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Le lezioni di coach Peterson
superbasket.it TECNICA Le lezioni di coach Peterson Ma all'epoca ero molto giovane, 26 anni, e anche propenso alle esagerazioni. Per far capire a Jim che non poteva continuare, testardamente, a palleggiare e perdere la palla, gli dissi: "Ok, Morby, nuova regola! Regola Peterson: se Morby palleggia, Peterson toglie Morby dalla partita". Mi guardò con gli occhi stralunati. Poi, in allenamento, stessa cosa. Alla fine, l'allenamento è servito. Se lui palleggiava, dicevo: "In partita, saresti già in panchina". Dopo un po', lui iniziò a capire, e smise di palleggiare. Quindi aggiunsi: "Ok, nuova regola Peterson: ti è permesso un palleggio". Il palleggio "a granchio". Lo schizzo a sinistra mostra il pivot in palleggio. Da notare la tecnica. Sta scivolando alla sua sinistra. Si chiama movimento "a granchio" perché si muove appunto come un granchio. Notare dove palleggia: fra i piedi. Non con il braccio esteso in avanti. Questo, no. Invece, si nota che la palla è totalmente protetta! Cioè, il suo difensore non può rubarla da dietro perché il pivot la protegge con sedere, corpo, gambe, ginocchio. E i piccoli non possono rubare da davanti perché protegge la palla fra i piedi. Insomma, la palla è blindata. Per la verità, si può palleggiare anche 2-3 volte con questa tecnica, perché è sicura. Ma è meglio non esagerare. Infatti i più grandi centri in attacco di ogni tempo, parlo di George Mikan (anni 50), Wilt Chamberlain (60), Willis Reed e Bob Lanier (70), Kareem Abdul-Jabbar (80), non esageravano mai con il palleggio. Li ho visti giocare un'infinità di volte e non mi ricordo una loro palla persa rubata durante il palleggio. Mai. Usavano la tecnica del palleggio a granchio. Usavano il principio di non fare mai più di un palleggio. Erano una vera scuola di basket per tecnica e buon senso. Il gatto e il topo. Ecco l'esercizio che ogni coach conosce: "Topo e Gatto", oppure, "Gatto e Topo". Facilissimo. Due giocatori sono dentro uno dei cerchi del campo. Cia- ◂ Il pivot: il palleggio (parte #1) SE c'è una cosa che fa disperare ogni allenatore di basket, è il pivot che perde la palla mentre palleggia. Peggio, si fa rubare palla dai piccoli avversari, che non aspettano altro che il pivot palleggi. Anzi, gli allenatori dicono: "Non raddoppiate e non tentate subito la rubata. Aspettate l'istante in cui la palla esce dalle sue mani, poi cercate immediatamente il pallone, perché non saprà proteggere il proprio palleggio. Anche meglio, vi farà vedere la palla!" So che questa è la dinamica esatta perché insegnavo io proprio quella tecnica difensiva. Infatti, rubare la palla al pivot mentre palleggia è una tecnica specifica. Ho avuto, io come ogni allenatore, il medesimo problema. Quando allenavo la JV, Junior Varsity, a McKendree College, un piccolo college NAIA, nel 1962-63, avevo un pivot della mia città, reclutato da me, Jim Morby, 2.05, grande atleta, molto veloce, ottime mani, discreto tiro. Ma, quando Jim andava uno-controuno, lo faceva sempre con 5-10-15 palleggi. Immancabilmente dopo il terzo palleggio, un piccolo avversario, ghiotto sul boccone, gli rubava la palla proprio dal palleggio. Da lì mi venne l'idea dell'esercizio di uno-contro-uno senza palleggi, già visto. Fu disegnato proprio per Jim Morby. SuperbasketOfficialPage 94 superbasket.it TECNICA scuno ha una palla, sia il triangolo nero che il cerchio nero. L'idea è di rubare il pallone all'altro durante il palleggio. Se perdi il palleggio o esci dal cerchio, perdi. Così i giocatori imparano a conoscere i loro limiti, a proteggere la palla, ad usare il corpo come scudo. Ovvio, così imparano anche ad usare il palleggio a granchio. Anzi, è la tecnica basilare per avere successo in questo esercizio. Forse qualcuno pensa che questo esercizio sia più adatto per i play, le guardie, i piccoli. Al contrario, si usa con i pivot, contrapposti a un giocatore più piccolo, più coordinato, miglior