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Treppiedi_quarta lezione_OFA_B
Anassimandro…l’ápeiron “L'ápeiron (l'etimologia più condivisa fa risalire il termine al greco a, «non», e péras, «limite», nella forma peiras del dialetto ionico di Mileto) rappresenta, secondo la filosofia di Anassimandro, l'arché, cioè l'origine e il principio costituente dell'universo. Essa è una materia infinita, indeterminata, eterna, indistruttibile e in continuo movimento. Secondo altri, invece, ápeiron starebbe a significare fango, polvere e terra. Il che sarebbe molto più in linea con l'idea di arché degli altri componenti della scuola ionica” (da Wikipedia) Anassimandro in DK Di Anassimandro (VI a. C.), DK riportano: 12 testimonianze indirette (gruppo A), di autori vissuti in periodi diversi ma che si rifanno quasi tutti agli scritti di Teofrasto (il principale allievo di Aristotele) 5 citazioni frammentarie (gruppo B) estratte da autori a lui successivi (tra cui Aristotele) Anassimandro in DK La prima novità di Anassimandro rispetto a Talete, dal punto di vista filologico, è che sono pervenuti a noi dei frammenti (non autografi) Anassimandro in DK [Fr. 12 A 1 D-K ] [Da Suidas ] Anassimandro figlio di Prassiade, di Mileto, filosofo, parente, discepolo e successore di Talete. Per primo trovò equinozio, solstizi e orologi, e che la terra giace nel preciso mezzo. Introdusse lo gnomone e mostrò in generale un abbozzo di topografia della terra. Fr. 12 A 2 D – K [Da Simplicio che riporta a sua volta la Fisica di Teofrasto] Di quanti dissero uno, mobile e indefinito (il principio) Anassimandro figlio di Prassiade, di Mileto, che fu discepolo e successore di Talete, “principio” ed elemento ha detto “delle cose che sono l’indefinito”, il primo ad avere introdotto questo nome del principio. in questi due frammenti si nota: 1) L’insistenza sul profilo di “filosofo” e “scienziato” di Anassimandro. 2) La sua appartenenza ad una “scuola” (Talete) 3) Il suo far parte di “quanti dissero” che “principio delle cose è un “elemento”. Al “principio” poi, di filosofo in filosofo, viene attribuito un nome differente (“l’indefinito” nel caso di Anassimandro). La fonte: Teofrasto Principale allievo di Aristotele, fu a capo della scuola peripatetica (fondata da Aristotele) per 35 anni, fino alla sua morte nel 287 a.C. Tra le sue opere rivestono grande importanza i trattati di fisica e scienze (botanica, studio delle rocce etc.). Anassimandro “scienziato” / 1 La maggior parte delle testimonianze su Anassimandro restituiscono l profilo di un geologo, astronomo ed indagatore dei fenomeni naturali. Ad esempio: Fr. 12 A 8 D – K “Su tuoni, lampi, turbini e tifoni. Per Anassimandro, tutti questi fenomeni succederebbero in base al soffio; quando infatti intercettato da nube spessa ne fuoriesca a forza per la sua sottile particellarità e leggerezza, allora la rottura determina il rumore, ed il contrasto a fronte del nero della nubelo sfolgorìo” Anassimandro “scienziato” / 2 Fr. 12 A 9 D – K [Aristotele, De Caelo] Ci sono alcuni che affermano che essa [la terra] resterebbe al suo posto per via della parità, come degli antichi Anassimandro. Perché per niente più in alto che in basso o nelle direzioni trasverse compete di spostarsi a ciò che sta collocato al mezzo e che è in condizione di parità rispetto agli estremi; ed è poi impossibile che possa fare il movimento contemporaneamente nelle direzioni opposte, sicché necessariamente resta. Anassimandro “scienziato” / 3 Le opere in cui lo stesso Aristotele tiene conto di Anassimandro sono quasi tutte opere di indagine sulla natura: - Sul cielo - Fisica - Sulla generazione e sulla corruzione - trattato sulla metereologia Letture / 1 Aristotele Fisica “Ed è anche giustificato che tutti considerino l'infinito come principio: non è infatti appropriato né che esso esista invano, né che a esso appartenga un'altra possibilità se non come principio. Ogni cosa, infatti, o è principio o deriva daun principio; ma dell'infinito non c'è principio, perché in tal caso esso avrebbe un limite. E inoltre esso è ingenerato e incorruttibile, proprio come se fosse un principio: è necessario, difatti, che sia il generato trovi un termine, sia la fine appartenga a ogni distruzione. Perciò diciamo appunto che di esso non vi è principio, ma che esso sembra essere principio delle altre cose, e abbracciare tutte le cose, e tutte le cose governare, come affermano quanti non stabiliscono altre cause, quali l'intuizione o l'amore al di là dell'infinito. E tale sembra essere il divino: difatti è senza morte e senza distruzione, come asseriscono appunto Anassimandro e la maggior parte degl iindagatori sulla natura” Anassimandro nella Metafisica di Aristotele Aristotele non colloca Anassimandro nella sequenza a noi nota (Talete, Anassimene...). Vi è infatti già nella sua ricostruzione storico filosofica (Metaph. A – 3) la consapevolezza che L'àpeiron non è sovrapponibile a “elementi” quali l'acqua di Talete o l'aria di Anassimene. “Riguardo poi alla sostanza e alla natura dell'uno, bisogna indagare in quale dei due modi stia la questione – così appunto come, nel libro delle aporìe, abbiamo discusso su che cosa sia l'uno e in che senso lo si debba sssumere – se...o se piuttostovia sia una natura come sostrato, e se in qualche modo occorra intenderlo in senso più manifesto, e di preferenza come fanno appunto quelli che speculano sulla natura: tra costoro infatti c'è chi dice che l'uno è amore, un altro afferma che è aria, e un altro ancora che è infinito” Aristotele, Metafisica 1014 b 16 - 36 Ipotesi: Anassimandro in Aristotele / 1 Difficoltà di collocazione Se per un verso, la discendenza di “scuola” di Anassimandro lo spinge a inserirlo nel filone degli “indagatori della natura” (Fisica), la natura stessa del “principio” cui si rifà Anassimandro lo spinge a non porlo in “sequenza” con i “fisiologi” (Talete, Anassimene..) ma piuttosto con coloro che si sono occupati della “sostanza e della natura dell'uno” (i fisici pluralisti, gli Eleati) Ipotesi: Anassimandro in Aristotele / 2 Da Aristotele a Diels Kranz passando per Teofrasto 1) La collocazione nella “sequenza” (Talete, Anassimene...) è attribuibile più a Teofrasto che non direttamente ad Aristotele. 2) L'operazione di Teofrasto consiste nel mitigare i dubbi sulla duplice collocazione e spostare Anassimandro integralmente dal lato dei “fisiologi”. 3) Diels e Kranz confermano l'operazione di Teofrasto (Anassimandro “scienziato”) selezionando da Aristotele, perlopiù citazioni dalle opere “naturalistiche” e scientifiche. I “frammenti” di Anassimandro in DK Va ricordato, rispetto all'ipotesi storicamente consolidatasi (appena vista), che la presenza stessa – in Anassimandro rispetto a Talete – dei frammenti (il gruppo B DK), aumenta notevolmente le possibilità di elaborare una controipotesi. Anassimandro in DK B. FRAMMENTI [Fr. 12 B 1] …principio…delle cose che sono l’indefinito…ed i fattori da cui è la nascita per le cose che sono, sono anche quelli in cui si risolve la loro estinzione, secondo il dovuto, perché pagano l’una all’altra, esse, giusta pena ed ammenda della loro ingiustizia secondo la disposizione del tempo [Fr. 12 B 2] è questa [sic. questa certa natura dell’ápeiron] eterna ed insenescente. [Fr. 12 B 3] immortale…e indistruttibile (l’ápeiron = il divino) [Fr. 12 B 4] canna di mantice [Fr. 12 B 5] a colonna di pietra assimilabile, la terra. Domande... 