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Gianni Pettenati è sempre quello che cantava Bandiera gialla ma

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Gianni Pettenati è sempre quello che cantava Bandiera gialla ma
[LA STORIA]
DI GIGI VESIGNA - FOTO ANDREA SCAPOLAN
«S
cusi, ma lei è quello di Bandiera gialla?». Non c’è mamma o
nonna che scortando figli e nipoti a Fata & Celeste, una piccola e coloratissima libreria di
Milano che vende solo libri per bambini, non
faccia questa domanda al titolare. Che poi è
proprio quel Gianni Pettenati che nel 1966 divenne popolarissimo proprio grazie a quella
canzone, Bandiera gialla, che divenne l’inno
di una gioventù per niente “bruciata” ma colpevole soltanto di avere gusti musicali diversi
da quelli allora in voga, melodici e un po’ melensi, certamente poco adatti a scatenarsi in
un ballo corale. La bandiera gialla era quel
drappo che si appendeva sulle navi per avvertire che a bordo c’era una malattia infettiva e
quindi era imposta la quarantena.
«La mia bandiera gialla - racconta divertito
Gianni Pettenati - era appena un po’ pop,
niente di trasgressivo, ma con il suo sventolare
segnalava un luogo dove i giovani potevano
trovare la musica giusta». Appena un anno prima, Gianni Boncompagni e Renzo Arbore, anche loro vessilliferi di una musica “diversa”,
spopolavano alla radio con una trasmissione
dedicata alla musica giovane che si chiamava
proprio Bandiera gialla. La sigla era di Rocky
Roberts ma quando cominciò a garrire il vessillo di Pettenati, Renzo e Gianni se ne impossessarono e rimase la loro sigla sino a quando
non si conclusero le trasmissioni. Ma torniamo a Fata & Celeste, 55 metri quadrati di fantasia sfrenata, dove si possono trovare oltre
Gianni Pettenati è sempre quello che cantava Bandiera
35.000 titoli di libri adatti ai lettori dai sei anni
in su. Anche i più piccoli hanno libero accesso
perché Gianni, due o tre volte alla settimana,
racconta a una piccola platea fiabe e storie, incantandola con la sua voce, rimasta bella come ai tempi di quando cantava a Sanremo.
«È un piacere intenso vedere quei bimbi
che pendono dalle tue labbra, sgranano gli occhi e qualche volta, quando arriva il cattivo, si
spaventano; ma poi il lieto fine toglie ogni traccia di paura dai loro visi».
Quali sono i titoli più gettonati dai tuoi
piccoli clienti? Immagino il primo sia Il piccolo principe...
«No, quello è il primo che le mamme raccontano, forse perché l’hanno già letto loro o
è stato tramandato dalle nonne. Ogni tanto
con me, mi ha detto che aspettavamo un bambino pensai subito che quella era la magia di
una fata. Quando nacque mio figlio, che oggi
ha sei anni, lo battezzammo Gianlorenzo Celeste, da lì Fata & Celeste».
Gianni Pettenati è nato a Piacenza nel
1945, ultimo di otto figli. È una delle persone
più poliedriche mai incontrate nel mondo dello spettacolo: vale davvero la pena di esplorare con lui il suo curriculum. Debutta nel 1961
vincendo un concorso di voci bianche. A otto
anni si iscrive al Conservatorio Nicolini di Piacenza studiando solfeggio e violoncello, e come strumento complementare, il pianoforte.
«Il merito è di mia sorella e del maestro
Marcello Abbado, fratello di Claudio, che mi
ha incoraggiato a insistere col violoncello».
“
”
Racconto avventure
come Moby Dick
o le filastrocche
di Gianni Rodari che ai
più piccoli piacciono
moltissimo
gialla ma adesso parla ai più piccini dalla sua libreria
DAI GIOVANI RIBELLI AI PICCOLI LETTORI
propongo Alice nel paese delle meraviglie,
ma devo assolutamente trasmetterlo nella sintesi fiabesca perché altrimenti leggo nei loro
occhi un po’ di confusione. Anche Pinocchio
non è tra i più accettati, e allora racconto avventure come Moby Dick, la balena bianca o
leggo le filastrocche di Gianni Rodari, che
piacciono moltissimo. Poi, da quando mio figlio va a scuola, la platea si affolla. Ci sono cinquecento bambini in quella scuola e tutti vorrebbero venire nel negozio, così devo inventare dei turni. Ah, dimenticavo, i miei spettatori
vanno matti per gli scioglilingua e si appassionano quando si rendono conto di certe realtà.
Un esempio? Un giorno è venuto a trovarmi
Massimo Caroldi, che suona il flauto alla Filarmonica. Monta lo strumento e tutti incantati a
guardare, ma l’apoteosi è quando sentono che
da quell’oggetto che hanno appena visto nascere esce un suono così delicato. Rimangono
ipnotizzati. La stessa cosa è successa quando è
venuto Marco Bellasi, con il violino».
Come nasce la poetica insegnata nel tuo
laboratorio?
Quando mia moglie Daniela, che lavora
Però, contemporaneamente, ti
dai alla lirica...
«Colpa di mio padre Giuseppe, uno dei più attivi loggionisti del Regio di Parma.
Così, per accontentarlo, mi
improvviso tenore e canto
Di quella pira l’orrendo foco, o Che gelida manina.
Ma è stata una piccola parentesi nella mia attività musicale».
