χµν
nell’ultimo passaggio abbiamo sfruttato la (11.91).
11.7.2
Simmetrie di spin: χ(σ)
Torniamo allo studio delle simmetrie sotto permutazioni della funzione spinoriale. Innanzitutto la variabile spinoriale assume solo due valori, quindi qualsiasi combinazione antisimmetrica di 3 o più variabili è nulla, perchè o l’indice 1 o l’indice 2 devono comparire
almendo 2 volte. Ricordiamo ora che i tableaux di Young sono antisimmetrizzati rispetto
alle colonne quindi:
Punto 1 I tableaux di Young per la funzione spinoriale possono contenre al massimo 2
righe.
Ad esempio dei tre diagrammi seguenti i primi due sono permessi, il terzo no:
Punto 2. Un tableau di Young con k caselle spaiate rappresenta uno spin k/2.
Infatti come abbiamo visto il processo di antisimmetrizzazione conduce ad uno scalare,
quindi tutte le variabili associate alle colonne di lunghezza 2 non cambiano sotto rotazioni.
Le variabili di riga di un tableau di Young sono simmetrizzate, quindi se k caselle restano
spaiate si ha uno spinore simmetrico di rango k che corrisponde appunto ad uno spin k/2.
8 Questo
ha un’interpretazione in termini di rappresentazioni di SU (2) su cui non ci soffermiamo.
34
11.7.3
CAPITOLO 11. SISTEMI A MOLTE PARTICELLE.
Simmetrie orbitali: ϕ(x)
Come abbiamo sottolineato il principio di simmetrizzazione impone la completa antisimmetria (per fermioni) per scambio contemporaneo delle variabili di spin e orbitali, questo
significa che in una funzione d’onda fattorizzata del tipo
χ(σ1 , . . . , σN )ϕ(x1 , . . . , xn )
la funzione orbitale non è necessariamente antisimmetrica per permutazione delle sole variabili xi . La dualità fra diagrammi di Young di spin e orbitali indica quali simmetrie sono
ammissibili per la funzione d’onda orbitale.
La prima osservazione è che contenendo i diagrammi di Young per la parte spinoriale
al massimo due linee, i corrispondenti diagrammi per la parte orbitale al massimo possono
contenere due colonne, cioè non possono essere simmetrizzati in più di due variabili.
Possiamo indicare gli stati attraverso il momento angolare orbitale, scrivendo perciò le
funzioni d’onda in termini di tensori, in coordinate cartesiane o sferiche a seconda della
convenienza. Questo è analogo alla scrittura della funzione d’onda spinoriale in termini
di spinori a molte componenti. Purtroppo a differenza del caso spinoriale, il diagramma
di Young non è in corrispondenza biunivoca con il momento angolare orbitale dello stato.
Dal punto di vista della simmetria possiamo sempre pensare ad uno stato come prodotto
di funzioni d’onda di singola particella. Concentriamoci sul caso di particelle con fisso
momento angolare `: lo stato si trasformerà come una rappresentazione del gruppo delle
rotazioni ottenuta dal prodotto di rappresentazioni di tipo `.
Esattamente come nel caso spinoriale ogni rappresentazione irriducibile del gruppo così
ottenuta avrà una simmetria definita ma non sarà più vero che a un dato tipo di simmetria,
cioè tableau di Young, corrisponde un’unica rappresentazione.
Rimandiamo allo studio della struttura atomica la presentazione di esempi concreti e
limitiamoci qui ad alcuni casi semplici.
Consideriamo due elettroni con momento angolare 1. Le funzioni d’onda di un singolo
elettrone possono essere rappresentate da un vettore ψi . Lo stato di due elettroni sarà un
tensore del tipo ψi ϕj , in tutto 9 componenti. I diagrammi di Young possibili sono
Il primo corrisponde ad una combinazione antisimmetrica, il secondo ad una simmetrica.
Fare il prodotto delle rappresentazioni corrisponde a sommare due momenti angolari
` = 1, si posssono allora ottenere i momenti angolari L = 0, 1, 2, di dimensioni 1, 3, 5. In
termini di funzioni d’onda questo corrisponde a
Φ=ϕ·ψ
Φi = (ϕ ∧ ψ)i
2
Φij = (ϕi ψj + ϕj ψi − δij ϕ · ψ)
3
cioè ad uno scalare (simmetrico), un vettore (antisimmetrico), e ad un tensore di ordine 2 a
traccia nulla (simmetrico). Già in questo esempio si vede che alla combinazione simmetrica
corispondono due possibili momenti angolari: 0 e 2.
Un utile esercizio per il lettore è provare a costruire gli stati ottenuti come prodotto di
3 vettori. Fra gli altri sarebbe possibile un tensore di ordine 3 a traccia nulla, del tipo ψijk
completamente simmetrico nei tre indici. Questo corrisponde ad un tableau di Young con
3 colonne e viene eliminato dal prinicipio di Pauli (se gli elettroni hanno gli altri numeri
quantici uguali, prescindendo da spin e momento angolare).
11.8
Elementi di matrice.
Come abbiamo visto da una base per lo spazio di Hilbert di singola particella, |si i è possibile definire una base per gli stati ad N particelle, simmetrici o antisimmetrici. Un singolo
35
11.8. ELEMENTI DI MATRICE.
elemento di questa base, essendo scritto nella forma di somma sulle N ! permutazioni di N
oggetti è in generale composto da N ! addendi, come si può immaginare è opportuno capire
come si fanno a scrivere concretamente gli elementi di matrice di operatori in questa base.
Supponiamo di generare gli elementi della base a partire da vettori “semplici” |Xi, |Y i
nella forma, simmetrica o antisimmetrica
(S)
|XiS = CX S|Xi
(S)
(A)
|XiA = CX A|Xi
oppure
(A)
I fattori CX , CX sono le costanti di normalizzazione degli stati. Per semplice qui si
intende che su questi vettori sappiamo scrivere facilmente gli elementi di matrice. Consideriamo un elemento di matrice di un operatore F su questa base:
ShX|F |Y iS
(11.92)
Questo elemento di matrice, completamente sviluppato, contiene almeno (N !)2 addendi,
un numero in generale proibitivamente grande, che però si riduce subito a N ! se teniamo
conto dei seguenti fatti:
1) Per definizione stessa di particelle identiche, qualunque osservabile, F , è simmetrica
per permutazioni, eq.(11.26), ed in particolare
SF = F S
AF = F A
(11.93)
2) Gli operatori S e A sono dei proiettori, e quindi
S† = S
S2 = S
A† = A
A2 = A
(11.94)
Il prodotto (11.92), usando la (11.93) e la (11.94) si semplifica notevolmente
ShX|F |Y iS
(S)
(S)
(S)
(S)
(S)
(S)
= CX CY hX|S † F S|Y i = CX CY hX|F S 2 |Y i =
(S)
= CX CY hX|F S|Y i ≡ CX hX|F S|Y iS
(11.95)
in pratica occorre simmetrizzare solo uno dei due vettori.
La (11.95) può anche essere vista come una conseguenza della decomposizione del prodotto di rappresentazioni del gruppo delle permutazioni: lo stato F S|Y i si trasforma come il prodotto della
rappresentazione simmetrica, sotto cui trasforma F , per la rappresentazione (anti)simmetrica, sotto
cui si trasforma lo stato. Entrambe le rappresentazioni sono unidimensionali ed il loro prodotto è
ancora la rappresentazione (anti)simmetrica dello stato di partenza. Lo stato |Xi, non simmetrizzato, è scomponibile in rappresentazioni irriducibili, nel prodotto scalare solo la rappresenazione
(anti)simmetrica sopravvive.
In realtà la (11.95) può ancora essere enormemente semplificata nei casi che usualmente
sono presi in considerazione. Scegliamo una base per gli stati di singola particella, |ii. Per
fissare le idee pensiamo a bosoni: una base per lo spazio a N particelle è composta, in
rappresentazion di Schrödinger, da prodotti, simmetrizzati, del tipo:
ψi1 (α1 ) . . . ψiN (αN )
(11.96)
con la notazione che abbiamo già usato per i determinanti di Slater. L’unica cosa importante nella (11.96) è specificare quante volte compare lo stato 1, quante lo stato 2 etc., le
variabili αi non giocano alcun ruolo, in qualunque ordine sono scritte esse verranno completamente rimescolate dalle permutazioni, quindi conoscendo i “numeri di occupazione”
di ogni stato di singola particella individueremo univocamente lo stato simmetrizzato. Fissiamo un ordine arbitrario, ad esempio crescente, possiamo allora scrivere lo stato (11.96)
nella forma
|n1 , n2 . . .i0
(11.97)
36
CAPITOLO 11. SISTEMI A MOLTE PARTICELLE.
il suffisso 0 sta ad indicare che non abbiamo ancora simmetrizzato. Lo stato indica n1
particelle nello stato 1, n2 particelle nello stato 2 etc. Per N particelle in totale ovviamente
n1 + . . . n k + . . . = N
(11.98)
Una base per lo spazio di N particelle si otterrà applicando l’operazione di simmetrizzazione ai vari stati nella forma (11.97):
|n1 , n2 . . .i = CS |n1 , n2 . . .i0
(11.99)
C è una costante di normalizzazione che si può facilmente calcolare usando l’osservazione
(11.95), in questo caso l’operatore F è l’identità. Scriviamo il risultato nel caso bosonico
e fermionico:
r
N!
S|n1 , n2 . . .i0
(11.100a)
|n1 , n2 . . .i =
n1 ! n2 ! . . .
r
√
1 X
|i1 , . . . iN i = N !A|i1 , . . . iN i0 =
εP |i1 , . . . iN i0
(11.100b)
N!
P
Il lettore è invitato a riprodurlo, in ogni caso troverà una dimostrazione abbastanza dettagliata nell’appendice 11.B, eq.(11.162),(11.179). Per i fermioni abbiamo indicato solo
quali stati sono occupati, il numero di occupazione non nullo può essere solo 1.
Nota. La scrittura (11.100a) può essere abbastanza ridondante nel caso di bosoni, infatti
tutte le permutazioni che lasciano invariato il vettore di base |n1 , n2 . . .i0 non hanno alcun
effetto: queste sono le permutazioni che mescolano fra loro le variabili di ogni singolo
gruppo, di n1 o n2 etc. particelle, e sono in numero di n1 !n2 ! . . .. Queste permutazioni
(0)
formano un sottogruppo del gruppo delle permutazioni SN , detto gruppo di isotropia, SN .
Possiamo pensare ogni permutazione come prodotto di una permutazione che cambia le
variabili inequivalenti, cioè mischia gruppi diversi, per una del gruppo di isotropia, quindi
ogni permutazione “effettiva” è moltiplicata per n1 !n2 ! . . .. Esplicitando questo fattore ed
il fattore 1/N ! che è implicito nella definizione di S la (11.100a) si può riscrivere
r
n1 ! n2 ! . . . X
|n1 , n2 . . .i =
|n1 , n2 . . .i0
(11.101)
N!
0
P
Nella (11.101) la somma è fatta solo sulle permutazioni che scambiano variabili fra gruppi
diversi, oltre all’identità naturalmente. Una possibile sorgente di confusione è il fatto che
la costante a fattore nella (11.101) è esattamente l’inversa di quella che compare nella
(11.100a), il lettore faccia attenzione a quale delle due notazioni sta usando.
