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n° 42 Aprile Luglio 2015 - Teatro Stabile di Genova

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n° 42 Aprile Luglio 2015 - Teatro Stabile di Genova
TGE04515_Giornale42_Schema Giornale 2012 13/04/15 14:00 Pagina 1
ANNO XVI | N° 42 | APRILE/LUGLIO 2015
POSTE ITALIANE S.P.A. / SPEDIZIONE IN ABBONAMENTO POSTALE / -70% NO/GENOVA N.42 ANNO 2015
Con l’amore
non si scherza
Introduzione
di Ida Merello
2
Con l’amore
non si scherza
Conversazione con
Massimo Mesciulam
3
La dodicesima notte
Marco Sciaccaluga
e la pedagogia
dell’attore
4
La dodicesima notte
Conversazione
con gli interpreti
allievi del Master
5
Rassegna
di Drammaturgia
contemporanea
Ventesima edizione
6
Rassegna
di Drammaturgia
contemporanea
I cinque spettacoli
7
Ospitalità
Hellzapoppin
Ricordo di
Luigi Squarzina
8
GIOVANI ALLA RIBALTA
Due classici e cinque novità chiudono la stagione del Teatro Stabile di Genova nel segno del rinnovamento generazionale
Perplessi e offesi,
con lo sguardo
al futuro
Sono passati poco più di tre
mesi da quando ho assunto
l’incarico di Direttore del Teatro
Stabile di Genova e molte cose
sono accadute, non tutte
positive per la verità, ma
l’entusiasmo per questa
nomina non mi è venuto meno,
anzi, più conosco e lavoro
in questo teatro e più ho
la consapevolezza dell’alta
qualità di tutto il personale,
amministrativo, tecnico
e artistico, e nel contempo
del profondo legame
che esiste fra il Teatro
e la comunità genovese.
Dicevo delle cose non positive
ed è ovvio che mi riferivo al
mancato riconoscimento di
teatro nazionale da parte del
Ministero per i Beni
e le Attività Culturali,
che ci ha lasciati perplessi e
anche offesi, soprattutto
perché ci sono sembrati
disomogenei e poco chiari i
criteri che hanno portato a
questo esito. Abbiamo chiesto
gli atti della Commissione che ci
ha giudicato, li stiamo valutando
e il Consiglio di Amministrazione
con i Soci, Comune e Regione,
valuterà se ci sono gli estremi
per un ricorso.
Da parte mia, vorrei fare
qualche considerazione e
fornire alcune informazioni,
senza però tediare troppo o
entrare in questioni
burocratico-amministrative.
La ricollocazione dei vari
soggetti esistenti fino a fine
2014 suddivide in tre categorie
le realtà stanziali produttive:
teatri nazionali, teatri di
rilevante interesse culturale e
centri di produzione. Vorrei
subito dire che non esiste una
serie A, B o C. Si tratta di
soggetti tutti importanti che
svolgono, partendo dalla propria
storia, dagli scopi statutari,
dalle vocazioni artistiche,
ognuno un ruolo preciso, che si
sviluppa, caso per caso, a livello
nazionale e internazionale.
ANGELO PASTORE (segue a pagina 8)
La dodicesima notte
Con l’amore non si scherza
al Duse 14 aprile > 3 maggio
L’11 maggio, con repliche sino al 17, va in scena al Duse
(ore 20,30 e rappresentazioni la mattina per le scuole)
l’esercitazione affidata ai dieci giovani attori che
frequentano il Master della Scuola di Recitazione e
dedicata alla rappresentazione di La dodicesima notte
di William Shakespeare, per la regia di Marco Sciaccaluga
(versione italiana di Anna Laura Messeri).
Una commedia classica, pertanto, che è ambientata da
Shakespeare in una immaginaria Illiria e che si apre
con il duca Orsino chiuso nelle proprie sofferenze amorose
per Olivia, la quale vive isolata dal lutto per la morte
del fratello. Ma l’arrivo della naufraga Viola, in cerca
del fratello gemello Sebastian e travestita in abito maschile,
scuote la rigidità dei loro comportamenti, dando vita
a un mondo dove trionfano le passioni umane, animate
anche dalla comicità dei cortigiani Malvolio, Sir Toby
e Sir Andrew e osservate con disincanto dal clown Feste.
Alice Giroldini, Jacopo-Maria Bicocchi e Rachele Canella (foto Giuseppe Maritati)
Da martedì 14 aprile (ore 20,30) va in
scena al Duse un classico sempre attuale
del Romanticismo francese.
Pubblicata nel 1834, ma rappresentata solo
nel 1861, dopo la morte del suo autore,
la commedia è attraversata dai fremiti
dell’autobiografico amore che stava per
finire tra Alfred de Musset e George Sand.
De Musset era allora poco più che
ventenne, proprio come il suo protagonista
Perdican che il padre vorrebbe far sposare
con la cugina Camille. Ma costei, pur
essendo creatura fatta per vivere e per
amare, dopo quattro anni di convento
crede di aver imparato dall’esperienza di
una compagna a diffidare dell’amore e della
vita. Per questo, Camille risponde con
CONFERENZA STAMPA
TEATRO STABILE DI GENOVA
GIOVEDÌ 18 GIUGNO
Conferenza stampa di presentazione
della Stagione 2015-2016
GENOVA mattina
TEATRO DELLA CORTE
MILANO pomeriggio
PADIGLIONE ITALIA DELL’EXPO
Presentazione del cartellone messo subito in vendita
Le collaborazioni internazionali
Anticipazioni della Stagione 2016-2017
Nuove modalità di abbonamento e di vendita on-line
VENERDÌ 19 GIUGNO
Incontro con il pubblico
ORE 18 – TEATRO DELLA CORTE
INGRESSO LIBERO
al Duse 11 > 17 maggio
freddezza alle dichiarazioni d’amore di
Perdican. E costui, indispettito, corteggia
allora la sorella di latte di Camille, Rosette,
la quale, nello spietato gioco delle
schermaglie d’amore, finisce con assumere
il ruolo del “capro espiatorio”.
Prodotto dallo Stabile di Genova
e messo in scena da Massimo Mesciulam,
con Roberto Alinghieri, Jacopo-Maria
Bicocchi, Rachele Canella, Andrea Di Casa,
Nicolò Giacalone, Orietta Notari e Robero
Serpi, Con l’amore non si scherza è in
scena al Duse sino al 3 maggio. Versione
italiana di Maria Ortiz,
scene e costumi di Guido Fiorato,
effetti musicali di Matteo Sintucci
e luci di Sandro Sussi.
Rassegna di drammaturgia contemporanea
Piccola Corte 13 maggio > 18 luglio
Dal 13 maggio al 18 luglio, all’interno del
ligneo anfiteatro appositamente elevato
sul palcoscenico della Corte, lo Stabile di
Genova presenta la XX edizione della
Rassegna di drammaturgia
contemporanea. Cinque spettacoli con
nove repliche ciascuno. Cinque nuovi testi
del teatro nazionale e internazionale.
S’inizia il 13 maggio con l’inglese Due
(Two) di Jim Cartwright che prevede la
presenza di quattordici personaggi
intrepretati da due soli attori. Si prosegue
poi con Il canto della valle (Valley Song)
del sudafricano Athol Fugard (debutto il
27 maggio), autore già frequentato anche
da Peter Brook; seguito (dal 10 giugno)
da Codici cifrati (Ciphers) della
giovanissima autrice inglese Dawn King.
Per concludere con l’italiano Sangue
amaro di Mariagrazia Pompei (attrice
formatasi alla scuola dello Stabile) e
Valerio Marini, che debutta il 24 giugno, e
con Apatia per principianti (Apatiska for
nyborjare) dello svedese Jonas-Hassen
Khemiri, con repliche dall’8 al 18 luglio.
Messi in scena da cinque registi diversi
(nell’ordine, Massimo Mesciulam, Matteo
Alfonso, Tommaso Benvenuti, Jacopo-Maria
Bicocchi e Mario Jorio), gli spettacoli
propongono uno sguardo sugli orientamenti
della nuova drammaturgia internazionale
e si avvalgono dell’interpretazione di attori,
prevalentemente giovani, provenienti
tutti dalla Scuola dello Stabile.
TGE04515_Giornale42_Schema Giornale 2012 13/04/15 14:00 Pagina 2
2 I Con l’amore non si scherza
NEI LABIRINTI DEL GIOCO AMOROSO
Tr a c o m i c i t à e t r a g e d i a , D e M u s s e t r a c c o n t a i l t o r m e n t a t o d i s i n c a n t o d i g i o v a n i a l l a p r o v a c o n l a v i t a
La pièce On ne badine pas
avec l’amour esce per la
prima volta sulla Revue des
deux mondes il 1° luglio 1834,
ma viene bloccata dalla
censura e deve aspettare il
1861 per essere rappresentata
alla Comédie française,
quando Alfred de Musset è già
morto da quattro anni.
