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n° 42 Aprile Luglio 2015 - Teatro Stabile di Genova
TGE04515_Giornale42_Schema Giornale 2012 13/04/15 14:00 Pagina 1 ANNO XVI | N° 42 | APRILE/LUGLIO 2015 POSTE ITALIANE S.P.A. / SPEDIZIONE IN ABBONAMENTO POSTALE / -70% NO/GENOVA N.42 ANNO 2015 Con l’amore non si scherza Introduzione di Ida Merello 2 Con l’amore non si scherza Conversazione con Massimo Mesciulam 3 La dodicesima notte Marco Sciaccaluga e la pedagogia dell’attore 4 La dodicesima notte Conversazione con gli interpreti allievi del Master 5 Rassegna di Drammaturgia contemporanea Ventesima edizione 6 Rassegna di Drammaturgia contemporanea I cinque spettacoli 7 Ospitalità Hellzapoppin Ricordo di Luigi Squarzina 8 GIOVANI ALLA RIBALTA Due classici e cinque novità chiudono la stagione del Teatro Stabile di Genova nel segno del rinnovamento generazionale Perplessi e offesi, con lo sguardo al futuro Sono passati poco più di tre mesi da quando ho assunto l’incarico di Direttore del Teatro Stabile di Genova e molte cose sono accadute, non tutte positive per la verità, ma l’entusiasmo per questa nomina non mi è venuto meno, anzi, più conosco e lavoro in questo teatro e più ho la consapevolezza dell’alta qualità di tutto il personale, amministrativo, tecnico e artistico, e nel contempo del profondo legame che esiste fra il Teatro e la comunità genovese. Dicevo delle cose non positive ed è ovvio che mi riferivo al mancato riconoscimento di teatro nazionale da parte del Ministero per i Beni e le Attività Culturali, che ci ha lasciati perplessi e anche offesi, soprattutto perché ci sono sembrati disomogenei e poco chiari i criteri che hanno portato a questo esito. Abbiamo chiesto gli atti della Commissione che ci ha giudicato, li stiamo valutando e il Consiglio di Amministrazione con i Soci, Comune e Regione, valuterà se ci sono gli estremi per un ricorso. Da parte mia, vorrei fare qualche considerazione e fornire alcune informazioni, senza però tediare troppo o entrare in questioni burocratico-amministrative. La ricollocazione dei vari soggetti esistenti fino a fine 2014 suddivide in tre categorie le realtà stanziali produttive: teatri nazionali, teatri di rilevante interesse culturale e centri di produzione. Vorrei subito dire che non esiste una serie A, B o C. Si tratta di soggetti tutti importanti che svolgono, partendo dalla propria storia, dagli scopi statutari, dalle vocazioni artistiche, ognuno un ruolo preciso, che si sviluppa, caso per caso, a livello nazionale e internazionale. ANGELO PASTORE (segue a pagina 8) La dodicesima notte Con l’amore non si scherza al Duse 14 aprile > 3 maggio L’11 maggio, con repliche sino al 17, va in scena al Duse (ore 20,30 e rappresentazioni la mattina per le scuole) l’esercitazione affidata ai dieci giovani attori che frequentano il Master della Scuola di Recitazione e dedicata alla rappresentazione di La dodicesima notte di William Shakespeare, per la regia di Marco Sciaccaluga (versione italiana di Anna Laura Messeri). Una commedia classica, pertanto, che è ambientata da Shakespeare in una immaginaria Illiria e che si apre con il duca Orsino chiuso nelle proprie sofferenze amorose per Olivia, la quale vive isolata dal lutto per la morte del fratello. Ma l’arrivo della naufraga Viola, in cerca del fratello gemello Sebastian e travestita in abito maschile, scuote la rigidità dei loro comportamenti, dando vita a un mondo dove trionfano le passioni umane, animate anche dalla comicità dei cortigiani Malvolio, Sir Toby e Sir Andrew e osservate con disincanto dal clown Feste. Alice Giroldini, Jacopo-Maria Bicocchi e Rachele Canella (foto Giuseppe Maritati) Da martedì 14 aprile (ore 20,30) va in scena al Duse un classico sempre attuale del Romanticismo francese. Pubblicata nel 1834, ma rappresentata solo nel 1861, dopo la morte del suo autore, la commedia è attraversata dai fremiti dell’autobiografico amore che stava per finire tra Alfred de Musset e George Sand. De Musset era allora poco più che ventenne, proprio come il suo protagonista Perdican che il padre vorrebbe far sposare con la cugina Camille. Ma costei, pur essendo creatura fatta per vivere e per amare, dopo quattro anni di convento crede di aver imparato dall’esperienza di una compagna a diffidare dell’amore e della vita. Per questo, Camille risponde con CONFERENZA STAMPA TEATRO STABILE DI GENOVA GIOVEDÌ 18 GIUGNO Conferenza stampa di presentazione della Stagione 2015-2016 GENOVA mattina TEATRO DELLA CORTE MILANO pomeriggio PADIGLIONE ITALIA DELL’EXPO Presentazione del cartellone messo subito in vendita Le collaborazioni internazionali Anticipazioni della Stagione 2016-2017 Nuove modalità di abbonamento e di vendita on-line VENERDÌ 19 GIUGNO Incontro con il pubblico ORE 18 – TEATRO DELLA CORTE INGRESSO LIBERO al Duse 11 > 17 maggio freddezza alle dichiarazioni d’amore di Perdican. E costui, indispettito, corteggia allora la sorella di latte di Camille, Rosette, la quale, nello spietato gioco delle schermaglie d’amore, finisce con assumere il ruolo del “capro espiatorio”. Prodotto dallo Stabile di Genova e messo in scena da Massimo Mesciulam, con Roberto Alinghieri, Jacopo-Maria Bicocchi, Rachele Canella, Andrea Di Casa, Nicolò Giacalone, Orietta Notari e Robero Serpi, Con l’amore non si scherza è in scena al Duse sino al 3 maggio. Versione italiana di Maria Ortiz, scene e costumi di Guido Fiorato, effetti musicali di Matteo Sintucci e luci di Sandro Sussi. Rassegna di drammaturgia contemporanea Piccola Corte 13 maggio > 18 luglio Dal 13 maggio al 18 luglio, all’interno del ligneo anfiteatro appositamente elevato sul palcoscenico della Corte, lo Stabile di Genova presenta la XX edizione della Rassegna di drammaturgia contemporanea. Cinque spettacoli con nove repliche ciascuno. Cinque nuovi testi del teatro nazionale e internazionale. S’inizia il 13 maggio con l’inglese Due (Two) di Jim Cartwright che prevede la presenza di quattordici personaggi intrepretati da due soli attori. Si prosegue poi con Il canto della valle (Valley Song) del sudafricano Athol Fugard (debutto il 27 maggio), autore già frequentato anche da Peter Brook; seguito (dal 10 giugno) da Codici cifrati (Ciphers) della giovanissima autrice inglese Dawn King. Per concludere con l’italiano Sangue amaro di Mariagrazia Pompei (attrice formatasi alla scuola dello Stabile) e Valerio Marini, che debutta il 24 giugno, e con Apatia per principianti (Apatiska for nyborjare) dello svedese Jonas-Hassen Khemiri, con repliche dall’8 al 18 luglio. Messi in scena da cinque registi diversi (nell’ordine, Massimo Mesciulam, Matteo Alfonso, Tommaso Benvenuti, Jacopo-Maria Bicocchi e Mario Jorio), gli spettacoli propongono uno sguardo sugli orientamenti della nuova drammaturgia internazionale e si avvalgono dell’interpretazione di attori, prevalentemente giovani, provenienti tutti dalla Scuola dello Stabile. TGE04515_Giornale42_Schema Giornale 2012 13/04/15 14:00 Pagina 2 2 I Con l’amore non si scherza NEI LABIRINTI DEL GIOCO AMOROSO Tr a c o m i c i t à e t r a g e d i a , D e M u s s e t r a c c o n t a i l t o r m e n t a t o d i s i n c a n t o d i g i o v a n i a l l a p r o v a c o n l a v i t a La pièce On ne badine pas avec l’amour esce per la prima volta sulla Revue des deux mondes il 1° luglio 1834, ma viene bloccata dalla censura e deve aspettare il 1861 per essere rappresentata alla Comédie française, quando Alfred de Musset è già morto da quattro anni. Non solo: per consentirle di andare in scena, il fratello Paul è costretto a rimaneggiarla, smorzandone la vèrve e, di fatto, snaturandola. Al momento della sua