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Sull`orlo del buco nero
Unità 3 I generi: IL RACCONTO di fanTascienza Isaac Asimov Sull’orlo del buco nero 1 consono: appropriato. Ben Estes sapeva di stare per lasciarci la pelle. La vita di un astro-minatore operante nella vastissima e ancora in parte inesplorata zona della cintura degli asteroidi non era particolarmente facile: c’era la possibilità di una scoperta improvvisa che assicurava la ricchezza, ma c’erano sempre troppe incognite. E quella in cui si erano imbattuti li avrebbe fatti morire... Harvey Funarelli gemette sommessamente dalla sua cuccetta, ed Estes si voltò con uno spasimo dei suoi muscoli. Erano tutti e due malridotti. Guardò mestamente il compagno e gli chiese: – Come ti senti, Harv? Funarelli mandò un altro gemito. – Cosa diavolo è successo? Contro cosa siamo andati a sbattere? Estes gli indicò l’oblò principale e Funarelli guardò fuori. C’erano le stelle, ovviamente, ma un astronauta esperto impara a non notarle. Ci sono sempre stelle. Più vicino c’era un ammasso di macigni di varie dimensioni che si muovevano lentamente, con moto consono1 gli uni rispetto agli altri, come uno sciame di api pigre. – Mai visto niente di simile prima, – dichiarò Funarelli. – Cosa ci fanno qui? – Quei macigni sono quanto rimane di un asteroide distrutto, credo, – disse Estes. – E ruotano intorno all’oggetto che l’ha distrutto e che ha ridotto male anche noi e la nostra astronave. – Cos’è? – Funarelli sbirciava inutilmente nel buio. – Là, – indicò Estes. In quella direzione si vedeva una fievole scintilla. – Eccolo... – Non vedo niente. – Infatti è un buco nero. I capelli cortissimi di Funarelli si drizzarono ancor più di quanto non lo fossero di solito, e nei suoi occhi neri balenò un lampo di terrore. – Sei pazzo, – disse. – Nei rapporti non compare nessun buco nero! – Lo so. E come potrebbe? È invisibile. Bisogna andarci a sbattere sopra, come abbiamo fatto noi. È pura massa, capace di attrarre e inghiottire non solo la nostra astronave, ma tutto ciò che ruota qua attorno… – Siamo i primi ad imbatterci di persona in un buco nero. – continuò. – Solo che non vivremo abbastanza perché ce ne venga riconosciuto il merito. Funarelli fece una smorfia. – Possiamo comunicare? – Neanche una parola, – disse Estes. – Le apparecchiature per le comunicazioni sono in pezzi. – Non si può rimediare una apparecchiatura di fortuna? Sull’orlo del buco nero Estes scrollò la testa. – Non possiamo fare altro che aspettare... e morire. Ma quello che è veramente grave è che non possiamo avvisare la Terra della presenza di... quel coso, – e indicò col dito l’oblò. – Il buco nero non è pericoloso solo per noi. Inghiotte tutto quello che incontra e si ingrandisce, aumentando la sua forza di attrazione. – Potrebbe inghiottire un intero pianeta? – Certo, forse anche l’intero sistema solare… – aggiunse Estes. Tornarono a guardare attraverso l’oblò. La polvere cosmica che cadeva all’interno del buco nero formava un continuo vortice liberando energia, che a sua volta produceva delle tenui scintille luminose. – Quando un buco nero inghiotte corpi più grossi, – disse ancora Estes – questi, cadendo, producono fasci di radiazioni su tutta la gamma, fino ai raggi X… – In tal caso dalla Terra se ne accorgerebbero! Non è possibile far sì che questo buco nero si manifesti con maggiore evidenza? – chiese Funarelli. – Se uno di quei macigni finisse dentro al buco si produrrebbe un’emissione di raggi X visibile sotto forma di lampo dai nostri osservatori terrestri – disse Estes. – Lasciami pensare! Se noi... – Estes tacque. Poi riprese con voce alterata: – Mi chiedo se le nostre tute spaziali sono intatte. – Cos’hai in mente? – chiese eccitato Funarelli. – Sto pensando di uscire nello spazio. – E aprì lo stipo delle tute. – Sembrano in ordine. – Perché vuoi uscire? – Ti sentiresti capace di tirare un sasso? – chiese Estes per tutta risposta. Funarelli mosse il braccio, ma la faccia gli si contorse in una mossa di dolore. – Okay, ci provo io. Vado fuori a tirare qualche sasso, – concluse Estes. – E se riesco a farli cadere nel buco… (…) Gli astro-minatori sono costretti qualche volta a uscire nello spazio, per apportare qualche riparazione alla loro astronave, per esaminare lo scafo, o per avvicinare qualche ammasso minerale vagante nel vuoto. Di solito è un’avventura eccitante, ma nel caso di Estes non si poteva certo dire altrettanto. La sua sensazione predominante era l’ansia, così primitiva, così irrazionale, che quasi se ne vergognava. Si trovava nello spazio nero punteggiato dallo scintillio delle stelle che aveva visto centinaia e centinaia di volte, ma adesso, nel fievole2 riflesso del lontano sole, spiccava anche la pallida luminosità di centinaia di frammenti rocciosi che un giorno dovevano aver fatto parte di un asteroide e adesso giravano come un anello di Saturno in miniatura intorno al buco nero. Estes scelse alcune pietre grosse come un pugno e le chiuse nella rete di acciaio al tantalio3 da minatore. Era una fortuna per lui che 2 fievole: debole. 