Non solo: per consentirle di
andare in scena, il fratello
Paul è costretto a
rimaneggiarla, smorzandone
la vèrve e, di fatto,
snaturandola. Al momento
della sua composizione,
Musset ha invece ventiquattro
anni, ed è già una personalità
di spicco della nuova
generazione. I Contes
d’Espagne et d’Italie (1829),
che rappresentano una sorta
di vetrina di generi e di temi
romantici, molto apprezzati
dai giovani, rivelano la sua
vocazione teatrale in Don
Paez e Portia. La nuit
vénitienne, del 1830, sembra
al contrario segnare una
battuta d’arresto. Il fiasco,
dovuto sia all’indipendenza e
originalità della pièce che a
un incidente di scena
(un’attrice, vestita di bianco,
si era appoggiata a un
traliccio verde, dipinto di
fresco, continuando a
recitare, tra le risate del
pubblico, con un vestito a
quadri) suggerisce a Musset
una raccolta di pièces in
versi, da lettura e non da
recitazione (Spectacle dans
un fauteuil, 1832). L’opera è
accolta con favore, e nel 1833
Musset può ritornare allora al
teatro con maggiore
determinazione, alternando
drammi storici (André del
Sarto) e commedie (Les
Caprices de Mariane). Nel
gennaio 1834 esce Fantasio,
aprile I luglio 2015
pièce che ha suscitato
entusiasmo per la capacità di
mescolare con leggerezza gli
influssi di Shakespeare e
Hoffmann al riferimento
all’attualità. Musset è in
pieno fervore creativo.
Eppure, tra il gennaio e il
luglio 1834, ha subìto un duro
colpo: la relazione con George
Sand si è troncata
bruscamente a Venezia, e, per
il fratello Paul, che scrive la
sua biografia, On ne badine
pas avec l’amour porta «le
tracce dello stato morale in
cui si trovava l’autore. Il
carattere bizzarro di Camille,
certe espressioni di tenerezza
malinconica del ruolo di
Perdican, la lotta d’orgoglio
tra questi due personaggi
fanno riconoscere l’influenza
dei ricordi dolorosi contro cui
il poeta si dibatteva». In
effetti la conclusione del
secondo atto è proprio una
citazione da una lettera di
George Sand: «Si è spesso
ingannati in amore, spesso
feriti e spesso infelici; ma si
ama, e quando si è sul bordo
della tomba, ci si volta per
guardare indietro, e si dice:
ho sofferto spesso, mi sono
sbagliato qualche volta, ma ho
amato». Tuttavia Paul ha
probabilmente esagerato
l’incidenza della rottura con
la scrittrice per quell’“enfant
du siècle”, che è cresciuto
alla scuola del disincanto, e
che ne offre qui una delle più
lucide espressioni.
Inizialmente la pièce doveva
intitolarsi Camille et
Perdican, ed essere in versi.
Musset ne compone però
solo quarantadue, e
probabilmente già nel 1833.
Al ritorno da Venezia, anche
su pressione dell’editore
Buloz che richiedeva due
volumi di teatro in prosa,
Musset abbandona la
versificazione e dà alla pièce
il titolo attuale.
Il sottotitolo, Proverbe, si
richiama a un genere
inaugurato nel Settecento da
Carmontelle, rimesso in voga
alla fine degli anni Venti, e
praticato dallo stesso Scribe,
il principale autore teatrale
del momento. All’inizio il
“Proverbio” era poco più di un
gioco di società: alcune scene
venivano improvvisate su di
un canovaccio, e dovevano
rappresentare un proverbio
che il pubblico era chiamato a
indovinare. Successivamente
invece il titolo allude al
proverbio stesso: come lo
stesso Musset farà in Il ne
faut jurer de rien, Il faut
qu’une porte soit ouverte ou
fermée, On ne saurait penser
à tout. L’espressione On ne
badine pas avec l’amour è
probabilmente tratta da una
citazione di Clarisse Harlowe
di Richardson: «L’amore è un
fuoco con cui non si scherza
impunemente». Il richiamo al
proverbio sottolinea il
principio di astrazione che
domina la pièce, la cui
struttura è rigorosamente
geometrica: Camille e
Perdican arrivano al castello
nello stesso giorno; lei è
appena uscita dal convento,
lui dall’università. Compaiono
in scena nello stesso minuto,
uno da destra, l’altro da
sinistra, accompagnati da due
personaggi simmetricamente
opposti. Il precettore cavalca
una mula vivace, la
governante un asino
malandato; lui è grasso e
sempre ubriaco, lei magra e
astemia. Il Coro sottolinea
con battute alternate il
carattere di simmetria. Il
carattere meccanico
dell’incipit si raddoppia nella
figura del Barone, che ha
organizzato la sua vita come
un movimento a orologeria,
regolandosi sulle aspettative
degli altri e sulle
convenienze. Ha già previsto
il fidanzamento dei due
giovani, e scritto nel suo
taccuino che il giorno del loro
arrivo sarà il più bello della
sua vita; nel frattempo ha
preparato tutto per regolare
sul suo desiderio le loro
azioni. Niente però funziona
come previsto: il precettore e
l’amico prete si ubriacano,
Perdican gioca con l’acqua,
invece che parlare latino,
e il fidanzamento sembra
sfumare. Il Barone allora si
smarrisce: riesce solo
a entrare e a uscire nel suo
studio a momenti regolari,
conservando un principio
meccanico in un movimento
O rietta Notari, Andrea D i Casa, Rober to Alinghieri, N i co l ò G i a c a l o n e
i n b as s o : R achele Canella , J a co p o - M a r i a B i cocc h i , Ali ce Gi ro ldi ni
impazzito. In questo scenario
comico si innesta il rapporto
tra i due cugini, che
obbedisce a sua volta a regole
da commedia (l’invio e
l’intercettazione di biglietti,
le ripicche amorose, l’uso
della gelosia per fiaccare una
resistenza), ma nello stesso
tempo presenta aspetti di
grande originalità. A loro
volta simmetricamente
opposti, e presentati alla pari,
Camille e Perdican mostrano
lo stesso disincanto nei
confronti della durata
dell’amore: Camille, che non
ha esperienza di vita, lo
rifiuta per paura di soffrire;
mentre Perdican, che conosce
il mondo, lo accetta con i suoi
limiti. Entrambi sono
consapevoli delle debolezze
umane, ma sono i primi a
dimostrarle, e il loro
narcisismo farà una vittima.
Il personaggio di Camille ha
da sempre intrigato la critica,
per le apparenti
contraddizioni e i bruschi
passaggi da uno stato d’animo
all’altro. Lo spettatore potrà
trarre a sua volta le proprie
conclusioni, entrando nel
gioco delle ipotesi sulla
natura della giovane, in base
agli indizi ambigui o
contrastanti che Musset
dissemina per giustificare la
sua trasformazione dalla
prima scena all’ultima.
Ida Merello
Alfred de Musset e George
Alfred de Musset > George Sand, Luglio 1833
Mio caro George, c’è qualcosa di stupido e di ridicolo che debbo dirvi. Sono
così sciocco da scrivervelo visto che, non so perché, non ve l’ho detto rientrando dalla nostra passeggiata. Ciò sarà per me motivo di tristezza, questa
sera. Mi riderete in faccia, mi prenderete per un parolaio per come mi sono
condotto con voi fino ad ora. Mi metterete alla porta e mi considererete un
bugiardo. Sono innamorato di voi. Lo sono sin dal primo giorno che sono
venuto a trovarvi. Ho creduto di poterne guarire ponendo i nostri incontri
sul piano dell’amicizia. Vi sono molti aspetti del vostro carattere che avrebbero potuto aiutarmi a guarirne, ho cercato di persuadermene per quanto
ho potuto: ma pago a troppo caro prezzo i momenti che passo con voi. Preferisco dirvelo, e ho fatto molto bene giacché ora la mia pena per guarirne
sarà assai minore se voi mi metterete alla porta. (...) Ora, George, come siete
solita, direte: un altro seccatore! Se per voi non sono proprio il primo venuto,
ditemi, come avreste potuto dirmi ieri parlando di un altro, che cosa è bene
che io faccia. Tuttavia vi prego, nel caso voleste dirmi che dubitate di quanto vi scrivo, piuttosto non
rispondetemi affatto. So quel che pensate di me, e dicendovi queste cose non mi aspetto nulla. (...).
