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E il pentito attaccò “il Supremo”
LUNEDÌ 18 agosto 2008 D A L P O L L I N O 6 A L L O S T R E T T O ora calabria E il pentito attaccò “il Supremo” Processo “Missing”, il collaboratore di giustizia Lauro contro Condello REGGIO CALABRIA «Condello Pasquale per me…o, per dirla con Di Pietro, è il più peggiore di tutti. È un uomo, tra virgolette, che ha messo in frigorifero il proprio sangue e ha rinnegato il Dio trino per il Dio quattrino. Le voglio dire assolutamente una cosa che mi riprometto, prima o dopo, di incontrarlo in qualche Corte d’Assise». Questo è solo uno stralcio della deposizione shock dell’ex collaboratore di giustizia Giacomo Ubaldo Lauro davanti alla Corte d’Assise di Cosenza dove si sta celebrando il processo “Missing” contro le cosche cosentine. Il 9 luglio scorso il pentito, che a metà degli anni novanta aveva dato un grandissimo contributo ai magistrati della Dda reggina, “ritorna” in un’aula giudiziaria per la prima volta dopo il suo recente arresto. Collegato in videoconferenza dal carcere di Prato, infatti, la gola profonda doveva deporre sull’omicidio Geria, consumato nel 1983 a Scalea. Un delitto che sarebbe stato eseguito materialmente dal clan Muto di Cosenza ma che sarebbe stato pensato e voluto dalle cosche di Reggio Calabria per risolvere una “faccenda” a Santa Caterina, un quartiere nella zona nord della città. Lauro ci mette poco a superare i paletti per cui il pm del processo “Missing” lo ha inserito nella lista dei testimoni e inizia a raccontare le sue verità chiarendo che, nella sua carriera di pentito, non ha detto tutto. «Non ho detto menzogne, ma non ho detto tutto» esordisce davanti al presidente della Corte d’Assise e ai giudici popolari. Ritornando ai fatti di Reggio e al suo rapporto con il boss di Archi, detto il “Supremo”, aggiunge: «In ginocchio, dinanzi a tanta gente che è sopravvissuta, tra cui Giovanni Fontana, i Saraceno, parenti alla lontana sua, mi giurò sul sangue di suo fratello Domenico, morto all’uscita del carcere innocente, che non ci sarebbe stata pace se non con la chiarezza di tutte queste tragedie che era ora che a Reggio e la provincia di Reggio finissero le tragedie, la mamma delle tragedie. Ebbene, sa con chi dormiva ultimamente? Con i figli di Giorgio…Paolo de Stefano. Sa con chi dorme attualmente e questo glielo posso garantire perché lo so, suo cugino Domenico con i figli di cui Domenico ha ammazzato, con i figli di Paolo. Ma questa è gente che lei può chiamare umana o io posso chiamare umana? Io gli am- L’invito al giudice Ho chiesto al procuratore di Catanzaro Spagnuolo un incontro urgente per salvare qualche vita mazzo il padre e poi dormiamo nello stesso letto per i soldi?». L’ex collaboratore, protagonista del processo “Olimpia”, ritorna quindi sulla seconda guerra di mafia che, dal 1985 al 1991, ha lasciato a terra centinaia di morti ammazzati. Una carneficina che ha visto da una parte la cosca De Stefano-TeganoLibri e dall’altra il cartello condelliano composto anche le famiglie mafiose Imerti, Fontana, Serraino e Rosmini. «Pasquale Condello è un i retroscena della strage/1 Condello è un infame Giovanni Fontana se n’è uscito da questa tragedia. Ha pure perso un fratello i retroscena della strage/2 Condello mangia e dorme con i fratelli... i figli di De Stefano, del fu Paolo De Stefano. Tutto insieme fanno il giuramento del boss Mi giurò che non ci sarebbe stata pace se non con la chiarezza di tutte queste tragedie a Reggio Calabria infame. – rincara la dose Lauro – Giovanni Fontana se n’è uscito da questa tragedia. Non ha voluto nemmeno partecipare ai summit che hanno stabilito la pace. Perché Giovanni Fontana ha perso un fratello e non ha voluto stringere la mano a colui il quale gli ha ucciso il fratello». Presidente: «Cioè chi?». Lauro: «E due di questi sono collaboratori di giustizia oggi». Presidente: «E chi sono? Chi sono?». Lauro: «Un certo Fiume e un certo Fracapane, un certo Fiume e un certo Fracapane». Presidente: «Fiume e Fracapane! E Condello che c’entra in questa situazione?» Lauro: «Mangia e dorme con i fratelli … i figli di De Stefano, del fu Paolo De Stefano». Presidente: «Ma Condello ha ammazzato De Stefano?». Lauro: «E chi l’ha ammazzato? Non l’ha ammazzato suo cugino? …Si, Domenico, che è latitante ed ha preso il suo posto signor Presidente, mangia e beve e dorme assieme a Giuseppe De Stefano. Assieme fanno le estorsioni, assieme mettono le bombe e assieme ammazzano le persone». L’ex collaboratore fa riferimento anche ad episodi, riguardanti la Procura reggina, avvenuti nei mesi scorsi in riva allo Stretto: «Non è cambiato nulla, è peggiorato tutto. Non solo, ma assieme (De Stefano e Condello, ndr) mettono le tragedie su dei magistrati onesti di Reggio Calabria, per cui io ho già chiesto al signor Procuratore aggiunto della Dda di Catanzaro, dottor Spagnuolo, un colloquio urgente presso la Direzione Nazionale, o