palleggiatore. Così il lungo si abitua al piccolo che cerca di portargli via la palla. Ovvio, qui si usa più di un solo palleggio. Anzi, forse si palleggia per 30 secondi consecutivi. Non importa. Stiamo moltiplicando il numero di volte in cui i giocatori devono proteggere la palla. Se si fa questo solo un minuto ogni giorno, il pivot diventa più bravo nel palleggiare e anche nel proteggere la palla con l'uso del proprio corpo. Ho avuto due grandi maestri di questa tecnica in Italia: Terry Driscoll alla Virtus Bologna, 1975-78; Dino Meneghin con l'Olimpia Milano, 1981-87. Loro due non esageravano mai nel palleggio. Entrambi letteralmente difendevano la palla. Poi, erano due killer. Se un piccolo avversario si azzardava ad avvicinarsi per rubare dal palleggio, rischiava di finire steso per terra. Anche questa è tecnica. Vuol dire avere conoscenza di tutto ciò ti che succede attorno, anticipare i problemi, avere pronta una soluzione. Questione di mestiere. Kresimir Cosic e Arvydas Sabonis di vari decenni. Anzi, giocava la "Princeton Offense" prima che la Princeton Offense esistesse. Lui cambiava la geometria del gioco, aprendo spazio sotto canestro per i tagli dietro, il back door. Esercizio Clock. Più avanti, quando sono andato a Michigan State, 1963-65, come vice-allenatore, ho imparato questo esercizio dal nostro grande capo allenatore, Forrest "Forddy" Anderson: si chiama "Clock". Per la verità, Anderson lo faceva con quattro esterni fermi, poi io ho introdotto una modifica per mettere gli esterni in movimento sincronizzato, con il famoso gioco Clock, Orologio, contro le zone e le difese combinate. E' semplice, come si vede dal disegno qui sopra: il play (1) passa al post (5), che si trova in alto, sulla linea di tiro libero. Poi i quatto esterni ruotano, tutti in senso orario (ma si può anche fare antiorario). Da notare una linea rossa che spezza il campo in due: lato sinistro, lato destro. Se il post riceve dal lato sinistro, deve passare ad un ricevitore sul lato destro, e viceversa. I taglianti si muovono a seconda della direzione di chi passa dietro al post. Così, il post impara a vedere i due lati del campo e a passare con la tecnica giusta: mano destra verso lato destro; mano sinistra verso lato sinistro. Così si migliora anche la visione periferica. Come detto, i taglianti possono cambiare direzione ed è il passatore che indica in quale direzione andranno. Il post impara così anche a leggere questi movimenti. Il primo grande passatore dal pivot che ho visto fu il leggendario George Mikan, che giocava in pivot basso per i Minneapolis Lakers, inizio anni 50. La sua squadra, i Lakers, appoggiava la palla a Mikan quasi a ogni azione, per due motivi: lui segnava sempre, una media di 30 punti a partita negli anni 50; oppure passava la palla in maniera perfetta e loro usavano il gioco "Split" con grande frequenza: un semplice incrocio, e Mikan dava la palla o al tagliante o al bloccante, in taglio dopo il suo blocco. Mai un passaggio deviato, intercettato, sbagliato. Post: esercizio split. Negli anni '50 molte squadre, NBA come NCAA, usavano questo esercizio come riscal◂ Il pivot: il passaggio (parte #2) Il pivot, per la verità, ha due varianti: post (in alto) e pivot (in basso). In entrambe queste posizioni di partenza, lui deve saper fare lo "smistatore" della palla: il "playmaker interno". In altre parole, il pivot deve essere un punto di riferimento per la squadra, capace cioè di ricevere la palla, proteggerla e fare la cosa giusta subito dopo: tirare, giocare uno-contro-uno, palleggiare per migliorare la sua posizione, o passare la palla bene. Il pivot è, quindi, una valvola di sicurezza, uno che può ricevere sotto pressione, nel traffico, e dare la palla all'uomo giusto nel momento giusto. Il primo grande passatore dal post che ho visto era Johnny Kerr dell'Università dell'Illinois, inizio anni 50. Non ero abituato a vedere un lungo con quei centimetri giocare così in alto, sulla linea di tiro libero. Ok, forse