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Le staminali umane operano fondamentalmente in
Le staminali umane operano fondamentalmente in modi diversi rispetto a quelle dei topi...e
Scritto da Felice
Venerdì 06 Aprile 2012 10:32 - Ultimo aggiornamento Venerdì 06 Aprile 2012 11:31
News del 6 aprile 2012.
Articolo inglese. Simposio sulle cellule staminali per affrontare le malattie del cervello e
del sistema nervoso
. Rif.: University of Wisconsin Madison
Imu, nessuno sconto per le famiglie di disabili adulti. Rif.: Corriere
Invalido a chi? Disabilità: le parole corrette. Rif.: Corriere
Articolo inglese. Ricercatori scoprono nuova e unica tecnica in sospensione per produrre
cellule staminali su larga scala
. Rif.: Physorg
Articolo inglese. Rasheda Alì lavora con le cellule staminali per trovare una cura al
Parkinson
. Rif.: Fox News
Come le cellule staminali embrionali orchestrano lo sviluppo umano.
Ricercatori della Yale University hanno scoperto in modo dettagliato come tre geni all'interno
delle cellule staminali embrionali umane regolano lo sviluppo, un risultato che aumenta la
comprensione di come far crescere queste cellule a fini terapeutici.
Questo processo, descritto nella rivista Cell Stem Cell , è diversa nell'uomo rispetto ai topi, e
mette in evidenza l'importanza della ricerca che utilizza cellule staminali embrionali umane.
"E 'difficile dedurre dal topo come queste cellule lavorino negli esseri umani", ha detto Natalia
Ivanova, assistente professore di genetica presso il Centro Stem Cell Yale e autore senior
dello studio. "Le reti umane si organizzano in modo diverso".
Le cellule staminali embrionali si formano subito dopo il concepimento e sono speciali perché
ogni cellula può diventare qualsiasi tipo di cellula del corpo. Le cellule diventano sempre più
specializzate con il progredire dello sviluppo, perdendo la capacità di diventare cellule di altri
tipi, tranne per il rinnovo di poche cellule staminali nuove. Gli scienziati vogliono capire i
processi di auto-rinnovamento e di differenziazione per trattare una serie di malattie
caratterizzate dal danneggiamento cellulare, quali il morbo di Parkinson, le lesioni del midollo
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spinale, le malattie cardiache, e l'Alzheimer.
Gli scienziati hanno identificato tre geni attivi nei primi mesi di sviluppo Nanog, Oct 4 e Sox 2,
essi sono essenziali per mantenere la capacità di auto- rinnovamento delle cellule staminali e
prevenire premature differenziazioni nel tipo "sbagliato" delle cellule. A causa delle restrizioni
sull'uso di cellule staminali embrionali umane, gran parte delle indagini sul modo in cui
funzionano questi geni è stato fatto sui topi.
Il nuovo studio dimostra che le cellule embrionali umane operano in modo fondamentalmente
diverso negli esseri umani rispetto che in cellule di topo. Negli esseri umani, ad esempio, le
coppie Nanog - Oct 4 regolano la differenziazione delle cosiddette cellule neuroectoderma, un
linea cellulare che dà luogo ad altri neuroni e cellule del sistema nervoso centrale. Sox 2,
invece, inibisce la differenziazione del mesoderma, una linea che dà origine ai muscoli e molti
altri tipi di tessuto. Oct 4 collabora con gli altri geni ed è cruciale nella regolazione di tutte le
quattro linee cellulari precoci: ectoderma, neuroectoderma, mesoderma ed endoderma, che dà
origine a intestino e ghiandole come fegato e pancreas, nonché alla creazione di nuove cellule
staminali. L'auto-rinnovamento delle cellule staminali è stato implicato in varie forme di cancro.
Ivanova sottolinea che molti altri geni devono essere coinvolti nella regolazione di questi
cambiamenti precoci dello sviluppo, e il suo laboratorio sta indagando su questa domanda.