George Sand > Alfred de Musset, 14 aprile 1834
(...) Abbiamo percorso un impervio sentiero, ma abbiamo raggiunto le vette ove insieme dovevamo
riposarci. Siamo stati amanti, ci siamo conosciuti fin nel più profondo dell’anima, tanto meglio. Quale
scoperta così disgustosa possiamo aver fatto l’uno nei confronti dell’altro? Guai a noi se ci fossimo separati in un momento di collera, senza comprenderci, senza poterci dare spiegazioni! Allora sì che
tutta la nostra vita sarebbe stata avvelenata da pensieri odiosi, allora sì che non avremmo più creduto
in niente. Ma avremmo potuto separarci così? Non abbiamo forse tentato di farlo più d’una volta? I
nostri cuori infiammati d’orgoglio e di risentimento non si spezzavano per il dolore e per il rimpianto
ogni volta che ci trovavamo soli? No, così non poteva andare. Rinunciando a una relazione che era
diventata impossibile, dovevamo restare legati per l’eternità. Hai ragione, il nostro abbraccio era un
incesto, ma noi non lo sapevamo. Ci gettammo l’uno nelle braccia dell’altro con innocenza e con sincerità. Ebbene, c’è forse per noi un solo ricordo di questi abbracci che non sia casto e puro? (...)
TGE04515_Giornale42_Schema Giornale 2012 13/04/15 14:01 Pagina 3
Con l’amore non si scherza I 3
Conversazione con Massimo Mesciulam, regista dello spettacolo in scena al Duse
Orgoglio, solitudine, modernità Con l’amore
Qual è il tema che sta al centro di
questa tua messa in scena del
“proverbio” di De Musset?
La narrazione si articola con
evidenza su due piani: da una parte
c’è la storia d’amore e dall’altra c’è la
vita quotidiana alla corte del
potente del luogo, il Barone padre
di Perdican e zio di Camille; ma ciò
che attraversa queste due storie,
inquinandole entrambe, è
l’orgoglio. In generale, credo che sia
proprio questo il tema centrale della
commedia. L’orgoglio inteso nel suo
senso terapeutico: quell’inconscio e
perfido gioco, caratterizzato quasi
sempre da una mancanza di
consapevolezza da parte di chi lo
gioca, per cui si vuole comunque
averla vinta sull’altro.
È questo orgoglio che implica infine
la sconfitta di tutti i personaggi?
Orgoglio e sconfitta appartengono
alla stessa area semantica. L’uno
implica l’altro. L’orgoglio porta
inevitabilmente al caos della Torre
di Babele, dove tutti perdono: sia
coloro che hanno il potere sia quelli
che non lo hanno, sia chi gestisce il
gioco sia chi, come Rosette, di fatto
lo subisce, essendo stata usata
quale vittima sacrificale.
L’orgoglio di cui parla De Musset è
però molto diverso dall’ “hybris” cara
alla tragedia greca, la quale pur
viene citata drammaturgicamente se
non altro dalla presenza del Coro.
Certo, in Con l’amore non si scherza,
l’orgoglio è laicizzato e anche la sua
“nemesis” non ha più nulla di
divino. Ma l’orgoglio è qualcosa che
appartiene a tutti i personaggi,
sovente in modo inconsapevole,
evidenziando in De Musset una
finezza psicologica degna di Paul
Watzlawick e della scuola di Palo
Alto, per i quali uno dei maggiori
problemi della comunicazione
amorosa sta proprio nell’orgoglio.
In questo contesto, qual è
il ruolo del Coro?
Il Coro è quella parte dell’umanità
che, come fortunatamente a volte
succede, riesce a trascendersi, a
vedere cosa realmente si sta
facendo. Il Coro guarda le cose un
po’ dall’alto e per questo è un
tramite per il pubblico. Nello
spettacolo ho cercato di sviluppare
sino in fondo questa funzione epica
del Coro, anche aggiungendogli
qualche battuta perché in De
Musset il Coro usciva un po’ troppo
presto di scena. L’ho fatto usando
però – qui come altrove – sempre
degli scritti di De Musset (pensieri,
versi poetici, frammenti di lettere,
ecc.), con la finalità di sviluppare
sino in fondo ciò che nel testo era a
volte solo accennato. Ad esempio,
l’uso orgoglioso del latino da parte
dei due ecclesiastici alla corte del
Barone o il taccuino di questo come
sede stitica delle proprie
conoscenze. Ho cercato, cioè, di
evidenziare anche nei personaggi di
contorno, non partecipanti
direttamente alla storia d’amore,
come anche loro hanno una
personale ferita da rimarginare: una
ferita che assomiglia da vicino a
quella amorosa. I due ecclesiastici
(Don Blazius e Don Bridaine), ad
esempio, vivono l’esclusione dalla
tavola da pranzo del Barone come
una vera e propria ferita d’amore,
un abbandono; non sono soltanto
dei bulimici, ma vedono nel loro
posto a tavola e nel cibo che
possono ricevere, il riconoscimento
della propria identità, del loro
valore umano. Sono in qualche
modo dei personaggi dotati di una
propria grandezza e per questo ho
cercato di farli uscire di scena in
modo grandioso, portando sino in
fondo il loro rapporto con il
pubblico. Questa stessa dimensione
epica ho poi cercato di allargarla
anche al personaggio di Madame
Pluche, la governante di Camille, la
cui funzione di grottesco super-Io
mi è piaciuto rappresentare, nella
ossimorica sembianza di una
bigotta in veste d’eccentrica
esploratrice o viaggiatrice
ottocentesca.
L’universo degli adulti che vivono
alla corte del Barone è
essenzialmente caratterizzato dalla
comicità, mentre la sofferenza e la
tragedia sembrano appartenere
soprattutto al mondo dei giovani. In
questo contrasto di toni c’è anche una
contrapposizione generazionale?
Mi piace pensare che per De Musset
il destino dei giovani sia o la morte
S a n d : l e t t e r e d ’a m o r e
Alfred de Musset > George Sand, 30 Aprile 1834
Dunque non è un sogno, fratello mio diletto; questa amicizia che sopravvive all’amore, di cui la gente si
prende tanto gioco, di cui mi sono preso gioco io stesso, questa amicizia esiste. Dunque è vero; tu me lo
dici e io lo credo, lo sento, tu mi ami. Che cosa mi succede, amica mia? Vedo la mano della Provvidenza
così come vedo il sole. Ora è finita per sempre; non ho rinunciato ai miei amici, ma alla vita che ho condotto con loro. Non potrei rifarlo, ne sono sicuro: come sono contento di aver provato! Sii fiero, mio grande
e intrepido George, hai trasformato un bambino in un uomo. Sii felice, sii amata, sii benedetta, riposati,
perdonami! Chi sarei mai stato senza di te, amore mio? Ricorda le nostre conversazioni nella tua cella,
guarda come mi hai preso e come mi hai lasciato. Ripensa a come sei passata nella mia vita; guarda
come tutto ciò è tangibile, evidente, con che chiarezza mi hai detto: non è quella la tua strada, come mi
hai preso per mano per rimettermi sulla mia strada. Siediti ai bordi di questa strada. Santa, o piccola
mia, eri troppo stanca per camminarci a lungo insieme a me. Ma io la percorrerò. (...)
Alfred de Musset > George Sand, 10 maggio 1834
(...) Dove mi conduce questa mano invisibile che non vuole ch’io mi fermi? Bisogna ch’io parli; sì, bisogna
ch’io smetta di piangere in solitudine, e di divorarmi il cuore per nutrire il mio cuore. Mi serve un
corpo tra queste braccia vuote, bisogna ch’io abbia un’amante, visto che non posso farmi frate. (...)
George Sand > Alfred de Musset, 24 maggio 1834
(...) Mi ricordo di quando ero in collegio dalle suore. La rue Saint Marceau passava dietro alla nostra cappella. Quando gli energumeni e le ortolane del mercato alzavano la voce, si sentivano le loro bestemmie fino in fondo al
santuario. Ma per me non erano che suoni che rimbombavano contro i muri.
A volte mi distraevano dalla mia preghiera nel silenzio della sera. Sentivo il
rumore senza comprendere il significato delle imprecazioni volgari. Riprendevo la mia preghiera senza che le mie orecchie né il mio cuore si fossero insozzati nell’ascoltarlo. Poi ho vissuto isolata nell’amore come in un santuario
e a volte le sporche ingiurie provenienti dall’esterno mi hanno fatto levare il
capo, ma non hanno interrotto l’inno che rivolgevo al cielo, e mi sono detta,
come in collegio: sono dei carrettieri che passano. (...)
di Rosette o il grottesco degli adulti,
che sopravvivere alla giovinezza
significhi avviarsi inevitabilmente
verso la farsa. Certo è che De Musset
tende soprattutto a identificarsi con
Rosette, qui mi sembra che ci sia
l’apice del suo autobiografismo e,
anche se Rosette non è un
personaggio con molte battute, ha
però con evidenza un ruolo quasi
protagonistico. Rosette è un
personaggio “naturale”, che non ha
coscienza delle proprie aspirazioni.