Facciamo qualche esempio, scrivendo esplicitamente gli stati in termini di funzioni
d’onda. Chiameremo le variabili α, β . . ., gli stati 1, 2, . . . . Indichiamo anche la costante di
normalizzazione definita dalle (11.100) e la notazione in termini di numero di occupazione.
2 Bosoni, in stati 1 e 2
o
o
√ 1n
1 n
|11 , 12 i = 2
ϕ1 (α)ϕ2 (β) + ϕ1 (β)ϕ2 (α) = √ ϕ1 (α)ϕ2 (β) + ϕ1 (β)ϕ2 (α)
2!
2
√
C= 2
(11.102a)
2 Bosoni, nello stato 1
o
1n
|21 i =
ϕ1 (α)ϕ1 (β) + ϕ1 (β)ϕ1 (α) = ϕ1 (α)ϕ1 (β)
2!
C=1
(11.102b)
37
11.8. ELEMENTI DI MATRICE.
3 Bosoni, 2 nello stato 1 ed 1 nello stato 2 Scriviamo esplicitamente il passaggio che fa
passare dalla (11.100a) alla (11.101). Le sei permutazioni di S3 sono
α β γ
α β γ
P0 , Pαβ , Pαγ , Pβγ ,
(11.102c)
β γ α
γ α β
P0 è l’identità, Pαβ etc. sono gli scambi e le ultime due sono le permutazioni cicliche,
indicate nella notazione abituale per le permutazioni, l’ultima ad esempio, significa
α→γ
β→α
γ→β
Lo stato non simmetrizzato di partenza è
|21 , 12 i0 = ϕ1 (α)ϕ1 (β)ϕ2 (γ)
Applicando l’operatore S per esteso, con le permutazioni nell’ordine scritto nella (11.102c)
si hanno i sei termini:
1n
ϕ1 (α)ϕ1 (β)ϕ2 (γ) + ϕ1 (β)ϕ1 (α)ϕ2 (γ) + ϕ1 (γ)ϕ1 (β)ϕ2 (α)+
3!
o
+ ϕ1 (α)ϕ1 (γ)ϕ2 (β) + ϕ1 (β)ϕ1 (γ)ϕ2 (α) + ϕ1 (γ)ϕ1 (α)ϕ2 (β)
o
1n
=
ϕ1 (α)ϕ1 (β)ϕ2 (γ) + ϕ1 (α)ϕ1 (γ)ϕ2 (β) + ϕ1 (β)ϕ1 (γ)ϕ2 (α)
3
p
√
Dalla (11.100a), C = 3!/2! = 3 quindi
o
1 n
|21 , 12 i = √ ϕ1 (α)ϕ1 (β)ϕ2 (γ) + ϕ1 (α)ϕ1 (γ)ϕ2 (β) + ϕ1 (β)ϕ1 (γ)ϕ2 (α)
3
(11.102d)
Questo è lo stesso risultato che si sarebbe ottenuto applicando direttamente la (11.101) e
sommando sulle uniche due permutazioni “effettive”: Pαγ , Pβγ , oltre all’identità naturalmente.
2 Fermioni, stati a, b.
o
1 n
|a, bi = √ ψa (α)ψb (β) − ψa (β)ψb (α)
2
11.8.1
C=
√
2
(11.102e)
Relazione di completezza.
Nel caso di una particella, usando stati normalizzati si ha la decomposizione dell’identità
X
1=
|iihi|
(11.103)
i
Nel caso di N particelle la base è sui vettori simmetrizzati, quindi, scrivendo le formule
per il caso bosonico:
X0
1=
|n1 . . .ihn1 . . .|
(11.104)
n1 ...
la somma va fatta sulle configurazioni non equivalenti di numeri di occupazione. Se si
somma su tutte le configurazioni ognuna è contata N ! volte ma la scrittura è molto più
semplice:
1 X
1=
|n1 . . .ihn1 . . .|
(11.105)
N ! n ...
1
38
CAPITOLO 11. SISTEMI A MOLTE PARTICELLE.
Ad esempio per una ampiezza fra uno stato a due particelle iimpulto p1 , p2 e uno con
impulsi q 1 , q 2 :
Z
1
hq 1 q 2 |A|p1 p2 i =
hq 1 q 2 |k1 k2 i hk1 k2 |A|p1 p2 i
(11.106)
2!
k1 ,k2
e l’integrale nella (11.106) non è vincolato. Torneremo più avanti sulla rilevanza fisica
della (11.106).
Come esempio consideriamo la relazione (11.106) nel caso A = 1, cioè controlliamo
la normalizzazione degli stati. Supporremo per semplicità che gli impulsi p1 , p2 siano
diversi. Lo stato simetrico, o antisimmetrico, è dato da
1 |p1 , p2 i = √ |p1 , p2 i0 ± |p2 , p1 i0
2
Scrivendo l’espressione analoga per lo stato con impulsi q 1 , q 2 si ricava
hq 1 , q 2 |p1 , p2 i = δp1 ,q1 δp2 ,q2 ± δp1 ,q2 δp2 ,q1
(11.107)
Il fatto che compia un segno negativo nel caso fermionico non è rilevante: il segno globale
delle ampiezze in cui compaiono dei fermioni è arbitrario, dipende da quale permutazione
dello stato si considera, la probabilità di transizione, modulo quadro dell’ampiezza è ben
definita e positiva. Usando la stessa espressione (11.107):
1 X
hq 1 q 2 |k1 k2 ihk1 k2 |p1 p2 i =
2!
k1 ,k2
1 X
=
δk1 ,q1 δk2 ,q2 ± δk1 ,q2 δk2 ,q1 δp1 ,k1 δp2 ,k2 ± δp1 ,k2 δp2 ,k1 =
2!
k1 ,k2
= hq 1 , q 2 |p1 , p2 i
In accordo con la completezza degli stati.
11.8.2
Operatori.
Passiamo ora alla scrittura degli elementi di matrice di operatori. Possiamo classificare
gli operatori a seconda che agiscano su una particella alla volta, F (1) (operatori ad una
particella), oppure su una coppia, F (2) (operatori a due particelle) etc. Normalmente questi
due tipi di operatori sono sufficienti. Poichè gli operatori devono essere simmetrici, essi
hanno la forma:
F (1) =
N
X
fi
fi = f (αi )
(11.108a)
i=1
F (2) =
N
X
fij
fij = f (αi , αj ) simmetrica
(11.108b)
i<j
Un esempio di F (1) è l’Hamiltoniana delle singole particelle, trascurando le interazioni
reciproche:
N 2
X
pi
+ U (xi )
H0 =
2m
i=1
Un esempio di F (2) è l’energia di interazione elettrostatica:
X
i<j
1
|xi − xj |
39
11.8. ELEMENTI DI MATRICE.
Notiamo che la somma, nella (11.108b) è fatta sulle coppie distinte.
È abbastanza semplice, ma un pò noioso, esprimere gli elementi di matrice di operatori
di tipo F (1) , F (2) in termini di elementi di matrice di singola particella. Consideriamo ad
esempio operatori F (1) . Ci sono due possibilità: o nessuna particella cambia stato, e allora
avremo gli elemeni di matrice diagonali nella base (11.100), o al massimo una particella
cambia stato, perchè le funzioni ( o operatori) f nella eq.(11.108a) dipendono dalle variabili
di una sola particella. Per gli elementi di matrice diagonali è abbastanza ovvio che
hn1 , n2 . . .|F (1) |n1 , n2 . . .i =
X
ni hi|f |ii
bosoni
(11.109a)
hi|f |ii
fermioni
(11.109b)
i
hi1 , . . . iN |F (1) |i1 , . . . iN i =
X
i
Negli elementi di matrici fuori diagonale, ci sarà una particella che passa dallo stato j allo
stato i
hni , nj − 1|F (1) |ni − 1, nj i =
hi|F
(1)
√
ni nj fij
|ji = fij
bosoni
(11.110a)
fermioni
(11.110b)
Nel caso fermionico abbiamo indicato per brevità solo lo stato delle particelle che cambiano, nel caso bosonico, per lo stesso motivo, solo i numeri di occupazione che cambiano.
Gli elementi di matrice fij sono quelli di singola particella
Z
fij =
ψi∗ (α)f (α, β)ψj (β)
(11.111)
α,β
La dimostrazione di queste, e delle formule seguenti, si trova in appendice, vediamo però
alcuni esempi semplici.
2 bosoni. Si scrive immediatamente, per il termine diagonale
h11 , 12 |F
(2)
√ Z ∗
|11 , 12 i = 2 ϕ1 (α)ϕ∗2 (β) (f (α) + f (β))
o
1 n
√ ϕ1 (α)ϕ2 (β) + ϕ1 (β)ϕ2 (α)
2
(11.112a)
√
√
Il fattore 2 può essere considerato o un caso particolare della (11.95), qui C = 2, vedi
eq.(11.102a), o dovuto al√
fatto che i due termini nella (11.102a) danno lo stesso contributo e
semplificano il fattore 1/ 2. Nel calcolare la (11.112a) teniamo ora conto dell’ortogonalità
degli stati, per cui, ad esempio:
Z
ϕ∗1 (α)ϕ∗2 (β)f (α)ϕ1 (β)ϕ2 (α) =
Z
ϕ∗1 (α)f (α)ϕ2 (α)
α
Z
ϕ∗2 (β)ϕ1 (β) = 0
β
e quindi la (11.112a) risulta
f11 + f22
in accordo con la (11.110). Ormai dovrebbe essere chiaro il metodo di calcolo, lasciamo al
lettore la verifica delle altre formule in qualche caso particolare.
Per operatori a due particelle al massimo si hanno due cambiamenti di stato. Riportiamo
40
CAPITOLO 11. SISTEMI A MOLTE PARTICELLE.
gli elementi di matrice più importanti, per i bosoni:
hn1 , . . .|F (2) |n1 , . . .i =
X ni (ni − 1)
2
i
hni , nj − 1|F (2) |ni − 1, nj i =
√
√
ni nj
√
hi, i|f |i, ii +
X
(hij|f |iji + hij|f |jii)
(diag.)
i<j
X
nk hi, k|f |j, ki + hi, k|f |k, ji
(11.113)
k6=i,j
+ ni nj (nj − 1)hi, j|f |j, ji + ni nj (ni − 1)hi, i|f |j, ii
hni , nj , nk − 1, nl − 1|F |ni − 1, nj − 1, nk , nl i =
√
= ni nj nk nl (hi, j|f |k, li + hi, j|f |l.ki)
(cambia 1 stato)
(cambiano 2 stati)
e per i fermioni
hi1 . . .|F (2) |i1 . . .i =
X
hij|f |iji − hij|f |jii
elementi diagonali (11.114a)
i<j
hi|F (2) |ji =
X
hik|f |jki − hik|f |kji
cambio di 1 stato
(11.114b)
cambio di 2 stati
(11.114c)
k6=i,j
hij|F (2) |kli = hij|f |kli − hij|f |lki
11.9
Rappresentazione di Fock.
Nel paragrafo 11.8 abbiamo fatto vedere che la base di stati definita tramite i numeri di
occupazione è particolarmente comoda ed intuitiva per descrivere lo stato di N particelle
ed abbiamo accennato al calcolo degli elementi di matrice di vari operatori in questa base.
