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Il modello giapponese di organizzazione del lavoro

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Il modello giapponese di organizzazione del lavoro
Il Toyotismo
 1950: Eiji Toyoda – proprietario della
fabbrica di automobili Toyota – e il suo
ingegnere Taiichi Ohno visitano lo
stabilimento di River Rouge della Ford;
 Ohno incomincia a fare degli esperimenti
che portano nel corso del tempo a definire
un nuovo modello di organizzazione del
lavoro: la produzione snella o Just-in-time
(JIT);
 Le conseguenze del JIT sono opposte a
quelle del taylor-fordismo.
1
Eiji Toyoda
2
Taiichi Ohno
3
Andon
4
I quattro principi del JIT
 Eliminazione dello spreco (muda):
 Miglioramento continuo (kaizen);
 “Officina minima” e tecnologia “frugale”;
 Sistema del kanban;
 Coinvolgimento dei lavoratori attraverso il
principio di “autonomazione” (jidoka):
 Polivalenza delle capacità professionali dei
lavoratori;
 Flessibilità delle squadre di lavoro;
 Layout dei macchinari a “U”;
 Coinvolgimento dei fornitori;
 Qualità totale.
5
Il sistema “kanban”
6
Layout lineare e layout a “U”
7
La catena dei fornitori della Toyota
8
Due modi diversi di attaccare il
potere degli operai professionali
 Ohno riconosce i meriti di Taylor e Ford
sull’importanza di standardizzare il lavoro;
 Ohno attacca il potere degli operai professionali non
frantumandone le mansioni ma sovraccaricandoli di
compiti;
 Il taylor-fordismo impone con una burocrazia
estranea agli operai i tempi e i gesti del lavoro;
 Il JIT invece stimola l’intelligenza degli operai nel
“gioco” di eliminare gli sprechi e i tempi morti;
 Risultato [Oyama et al.]: gli operai della Toyota
giudicano il loro lavoro allo stesso tempo
“massacrante” e “creativo”.
9
La Fabbrica ad Alta
Automazione (FAA) alla Fiat
 1980: La Fiat inaugura a Termoli (Cb) uno
degli stabilimenti automobilistici più
automatizzati del mondo: produce il motore
Fire;
 L’idea è che un’automazione integrale può
garantire la perfetta qualità;
 Monolinea con flusso vincolato, cadenze
prefissate, standard qualitativi integrati nel
processo;
 Nuove figure professionali:
 Conduttore di sistema;
 Tecnologo di linea.
10
La crisi della FAA
 La FAA entra in crisi nel 1986 quando
dalla produzione di un solo tipo di
motore si passa a tre tipi;
 Aumentano gli inceppamenti;
 Dato che la qualità è incorporata nel
processo, non appena c’è un piccolo
inceppamento, l’intera linea si blocca.
11
Le cause della crisi della FAA
 Il cambiamento tecnologico non basta se
non è accompagnato dal cambiamento
organizzativo;
 FAA: tentativo di introdurre l’automazione
mantenendo inalterato il modello
organizzativo fordista;
 Gli inceppamenti aumentano più che
proporzionalmente alla complessità del
processo produttivo;
 Risultato: invece di non fermarsi mai, la
linea è ora quasi sempre ferma.
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La ristrutturazione
organizzativa
 Un team di ingegneri viene inviato da
Torino a Termoli per risolvere i problemi;
 Ristruttura l’organizzazione dello
stabilimento:
 Sposta i servizi tecnici dagli uffici alle officine;
 Crea squadre di lavoro di tipo nuovo, il più
possibile autosufficienti, alle quali è affidata una
fase completa della produzione;
 A capo di ciascuna squadra è posto un
“plenipotenziario”;
 Crea i “team tecnologici”.
13
Tre osservazioni
 Questo esperimento nasce dalla necessità di
superare la contraddizione tra l’utilizzo di tecnologie
automatiche molto sofisticate e una gestione
organizzativa di queste tecnologie che era rimasta
quella fordista tradizionale;
 L’obiettivo non era migliorare la qualità del prodotto
(dato che gli standard qualitativi erano già
incorporati nei macchinari) ma ridurre gli
inceppamenti e normalizzare il flusso della
produzione;
 I ruoli più investiti dai cambiamenti sono stati i
quadri intermedi, ai quali è attribuita più autonomia
e che devono interagire con gli altri specialisti del
team tecnologico;
14
L’influenza del modello
giapponese
 Variazione nel rapporto fra operai diretti ed
indiretti;
 Con la FAA si ipotizzava che ci sarebbero
stati sempre più operai indiretti e sempre
meno operai indiretti (che si tendesse alla
unmanned factory);
 A partire dal 1986 la proporzione degli
operai indiretti cala vistosamente, in
coerenza con il modello giapponese
secondo cui il lavoro indiretto non produce
valore aggiunto e deve essere il più
possibile eliminato.
15
16
La Fabbrica Integrata (FI) alla
Fiat
 1989: La Fiat lancia la parola d’ordine della
“Qualità Totale”;
 Per realizzare la “Qualità Totale” viene lanciato
il progetto della Fabbrica Integrata (FI);
 Nella FI ci sono due novità rispetto alla
precedente organizzazione taylor-fordista:
 Organizzazione basata sui processi e non più
sulle funzioni;
 Creazione delle Unità Tecnologiche Elementari
(UTE) che prendono il posto delle vecchie
squadre operaie.
17
Le Unità Tecnologiche
Elementari (UTE)
 Alle UTE spetta il compito di governare
sottosistemi tecnici che compiono processi
omogenei o che producono componenti
compiuti del prodotto finale;
 Alle UTE vengono affidati tutte le risorse
umane e tecniche perché in caso di anomalie e
criticità il suo responsabile possa prendere
decisioni tempestive per ripristinare il flusso
produttivo;
 Tali risorse si concentrano nel “team
tecnologico”, formato da:
 Capo-UTE;
 Tecnologo di linea;
 Tecnologo specialista.
18
La FI a Mirafiori