3 tantalio: metallo molto resistente. Unità 3 I generi: IL RACCONTO di fanTascienza le moderne tute spaziali gli consentissero ampia libertà di movimento e non fossero più quelle specie di rigide bare in cui stavano racchiusi, circa un secolo prima, gli astronauti che erano sbarcati sulla Luna. Quando ebbe riempito la rete, prese una pietra e la lanciò. La vide scintillare e offuscarsi sotto i raggi del sole mentre precipitava in direzione del buco nero. Aspettò, ma non accadde nulla. Ignorava quanto tempo potesse impiegare la pietra a cadere nel buco... se poi ci era caduta... ma contò fino a seicento, e poi ne lanciò un’altra. Ripeté l’operazione più volte con la tenace pazienza di chi sa che l’unica alternativa è la morte, e finalmente dal buco nero scaturì un bagliore. Un lampo di luce visibile, un’emissione improvvisa di radiazioni che raggiungevano sicuramente il grado X. Dovette interrompersi per raccogliere altre pietre, e a furia di tentativi riuscì a regolare la forza del lancio. Ormai riusciva a colpire il bersaglio quasi a ogni tiro. Lavorò finché non si sentì sopraffare dalla stanchezza, col braccio e la spalla che gli facevano male. Poi tornò a bordo. Funarelli lo aiutò a togliersi la tuta. – Era terrificante. Tiravi le pietre dentro il buco. – Sì, – convenne Estes, – e mi auguro che la tuta mi abbia protetto contro i raggi X. Non mi andrebbe di salvarmi dal buco nero solo per morire avvelenato dai raggi. – Avranno visto i lampi dalla Terra? – Per vederli li hanno visti di sicuro, – disse Estes. – Ma gli daranno importanza? Probabilmente si chiederanno cosa diavolo può averli provocati, ma perché dovrebbero venire fin qui a dare un’occhiata più da vicino? No, non basta. Bisogna che escogiti qualcosa che li induca a venir quassù a vedere. Prima però ho bisogno di riposo. Un’ora dopo si infilò di nuovo la tuta. Uscì nello spazio e si mise al lavoro, raccogliendo tante pietre da colmare la rete e sistemandole poi entro una tacca sullo scafo della nave. Allora cominciò a lanciarle, dapprima con una certa esitazione, poi sempre con maggior sicurezza, e dal buco nero cominciarono a scaturire una serie di lampi. Estes aveva l’impressione che gli riuscisse più facile colpire il bersaglio perché il buco nero si andava progressivamente ampliando e inghiottiva voracemente tutto. Fra non molto, temeva, avrebbe ingoiato anche la nave. Ma naturalmente tutto questo era frutto della sua fantasia eccitata. Finalmente tirò l’ultima pietra. Non ne poteva più. Gli pareva di essere stato fuori per ore e ore. Quando si ritrovò di nuovo a bordo, appena Funarelli gli ebbe tolto il casco disse: – È fatta. Più di così non posso fare. – Ho visto moltissimi lampi, – disse Funarelli. Sull’orlo del buco nero – Sì, e li avranno senz’altro registrati. Adesso non ci resta che aspettare. Devono venire. Funarelli lo aiutò a togliersi il resto della tuta, facendo del suo meglio nonostante il dolore degli strappi muscolari. Poi, ansimando e gemendo, si drizzò e chiese: – Credi davvero che verranno, Ben? – Devono venire, – ripeté Estes, come se volesse influire sugli eventi con la sua volontà. – Non possono farne a meno. – Perché ne sei così certo? – chiese Funarelli, col tono di chi si aggrappa all’ultimo filo di speranza, ma quasi non osa farlo. – Perché ho inviato una comunicazione, – disse Estes. – Noi non siamo solo i primi a esserci imbattuti in un buco nero, ma anche i primi a servircene per comunicare. Siamo i primi a servirci del mezzo che sarà decisivo in futuro, perché renderà possibili le comunicazioni da stella a stella, da galassia a galassia, e potrà forse essere anche la principale fonte di energia... – Ansimava, e parlava come un esaltato. – Ma cosa diavolo dici? – lo interruppe Funarelli. – Ho tirato quelle pietre secondo un ritmo preciso, – spiegò Estes, – cosicché anche i lampi dei raggi X sono scaturiti a ritmo. Così: lampolampo-lampo; lampo-lampo-lampo; lampo-lampo-lampo. E allora? È un sistema antiquato, molto antiquato, ma che tutti ricordano dai tempi in cui si comunicava mediante corrente elettrica immessa in un cavo. – Vuoi dire il fotografo... fonografo... – Telegrafo, Harv. Quando qualcuno osserverà la registrazione di quei lampi, si scatenerà il finimondo. E non perché saranno riusciti a individuare la fonte dei raggi X, anche se sarà già abbastanza sconcertante sapere che una fonte di raggi X si muove lentissimamente contro le stelle, per cui è logico che si trovi entro il sistema solare. Quello che li farà restare a bocca aperta è il fatto che da quella fonte è stato trasmesso un messaggio: SOS, SOS, SOS... E quando una fonte di raggi X chiede aiuto, puoi star sicuro che arriveranno di gran carriera a vedere cosa... dove... – si addormentò di colpo. ... E cinque giorni dopo arrivò dalla Terra una nave-vedetta. I. Asimov, Racconti, in L’ora di fantascienza, Einaudi