Dal punto di vista astratto abbiamo usato i numeri di occupazione come le variabili dinamiche del nostro sistema, nel senso che lo stato era determinato dall’assegnazione di questi
numeri, che costituivano perciò un insieme massimale di osservabili compatibili. Una rappresentazione di questo tipo si chiama rappresentazione di Fock, ed è ciò che studieremo
più in dettaglio in questo paragrafo.
11.9.1
Bosoni.
Cominciamo da una semplice osservazione. L’Hamiltoniana di un sistema di N particelle
in generale è scrivibile come la somma di un termine relativo alle singole particelle, H0 , ed
uno dovuto all’interazione reciproca, nel linguaggio del paragrafo precedente un operatore
di tipo F (1) ed uno di tipo F (2) . Se non consideriamo l’interazione il sistema è fatto da N
“copie” identiche della Hamiltoniana di singola particella:
H0 =
N
X
h0 (a)
(11.115)
a=1
L’Hamiltoniana h0 ha un certo spettro con autovalori εi , eventualmente degeneri. Un autostato sarà della forma |i, σi, dove σ sta ad indicare i numeri quantici aggiuntivi da specificare, ad esempio la proiezione dello spin sull’asse z o altro, collettivamente scriveremo
|αi. Per brevità chiameremo modo la specifica di un certo tipo di stato, la nomenclatura
riflette, volutamente, quanto si fa per la radiazione elettromagnetica in una cavità.
Consideriamo ora un singolo modo. In questo modo possono essere presenti 0 particelle, 1 particella, 2 particelle etc. e questo modo darà all’energia totale del sistema un
contributo
0 · ε α , 1 · εα , 2 · εα , . . . , n · ε α . . .
(11.116)
cioè un multiplo intero dell’autovalore dell’energia associato a quel modo: si ha cioè lo
spettro di un oscilatore armonico per ogni modo, eccettuata l’energia di punto 0. È allora
41
11.9. RAPPRESENTAZIONE DI FOCK.
abbastanza ovvio pensare al singolo modo come un oscillatore e interpretare la presenza di
particelle come stati eccitati di quel singolo modo. Su un singolo oscillatore possiamo definire gli operatori di creazione ed annichilazione a∗α , aα che fanno aumentare o diminuire
di 1 il numero di occupazione e quindi, letteralmente, creano o distruggono una particella
in quel dato modo. Per questi operatori vale la relazione di commutazione
[aα , a∗α ] = 1
(11.117)
Definito lo stato di vuoto, |0i, che denota l’assenza di particelle, possiamo, per ogni modo,
costruire uno spazio di Hilbert a partire dagli operatori a, a∗ . Come visto nello studio
dell’oscillatore armonico lo stato n-esimo, normalizzato, è dato da
1
|ni = √ a∗n |0i
n!
(11.118)
È ovvio che l’Hamiltoniana per questo modo sarà scritta
hα = εα a∗α aα
(11.119)
e questa, sugli stati (11.118) ha proprio autovalori nεα .
Il punto importante è però un altro: lo stato a n particelle è identificato dalla (11.118):
ma questa espressione è automaticamente simmetrica cioè abbiamo implementato in
modo puramente algebrico la simmetria bosonica degli stati, non abbiamo più bisogno
di scrivere una esplicita somma sulle permutazioni, come fatto in rappresentazione di
Schrödinger.
Cosa succede quando consideriamo più di un modo? Dal punto di vista dei singoli modi
le variabili e gli operatori riferentesi a modi diversi non sembrano avere niente a che fare
l’uno con l’altro, quindi è naturale imporre
[aα , a∗β ] = [aα , aβ ] = 0
α 6= β
(11.120)
Anche questo è in perfetto accordo con l’interpretazione in termini di particelle bosoniche.
Consideriamo infatti uno stato |nα , nβ i. Se le particelle sono bosoni lo stato deve essere
simmetrico:
|nα , nβ i = |nβ , nα i
Se decidiamo un qualsiasi ordine di scrittura per gli operatori di creazione, i due stati sono
rappresentati da
√
1
1
∗n
a∗nα p
a β |0i
nα ! α
nβ ! β
1
1
∗n
p
a β√
a∗nα |0i
nα ! α
nβ ! β
(11.121)
e questi due stati sono identici in virtù delle (11.120). Nella (11.121) abbiamo fatto un
piccolo abuso di notazione: in realtà ogni modo ha il suo “vuoto”, abbiamo indicato con lo
stesso simbolo |0i la quantità
|0iα |0iβ
Più ancora: se non sono presenti altre particelle, significa che tutti gli altri modi sono nello
sttao fondamentale, quindi in realtà bisognerebbe scrivere, osservando che lo spazio di
Hilbert di tutti i modi è il prodotto tensoriale degli spazi dei singoli modi:
O
|0i =
|0iα
(11.122)
α
Riassumendo: l’Hamiltoniana per un sistema di particelle bosoniche non interagenti è
scrivibile nella forma
X
H0 =
εα a∗α aα
(11.123)
α
42
CAPITOLO 11. SISTEMI A MOLTE PARTICELLE.
con operatori di creazione e distruzione che soddisfano l’algebra:
[aα , a∗β ] = δαβ
[aα , aβ ] = [a∗α , a∗β ] = 0
(11.124)
Possiamo definire un operatore numero per ogni modo,
nα = a∗α aα
(11.125)
e si verifica subito che tutti questi operatori commutano con H0 , il che significa semplicemente che in assenza di interazione ogni modo evolve indipendentemente. Il numero totale
di particelle è dato dall’autovalore di
X
N=
nα
(11.126)
α
A priori non c’è nessuna necessità che N sia finito e che sia conservato nel interagente,
dipende appunto da come è fatta l’interazione.
Come esempio possiamo considerare un insieme di particelle libere di massa m e spin
0. L’impulso di una particella determina il suo stato e quindi l’Hamiltoniana del sistema
sarà
X p2
X p2
a∗ (p)a(p) ≡
a∗p ap
(11.127)
H0 =
2m
2m
p
p
Nella (11.127) compare una somma su autovalori continui, cioè un integrale, chiariamo
cosa significa e come sono definite le relazioni di commutazione in questo caso. Ci sono
due modi equivalenti di procedere.
Modi continui.
La forma concreta in cui è scritta la somma sugli stati dipende dalla normalizzazione della
funzione d’onda. Scriviamo la cosa in generale, dato un prodotto scalare
hp2 |p1 i = Cδ 3 (p1 − p2 )
(11.128)
la somma sugli stati è fatta in modo da preservare la relazione di unitarietà:
X
hp2 |pihp|p1 i = hp2 |p1 i
p
Verifichiamo che in questo caso:
X
p
≡
1 3
d p
C
(11.129)
Infatti:
Z
X
1
hp2 |pihp|p1 i =
d3 p Cδ 3 (p2 − p)Cδ 3 (p1 − p) = Cδ 3 (p2 − p1 ) = hp2 |p1 i
C
p
Usualmente si considera come base per le onde piane l’insieme delle funzioni del tipo
1
hx|pi = ψp (x) = exp(i px)
~
(11.130)
hp2 |p1 i = (2π~)3 δ 3 (p2 − p1 )
(11.131)
e per queste funzioni:
Quindi
X
p
≡
d3 p
d3 k
≡
(2π~)3
(2π)3
(11.132)
43
11.9. RAPPRESENTAZIONE DI FOCK.
Nell’ultima notazione si è usato il “numero d’onda” k = p/~. La normalizzazione delle
regole di commutazione di a, a∗ segue dalla (11.131). lo stato di vuoto è sempre normalizzato:
h0|0i = 1
(11.133)
Usando ap |0i = 0 si ha
hp2 |p1 i = h0|a(p2 )a∗ (p1 )|0i = h0|[a(p2 )a∗ (p1 )]|0i
quindi
[a(p2 )a∗ (p1 )] = (2π~)3 δ 3 (p2 − p1 )
(11.134)
Modi discreti.
Supponiamo che le particelle siano immerse in una scatola di lato L, centrata nell’origine
delle coordinate. Per semplicità supponiamo che siano fissate delle condizioni al contorno
periodiche, invece di annullare la funzione al bordo della scatola. Questo rende più semplici
i passaggi algebrici successivi e non ha alcuna influenza visto che alla fine si considererà
il limite L → ∞. Le onde piane, soluzione dell’equazione di Schródinger per particella
libera, devono soddisfare a questa condizione di periodicità, quindi ad esempio:
ψ(x =
L
L
, y, z) = ψ(x = − , y, z)
2
2
cioè
px L
= 2πnx
~
con nx intero, positivo o negativo. Questo per ogni direzione. Gli impulsi sono perciò
discretizzati e valgono
2π~
p=
(nx , ny , nz )
(11.135)
L
I numeri quantici sono discreti, quindi non ci sono problemi a interpretare
eipx L/2~ = e−ipx L/2~
⇒
[a(n), a∗ (m)] = δnx mx δny my δnz mz
(11.136)
Per L → ∞ possiamo approssimare la somma sugli indici discreti in termini di integrale:
Z
X
→ dn
n
Dalla (11.135) segue
dn = L3
d3 p
(2π~)3
⇒
δ 3 (n) →
1
(2π~)3 δ 3 (p)
L3
(11.137)
Con questa scelta compare un fattore L3 nella somma degli stati, che si cancella negli
elementi di matrice con i fattori L−3/2 che compaiono nelle normalizzazioni.
La cosa importante, ben nota, è che la densità del numero di modi nella cavità è
dn = L3
d3 p
d3 k
≡ L3
3
(2π~)
(2π)3
Una normalizzazione spesso usata è
Z
1
1 i 1 px
∗
~
d3 xψn
ψn2 = δn1 n2 → 3 (2π~)3 δ 3 (p)
ψp (x) = 3/2 e
1
L
L
(11.138)
(11.139)
44
11.9.2
CAPITOLO 11. SISTEMI A MOLTE PARTICELLE.
Fermioni.
Anche nel caso fermionico l’energia nei singoli modi è semplice:
1 · εα
0
(11.140)
perchè il principio di Pauli impedisce di avere più di un fermione per stato. Possiamo
inventare un meccanismo con operatori di salita e discesa, ma dovremo preservare l’antisimmetria degli stati. La soluzione è di sostituire al posto dei commutatori nella (11.117)
degli anticommutatori:
{aα , a∗α } = 1
{aα , aβ } = a∗α , a∗β = 0
(11.141)
dove
{A, B} ≡ AB + BA
Per ogni modo lo spazio di Hilbert è bidimensionale: è costituito dal vuoto e dal primo
stato eccitato, infatti l’ultima delle equazioni (11.141) implica
a∗α a∗α |0i = 0
Abbiamo assunto che operatori in modi diversi anticommutino fra loro.
L’Hamiltoniana al solito si scrive
X
H0 =
εα a∗α aα
(11.142)
α
11.9.3
Operatori in rappresentazione di Fock.