composizione, Musset ha invece ventiquattro anni, ed è già una personalità di spicco della nuova generazione. I Contes d’Espagne et d’Italie (1829), che rappresentano una sorta di vetrina di generi e di temi romantici, molto apprezzati dai giovani, rivelano la sua vocazione teatrale in Don Paez e Portia. La nuit vénitienne, del 1830, sembra al contrario segnare una battuta d’arresto. Il fiasco, dovuto sia all’indipendenza e originalità della pièce che a un incidente di scena (un’attrice, vestita di bianco, si era appoggiata a un traliccio verde, dipinto di fresco, continuando a recitare, tra le risate del pubblico, con un vestito a quadri) suggerisce a Musset una raccolta di pièces in versi, da lettura e non da recitazione (Spectacle dans un fauteuil, 1832). L’opera è accolta con favore, e nel 1833 Musset può ritornare allora al teatro con maggiore determinazione, alternando drammi storici (André del Sarto) e commedie (Les Caprices de Mariane). Nel gennaio 1834 esce Fantasio, aprile I luglio 2015 pièce che ha suscitato entusiasmo per la capacità di mescolare con leggerezza gli influssi di Shakespeare e Hoffmann al riferimento all’attualità. Musset è in pieno fervore creativo. Eppure, tra il gennaio e il luglio 1834, ha subìto un duro colpo: la relazione con George Sand si è troncata bruscamente a Venezia, e, per il fratello Paul, che scrive la sua biografia, On ne badine pas avec l’amour porta «le tracce dello stato morale in cui si trovava l’autore. Il carattere bizzarro di Camille, certe espressioni di tenerezza malinconica del ruolo di Perdican, la lotta d’orgoglio tra questi due personaggi fanno riconoscere l’influenza dei ricordi dolorosi contro cui il poeta si dibatteva». In effetti la conclusione del secondo atto è proprio una citazione da una lettera di George Sand: «Si è spesso ingannati in amore, spesso feriti e spesso infelici; ma si ama, e quando si è sul bordo della tomba, ci si volta per guardare indietro, e si dice: ho sofferto spesso, mi sono sbagliato qualche volta, ma ho amato». Tuttavia Paul ha probabilmente esagerato l’incidenza della rottura con la scrittrice per quell’“enfant du siècle”, che è cresciuto alla scuola del disincanto, e che ne offre qui una delle più lucide espressioni. Inizialmente la pièce doveva intitolarsi Camille et Perdican, ed essere in versi. Musset ne compone però solo quarantadue, e probabilmente già nel 1833. Al ritorno da Venezia, anche su pressione dell’editore Buloz che richiedeva due volumi di teatro in prosa, Musset abbandona la versificazione e dà alla pièce il titolo attuale. Il sottotitolo, Proverbe, si richiama a un genere inaugurato nel Settecento da Carmontelle, rimesso in voga alla fine degli anni Venti, e praticato dallo stesso Scribe, il principale autore teatrale del momento. All’inizio il “Proverbio” era poco più di un gioco di società: alcune scene venivano improvvisate su di un canovaccio, e dovevano rappresentare un proverbio che il pubblico era chiamato a indovinare. Successivamente invece il titolo allude al proverbio stesso: come lo stesso Musset farà in Il ne faut jurer de rien, Il faut qu’une porte soit ouverte ou fermée, On ne saurait penser à tout. L’espressione On ne badine pas avec l’amour è probabilmente tratta da una citazione di Clarisse Harlowe di Richardson: «L’amore è un fuoco con cui non si scherza impunemente». Il richiamo al proverbio sottolinea il principio di astrazione che domina la pièce, la cui struttura è rigorosamente geometrica: Camille e Perdican arrivano al castello nello stesso giorno; lei è appena uscita dal convento, lui dall’università. Compaiono in scena nello stesso minuto, uno da destra, l’altro da sinistra, accompagnati da due personaggi simmetricamente opposti. Il precettore cavalca una mula vivace, la governante un asino malandato; lui è grasso e sempre ubriaco, lei magra e astemia. Il Coro sottolinea con battute alternate il carattere di simmetria. Il carattere meccanico dell’incipit si raddoppia nella figura del Barone, che ha organizzato la sua vita come un movimento a orologeria, regolandosi sulle aspettative degli altri e sulle convenienze. Ha già previsto il fidanzamento dei due giovani, e scritto nel suo taccuino che il giorno del loro arrivo sarà il più bello della sua vita; nel frattempo ha preparato tutto per regolare sul suo desiderio le loro azioni. Niente però funziona come previsto: il precettore e l’amico prete si ubriacano, Perdican gioca con l’acqua, invece che parlare latino, e il fidanzamento sembra sfumare. Il Barone allora si smarrisce: riesce solo a entrare e a uscire nel suo studio a momenti regolari, conservando un principio meccanico in un movimento O rietta Notari, Andrea D i Casa, Rober to Alinghieri, N i co l ò G i a c a l o n e i n b as s o : R achele Canella , J a co p o - M a r i a B i cocc h i , Ali ce Gi ro ldi ni impazzito. In questo scenario comico si innesta il rapporto tra i due cugini, che obbedisce a sua volta a regole da commedia (l’invio e l’intercettazione di biglietti, le ripicche amorose, l’uso della gelosia per fiaccare una resistenza), ma nello stesso tempo presenta aspetti di grande originalità. A loro volta simmetricamente opposti, e presentati alla pari, Camille e Perdican mostrano lo stesso disincanto nei confronti della durata dell’amore: Camille, che non ha esperienza di vita, lo rifiuta per paura di soffrire; mentre Perdican, che conosce il mondo, lo accetta con i suoi limiti. Entrambi sono consapevoli delle debolezze umane, ma sono i primi a dimostrarle, e il loro narcisismo farà una vittima. Il personaggio di Camille ha da sempre intrigato la critica, per le apparenti contraddizioni e i bruschi passaggi da uno stato d’animo all’altro. Lo spettatore potrà trarre a sua volta le proprie conclusioni, entrando nel gioco delle ipotesi sulla natura della giovane, in base agli indizi ambigui o contrastanti che Musset dissemina per giustificare la sua trasformazione dalla prima scena all’ultima. Ida Merello Alfred de Musset e George Alfred de Musset > George Sand, Luglio 1833 Mio caro George, c’è qualcosa di stupido e di ridicolo che debbo dirvi. Sono così sciocco da scrivervelo visto che, non so perché, non ve l’ho detto rientrando dalla nostra passeggiata. Ciò sarà per me motivo di tristezza, questa sera. Mi riderete in faccia, mi prenderete per un parolaio per come mi sono condotto con voi fino ad ora. Mi metterete alla porta e mi considererete un bugiardo. Sono innamorato di voi. Lo sono sin dal primo giorno che sono venuto a trovarvi. Ho creduto di poterne guarire ponendo i nostri incontri sul piano dell’amicizia. Vi sono molti aspetti del vostro carattere che avrebbero potuto aiutarmi a guarirne, ho cercato di persuadermene per quanto ho potuto: ma pago a troppo caro prezzo i momenti che passo con voi. Preferisco dirvelo, e ho fatto molto bene giacché ora la mia pena per guarirne sarà assai minore se voi mi metterete alla porta. (...) Ora, George, come siete solita, direte: un altro seccatore! Se per voi non sono proprio il primo venuto, ditemi, come avreste potuto dirmi ieri parlando di un altro, che cosa è bene che io faccia. Tuttavia vi prego, nel caso voleste dirmi che dubitate di quanto vi scrivo, piuttosto non rispondetemi affatto. So quel che pensate di me, e dicendovi queste cose non mi aspetto nulla. (...). George Sand > Alfred de Musset, 14 aprile 1834 (...) Abbiamo percorso un impervio sentiero, ma abbiamo raggiunto le vette ove insieme dovevamo riposarci. Siamo stati amanti, ci siamo conosciuti fin nel più profondo dell’anima, tanto meglio. Quale scoperta così disgustosa possiamo aver fatto l’uno nei confronti