Per questo, quando prende
coscienza dell’orribile inganno di cui
è stata vittima, non può più vivere.
E il fatto che De Musset non ci dica
come perde la vita (suicidio?
crepacuore?) concorre a dare alla
sua morte un significato universale,
quasi metafisico.
E Perdican e Camille?
Sono la dimostrazione che avere
vent’anni è difficile. I loro problemi
non sono però quelli di Romeo e
Giulietta. Caso mai sono quelli di
Amleto. Perdican e Camille non
devono lottare per il loro amore
contro una società ostile.
I loro problemi sono dentro di loro,
nascono da un eccesso di
iper-riflessività. Così come Amleto
è il precorritore della modernità,
quei due giovani, giunti
contemporaneamente a casa del
Barone, sono sicuramente
personaggi moderni, che
naufragano in un mondo dominato
dalla solitudine esistenziale, di cui il
Barone è forse il personaggio più
comicamente emblematico.
In che spazio si svolge questa
commedia votata alla tragedia?
Con lo scenografo e costumista
Guido Fiorato, abbiamo pensato a
uno spazio che rinviasse a un luogo
di campagna lontano dal mondo.
Ne è nata una natura stilizzata, che
va verso il modernismo e il
surrealismo. Un mondo labirintico e
claustrofobico su cui si fonda il
sentimento della nostalgia di
Perdican, ma che è anche il luogo in
cui la prigionia della fede e i dogmi
moralistici di Camille possono
convivere con il razionalismo
scientista di Perdican.
Ma poi c’è anche la fontana
con il ruscello che si dirama fuori
di quel mondo.
Non casualmente è proprio lì, nei
pressi della fontana, che Perdican
ha una specie di “accadimento
proustiano” e sul filo dei ricordi
abbandona il proprio razionalismo.
Ed è sempre lì che Camille apre in
forma affabulatoria il suo rigido
mondo mentale, dando vita a una
scena di cui sicuramente si è
ricordato Eric Rohmer nei suoi film
del ciclo “Commedie e proverbi”.
Una scena questa che rompe per un
poco la solitudine orgogliosa dei
due giovani protagonisti. Una scena
caratterizzata dalla concretezza di
una discussione privata: con lo
spettatore costretto
ad assumere il ruolo di chi si trova
a origliare di nascosto.
non si scherza
di Alfred de Musset
PERSONAGGI E INTERPRETI
Il Barone
Perdican, suo figlio
Don Blazius, precettore di Perdican
Don Bridaine, curato
Camille, nipote del Barone
Madame Pluche, sua governante
Rosette, sorella di latte di Camille
Coro dei Contadini
Andrea Di Casa
Jacopo-Maria Bicocchi
Roberto Serpi
Roberto Alinghieri
Rachele Canella
Orietta Notari
Alice Giroldini
Nicolò Giacalone
produzione
regia
scene e costumi
effetti musicali
luci
versione italiana
Teatro Stabile di Genova
Massimo Mesciulam
Guido Fiorato
Matteo Sintucci
Sandro Sussi
Maria Ortiz
Teatro Duse
14 aprile > 3 maggio
si ringrazia
partner della stagione
qui sopra: Andrea Di Casa, Roberto Serpi, Roberto Alinghieri
sotto: Roberto Serpi e Orietta Notari
a cura di Aldo Viganò
aprile I luglio 2015
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4 I La dodicesima notte
“La dodicesima notte” ovve
Marco Sciaccaluga racconta il percorso di formazione dell’attore e il lavoro con gli allievi dell’ultimo anno della
Scuola di Recitazione. «Il regista teatrale è un organizzatore di giochi e deve essere il primo a smascherarsi»
Le regole del gioco non cambiano. E non importa che sulla
scena ci siano attori professionisti o, come in questo caso,
allievi della Scuola di Recitazione del Teatro Stabile di
Genova. «Il regista è un organizzatore di giochi» spiega
Marco Sciaccaluga, e «le prove sono un gioco serio, che
deve essere guidato. Se lavori con attori che hanno già una
lunga esperienza alle spalle devi scoprire un gioco che
ancora non conoscono, con attori alle prime esperienze,
invece, sei un campo aperto».
In questo gioco serio Marco Sciaccaluga sta guidando
adesso, da regista, i dieci giovani allievi del Master della
Scuola di Recitazione “Mariangela Melato”, per preparare
l’Esercitazione su La dodicesima notte
di William Shakespeare, che andrà in scena
al Duse dall’11 al 17 maggio.
Come si svolge il lavoro di preparazione dello
spettacolo?
Ho dedicato il primo mese a lavori di improvvisazione per
far capire ai ragazzi come l’immaginazione passi attraverso
i corpi e l’attività sensoriale. Jouvet diceva che l’attore
pensa con il corpo, nel senso che deve riuscire a
trasformare la capacità sensoriale in un linguaggio.
Al di là del talento e delle capacità dei singoli, ha
notato differenze significative, negli atteggiamenti o
nell’approccio alla recitazione, fra queste ultime
generazioni di attori e quelle precedenti?
Un attore è dominato dalla sua capacità di immaginare, di
mettersi al posto di un altro. Henry Fonda diceva: «Mi
svito gli occhi»; è un’espressione efficace, perché
immaginare per un attore è proprio questo, guardare il
mondo al posto di un altro. Nella mia vita ho incontrato
tanti attori che avevano una opacità di sguardo sul mondo
e poi occhi che, invece, si illuminavano quando entravano
nel loro personaggio. Questa capacità di immaginazione
forse, generazione dopo generazione, sta diminuendo.
Credo che dipenda dal modo in cui si comunica oggi,
prevalentemente affidandosi a oggetti (computer, iPad,
telefonini), mentre il teatro si fonda su una comunicazione
diretta, sul contatto, sull’attività sensoriale.
che la competenza tecnica non è distinta dalla propria vita
interiore. L’attore è un malato e la sua guarigione passa
attraverso il momento in cui capacità tecnica e anima
diventano la stessa cosa, quando l’abilità tecnica diventa
porta di accesso alla vita interiore e viceversa.
E per raggiungere questo obiettivo va rimesso in moto il
corpo, senza fare, però, la retorica del teatro di
“performance”. Per far risuonare l’anima di Amleto ci
vuole soprattutto il corpo di Amleto... Con il passare degli
anni, però, si nota, come dicevo, una atrofizzazione di
questa capacità di immaginazione.
Quanto conta il divertimento durante le prove di uno
spettacolo?
Le prove devono essere un gioco, un gioco serio che va
guidato, e il regista è un organizzatore di giochi, uno
psichiatra, un tiranno. È un tiranno che ha il compito di
liberare gli attori. La ripetizione è il fondamento del gioco
del teatro, la ripetizione ossessiva delle parole deve servire
a farle diventare il corpo dell’attore. Diderot diceva che
l’attore è uno schiavo in catene, perché è al servizio del
testo. L’obiettivo finale, però, è quello di dire quelle parole
come se le avesse inventate lui stesso in quel momento. E
questo si può realizzare solo con un torturante gioco.
Un gioco che, però, non ha nulla a che vedere con
l’anarchia.
Al contrario: la garanzia per tenere il gioco è una
disciplina ferrea. Il regista deve ricordarti quali sono le
catene e portarti a spezzarle, e questo non ha niente a che
vedere con la tendenza, manifestata oggi da qualche
regista che va per la maggiore, ad affermare il predominio
della libertà interpretativa che si fa arbitraria
sovrainterpretazione.
Tutto questo è solo apparentemente naturale.
Gli etologi che studiano i comportamenti umani ci dicono
che la comunicazione fra appartenenti alla specie umana si
fonda per il trenta per cento sul linguaggio numerico, cioè
verbale, e per il settanta per cento su quello analogico,
non verbale. In un attore il linguaggio analogico è il centro
del problema, perché un attore ha informazioni solo per il
trenta per cento, mentre il resto è nascosto nel testo, va
interpretato, sperimentato. Un attore è una macchina
sensoriale il cui primo compito, per accostarsi
all’immaginazione, dovrebbe essere quello di potenziare le
capacità di sguardo e di ascolto. È quello che diceva
Stanislavskij quando spiegava la differenza fra ascoltare e
sentire e fra guardare e vedere: io ascolto per sentirti,
guardo per vederti.
E la tecnica che posto occupa nella formazione di un
attore?