1) Quanto c'è del “naturalista” e del “materialista” Anassimandro nei suoi frammenti? 2) Quanto il profilo di Anassimandro nelle testimonianze (gruppo A) può dirso coerente con i frammenti? Letture / 3 G. Colli La sapienza greca Vol. II Epimenide – Ferecide – Talete – Anassimandro – Anassimene - Onomacrito (Einaudi Torino 1978) “Fa la sua apparizione con Anassimandro, un nuovo tipo di sapiente, quello ‘degno di ammirazione e a un tempo terribile’. Non più l’aspra dolcezza arcaica di Orfeo o l’evanescente lontananza di Epimenide: ora si mostra un uomo che fa rabbrividire. Questo sapiente parla direttamente agli uomini, li provoca. Per riuscire in ciò, assume un atteggiamento teatrale; già con i gesti fa sentire il suo distacco, per coinvolgerli. Solo in questo quadro possiamo intender euna strana testimonianza, secondo cui Anassimandro fingeva l’allucinazione della tragedia” 11 [B 8] “[da Diogene Laerzio] E Diodoro di Efeso (IV a. C.), quando scrive attorno ad Anassimandro, afferma che Empedocle rivaleggiava con lui, fingendo un’allucinazione degna della tragedia, e assumendo un abbigliamento ieratico” N. B. Questa testimonianza pur essendo stata raccolta da Diels e Kranz, non viene riportata nella maggior parte delle edizioni della loro opera. “Viene qui in soccorso Nietzsche, che nella sua geniale spiegazione dell’origine della tragedia intende l’azione drammatica appunto come un’allucinazione del corpo posseduto da Dioniso. Il mondo della tragedia era un’epidemia visionaria: la cosa era familiare ai Greci, e la comunicazione di questa capacità di vedere era ciò che li travolgeva, in questa divulgazione eleusina. Anassimandro si esercita nell’allucinazione, si presenta in pubblico, con abbigliamento ieratico, come uno che vede ciò che nessuno vede. Per questo il sapiente è terribile, perché nessuno può impadronirsi della sua visione, e perché nessuno può sapere se egli vede veramente quello che dice di vedere” G. Colli, La sapienza greca. Differente traduzione (Colli / D – K) [DK 12 B 1] …principio…delle cose che sono l’indefinito…ed i fattori da cui è la nascita per le cose che sono, sono anche quelli in cui si risolve la loro estinzione, secondo il dovuto, perché pagano l’una all’altra, esse, giusta pena ed ammenda della loro ingiustizia secondo la disposizione del tempo [Colli 11 A 1] Le cose fuori da cui è il nascimento alle cose che sono, peraltro, sono quelle verso cui si sviluppa anche la rovina, seconodo ciò che dev’essere: le cose che sono, difatti, subiscono l’una dall’altra punizione e vendetta per la loro ingiustizia, secondo il decreto del Tempo. “Per primo Anassimandro ha introdotto la parola Arché, ponendola al vertice. Sarà soltanto più tardi che tale parola significherà principio astratto, elemento: anticamente significava origine, inizio, e d’altro canto dominio, sovranità potere soverchiante, magistratura, autorità. Sono entrambi questi significati antichi che dobbiamo presupporre assieme in Anassimandro. La sua parola è un comando, e la filigrana del mondo che egli comunica è anch’essa un comando. Il mondo è una polis: il rapporto tra esso e l’al di là del mondo è regolato dalla necessità, ‘secondo ciò che dev’essere’” G. Colli, La sapienza greca La “polarità” in Anassimandro “Ecco ancora una volta, dietro l’ondeggiante figura di Anassimandro, presentarsi due dèi, separati e uniti. L’imperio attraverso la parola manifesta Apollo, e così lo sviluppo del logos. Ma sullo