dell’altro? Guai a noi se ci fossimo separati in un momento di collera, senza comprenderci, senza poterci dare spiegazioni! Allora sì che tutta la nostra vita sarebbe stata avvelenata da pensieri odiosi, allora sì che non avremmo più creduto in niente. Ma avremmo potuto separarci così? Non abbiamo forse tentato di farlo più d’una volta? I nostri cuori infiammati d’orgoglio e di risentimento non si spezzavano per il dolore e per il rimpianto ogni volta che ci trovavamo soli? No, così non poteva andare. Rinunciando a una relazione che era diventata impossibile, dovevamo restare legati per l’eternità. Hai ragione, il nostro abbraccio era un incesto, ma noi non lo sapevamo. Ci gettammo l’uno nelle braccia dell’altro con innocenza e con sincerità. Ebbene, c’è forse per noi un solo ricordo di questi abbracci che non sia casto e puro? (...) TGE04515_Giornale42_Schema Giornale 2012 13/04/15 14:01 Pagina 3 Con l’amore non si scherza I 3 Conversazione con Massimo Mesciulam, regista dello spettacolo in scena al Duse Orgoglio, solitudine, modernità Con l’amore Qual è il tema che sta al centro di questa tua messa in scena del “proverbio” di De Musset? La narrazione si articola con evidenza su due piani: da una parte c’è la storia d’amore e dall’altra c’è la vita quotidiana alla corte del potente del luogo, il Barone padre di Perdican e zio di Camille; ma ciò che attraversa queste due storie, inquinandole entrambe, è l’orgoglio. In generale, credo che sia proprio questo il tema centrale della commedia. L’orgoglio inteso nel suo senso terapeutico: quell’inconscio e perfido gioco, caratterizzato quasi sempre da una mancanza di consapevolezza da parte di chi lo gioca, per cui si vuole comunque averla vinta sull’altro. È questo orgoglio che implica infine la sconfitta di tutti i personaggi? Orgoglio e sconfitta appartengono alla stessa area semantica. L’uno implica l’altro. L’orgoglio porta inevitabilmente al caos della Torre di Babele, dove tutti perdono: sia coloro che hanno il potere sia quelli che non lo hanno, sia chi gestisce il gioco sia chi, come Rosette, di fatto lo subisce, essendo stata usata quale vittima sacrificale. L’orgoglio di cui parla De Musset è però molto diverso dall’ “hybris” cara alla tragedia greca, la quale pur viene citata drammaturgicamente se non altro dalla presenza del Coro. Certo, in Con l’amore non si scherza, l’orgoglio è laicizzato e anche la sua “nemesis” non ha più nulla di divino. Ma l’orgoglio è qualcosa che appartiene a tutti i personaggi, sovente in modo inconsapevole, evidenziando in De Musset una finezza psicologica degna di Paul Watzlawick e della scuola di Palo Alto, per i quali uno dei maggiori problemi della comunicazione amorosa sta proprio nell’orgoglio. In questo contesto, qual è il ruolo del Coro? Il Coro è quella parte dell’umanità che, come fortunatamente a volte succede, riesce a trascendersi, a vedere cosa realmente si sta facendo. Il Coro guarda le cose un po’ dall’alto e per questo è un tramite per il pubblico. Nello spettacolo ho cercato di sviluppare sino in fondo questa funzione epica del Coro, anche aggiungendogli qualche battuta perché in De Musset il Coro usciva un po’ troppo presto di scena. L’ho fatto usando però – qui come altrove – sempre degli scritti di De Musset (pensieri, versi poetici, frammenti di lettere, ecc.), con la finalità di sviluppare sino in fondo ciò che nel testo era a volte solo accennato. Ad esempio, l’uso orgoglioso del latino da parte dei due ecclesiastici alla corte del Barone o il taccuino di questo come sede stitica delle proprie conoscenze. Ho cercato, cioè, di evidenziare anche nei personaggi di contorno, non partecipanti direttamente alla storia d’amore, come anche loro hanno una personale ferita da rimarginare: una ferita che assomiglia da vicino a quella amorosa. I due ecclesiastici (Don Blazius e Don Bridaine), ad esempio, vivono l’esclusione dalla tavola da pranzo del Barone come una vera e propria ferita d’amore, un abbandono; non sono soltanto dei bulimici, ma vedono nel loro posto a tavola e nel cibo che possono ricevere, il riconoscimento della propria identità, del loro valore umano. Sono in qualche modo dei personaggi dotati di una propria grandezza e per questo ho cercato di farli uscire di scena in modo grandioso, portando sino in fondo il loro rapporto con il pubblico. Questa stessa dimensione epica ho poi cercato di allargarla anche al personaggio di Madame Pluche, la governante di Camille, la cui funzione di grottesco super-Io mi è piaciuto rappresentare, nella ossimorica sembianza di una bigotta in veste d’eccentrica esploratrice o viaggiatrice ottocentesca. L’universo degli adulti che vivono alla corte del Barone è essenzialmente caratterizzato dalla comicità, mentre la sofferenza e la tragedia sembrano appartenere soprattutto al mondo dei giovani. In questo contrasto di toni c’è anche una contrapposizione generazionale? Mi piace pensare che per De Musset il destino dei giovani sia o la morte S a n d : l e t t e r e d ’a m o r e Alfred de Musset > George Sand, 30 Aprile 1834 Dunque non è un sogno, fratello mio diletto; questa amicizia che sopravvive all’amore, di cui la gente si prende tanto gioco, di cui mi sono preso gioco io stesso, questa amicizia esiste. Dunque è vero; tu me lo dici e io lo credo, lo sento, tu mi ami. Che cosa mi succede, amica mia? Vedo la mano della Provvidenza così come vedo il sole. Ora è finita per sempre; non ho rinunciato ai miei amici, ma alla vita che ho condotto con loro. Non potrei rifarlo, ne sono sicuro: come sono contento di aver provato! Sii fiero, mio grande e intrepido George, hai trasformato un bambino in un uomo. Sii felice, sii amata, sii benedetta, riposati, perdonami! Chi sarei mai stato senza di te, amore mio? Ricorda le nostre conversazioni nella tua cella, guarda come mi hai preso e come mi hai lasciato. Ripensa a come sei passata nella mia vita; guarda come tutto ciò è tangibile, evidente, con che chiarezza mi hai detto: non è quella la tua strada, come mi hai preso per mano per rimettermi sulla mia strada. Siediti ai bordi di questa strada. Santa, o piccola mia, eri troppo stanca per camminarci a lungo insieme a me. Ma io la percorrerò. (...) Alfred de Musset > George Sand, 10 maggio 1834 (...) Dove mi conduce questa mano invisibile che non vuole ch’io mi fermi? Bisogna ch’io parli; sì, bisogna ch’io smetta di piangere in solitudine, e di divorarmi il cuore per nutrire il mio cuore. Mi serve un corpo tra queste braccia vuote, bisogna ch’io abbia un’amante, visto che non posso farmi frate. (...) George Sand > Alfred de Musset, 24 maggio 1834 (...) Mi ricordo di quando ero in collegio dalle suore. La rue Saint Marceau passava dietro alla nostra cappella. Quando gli energumeni e le ortolane del mercato alzavano la voce, si sentivano le loro bestemmie fino in fondo al santuario. Ma per me non erano che suoni che rimbombavano contro i muri. A volte mi distraevano dalla mia preghiera nel silenzio della sera. Sentivo il rumore senza comprendere il significato delle imprecazioni volgari. Riprendevo la mia preghiera senza che le mie orecchie né il mio cuore si fossero insozzati nell’ascoltarlo. Poi ho vissuto isolata nell’amore come in un santuario e a volte le sporche ingiurie provenienti dall’esterno mi hanno fatto levare il capo, ma non hanno interrotto l’inno che rivolgevo al cielo, e mi sono detta, come in collegio: sono dei carrettieri che passano. (...) di Rosette o il grottesco degli adulti, che sopravvivere alla giovinezza significhi avviarsi inevitabilmente verso la farsa. Certo è che De Musset tende soprattutto a identificarsi con Rosette, qui