Rif.: Yale
Articolo inglese. Simposio sulle cellule staminali per affrontare le malattie del cervello e del
sistema nervoso
. Rif.: University of Wisconsin Madison
Imu, nessuno sconto per le famiglie di disabili adulti . Rif.: Corriere Leggi articolo
Invalido a chi? Disabilità: le parole corrette . Rif.: Corriere Leggi articolo
Articolo inglese. Ricercatori scoprono nuova e unica tecnica in sospensione per produrre
cellule staminali su larga scala
. Rif.: Physorg
USA. Staminali per riparare cartilagini . Rif.: ADUC Leggi articolo
Malattie rare: da terapia genica speranze di cura per 'bambini farfalla' . Rif.: ASCA
Staminali, a Padova protesi vive nel cuore dei bambini . Rif.: Il Mattino di Padova Leggi
articolo
L’origine della vita: le cellule staminali . Rif.: Leggilo Leggi articolo
Donazione di cordone ombelicale . Rif.: La Nuova Sardegna Leggi articolo
Parkinson: dieta ricca di flavonidi protegge i neuroni . Rif.: AGI Leggi articolo
Citta' di Castello: camerette per familiari piccoli malati oncologici . Rif.: ASCA
Articolo inglese. Rasheda Ali lavora per trovare la cura di Parkinson attraverso le cellule
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staminali
. Rif.: Fox News
Articolo inglese. Simposio sulle cellule staminali per affrontare le malattie del cervello e del
sistema nervoso
. Rif.: University of Wisconsin Madison
Imu, nessuno sconto per le famiglie di disabili adulti.
Il decreto “Salva Italia” prevede una detrazione di 50 euro per ogni figlio a carico, ma
solo fino a 26 anni. La protesta: «I nostri figli disabili li avremo a carico per tutta la vita».
Nel passaggio dall’Ici all’Imu, anche le famiglie di persone disabili si troveranno a pagare conti
salati. Il decreto Salva Italia, che pure prevede uno sconto di 50 euro per ogni figlio a carico
fino a 26 anni, non concede nulla alle famiglie di disabili adulti, spesso gravi e gravissimi, a
carico per tutta la vita. La casa, per queste famiglie, non rappresenta una scelta facoltativa,
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ma spesso un «obbligo sociale», visto che spesso non vengono concessi immobili in affitto alle
persone con disabilità scrive Redattore Sociale .
L'ALLARME - A lanciare l’allarme e chiedere provvedimenti al sindaco di Torino, Piero
Fassino, è l’associazione Claudia Bottigelli, che si fa portavoce, in questa come in molte altra
cause, delle preoccupazione e dei bisogni delle famiglie di persone disabili. «Come
associazione, visti gli ultimi avvenimenti che hanno previsto aumenti di tasse e l’introduzione
di nuove, vogliamo sottoporre alla sua attenzione una problematica non indifferente che noi e
le famiglie della nostra associazione ci troveremo ad affrontare oltre alle spese ingenti che già
la gestione delle nostre famiglie comporta – scrive Marina Cometto, presidente
dell’associazione - L’Imu , la nuova imposta municipale sulla casa che da giugno causerà un
nuovo salasso nelle famiglie italiane per noi sarà un’ulteriore dimostrazione che quando si
legifera non si tiene conto di noi , famiglie disabili. Il decreto Salva Italia ha previsto uno
sconto di 50 euro per ogni figlio a carico fiscale fino a 26 anni di età. Noi famiglie con figli
disabili gravi e gravissimi che avremo a nostro carico i nostri figli per tutta la loro e nostra vita
anche ben oltre i 26 anni ci troviamo a non poter usufruire di questo sconto pur avendo a
carico figli di 30, 40, 50 anni».