a livello scolastico, con un non-pivot. Ma Kerr era alto 2.05. Lui ha preceduto i vari Bill Walton, Kareem Abdul-Jabbar, SuperbasketOfficialPage 95 superbasket.it TECNICA damento pre-partita, con file in ala sinistra, ala destra, guardia sinistra e guardia destra, con un pivot fisso, che operava su un lato, poi l'altro, alternandosi. Ho preso questo esercizio "Split", incrocio, da Harry Combes dell'Università dell'Illinois, sempre negli anni 50, quando ero studente lì, 1954-55. Per la verità lo usava anche la mia università, Northwestern, sotto Waldo Fisher. Nel disegno, però, si vedono solo cinque giocatori coinvolti. L'ala grande (4) passa al pivot basso (5). Poi (4) piazza un blocco al gomito sinistro (come si deve fare in un gioco) per la guardia (2), che sfrutta il blocco per fare uno split, un incrocio. Sull'altro lato, l'ala piccola (3) piazza un blocco cieco per il play (1) ed entrambi si scambiano la posizione. Il pivot ha quattro possibili passaggi: a (2) sullo split; a (4) dopo il suo blocco; a (1) in taglio verso canestro sfruttando il blocco cieco; a (3) che si libera dopo il suo blocco. Di nuovo, il pivot deve vedere i due lati del campo, sapere dov'è ogni possibile ricevitore. Un ultimo commento: la tecnica del passaggio consegnato a (2) dev'essere perfetta. Il pivot protegge la palla con l'avambraccio sinistro e consegna la palla, mano a mano. Importante: il pivot non alza la palla verso l'alto, causando confusione. Lui mette la palla nelle mani del compagno. Insomma in maniera semplice, e non facendo il fenomeno. Poi, ogni passaggio viene preceduto da una finta di passaggio. Ecco come un bravo pivot-postpassatore evita la palla deviata: con una semplice finta di passaggio, o anche due, prima di effettuare il passaggio. attaccare uno-contro-uno nell'area dei tre secondi. Bastava la minima spinta e perdevano l'equilibrio. Un disastro. Che fare? U n o - c o n t r o - u n o senza palleggi. E' l'esercizio più semplice, più banale nella storia del basket. Il coach (C) passa la palla al pivotoffensivo (cerchio blu) nell'area dei tre secondi, dove sarà marcato da un difensore (X5). Il pivot deve andare a concludere senza palleggiare. All'inizio pensano di non potersi muovere, poi invece imparano ad usare piede perno, passo lungo e terzo tempo, giro frontale e tiro, giro frontale, finta di tiro, passo d'incrocio, terzo tempo. Esiste una vasta gamma di soluzioni che si possono usare senza dover palleggiare. In questo primo esercizio, il pivot impara a resistere al contatto con l'avversario. Sopra ogni cosa, non subisce più la ginocchiata, l'ancata, la gomitata o altro contatto che gli impedisca di muoversi. Impara a tenere l'equilibrio con i piedi aperti, con una base larga, con un passo d'incrocio forte (pure superando il ginocchio dell'avversario). Più che proteggere la palla, il pivot acquisisce fiducia nei suoi mezzi tecnico-fisici, nella sua abilità di mantenere la calma se c'è contatto, di poter usare diverse soluzioni nell'uno-contro-uno senza dover palleggiare. Uno contro uno senza palleggio con Raid. Ora il prossimo passo. Qui abbiamo cambiato il gioco e l'abbiamo reso molto più difficile, molto più complicato. Ora si vede che ci sono altri due difensori, X2 e X3. Loro faranno i "raid" sul pivot. Si fa così: nell'istante in cui il coach passa al pivot, gli altri due difensori possono raddoppiarlo. Quindi, il pivot è marcato da tre giocatori. Perciò impara ad andare a concludere velocemente. Impara a muovere la palla. Poi, se non può concludere, ha l'opzione di ripassare la palla fuori all'allenatore e si ricomincia da capo. Il coach può essere diabolico qui. Può variare la posizione di partenza dei due uomini-raid. Quindi può riprodurre ciò che il pivot affronterà in partita: il raid dal lato cieco e il raid da dietro. I due che fanno il raid devono cercare di strappare la palla dalle mani del pivot, anche con qualche schiaffo sulla mano, sulla palla, sull'avam- ◂ Il pivot: proteggere la palla (parte #3) Il pivot deve trasmettere fiducia ai suoi compagni. In due sensi. Primo, deve dimostrare che è capace di ricevere la palla quando loro lo cercano, e abbiamo già visto come lavorare su questo aspetto nella lezione precedente. Secondo, deve dimostrare di saper proteggere la palla. Ovvero non buttarla, non farsela rubare dai piccoli, non palleggiare nel traffico ed evitare una palla deviata o intercettata. Il lavoro dell'allenatore qui è di moltiplicare il numero di volte che il pivot affronta situazioni di questo genere in allenamento, con un esercizio specifico. L'idea per questo esercizio mi è venuta perché, come ogni allenatore, diventavo matto quando il mio pivot perdeva la palla. Vado indietro negli anni: ero alla US Naval Academy ad Annapolis, Maryland, nel 1965-66. Allenavo le matricole, quelli del primo terribile anno ad Annapolis, i Plebes. Un anno di inferno per loro. La Marina aveva, ai tempi, un limite di altezza: nessuno oltre 1.93 poteva entrare. Certo, se entravi e crescevi dopo, nessun problema. Questa regola è stata modificata dopo molto tempo e David Robinson, 2.13, è la dimostrazione di questo progresso. Ma io ero lì decenni prima di Robinson. I miei due pivot erano Tom Smith (1.95) e Doug Wilcox (1.98), entrambi cresciuti dopo essere stati accettati dalla USNA. Due ragazzi eccezionali ma con il vizio - tutti e due - di perdere il pallone come niente fosse. Sopra ogni cosa, palleggiavano nel traffico e uno dei piccoli - Steve Kaplan, Chuck Provini, Rich Doyle - rubava la palla in palleggio come se nulla fosse. Per di più non sapevano SuperbasketOfficialPage 96 superbasket.it TECNICA braccio. Sono cose che succedono in partita. Sia chiaro, in tutto questo il pivot deve cercare di segnare, pure unocontro-tre, ma senza palleggiare. Lui impara così che il palleggio non è necessario. Poi, più avanti, lo userà con parsimonia. Come sono andati a finire Tom Smith e Doug Wilcox alla USNA? Tom ha lasciato Navy dopo quell'anno, avendo capito che una carriera nella Marina non faceva per lui, ed è tornato a un piccolo college nel suo stato del New Jersey. Wilcox invece entrò nella prima squadra a Navy. Hanno fatto progressi con questo esercizio? Sì, senza dubbio. Poi l'ho usato a Delaware, con Kenn Barnett e Ed Roth, in Cile con Raimundo Schmidt e Manuel Torres, a Bologna con Gigi Serafini, a Milano con Toio Ferracini. Funziona con chiunque, anche nazionali come Torres, Schmidt, Serafini e Ferracini. stato sempre una forza, in parte anche perché gli lasciavano fare sia sfondamento che passi in attacco. Comunque, cosa deve saper fare un vero pivot? Smarcarsi in movimento. Come si vede nel disegno, ci sono due coach (C), due difensori (x4 e x5) e un pivot (5 blu). E' un esercizio in continuità. In questo senso: prima, 5 cerca di smarcarsi in movimento sul lato sinistro e riceve dal coach di quel lato e poi ripassa la palla a quell'allenatore. Scatta subito verso il lato destro e fa la stessa cosa. Bastano 8-10-12 ricezioni ogni giorno, una questione che porta via forse due minuti di tempo. Poi, si può variare la posizione degli allenatori, con uno in lunetta, alimentando il pivot mentre attraversa l'area in movimento. Con questo, il pivot impara a leggere la posizione del difensore. Se il difensore ha la testa girata verso la sua spalla sinistra, allora il pivot legge questo dettaglio e scatta per ricevere sul lato cieco del difensore. Ovvio, se c'è un terzo coach, e il pivot attraversa l'area, allora tutti e due i difensori lo dovranno marcare, il pivot impara così a ricevere (a) in movimento e (b) nel traffico. Altrettanto chiaro, si può variare questo esercizio in diversi modi per raggiungere diversi scopi. L'importante è che il pivot impari a muoversi bene e a ricevere in movimento, in taglio, il che raddoppia le sue possibilità offensive. Smarcarsi da fermo. Ora si gioca su un lato solo. Come si vede nel disegno, il pivot (5 blu) è sul lato sinistro; il suo difensore (x5) è al suo fianco in posizione