mi sembra che ci sia l’apice del suo autobiografismo e, anche se Rosette non è un personaggio con molte battute, ha però con evidenza un ruolo quasi protagonistico. Rosette è un personaggio “naturale”, che non ha coscienza delle proprie aspirazioni. Per questo, quando prende coscienza dell’orribile inganno di cui è stata vittima, non può più vivere. E il fatto che De Musset non ci dica come perde la vita (suicidio? crepacuore?) concorre a dare alla sua morte un significato universale, quasi metafisico. E Perdican e Camille? Sono la dimostrazione che avere vent’anni è difficile. I loro problemi non sono però quelli di Romeo e Giulietta. Caso mai sono quelli di Amleto. Perdican e Camille non devono lottare per il loro amore contro una società ostile. I loro problemi sono dentro di loro, nascono da un eccesso di iper-riflessività. Così come Amleto è il precorritore della modernità, quei due giovani, giunti contemporaneamente a casa del Barone, sono sicuramente personaggi moderni, che naufragano in un mondo dominato dalla solitudine esistenziale, di cui il Barone è forse il personaggio più comicamente emblematico. In che spazio si svolge questa commedia votata alla tragedia? Con lo scenografo e costumista Guido Fiorato, abbiamo pensato a uno spazio che rinviasse a un luogo di campagna lontano dal mondo. Ne è nata una natura stilizzata, che va verso il modernismo e il surrealismo. Un mondo labirintico e claustrofobico su cui si fonda il sentimento della nostalgia di Perdican, ma che è anche il luogo in cui la prigionia della fede e i dogmi moralistici di Camille possono convivere con il razionalismo scientista di Perdican. Ma poi c’è anche la fontana con il ruscello che si dirama fuori di quel mondo. Non casualmente è proprio lì, nei pressi della fontana, che Perdican ha una specie di “accadimento proustiano” e sul filo dei ricordi abbandona il proprio razionalismo. Ed è sempre lì che Camille apre in forma affabulatoria il suo rigido mondo mentale, dando vita a una scena di cui sicuramente si è ricordato Eric Rohmer nei suoi film del ciclo “Commedie e proverbi”. Una scena questa che rompe per un poco la solitudine orgogliosa dei due giovani protagonisti. Una scena caratterizzata dalla concretezza di una discussione privata: con lo spettatore costretto ad assumere il ruolo di chi si trova a origliare di nascosto. non si scherza di Alfred de Musset PERSONAGGI E INTERPRETI Il Barone Perdican, suo figlio Don Blazius, precettore di Perdican Don Bridaine, curato Camille, nipote del Barone Madame Pluche, sua governante Rosette, sorella di latte di Camille Coro dei Contadini Andrea Di Casa Jacopo-Maria Bicocchi Roberto Serpi Roberto Alinghieri Rachele Canella Orietta Notari Alice Giroldini Nicolò Giacalone produzione regia scene e costumi effetti musicali luci versione italiana Teatro Stabile di Genova Massimo Mesciulam Guido Fiorato Matteo Sintucci Sandro Sussi Maria Ortiz Teatro Duse 14 aprile > 3 maggio si ringrazia partner della stagione qui sopra: Andrea Di Casa, Roberto Serpi, Roberto Alinghieri sotto: Roberto Serpi e Orietta Notari a cura di Aldo Viganò aprile I luglio 2015 TGE04515_Giornale42_Schema Giornale 2012 13/04/15 14:02 Pagina 4 4 I La dodicesima notte “La dodicesima notte” ovve Marco Sciaccaluga racconta il percorso di formazione dell’attore e il lavoro con gli allievi dell’ultimo anno della Scuola di Recitazione. «Il regista teatrale è un organizzatore di giochi e deve essere il primo a smascherarsi» Le regole del gioco non cambiano. E non importa che sulla scena ci siano attori professionisti o, come in questo caso, allievi della Scuola di Recitazione del Teatro Stabile di Genova. «Il regista è un organizzatore di giochi» spiega Marco Sciaccaluga, e «le prove sono un gioco serio, che deve essere guidato. Se lavori con attori che hanno già una lunga esperienza alle spalle devi scoprire un gioco che ancora non conoscono, con attori alle prime esperienze, invece, sei un campo aperto». In questo gioco serio Marco Sciaccaluga sta guidando adesso, da regista, i dieci giovani allievi del Master della Scuola di Recitazione “Mariangela Melato”, per preparare l’Esercitazione su La dodicesima notte di William Shakespeare, che andrà in scena al Duse dall’11 al 17 maggio. Come si svolge il lavoro di preparazione dello spettacolo? Ho dedicato il primo mese a lavori di improvvisazione per far capire ai ragazzi come l’immaginazione passi attraverso i corpi e l’attività sensoriale. Jouvet diceva che l’attore pensa con il corpo, nel senso che deve riuscire a trasformare la capacità sensoriale in un linguaggio. Al di là del talento e delle capacità dei singoli, ha notato differenze significative, negli atteggiamenti o nell’approccio alla recitazione, fra queste ultime generazioni di attori e quelle precedenti? Un attore è dominato dalla sua capacità di immaginare, di mettersi al posto di un altro. Henry Fonda diceva: «Mi svito gli occhi»; è un’espressione efficace, perché immaginare per un attore è proprio questo, guardare il mondo al posto di un altro. Nella mia vita ho incontrato tanti attori che avevano una opacità di sguardo sul mondo e poi occhi che, invece, si illuminavano quando entravano nel loro personaggio. Questa capacità di immaginazione forse, generazione dopo generazione, sta diminuendo. Credo che dipenda dal modo in cui si comunica oggi, prevalentemente affidandosi a oggetti (computer, iPad, telefonini), mentre il teatro si fonda su una comunicazione diretta, sul contatto, sull’attività sensoriale. che la competenza tecnica non è distinta dalla propria vita interiore. L’attore è un malato e la sua guarigione passa attraverso il momento in cui capacità tecnica e anima diventano la stessa cosa, quando l’abilità tecnica diventa porta di accesso alla vita interiore e viceversa. E per raggiungere questo obiettivo va rimesso in moto il corpo, senza fare, però, la retorica del teatro di “performance”. Per far risuonare l’anima di Amleto ci vuole soprattutto il corpo di Amleto... Con il passare degli anni, però, si nota, come dicevo, una atrofizzazione di questa capacità di immaginazione. Quanto conta il divertimento durante le prove di uno spettacolo? Le prove devono essere un gioco, un gioco serio che va guidato, e il regista è un organizzatore di giochi, uno psichiatra, un tiranno. È un tiranno che ha il compito di liberare gli attori. La ripetizione è il fondamento del gioco del teatro, la ripetizione ossessiva delle parole deve servire a farle diventare il corpo dell’attore. Diderot diceva che l’attore è uno schiavo in catene, perché è al servizio del testo. L’obiettivo finale, però, è quello di dire quelle parole come se le avesse inventate lui stesso in quel momento. E questo si può realizzare solo con un torturante gioco. Un gioco che, però, non ha nulla a che vedere con l’anarchia. Al contrario: la garanzia per tenere il gioco è una disciplina ferrea. Il regista deve ricordarti quali sono le catene e portarti a spezzarle, e questo non ha niente a che vedere con la tendenza, manifestata oggi da qualche regista che va per la maggiore, ad affermare il predominio della libertà interpretativa che si fa arbitraria sovrainterpretazione. Tutto questo è solo apparentemente naturale. Gli etologi che studiano i comportamenti umani ci dicono che la comunicazione fra appartenenti alla specie umana si fonda per il trenta per cento sul linguaggio numerico, cioè verbale, e per il settanta per cento su quello analogico, non verbale. In un attore il linguaggio analogico è il centro del problema, perché un attore ha informazioni solo per il trenta per cento, mentre il resto è nascosto