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Frederick Kiesler, l`architettura, l`ambiente. Intervista a Maria Bottero

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Frederick Kiesler, l`architettura, l`ambiente. Intervista a Maria Bottero
L’intervista
Gian Luca Brunetti
Frederick Kiesler,
l’architettura, l’ambiente.
Intervista a Maria Bottero
Frederick Kiesler (1890-1965) è nato a Cernauti, in Romania, e ha
vissuto nella Vienna degli anni 20 l’inizio della sua carriera di architetto appassionato di teatro (progetto del “teatro senza fine”, del
palcoscenico circolare “raumbuhne”, della “mostra internazionale
sulle tecniche del teatro di avanguardia”, della “sezione austriaca sul
teatro” all’esposizione universale di Parigi del 1925).
Dal 1925 fino alla morte vive e lavora a New York. La passione per
il teatro (produzione di progetti di tipologie teatrali e di scenografie teatrali) segna anche il periodo americano della vita di Kiesler
intrecciandosi con una meditazione continua sul senso dell’abitare
e sulla “casa senza fine”.
La “casa senza fine” è l’analogo del “teatro senza fine”, modello o
simbolo del continuo fluire della vita e del suo continuo ripensarsi
e rappresentarsi. Mai realizzata, si ripresenta in varianti successive,
di cui l’ultima è quella progettata per il Museum of Modern Art di
New York, per una mostra intitolata “Architettura visionaria”
(1960) dove sono esposte anche opere di Taut,Wright, Fuller e Le
Corbusier.
Dalla frequentazione con i surrealisti (Breton,Arp, Duchamp) Kiesler mutua la filosofia del “Correalismo”, ovvero della coesistenza e
continuità del tutto, in opposizione alla sclerotica divisione dello
spazio dell’architettura funzionalista e ai modelli obsoleti dello stile
internazionale. La sua produzione non conosce confini specialistico-disciplinari ma attraversa tutte le esperienze, dal teatro alle arti
figurative, all’architettura, proponendosi come un’arte ambientale
ante litteram.
Kiesler e il modello dell’Endless House, versione 1958-59.
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Lei si è recentemente interessata alla figura di Frederick
Kiesler: ha curato una mostra alla Triennale nel 1996, ha
pubblicato due libri (Arte Architettura Ambiente, Electa,
Milano 1996; L’infinito come progetto, Testo & Immagine,
Torino 1999) e numerosi saggi su diversi periodici. C’è un
rapporto specifico fra l’opera di Kiesler e le problematiche
ambientali di cui si occupa da molti anni?
Certamente. Kiesler ha precorso molte di queste problematiche, sia con gli scritti che con le opere - teatro,
architettura, scultura, arti figurative. È perciò utile ricollocarlo criticamente, non tanto o non soltanto per scrupolo storico, ma anche perché rappresenta un contributo illuminante al dibattito attuale. Direi che è una risposta significativa alla pericolosa tendenza dell’ambientalismo che ragiona in termini funzionalistici, dimenticando il valore simbolico del linguaggio.
Potrebbe illustrare i punti salienti della teoria e dell’opera di
Kiesler a proposito di ambientalismo e ambiente?
Gli aspetti su cui vorrei discutere a questo proposito
sono principalmente tre: la filosofia del Correalismo e
della Biotecnica come critica alla tecnologia, la questione dell’abitare, simbolizzata dalla Endless House
(casa infinita, n.d.r.) e, infine, la trasversalità del sapere,
teorizzata nella filosofia del Correalismo e praticata da
Kiesler in diversi campi artistici, quali il teatro, le arti figurative, la scultura e, naturalmente, l’architettura. Sono
tre punti che si tengono, che rimandano l’uno all’altro...
“triangolando”, per così dire, un nuovo spazio epistemico.
La filosofia del Correalismo è una filosofia ante-litteram
dell’ambiente,formulata da Kiesler nel saggio “On Correalism and Biotechnique” del 1939 e ripresa nel “Manifesto del Correalismo” del 1949, scritto un anno
prima che Martin Heidegger tenesse a Darmstadt la
conferenza “Costruire, abitare, pensare”, divenuta poi
celeberrima.
CIL 74
Può chiarire che cosa si intende per Correalismo?
In sintesi, il Correalismo nasce dal bisogno di ripensare la
questione dell’abitare in rapporto a una nuova scienza del
progetto e in opposizione alla logica del modernismo e
del funzionalismo che pervade il mercato americano. Era
una logica che si stava già rivelando asfittica.