Una cosa molto importante che va comunicata agli attori è
Quanto è importante il gruppo per la riuscita di uno
spettacolo?
Moltissimo. Ogni avventura teatrale è una tribù che
attraversa il deserto. Peter Brook diceva che il cinquanta
per cento di una regia è la distribuzione delle parti e il
resto è la capacità di creare un gruppo, persone che siano
legate cioè da un’amicizia professionale.
Nel caso di una scuola di recitazione, come accade
per questo spettacolo, è un po’ diverso, perché i ragazzi
sono già abituati a stare insieme, anche se un’altra
conseguenza dell’atrofia comunicativa
è la tendenza a stare ognuno per conto proprio.
Qual è, secondo lei, il primo compito del regista
durante le prove?
Un regista prima di tutto deve smascherarsi, che è l’arte
dell’attore. Un attore non si traveste, si denuda. Quello del
recitare è un gesto impudico: bisogna spogliarsi, perché il
teatro è fondato sulla verità, e il regista deve essere il
primo a non avere vergogna a denudarsi. E deve avere
anche una fortissima capacità sensoriale, perché
fondamentalmente il regista è uno spettatore, è il primo
spettatore e deve aiutare chi deve raccontare una storia a
raccontarla bene. Brecht diceva che il teatro è come un
ruscello e l’attore come una barchetta di carta: il regista
segue il percorso della barchetta per farla arrivare al mare,
le dà un colpetto quando serve per raddrizzare la rotta e
se la barchetta si rovescia la aiuta a ripartire. Secondo
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Brook l’attore sta al regista come il Fool sta al Re: è il suo
esploratore ma ha bisogno del re, perché
è lui a indicare i territori da esplorare. Mettere in scena un
testo è come attraversare una giungla inesplorata, piena di
pericoli ma anche di meraviglie. Il compito del regista è
attraversare questo enigma, con gli strumenti a sua
disposizione, e gli attori sono gli esploratori. Oggi si sta
affermando l’idea di un attraversamento della giungla con
il caterpillar delle proprie idee, per affermare una propria
visione del mondo. Peccato, però, che così si attraversa
anche la giungla ma, nel frattempo, ci si lascia alle spalle
uno sterminio... Il mestiere dell’attore, invece, è fare
propria la visione del mondo di un altro. Lo scandalo non è
la modernizzazione, non è scandaloso se in una commedia
scespiriana un attore ascolta la musica con la cuffia, ma c’è
una modernizzazione che tiene conto del prorio presente
per guardare all’universalità di un’opera e c’è una
modernizzazione che, invece, la tradisce. Credo che,
nell’affrontare un testo, possa aiutare il cosiddetto
realismo negativo, perché se in teatro non posso dire che
cos’ è una cosa, posso arrivare a dire cosa non è.
Di fronte a un testo scespiriano il tuo compito è capire
innanzitutto ciò che non è.
Che traduzione ha scelto per La dodicesima notte?
La traduzione che Anna Laura Messeri aveva fatto tanti
anni fa per un suo Saggio. Io non posso che essere grato
ad Anna Laura (direttrice della Scuola di Recitazione. ndr)
e a Massimo Mesciulam, che sono il cuore di questa Scuola
e quindi di questo Teatro.
Annamaria Coluccia
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La dodicesima notte I 5
ero dell’educazione teatrale
Conversazione con i dieci giovani attori che frequentano il Master di specializzazione alla Scuola dello Stabile. La prima volta
in scena con William Shakespeare: emozioni, difficoltà, sorprese e divertimento in attesa del debutto dell’11 maggio
«È stata un’iniezione di
allegria...». Mario Cangiano
descrive così l’atmosfera nella
quale sono iniziate le prove
dell’Esercitazione su La
dodicesima notte, la
commedia di William
Shakespeare che gli allievi del
Master della Scuola di
Recitazione “Mariangela
Melato” del Teatro Stabile di
Genova, porteranno in scena
al Duse dall’11 al 17 maggio,
con la regia di Marco
Sciaccaluga.
Mario è uno dei dieci allievi
del Master impegnati in
questa prova e ai quali
abbiamo chiesto di
raccontarci le prime
impressioni e riflessioni su
questa nuova esperienza.
Mario Cangiano
(Sir Toby Belch nella commedia):
«Avere la fortuna di lavorare
con un regista come
Marco Sciaccaluga è per noi
soprattutto un’opportunità
per arricchire la nostra
formazione. E il fatto
che il regista sia una persona
esterna rispetto agli
insegnanti della Scuola
rappresenta
uno stimolo in più».
Sarah Paone (Maria):
«Rispetto al lavoro fatto a
Scuola, abbiamo avuto un
approccio molto “forte”,
almeno per me, scollegato
dalla parola, perché con
Sciaccaluga abbiamo iniziato
a prepararci con le
improvvisazioni.
Per me non è stato facile
lavorare con il corpo.
E poi questa è la prima volta
che facciamo
un lavoro collettivo».
Giovanni Annaloro
(Antonio e un Altro Capitano):
«A Scuola l’obiettivo primario
era quello di insegnarci una
tecnica, Marco invece ci
insegna a giocare, ci dice:
“Tu devi divertirti”.
E così iniziamo a riscoprire
la leggerezza, il gioco,
dimensioni che avevamo
un po’ perso di vista».
Emanuele Vito (Feste):
«Adesso la tecnica può essere
usata per divertirci».
Daniela Duchi
(Viola e Cesario):
«Per me è stata una scoperta
importante imparare
a perdersi in quello che fai
facendolo».
Giovanni: «Non è stato facile
trovare un equilibrio
di gruppo...».
Roxana Doran (Olivia):
«Sì, perché non siamo più
una classe, siamo una
macchina che deve
funzionare».
Che cosa avete scoperto o
imparato lavorando in gruppo?
Marco De Gaudio (Orsino):
«Come gruppo abbiamo
ancora tanto da imparare e da
migliorare».
Michele Maccaroni
(Sebastiano e Valentino):
«Marco vuole che siamo
sempre tutti presenti durante
le prove, anche quando non
siamo in scena, e questo ci è
molto utile».
Sarah: «Guardando gli altri
che provano io vedo grandi
bellezze che da sola non
potevo vedere. Lavorando
insieme è più facile rendersi
conto dei miglioramenti
degli altri che dei propri,
ma anche questo aiuta
a lavorare su di sé».
Francesco Russo
(Sir Andrew Aguecheek):
«Lavorare in gruppo
ti fa prendere coscienza
del fatto che la macchina
deve funzionare ed è fatta
di tanti ruoli».
Emanuele: «Prima eravamo
preoccupati soprattutto della
preparazione tecnica, adesso
provare assieme agli altri ti dà
la possibilità di scoprire lati
diversi dei compagni e anche
di te stesso. Gli esercizi e le
prove ti permettono di
scoprire parti del tuo corpo
che normalmente nella vita
non usi, e questo avviene
anche grazie al gruppo, alle
relazioni che devi avere con
gli altri».
Michele: «Per me è stata
molto importante la lotta
contro l’ansia, la ricerca della
calma, del vuoto. Quando
compare il fantasma dell’ansia
Marco lo dice e così diventa
creativa».
Marco: «Nel percorso che
abbiamo fatto finora siamo
stati stimolati a smarrirci e a
darci, per farci capire che solo
smarrendosi e dandosi senza
vergogna, e con un po’ di
tecnica, l’attore può essere
vivo e creativo in scena. Nelle
camicie di forza delle battute
bisogna trovare il proprio
spazio e la propria libertà».
Daniele Madeddu (Malvolio):
«Per me questo spettacolo è
un banco di prova
importante. Prima di
cominciare le prove avevo
molta ansia e, invece, è stato
più semplice di quanto mi
aspettassi, perché Marco ha la
capacità di metterti a tuo agio
e capisce che cosa c’è dietro
ogni persona».
Com’è stato l’approccio con la
commedia di Shakespeare e
con i vostri personaggi?
Daniela: «Quando ho letto la
commedia non sono stata
particolarmente colpita dal
testo. Nell’interpretazione per
me la difficoltà maggiore è
quella di passare in un attimo
da uno stato d’animo a un
altro: per farlo ho smesso di
pensare, l’unica cosa da
seguire è il corpo. In questa
commedia gli eventi si
susseguono uno dopo l’altro, i
personaggi pensano una cosa
e poi cambiano idea, e allora
devi lasciarti portare dagli
avvenimenti».
Emanuele: «Per me una
difficoltà è rappresentata dal
linguaggio, perché
Shakespeare usa moltissime
immagini e questo ti
costringe a sviluppare la
fantasia. Per me è una sfida.
E poi devi fare un percorso
che parte da te per arrivare
al personaggio».