nel testo, va interpretato, sperimentato. Un attore è una macchina sensoriale il cui primo compito, per accostarsi all’immaginazione, dovrebbe essere quello di potenziare le capacità di sguardo e di ascolto. È quello che diceva Stanislavskij quando spiegava la differenza fra ascoltare e sentire e fra guardare e vedere: io ascolto per sentirti, guardo per vederti. E la tecnica che posto occupa nella formazione di un attore? Una cosa molto importante che va comunicata agli attori è Quanto è importante il gruppo per la riuscita di uno spettacolo? Moltissimo. Ogni avventura teatrale è una tribù che attraversa il deserto. Peter Brook diceva che il cinquanta per cento di una regia è la distribuzione delle parti e il resto è la capacità di creare un gruppo, persone che siano legate cioè da un’amicizia professionale. Nel caso di una scuola di recitazione, come accade per questo spettacolo, è un po’ diverso, perché i ragazzi sono già abituati a stare insieme, anche se un’altra conseguenza dell’atrofia comunicativa è la tendenza a stare ognuno per conto proprio. Qual è, secondo lei, il primo compito del regista durante le prove? Un regista prima di tutto deve smascherarsi, che è l’arte dell’attore. Un attore non si traveste, si denuda. Quello del recitare è un gesto impudico: bisogna spogliarsi, perché il teatro è fondato sulla verità, e il regista deve essere il primo a non avere vergogna a denudarsi. E deve avere anche una fortissima capacità sensoriale, perché fondamentalmente il regista è uno spettatore, è il primo spettatore e deve aiutare chi deve raccontare una storia a raccontarla bene. Brecht diceva che il teatro è come un ruscello e l’attore come una barchetta di carta: il regista segue il percorso della barchetta per farla arrivare al mare, le dà un colpetto quando serve per raddrizzare la rotta e se la barchetta si rovescia la aiuta a ripartire. Secondo aprile I luglio 2015 Brook l’attore sta al regista come il Fool sta al Re: è il suo esploratore ma ha bisogno del re, perché è lui a indicare i territori da esplorare. Mettere in scena un testo è come attraversare una giungla inesplorata, piena di pericoli ma anche di meraviglie. Il compito del regista è attraversare questo enigma, con gli strumenti a sua disposizione, e gli attori sono gli esploratori. Oggi si sta affermando l’idea di un attraversamento della giungla con il caterpillar delle proprie idee, per affermare una propria visione del mondo. Peccato, però, che così si attraversa anche la giungla ma, nel frattempo, ci si lascia alle spalle uno sterminio... Il mestiere dell’attore, invece, è fare propria la visione del mondo di un altro. Lo scandalo non è la modernizzazione, non è scandaloso se in una commedia scespiriana un attore ascolta la musica con la cuffia, ma c’è una modernizzazione che tiene conto del prorio presente per guardare all’universalità di un’opera e c’è una modernizzazione che, invece, la tradisce. Credo che, nell’affrontare un testo, possa aiutare il cosiddetto realismo negativo, perché se in teatro non posso dire che cos’ è una cosa, posso arrivare a dire cosa non è. Di fronte a un testo scespiriano il tuo compito è capire innanzitutto ciò che non è. Che traduzione ha scelto per La dodicesima notte? La traduzione che Anna Laura Messeri aveva fatto tanti anni fa per un suo Saggio. Io non posso che essere grato ad Anna Laura (direttrice della Scuola di Recitazione. ndr) e a Massimo Mesciulam, che sono il cuore di questa Scuola e quindi di questo Teatro. Annamaria Coluccia TGE04515_Giornale42_Schema Giornale 2012 13/04/15 14:02 Pagina 5 La dodicesima notte I 5 ero dell’educazione teatrale Conversazione con i dieci giovani attori che frequentano il Master di specializzazione alla Scuola dello Stabile. La prima volta in scena con William Shakespeare: emozioni, difficoltà, sorprese e divertimento in attesa del debutto dell’11 maggio «È stata un’iniezione di allegria...». Mario Cangiano descrive così l’atmosfera nella quale sono iniziate le prove dell’Esercitazione su La dodicesima notte, la commedia di William Shakespeare che gli allievi del Master della Scuola di Recitazione “Mariangela Melato” del Teatro Stabile di Genova, porteranno in scena al Duse dall’11 al 17 maggio, con la regia di Marco Sciaccaluga. Mario è uno dei dieci allievi del Master impegnati in questa prova e ai quali abbiamo chiesto di raccontarci le prime impressioni e riflessioni su questa nuova esperienza. Mario Cangiano (Sir Toby Belch nella commedia): «Avere la fortuna di lavorare con un regista come Marco Sciaccaluga è per noi soprattutto un’opportunità per arricchire la nostra formazione. E il fatto che il regista sia una persona esterna rispetto agli insegnanti della Scuola rappresenta uno stimolo in più». Sarah Paone (Maria): «Rispetto al lavoro fatto a Scuola, abbiamo avuto un approccio molto “forte”, almeno per me, scollegato dalla parola, perché con Sciaccaluga abbiamo iniziato a prepararci con le improvvisazioni. Per me non è stato facile lavorare con il corpo. E poi questa è la prima volta che facciamo un lavoro collettivo». Giovanni Annaloro (Antonio e un Altro Capitano): «A Scuola l’obiettivo primario era quello di insegnarci una tecnica, Marco invece ci insegna a giocare, ci dice: “Tu devi divertirti”. E così iniziamo a riscoprire la leggerezza, il gioco, dimensioni che avevamo un po’ perso di vista». Emanuele Vito (Feste): «Adesso la tecnica può essere usata per divertirci». Daniela Duchi (Viola e Cesario): «Per me è stata una scoperta importante imparare a perdersi in quello che fai facendolo». Giovanni: «Non è stato facile trovare un equilibrio di gruppo...». Roxana Doran (Olivia): «Sì, perché non siamo più una classe, siamo una macchina che deve funzionare». Che cosa avete scoperto o imparato lavorando in gruppo? Marco De Gaudio (Orsino): «Come gruppo abbiamo ancora tanto da imparare e da migliorare». Michele Maccaroni (Sebastiano e Valentino): «Marco vuole che siamo sempre tutti presenti durante le prove, anche quando non siamo in scena, e questo ci è molto utile». Sarah: «Guardando gli altri che provano io vedo grandi bellezze che da sola non potevo vedere. Lavorando insieme è più facile rendersi conto dei miglioramenti degli altri che dei propri, ma anche questo aiuta a lavorare su di sé». Francesco Russo (Sir Andrew Aguecheek): «Lavorare in gruppo ti fa prendere coscienza del fatto che la macchina deve funzionare ed è fatta di tanti ruoli». Emanuele: «Prima eravamo preoccupati soprattutto della preparazione tecnica, adesso provare assieme agli altri ti dà la possibilità di scoprire lati diversi dei compagni e anche di te stesso. Gli esercizi e le prove ti permettono di scoprire parti del tuo corpo che normalmente nella vita non usi, e questo avviene anche grazie al gruppo, alle relazioni che devi avere con gli altri». Michele: «Per me è stata molto importante la lotta contro l’ansia, la ricerca della calma, del vuoto. Quando compare il fantasma dell’ansia Marco lo dice e così diventa creativa». Marco: «Nel percorso che abbiamo fatto finora siamo stati stimolati a smarrirci e a darci, per farci capire che solo smarrendosi e dandosi senza vergogna, e con un po’ di tecnica, l’attore può essere vivo e creativo in scena. Nelle camicie di forza delle battute bisogna trovare il proprio spazio e la propria libertà». Daniele Madeddu (Malvolio): «Per me questo spettacolo è un banco di prova importante. Prima di cominciare le prove avevo molta ansia e, invece, è stato più semplice di quanto mi aspettassi, perché Marco ha la capacità di metterti a tuo agio e capisce che cosa c’è dietro ogni persona». Com’è stato l’approccio