Il Correalismo si pone come scienza globale del progetto,
in grado di superare e coordinare le specializzazioni disciplinari - e ciò se si intende il progetto in senso vasto,
come attività di realizzazione individuale e sociale attraverso la quale l’uomo modifica se stesso e l’ambiente fisico. L’attività di progettazione si estrinseca attraverso la
tecnica, che produce il mondo artificiale dei manufatti e
che interferisce sia con la società, sia con la natura. Ambiente tecnologico, ambiente umano, ambiente naturale
sono i tre sottosistemi del sistema ambientale globale.
Questa interpretazione dell’ambiente mi sembra del tutto attuale.
Sì, è così, soprattutto se si pensa alla teoria della Biotecnica. La progettazione, intesa correalisticamente in senso
lato, promuove l’economia e la trasformazione delle risorse attraverso la tecnica. Obiettivo ultimo della tecnica
e dell’economia è o dovrebbe essere la salute dell’uomo.
Ma chi controlla quali sono gli effetti della tecnica sull’ambiente e sulla salute? È una questione fondamentale.
Kiesler sostiene che occorre istituire per questo scopo una
scienza specifica, in grado di controllare gli effetti della
tecnologia sulla salute umana: la Biotecnica.
Se nella definizione di Kiesler il Correalismo è “una ricerca delle leggi di relazione fra organismi naturali e artificiali”,la Biotecnica è “l’applicazione di questa scienza (il
Correalismo) appunto al campo specifico dell’abitazione...” La Biotecnica, dunque, è la scienza dell’abitare
sulla terra in senso lato; proprio nel senso che intende
Heidegger in “Costruire,abitare,pensare”.Un rapportarsi
dell’uomo al luogo e all’ambiente, e non già semplicemente un produrre case di abitazione in quanto oggetti.
Da cosa nasce questa fuga in avanti (se così possiamo definirla)
rispetto al pensiero della maggior parte dei progettisti - ma anche
dei teorici della progettazione - che gli erano contemporanei?
Deriva dallo sviluppo di un pensiero che era già propriamente suo. L’obiezione di Kiesler a un’architettura di oggetti, di case viste come oggetti isolati dal contesto, nasce
dall’interpretazione correalista dell’ambiente come un
continuum spazio-temporale dove niente è statico, dove
la materia/energia si trasforma in continuazione e dove
non vi è opposizione fra uomo e natura, fra mondo artificiale e mondo naturale.Il problema sociale della casa diventa allora quello più generale dell’oikos e del rapporto
fra organismo e ambiente; prefigurando, come ci si può
rendere conto, la questione ecologica attuale.
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Questo salto epistemologico sposta il problema del progetto di architettura dall’oggetto isolato all’oggetto -nell’ambiente. E nasce, si badi, in primo luogo dalla critica
del concetto di spazio.Vorrei citare quello che afferma
Heidegger in proposito: “Dire: ‘la relazione tra uomo e
spazio’ fa pensare che l’uomo stia da una parte e lo spazio
dall’altra. Invece lo spazio non è qualcosa che sia di fronte
all’uomo. Non è né un oggetto esterno, né un’esperienza
interiore.Non ci sono gli uomini e inoltre lo spazio;giacché se dico ‘un uomo’ e intendo con questo termine
quell’ente che è nel modo dell’uomo, e cioè che abita,
con ciò indico già con il termine ‘un uomo’ il soggiornare (...) presso le cose. Anche quando ci rapportiamo a
cose che non sono in una vicinanza raggiungibile, soggiorniamo pur sempre presso le cose stesse”. Per Kiesler
come per Heidegger,insomma,lo spazio in quanto entità
vuota e astratta non esiste. Lo spazio è sempre, einsteinianamente, un campo dinamico di forze in gioco e di processi di metamorfosi materiale.
Può esplicitare quali siano secondo Kiesler le principali
conseguenze derivanti da questa situazione?
