...

DOrmivO COn i guanti Di Pelle

by user

on
Category: Documents
12

views

Report

Comments

Transcript

DOrmivO COn i guanti Di Pelle
Daniele Cobianchi
Dormivo
con i guanti di pelle
Cobianchi_Dormivo con i guanti.indd 3
21/12/12 11.08
© 2013 Arnoldo Mondadori Editore S.p.A., Milano
I edizione Piccola Biblioteca Oscar gennaio 2013
ISBN 978-88-04-62663-3
Questo volume è stato stampato
presso ELCOGRAF S.p.A.
Stabilimento - Cles (TN)
Stampato in Italia. Printed in Italy
Questo libro è un’opera di fantasia. Personaggi e luoghi citati sono invenzioni
dell’autore e hanno lo scopo di conferire veridicità alla narrazione. Qualsiasi analogia con fatti, luoghi e persone, vive o scomparse, è assolutamente casuale.
Cobianchi_Dormivo con i guanti.indd 4
21/12/12 11.08
Dormivo con i guanti di pelle
A Stefano, fratello mio
Cobianchi_Dormivo con i guanti.indd 5
21/12/12 11.08
Cobianchi_Dormivo con i guanti.indd 6
21/12/12 11.08
È proprio questo qualcosa che io definisco “amore”.
L’unica cosa che può fermare la caduta di un uomo,
l’unica cosa che abbia in sé la forza di negare le leggi di gravità.
Paul Auster, Moon palace
I pezzi di vetro sparsi per terra tornano di nuovo vicini,
risalgono l’aria e sullo scaffale riappare un bicchiere.
Niccolò Fabi, Ecco
Cobianchi_Dormivo con i guanti.indd 7
21/12/12 11.08
Cobianchi_Dormivo con i guanti.indd 8
21/12/12 11.08
Parte prima
Cobianchi_Dormivo con i guanti.indd 9
21/12/12 11.08
Cobianchi_Dormivo con i guanti.indd 10
21/12/12 11.08
More than words
La pelata del pianobarista luccicava nel buio e le candele ai tavoli assegnavano a quel cranio irregolare e rasato
nelle sue aree ancora vive il ruolo di palla stroboscopica.
Il pizzetto d’ordinanza al mento interpretava – col
phisique du rôle necessario – l’alter ego di un ciuffo di
capelli scomparso prematuramente negli anni del liceo,
quando i sogni di rock and roll si spegnevano al mattino all’impietosa verifica della superficie della federa del
cuscino che, come un freddo bollettino di guerra, annunciava la scomparsa di una ventina dei “nostri ragazzi”,
eroicamente caduti in trincee di tempie non più irrorate.
Non lo faceva per lavoro, il pianobarista.
Non era una questione di soldi. Nemmeno di part
time, o di mantenimento agli studi: lui cercava un pubblico. Un faro sparato addosso, applausi, lanci di reggiseni. E in quelle cene di classe con gli ex compagni che
per la prima mezz’ora non riconosci, in quegli addii al
nubilato soft – senza mister muscolo unto in perizoma
che esce da una torta e struscia il pacco sulle fanciulle
più inquiete –, tra quelle bourguignonne, salsine rosse
11
Cobianchi_Dormivo con i guanti.indd 11
21/12/12 11.08
e verdi e i lambruschi viola, un pubblico c’era. E c’era
per davvero.
Alla Taverna Ronchi il pianobarista suonava tre volte
alla settimana grazie a una stretta di mano sudata con il
titolare. Era un locale storico a Milano, pare che ci avesse debuttato Gaber, anche se adesso era più noto per le
cotolette. Quella testa pelata cercava il consenso con una
chitarra semiacustica al collo e un computer portatile dal
software molto tecnologico. Adagiato su un pianoforte a
coda, conteneva le basi musicali di un migliaio di canzoni. Lo collegava con dei cavi jack all’impianto di amplificazione e al piccolo mixer, e poi dal monitor richiamava scalette di canzoni fatte e finite, pronte a costruire il
mood della serata, in un crescendo d’intensità e ritmo,
in linea col numero di bottiglie che venivano fatte fuori.
Con la chitarra, invece, pochi accordi e, se necessario a
infighettare la performance, qualche assolo.
Varcai l’ingresso insieme al mio ex regista, l’Urlatore.
Che dire dell’Urlatore?
L’Urlatore si era trasformato in essere umano indispensabile dopo che le strade non asfaltate delle nostre carriere ci avevano destinato due case di produzione concorrenti. La sua era in zona Navigli, a fianco di un ristorante
cinese che friggeva qualunque cosa gli capitasse a tiro.
Riccioli disordinati neri, faccia scavata sotto gli zigomi,
occhiali dalla montatura trendy in osso, occhi a fessura
con un filo di azzurro. Basetta, anni Settanta, voluminosa e arruffata. Assenza cronica di labbro superiore: non
che io avessi delle labbra da watusso, ma all’Urlatore la
12
Cobianchi_Dormivo con i guanti.indd 12
21/12/12 11.08
bocca sembrava che gliela avessero incisa in ostetricia,
al mondo da venti secondi, con un disegno affrettato di
bisturi, una volta svelato il mistero del mancato pianto.
All’inizio non fu facile.
Ci mettemmo un po’ ad annusarci.