La rappresentazione di Fock è particolarmente utile ed intuitiva nella scrittura degli operatori. Riconsideriamo gli operatori ad una particella. Come abbiamo detto nel paragrafo
11.8 questi possono produrre al massimo il cambio di stato di una particella, quindi in
termini di operatori di creazione e distruzione devono avere la forma
X
Λαβ a∗α aβ
αβ
Ci si convince subito che
F (1) =
X
fαβ a∗α aβ
(11.143)
αβ
La procedura di calcolo consiste nello spostare verso destra gli operatori di distruzione a,
fino a che, agendo sullo stato di vuoto, danno zero. Allo stesso tempo occorre spostare
a∗α verso sinistra. Nello spostamento si hanno dei commutatori, che andranno a costruire
l’elemento di matrice. Consideriamo ad esempio lo stato di una particella e calcoliamo
hi|F (1) |ji sostituendo l’espressione (11.143)
X
X
hi|F (1) |ji =
fαβ h0|ai a∗α aβ a∗j |0i =
fαβ h0|[ai , a∗α ][aβ , a∗j ]|0i =
αβ
=
X
αβ
fαβ δiα δjβ = fij
(11.144)
αβ
Nel caso fermionico il calcolo è identico. Il risultato (11.144) è proprio quello ottenuto nel
paragrafo 11.8.
Per gli operatori a due particelle
1 X
F (2) =
hαβ|f |γδia∗α a∗β aγ aδ
(11.145)
2
αβ,γδ
Lasciamo al lettore verificare che con (11.145) si riottengono i risultati già visti.
11.10. UNA DISCUSSIONE SUL SIGNIFICATO FISICO.
45
11.10 Una discussione sul significato fisico.
In questo paragrafo vogliamo discutere brevemente alcuni punti della procedura di (anti)simmetrizzazione per illustrare dove entrano le ipotesi fisiche e dove invece è puramente
questione di matematica.
Il problema principale è il seguente. Supponiamo di avere uno spazio di Hilbert della
forma (??)
N
O
H
(11.146)
H(N ) =
1
Applicare il principio di simmetrizzazione equivale a dire che una base per gli stati fisici è
data da
S|λ1 , . . . , λN i oppure A|λ1 , . . . , λN i
dove |λi i è un vettore di base di H, S e A rispettivamente gli operatori di simmetrizzazione ed antisimmetrizzazione. Questa è una definizione matematica, per l’esattezza una
proiezione di H(N ) su un suo sottospazio, nei due casi lo spazio degli stati fisici è
h
i
h
i
F = S H(N )
F = A H(N )
(11.147)
In fisica la questione è un pò più complessa, la decomposizione si riferisce ad un sistema
di particelle identiche, quindi in primo luogo bisogna definire cosa si intende per particelle identiche. La cosa naturale è dire che le particelle identiche sono quelle descritte dai
vettori di base del singolo spazio H. Ma la cosa non è molto sodisfacente nè dal punto di
vista fisico, come vedremo, nè da quello matematico. Ad esempio si potrebbe pensare di
accoppiare a due a due gli spazi H, H̃ = H ⊗ H e usare i vettori di base di H̃ per fare la
simmetrizzazione, definire ad esempio


N/2
O
F =S
H̃
1
come vedremo questa definizione porterebbe a risultati completamente diversi, quale delle
due è giusta? In altri termini perchè le “particelle” definite da H sono migliori di quelle
definite da H̃?
11.10.1
Esempio.
Consideriamo un esempio molto semplice: due fermioni, diciamo il protone ed il neutrone
per concretezza, in onda S, cioè in uno stato simmetrico dal punto di vista orbitale. Gli
unici gradi di libertà rimasti sono quelli di spin, ed il principio di Pauli opera la seguente
selezione degli stati:
pp :
pn :
nn :
singoletto di spin, antisimmetrico
le particelle sono diverse S = 0, 1 entrambi permessi
singoletto di spin, antisimmetrico
(S)
(S)
per un totale di sei stati. Indicando con Π0 e Π1 i proiettori sugli stati di spin 0 e 1
possiamo anche scrivere le tre Hamiltoniane relative ai tre sistemi:
(S)
pp :
App Π0
pn :
(S)
Apn Π0 +
(S)
Ann Π0
nn :
(11.148a)
(S)
Bpn Π1
(11.148b)
(11.148c)
46
CAPITOLO 11. SISTEMI A MOLTE PARTICELLE.
Stiamo supponendo che lo spin totale sia un buon numero quantico, quindi il sistema pn ha
uno stato non degenere, il singoletto, ed uno stato con degenerazione tre, il tripletto. Stiamo
anche assumendo che p, n siano delle particelle “elementari” a cui si applica il principio di
Pauli e che siano particelle diverse.
Ricordiamo che il proiettore sul tripletto di spin è un proiettore su uno spazio tridimensionale, esplicitamente, indicando gli stati con |S.Sz i:
(S)
Π1
(S)
(S)
(S)
= |1, 1ih1, 1| + |1, 0ih1, 0| + |1, −1ih1, −1| ≡ Π1,1 + Π1,0 + Π1,−1
(11.149)
Notiamo che, come al solito, stiamo considerando gli stati di spin |+i e |−i come due
stati diversi della stessa particella. Sorge abbastanza spontaneo il dubbio: perchè non
considerare anche la “specie” del fermione, cioè p, n come “stati” diversi di un fermione?
È compatibile questa interpretazione col principio di Pauli? La risposta è si. Chiamiamo
nucleone, N , questo fermione “ipotetico”. Indicando con +, − le due specie poniamo
|pi = |N, +i, |ni = |N, −i. Possiamo sempre considerare dei proiettori, unidimensionali,
sulle combinazioni simmetriche e antisimmetriche
1
1
√ (|N +i|N −i + |N −i|N +i)
√ (|N +i|N −i − |N −i|N +i)
2
2
(T )
(T )
Chiamiamo questi proiettori Π1,0 e Π0 in analogia con i proiettori di spin. Inserendo
questi proiettori, e gli analoghi per gli altri sistemi, otteniamo per le Hamiltoniane:
(S)
(T )
(S)
(T )
pp :
App Π0 Π1,1
pn :
Apn Π0 Π1,0 + Bpn Π1 Π0
(11.150b)
nn :
(S) (T )
Ann Π0 Π1,−1
(11.150c)
(11.150a)
(S)
(S)
Le (11.150) sono assolutamente identiche alle Hamiltoniane (11.148) abbiamo solo antisimmetrizzato o simmetrizzato su una fittizia variabile “muta”. In termini un pò più formali: abbiamo allargato lo spazio di singola particella a due dimesioni (oltre allo spin), con
i vettori |N ±i. Lo spazio corrispondente di due particelle avrebbe dimensione 4, essendo
ottenuto dalle 4 combinazioni |N ±i ⊗ |N ±i. Le singole Hamiltoniane sono ottenute troncando questo spazio 4 dimensionale in 3 modi diversi: nel primo caso abbiamo preso come
stati fisici solo gli stati pp, nel secondo solo gli stati pn, nel terzo solo gli stati nn. Possiamo pensare di associare una “carica” ±1 alle due specie. Il sottospazio pn a cui siamo
interessati corrisponde a prendere solo gli stati a “carica” 0. Questa precisazione tecnica è
importante perchè oltre a scrivere l’Hamiltoniana dobbiamo dire su che spazio agisce.
La (11.150b) dice che possiamo sempre considerare due particelle diverse (fermioniche
o bosoniche entrambi) come stati di una stessa particella: basta allargare lo spazio di Hilbert aggiungendo un “numero quantico” per le specie, antisimmetrizzare o simmetrizzare
opportunamente e imporre dei vincoli allo spazio fisico. Ci sono due casi possibili
a) La costruzione (11.150) è puramente formale e serve solo a complicare la descrizione.
b) La costruzione indica una qualche parentela fra le specie. In altre parole effettivamente le due specie p, n sono stati della stessa particella o almeno lo sono in qualche
approssimazione.
Chiaramente il caso interessante è il secondo. Rimanendo al caso di due sole specie la
connessione fra specie + e specie − potrebbe essere di due tipi:
i) Uno scambio fra le specie, cioè un gruppo tipo Z2 che agisce con p ↔ n.
ii) Gli stati + e − sono connessi da un qualche gruppo di simmetria interno, analogo
al gruppo delle rotazioni che connette gli stati di spin |+i, |−i, cioè un gruppo tipo
SU (2).
Analizziamo i due casi separatamente per capire le possibili implicazioni.
47
11.10. UNA DISCUSSIONE SUL SIGNIFICATO FISICO.
11.10.2
Gruppo SU (2).
Anticipiamo che questo è effettivamente quanto si presenta in natura per la coppia protone
nutrone. Supponiamo che effettivamente p, n siano stati diversi della stessa particella e
che esista un gruppo SU (2) interno, chiamiamo gruppo di isospin questo gruppo e T i
corrispondenti generatori. Siccome esistono solo due stati la rappresentazione è quella di
isospin 1/2 e gli stati +, − possono essere identificati con gli autostati di Tz .
La particella N ha quindi isospin 1/2. Uno stato di due particelle N pò perciò avere
isospin 0 o 1.
Uno stato di due N dovrà essere antisimmetrico per scambio contemporaneo di spin
e isospin (ripetiamo: siamo in onda S, quindi lo stato è simmetrico dal punto di vista
orbitale), cioè lo stato deve essere della forma
|S = 1i|T = 0i
oppure
|S = 0i|T = 1i
La forma generale dell’Hamiltoniana è perciò
(S)
(T )
Hs = AΠ0 Π1
(S)
(T )
+ BΠ1 Π0
(11.151)
Notiamo per completezza che i proiettori sono operatori simmetrici nello scambio delle
due particelle quindi l’Hamiltoniana è simmetrica per scambio, come deve essere un operatore fra particelle identiche. La (11.151) contiene molte più informazioni delle (11.150),
dipende infatti solo da due parametri. In particolare;
a) L’interazione pp e l’interazione nn sono uguali.
b) L’interazione pn nello stato di singoletto di spin è uguale a quella pp.
Supponiamo ora, di descrivere il reale sistema protone neutrone. Ovviamente l’interazione
elettromagnetica è diversa per la coppia carica pp e la coppia neutra nn, quindi al massimo
possiamo considerare questa descrizione nel solo ambito delle interazioni forti, trascurando
cioè l’interazione elettromagnetica.
Se per le interazioni forti le proprietà a),b) valgono o meno è una questione sperimentale che non dipende certo dal formalismo adottato: questa proprietà è sperimentalmente
verificata. Quindi in quest’ambito abbiamo un nucleone, i suoi stati soddisfano alla simmetria di Fermi e p, n sono stati diversi della stessa particella. Come si vede da questo
esempio quello che definiamo particella dipende in qualche misura dalle interazioni.
Per l’Hamiltoniana Hs i sei stati si ripartiscono fra due livelli 3 volte degeneri:
T = 1 : E = A stati: (pp, nn, (pn)S=0 )
T = 0 : E = B stati: (pn)S=1 (11.152)
Questo concetto continua ad essere utile anche se teniamo conto dell’interazione elettromagnetica. Su questi stati l’interazione distingue p da n e su questo sottospazio possiamo schematizzarla come αTz :
H = Hs + αTz
questa interazione commuta con Tz ma non commuta con gli altri generatori di isospin e
risolve parzialmente la degenerazione (11.152)
Epp = A + α
Enn = A − α
Epn,S=0 = A
Epn,S=1 = B
si ha cioè la stessa struttura delle (11.150).
Riassumendo: per le sole interazioni forti protone - neutrone si possono essere considerati come gli stati di una singola particella. Se l’interazione elettromagnetica è piccola
questa classificazione è solo approssimata. Chiaramente se le due interazioni fossero dello
stesso ordine non avrebbe senso l’approssimazione e si ricadrebbe nel caso generico delle
(11.150).