La conseguenza principale è che il rapporto dell’uomo con
lo spazio è sempre un rapporto con la materia e con l’energia, mediato dai processi fisici, chimici, biologici e psicologici del proprio corpo. La materialità dell’essere e dell’abitare in Heidegger si esprime nel riferimento ai luoghi
e alle cose, e in Kiesler si esprime nella teoria della Biotecnica, che interpreta la tecnica - e quindi l’architettura come un produrre in vista della salute e del benessere dell’uomo. Le sue parole, a questo proposito, sono molto
chiare: “Sfortunatamente, la storia prova che l’ambiente
tecnologico non è sempre stato in se stesso benefico per la
salute umana: al contrario... Lo sviluppo dell’industria per
l’industria è peggiore dell’arte per l’arte. Diventa dunque
imperativo il controllo della direzione in cui si muove la
produzione tecnologica...”. Per dirla ancora più esplicitamente, la Biotecnica, in quanto scienza dell’abitare, ha il
compito di controllare l’“ambiente umano” e l’“ambiente
naturale” attraverso la tecnica; ossia l’”ambiente tecnologico”. È quello che Kiesler chiama “controllo tecnologico
dell’ambiente” ovvero “controllo ambientale per mezzo
della tecnologia”. Abitare, dunque, significa per Kiesler
esercitare un controllo sull’ambiente attraverso la tecnica e
l’architettura. Ma poiché è in gioco non soltanto l’architettura,ma più in generale la tecnica,abitare significa,in ultima
analisi, non soltanto costruire, erigere edifici, ma anche proprio come in Heidegger - produrre in senso generale e,
attraverso la produzione, controllare l’ambiente, aver cura
dell’ambiente. Dice infatti ancora Heidegger:“Il costruire
come abitare si dispiega nel ‘costruire’ che coltiva, e coltiva
ciò che cresce; e nel ‘costruire’ che edifica costruzioni”.
L’ I N T E R V I S T A
T
N
H
M
Diagramma del sistema ambientale articolato in: sociosfera, tecnosfera
e biosfera (da: On Correalism Biotechnique, 1939).
Il tema è di portata molto ampia. Mi viene spontaneo chiederle se oltre alla “parentela” con il pensiero di Heidegger si
riscontrino nella teoria kiesleriana affinità con altri filoni di
pensiero innovativi.
Andiamo con ordine. Correalismo e Biotecnica sottolineano come le connessioni tra mondo vivente e mondo
non-vivente siano di tipo complesso e non lineare, perché l’obiettivo della salute psico-fisica dell’uomo non dipende soltanto dalla produzione artificiale di manufatti,
né soltanto dal controllo del rapporto fra ambiente tecnologico e ambiente umano. Dipende anche, inevitabilmente, dal controllo del rapporto fra ambiente tecnologico e ambiente naturale,così come dal controllo del rapporto fra ambiente naturale e ambiente umano. Alla logica lineare causale del progetto funzionalista - che si
esaurisce nel rapporto forma/funzione - si sostituisce una
scienza globale dell’ambiente fondata sulla circolarità di
azioni e retroazioni fra i tre sottosistemi ambientali di cui
si è detto, naturale, umano, tecnologico. Questa interpretazione preannuncia sia la logica sistemica e la teoria dei
sistemi di Ludwig von Bertalanffy (1945), sia la cibernetica di Norbert Wiener (1948) e,più in generale,le attuali
teorie dell’organizzazione dei sistemi complessi.
Si tratta di una riflessione che va ben al di là della teoria
progettuale in senso stretto.
È chiaro. La critica di Kiesler al funzionalismo non riguarda soltanto la teoria dello spazio, ma anche la teoria
della conoscenza, che contrappone alle catene logiche
causali del pensiero lineare la struttura organica e multiconnessa della logica sistemica,e alla chiusura monodisci-
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plinare delle discipline specialistiche l’apertura pluridisciplinare della scienza della complessità.