Il primo giorno che arrivai in quello che doveva essere il nostro ufficio non feci nemmeno in tempo a dire
“Piacere, William Orsini” che lui se n’era già andato a
pisciare. Certo, avremmo dovuto lavorare in coppia,
spaccarci un’unica testa per pensare a dei format televisivi che avessero la dignità di essere presentati alle reti
nazionali: di quelli che, se azzecchi il plot e riesci a infilarlo in prime time, vivi nel grasso per anni. Ma la chimica sosteneva il contrario. L’Urlatore non mi percepiva
come il suo autore, ovvero colui che poteva accendere
l’occhio della sua macchina da presa, ma piuttosto come
un saccheggiatore di ego. Un panchinaro che entra in
campo agli sgoccioli del secondo tempo e gonfia la rete
al primo rimbalzo di palla. Era un figlio di papà venuto male e mi spiego meglio: avvocato il bisnonno, avvocato il nonno, avvocato il padre, avvocati i fratelli maggiori Alfredo e Gian Matteo, avvocati i cugini Niccolò
e Lorenzo. L’Urlatore aveva mollato la facoltà di Legge
per fare il regista di videoclip dopo aver passato a Londra un anno sabbatico in una specie di comune dei figli
dei figli dei fiori. Era la cellula impazzita della famiglia,
un ribelle categoria Mastercard Gold che il padre, quando parlava di lui, chiamava “Quello là”.
Poi le cose tra noi migliorarono e mi confidò persino
di quando si era ubriacato a un rave party mischiando
13
Cobianchi_Dormivo con i guanti.indd 13
21/12/12 11.08
diversi alcolici e qualche pasticca e aveva ballato sotto
una cassa da non so quanti watt fino all’alba, compromettendo il timpano dell’orecchio destro, rassicurandomi però che ora ci sentiva benissimo.
Per organizzare la serata alla Taverna Ronchi mi aveva telefonato a fine pomeriggio:
«LUCILLA, MINI COOPER, TRIBALE TATUATO SUL COCCIGE, TI DICE NULLA?»
«Tribale... Mini Cooper... non sarà quella che ti sei fatto e poi hai cercato di smaterializzare tra i panni stesi
del ballatoio con i boxer tirati su in qualche modo mentre la tua ex nel giorno del suo trentesimo compleanno
entrava nel cortile con dei pasticcini?»
«CHE MEMORIA...»
«Be’, quella figura di merda me l’hai raccontata almeno dieci volte. Ne sarebbe bastata anche una sola, ti
confesso.»
«DICI? ASCOLTAMI...»
«Ascoltarti è l’unica cosa che non risulta difficile.»
«QUELLA PAZZA HA ORGANIZZATO UNA TAVOLATA DI
CAMPIONESSE DEL MONDO DI GIN TONIC, TUTTE SINGLE
DI RIENTRO, IN SABBIATISSIMA TEMPESTA ORMONALE...
PASSO DA TE CON LA MOTO...»
Avevo il cellulare tra le cosce e le palle e lo presi in
mano dopo sedici interminabili vibrazioni.
Pensai addirittura che fosse accaduto qualcosa di grave, tanto non smetteva quel terremoto sullo scroto. Mi alzai di scatto inciampando nelle gambe della sedia e indisponendo un brizzolatissimo ricercatore che indossava un
gessato a righe giganti. Stava proiettando sul muro il pro14
Cobianchi_Dormivo con i guanti.indd 14
21/12/12 11.08
filo psicografico del target del preserale con dei grafici e
delle animazioni. Lavoravo a una specie di quiz che doveva catalizzare i telespettatori e tenerli incollati al video fino
al Tg delle 20, e il produttore esecutivo di quella robaccia
mi aveva accreditato al workshop per capire per bene che
facce avessero gli ebeti davanti al televisore a quell’ora.
«Okay, Urlo, si fa, ma adesso ti devo salutare.»
Risposi a bassissima voce e di fretta, con le spalle alla
porta della sala riunioni e la mano a conchetta davanti alla bocca. Ma, nonostante ciò, non avevo rinunciato
alla stoccata, stronzissima – sono d’accordo – anche se
ampiamente riconosciuta dallo statuto delle nostre conversazioni. L’Urlatore era fatto così. Spariva per un mese
intero per poi rifarsi vivo nei momenti meno opportuni,
proponendo dei rendez-vous nei quali gli elementi costanti erano sempre gin tonic o tette, casomai tutt’e due.
Il responsabile dell’istituto di ricerca mostrò senza filtri il suo fastidio sospendendo nell’aria la parola “pensionato” e lanciandomi uno sguardo a saetta davvero
poco carino. Poi riprese la sua presentazione riportando il vaporoso eloquio al ritmo precedente.
Nuovamente seduto e libero dall’ansia nella postura
professionale ritrovata, mi lasciai intorpidire dal pensiero
di bissare la storica serata al Jazzcafé, quando Juditte, inquieta belga nel sia benedetto anno di Erasmus, dopo
avermi fatto succhiare il suo Chupa Chups fragola e panna ed esserselo rimesso tra le labbra con la sobrietà della pornostar Milly D’Abbraccio, mi rapì e mi rinchiuse
in bagno per un salivatissimo quarto d’ora.
15
Cobianchi_Dormivo con i guanti.indd 15
21/12/12 11.08
Fly UP