sfondo c’è l’altro dio, e l’abbigliamento tragico del sapiente lo rivela: mai la nullità della vita individuale – la dottrina di Dioniso! – era stata compresa in una formula tanto lieve, e mai più lo sarà. E il sapiente è la bocca di Dioniso quando dice che ‘ le cose fuori da cui’ e le ‘cose verso cui’ sono quelle, onde discende ogni contraddizione e in cui ogni contraddizione si risolve”. G. Colli, La sapienza greca Di una certa “dialettica” in Anassimandro / 1 Si è soliti fare risalire la nascita della “dialettica” a Platone ed il suo perfezionamento ad Aristotele (abbiamo visto il “ragionamento dialettico”). Che cos'è la dialettica? Ripasso... (lezione 2) Procedimento dialettico - Assumere un’ipotesi (rispetto ad una domanda con almeno 2 risposte possibili) - Tenere sempre conto delle ipotesi contrarie - Confrontare ad ogni passo del ragionamento argomenti a favore dell’ipotesi assunta ed argomenti a favore delle ipotesi contrarie Ripasso...(lezione 2) Nel procedimento dialettico, l’ipotesi assunta, passo dopo passo, è “accompagnata” dalle ipotesi contrarie e si confronta con esse. Il procedimento consiste nel “mettere alla prova”, di passaggio in passaggio, l’ipotesi assunta rispetto alle ipotesi contrarie. “Principio della dimostrazione è una premessa immediata, ossia una premessa cui nessun’altra è anteriore. Dal canto suo, la premessa costituisce l’una o l’altra parte della contraddizione, ed esprime il riferimento di una sola determinazione ad un solo oggetto: essa è dialettica, quando assume indifferentemente una qualsiasi delle due parti suddette, ed invece dimostrativa quando stabilisce in modo determinato come vera una delle due” Aristotele, Analitici II, 72a Di una certa “dialettica” in Anassimandro / 2 Ipotesi di retrodatazione delle origini della dialettica Nelle Lezioni sulla storia della filosofia, ad esempio, Hegel rintraccia le prime forme antiche di “dialettica” in Parmenide (l'essere e la sua negazione) e in Eraclito (il movimento dei contrari, “polemos”). In tal senso, lo stesso Hegel, intepreta la dialettica di Platone come un tentativo di conciliare questi due predecessori (che ancora oggi noi studiamo come voci assolutamente inconciliabili). Di una certa “dialettica” in Anassimandro / 3 Anche in questo ipotetico quadro “alternativo” rimane invariata la collocazione di Anassimandro nella sequenza dei “fisiologi” Di una certa “dialettica” in Anassimandro / 4 Se, nel quadro interpretativo appena scuola dei “fisiologi” rimane relegata ad di immaturità della filosofia antica, dall'avvento delle prime forme di (Eraclito, Parmenide) visto, la una fase superata dialettica Allora, alla luce questo stesso quadro “alternativo”, non sarebbero presenti in Anassimandro spunti per una prima elaborazione della dialettica. Di una certa “dialettica” in Anassimandro / 5 Giorgio Colli, muovendosi sullo “sfondo” nietzscheano da lui delineato (lezione 3), elabora un'ipotesi “alternativa” alla stessa “alternativa” di matrice hegeliana. Letture / 4 G. Colli La sapienza greca Vol. II Epimenide – Ferecide – Talete – Anassimandro – Anassimene - Onomacrito (Einaudi Torino 1978) Il frammento più noto di Anassimandro (il suo “detto”) [Colli 11 A 1] “Le cose fuori da cui è il nascimento alle cose che sono, peraltro, sono quelle verso cui si sviluppa anche la rovina, secondo ciò che dev’essere: le cose che sono, difatti, subiscono l’una dall’altra punizione e vendetta per la loro ingiustizia, secondo il decreto del Tempo”. Il nascimento e la rovina formano un'opposizione, anche se non antifatica, e tale opposizione è usata dialetticamente , perché dalla sua negazione