Nell’introdurre il saggio “Correalismo e Biotecnica”Kiesler dichiara che occorre fondare una nuova scienza del
Design che superi l’arbitraria divisione fra arte, tecnologia ed economia e che faccia dell’architettura uno strumento socialmente utile nella vita quotidiana. Leggiamolo con le sue parole:“Oggi ci troviamo a fronteggiare
il compito di formulare leggi generali che sottendono le
diverse scienze specializzate, non in termini di metafisica
(religione o filosofia) ma in termini di energie in gioco;
e al compito specifico di formulare quelle leggi che governano il progetto di architettura. Ma le une e le altre (le
leggi generali e quelle dell’architettura) sono strettamente
interrelate e noi non possiamo risolvere i problemi nel
campo del costruire senza comprendere i fondamenti di
scienze collaterali come la fisica, la chimica, la biologia
etc.” La teoria dei sistemi di Bertalanffy parte da una analoga insoddisfazione per la divisione scientifica del sapere,
quando afferma:“(...) caratteristica della scienza moderna
è [che] (...) lo schema in termini di unità isolabili si è rivelato insufficiente. Di qui il comparire in tutti i settori
delle scienze di nozioni quali quelle di totalità, di olistico,
di organicismo,di Gestalt,etc.,le quali,complessivamente,
altro non significano se non che dobbiamo,in ultima analisi, pensare in termini di sistemi di elementi di interazione.”. Il Correalismo rappresenta, insomma, un primo
tentativo di impostare la scienza del progetto come
scienza globale di correlazione fra le scienze specialistiche,
anticipando con ciò la logica sistemica. L’atteggiamento
olistico di Kiesler non è rivolto solo agli strumenti conoscitivi, ma anche - e prima di tutto - all’interpretazione
del rapporto uomo-tecnologia-natura. Questo rapporto
verrà discusso secondo punti di vista diversi negli anni 70’
con l’emergere della questione ambientale. Di fatto, l’inscindibile unità ente-ambiente teorizzata da Kiesler rimanda al sistema organismo-ambiente che per Gregory
Bateson costituisce l’“unità evolutiva”,in contrasto con la
teoria evoluzionistica darwiniana.Guardiamo,infatti,cosa
dice Bateson:“È ora chiaro su basi empiriche che la teoria evoluzionistica di Darwin conteneva un grossissimo
errore relativo all’identificazione dell’unità di sopravvivenza nel contesto della selezione naturale.L’unità che veniva ritenuta cardinale, e intorno a cui era organizzata la
teoria,era o l’individuo riproduttore o la famiglia o la sottospecie o qualche analogo insieme omogeneo di individui di una stessa specie (...) Oggi è necessaria una (...) correzione del concetto di unità. Insieme con un organismo
flessibile, si deve considerare anche un ambiente flessibile
poiché (...) l’organismo che distrugge il suo ambiente distrugge se stesso. L’unità di sopravvivenza è il complesso
flessibile organismo-nel-suo-ambiente..”. È interessante
CIL 74
confrontare il concetto di “unità evolutiva” in Bateson
con il concetto correalista di Kiesler del “minimo standard biotecnico”, dove la salute umana è vista non già
come il risultato dell’ottimizzazione di una funzione isolata,bensì come l’ottimizzazione di un insieme funzionale
riferito all’unità ambientale casa-lavoro di cui l’uomo è
parte integrante. Dice Kiesler: “Lo standard biotecnico
minimo è l’ambiente tecnologico di casa e lavoro e relativi corollari che risponde ai bisogni ottimali per la salute
dell’uomo”. Kiesler si riferisce qui specificamente alla
sfera sociale-tecnologica umana,mentre Bateson si riferisce,più in generale,al rapporto organismo biologico-ambiente. Ma la cosa più importante è che in entrambi i casi
l’attenzione è rivolta alla complessità del sistema ambientale piuttosto che all’unità funzionale isolata.
L’analogia fra il pensiero di Bateson e quello di Kiesler va
comunque più in profondità e investe il rapporto fra uomo
e mondo.Bateson infatti non si limita ad affermare la stretta
interazione fra organismo e ambiente, ma, analogamente a
Kiesler, arriva a teorizzare l’immanenza della mente nella
materia.“La mente individuale è immanente”, scrive,“ma
non solo nel corpo; essa è immanente anche in canali e
messaggi esterni al corpo;e vi è una più vasta Mente di cui
la mente individuale è un sottosistema. Questa più vasta
Mente è paragonabile a Dio,ed è forse ciò che alcuni intendono per ‘Dio’, ma essa è ancora immanente nel sistema totale interconnesso e nell’ecologia planetaria”.
Come hanno influito, come sono stati metabolizzati questi
costrutti teorici nel dibattito ecologico attuale?
Il dibattito ecologico attuale ha ormai generalmente acquisito il riconoscimento dell’ambiente come sistema totale interconnesso e si interroga sul rapporto drammatico
e imprevedibile fra ambiente e tecnologia. Il problema
dell’inquinamento ambientale su larga scala, che comincia a palesarsi alla fine degli anni 60’,era ancora inesistente
nel 1939, quando Kiesler formula la teoria del Correalismo intesa, abbiamo visto, come scienza delle leggi di relazione fra mondo umano e come biotecnica, ossia dell’applicazione del Correalismo al problema dell’abitare.
