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“Cullare e masticare” la parola

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“Cullare e masticare” la parola
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Dom Andrè Louf, o.c.s.o.
“Cullare e masticare” la parola
Parola e cuore si sono sviluppati insieme, allacciati l’una all’altro. La Bibbia
dispone di un vocabolario molto variegato per descrivere come la Parola di Dio si
impadronisce del cuore dell’uomo, come anche il cuore si appropria della parola e,
divenuto lui stesso Parola di Dio, a sua ne esprime e ne interpreta la pienezza: di fronte
agli uomini nella predicazione, di fronte a Dio nella preghiera, la lode, l’eucaristia e
l’azione di grazie.
Il cuore prende la Parola in se stesso, la magia, la digerisce (Ez 3 ,1-3). Si ripone la
Parola nel proprio cuore (Sal 119,11), la si nasconde in seno (Gb 23,12), la sua custodisce
(Lc 8,15), ci si attacca e vi si aderisce (At 16,14), la si volge e rivolge nel proprio cuore (Lc
2,19), la si rimugina giorno e notte (Sal 1,2). Si finisce con l’abitare nella Parola come se
fosse la propria dimora (Gv 8,31), allo stesso modo per cui la Parola dimora e abita in noi
(Col 3,16).
La parola di Dio e il cuore dell’uomo sono, l’una nell’altro, a casa propria. Più la
Parola risuona, più il cuore resta sveglio. E più il cuore è vigile e attento all’ascolto della
Parola, più profondamente penetra nel mistero dello Spirito. Il cuore è sempre più nutrito
dalla parola di Dio. Più si fortifica così, più la Parola di Dio diventa chiara, più si fa
limpida e svela i suoi tesori a colui che l’ascolta.
Questo confronto interiore tra la Parola e il cuore è chiamata meditatio nei testi
antichi. Non pensiamo alla meditazione-riflessione nel senso razionale del termine, ma al
suo significato primitivo che evoca la continua ripetizione, il paziente ruminare. Cassiano
lo chiama volutario cordis , il cullamento del cuore, simile al rullio di una nave, dondolata
dall’onda dello Spirito. Così il cuore culla in sé la Parola di Dio per appropriarsene
lentamente. Nel medioevo si designava ciò con un’immagine sorprendente ma molto
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suggestiva: ruminari, “rimasticare” la Parola. Viene da pensare al pacifico e interminabile
ruminare delle mucche che cullano il loro sogno all’ombra di un albero.
L’immagine è un po’ triviale, ma eloquente. Evoca il riposo, la quiete, una totale
concentrazione, una paziente assimilazione.
Eccoci a un momento molto importante, che prelude direttamente alla preghiera. Infatti la
Parola che giro e rigiro nel mio cuore non è una parola umana, morta e sbiadita . È la
Parola stessa di Dio: un seme della vita, dunque, che può mettere radici e germinare; un
carbone ardente che purifica e riscalda; una scintilla che basta per accedere il fuoco nel
cuore come fosse un mucchio di fieno secco.
Diciamo ancora: guardiamoci con cura dal deviare verso l’analisi intellettuale di
questa o quella verità concernente Dio.
A questo momento ogni sforzo di pensiero speculativo non solo segnerebbe una
deviazione, ma porterebbe un colpo mortale alla vita nuova sul punto di schiudersi in noi.
Siamo infatti qui nel profondo del cuore e alle sorgenti della nostra esistenza, esposti senza
difesa all’amore di Dio, alla forza dello Spirito e all’onnipotenza divorante della sua
Parola.
Cosa avviene infatti? All’ascolto della Parola di Dio, nella liturgia pubblica della
Parola o nel corso della lettura privata. Il mio cuore è stato colpito, penetrato
(letteralmente: compunctus ) da questa Parola. Non la lascio più; sosto pressa di essa,
m’attardo, vigilo come sentinella. La prendo, la ripeto lentamente nel silenzio del cuore, la
cullo in questo spazio interiore, la “rumino”, le lascio impregnare il mio cuore da cima a
fondo. Si tratta, nel senso più letterale del termine, di un lavaggio del cuore.
Ciò che ciascuna parola biblica può operare nel cuore, vale in primo luogo della
Parola per eccellenza, riassunto di tutte le parole della Bibbia: il Nome che è al di sopra di
ogni altro nome, il Nome di Gesù. Viene chiamata “preghiera di Gesù” la paziente
ripetizione di questo Nome del cuore. La struttura di questa preghiera è la stessa: il nome
di Gesù risveglia il nostro cuore, e, reciprocamente, l’invocazione continua di Gesù ci aiuta
a scoprire la sua presenza e a realizzarla sempre più.
Così sono naturalmente adatte a unirsi tra loro la sobrietà e la preghiera di Gesù.
Infatti, l’attenzione somma è propria della preghiera continua; e la preghiera a sua volta è
propria della somma sobrietà e attenzione nell’intelletto.
Un fratello domandò ad abba Macario: “Quale opera del monaco è più gradita a
Dio?”. Macario rispose: “Beato chi persevera nel Nome benedetto di nostro Signore Gesù
Cristo, senza posa e con cuore contrito. La vita monastica non conosce cosa più gradita a
Dio. Questo buon cibo bisogna rimasticarlo costantemente, come una pecora che rumina la
sua erba, per gustarne tutta la sua dolcezza, finchè l’alimento ben triturato discende nel
più profondo del cuore e di là effonde dolcezza e unzione nello stomaco e negli intestini.
Guarda come le guance della pecora rivelano gioia, per la dolcezza di ciò che la sua bocca
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ha ruminato. Che nostro Signore Cristo ci doni la grazia del suo Nome così dolce e così
pieno d’unzione'.
Fonte: http://www.donboscoland.it
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