Daniele: «Io avevo il timore
che il testo non arrivasse al
pubblico, ma adesso non ho
più questa preoccupazione.
Più proviamo e ripetiamo le
scene, più il testo mi piace».
Mario: «Ci divertiamo
e non abbiamo paura
di uscire dai binari».
Daniela: «Non bisogna
dimenticare che il secondo
titolo della commedia è Quel
che volete, un incitamento
all’immaginazione. E, infatti,
un tema importante è quello
del travestimento».
Daniele: «Così come quello
dell’ambiguità di genere».
Sarah: «Poi ci sono gli
inganni che i personaggi
mettono in atto e che si
ritorcono sui personaggi
stessi. Il testo della commedia
non ha battute folgoranti, ma
è interessante il sottotesto
delle azioni che Marco sta
creando, perché le battute
descrivono anche situazioni».
Giovanni: «Secondo me,
quando leggi per la prima
volta questo testo non ti
accorgi delle sue potenzialità.
Poi, un po’ alla volta, ti rendi
conto dello spessore di ogni
personaggio. Il mio lo sto
scoprendo man mano che
vado avanti e mi sta piacendo
sempre di più».
Emanuele: «Io subito sono
stato spiazzato dal mio
personaggio, perché finora mi
ero esercitato soprattutto su
altre corde, tendenzialmente
malinconiche. Il mio
personaggio, Feste, invece,
combatte contro la
La dodicesima notte
di William Shakespeare
PERSONAGGI E INTERPRETI
Orsino
Sebastiano e Valentino
Antonio e un altro Capitano
Sir Toby Belch
Sir Andrew Aguecheek
Malvolio
Feste
Viola e Cesario
Olivia
Maria
Marco De Gaudio
Michele Maccaroni
Giovanni Annaloro
Mario Cangiano
Francesco Russo
Daniele Madeddu
Emanuele Vito
Daniela Duchi
Roxana Doran
Sarah Paone
versione Italiana
regia
consulenza per i costumi
stagista
assistente alla regia
Anna Laura Messeri
Marco Sciaccaluga
Guido Fiorato
Carola Traverso
Valerio Puppo
Teatro Duse
11 > 17 maggio
si ringrazia
malinconia facendo il matto,
perché se no morirebbe».
Giovanni: «Lo straordinario
di questa commedia è che
sembra scritta due giorni fa,
parla dell’uomo
di tutti i tempi».
Daniela: «Andando avanti
con le prove mi rendo conto
che molte situazioni o battute
che all’inizio mi sembravano
comiche, in realtà hanno
dentro tutto: sono comiche e
tragiche nello stesso tempo e
hanno un significato
universale».
Marco: «Il mio personaggio è
perdutamente innamorato di
Olivia ma ancora di più
dell’amore, fino ad esserne
ossessionato. Quello che
emerge da questa commedia
è che l’amore non è un
sentimento grazioso,
ma può diventare una vera
e propria nevrosi».
Roxana: «Io mi sono proprio
In alto, Marco Sciaccaluga con i giovani interpreti di La dodicesima notte.
Nelle altre foto, momenti delle prove dello spettacolo (foto Giuseppe Maritati)
partner della stagione
innamorata del mio
personaggio. Mi sto
divertendo tantissimo. Cerco
di capire com’è Olivia e di
divertirmi nell’interpretarla».
Sarah: «I personaggi di
Shakespeare sanno sempre
che c’è un pubblico e questo
è bello, è anche confortante
sapere che il personaggio sa
di essere osservato da un
pubblico. Io finora avevo
interpretato soprattutto ruoli
drammatici e invece Maria, il
mio personaggio, mi ha fatto
scoprire corde di me che a
Scuola non avevo
sperimentato. Sulla scena
bisogna “sputtanarsi”
parecchio, ma sto scoprendo
il piacere di ridere di me, del
mio personaggio, di sentirmi
buffa e di mettermi nei panni
di una persona timida, cosa
che io non sono».
Michele: «Per me la mia
parte è stata una sorpresa,
rispetto ai ruoli che avevo
interpretato in passato. In
questo spettacolo ho poche
battute e poca presenza sulla
scena, ma proprio questo mi
sta insegnando molto».
Francesco: «Obbligandoci a
essere sempre tutti presenti
durante le prove Marco ci sta
aiutando molto a trovare il
percorso giusto per l’attore e
per il personaggio. E durante
le prove c’è molta serenità».
Daniela: «La dimensione
dell’apprendimento,
comunque, durante le prove
resta sempre. Dopo, fuori, sarà
più difficile ritrovarla...».
a cura di Annamaria Coluccia
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6I
RASSEGNA DI DRAMMATURGIA CONTEMPORANEA:
G R A N B R E TAG N A
Dal 1996 a oggi, la Rassegna ha già sperimentato più di
sessanta nuove opere teatrali italiane e straniere, attraverso
spettacoli “poveri” nel loro impianto scenografico, ma sempre
caratterizzati da una meticolosa cura per quanto riguarda
l’interpretazione critica del testo, e il lavoro degli attori.
Spettacoli, questi della Rassegna di drammaturgia
contemporanea, che giunge ora alla sua ventesima edizione,
con la quale lo Stabile di Genova ha messo alla prova nuovi
registi e sperimentato le qualità di giovani attori, facendo in
modo che non poche di queste “novità per l’Italia” diventassero
anche dei veri e propri spettacoli di produzione: basti ricordare La
bella regina di Leenane di Martin McDonagh (1997), Der
Totmacher di Romuald Karmakar e Michael Farin (2000), Mojo
Mickybo di Owen McCafferty e Galois di Luca Viganò (2002),
Eden di Eugene O’Brien (2005), La guerra di Klamm di Kai
Hensel, Controtempo di Christian Simeon e Nordost di Torsten
Buchsteiner (2012). Realizzata sovente anche con la
collaborazione degli Istituti di cultura stranieri operanti
in Liguria, la Rassegna propone quest’anno sul palcoscenico
della Piccola Corte cinque opere mai rappresentate in Italia.
D a l
1 9 9 6
a l
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1
1. 1999 Faccia di fuoco 2. 2000 Dublin Carol 3.
2002 Mojo Mickybo 4. 2004 La riga nei capelli di
William Holden 5. 2005 La Chunga 6. 2006 Un
posto luminoso chiamato giorno 7. 2007 Qualcuno
arriverà 8. 2007 Terrorismo 9. 2008 Il buio di
giorno 10. 2008 Mojo Atlantic Club 11. 2009
Controtempo 12. 2009 Coronado 13. 2010
Nordost 14. 2011 Persone predilette 15. 2012
La huelga de las escobas 16. 2013 A Zvornik ho
lasciato il mio cuore 17. 2013 La lotta nella
stalla 18. 2014 Una coppia di poveri romeni che
parlano polacco. 19. 2014 Detto Gospodin.
i n
Due
Il canto della valle
[Two]
di Jim Cartwright
[Valley Song]
di Athol Fugard
PICCOLA CORTE
da mercoledì 13 a sabato 23 maggio | ore 20,30
PICCOLA CORTE
da mercoledì 27 maggio a sabato 6 giugno | ore 20,30
(domenica e lunedì riposo)
(domenica e lunedì riposo)
versione italiana Serena Zampolli
regia di Massimo Mesciulam
interpreti Angela Ciaburri e Davide Mancini
versione italiana Franco Arato
regia di Matteo Alfonso
interpreti Nicola Pannelli e Elisabetta Mazzullo
Due attori, per 14 personaggi, raccontano una sera
in un pub gestito da marito e moglie.
Gli avventori entrano ed escono, litigano e si amano,
mettono a nudo nell’alcool la propria solitudine o le proprie
speranze. Intanto si definiscono i rapporti tra i due gestori
del pub, che sono una coppia affiatata, ma resa attonita
e reciprocamente ostile dal ricordo della morte in un
incidente d’auto del loro unico figlio di sette anni.
Alla fine i due riescono a parlarsi e la commedia si scioglie
in un pur melanconico happy end.
Storia del Sudafrica negli anni di passaggio dall’apartheid
alla difficile conquista della modernità.
Il tutto raccontato attraverso i rapporti tra un vecchio
Nonno di pelle nera legato al passato e una Ragazzina (sua
nipote) che sogna il nuovo, mentre il Narratore interviene
a epicizzare un assunto che oscilla abilmente tra
l’informazione storica e l’analisi
psicologica.
Nato nel 1958 a Farnworth nel Lancashire,
Jim Cartwright è un affermato
drammaturgo di fama internazionale.