Kiesler intuisce che lo sviluppo dell’industria e della tecnica non è un obiettivo assoluto, ma soltanto relativo alla
salute umana, che è a sua volta dipendente dalle condizioni ambientali di contorno.Egli dunque pone con chiarezza il benessere psicofisico dell’uomo come obiettivo
centrale della biotecnica ed enuncia con un anticipo di
trent’anni - dico trent’anni - il problema del controllo
della tecnologia in rapporto ai suoi effetti sull’ambiente.
Ai parametri classici che, da Vitruvio fino al Bauhaus, definiscono l’architettura in termini di venustas, commoditas, firmitas, Kiesler sostituisce la salute umana spostando
l’interesse dall’oggetto architettonico al suo rapporto con
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il processo vitale evolutivo dell’abitare,che è il vero obiettivo della tecnica e dell’architettura. E così facendo scopre l’ambiente come sconfinamento necessario dell’architettura e del mondo dell’artificiale.
I bisogni umani evolvono con l’evolvere della tecnologia
e dell’ambiente. Non si può prescindere da questo. L’architettura del funzionalismo è morta non soltanto perché
è impossibile definire una volta per tutte i bisogni umani,
ma anche perché, nella teoria dell’ambiente come correaltà, dove non esistono oggetti isolati ma tutto è connesso con tutto, il dilemma forma-funzione dell’architettura moderna non ha più alcun senso. Forma e funzione
di un oggetto rimandano infatti ancora alla struttura del
campo di forze in gioco, ossia all’ambiente.
Come si colloca la Endless House o casa infinita di Kiesler
nella teoria del Correalismo e della Biotecnica?
La Endless House è un oggetto simbolico. Kiesler la concepisce come un guscio presso-teso che da un lato rimanda alla grotta primitiva e dall’altro rifiuta la chiusura
di un perimetro per proiettarsi verso l’ambiente infinito
del mondo. La versione del 1958-59 si presenta con
un’articolazione quadrilobata e con l’apertura del guscio
in occhi che non sono semplici bucature, ma l’area vuota
residuale di fasciatura del volume con un nastro continuo.
In fondo la Endless House è un gesto riassuntivo e simbolico che designa e abbraccia una impossibilità: l’impossibilità di circoscrivere nello spazio e nel tempo un guscio
che racchiuda la vita dell’uomo nella sua integrità,proiettandola invece verso l’esterno nello spazio cosmico dal
quale dipende.Ma nello stesso tempo ci rimanda al riparo
primitivo e avvolgente, utero o grotta o caverna, che assicura il legame del nostro cordone ombelicale col mondo.
Contro l’immagine asettica della città moderna di cemento-vetro-aria condizionata, Kiesler scaglia il suo anatema ecologico in cui dialogano terra e cielo. Per poter
scagliare questo anatema,però,deve dimenticare i modelli
tramandati, le richieste del cliente e il mondo professionale. E così facendo esce dai binari disciplinari-istituzionali dell’architettura per tentare l’intentato, per immaginare l’inimmaginabile... per dire l’indicibile.
Sezione dell’Endless Theatre (Vienna 1923).
L’ I N T E R V I S T A
Può dirci qualcosa sulla pratica trasversale di Kiesler nei
diversi campi artistici?
Il problema dell’abitare rimanda anche alla sua opera
teatrale. Kiesler intende il suo primo progetto per un
teatro Endless - che risale al suo periodo viennese, per
la precisione al 1923 - come il primo prototipo di Endless House. Non si tratta di una bizzarria. Per tutta la
vita Kiesler sperimenta in campi artistici diversi, senza
sapere bene dove e come collocarsi, ma sempre riportando il senso della sperimentazione all’azione e al significato che si sprigiona dall’agire dell’uomo-in-situazione.La sua anima non è quella del professionista.Non
è propriamente un architetto, così come non è propriamente un uomo di teatro, né uno scultore. E di ciò,
di questa anomalia rispetto alle istituzioni e ai saperi che
vi si collegano avrà a soffrire per tutta la vita, provando
ora disagio e vergogna, ora senso di ribellione, ora orgoglio e ardore teorico/profetico. Il disagio di Kiesler
anticipa quello della nostra epoca post-moderna, dove
constatiamo sempre di più l’inadeguatezza delle frontiere disciplinari e della specializzazione dei saperi e dei
linguaggi.