di anticipo; il coach (C) nella posizione di ala, per alimentare il pivot. Ovvio, si può avere anche un secondo coach, ad esempio in posizione di play, per variare l'angolo di passaggio e rendere la cosa più difficile per il difensore quanto per l'attaccante. L'esercizio è semplice: il pivot usa la sua conoscenza del gioco di gambe per prendere una posizione corretta e ricevere il passaggio in maniera semplice. Il pivot può usare diverse tecniche per smarcarsi: (a) iniziare faccia-a-faccia contro il difensore, che disorienta un po'; (b) usare la cosiddetta "sedia girevole" per cam- Il pivot: smarcarsi (parte #4) Il ruolo del pivot è cambiato tanto - forse troppo - in questi anni. Come diceva Shaquille O'Neal, l'ultimo pivot puro, pivot classico: pivot basso, spalle a canestro, palla dentro, tiro o passaggio. Oggi, per diversi motivi, il pivot gioca in alto, per effettuare il blocco sul gioco pick and roll, oppure in angolo, se è un buon tiratore, come Dirk Nowitzki o Andrea Bargnani. Anche in difesa è di moda il pivot rapido, capace di difendere sul pick and roll, come abbiamo visto fare a Kyle Hines (1.94) con l'Olympiakos Atene vittorioso in Eurolega nel 2012 e nel 2013. Due cambi di regolamento negli anni 70 e 80 hanno causato il tutto. Nei primi anni 70, c'è stato un cambiamento per quanto riguarda il blocco. Prima il bloccante doveva dare un metro (per la verità, il regolamento prevedeva un passo) di spazio fra il bloccante e il difensore che subiva il blocco. Dopo, hanno permesso al bloccante di andare addosso al difensore, rasente a lui. Con questo, il pick and roll assunse molta più importanza. Ne so qualcosa io, perché il mio gioco L prevedeva il blocco di Dino Meneghin proprio sulla pelle del difensore di Mike D'Antoni. Poi, ovvio, il secondo cambio riguardò l'introduzione del tiro da tre punti, prima nell'NBA e poi nella FIBA, con l'anno 1984-85. Da lì in avanti ecco Dirk Nowitzki, Andrea Bargnani e altri lunghi capaci di tirare da tre. Quindi il pivot non è più un pivot, bensì un'ala grande. Ovvio, un pivot che tira da tre invita il suo uomo a uscire per marcarlo. Molto lunghi sono riluttanti a farlo, quindi il loro coach mette un tipo di giocatore alla Kyle Hines (adesso al CSKA Mosca) a giocare pivot, pur sacrificando qualcosa in attacco, perché lui è disposto ad uscire in angolo e a marcare l'altro pivot-tiratore. Prima o poi, però, qualcuno deve giocare vicino al canestro. Anche quelli che sono bravi a tirare da tre devono saper giocare dentro. Anzi, chi non ha le due dimensioni - dentro e fuori - oggi è in difficoltà. Infatti la carriera di Shaquille O'Neal è andata in declino per diversi anni e per diversi motivi: (a) non tirava da tre; (b) non usciva per marcare un avversario che tirava da tre; (c) non era in grado di difendere sul pick and roll. Dentro l'area? Lui è SuperbasketOfficialPage 97 superbasket.it TECNICA il braccio in avanti per ricevere con due mani, senza aver problemi da Clifton, impalato lì, indietro. Qualche anno dopo il coach di DePaul, il mitico Ray Meyer, colui che ha creato Mikan, mi ha confermato che sì, questa era la tecnica. Disegno 1. Qui vediamo l'attaccante con una buona posizione di base: piedi larghi, buon equilibrio, il gomito sinistro proprio sulla gola del suo difensore (che non si sposterà in avanti neanche un centimetro, per paura di farsi male), con la mano destra esposta come punto di riferimento. Quindi, la prima parte è fatta: il difensore è tagliato fuori. Attenzione a non dare una gomitata in gola al difensore. E' fallo, ed è anche una pessima tecnica. Basta appoggiare il gomito dolcemente sul pomo di Adamo, o nella parte alta del petto. Così il pivot sa sempre dov'è il suo difensore. Disegno 2. Qui si vede solo l'attaccante. Lui utilizza una tecnica specifica. Aspetta che la palla sia quasi arrivata, poi porta in avanti rapidamente la seconda mano, la sinistra, quella che era indietro nel fare il tagliafuori. Così, riceve con due mani. E' il tempismo che