48
11.10.3
CAPITOLO 11. SISTEMI A MOLTE PARTICELLE.
Simmetria discreta.
Un esempio in cui ha interesse considerare le due particelle p, n come ottenute l’una dall’altra attraverso una trasformazione discreta è quello del positronio. In natura esiste una
particella identica all’elettrone ma di carica opposta, il positrone. In questo contesto la coppia p, n rappresenta una coppia e+ , e− . Queste particelle possono formare uno stato legato
idrogenoide, detto positronio, e l’elenco (11.150) comprende l’elenco degli stati possibili
in onda S per questo sistema, nel caso e+ e− , mentre descrive stati non legati per (e+ e+ ) e
(e− e− ).
Immaginiamo ora che esista un operatore C che faccia passare da una particella all’altra. Siccome C 2 = 1, se si scambia il ruolo due volte si ritorna alla stessa particella, gli
autovalori di C sono ±1. Gli stati simmetrici o antisimmetrici nella coppia corrispondono
rispettivamente ad autovalore +1 e −1.
Cosa ci si guadagna ad introdurre questa operazione? Consideriamo qui solo interazioni
di tipo elettromagnetico. Se questa operazione è una simmetria deve essere, nella notazione
(??) App = Ann . Questo è effettivamente vero nel caso in esame perchè l’interazione
elettromagnetica elettrone-elettrone è uguale a quella positrone-positrone, in entrambi i
casi una forza Coulombiana repulsiva.
A differenza del caso precdente questa trasformazione non lega il settore pn con gli
altri due, ed anche questo è corretto: l’interazione (e+ e− ) è attrattiva.
L’influenza di questo numero quantico aggiuntivo sul settore (e+ e− ), neutro, è più
sottile. Abbiamo notato che la decomposizione in stati simmetrici e antisimmetrici corrisponde alla decomposizione in autostati di C, diciamo stati pari e dispari sotto C. Se questo
numero quantico è reale deve corrispondere a regole di selezione ed in effetti è proprio così. Come il lettore scoprirà dallo studio dell’elettrodinamica quantistica il positronio può
decadere in fotoni, ai fotoni è possibile associare una C-parità, −1 per l’esattezza. Quindi
lo stato con C = 1 può decadere solo in un numero pari di fotoni, quello con C = −1 in
un numero dispari: è quello che si verifica sperimentalmente.
Questo esempio pone in luce un altro problema interessante. Supponendo che C sia
un buon numero quantico, perchè non si considerano autostati di C negli altri settori? In
questo problema ci sono 2 quantità conservate: la carica elettrica Q e la quantità C, detta
coniugazione di carica. Queste due quantità evidentemente non commutano, ma anticommutano, cioè C manda stati a carica q in stati con carica −q. La scelta degl stati (??)
corrisponde agli autostati di Q. Autostati di C sono però definibili nel sottospazio con
q = 0 e questi corrispondono appunto agli stati di tipo |p, ni.
Se volessimo diagonalizzare C al posto di Q dovremmo considerare una sovrapposizione di stati con cariche diverse, ma, come accennato precedentemente la carica elettrica è assolutamente conservata e non esistono transizioni fra stati a carica elettrica diversa, in altre
parole Q è un operatore superseletto: queste sovrapposizioni non sono quindi ammissibili.
11.10.4 Rappresentazione di Fock.
Quanto visto nel paragrafo precedente diventa abbastanza ovvio usando la rappresentazione
di Fock. Innanzitutto consideriamo due specie fermioniche diverse. Gli stati di singola
particella relativi alle due specie siano descritti da operatori ai , bi rispettivamente:
a†i |0i
b†j |0i
gli stati di tipo a, b hanno come base a†i b†j |0i. Dire che a, b possono essere considerati
come stati diversi dello stesso oggetto significa semplicemente definire Aα dove α indica
una coppia di indici: (i, ±). Le regole di anticommutazione (per fermioni)
{Aα , Aβ } = δαβ
(11.153)
equivalgono alle regole di anticommutazione per a, b separatamente. Il procedimento di
proiezione è necessario perchè lo spazio di Hilbert in rappresentazione di Fock è generato
11.10. UNA DISCUSSIONE SUL SIGNIFICATO FISICO.
49
dai monomi in A† applicati allo stato |0i. Nel caso di due particelle ci sono tre settori
possibili, in termini di A:
A†i+ A†j+
A†i+ A†j−
A†i− A†j−
se si vuole ottenere un dato settore occorre proiettare sul sottospazio desiderato. Ad esempio il settore p, n è definito da Na = 1, Nb = 1, cioè una particella di tipo a ed una
particella di tipo b.
Dal punto di vista della Hamiltoniana se partiamo, ad esempio, da (si sottintende la
somma sugli indici):
H = hai a†i a†i + hbI b†I b†I + a†i b†I ViI,jJ aj bJ
è facile costruire una Hamiltoniana equivalente in termini di Aα
H̃ = h̃α A†α A†α + A†α A†β Ṽαβ,µν Aµ Aν
lasciamo questo esercizio al lettore, che avrà cura di verificare che il vincolo sugli stati, ad
esempio per il sistema a 2 particelle, commuta con H̃.
11.10.5
Lo spin.
Un caso particolarmente interessante della costruzione fin qui vista è dato dalle variabili
di spin. consideriamo sempre delle particelle fermioniche, nel senso che obbediscono al
principio di Pauli. Indicando con |ei i i ket relativi alla parte orbitale e con |±i quelli
relativi alla parte di spin (spin 1/2 per semplicità), un insieme completo di ket è dato da
|ei i|±i. Usando le combinazioni simmetriche ed antisimmetriche
1
1
Sij = √ (|ei i|ej i + |ej i|ei i) Aij = √ (|ei i|ej i − |ej i|ei i)
2
2
gli stati selezionati da principio di Pauli sono
|+i|+iAij
1
√ (|+i|−i + |−i|+i)Aij
2
|−i|−iAij
(11.154a)
1
√ (|+i|−i − |−i|+i)Sij
2
(11.154b)
(11.154c)
Confrontando questo elenco con quanto detto nel paragrafo precedente vediamo che questi
sono esattamente gli stati che avremmo ottenuto se avessimo considerato |+i, |−i come
rappresentanti di due particelle diverse. In altre parole agli effetti della classificazione
degli stati gli indici ± di spin sono equivalenti alle targhette “virtuali” appese a due specie
diverse.
Veniamo ora alla parte dinamica, cioè alla fisica. Se consideriamo una Hamiltoniana
indipendente dallo spin e ci limitiamo a osservabili puramente orbitali siamo esattamente
nel caso di due particelle diverse già considerato: la restrizione a osservabili indipendenti
dallo spin equivale a lasciare separati i tre settori descritti dagli stati (11.154), cioè a dire
che il numero di particelle di una data specie si conserva.
Se l’Hamiltoniana, e le osservabili, possono cambiare lo spin possiamo interpretare la
cosa in due modi:
1) Lo spin è effettivamente un numero quantico della particella e l’interazione semplicemente cambia lo stato.
2) L’interazione cambia la specie della particella, fa passare dalla specie + alla specie
−. Tutto prosegue come prima ma non dobbiamo imporre vincoli sullo spazio degli
stati.
50
CAPITOLO 11. SISTEMI A MOLTE PARTICELLE.
La seconda interpretazione sembra alquanto artificiale ma è in linea di principio equivalente alla prima. È interessante che anche nell’esempio della coppia pn avremmo ottenuto
qualcosa di analogo se avessimo considerato operatori o termini dell’Hamiltoniana capaci
di scambiare le due particelle: questo è proprio quello che succede se si allarga il quadro,
tenendo conto delle interazioni con altre particelle è possibile trasformare un protone in un
neutrone o viceversa, è quello che ad esempio accade nel decadimento beta del neutrone.
Il motivo per cui l’interpretazione 1) ci appare più naturale per il caso dello spin mentre
l’interpretazione 2) ci appare più naturale nel caso del decadimento del neutrone è in parte
geometrico ed in parte dovuto al modo di fare le misure sulle particelle.
11.10.6
Aspetto geometrico.
Da scrivere
Riassunto: Particella elementare come rappresentazione irriducibile del gruppo di Galileo (Poincarè).
11.10.7
Stati composti.
Da scrivere
Riassunto: A tutti gli effetti se lo stato fondamentale di un composto è ben separato dagli
altri stati, il cluster pu’ò essere assimilato ad una particella elementare, caratterizzata dal
suo impulso e dal suo spin.
Appendici e Complementi
11.A
Appendice.
Consideriamo tre particelle, descritte da stati a, b, c diversi fra loro. Applicando le 3! permutazioni della terna (a, b, c) allo stato |a, b, ci possiamo costruire la rappresentazione regolare di S3 . Per rendere l’argomento più chiaro supponiamo di essere in rappresentazione
di Schrödinger, indichiamo con 1, 2, 3 le variabili delle singole particelle, es. x1 , x2 , x3 ,
uno stato non simmetrizzato può sarà della forma a1 b2 c3 . Faremo agire la permutazione
sugli argomenti 1, 2, 3.
Le 6 permutazioni di 3 elementi sono
(1, 2, 3) → (1, 2, 3), (2, 1, 3), (3, 1, 2), (1, 3, 2), (2, 3, 1), (3, 2, 1)
(11.155)
Come illustrato nel capitolo sulla teoria dei gruppi le rappresentazioni irriducibili di SN
sono in corrispondenza biunivoca con i tableaux di Young, che in questo caso sono
S
A
M
Ad ogni “quadratino” dei tableaux di Young è associata una delle N variabili, abbiamo quindi la disposizione di N oggetti nelle
varie caselle. Le funzioni associate ad ogni tableau di Young si ottengono simmetrizzando sulle linee e antisimmetrizzando sulle
colonne. La deomposizione della rappresentazione regolare avviene tramite i tableaux standard che consistono nel distribuire le
variabili in ordine crescente sulle righe e sulle colonne.
I tableaux standard associati sono
1 2 3
1
2
3
1 2
3
1 3
2
Le corrispondenti funzioni, con notazione abbreviata, dove a1 ≡ a(x1 ) etc.
Per ottenere, ad esempio, la funzione associata al primo tableau di tipo misto, occorre
effettuare la seguente operazione:
H1 = (1 − P1,3 )(1 + P1,2 )a1 b2 c3
dove Pij è lo scambio fra le variabili 1 e 2. Per il secondo tableau misto
X1 = (1 − P1,2 )(1 + P1,3 )a1 b2 c3
Si ottengono così le funzioni:
ΨS = a1 b2 c3 + a2 b1 c3 + a3 b1 c2 + a1 b3 c2 + a2 b3 c1 + a3 b2 c1
ΨA = a1 b2 c3 − a2 b1 c3 + a3 b1 c2 − a1 b3 c2 + a2 b3 c1 − a3 b2 c1
H1 = −a3 b2 c1 − a2 b3 c1 + a2 b1 c3 + a1 b2 c3
= c3 (a2 b1 + a1 b2 ) − c1 (a3 b2 + a2 b3 )
X1 = a3 b2 c1 − a3 b1 c2 − a2 b1 c3 + a1 b2 c3
51
52
CAPITOLO 11. SISTEMI A MOLTE PARTICELLE.