con la commedia di Shakespeare e con i vostri personaggi? Daniela: «Quando ho letto la commedia non sono stata particolarmente colpita dal testo. Nell’interpretazione per me la difficoltà maggiore è quella di passare in un attimo da uno stato d’animo a un altro: per farlo ho smesso di pensare, l’unica cosa da seguire è il corpo. In questa commedia gli eventi si susseguono uno dopo l’altro, i personaggi pensano una cosa e poi cambiano idea, e allora devi lasciarti portare dagli avvenimenti». Emanuele: «Per me una difficoltà è rappresentata dal linguaggio, perché Shakespeare usa moltissime immagini e questo ti costringe a sviluppare la fantasia. Per me è una sfida. E poi devi fare un percorso che parte da te per arrivare al personaggio». Daniele: «Io avevo il timore che il testo non arrivasse al pubblico, ma adesso non ho più questa preoccupazione. Più proviamo e ripetiamo le scene, più il testo mi piace». Mario: «Ci divertiamo e non abbiamo paura di uscire dai binari». Daniela: «Non bisogna dimenticare che il secondo titolo della commedia è Quel che volete, un incitamento all’immaginazione. E, infatti, un tema importante è quello del travestimento». Daniele: «Così come quello dell’ambiguità di genere». Sarah: «Poi ci sono gli inganni che i personaggi mettono in atto e che si ritorcono sui personaggi stessi. Il testo della commedia non ha battute folgoranti, ma è interessante il sottotesto delle azioni che Marco sta creando, perché le battute descrivono anche situazioni». Giovanni: «Secondo me, quando leggi per la prima volta questo testo non ti accorgi delle sue potenzialità. Poi, un po’ alla volta, ti rendi conto dello spessore di ogni personaggio. Il mio lo sto scoprendo man mano che vado avanti e mi sta piacendo sempre di più». Emanuele: «Io subito sono stato spiazzato dal mio personaggio, perché finora mi ero esercitato soprattutto su altre corde, tendenzialmente malinconiche. Il mio personaggio, Feste, invece, combatte contro la La dodicesima notte di William Shakespeare PERSONAGGI E INTERPRETI Orsino Sebastiano e Valentino Antonio e un altro Capitano Sir Toby Belch Sir Andrew Aguecheek Malvolio Feste Viola e Cesario Olivia Maria Marco De Gaudio Michele Maccaroni Giovanni Annaloro Mario Cangiano Francesco Russo Daniele Madeddu Emanuele Vito Daniela Duchi Roxana Doran Sarah Paone versione Italiana regia consulenza per i costumi stagista assistente alla regia Anna Laura Messeri Marco Sciaccaluga Guido Fiorato Carola Traverso Valerio Puppo Teatro Duse 11 > 17 maggio si ringrazia malinconia facendo il matto, perché se no morirebbe». Giovanni: «Lo straordinario di questa commedia è che sembra scritta due giorni fa, parla dell’uomo di tutti i tempi». Daniela: «Andando avanti con le prove mi rendo conto che molte situazioni o battute che all’inizio mi sembravano comiche, in realtà hanno dentro tutto: sono comiche e tragiche nello stesso tempo e hanno un significato universale». Marco: «Il mio personaggio è perdutamente innamorato di Olivia ma ancora di più dell’amore, fino ad esserne ossessionato. Quello che emerge da questa commedia è che l’amore non è un sentimento grazioso, ma può diventare una vera e propria nevrosi». Roxana: «Io mi sono proprio In alto, Marco Sciaccaluga con i giovani interpreti di La dodicesima notte. Nelle altre foto, momenti delle prove dello spettacolo (foto Giuseppe Maritati) partner della stagione innamorata del mio personaggio. Mi sto divertendo tantissimo. Cerco di capire com’è Olivia e di divertirmi nell’interpretarla». Sarah: «I personaggi di Shakespeare sanno sempre che c’è un pubblico e questo è bello, è anche confortante sapere che il personaggio sa di essere osservato da un pubblico. Io finora avevo interpretato soprattutto ruoli drammatici e invece Maria, il mio personaggio, mi ha fatto scoprire corde di me che a Scuola non avevo sperimentato. Sulla scena bisogna “sputtanarsi” parecchio, ma sto scoprendo il piacere di ridere di me, del mio personaggio, di sentirmi buffa e di mettermi nei panni di una persona timida, cosa che io non sono». Michele: «Per me la mia parte è stata una sorpresa, rispetto ai ruoli che avevo interpretato in passato. In questo spettacolo ho poche battute e poca presenza sulla scena, ma proprio questo mi sta insegnando molto». Francesco: «Obbligandoci a essere sempre tutti presenti durante le prove Marco ci sta aiutando molto a trovare il percorso giusto per l’attore e per il personaggio. E durante le prove c’è molta serenità». Daniela: «La dimensione dell’apprendimento, comunque, durante le prove resta sempre. Dopo, fuori, sarà più difficile ritrovarla...». a cura di Annamaria Coluccia aprile I luglio 2015 TGE04515_Giornale42_Schema Giornale 2012 13/04/15 14:03 Pagina 6 6I RASSEGNA DI DRAMMATURGIA CONTEMPORANEA: G R A N B R E TAG N A Dal 1996 a oggi, la Rassegna ha già sperimentato più di sessanta nuove opere teatrali italiane e straniere, attraverso spettacoli “poveri” nel loro impianto scenografico, ma sempre caratterizzati da una meticolosa cura per quanto riguarda l’interpretazione critica del testo, e il lavoro degli attori. Spettacoli, questi della Rassegna di drammaturgia contemporanea, che giunge ora alla sua ventesima edizione, con la quale lo Stabile di Genova ha messo alla prova nuovi registi e sperimentato le qualità di giovani attori, facendo in modo che non poche di queste “novità per l’Italia” diventassero anche dei veri e propri spettacoli di produzione: basti ricordare La bella regina di Leenane di Martin McDonagh (1997), Der Totmacher di Romuald Karmakar e Michael Farin (2000), Mojo Mickybo di Owen McCafferty e Galois di Luca Viganò (2002), Eden di Eugene O’Brien (2005), La guerra di Klamm di Kai Hensel, Controtempo di Christian Simeon e Nordost di Torsten Buchsteiner (2012). Realizzata sovente anche con la collaborazione degli Istituti di cultura stranieri operanti in Liguria, la Rassegna propone quest’anno sul palcoscenico della Piccola Corte cinque opere mai rappresentate in Italia. D a l 1 9 9 6 a l 2 0 1 4 1 1. 1999 Faccia di fuoco 2. 2000 Dublin Carol 3. 2002 Mojo Mickybo 4. 2004 La riga nei capelli di William Holden 5. 2005 La Chunga 6. 2006 Un posto luminoso chiamato giorno 7. 2007 Qualcuno arriverà 8. 2007 Terrorismo 9. 2008 Il buio di giorno 10. 2008 Mojo Atlantic Club 11. 2009 Controtempo 12. 2009 Coronado 13. 2010 Nordost 14. 2011 Persone predilette 15. 2012 La huelga de las escobas 16. 2013 A Zvornik ho lasciato il mio cuore 17. 2013 La lotta nella stalla 18. 2014 Una coppia di poveri romeni che parlano polacco. 19. 