rende il tutto efficace, la pazienza di aspettare una frazione di secondo in più per muovere la mano sinistra. Poi, chiaro, si va verso la palla e la si afferra come fosse un rimbalzo, con una presa forte, sicura, per avere controllo totale e per far capire al difensore: "Questa palla è mia". Usando questa tecnica semplice ma efficace, il pivot riceve senza problemi. In questo modo trasmette fiducia ai compagni, che saranno più disposti a dargli la palla. Prende fiducia in sé stesso, perché sa che può fare una cosa bene. Sia chiaro, altri pivot (e non solo pivot) hanno usato questa tecnica nelle epoche successive a Mikan, che giocò negli anni 40 e 50. Bernard King dei New York Knicks fece una dimostrazione (su mia richiesta) di questa tecnica al nostro NBA Camp di Salsomaggiore, nel 1982. Quindi, non c'è niente nuovo nel basket: tecniche di 70 anni fa valgono benissimo ancora oggi. ◂ biare posizione senza dover cedere terreno; (c) andare addosso al difensore, poi fare una virata veloce per prendere posizione. Ci sono anche altre tecniche. Ma è meglio iniziare con queste tre, molto semplici. I più grandi pivot di sempre (Walton, Abdul-Jabbar, Mikan, Chamberlain, Russell) usavano queste e tutti sono nella Hall of Fame oggi. Basta provare questi esercizi 1-2 minuti ogni giorno per insegnare questa tecnica al pivot. Il pivot: ricevere la palla (parte #5) Uno dei grandi guai per un pivot - specie se giovane - è imparare a ricevere la palla in maniera sicura. Generalmente il giovane prova a ricevere, spesso con scarso successo, e perde la palla in una maniera o nell'altra. L'effetto di questi insuccessi è totale: il pivot giovane perde fiducia in se stesso, i compagni perdono fiducia nel giovane pivot. Il risultato di tutto ciò è che il pivot viene escluso dal gioco, e che diventa passivo in difesa, nei rimbalzi, negli aiuti, negli schemi. In altre parole non fa progressi. Quali sono i suoi problemi? 1. Se riceve con una mano sola, tagliando fuori il difensore con l'altra mano, non ha una ricezione sicura. Anzi, è quasi impossibile afferrare la palla con una mano sola, anche per un pivot dell'NBA. Però, il pivot pensa: "Devo usare il mio gomito sinistro e mio avambraccio sinistro per tenere il mio difensore lontano. Altrimenti, lui interviene". Infatti il difensore, tagliato fuori, non può fare nulla. Ma il pivot che attacca non riesce a prendere la palla, che casca per terra, preda facile dei piccoli o del suo difensore. Insomma, un disastro, nonché brutta figura. 2. Se riceve con due mani, il difensore, non tagliato fuori, devia il passaggio o addirittura lo intercetta. Ovvio, aiuta il pivot attaccante se va verso la palla per ricevere, come fosse un rimbalzo. Ma spesso, volendo tenere la posizione, non fa questo, e il suo difensore diretto semplicemente gli gira intorno e devia o intercetta la palla. Insomma, il pivot-attaccante sembra incapace di fare la cosa più basilare della pallacanestro: prendere - ricevere - la palla. Cosa può fare per ottenere le due cose contemporaneamente, ovvero tagliare fuori il difensore e ricevere il passaggio? Ho imparato questa semplice tecnica dal più grande pivot di sempre: George Mikan. Lui giocò prima a DePaul Univeristy di Chicago, ma io non l'ho visto lì. Poi con i Chicago American Gears, nell'altra lega, non l'NBA. L'ho visto a fine anni 40, con gli allora Minneapolis Lakers, contro gli Harlem Globe Trotters, al Chicago Stadium. Mikan era il giocatore più fisico che io abbia mai visto. Un killer di 2.08 per 110 kg di peso, enorme per i tempi. Era uno che voleva la sua posizione in pivot basso. Sempre. A qualsiasi costo. Bene. George Mikan prendeva posizione anche contro un giocatore fortissimo, Nat "Sweetwater" Clifton, degli Harlem. Per di più, riusciva a ricevere la palla sempre, come e dove voleva. La sua tecnica era talmente semplice che quasi non sono riuscito a capirla: appoggiava un gomito in faccia a Clifton per tenerlo lontano, poi spostava SuperbasketOfficialPage 98