BASTA DISCRIMINAZIONI - L’acquisto della prima casa rappresenta, per queste famiglie,
spesso «un obbligo sociale – continua la Cometto – e non una scelta dettata da dover
investire del denaro superfluo. Infatti Lei forse non è a conoscenza che non vengono date
case in affitto alle famiglie che hanno una persona con disabilità al suo interno, per cui siamo
obbligati, per tutelare i nostri figli e assicurare loro un "tetto sopra la testa" anche dopo che
noi non ci saremo più, ad acquistare l’alloggio in cui viviamo con loro e facendo sacrifici
enormi». L’associazione chiede quindi, anche in vista dei prossimi tagli al sociale e ai servizi,
«che per la quota di Imu a favore del Comune sia previsto lo sconto di 50 euro anche per i
figli con disabilità di età superiore ai 26 anni. L’handicap è un "lusso" – conclude la Cometto - e
noi famiglie ormai lo abbiamo capito molto bene: faccia in modo, signor Sindaco, che non sia
ulteriormente discriminatorio l’essere genitore di un figlio non autosufficiente».
Rif.: Corriere
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Invalido a chi? Disabilità: le parole corrette.
Basta! Proviamo a non usarli più? Diversamente abile, invalido, disabile: basta!
Le parole sono importanti. Di più, le parole mostrano la cultura, il grado di civiltà, il modo di
pensare, il livello di attenzione verso i più deboli. Non è una esagerazione. Cambiamo il
linguaggio e cambieremo il mondo. Ci sono parole da usare e non usare. E quelle da non
usare non vanno usate. Hai voglia a dire: chiamami come vuoi, l’importante è che mi rispetti.
No! Se mi chiami in maniera sbagliata mi manchi di rispetto. Se parliamo di disabilità,
proviamo a usare termini corretti, rispettosi? Parole da usare e non usare. Concetti da
esprimere o da reprimere.
Semplicemente: persona con disabilità. L’attenzione sta lì, sulla persona. La sua condizione,
se proprio serve esprimerla, viene dopo. La persona (il bambino, la ragazza, l’atleta ecc.) al
primo posto. Questa è una delle indicazioni fondamentali che giungono dalla “Convenzione
Internazionale sui diritti delle persone con disabilità”
(New York, 25 agosto 2006, ratificata, e quindi legge, dallo Stato Italiano). Non: diversamente
abile, disabile, handicappato (ma lo usa ancora qualcuno?), portatore di handicap (come se
avesse quel fardello, l’handicap, da portarsi appresso: grazie a
DM
, la rivista della
Uildm
, per la straordinaria vignetta di
Staino, che fra l’altro ha una disabilità, essendo cieco
), invalido.
Già, invalido: quante volte, troppe, sentiamo questa parola ultimamente. Letteralmente una
persona che non è valida. Il 10 per cento della popolazione mondiale (stima per difetto) ha una
disabilità, quindi non è valido.
“Diversamente abile” o “diversabile” (suggerito da Claudio Imprudente, animatore storico del C
entro Documentazione handicap di Bologna
, le cui riflessioni sono sempre interessanti) hanno avuto forse una valenza anni fa, ora non
più. “L’errore è di principio: nella dizione ‘diversamente abili’, infatti, viene proposto come
prioritario il concetto di ‘diversità’… La disabilità non è una diversità, ma una condizione di
vita. Ogni individuo è diverso dall’altro senza che per questo venga meno il valore, implicita
una inferiorità”, scrive Silvia Galimberti, giornalista, in una bella tesi di laurea dedicata al
linguaggio sulla disabilità, partendo dallo sport paralimpico. Se si parla di sport, atleti
paralimpici è consigliabile, anche riferito a quegli sport che non sono presenti alla
Paralimpiade. Negli Stati Uniti, il
National Center on Disability and Journalism
, ha un’ottima “style guide”, molto valida non solo per l’inglese, come la
BBC
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, con sezioni sulle categorie deboli e la disabilità.
Disabile (e tutti i termini che indicano il tipo di disabilità: paraplegico, tetraplegico, cieco,
amputato, non vedente) non va usato come sostantivo: si confonde una parte con il tutto e
così si riduce, offende, umilia una persona. Utilizzabile, invece, “disabili” al plurale: si indica
un gruppo, come gli scolari o i politici.