Two è stato scritto nel 1989, dopo il
grande successo ottenuto al Royal Court
con Road. Cartwright si occupa anche di
cinema e ha firmato numerosi altri testi,
tra i quali Eight Miles High (1991), The Rise and Fall of Little
Voice (1992), Hard Fruit (2000) e Mobile Phone Show (2014).
s c e n a
a l
T e a t r o
Scritto nel 1996 da un autore,
attore e regista, Athol Fugard
nato a Middelburg in Sudafrica
nel 1932, Valley Song è opera
di un drammaturgo che a suo tempo
interessò anche Peter Brook, il quale ne mise
in scena Sizwe Banzi is Dead
(spettacolo visto anche a Genova).
Attualmente Athol Fugard insegna drammaturgia,
regia e recitazione all’Università della
California di San Diego.
S t a b i l e
p i ù
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s e s s a n t a
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3
4
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6
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15
Gestire reti
complesse
in tempo reale?
Assolutamente.
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REPUBBLICA SUDAFRICANA
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generazione, trasmissione e distribuzione di energia per incrementare
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I7
CINQUE NUOVI SPETTACOLI ALLA PICCOLA CORTE
G R A N B R E TAG N A
I TA L I A
SVEZIA
Codici cifrati
Sangue amaro
Apatia per principianti
[Ciphers]
di Dawn King
di Mariagrazia Pompei
Valerio Marini
[Apatiska for nyborjare]
di Jonas-Hassen Khemiri
PICCOLA CORTE
da mercoledì 10 a sabato 20 giugno | ore 20,30
PICCOLA CORTE
da mercoledì 24 giugno a sabato 4 luglio | ore 20,30
PICCOLA CORTE
da mercoledì 8 a sabato 18 luglio | ore 20,30
(domenica e lunedì riposo)
(domenica e lunedì riposo)
(domenica e lunedì riposo)
versione italiana Luca Viganò
regia di Tommaso Benvenuti
interpreti Valeria Angelozzi, Roberto Serpi
Irene Villa, Giovanni Annaloro
regia di Jacopo-Maria Bicocchi
interpreti Mariagrazia Pompei
Mario Cangiano, Marco De Gaudio, Roxana Doran
Daniela Duchi, Michele Maccaroni
versione italiana Alessandro Bassini
regia di Mario Jorio
interpreti Alice Giroldini, Sarah Pesca
Daniele Madeddu, Sarah Paone
Francesco Russo, Emanuele Vito
Un mondo di spie e di spiati, ma anche di relazioni
reciproche tra colleghi e di rapporti interpersonali,
nei quali si mescolano il lavoro e il sesso, la paura e la morte.
Quasi un giallo d’ambientazione internazionale per un testo
agile e scorrevole che la Dawn King costruisce
con abilità attraverso dialoghi incalzanti e l’intrecciarsi di
scene (anche molto brevi) nelle quali il doppio ruolo previsto
per ciascun interprete concorre a creare un complesso
e ambiguo gioco degli specchi.
Grottesco gioco di famiglia, in una modesta
casa popolare di Roma. Il vecchio nonno malato d’alzheimer,
la madre che manda avanti la casa con un figlio minore
delinquente e una figlia un po’ ritardata.
C’è anche una ragazza che fa da badante al nonno
in cambio di alloggio e per amore del figlio
del quale è l’amante. Per ripagare lo strozzino
dei soldi bruciati dal nonno, il figlio organizza una rapina
con un compare. Finisce male.
Il ragazzo viene arrestato, ma subito inviato ai domiciliari
anche perché nel frattempo la ragazza gli dà un figlio.
Il problema è ora come restituire i soldi allo strozzino.
Infine, comunque, una soluzione viene trovata.
Dal libro-documento di Gellert Tamas.
Inchiesta in flashback sul curioso fatto, accaduto
alle soglie del terzo millennio, che in Svezia vide
i figli degli immigrati cadere affetti da una malattia
che li rendeva apatici nei confronti di tutto e tutti.
Le autorità sostengono che siano i genitori
che li avvelenano per poter avere il visto di soggiorno
e così rimanere in Svezia. I genitori negano.
L’inchiesta procede.
Giovane drammaturga inglese,
Dawn King è balzata alla ribalta della
scena anglosassone quando nel 2011
ha vinto con Foxfinder un concorso
che le ha permesso
di essere rappresentata
dal National Theatre di Londra.
Messo in scena nel 2013, Ciphers
è il secondo testo firmato da un’autrice che scrive anche
regolarmente per la radio e per la tv.
t e s t i
m a i
Scritto in collaborazione
con Valerio Marini, Sangue amaro
è opera di Mariagrazia Pompei:
una giovane attrice formatisi
alla Scuola
del Teatro Stabile di Genova.
r a p p r e s e n t a t i
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16
Nato a Stoccolma nel 1978,
Jonas-Hassen Khemiri
è un romanziere e drammaturgo
considerato tra i migliori
della Svezia odierna.
Di padre tunisino e madre svedese,
è autore dal 2003 di alcuni romanzi,
tra i quali Una tigre molto speciale, pubblicato
anche in Italia. Per il teatro, ha scritto
opere più volte rappresentate non solo in patria.
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I t a l i a
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VENERDÌ 8 MAGGIO – ORE 17
Foyer del Teatro della Corte
10
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19
intorno alla
RASSEGNA DI DRAMMATURGIA CONTEMPORANEA
Per iniziativa dell’Associazione Nazionale Critici Teatrali
i cinque registi degli spettacoli dello Stabile
Massimo Mesciulam, Matteo Alfonso,
Tommaso Benvenuti, Jacopo-Maria Bicocchi, Mario Jorio
saranno intervistati dai critici membri dell’Associazione.
È prevista la partecipazione di
Valeria Ottolenghi, Caterina Barone, Gianni Poli
Francesca Camponero, Simona Griggio, Clara Rubbi
Introduce Silvana Zanovello.
INGRESSO LIBERO
PENSARE LE COSE IN GRANDE
È DARE ATTENZIONE
AI PARTICOLARI
R I C E V I M E N T I
D I
N O Z Z E
•
W E D D I N G
P L A N N I N G
tel. 010 377.35.14 - tel. 010 362.80.33
[email protected]
[email protected]
VILLA LO ZERBINO • GENOVA
www.capurroricevimenti.it
aprile I luglio 2015
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Spettacoli ospiti
fino al 9 maggio x
Ricordo di
Luigi Squarzina
IL GRANDE DITTATORE
dal film di Charlie Chaplin
Corte, 14 - 19 aprile
Regia: Giuseppe Marini,
Massimo Venturiello
Sulle orme di Charlie Chaplin,
la tragicomica storia di un barbiere
del ghetto ebraico imposto dai nazisti,
che viene scambiato
per Hitler in persona. Un grido
contro la guerra e
contro tutte le dittature. Con Tosca e
Massimo Venturiello.
PARLACI DI IQBAL
PAESAGGI PERDUTI
di Marco Romei
da Pier Paolo Pasolini
fuori programma
Duse, 27 aprile
Regia: Franca Fioravanti
Affetti privati e impegno civile
nella poesia di Pasolini. La memoria
come testimonianza e strumento
di lettura del presente, come mezzo
per portare alla luce il futuro
nascosto nel nostro passato.
Con Franca Fioravanti e Bernardo Russo.
L’ALTRA BELLEZZA
dal racconto di
Ehsan Ullah Khan
di Anna Solaro
fuori programma
fuori programma
Corte, 29 aprile
Palazzo della Borsa, 16 - 18 aprile
Regia: Anna Solaro
Il disagio psichico e il teatro. La diversità
come specchio dell’anima. Il Gruppo
Stranità racconta come, attraverso
la rappresentazione teatrale, si possa
attingere alla bellezza
interiore.
Regia: Enrica Origo
La storia vera di Iqbal Masih: il dodicenne
pakistano ucciso nel 1995
dalla “mafia dei tappeti” per aver
denunciato al mondo il lavoro
schiavizzato di milioni di bambini.
«Una convincente forma di espressione
teatrale» che Enrica Origo propone con la
sua Compagnia di ragazzi.
ACOUSTIC
NIGHT 15
Italian Americans
CARMEN
di Enzo Moscato
di e con
Corte, 21 - 26 aprile
Beppe Gambetta
Corte, 6 - 9 maggio
Regia: Mario Martone
Tra teatro e opera lirica.
Una storia contemporanea,
con la sensuale sigaraia Carmen
alle prese con la violenza maschile.
Un racconto che si dipana in flashback,
sullo sfondo colorato di una Napoli
chiassosa e metaforica.
Quasi un musical, con Iaia Forte
e Roberto De Francesco.