A scuola, dopo le medie,
provi con la ragioneria ma presto opti per le magistrali. Poi
studi disegno alla scuola Grazioli
di Piacenza. Insomma, sei abbastanza
volubile...
«La cultura è il più grande divertimento
che una persona possa avere. Se leggi un libro
ti arricchisci; se sei curioso di conoscere più a
fondo quello che altri hanno già detto, sei una
persona fortunata.Vendere libri mi ha dato
una grande soddisfazione perché, parlando
con gli adulti che accompagnano i bambini ca-
35.000 TITOLI
Gianni Pettenati, a sinistra
con la moglie Daniela, nella
sua libreria per bambini
CLUB3
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[LA STORIA]
È diventato anche scrittore, dando alle stampe il
suo primo romanzo, La vendetta degli innocenti
A SANREMO DOVEVO CANTARE CON DALLA
씰 “Se tu vedrai sventolar bandiera gialla, capirai che qui si balla…”.
Sono i primi versi di una canzone che è rimasta nella storia del nostro
costume, ma pochi sanno che non era una canzone originale ma la
“cover” di The pied piper, lanciato dall’americano Cristhian St. Peters. In
Italia, Abore e Boncompagni, antesignani della musica giovane, la fecero
diventare la sigla della loro trasmissione, che si chiamava proprio
Bandiera gialla. Pettenati ha al suo attivo anche un’altra cover, Come
una pietra che rotola, il classico Like a rolling stone, di Bob Dylan. A
Sanremo, partecipò con La rivoluzione, in coppia con Gene Pitney e con
La tramontana, con Antoine. A proposito di Sanremo, Pettenati racconta
una storia singolare e poco edificante: «Nel 1971 dovevo cantare
al Festival con Lucio Dalla 4 marzo 1943, che era la sua data
di nascita. Per farlo, però, la mia casa discografica
doveva pagare 18 milioni (oggi la cifra sarebbe di sette,
ottocento milioni) ma poiché la Fonit Cetra era della
Rai non poteva permettersi quello che sarebbe stato
un vero conflitto di interessi. Al mio posto ci andò
l’Equipe 84. Ma forse fu meglio così».
g.v.
TRIO FELICITÀ
Pettenati e la moglie Daniela
con il figlio Gianlorenzo
Celeste, di sei anni
“
”
Quando le persone
entrano nella mia
libreria e chiedono un
titolo, io suggerisco
altri libri e loro, alla
fine, li comprano
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pisco quali letture suggerire. Molto spesso il consiglio va a segno perché poi
tornano a chiedere altre “dritte”. Se è vero che in Italia si vendono pochi libri, la colpa è del sistema che ormai ha trasformato le librerie in supermarket, dove se non hai le idee precise, e
se non trovi da solo il libro che vuoi acquistare, è perché non ci sono persone di riferimento ma solo computer. Ma quando le persone
entrano nella mia piccola libreria a chiedere
un libro, io cerco di conquistare il loro interesse suggerendo altri titoli, e difficilmente il
cliente esce con un solo libro».
Come mai con tutti quegli impegni sei riuscito a fare il commesso, l’elettricista e a recitare persino con Strehler al Piccolo?
«Il commesso l’ho fatto in un negozio di
scarpe, durante le vacanze, per comprarmi un
giaccone che mi piaceva. L ’esperienza di elettricista presso il negozio di un amico è finita il
giorno della prima scossa. Con il teatro, inve-
ce, la cosa è stata più seria. Nel 1961 mi iscrissi
alla scuola del Piccolo e un giorno il grande
Strehler, vedendomi recitare in un saggio - il
copione era L’altro figlio, di Pirandello - mi
propose di fare sul serio l’attore." Quanto si
guadagna al giorno?", chiesi. Il maestro rispose 450 lire e io pensai che come cantante già
ne guadagnavo 6.000. Così fu troncata sul nascere chissà quale folgorante carriera».
E allora, via con la musica?
«Comincio con il blues, poi vinco il Festival
di Bellaria, dove è nato anche Gianni Morandi. Poi vado a Castrocaro dove vengo scritturato dalla Fonit Cetra, la casa discografica della Rai. Il mio complesso
si chiama Gianni Pettinati e
the Juniors. Pescavamo nel
repertorio di Ray Charles. Quindi, Bandiera
gialla, Sanremo, il successo. Poi, un lento tramonto che grazie ai
miei tanti interessi non
soffro più di tanto».
E adesso sei anche
diventato scrittore con
il tuo primo romanzo, La
vendetta degli innocenti...
«Era una storia che avevo dentro da sempre, perché in qualche modo riguarda la mia vita e la mia città, Piacenza.
Non è un giallo ma c’è un intrigo, una brutta
storia che ha origini lontane. Comunque, c’è
tanta verità che i più vecchi piacentini forse ricordano ancora».
Il libro si legge velocemente, è scritto con
grande, efficace semplicità e tiene incollati sino all’ultima pagina, la 166.
In una vita così densa di esperienze, c’è
qualcosa che ti stupisce ancora?
«Ho capito che se hai un solo talento sei
completo, se ne hai tanti non sei mai contento.
In quanto allo stupore, lo vivo quando vado a
pregare sulla tomba di mio fratello che aveva
17 anni più di me e si chiamava anche lui Gianni. Sulla lapide c’è scritto:"Caro al Signore è
왎
chi muore giovane"».
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