A partire da ognuna di queste le permutazioni del gruppo generano le rappresentazione
irriducibili in cui si decompone la rappresentazione regolare.
Applicando, ad esempio, la permutazione (1, 2, 3) → (2, 1, 3) ad H1 si genera la nuova
funzione
H2 = −a3 b1 c2 − a1 b3 c2 + a2 b1 c3 + a1 b2 c3
Mentre applicando la permutazione (1, 2, 3) → (3, 1, 2) a X1 si genera
X2 = −a2 b3 c1 + a3 b1 c2 − a1 b3 c2 + a2 b1 c3
Con un pò di pazienza si possono applicare di seguito tutte le permutazioni (11.155) ed
ottenere la tabella
(1, 2, 3) →
ΨS →
ΨA →
H1 →
H2 →
X1 →
X2 →
(1, 2, 3) (2, 1, 3)
ΨS
ΨS
ΨA
−ΨA
H1
H2
H2
H1
X1
−X1
X2
X1 + X2
(3, 1, 2)
ΨS
ΨA
−H2
H1 − H2
X2
−X1 − X2
(1, 3, 2)
ΨS
−ΨA
H1 − H2
−H2
−X2
−X1
(2, 3, 1)
ΨS
ΨA
−H1 + H2
−H1
−X1 − X2
X1
(3, 2, 1)
ΨS
−ΨA
−H1
−H1 + H2
X1 + X2
−X2
dove appunto si verifica che ΨS , ΨA sono rappresentazioni unidimensionali, mentre H1 , H2
e X1 , X2 formano le due rappresentazioni di dimensione 2 in cui si decompone la rappresentazione regolare, corrispondenti alla simmetria mista M dei tableaux di Young.
Per semplificare la discussione seguente supponiamo ora che gli stati a, b, c siano ortonormali. I 6 stati possibili possono essere utilmente espressi tramite le combinazioni simmetriche e antisimmetriche dei vettori a, b, facciamo questo passaggio perchè ci interesserà
indagare la simmetria “residua” quando una delle particelle, la c ad esempio, disaccoppia,
quindi conviene classificare le cose secondo la simmetria del sistema risultante. Usando
l’ortogonalità di a, b, c possiamo costruire 6 stati normalizzati
1
E1 = c1 √ (a2 b3 + a3 b2 ) E2
2
1
F1 = c1 √ (a2 b3 − a3 b2 ) F2
2
1
1
= c2 √ (a3 b1 + a1 b3 ) E3 = c3 √ (a1 b2 + a2 b1 )
2
2
1
1
= c2 √ (a3 b1 − a1 b3 ) F3 = c3 √ (a1 b2 − a2 b1 )
2
2
Notiamo che questa base è anche ortonormale se i vettori a, b, c sono ortogonali. I vettori
Hi , Xi , normalizzati, sono
1
H1 = √ (E3 − E1 )
2
1
H2 = √ (E3 − E2 )
2
1
X1 = √ (2F3 + (E1 − F1 ) − (E2 + F2 ))
8
1
X2 = √ (2F2 − (E1 + F1 ) + (E3 − F3 ))
8
1
1
hH1 |H2 i =
hX1 |X2 i = −
2
2
1
1
1
hX1|H1i = −
hX1|H2i =
hX2|H1i =
4
4
2
hX2|H2i =
1
4
Questa decomposizione va bene per quanto riguarda S3 ma è meglio usare una base che
renda i sottospazi H e X ortogonali. Dalle relazioni precedenti si ha che i vettori
1
K1 = X1 + (H1 − H2 )
2
1
K 2 = X 2 − H1
2
53
11.A. APPENDICE.
sono ortogonali ai vettori H1 , H2 e, sempre con un pò di pazienza, si verifica che hanno
le stesse regole di trasformazione dei Xi sotto permutazioni, cioè la tabella precedente è
identica se si sostituiscono i vettori Xi con Ki . Esprimendo i nuovi vettori in termini di
Ei , Fi si ottiene, normalizzando:
1
K1 = √ (2F3 − F1 − F2 )
6
1
K2 = √ (2F2 − F1 − F3 )
6
1
hK1 |K2 i = −
2
È ora esplicita l’ortogonalità rispetto a H1 , H2 .
Usando H1 ed il vettore ortogonale H2 − (H2 · H1 )H1 , e analogamente per K, i
proiettori sugli spazi generati dai vettori H e K si scrivono
4
|H1 ihH1 | +
3
4
= |K1 ihK1 | +
3
PH =
PK
4
2
2
|H2 ihH2 | − |H1 ihH2 | − |H2 ihH1 |
3
3
3
4
2
2
|K2 ihK2 | + |K1 ihK2 | + |K2 ihK1 |
3
3
3
Supponiamo di avere preparato uno stato di tipo H1 (ricordiamo che una qualunque combinazione lineare di H1 , H2 deve dare gli stessi risultati per osservabili simmetriche).
Facciamo vedere innanzitutto che se la particella c è disaccoppiata questo corrisponde
effettivamente ad uno stato a simmetria definita di 2 particelle, simmetrico. Uno stato
simmetrico con una terza particella fattorizzata sarebbe, in assenza di simmetrizzazione
sotto S3 , del tipo s̃γ, dove s̃ è della forma
1
s̃(1, 2) = √ (α1 β2 − α2 β1 )
2
Con questo si possono costruire stati H̃1 , H̃2 . La probabilità di trovare lo stato s̃ è allora
1
Ps̃ = Tr(PH̃ |H1 ihH1 |) =
2
1 4
4
4
|hH1 |H̃1 i|2 + |hH1 |H̃2 i|2 + hH1 |H̃1 ihH1 |H̃2 i
2 3
3
3
(11.156)
ricordiamo infatti che le osservabili devono essere simmetriche, il proiettore PH̃ è appunto
invariante sotto permutazioni, è l’identità nel sottospazio generato da H̃1 , H̃2 . La (11.156)
è espressione del fatto che con statistica mista la misura massimale non riduce ad uno spazio
unidimensionale, qui in effetti è un proiettore su uno spazio a 2 dimensioni. Il fattore 1/2 è
la normalizzazione del proiettore, cioè Tr(1).
Supponiamo come nel caso antisimmetrico trattato nel testo che c sia una funzione
d’onda localizzata all’esterno della regione di interesse, e costruiamo gli stati nella forma
Ẽ1 = Θi s̃
sommiamo poi sui vari Θ che costituiscono una base per la funzione c.
I prodotti si calcolano facilmente perchè, ad esempio, per ragioni di supporto
hE1 |Ẽ2 i = hE1 |Ẽ3 i . . . = 0
quindi:
hH1 |H̃1 i = hs|s̃i
hH1 |H̃2 i =
1
hs|s̃i
2
54
CAPITOLO 11. SISTEMI A MOLTE PARTICELLE.
ed infine dalla (11.156)
Ps̃ =
1 1
14
= (hs|s̃i)2
(hs|s̃i)2 (1 + +
23
4 2
(11.157)
che è esattamente il risultato aspettato.
Ancora più importante è assicurarsi che non si misuri uno stato antisimmetrico. Il
motivo è questo: costruiamo uno stato ãγ, dove ã è antisimmetrico e costruiamo gli stati
K̃ corrispondenti. Dobbiamo calcolare
Ps̃ =
1
Tr(PK̃ |H1 ihH1 |)
2
(11.158)
Le semplificazioni per i supporti valgono ancora, quindi, ad esempio, l’unico tipo di prodotto che potrebbe essere non nullo è
1
(γ · c)(a2 b3 + a3 b2 ) · (α2 β3 − α3 β2 ) =
2
= (γ · c)((aα)(bβ) − (aβ)(bα) + (aβ)(bα) − (aα)(bβ)) = 0
hE1 |F̃1 i =
Quindi tutti i prodotti scalari si annullano e Pã = 0. Questo è un punto importante: significa
che lo stato H1 effettivamente localmente si comporta come un normale stato simmetrico.
Questo è il motivo per cui la possibilità di queste statistiche non è platealmente falsificata
dall’esperienza: trascurando le correlazioni con il resto la statistica può essere approssimativamente quella standard. Lo stesso discorso vale per gli stati K, quindi gli elettroni in un
atomo possono, anche in questo ambito generalizzato, seguire la statistica di Fermi-Dirac
e obbedire al principio di Pauli. Purtuttavia potrebbero esistere degli effetti osservabili.
Infatti l’evoluzione temporale del sistema non ha regole di selezione che impediscono di
passare da stati di tipo H a stati di tipo K: appartengono a rappresentazioni equivalenti
del gruppo delle permutazioni. Se nell’Hamiltoniana di evoluzione c’è un termine piccolo,
diciamo di ordine η, che connette le due rappresentazioni allora con probabilità η 2 uno
stato H si può trasformare in uno stato K e cambiare la statistica locale. È questa la logica
con cui sono stati fatti esperimenti per misurare possibili violazioni del postulato di (anti)simmetrizzazione, i risultati negativi pongono un limite al parametro di mescolamento
η.
11.B
Elementi di matrice per stati ad N particelle.
Raccogliamo in questa appendice i calcoli relativi alla forma degli elementi di matrice di
operatori che agiscono su stati di N particelle. tratteremo per esteso il caso bosonico, che
è più complicato dal punto di vista combinatorio.
11.B.1
Bosoni.
Effettueremo i calcoli in rappresentazione di Schrödinger. Chiamiamo qi l’insieme delle
coordinate della particella i-esima, queste includono le coordinate cartesiane xi , ed eventualemente le coordinate che specificano lo stato di spin. Numeriamo gli stati possibili per
una singola particella, 1, 2, . . . . Ad esempio uno stato, non simmetrizzato, di tre particelle
può avere la forma
ψ1 (q1 )ψ2 (q2 )ψ2 (q3 )
e rappresenta una particella, la 1, nello stato 1, e due particelle, la 2 e la 3, nello stato 2. Una
base per gli stati, non simmetrizzati, di N particelle è costruita dicendo quante particelle si
trovano nello stato 1, quante nello stato 2 etc. Consideriamo uno stato del tipo
|n1 , n2 . . .i0 = ψ1 (q1 )ψ1 (q2 ) . . . ψ2 (qn1 +1 ) . . .
(11.159)
11.B. ELEMENTI DI MATRICE PER STATI AD N PARTICELLE.
55
cioè in cui le prime n1 particelle sono nello stato 1, le successive n2 nello stato 2 etc.
(siccome le particelle sono identiche questa è semplicemente una scelta del nome delle
coordinate). Il suffisso nel ket, |i0 , sta ad indicare che lo stato non è simmetrizzato.
Cosideriamo ora il caso dei bosoni. il vettore simmetrizzato corrispondente a (11.159)
è
|n1 , n2 . . .i = CS|n1 , n2 . . .i0
(11.160)
dove S è l’operatore di simmetrizzazione:
S=
1 X
P
N!