Aimee Mullins , una delle più grandi sprinter paralimpiche, amputata alle gambe come Pistorius,
un giorno scrisse per l’edizione italiana di
Wired
, dove era in copertina, e trasferì la riflessione in un bellissimo discorso. Prima di scrivere aprì
il dizionario dei sinonimi alla parola disabile: andate a vedere al
link
o ascoltate il
discorso
(è stupendo e ha i sottotitoli in italiano) per vedere cosa ci ha trovato. “Sembrava che io non
avessi nulla di positivo”.
Alcuni termini sembrano obsoleti e invece sono ancora molto usati: per indicare una persona
con paralisi cerebrale o cerebrolesa si dice spastico, che fra l’altro è diventato termine
offensivo; come ritardato per dire di qualcuno che ha una disabilità intellettiva e relazionale
(lo so, sono termini composti e lunghi, ma per ora sono le migliori). Negli Stati Uniti è stata
lanciata una campagna mondiale per abolirla: r-word, ne abbiamo fatto un post anche su
InVisibili.
C’è chi scambia malattia e disabilità, come se i termini fossero interscambiabili: la disabilità è
una condizione che può essere causata da malattia, ma non è una malattia. Attenzione a non
credere siano discorsi banali: per un bambino la malattia si attacca, se sto vicino a una
persona cieca prendo la cecità. Usare “afflitto da”, “sofferente per” parlando di una persona
con disabilità la pone come una “vittima”, triste e da aiutare: può esserlo, come per tutti, ma
non è implicito che lo sia.
Il dibattito sul linguaggio è vivo e appassionante. Quello che diciamo ora fra qualche anno
sarà cambiato. Il mondo paralimpico è stato importante. Prima che la rete facesse circolare
idee, il maggior numero di persone con disabilità presenti nello stesso momento nello stesso
luogo era ai Giochi Paralimpici. Nel tempo il linguaggio intorno alla disabilità è cambiato. In
meglio. Anche grazie allo sport. Alla Paralimpiadi sono veroie proprio glossari, con indicazioni
da seguire e anche norme di comportamento. Dire a una persona cieca “ci vediamo dopo?
Hai visto?” o a una in carrozzina “fai una corsa qui” è assolutamente corretto, anzi si è invitati
a farlo: no n modificare il discorso se si parla con o è presente una persona con disabilità,
sarebbe discriminatorio. Meglio il singolare, dicono gli inglesi: “a disability” e non “disabilities”.
Un segno evidente di disabilità è la carrozzina (non “carrozzella”, che è guidata dai cavalli).
La carrozzina è un mezzo di mobilità, liberazione, indipendenza: aiuta, non limita. Per questo è
da evitare “confinato, relegato in carrozzina”. Meglio, “usa una carrozzina”. Si potrebbe
continuare, ma sono stato già troppo lungo. Il concetto fondamentale è quello dell’inizio: il
focus è sulla persona. Essere “politicamente corretti” nel linguaggio aiuta ad avere rispetto.
Non bisogna vergognarsene.
Rif.: Corriere
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USA. Staminali per riparare cartilagini.
E' possibile rigenerare la cartilagine direttamente li' dove serve, con una semplice iniezione
nell'articolazione danneggiata dall'artrosi: questo grazie alla cartogenina, una nuova molecola
che risveglia le cellule staminali della cartilagine spingendole a riparare i danni creati dalla
malattia. L'hanno sperimentata con successo nei topi i ricercatori dello Scripps Research
Institute in California, che presentano i primi risultati su Science.
Questa piccola, ma potente, molecola 'anti-artrosi' agisce sulle cellule staminali adulte presenti
nelle articolazioni e chiamate staminali mesenchimali: queste ultime sono capaci di
differenziarsi in diversi tipi di cellule e da tempo si sospetta che possano essere coinvolte nella
riparazione della cartilagine articolare. I ricercatori hanno dimostrato che una semplice
iniezione di cartogenina nell'articolazione malata da' la 'sveglia' a queste staminali, inducendole
a trasformarsi nelle cellule tipiche della cartilagine chiamate condrociti.