2014 Detto Gospodin. i n Due Il canto della valle [Two] di Jim Cartwright [Valley Song] di Athol Fugard PICCOLA CORTE da mercoledì 13 a sabato 23 maggio | ore 20,30 PICCOLA CORTE da mercoledì 27 maggio a sabato 6 giugno | ore 20,30 (domenica e lunedì riposo) (domenica e lunedì riposo) versione italiana Serena Zampolli regia di Massimo Mesciulam interpreti Angela Ciaburri e Davide Mancini versione italiana Franco Arato regia di Matteo Alfonso interpreti Nicola Pannelli e Elisabetta Mazzullo Due attori, per 14 personaggi, raccontano una sera in un pub gestito da marito e moglie. Gli avventori entrano ed escono, litigano e si amano, mettono a nudo nell’alcool la propria solitudine o le proprie speranze. Intanto si definiscono i rapporti tra i due gestori del pub, che sono una coppia affiatata, ma resa attonita e reciprocamente ostile dal ricordo della morte in un incidente d’auto del loro unico figlio di sette anni. Alla fine i due riescono a parlarsi e la commedia si scioglie in un pur melanconico happy end. Storia del Sudafrica negli anni di passaggio dall’apartheid alla difficile conquista della modernità. Il tutto raccontato attraverso i rapporti tra un vecchio Nonno di pelle nera legato al passato e una Ragazzina (sua nipote) che sogna il nuovo, mentre il Narratore interviene a epicizzare un assunto che oscilla abilmente tra l’informazione storica e l’analisi psicologica. Nato nel 1958 a Farnworth nel Lancashire, Jim Cartwright è un affermato drammaturgo di fama internazionale. Two è stato scritto nel 1989, dopo il grande successo ottenuto al Royal Court con Road. Cartwright si occupa anche di cinema e ha firmato numerosi altri testi, tra i quali Eight Miles High (1991), The Rise and Fall of Little Voice (1992), Hard Fruit (2000) e Mobile Phone Show (2014). s c e n a a l T e a t r o Scritto nel 1996 da un autore, attore e regista, Athol Fugard nato a Middelburg in Sudafrica nel 1932, Valley Song è opera di un drammaturgo che a suo tempo interessò anche Peter Brook, il quale ne mise in scena Sizwe Banzi is Dead (spettacolo visto anche a Genova). Attualmente Athol Fugard insegna drammaturgia, regia e recitazione all’Università della California di San Diego. S t a b i l e p i ù d i s e s s a n t a 2 3 4 5 6 11 12 13 14 15 Gestire reti complesse in tempo reale? Assolutamente. aprile I luglio 2015 REPUBBLICA SUDAFRICANA ABB offre un ampio portfolio di prodotti, sistemi e servizi per la generazione, trasmissione e distribuzione di energia per incrementare la capacità di produzione, migliorare l’affidabilità delle reti e l’efficienza energetica, diminuendo al contempo l’impatto ambientale. Con 125 anni di continua innovazione tecnologica, ABB contribuisce ancora oggi a modellare la rete del futuro. www.abb.it ABB SpA Power Systems Division via Albareto 35, 16153 Genova Email: [email protected] TGE04515_Giornale42_Schema Giornale 2012 13/04/15 14:04 Pagina 7 I7 CINQUE NUOVI SPETTACOLI ALLA PICCOLA CORTE G R A N B R E TAG N A I TA L I A SVEZIA Codici cifrati Sangue amaro Apatia per principianti [Ciphers] di Dawn King di Mariagrazia Pompei Valerio Marini [Apatiska for nyborjare] di Jonas-Hassen Khemiri PICCOLA CORTE da mercoledì 10 a sabato 20 giugno | ore 20,30 PICCOLA CORTE da mercoledì 24 giugno a sabato 4 luglio | ore 20,30 PICCOLA CORTE da mercoledì 8 a sabato 18 luglio | ore 20,30 (domenica e lunedì riposo) (domenica e lunedì riposo) (domenica e lunedì riposo) versione italiana Luca Viganò regia di Tommaso Benvenuti interpreti Valeria Angelozzi, Roberto Serpi Irene Villa, Giovanni Annaloro regia di Jacopo-Maria Bicocchi interpreti Mariagrazia Pompei Mario Cangiano, Marco De Gaudio, Roxana Doran Daniela Duchi, Michele Maccaroni versione italiana Alessandro Bassini regia di Mario Jorio interpreti Alice Giroldini, Sarah Pesca Daniele Madeddu, Sarah Paone Francesco Russo, Emanuele Vito Un mondo di spie e di spiati, ma anche di relazioni reciproche tra colleghi e di rapporti interpersonali, nei quali si mescolano il lavoro e il sesso, la paura e la morte. Quasi un giallo d’ambientazione internazionale per un testo agile e scorrevole che la Dawn King costruisce con abilità attraverso dialoghi incalzanti e l’intrecciarsi di scene (anche molto brevi) nelle quali il doppio ruolo previsto per ciascun interprete concorre a creare un complesso e ambiguo gioco degli specchi. Grottesco gioco di famiglia, in una modesta casa popolare di Roma. Il vecchio nonno malato d’alzheimer, la madre che manda avanti la casa con un figlio minore delinquente e una figlia un po’ ritardata. C’è anche una ragazza che fa da badante al nonno in cambio di alloggio e per amore del figlio del quale è l’amante. Per ripagare lo strozzino dei soldi bruciati dal nonno, il figlio organizza una rapina con un compare. Finisce male. Il ragazzo viene arrestato, ma subito inviato ai domiciliari anche perché nel frattempo la ragazza gli dà un figlio. Il problema è ora come restituire i soldi allo strozzino. Infine, comunque, una soluzione viene trovata. Dal libro-documento di Gellert Tamas. Inchiesta in flashback sul curioso fatto, accaduto alle soglie del terzo millennio, che in Svezia vide i figli degli immigrati cadere affetti da una malattia che li rendeva apatici nei confronti di tutto e tutti. Le autorità sostengono che siano i genitori che li avvelenano per poter avere il visto di soggiorno e così rimanere in Svezia. I genitori negano. L’inchiesta procede. Giovane drammaturga inglese, Dawn King è balzata alla ribalta della scena anglosassone quando nel 2011 ha vinto con Foxfinder un concorso che le ha permesso di essere rappresentata dal National Theatre di Londra. Messo in scena nel 2013, Ciphers è il secondo testo firmato da un’autrice che scrive anche regolarmente per la radio e per la tv. t e s t i m a i Scritto in collaborazione con Valerio Marini, Sangue amaro è opera di Mariagrazia Pompei: una giovane attrice formatisi alla Scuola del Teatro Stabile di Genova. r a p p r e s e n t a t i 7 8 16 Nato a Stoccolma nel 1978, Jonas-Hassen Khemiri è un romanziere e drammaturgo considerato tra i migliori della Svezia odierna. Di padre tunisino e madre svedese, è autore dal 2003 di alcuni romanzi, tra i quali Una tigre molto speciale, pubblicato anche in Italia. Per il teatro, ha scritto opere più volte rappresentate non solo in patria. 17 i n I t a l i a 9 VENERDÌ 8 MAGGIO – ORE 17 Foyer del Teatro della Corte 10 18 19 intorno alla RASSEGNA DI DRAMMATURGIA CONTEMPORANEA Per iniziativa dell’Associazione Nazionale Critici Teatrali i cinque registi degli spettacoli dello Stabile Massimo Mesciulam, Matteo Alfonso, Tommaso Benvenuti, Jacopo-Maria Bicocchi, Mario Jorio saranno intervistati dai critici membri dell’Associazione. È prevista la partecipazione di Valeria Ottolenghi, Caterina Barone, Gianni Poli Francesca Camponero, Simona Griggio, Clara Rubbi Introduce Silvana Zanovello. INGRESSO LIBERO PENSARE LE COSE IN GRANDE È DARE ATTENZIONE AI PARTICOLARI R I C E V I M E N T I D I N O Z Z E • W E D D I N G P L A N N I N G tel. 010 377.35.14 - tel. 010 362.80.33 [email protected] [email protected] VILLA LO ZERBINO • GENOVA www.capurroricevimenti.it aprile I luglio 2015 TGE04515_Giornale42_Schema Giornale 2012 13/04/15 14:04 Pagina 8 8I Spettacoli ospiti fino al 9 maggio x Ricordo di Luigi Squarzina IL GRANDE DITTATORE dal film di Charlie Chaplin Corte, 14 - 19 aprile Regia: Giuseppe Marini, Massimo Venturiello Sulle orme di Charlie Chaplin, la tragicomica storia di un barbiere del ghetto ebraico imposto dai nazisti, che viene scambiato per Hitler in persona. Un grido contro la guerra e contro tutte le dittature. Con Tosca e Massimo Venturiello. PARLACI DI IQBAL PAESAGGI PERDUTI di Marco Romei da Pier Paolo Pasolini fuori programma Duse, 27 aprile Regia: Franca Fioravanti Affetti privati e impegno civile nella poesia di Pasolini. La memoria come testimonianza e strumento di lettura del presente, come mezzo per portare alla luce il futuro nascosto nel nostro passato. Con Franca Fioravanti e Bernardo Russo. L’ALTRA BELLEZZA dal racconto di Ehsan Ullah Khan di Anna Solaro fuori programma fuori programma Corte, 29 aprile Palazzo della Borsa, 16 - 18 aprile Regia: Anna Solaro Il disagio psichico e il teatro. La diversità come specchio dell’anima. Il Gruppo Stranità racconta come, attraverso la rappresentazione teatrale, si possa attingere alla bellezza interiore. Regia: Enrica Origo La storia vera di Iqbal Masih: il dodicenne pakistano ucciso nel 1995 dalla “mafia dei tappeti” per aver denunciato al mondo il lavoro schiavizzato di milioni di bambini. «Una convincente forma di espressione teatrale» che Enrica Origo propone con la sua Compagnia di ragazzi. ACOUSTIC NIGHT 15 Italian Americans