(11.161)
P
P sono le permutazioni, che intenderemo agire sulle coordinate qi , lasciando invariato l’ordine degli stati. C è una costante di normalizzazione che andiamo a determinare. Usando
il fatto che S è un proiettore, quindi S † = S, S 2 = S abbiamo
hn1 , n2 . . .|n1 , n2 . . .i = C 2 ·0 hn1 , n2 . . .|S † S|n1 , n2 . . .i0 = C 2 ·0 hn1 , n2 . . .|S|n1 , n2 . . .i0
Nel prodotto scalare a destra devono comparire le stesse funzioni dello stato a sinistra, altrimenti il prodotto è nullo, quindi fra tutte le permutazioni, e uniche a dare un risultato
non nullo sono quelle che mandano in se stessi gli insiemi delle n1 , n2 coordinate separatamente, cioè gli elementi del gruppo SN che lasciano invariato il vettore |ni0 , e queste
sono
n1 ! n 2 ! . . .
cioè le permutazioni di ogni sottinsieme {ni } di coordinate. Il sottogruppo relativo si
0
chiama gruppo di isotropia del vettore |ni0 , lo indicheremo se necessario con SN
. Si ha
dunque:
n 1 ! n2 ! . . .
hn1 , n2 . . .|n1 , n2 . . .i = C 2
N!
Gli stati normalizzati sono quindi
r
|n1 , n2 . . .i =
N!
S|n1 , n2 . . .i0
n1 ! n2 ! . . .
(11.162)
Lo stesso ragionamento mostra che dati due vettori con un diverso numero di interi:
n01 , . . . n0k . . ., questi sono ortogonali. Quindi una base ortonormale per lo spazio simmetrico di N particelle è data dai vettori della forma (11.162), ogni elementi della base
corrisponde ad una diversa decomposizione del numero N in somma di interi
N = n1 + n2 + . . . n k . . .
Come è noto dalla Meccanica Statistica, v. es. [12], se si ha un numero finito di stati, G,
per la singola particella, il numero di stati possibili, per N particelle, è
(G + N − 1)!
(G − 1)!N !
(11.163)
che in questo caso è la dimensione dello spazio di Hilbert.
Nota 1. Fra tutte le permutazioni di stati possiamo distinguere quelle che cambiano gli indici distinti,
0
1 e 3 ad esempio, e quelle che agiscono all’interno dello stesso tipo di stati, appunto il sottogruppo SN
delle permutazioni che lasciano invariante |ni0 , e scrivere ogni permutazione come il prodotto di una
permutazione di Sn0 per una che invece cambia gli stati (è l’operazione di passaggio a quoziente per il
56
CAPITOLO 11. SISTEMI A MOLTE PARTICELLE.
0
0
gruppo; SN /SN
). La somma sulle permutazioni di SN
dà semplicemente un multiplo (n1 ! n2 ! . . .)
dello stato iniziale, quindi la (11.162) si può anche scrivere
r
n1 ! n2 ! . . . X
|n1 , n2 . . .i0
(11.164)
N!
0
P
dove {P 0 } è l’insieme delle permutazioni che cambiano gli stati. Lo stesso oggetto quindi si può
scrivere in due modi diversi. Al solito la permutazione può essere intesa sulle variabili o sugli stati.
Nel testo [11], ad esempio, viene utilizzata la scrittura (11.164), e le permutazioni sono fatte agire
sugli stati. Abbiamo fatto questa annotazione per rilevare che la costante di normalizzazione appare
in forma esattamente invertita (ma ricordiamo che nella eq. (11.162) c’è un fattore 1/N ! nella definizione di S). La scrittura (11.164) è più elegante e compatta ma abbiamo preferito usare la (11.162)
per rendere chiari i vari fattori combinatori nel calcolo degli elementi di matrice.
Nota 2. Per il lettore che non ricordasse l’argomento che porta alla (11.163): si tratta di disporre
N oggetti in G “cassetti”, gli stati appunto. Una
disposizione possibile può essere rappresentata da
N palline e G − 1 pareti divisorie, come in figura,
il primo e l’ultimo cassetto sono gli spazi a sinistra e a destra della prima e dell’ultima parete. In
figura sono rappresentati 4 stati e 6 particelle, con
disposizione (2,3,0,1), cioè 2 particelle nel primo
stato, 3 nel secondo, 0 nel terzo e 1 nel quarto.
Il numero di disposizioni si trova prendendo G + N − 1 oggetti: di questi se ne scelgono G − 1
come pareti, il resto come stati, occorre quindi scegliere G − 1 oggetti su N , e questo si può fare nel
numero di modi indicato nella (11.163).
Passiamo ora agli elementi di matrice. Per N particelle ci possono essere operatori che
agiscono su ogni particella separatamente, come ad esempio l’energia cinetica, l’energia
potenziale in campo esterno etc., oppure operatori che coinvolgono due particelle contemporaneamente, ad esempio l’energia elettrostatica per ogni coppia di elettroni, o tre
particelle, etc. In ogni caso questi operatori sono simmetrici, perchè stiamo considerando
particelle identiche.
Operatori ad 1 particella.
L’operatore generale è della forma
F (1) =
N
X
i=1
fi ≡
N
X
f (qi )
(11.165)
i=1
Consideriamo innanzitutto gli elementi di matrice diagonali
hn1 , n2 . . .|F (1) |n1 , n2 . . .i
(11.166)
Con la stessa decomposizione usata nel dimostrare la (11.162):
hn1 , n2 . . .|F (1) |n1 , n2 . . .i = CL0hn1 , n2 . . .|F (1) |n1 , n2 . . .i
CL è la costante di normalzzazione dello stato di sinistra, chiameremo CR la costante di
normalizzazione delo stato di destra, che in questo caso è uguale. Consideriamo l’addendo
f (q1 ) nell’operatore che agisce, a sinistra, sulla funzione ψ1 (q1 ). Nello stato a destra
tutte le funzioni ψ2 , ψ3 etc. non vengono toccate, e nel prodotto scalare contribuiscono
col solito fattore n2 ! n3 ! . . .. Il fattore 1/N ! nella definizione di S si cancella anch’esso.
Rimane perciò
Z
X
ψ1∗ (q1 ) . . . ψ1∗ (qn1 )f (q1 )
ψ1 (q1 ) . . . ψ1 (qn1 )
P
11.B. ELEMENTI DI MATRICE PER STATI AD N PARTICELLE.
57
Una variabile q1 deve essere scelta a destra, e si può fare in n1 modi diversi, le rimenenti
n − 1 variabili fanno prodotto scalare con il vettore a sinistra dando un fattore (n1 − 1)!
che cancella, parzialmente il denominatore, resta a questo punto:
Z
1
1
· (#scelte) ψ1∗ (qi )f (q1 )ψ1 (q1 ) =
· n1 f11 = f11
n1
n1
Lo stesso calcolo vale per tutte le n1 variabili che compaiono nei primi n1 stati, che quindi,
in totale, contribuiscono con n1 f11 . Possiamo ora considerare gli addendi di F (1) che
contengono le variabili del secondo gruppo, daranno un contributo n2 f22 etc. In totale
X
hn1 , n2 . . .|F (1) |n1 , n2 . . .i =
ni hi|f |ii
(11.167)
i
È questo, ad esempio, il caso che si presenta se i ket di singola particella sono autostati dell’Hamiltoniana di singola particella e l’operatore F (1) è l’Hamiltoniana libera del
sistema:
H = h1 + h 2 + . . . h N
(11.168)
La (11.167) dice che per particelle libere l’energia totale è la somma delle energie delle
singole particelle.
Consideriamo ora gli elementi di matrice fuori diagonale. Gli elementi di matrice di
singola particella possono far cambiare stato solo ad una particella, quindi l’elemento di
matrice generico è
hn1 , . . . ni , . . . nk − 1 . . .|F (1) |n1 , . . . ni − 1, . . . nk . . .i
(11.169)
d’ora in poi scriveremo solo i numeri di occupazione che cambiano nella transizione.
Operando nel solito modo ci si riduce a
CL 0hni nk − 1|F (1) |ni − 1, nk i
CL è la costante di normalizzazione dello stato di sinistra. Chiamiamo y le variabili che
si riferiscono a questi gruppi e ordiniamole di seguito, sono ni + nk − 1: y1 . . . yni ,
yni +1 . . . ynk +ni −1 . Uno degli stati ψni (yi ) deve cambiare, siccome tutto il resto è simmetrico possiamo dire che cambia lo stato con variabile yni moltiplicando il risultato per
ni 9 . A questo elemento di matrice contribuisce quindi solo f (yni ). Al solito tutti i prodotti
scalari che si riferiscono ad altre variabili, oltre alle y, danno il fattore di normalizzazione,
resta perciò:
r
Z
1
1
ni
ψi∗ (y1 ) . . . ψi∗ (yni )ψk∗ (yni +1 ) . . . ψk∗ (yni +nk −1 )
(ni − 1)!(nk − 1)! ni nk
X
f (yni )
ψi (y1 ) . . . ψi (yni −1 )ψk (yni ) . . . ψk (yni +nk −1 )
P
La variabile yni , che è quella su cui agisce la funzione f , deve quindi passare da una
variabile relativa ad uno stato ψ1 a una variabile relativa ad uno stato ψ2 . Ci sono nk modi
di scegliere questa variabile nell’insieme delle funzioni ψ2 del ket nell’elemento di matrice.
Una vola fatta questa scelta le rimanenti ni + nk − 2 variabili danno il contributo
(ni − 1)!(nk − 1)!
mentre la variabile yni dà l’elemento di matrice fij . Raccogliendo i vari contributi si ha
allora, per l’elemento di matrice:
r
√
1
ni nk fik = ni nk fik
ni nk
e quindi
hni , nk − 1|F (1) |ni − 1, nk i =
√
ni nk fik
(11.170)
9 La scelta dell’ultima variabile della lista è fatta semplicemente per rendere più evidente il passaggio
successivo, non ha significati particolari.
58
CAPITOLO 11. SISTEMI A MOLTE PARTICELLE.
Operatori a due particelle.
Il più generale operatore simmetrico a due particelle è della forma
X
F (2) =
f (qa , qb )
con f simmetrica
(11.171)
a<b
Si noti che nella (11.171) a somma è fatta sulle coppie ordinate di particelle. Il prototipo
della (11.171) è l’energia potenziale elettrostatica:
X
1
a<b
|xa − xb |
L’operatore F (2) agisce su due particelle quindi al massimo due di queste possono cambiare
stato. Ci sono tre tipi di elementi di matrice:
1) Quelli in cui nessuna particella cambia stato, questi sono gli elementi di matrice
diagonali nel linguaggio del numero di occupazione degli stati.
2) Quelli in cui una sola particella cambia stato.
3) Quelli in cui due particelle cambiano stato.
Cominciamo dal calcolo degli elementi di matrice diagonali.
Elementi di matrice diagonali.
Occorre esprimere esplicitamente
hn1 , n2 , . . .|F (2) |n1 , n2 . . .i
(11.172)
Seguiamo lo stesso procedimeto usato nel caso di singola particella. Sfruttando la simmetria si scrive
CL 0hn1 , n2 , . . .|F (2) S|n1 , n2 . . .i0
Ricordiamo che negli stati |ψi0 le variabili sono ordinate in modo crescente, come gli
stati, questo semplicemente definisce da che disposizione cominciamo per far agire le permutazioni. Fra gli addendi che costituiscono F (2) ci sono le coppie in cui le variabili si
riferiscono allo stesso gruppo di stati, l’i-esimo stato diciamo, e le coppie che si riferiscono
a stati diversi, i, j.