La cartogenina agisce rompendo l'interazione tra due proteine chiamate 'filamina A' e 'CBF
beta': in questo modo riesce a controllare l'espressione di un'intera famiglia di proteine che
giocano un ruolo chiave nello sviluppo muscolo-scheletrico.
Rif.: ADUC
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Staminali, a Padova protesi vive nel cuore dei bambini.
Il centro di Cardiochirurgia pediatrica di Padova sperimenta, primo Italia, nuove valvole
rivoluzionarie: impiantate nel paziente, cresceranno con lui.
Una protesi “viva”, che cresce insieme al cuore del bambino in cui è impiantata. Padova è la
capitale della rivoluzione nella cura delle malformazioni cardiache infantili: sarà la prima città
d’Italia ad applicare valvole rigeneranti, realizzate con una tecnica innovativa, che fonde le
potenzialità offerte dall’ingegneria tessutale a quelle delle cellule staminali.
La città del Santo, ancora una volta, si appresta a scrivere una nuova pagina della storia della
Medicina, che si traduce nella fine del calvario per i bambini colpiti da malformazione cardiaca.
I pazienti operati infatti, fino a “ieri”, erano costretti a tornare sul tavolo operatorio a distanza
di pochissimo tempo: la valvola impiantata infatti, seppur biologica, era destinata nell’arco di
uno o due anni a diventare piccola per un cuore che cresce a quasi a vista d’occhio. Uno
studio europeo, che ha come capofila l’Università tedesca di Hannover e cui partecipa Padova
come unico centro italiano, porrà fine a interventi multipli, farmaci e dolore per i bimbi affetti da
malformazioni cardiache: quello che in termine tecnico si chiama homograft (una valvola
polmonare biologica, ma “morta”, prelevata da un donatore umano) viene fatto tornare in vita
grazie ad “un’iniezione” di cellule staminali circolanti prelevate dal paziente che dovrà ricevere
la valvola rigenerata. Una volta inserito nell’organismo il “pezzetto” di ricambio questo è in
grado di tornare a vivere, crescendo nel corpo del paziente. «Questa nuova tecnica che noi,
primi in Italia, sperimenteremo tra pochi mesi», spiega il direttore della Cardiochirurgia
pediatrica dell’azienda ospedaliera Giovanni Stellin, «porrà fine ai problemi che creano le
attuali valvole, che degenerano rapidamente e non crescono insieme al cuore del paziente». A
fianco di Stellin, Massimo Paladino e Vladimiro Viale, che sperimenteranno le nuove valvole
su pazienti fino a trent’anni di età.
La nuova tecnica permetterà di utilizzare, per il prelievo delle valvole, persino i cuori malati
che fino a ieri erano “buttati” dopo il trapianto. Per ora il trattamento delle valvole
ricellularizzate verrà eseguito ad Hannover. Padova preleverà le cellule dal paziente per poi
reimpiantare il materiale trattato nel torace del bambino. Ma c’è la volontà, ha annunciato il
professor Stellin, di coinvolgere nel progetto anche la Banca dei Tessuti del Veneto, che ha
sede a Treviso.
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In Cardiochirurgia pediatrica verranno eseguiti circa 25 interventi, sui duecento totali che
prevede la ricerca.
Rif.: Il Mattino di Padova
L’origine della vita: le cellule staminali.
C’è un momento nella storia della nostra vita in cui la scintilla dell’esistenza genera situazioni
che, se comprese, sono in grado di salvaguardare la nostra vita…
Le cellule, l’essenza della nostra vita, noi tutti siamo fatti di cellule, che muoiono e si
rigenerano ( alcune ) dandoci la possibilità di esistere. Ma non vi è un’unica cellula nel nostro
corpo, ne sono tantissime e si distinguono in base al ruolo che ricoprono. Allora abbiamo
cellule del fegato, cellule del pancreas, cellule del cuore…
Ma, contrariamente a quanto si possa pensare, le cellule non nascono specializzate, ossia,
non sono già cellule del fegato, del pancreas, del cuore, ma hanno una fase iniziale in cui
sono come tanti bambini, ognuno di loro si specializzerà in un particolare settore, così le cellul
e staminali
riescono a diventare qualunque cellula adulta.