La volontà di impostare una nuova scienza del Design,
dicevo, produce la formulazione della teoria della ‘Biotecnica’, e questo accade nel 1939. Ma è da subito evidente - al di là degli interessanti aspetti applicativi - che
la Biotecnica non è affatto una teoria dell’architettura
nel senso tradizionale del termine, non è cioè una discussione...prefigurazione...codificazione stilistica e immaginifica di edifici o di città esemplari.È piuttosto l’intuizione di un diverso modello logico e operativo di cui
si sente l’urgenza. Un abbozzo tentativo e ante-litteram
di scienza ecologica... Di lettura dell’evoluzione del
mondo attraverso lo studio dell’interazione fra sociosfera , tecnosfera e biosfera. La sua è una posizione minoritaria, scomoda. Con l’Endless House e con la teoria
della Biotecnica Kiesler affronta lo studio del problema
abitativo partendo dai poli opposti dell’intuizione poetica e della ricerca scientifica. Occorre scavalcare il
mondo istituzionale e professionale; è questa la sua posizione. Occorre scavalcarlo perché si dimostra incapace
di cogliere i valori espressivi che nascono dalla vita quotidiana. Efficientismo e tecnicismo sono sbandierati
come imperativi di progresso, ma segnano in realtà una
pratica architettonica miope e alienata, guidata da interessi di mercato estranei al benessere reale degli abitanti
così come a doverose considerazioni di economia ambientale.
“Abitare” non è una semplice funzione fisiologica da
soddisfare, ma è un’arte le cui regole vanno cercate e capite. Questa è una grande lezione di Kiesler. I bisogni
non sono statici ma si sviluppano con lo svilupparsi della
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personalità dell’uomo. Abitare è un’arte che va stimolata e sviluppata a partire dal nucleo minimale inter-attivo della vita familiare costituito dal sistema ambientale ‘casa più luogo di lavoro’, a partire dal gesto individuale quotidiano da cui origina il linguaggio.Abitare
è un dramma “endless” simbolizzato dalla Endless
House, che lo colloca adeguatamente nello scenario
infinito fra terra e cielo. È in questo scenario che la tecnica alienata di marca urbana dell’industria moderna
deve trasformarsi - in accordo con i ritmi e i cicli della
biosfera - per diventare finalmente bio-tecnica. Questo è il suo auspicio.
E l’interesse di Kiesler per il teatro è, appunto, strettamente legato a questo concetto dell’abitare come azione
drammatica produttrice di senso e di linguaggio, dell’abitare come arte di espressione primaria. Ovviamente
non si tratta di teatro nel senso tradizionale del termine,
ma piuttosto di teatro totale nel senso assegnatogli dalle
avanguardie, di ricerca del simbolo allo stato nascente,
oltre la parola e nella complessità gestuale. Kiesler si riferisce a un processo aperto “endless”di simbolizzazione
piuttosto che a un risultato definito e dilata il décor dell’azione a comprendere il globo terrestre.
La complessità gestuale dell’attore veicola un significato
astratto e simbolico, ma insieme rimanda al metabolismo corporeo e alla materialità. Ecco, Kiesler ne prende
atto e coniuga l’interesse per il teatro in quanto esperienza di linguaggio con l’interesse per una scienza che,
come la Biotecnica, studia la produzione di manufatti e
le trasformazioni materiali dell’ambiente. Il telo della
vita è ugualmente intessuto di simbolo e materia, e non
stupisce, quindi, che teatro e Biotecnica siano due
aspetti complementari nel dramma “endless” dell’abitare, che è un eterno produrre per esprimere e un
eterno esprimere per produrre.
Quali implicazioni conseguono per l’architetto da questa
interpretazione?
Il soggetto di questo processo non è evidentemente
l’architetto, ma l’anonimo abitante che in modo inconsapevole disegna con la sua attività il paesaggio e l’ambiente. Per dire o produrre l’architetto deve inserirsi fra
gli attori coinvolti cercando di capire le regole del
gioco. In questo senso, il contributo di Kiesler - ribadisco, di grande attualità - è essenzialmente quello di una
lettura non specialistica della complessità; è il rifiuto del
mondo professionale per l’apertura all’avventura sperimentale in diversi campi operativi e teorici, al seguito
di un’idea-guida ribadita con forza in ogni occasione:
la fondamentale unitarietà e non-sezionabilità della vita
e dell’ambiente inteso come manifestazione della vita
stessa e, quindi , la fondamentale unitarietà del sapere. ¶
CIL 74
Pianta dell’Endless Theatre (Vienna 1923).
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L’ I N T E R V I S T A
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