Regia: Beppe Gambetta
Beppe Gambetta racconta il contributo
artistico dato dagli emigranti italiani
e dai loro discendenti alla cultura
delle Americhe. Suoi ospiti, giovani
artisti italoamericani: Kathy Mattea, star
della musica country; Frank Vignola,
virtuoso della chitarra; e Vinny Raniolo,
improvvisatore ed eccellente
accompagnatore alla chitarra.
Luigi Squarzina con Ivo Chiesa e gli attori di Misura per misura, durante le prove dello spettacolo
Lunedì 27 aprile 2015, ore
17, al Museo Biblioteca
dell’Attore (via del Seminario
10, 4° piano), Guido Davico
Bonino e Marco Sciaccaluga
presentano il volume Luigi
Squarzina, studioso,
drammaturgo e regista
teatrale, contenente gli Atti
del Convegno Internazionale
di Studi, svoltosi alla
Fondazione Cini di Venezia
nell’ottobre 2012. Dopo i
saluti di Alberto Beniscelli,
Direttore DIRAAS Genova,
e di Eugenio Pallestrini,
Presidente Museo Biblioteca
dell’Attore e Teatro Stabile,
interverrà la curatrice
Maria Ida Biggi, Direttore del
Centro Studi Teatro della
Fondazione Cini. Nel corso
della serata sarà presentato
un video a cura del Teatro
Stabile di Genova. Saranno
presenti Silvia Danesi
Squarzina e Eros Pagni.
Nell’occasione verranno
esposti alcuni materiali
conservati negli archivi del
Museo Biblioteca dell’Attore.
Luigi Squarzina (Livorno
1922 - Roma 2010) è stato un
protagonista del
rinnovamento del teatro
italiano nella seconda metà
del Novecento. Compagno di
Accademia di Vittorio
Gassman, ha fondato con lui
il Teatro d’Arte italiano,
proponendo tra l’altro un
celebre Amleto integrale.
Dal 1962 e al 1976 ha diretto
insieme con Ivo Chiesa il
Teatro Stabile di Genova,
MOSTRE
a Palazzo Ducale
Da Kirchner a Nolde. Espressionismo tedesco. 1905-1913
fino al 12 luglio – Appartamento del Doge
August Sander. Ritratto del XX secolo
fino al 23 agosto – Sottoporticato
Speed Limit 40. Eugenio Carmi
fino al 27 maggio – Loggia degli Abati
contribuendo con le sue
regie “critiche” a porlo al
centro della storia del teatro
nazionale e internazionale.
Per lo Stabile genovese,
prima di assumerne la
condirezione, Luigi
Squarzina aveva già firmate
le messe in scena di
I demoni di Diego Fabbri da
Dostoevskij (1957), Misura
per misura di William
Shakespeare (1958),
L’hurluberlu di Jean
Anouilh (1959), La grande
speranza di Carlo Marcello
Rietmann (1960), Uomo e
superuomo di George
Bernard Shaw (1961),
Ciascuno a suo modo di
Pirandello (1961). Spettacoli
ai quali fanno seguito, con la
doppia firma di condirettore
e di regista stabile altre 29
messe in scena, da Il
bell’Apollo di Marco Praga e
Il diavolo e il buon Dio di
Jean-Paul Sartre (1962) a
La foresta di Aleksandr
Nikolaevic Ostrovskij (1976),
passando attraverso la
reinvenzione di Goldoni
(I due gemelli veneziani,
1963; Una delle ultime sere
di Carnovale, 1968;
I rusteghi, 1969;
La casa nova, 1973), gli
adattamenti letterari di Tullio
Kezich (La coscienza di
Zeno, 1964; Bouvard e
Pécuchet, 1968; Il fu Mattia
Pascal, 1974) e l’invenzione
del teatro-documento
(Cinque giorni al porto,
1969; 8 settembre, 1971;
Rosa Luxemburg, 1976).
(continua da pagina 1, Editoriale del Direttore)
È naturale pensare che, non solo per la sua storia, il Teatro Stabile
di Genova aspiri al riconoscimento di teatro nazionale e, sia detto
per inciso, questo riconoscimento non comporta necessariamente
da parte dello Stato centrale un maggiore sostegno economico.
Detto ciò, in pieno accordo con il Consiglio di Amministrazione,
si è deciso di attuare per la prossima stagione lo stesso programma
presentato come teatro nazionale perché quello che conta è la
qualità del lavoro, soprattutto la consapevolezza di quello che si è
veramente. Comunque, il vostro Teatro vi dà appuntamento al
18 e 19 giugno, quando presenteremo la stagione 2015/2016 e
anche qualche anticipazione della stagione 2016/2017 per quanto
riguarda alcuni progetti produttivi. ll 18 giugno, l’incontro sarà
doppio: alla mattina presenteremo al Teatro della Corte il
programma alla stampa locale e nel pomeriggio al Padiglione
Italia dell’Expo, alla stampa nazionale. Alle ore 18 di venerdì 19
giugno è previsto alla Corte l’incontro con il pubblico (Associazioni,
Scuole, Aziende, ecc.). Molte le novità, spero gradite: più spettacoli
e recite di produzione, meno ospitalità, più tipologie di
abbonamento, vendita on-line sia di abbonamenti che di biglietti,
nuove modalità di prenotazione sia per abbonamenti che per
biglietti. Presenteremo anche future collaborazioni con teatri e
artisti sia italiani che europei. Segnalo ancora l’importante
protocollo d’intesa fra noi, il Carlo Felice e il Palazzo Ducale, non
solo perché razionalizzerà e potenzierà l’offerta che si proporrà ai
cittadini liguri, confidando di attrarre persone sia dall’Italia che
dall’estero, ma perché è il segnale che abbiamo lanciato, di unirsi e
non di dividersi, per costruire insieme una Genova diversa,
orgogliosa, ma aperta al cambiamento, con spirito di fiducia e
ottimismo. Concludo ringraziandovi ancora per la fedeltà e il
calore con i quali ci seguite, e arrivederci al 18 e 19 giugno.
ANGELO PASTORE
“HELLZAPOPPIN”
FOYER DELLA CORTE // PROGRAMMA FINO AL 29 APRILE 2015 // INGRESSO LIBERO
MERCOLEDÌ 15 APRILE – ORE 17.30
Conversazione con i protagonisti
incontro con Massimo Venturiello e Tosca
Protagonisti dello spettacolo “Il grande dittatore”
a cura di Umberto Basevi (Associazione per il Teatro Stabile di Genova)
MERCOLEDÌ 22 APRILE – ORE 17.30
Conversazione con i protagonisti
incontro con Iaia Forte
e i gli altri interpreti dello spettacolo “Carmen”
a cura di Umberto Basevi (Associazione per il Teatro Stabile di Genova)
MERCOLEDÌ 29 APRILE – ORE 17.30
Presentazione del libro Cha-U-Kao
di Rosalba Troiano
introduce Ferruccio Giromini interviene l’Autrice
Ministero Beni e Attività Culturali
soci fondatori
COMUNE DI GENOVA
PROVINCIA DI GENOVA
REGIONE LIGURIA
si ringrazia
partner della stagione
Progetto grafico:
art: Bruna Arena, Genova (04215)
Stampa: Microart’s Genova
INCONTRI
LA STORIA IN PIAZZA 2015. Le età del Capitalismo – 16/19 aprile
a cura di Donald Sassoon, con Luca Borzani, Alessandro Cavalli e Antonio Gibelli
X Festival Pop della Resistenza. Aria di libertà – 24 aprile, ore 17/24
Teatro-canzone scritto e diretto da Gian Piero Alloisio
Germanica – fino al 21 maggio, ore 17.45 a cura di Alessandro Cavalli
La rivoluzione dell’arte: le avanguardie del primo Novecento – 29 aprile_25 maggio, ore 17.45 a cura di Anna Orlando
La settimanale di fotografia. Incontri e confronti – 6_27 maggio a cura dell’ Associazione fotografica SACS
Lezioni di architettura. Tre maestri a Palazzo Ducale – dall’8 maggio a giugno
in collaborazione con la Fondazione Ordine degli architetti di Genova
La democrazia ci dà risultati corretti? Nadia Urbianti – 28 maggio, ore 17.45
Per tutto il programma della Fondazione www.palazzoducale.genova.it
aprile I luglio 2015
numero 42 • aprile | luglio 2015
Edizioni Teatro Stabile di Genova
piazza Borgo Pila, 42 | 16129 Genova
www. teatrostabilegenova.it
Presidente Prof. Eugenio Pallestrini
Direttore Angelo Pastore
Condirettore Marco Sciaccaluga
Direttore responsabile Aldo Viganò
Collaborazione Annamaria Coluccia
Segretaria di redazione Monica Speziotto
Autorizzazione Trib. di Genova n° 34 del 17/11/2000
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