emerge l'opposizione – unificazione tra 'le cose fuori da cui' e le ' cose verso cui'. Ciò apre la strada all'opposizione suprema, quella fra 'le cose' e 'le cose che sono'. Qui il logos, lo strumento della rappresentazione astratta, tenta per la prima volta di inchiodare l'irrappresentabile, la parola tracontante cerca di afferrare ciò che respinge da sé la parola. Da un lato, per indicare il silenzio dell'indicibile, una designazione pronominale assolutamente indeterminata, dall'altro, e in opposizione, un solo predicato: essere – il segno dell'apparenza [...]” “ma l'essere è una abbreviazione della vita, la sua essenza: questa è la grande indicazione pessimistica di Anassimandro. D'altro canto l'essere è una categoria suprema del pensiero, che per la prima volta entra nel discorso di un sapiente, a significare l'illusorio […] Qual è l'inganno di Anassimandro? Quale la sua Sapienza? Forse una maschera della tracontanza (Dioniso), attraverso l'invenzione del logos. Con un linguaggio che non desta sospetti egli realizza la profanazione del misterico, include l'indicibile in un discorso profano che sanziona la sua indicibilità, costringe tutti ad accogliere l'al di là dell'essere come norma intangibile” La dialettica “giustizia” / “ingiustizia” [Colli 11 A 1] “Le cose fuori da cui è il nascimento alle cose che sono, peraltro, sono quelle verso cui si sviluppa anche la rovina, secondo ciò che dev’essere: le cose che sono, difatti, subiscono l’una dall’altra punizione e vendetta per la loro ingiustizia, secondo il decreto del Tempo”. Ipotesi di Colli: Anassimandro politico “Più ancora che giudiziario, il linguaggio di Anassimandro è un linguaggio politico. Difatti, per primo Anassimandro ha introdotto la parola arché, ponendola al vertice. Sarà soltanto molto più tardi che tale parola significherà principio astratto, elemento: anticamente significava origine, inizio, e d'altro canto dominio, sovranità, potere soverchiante, magistratura, autorità. Sono entrambi questi significati antichi che dobbiamo presupporre assieme in Anassimandro. La sua parola è un comando, e la filigrana del mondo ch'egli comunica è anch'essa un comando”. Colli: Anassimandro e la “polarità” “il mondo è una polis: il rapporto tra esso e l'al di là del mondo è regolato dalla necessità, 'seconodo ciò che dev'essere'; il rapporto nel mondo tra 'le cose che sono' è sottoposto all'imperio del 'decreto del tempo'. Ecco ancora una volta, dietro l'ondeggiante figura di Anassimandro, presentarsi i due dèi, separati ed uniti. L'imperio attraverso la parola manifesta di Apollo, e così lo sviluppo del logos lungo i meandri degli enigmi dialettici. Ma sullo sfondo c'è l'altro dio, e l'abbigliamento tragico del sapiente lo rivela: mai la nullità della vita individuale – a dottirna di Dioniso! - era stata compresa in una formula tanto lieve, e mai più lo sarà. E il sapiente è la bocca di Dioniso quando dice che 'le cose fuori da cui' e le 'cose verso cui' sono quelle onde discende ogni contraddizione e in cui ogni contraddizione si risolve” La dialettica come “polemologia” in Anassimandro I Greci e la “guerra” La meditazione della guerra, fondamentale nei poemi omerici, lo è anche nella filosofia proprio a partire da Anassimandro. Omero ed Anassimandro, ad esempio, sono parimenti presenti in questo frammento di Eraclito: [Fr. 22 DK B 53] “Polemos, di tutte le cose è padre, di tutto è re, e gli uni dèi li dimostrò, gli altri uomini; gli uni, schiavi li fece, gli altri liberi” Ipotesi La guerra come arché Condannata aspramente e senza riserve nell'Odissea, la guerra è giudicata con ambivalenza