Ma non tutte le cellule staminali hanno questa capacità, infatti, solo le cellule staminali
embrionali possono diventare qualunque tipo di cellule e adattarsi a qualsiasi tipo di utilizzo
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futuro.
Purtroppo però vi è un grosso muro, un enorme ostacolo, che intralcia lo studio di queste
cellule: la convinzione che tali cellule, nel loro stadio iniziale, rappresentino già un individuo
nella sua interezza e risulta quindi, secondo alcuni, un omicidio estrarle.
Rif.: Leggilo
Donazione di cordone ombelicale.
Prima donazione di cordone ombelicale nella clinica di Ostetricia e ginecologia dell’Aou diretta
da Salvatore Dessole. L’altro ieri nel corso della nascita di un bel maschietto la ginecologa...
Prima donazione di cordone ombelicale nella clinica di Ostetricia e ginecologia dell’Aou diretta
da Salvatore Dessole. L’altro ieri nel corso della nascita di un bel maschietto la ginecologa
Luisa Iervolino con l’aiuto del suo staff ha effettuato il prelievo di sangue dal cordone.
Immediatamente dopo la sacca è stata presa in carico dal corriere Index di Sassari,
specializzato in trasporto speciali, che lo ha portato alla banca regionale per le cellule staminali
istituita alcuni mesi fa nell’ospedale Binaghi di Cagliari.
La donazione, autorizzata dalla Regione, era in questo caso legata alla conservazione delle
cellule del cordone (essenziali per la cura di determinate malattie) su richiesta dei genitori
perchè in famiglia c’è un componente che potrebbe aver bisogno di terapie a base di
staminali.
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Nella clinica di Sassari intanto, si sta completando l’iter per l’autorizzazione al prelievo di
cordone ombelicale da donare per la ricerca sulle cellule staminali.
Rif.: La Nuova Sardegna
Parkinson: dieta ricca di flavonidi protegge i neuroni.
Gli uomini che mangiano cibi ricchi di flavonoidi, come bacche, te', mele e vino rosso hanno
meno probabilita' di sviluppare il morbo di Parkinson. Almeno questo e' quanto emerso in uno
studio della Harvard University and della University of East Anglia, pubblicato sulla rivista
Neurology. Recenti studi hanno gia' dimostrato che questi composti possono offrire protezione
contro una vasta gamma di malattie, come cardiopatie, ipertensione e alcuni tipi di cancro e
demenza. Quest'ultimo studio e' pero' il primo ad aver dimostrato che i flavonoidi proteggono
neuroni degli esseri umani da malattie come il Parkinson. Per arrivare a queste conclusioni i
ricercatori hanno coinvolto nello studio 130mila uomini e donne. Piu' di 800 avevano sviluppato
il Parkinson entro 20 anni dal follow-up. Dopo un'analisi dettagliata delle diete e in generale
dello stile di vita, gli studiosi hanno scoperto che i partecipanti di sesso maschile che
mangiavano il maggior numero di cibi ricchi di flavonoidi avevano circa il 40 per cento in meno
di probabilita' di ammalarsi di Parkinson.
Nessun collegamento simile, invece, e' stato trovato nelle donne. ''Questo risultati
entusiasmanti confermano ulteriormente che il consumo regolare di flavinoidi puo' portare
benefici alla salute'', ha detto Xiang Gao della Harvard School of Public Health, che ha
coordinato lo studio.
''Questo e' il primo studio sugli esseri umani - ha continuato - a guardare le associazioni tra i
flavonoidi assunti nella dieta e il rischio di sviluppare il morbo di Parkinson e i nostri risultati
suggeriscono che una sottoclasse di flavonoidi, chiamati antociani, possono avere effetti
neuroprotettivi''.
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