La FI integrata a Mirafiori introdotta nella seconda metà del
1991:







A Mirafiori non c’è un’automazione così spinta come a Termoli
e non c’è l’esigenza di far funzionare un sistema di macchine
continuamente inceppate;
A differenza della FAA, la tecnologia più “tradizionale”
impiegata a Mirafiori non contiene in sé la prefigurazione
virtuale di una organizzazione incentrata sui processi;
Vincoli di costo e di spazio a Mirafiori limitano la possibilità di
ridisegnare il lay-out dei macchinari;
A differenza che nel “prato verde” di Termoli, a Mirafiori
occorre superare la cultura taylor-fordista tradizionale;
Occorre rieducare i capireparto e i quadri intermedi ai nuovi
principi della FI;
Occorre promuovere il coinvolgimento di una manodopera
formata prevalentemente da operai comuni addetti soprattutto
a lavori individuali o in coppia;
Creazione del Conduttore di processo integrato (CPI).
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Consenso operaio alla FI
 Disponibilità a rendere esplicito il proprio sapere
informale e a d accettare che la Fiat lo utilizzasse
per razionalizzare il processo produttivo e
migliorare il prodotto;
 Le ragioni del consenso operaio alla FI risiedono nel
miglioramento delle condizioni ambientali ed
ergonomiche reso possibile dall’introduzione della
nuove tecnologie dell’automazione;
 Con l’automazione viene meno quel nesso diretto
tra produzione e sforzo fisico del lavoratore che
esisteva prima;
 I lavoratori non hanno più paura che rendendo
esplicito il loro sapere informale l’azienda lo possa
utilizzare per appesantire la loro fatica fisica;
20
Lo stabilimento Fiat di Melfi
 1993: La Fiat annuncia la costruzione di un nuovo
stabilimento nel “prato verde” di Melfi, da organizzarsi
sulla base del sistema della FI, nel quale sarebbe stata
costruita la Punto.
 Motivi della scelta di Melfi:





Possibilità di accedere ad ingenti finanziamenti pubblici per
il Mezzogiorno;
Relativa vicinanza ad altri stabilimenti Fiat: Termoli,
Cassino, Pomigliano d’Arco;
Presenza nell’area di un’ampia riserva di forza-lavoro sottoutilizzata;
Melfi era un’area priva di tradizioni industriali e delle
incrostazioni della cultura conflittuale fordista tradizionale;
Melfi appariva, pertanto, la collocazione ideale per avviare
l’esperimento più avanzato di realizzazione della FI, che
doveva fungere da modello per tutto il gruppo Fiat.
21
22
23
Caratteristiche
dell’insediamento di Melfi
 L’insediamento di Melfi si compone di due grandi
blocchi di manufatti:



La fabbrica Fiat;
Le fabbriche di 22 fornitori di primo livello (first tier);
I due blocchi sono collegati da una strada dritta larga 24
metri e lunga 1,5 km che consente ai fornitori di
rifornire la linea di assemblaggio della Fiat in base al
principio del JIT;
 La fabbrica Fiat è uno stabilimento terminale di
carrozzeria, strutturato su quattro reparti:




Stampaggio;
Lastratura;
Verniciatura;
Montaggio;
 Non ci sono il magazzino e la palazzina degli uffici.
24
Fiat Sata - Lastratura
25
Fiat Sata - Montaggio
26
L’organizzazione del lavoro a
Melfi
 Lo stabilimento di Melfi funziona per 6 giorni
(dal lunedì al sabato) su 3 turni anziché per 5
giorni su 2 turni come nelle altre fabbriche
Fiat;
 I salari sono inferiori del 20% rispetto alle altre
fabbriche Fiat;
 L’orario di lavoro a Melfi è di 7 ore e 15 min.
per 6 giorni per 2 settimane;
 La terza settimana si lavora 7 ore e 15 min.
per 3 giorni con un week-end di 4 giorni;
 Il turno di notte si ripete per 2 settimane di
seguito (la “doppia battuta”).
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Lavorare di più per guadagnare
meno
 Di fronte ad un salario più basso del 20%
rispetto a quello degli altri lavoratori Fiat, gli
operai di Melfi erano gravati di carichi di lavoro
più alti:
 I volumi di produzione persi per eventuali
inceppamenti si sarebbero recuperati non con gli
straordinari ma con un aumento del ritmo di
lavoro individuale di ogni lavoratore sino al
18%;
 Introduzione di una nuova metrica del lavoro:
 Dal MTM (Method Time Measurement) al TMC (Tempi
dei Movimenti Collegati);
 Dal TMC al TMC-2 (i tempi di lavoro si intensificano
sino all’8%).
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La vertenza del 2004
 Dal 17 aprile al 9 maggio 2004 lo
stabilimento di Melfi fu teatro di una
vertenza sindacale che bloccò lo
stabilimento per 24 giorni;
 Ribellione degli operai di Melfi alla FI (in
particolare, degli operai addetti al reparto
montaggio);
 Prima lotta operaia “offensiva” in Italia dal
1980.
29
I 24 giorni di Melfi - I
30
I 24 giorni di Melfi
31
Le cause della ribellione operaia
alla FI
 Scarso investimento nella formazione degli
operai comuni addetti al reparto montaggio;
 Scarso coinvolgimento degli operai comuni sui
problemi della qualità e del miglioramento del
prodotto e del processo produttivo;
 Reintroduzione delle sanzioni disciplinari di tipo
tradizionale;
 I ritmi di lavoro diventano sempre meno
sostenibili quando gli operai da ventenni
diventano trentenni;
 Il lavoro alla FI era “massacrante” ma assai
poco “creativo”.
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La FI: un ibrido di fordismo e
toyotismo
 La FI ha introdotto tratti importanti del
toyotismo:
 Kanban (eliminazione delle scorte e dei
magazzini);
 Qualità totale;
 La FI ha però mantenuto tratti importanti
dell’organizzazione fordista tradizionale:
 Scarso coinvolgimento dei lavoratori;
 Salari legati alle funzioni e non all’anzianità
aziendale.
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