CARMEN di Enzo Moscato di e con Corte, 21 - 26 aprile Beppe Gambetta Corte, 6 - 9 maggio Regia: Mario Martone Tra teatro e opera lirica. Una storia contemporanea, con la sensuale sigaraia Carmen alle prese con la violenza maschile. Un racconto che si dipana in flashback, sullo sfondo colorato di una Napoli chiassosa e metaforica. Quasi un musical, con Iaia Forte e Roberto De Francesco. Regia: Beppe Gambetta Beppe Gambetta racconta il contributo artistico dato dagli emigranti italiani e dai loro discendenti alla cultura delle Americhe. Suoi ospiti, giovani artisti italoamericani: Kathy Mattea, star della musica country; Frank Vignola, virtuoso della chitarra; e Vinny Raniolo, improvvisatore ed eccellente accompagnatore alla chitarra. Luigi Squarzina con Ivo Chiesa e gli attori di Misura per misura, durante le prove dello spettacolo Lunedì 27 aprile 2015, ore 17, al Museo Biblioteca dell’Attore (via del Seminario 10, 4° piano), Guido Davico Bonino e Marco Sciaccaluga presentano il volume Luigi Squarzina, studioso, drammaturgo e regista teatrale, contenente gli Atti del Convegno Internazionale di Studi, svoltosi alla Fondazione Cini di Venezia nell’ottobre 2012. Dopo i saluti di Alberto Beniscelli, Direttore DIRAAS Genova, e di Eugenio Pallestrini, Presidente Museo Biblioteca dell’Attore e Teatro Stabile, interverrà la curatrice Maria Ida Biggi, Direttore del Centro Studi Teatro della Fondazione Cini. Nel corso della serata sarà presentato un video a cura del Teatro Stabile di Genova. Saranno presenti Silvia Danesi Squarzina e Eros Pagni. Nell’occasione verranno esposti alcuni materiali conservati negli archivi del Museo Biblioteca dell’Attore. Luigi Squarzina (Livorno 1922 - Roma 2010) è stato un protagonista del rinnovamento del teatro italiano nella seconda metà del Novecento. Compagno di Accademia di Vittorio Gassman, ha fondato con lui il Teatro d’Arte italiano, proponendo tra l’altro un celebre Amleto integrale. Dal 1962 e al 1976 ha diretto insieme con Ivo Chiesa il Teatro Stabile di Genova, MOSTRE a Palazzo Ducale Da Kirchner a Nolde. Espressionismo tedesco. 1905-1913 fino al 12 luglio – Appartamento del Doge August Sander. Ritratto del XX secolo fino al 23 agosto – Sottoporticato Speed Limit 40. Eugenio Carmi fino al 27 maggio – Loggia degli Abati contribuendo con le sue regie “critiche” a porlo al centro della storia del teatro nazionale e internazionale. Per lo Stabile genovese, prima di assumerne la condirezione, Luigi Squarzina aveva già firmate le messe in scena di I demoni di Diego Fabbri da Dostoevskij (1957), Misura per misura di William Shakespeare (1958), L’hurluberlu di Jean Anouilh (1959), La grande speranza di Carlo Marcello Rietmann (1960), Uomo e superuomo di George Bernard Shaw (1961), Ciascuno a suo modo di Pirandello (1961). Spettacoli ai quali fanno seguito, con la doppia firma di condirettore e di regista stabile altre 29 messe in scena, da Il bell’Apollo di Marco Praga e Il diavolo e il buon Dio di Jean-Paul Sartre (1962) a La foresta di Aleksandr Nikolaevic Ostrovskij (1976), passando attraverso la reinvenzione di Goldoni (I due gemelli veneziani, 1963; Una delle ultime sere di Carnovale, 1968; I rusteghi, 1969; La casa nova, 1973), gli adattamenti letterari di Tullio Kezich (La coscienza di Zeno, 1964; Bouvard e Pécuchet, 1968; Il fu Mattia Pascal, 1974) e l’invenzione del teatro-documento (Cinque giorni al porto, 1969; 8 settembre, 1971; Rosa Luxemburg, 1976). (continua da pagina 1, Editoriale del Direttore) È naturale pensare che, non solo per la sua storia, il Teatro Stabile di Genova aspiri al riconoscimento di teatro nazionale e, sia detto per inciso, questo riconoscimento non comporta necessariamente da parte dello Stato centrale un maggiore sostegno economico. Detto ciò, in pieno accordo con il Consiglio di Amministrazione, si è deciso di attuare per la prossima stagione lo stesso programma presentato come teatro nazionale perché quello che conta è la qualità del lavoro, soprattutto la consapevolezza di quello che si è veramente. Comunque, il vostro Teatro vi dà appuntamento al 18 e 19 giugno, quando presenteremo la stagione 2015/2016 e anche qualche anticipazione della stagione 2016/2017 per quanto riguarda alcuni progetti produttivi. ll 18 giugno, l’incontro sarà doppio: alla mattina presenteremo al Teatro della Corte il programma alla stampa locale e nel pomeriggio al Padiglione Italia dell’Expo, alla stampa nazionale. Alle ore 18 di venerdì 19 giugno è previsto alla Corte l’incontro con il pubblico (Associazioni, Scuole, Aziende, ecc.). Molte le novità, spero gradite: più spettacoli e recite di produzione, meno ospitalità, più tipologie di abbonamento, vendita on-line sia di abbonamenti che di biglietti, nuove modalità di prenotazione sia per abbonamenti che per biglietti. Presenteremo anche future collaborazioni con teatri e artisti sia italiani che europei. Segnalo ancora l’importante protocollo d’intesa fra noi, il Carlo Felice e il Palazzo Ducale, non solo perché razionalizzerà e potenzierà l’offerta che si proporrà ai cittadini liguri, confidando di attrarre persone sia dall’Italia che dall’estero, ma perché è il segnale che abbiamo lanciato, di unirsi e non di dividersi, per costruire insieme una Genova diversa, orgogliosa, ma aperta al cambiamento, con spirito di fiducia e ottimismo. Concludo ringraziandovi ancora per la fedeltà e il calore con i quali ci seguite, e arrivederci al 18 e 19 giugno. ANGELO PASTORE “HELLZAPOPPIN” FOYER DELLA CORTE // PROGRAMMA FINO AL 29 APRILE 2015 // INGRESSO LIBERO MERCOLEDÌ 15 APRILE – ORE 17.30 Conversazione con i protagonisti incontro con Massimo Venturiello e Tosca Protagonisti dello spettacolo “Il grande dittatore” a cura di Umberto Basevi (Associazione per il Teatro Stabile di Genova) MERCOLEDÌ 22 APRILE – ORE 17.30 Conversazione con i protagonisti incontro con Iaia Forte e i gli altri interpreti dello spettacolo “Carmen” a cura di Umberto Basevi (Associazione per il Teatro Stabile di Genova) MERCOLEDÌ 29 APRILE – ORE 17.30 Presentazione del libro Cha-U-Kao di Rosalba Troiano introduce Ferruccio Giromini interviene l’Autrice Ministero Beni e Attività Culturali soci fondatori COMUNE DI GENOVA PROVINCIA DI GENOVA REGIONE LIGURIA si ringrazia partner della stagione Progetto grafico: art: Bruna Arena, Genova (04215) Stampa: Microart’s Genova INCONTRI LA STORIA IN PIAZZA 2015. Le età del Capitalismo – 16/19 aprile a cura di Donald Sassoon, con Luca Borzani, Alessandro Cavalli e Antonio Gibelli X Festival Pop della Resistenza. Aria di libertà – 24 aprile, ore 17/24 Teatro-canzone scritto e diretto da Gian Piero Alloisio Germanica – fino al 21 maggio, ore 17.45 a cura di Alessandro Cavalli La rivoluzione dell’arte: le avanguardie del primo Novecento – 29 aprile_25 maggio, ore 17.45 a cura di Anna Orlando La settimanale di fotografia. Incontri e confronti – 6_27 maggio a cura dell’ Associazione fotografica SACS Lezioni di architettura. Tre maestri a Palazzo Ducale – dall’8 maggio a giugno in collaborazione con la Fondazione Ordine degli architetti di Genova La democrazia ci dà risultati corretti? Nadia Urbianti – 28 maggio, ore 17.45 Per tutto il programma della Fondazione www.palazzoducale.genova.it aprile I luglio 2015 numero 42 • aprile | luglio 2015 Edizioni Teatro Stabile di Genova piazza Borgo Pila, 42 | 16129 Genova www. teatrostabilegenova.it Presidente Prof. Eugenio Pallestrini Direttore Angelo Pastore Condirettore Marco Sciaccaluga Direttore responsabile Aldo Viganò Collaborazione Annamaria Coluccia Segretaria di redazione Monica Speziotto Autorizzazione Trib. di Genova n° 34 del 17/11/2000