meglio, la Procura Nazionale di Roma prima me lo da e prima riusciamo a salvare qualche vita». Presidente: «Va bene. Senta una cosa, lei per tragedie cosa intende? …. Calunnia? Lei intende calunnia?». Lauro: «No, no, no. Dico questo…per tragedie intendo questo, per tragedie intendo questo, un fatto storico accertato, documentato e già passato in giudicato. Allora, mentre…mentre Domenico Libri sparava il Rosmini, andava dai Rosmini e gli diceva che erano i Lo Giudice a sparare i Rosmini. Poi sparava i Lo Giudice e andava dai Lo Giudice a dire che erano i Rosmini. Queste sono le tragedie…Le calunnie non portano la morte. Queste portano centinaia di morti». Rispondendo alle domande dell’avvocato Marcello Manna sulle fonti per cui il pentito è a conoscenza della «vicinanza Condello, De Stefano e altro», Giacomo Lauro chiarisce: «I giornali, i giornali, chi me lo dice? La televisione e i giornali. Io la vedo la televisione e sono abbonato al Corriere della Sera…Guardi, quando lei legge che alla Procura si trovano delle cimici a lei, in cuor suo, avendo sessantasei anni e cinquant’anni di crimine. Lei faccia conto che io sono un grande chirurgo in pensione e che uno mi dice i sintomi… un grande patologo che uno mi dice i sintomi su un giornale, io so qual è la malattia perché ci sono passato per cinquant’anni a fare quel mestiere. Io uccidevo e facevo uccidere le persone, ha capito o non ha capito? Perché io so che le cimici…». Prima che Lauro riesca a finire la frase viene, però, interrotto dal pubblico ministero e, il presidente da la parola all’avvocato Francesco Calabrese. Quest’ultimo testa l’ex collaboratore sui rapporti con il suo assistito, il boss Pasquale Condello arrestato il 18 febbraio scorso a Pel- ACCUSE Nella foto a sinistra Pasquale Condello, il “Supremo”, al momento dell’arresto. Non sono mancate le “frecciatine” ai suoi danni del collaboratore di giustizia, Giacomo Ubaldo Lauro (nella foto di sopra) laro dopo oltre 20 anni di latitanza. Avvocato Calabrese: «Ha mai parlato con lui di qualcosa di illecito?». Lauro: «Di illecito? Di illecitissimo questo infame, di illecitissimo non di illecito. Quando uscii dal carcere io prima di lui mi disse, di fronte a tanti altri, “le raccomando Giacomo non si faccia uccidere perché lei è necessario”». L’ex collaboratore riprende con le solite frecciatine al “Supremo”: «Ma scusi, ma se è lui perché non me lo … me lo fa vedere un attimo?». A questo punto della deposizione, il “Supremo” collegato in video conferenza dal supercarcere di Parma si agita e, solo l’avvocato Calabrese riesce a calmarlo e a convincerlo a non rispondere alle provocazioni del pentito. Rispolverando la memoria, Lauro racconta gli anni trascorsi assieme a Pasquale Condello presso “l’Hotel San Pietro”, così veniva chiamato il carcere di Reggio: «Siamo stati…abbiamo mangiato assieme, c’era anche Tripodi Giovanni in quella cella, in quella cella c’era Bruno Trapani, in quella cella c’erano tutti gli arcoti e abbiamo invitato anche, in quella cella, su mia richiesta Cosimo Ruga per cercare di convincerlo di non allearsi con i De Stefano, invece lui si era già alleato. Ho passeggiato nel cortile dei…dei cellulari dove erano riservati i De Stefaniani, assieme a lui, accanto a lui perché voleva che la gente lo vedessero che ero accanto a lui. E poi mi mandava ambasciate a me che ero uscito attraverso il buonanima di Pasquale Latella, quello che poi, nella pace fatta, non era arcoto e non gli interessava tanto. Io avevo una famiglia per fatti miei, ho sempre avuto una famiglia per fatti miei. Gli ho dato solo una mano che Soggiorno al San Pietro In quella cella c’era anche Tripodi Giovanni c’era Bruno Trapani. C’erano tutti gli “arcoti” Strategie e trattative Abbiamo invitato Cosimo Ruga per convincerlo a non allearsi con i De Stefano. Ma lo aveva già fatto erano… erano stati distrutti a fucilate dai Tegano, distrutti! E quando uscii dal carcere di Locri venne a prendermi Pasquale Buda vivente, oggi vivente anche se ha un occhio perso, assieme a Vincenzo Corsaro vivente al carcere di Locri e mi portarono direttamente in casa di Nino Imerti, dove c’era Nino Saraceno e c’era Paolo Polimeni detto “Paolo u’ pony” e in ginocchio Nino Imerti, detto “il nano feroce” che mandava la moglie a prendersi i soldi per non dividerli con gli altri e gli ha fatto prendere sette anni alla moglie chissi sunnu i malandrini! Mi ha detto in ginocchio “compare ci dovete dare una mano di aiuto per il vostro carisma e le vostre amicizie”, questo è scritto e questo è fatto. Io aiu (ho, ndr) 66 anni e ne ai 50 de ‘ndrangheta». Avvocato Calabrese: «Senta, mentre era detenuto ha mai discusso con Condello di azioni delittuose da compiere fuori?». Lauro: «Si, si ammazzare Giorgio De Stefano, l’avvocato e mi ero preso l’impegno, c’era Carmine Alfieri che lo può testimoniare…. Ma gli dica al suo cliente che avremo modo di incontrarci in aula!». 1-continua LUCIO MUSOLINO [email protected]