Stesso gruppo. Consideriamo gli addendi di F (2) che hanno una coppia di variabili del
primo gruppo di n1 variabili. Ci sono n1 (n1 − 1)/2 coppie di questo tipo, ognuna dà evdentemente lo stesso contributo quindi possiamo chiamare queste variabili y1 , y2 , la prima
e la seconda. Nell’elemento di matrice tutte la variabili che si riferiscono ad altri gruppi,
integrate, danno semplicemente il fattore di normalizzazione, resta così da calcolare:
Z
X
1 n1 (n1 − 1)
ψ1 (y1 )ψ1 (y2 ) . . . ψ1 (yn1 )
ψ1∗ (y1 )ψ1∗ (y2 ) . . . ψ1∗ (yn1 )f (y1 , y2 )
n1 !
2
P
Le permutazioni rimaste agiscono sulle n1 variabili rimaste. nel vettore di destra ci sono
n1 modi i scegliere y1 e, una volta scelto, n1 − 1 modi di scegliere y2 , le rimanenti variabili
danno il fattore di normalizzzione (n1 − 2)!, quindi si ha
1 n1 (n1 − 1)
n1 (n1 − 1)
· n1 (n1 − 1)(n1 − 2)!h1, 1|f |1, 1i =
h1, 1|f |1, 1i
n1 !
2
2
Lo stesso ragionamento vale per tutti i gruppi, n2 , n3 . . . . Quindi il contributo all’elemento
di matrice per variabili nello stesso gruppo è
X ni (ni − 1)
hi, i|f |i, ii
(11.173)
2
i
11.B. ELEMENTI DI MATRICE PER STATI AD N PARTICELLE.
59
Gruppi diversi. Supponiamo la prima variabile qa appartenga al gruppo ni , la seconda
qb ad un altro gruppo, nj , necessariamente con j > i perchè le somme in F (2) sono fatte
su coppie ordinate. Ci sono ni · nj scelte possibili di questo tipo, tutte equivalenti vista
la simmetria all’interno di ciascun gruppo. Possiamo scegliere la prima variabile come la
prima del gruppo ni e la seconda come la prima del gruppo nj . Come fatto precedentemente “mettiamo in fila” le ni + nj variabili in gioco. Le variabili al di fuori di questi due
gruppi non partecipano all’integrale se non col fattore di normalizzazione, resta perciò da
calcolare
Z
1
ni nj ψi∗ (y1 )ψi∗ (y2 ) . . . ψj∗ (yni +1 ) . . . ψj∗ (yni +nj )f (y1 , yni +1 )
ni !nj !
X
ψi (y1 )ψi (y2 ) . . . ψj (yni +1 ) . . . ψj (yni +nj )
P
La variabile y1 può essere scelta in ni modi nel primo gruppo del vettore a destra e la
variabile yni +1 in nj modi nel secondo gruppo, o viceversa. in entrambii casi il resto delle
variabili fornisce il fattore di normalizzazione (ni − 1)!(nj − 1)!. Si ha quindi il contributo:
1
ni nj · ni nj (ni − 1)!(nj − 1)! [hij|f |iji + hij|f |jii] = ni nj [hij|f |iji + hij|f |jii]
ni !nj !
e questo per ogni coppia i, j, con i < j. Sommando questo contributo alla (11.173)
l’elemento di matrice diagonale ha la forma
hn1 , . . .|F (2) |n1 , . . .i =
X ni (ni − 1)
i
2
hi, i|f |i, ii +
X
(hij|f |iji + hij|f |jii)
i<j
(11.174)
Cambiamento di stato di una particella.
L’elemento di matrice da valutare è (scriviamo solo i numeri di occupazione che variano):
hni , nj − 1|F (2) |ni − 1, nj i
(11.175)
Usando la simmetria si può ricrivere l’espressione (11.175) nella forma
CL CR 0hni , nj − 1|F (2) S|ni − 1, nj i0
Una variabile del gruppo ni deve partecipare alla transizione, quindi una delle due variabili
qa , qb deve essere una di queste. Diciamo qa . Ci sono ni possibili scelte, tutte equivalenti,
per il nome di questa variabile. La seconda variabile deve appartenere ad un gruppo nk ,
che può coincidere o no con ni . Ci sono tre casi distinti, che analizzeremo separatamente.
k 6= i, j La prima variabile, diciamo y1 , deve comparire nel gruppo nj , una volta scelta,
con nj possibilità, le altre variabili del gruppo producono solo il fattore di normalizzazione
(nj − 1)!. La variabile y2 appartiene al gruppo nk , ci sono nk possibilità di scelta sul
vettore di sinistra ed altrettante su quello di destra, una volta selezionata la variabile, le
altre producono il fattore di normalizzazione (nk − 1)!. l’elemento di matrice di f che
abbiamo selezionato ha la forma
Z
hi, k|f |j, ki ≡ ψi∗ (y1 )ψk∗ (y2 )f (y1 , y2 )ψj (y1 )ψk (y2 )
L’altra possibilità ‘e che la variabile y1 sia nel gruppo nk , a destra, e la variabile y2 nel
gruppo nj , e questo seleziona l’elemento di matrice
Z
hi, k|f |k, ji ≡ ψi∗ (y1 )ψk∗ (y2 )f (y1 , y2 )ψk (y1 )ψj (y2 )
60
CAPITOLO 11. SISTEMI A MOLTE PARTICELLE.
In totale abbiamo perciò
s
1
1
ni nj n2k (ni − 1)!(nj − 1)!(nk − 1)! [hi, k|f |j, ki + hi, k|f |k, ji]
(ni − 1)!(nj − 1)!nk ! ni nj
√
= ni nj nk (hi, k|f |j, ki + hi, k|f |k, ji)
Bisogna ora sommare su k 6= i, j. Notiamo che guardando lo stato iniziale questo significa
sommare su tutti gli stati occupati, eccetto lo stato j della particella che fa la transizione.
k = j La scelta della variabile y1 di nuovo ha ni possibilità sullo stato di sinistra e nj su
quello di destra, per un totale di un fattore ni nj . In questo caso la variabile y2 ha (nj − 1)
possibilità di scelta a sinistra (tante quante sono le variabili) e nj − 1 a destra, perchè una
delle variabili del gruppo è già stata selezionata da y1 . L’elemento di matrice coinvolto è
Z
hi, j|f |j, ji =≡ ψi∗ (y1 )ψj∗ (y2 )f (y1 , y2 )ψj (y1 )ψj (y2 )
e raccogliendo i vari termini:
s
1
1
ni nj (nj − 1)2 (ni − 1)!(nj − 2)!hi, j|f |j, ji
(ni − 1)!(nj − 1)! ni nj
√
= ni nj (nj − 1)hi, j|f |j, ji
k = i La scelta della variabile y1 di nuovo ha ni possibilità sullo stato di sinistra e nj
su quello di destra, per un totale ni nj possibilità. In questo caso la variabile y2 ha ni − 1
possibilità di scelta a sinistra perchè una delle variabili del gruppo è già stata selezionata
da y1 , ed ni − 1 a destra, tante quante sono le variabili. L’elemento di matrice selezionato
è
Z
hi, i|f |j, ii =≡ ψi∗ (y1 )ψi∗ (y2 )f (y1 , y2 )ψj (y1 )ψi (y2 )
Quindi
s
1
1
ni nj (ni − 1)2 (ni − 2)!(nj − 1)!hi, j|f |j, ji
(ni − 1)!(nj − 1)! ni nj
√
= ni nj (ni − 1)hi, i|f |j, ii
In totale il contributo fuori diagonale è
hni , nj − 1|F (2) |ni − 1, nj i =
√
X
ni nj
nk hi, k|f |j, ki + hi, k|f |k, ji
k6=i,j
√
√
+ ni nj (nj − 1)hi, j|f |j, ji + ni nj (ni − 1)hi, i|f |j, ii (11.176)
Cambiamento di stato di due particelle.
Consideriamo il caso in cui nk , nl diminuiscono di una unità, mentre ni − 1, nj − 1 aumentano di una unità, la notazione è simile a quella usata nel calcolo dell’elemento di matrice
di singola particella. Possiamo sempre supporre i < j, k < l, è solo il nome che stiamo
dando alle variabili. È chiaro che solo le variabili di questi quattro gruppi sono coinvolti
nell’elemento di matrice. Siccome le variabili ni , nj sono aumentate di 1, queste devono
comparire nella coppia qa , qb degli argomenti di F (2) , ci sono ni · nj modi di scegliere questa variabile, quindi dovrebbe essere chiaro che l’elemento di matrice è, mettendo sempre
11.B. ELEMENTI DI MATRICE PER STATI AD N PARTICELLE.
61
in fila le variabili:
s
1
1
ni nj ·
(ni − 1)!(nj − 1)!(nk − 1)!(nl − 1)! ni nj nk nl
Z
X
ψi∗ (y1 ) . . . ψi (yni )ψj∗ (yni +1 ) . . . f (yni , yni +nj )
ψi (y1 ) . . . ψi (yni −1 )ψj . . .
P
La coppia di variabili yni , yni +nj deve essere scelta, a destra, o, rispettivamente, nell’insieme nk , nl e nell’insieme nl , nk , in entrambi i casi ci sono nk · nl possibilità. Le altre
variabili al solito servono alla normalizzazione e risulta:
hni , nj , nk − 1, nl − 1|F |ni − 1, nj − 1, nk , nl i =
√
ni nj nk nl [hi, j|f |k, li + hi, j|f |l.ki]
(11.177)
Lasciamo al lettore l’indagine degli altri casi particolari:
hni , nj , nk − 2|F |ni − 1, nj − 1, nk i
hni , nk − 2|F |ni − 2, nk i
11.B.2
(11.178a)
(11.178b)
Fermioni.
Per i fermioni i calcoli sono relativamente più semplici, perchè il numero di occupazione
può essere solo 0, 1. Per quanto riguarda il segno delle permutazioni l’unico ruolo che
giocano è dare un segno opposto a due elementi di matrice che differiscono per uno scambio. Anche nella notazione si può essere più chiari: basta scivere gli stati che subiscono
un cambiamento e omettere di scrivere gli stati con numero di occupazione nullo: negli
elementi di matrice si avrà un passaggio da un numero di occupazione 1 nello stato j ad
un numero di occupazione 1 nello stato i, se questo è l’unico effetto è inutile specificare
che nello stato iniziale non c’erano particelle nello stato i e nello stato finale non ci sono
particelle nello stato j.
Quindi si ha
|i1 , . . . iN i =
√
r
N !A|i1 , . . . iN i0 =
1 X
εP |i1 , . . . iN i0
N!
(11.179)
P
εP indica il segno della permutazione.
Per gli operatori ad una particella:
X
hN |F (1) |N i =
hi|f |ii
elementi diagonali
(11.180a)
elementi non diagonali
(11.180b)
i
hi|F (1) |ji = hi|f |ji
Per gli operatori a due particelle:
X
hN |F (2) |N i =
(hij|f |iji − hij|f |jii)
elementi diagonali
(11.181a)
cambio di 1 stato
(11.181b)
cambio di 2 stati
(11.181c)
i<j
hi|F (2) |ji =
X
hik|f |jki − hik|f |kji
k6=i,j
hij|F (2) |kli = hij|f |kli − hij|f |lki
62
CAPITOLO 11. SISTEMI A MOLTE PARTICELLE.
Bibliografia
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Fisica Teorica, Vol.3, Ed. Riuniti.
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