nell'Iliade, ove appare per un verso una nobile palestra di eroici ardimenti, ma per altro verso il luogo delle più atroci crudeltà e sofferenze. L'ambivalenza della guerra in Anassimandro / 1 Anassimandro considera la lotta cosmica tra gli opposti un atto tanto di giustizia quanto di ingiustizia Questa è una chiave per comprendere in che senso si parla di “pessimismo” e di “antropomrfismo” in Anassimandro. L'ambivalenza della guerra in Anassimandro / 2 Alla sopraffazione di un opposto sull'altro (ingiustizia perché è tracontanza) segue la sopraffazione inversa (che stando alla legge arcaica del taglione, sarebbe giustizia). Dunque, tre elementi essenziali nel “detto”: - condanna della sopraffazione/tracontanza - adozione della legge del taglione - la giustizia si realizza paradossalmente attraverso l'ingiustizia. Il “pessimismo” di Anassimandro Nel principio secondo cui la giustizia si realizzerebbe attraverso l'ingiustizia c'è la più antica concezione greca del pessimismo: Nell'universo l'ingiustizia è talmente inevitabile da essere la condizione stessa del realizzarsi della giustizia. L'“antropomorfismo” di Anassimandro Si tratta dell'operazione, assolutamente nuova, e poi più volte ripresa in filosofia, attraverso cui Anassimandro utilizza concetti giuridici ed etici (“colpa”, “pena”, “giustizia”), propri del mondo esclusivamente umano, come strumenti per intepretare il mondo extra – umano. Anassimandro tra Nietzsche e Heidegger Nietzsche Ne La filosofia nell’epoca tragica dei Greci (1873), Nietzshce propone una sua traduzione del detto di Anassimandro: «Là da dove le cose hanno il loro nascimento, debbono anche andare a finire, secondo la necessità. Esse debbono infatti fare ammenda ed esser giudicate per la loro ingiustizia, secondo l’ordine del tempo» L'ipotesi di Nietzsche su Anassimandro Per Nietzsche, Anassimandro è: - il primo pensatore “astratto” (non materialista) dell'antichità. - il primo pensatore a ritenere che la filosofia ha anche una sua scrittura, il cui scopo principale è sancire ulteriormente l'incontrovertibilità del detto. L'ipotesi di Nietzsche su Anassimandro / 2 Ma per Nietzsche, Anassimandro è soprattutto: Il primo pensatore “morale” dell'antichità, in quanto il “detto” è nella sua essenza una descrizione del destino umano, inevitabilmente portato a finire e perciò “triste”. Da qui l'idea del “pessimismo” di Anassimandro, ossia della lucida consapevolezza dell’impossibilità di pensare un destino diverso per la natura umana. L'ipotesi di Nietzsche su Anassimandro / 2 Quale possibilità per gli uomini? Per Nietzsche la sola possibilità di fuoriuscire da quel destino consisteva nell'intendere nascita e morte come facenti parti di un ciclo del ritorno: “tutto tende a dissolversi ma può ritornare ad ogno nuova era” (l'universo è “ciclico”) il tempo ciclico offre dunque una chance per la riconquista di sé, nonostante il pessimismo. L'ipotesi di Nietzsche su Anassimandro / 3 Nietzsche scorge nell'àpeiron di Anassimandro, luogo da cui tutto si origina come per “distacco” e a cui tutto torna come per “ricongiunzione”, l'elemento attorno a cui fare ruotare questa sua visione ciclica del tempo (come alternanza di generazione universale e distruzione universale) Il superamento del pessimismo, in tale quadro, fa leva sulla possibilità umana di annullare, nel “ritorno” a ciò da cui ci si è distaccati, quel senso di “separatezza” dalle cose, che provoca sconforto Heidegger Heidegger accoglie l’interpretazione nietzscheana di Anassimandro, ma la completa, chiedendosi cosa davvero il “detto” voglia dire e perché il pensiero successivo le abbia “travisate” (Aristotele, Teofrasto etc.). L'ipotesi di Heidegger su Anassimandro A partire dall'intepretazione di Nietzsche possiamo comprendere sia il senso originario delle Parole di Anassimandro sia anche il senso del loro fraintendimento da parte dei filosofi successivi. Per Heidegger, in sintesi, il frantendimento delle parole di Anassimandro (per esempio la riduzione “naturalista” di Teofrasto) è qualcosa di storicamente necessario, in quanto implicito nel suo stesso messaggio originario. L'ipotesi di Heidegger su Anassimandro / 2 Come Colli, anche Heidegger rifiuta la tesi dell'immaturità filosofica dei presocratici: Anassimandro e i filosofi precedenti a Socrate avevano in realtà pensato la natura, il logos, e l’essere; il detto è pertanto una testimonianza di sviluppo del pensiero, non una istanza prefilosofica o mitica. L'ipotesi di Heidegger su Anassimandro / 2 Viceversa, per Heidegger il senso del “detto” di Anassimandro, è stato successivamente “dimenticato”. Tale senso è il “senso dell'essere”, ossia di una realta' unitaria delle cose che quanto più si mostra alla vista degli uomini lasciandosi da loro pensare tanto più si nasconde ai sensi ed al pensiero. Secondo Heidegger, Platone ed Aristotele, avrebbero “scambiato” l'essere come essere visibile e pensabile (la natura), con l'essere nella sua totalità (quello che invece Anassimandro aveva già espresso col suo detto L'ipotesi di Heidegger su Anassimandro / 2 Nel “detto” di Anassimandro ci sarebbe dunque già scritto, secondo Heidegger, l'intero “destino” della filosofia, ossia la lunga catena dei filosofi che, come in un passaggio di consegne, non hanno fatto che amplificare volta per volta le conseguenze di un originario fraintendimento (ad opera di Platone ed Aristotele): “Avere scambiato l'essere con l'ente” Trascurando da lì in poi quel carattere bivalente dell'essere stesso, intuito proprio da Anassimandro, che ci fa comprendere anche quanto il “fraintendimento” sia di per sé necessario ed in qualche modo dettato dall'essere stesso. Letture / 5 Martin Heidegger Il detto di Anassimandro (1946) “La traduzione più letterale del detto dice: “Ma da ciò da cui per le cose è la generazione, sorge anche la dissoluzione verso di esso, secondo il necessario; esse si rendono infatti reciprocamente giustizia e ammenda per l'ingiustizia, secondo l'ordine del tempo”. [...] L'insistenza ostinata con cui cerchiamo di pensare grecamente il pensiero dei Greci non ha affatto lo scopo di presentare un quadro storiografico più esatto della Grecità, intesa come una forma di umanità passata. Noi andiamo alla ricerca di ciò che fu greco non per amore dei Greci, né in vista d'un progresso della scienza, e neppure allo scopo di rendere il dialogo più rigoroso; ma lo facciamo esclusivamente in vista di ciò che in questo dialogo potrebbe giungere a farsi parola, nel caso che vi giunga in base a se stesso. Si tratta di quel Medesimo che, in maniere diverse, investe, in conformità della sua struttura [geschicklich], i Greci e noi. Si tratta di ciò che porta il mattino del pensiero nel destino [Geschick] della terra della sera. Solo in virtù di questo destino i Greci divengono Greci in senso storico. “Greco” non significa, nel nostro linguaggio, un carattere etnico nazionale, culturale o antropologico. “Greco” significa il mattino, l'inizio del destino secondo cui l'essere stesso si illumina nell'ente e pretende un'essenza dell'uomo che, in quanto conforme a questo destino [geschicklich], trova il suo corso storico [Geschichtsgang] nel modo in cui essa è custodita nell'essere o da esso dimessa, senza tuttavia esserne mai separata”.