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Il nuovo istituto della non punibilità per particolare tenuità del fatto

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Il nuovo istituto della non punibilità per particolare tenuità del fatto
Il nuovo istituto della non punibilità
per particolare tenuità del fatto
Prime riflessioni sulla novità
legislativa introdotta dal Decreto
Legislativo 16.03.2015 n. 28
La novità
• Il decreto legislativo 16 marzo 2015 n. 28 pubblicato sulla “Gazzetta Ufficiale” del 18
marzo 2015 n. 64 - è volto a dare attuazione
all'articolo 1, comma 1, lettera m), della legge
28 aprile 2014 n.67 contenente, fra l'altro,
deleghe al Governo in materia di pene
detentive non carcerarie e di riforma del
sistema sanzionatorio (per tali ulteriori aspetti
la delega non è stata esercitata).
La delega
• In particolare l’art. 1 comma lett. m) della L.
67/2014 conferiva delega al Governo per
«escludere la punibilità di condotte sanzionate
con la sola pena pecuniaria o con pene detentive
non superiori nel massimo a cinque anni, quando
risulti la particolare tenuità dell’offesa e la non
abitualità del comportamento, senza pregiudizio
per l’esercizio dell’azione civile per il risarcimento
del danno e adeguando la relativa normativa
processuale penale».
Natura giuridica dell’istituto
• Si tratta di una causa estintiva della punibilità, cioè una
causa sopravvenuta dopo il perfezionamento del reato che
incide sulla sola punibilità. La dottrina parla in questo caso
di causa estintiva del reato poiché estingue la potestà
statale di applicare la pena minacciata, la c.d. punibilità in
astratto che sorge col verificarsi di tutti gli estremi
costitutivi del reato. E la distingue dalle cause estintive
della pena che operano, a differenza dalle prime, dopo la
sentenza definitiva di condanna.
• Ciò si desume anche dalla collocazione topografica (in
apertura del titolo V del libro I del c.p. dedicato alla
applicazione della pena), subito prima delle norme
concernenti l’esercizio del potere discrezionale del giudice
nell’applicazione della pena.
Irrilevanza e non inoffensività
• L’inoffensività del fatto, categoria ricondotta all’art. 49
comma 2 c.p. ed elaborata nella giurisprudenza
costituzionale, attiene all’esistenza stessa del reato che
si ritiene appunto insussistente per mancanza di uno
degli elementi costitutivi laddove manchi totalmente
l’offensività del fatto.
• Al contrario, l’irrilevanza per particolare tenuità
presuppone un fatto tipico, costituente reato, ritenuto
non punibile in ragione dei principi di proporzione della
pena e di economia processuale.
Irrilevanza e non depenalizzazione
• Non si tratta di depenalizzazione perché il
fatto dichiarato non punibile non assume
alcuna diversa rilevanza: non diviene lecito né
si trasforma in illecito amministrativo.
• E’ reato e tale resta, pur se non punibile.
• Il fondamento dell’istituto si coglie sul piano
della necessità di pena e non su quello della
meritevolezza di pena.
Finalità
• Dalla relazione che accompagna la legge si evincono le due
esigenze di rilievo costituzionale alla base della riforma:
• L’una, di carattere sostanziale, è tesa ad espungere dall’area
della punibilità quei fatti storici che ne appaiano
immeritevoli. Si realizza in questo modo il principio
dell’ultima ratio ed ancora quello della proporzione (in
questo senso va letta l’assenza di un «potere di veto» da
parte della P.O.).
• L’altra, di carattere processuale, tende a realizzare
l’esigenza di alleggerimento del carico giudiziario (in questo
senso va letta l’utilizzazione agile e anticipata dell’istituto).
Dubbi
• Il legislatore si è mosso nell’ottica di un bilanciamento tra i
principi costituzionali della obbligatorietà dell’azione penale
(art. 112) e della finalità rieducativa della pena nonché
della sua necessaria proporzione con la condotta (art. 27).
• La scelta del nuovo istituto, anziché quella della
depenalizzazione (ovvero dell’amnistia), crea dubbi e
preoccupazioni sia sul paventato rischio di una rinuncia
irragionevole alla pena da parte dello Stato per un numero
elevatissimo di reati, sia sull’aumento della discrezionalità
del magistrato in materia di esercizio dell'azione penale,
con conseguente danno alla certezza del diritto ed a beni
fondamentali dell'individuo (da qui derivano i numerosi
innesti del legislatore, tutti volti a fissare parametri certi,
determinati e ragionevoli sull’operatività dell’istituto).
Art. 1
• Introduce il nuovo art. 131 bis c.p., rubricato
'esclusione della punibilità per particolare
tenuità del fatto'. La disposizione stabilisce, al
primo comma, che «nei reati per i quali è prevista
la pena detentiva non superiore nel massimo a
cinque anni, ovvero la pena pecuniaria, sola o
congiunta alla predetta pena, la punibilità è
esclusa quando, per le modalità della condotta e
per l'esiguità del danno o del pericolo, valutate ai
sensi dell'articolo 133, primo comma, l'offesa è di
particolare tenuità e il comportamento risulta non
abituale».
Limite di pena
• Il limite di pena consente di definire l’ambito dell’istituto che risulta
applicabile all’intera area delle contravvenzioni codicistiche oltre
che a molti delitti tra cui, esemplificativamente: delitti contro la
libertà morale (artt. 610, 611 e 612/2 c.p.) e contro il patrimonio
(624, 635, 640, 646 c.p.).
• Il comma IV del nuovo art. 131 bis c.p. indica come debba essere
calcolata la pena per verificare l’applicabilità del nuovo istituto. In
particolare:
• Non si tiene conto delle circostanze se non di quelle ad effetto
speciale: importante ricaduta è quella di escludere tutti i furti
aggravati, anche se riguardano sottrazioni di beni di valore
irrisorio;
• Non si tiene conto del giudizio di bilanciamento delle circostanze ex
art. 69 c.p.
Art. 56 c.p. e calcolo della pena
• Nell’indicare il limite di pena per l’applicabilità dell’istituto,
l’art. 131 bis c.p. non contempla l’ipotesi del delitto tentato.
Trattandosi di autonoma figura di reato sembra più
convincente la tesi che considera il tentativo ai fini della
valutazione della cornice edittale.
• La tesi risulta sostenuta in una recente sentenza di merito
(Trib. Milano 9.4.2015 n. 3936) che ha applicato la causa di
non punibilità di cui all’art. 131 bis c.p. ad un’ipotesi di
tentato furto in supermercato, aggravato dal mezzo
fraudolento. Si tratta di un caso molto ricorrente, specie
alla luce della recente giurisprudenza delle S.U. che
prevede l’ipotesi tentata di furto nel comportamento di chi
sottrae merci dagli scaffali, sotto il controllo del personale
di vigilanza, e viene fermato dopo le casse.
Rapporti con le norme in tema di
particolare tenuità
• Non ha rilevanza, nell'ambito di tale giudizio, neanche
alla circostanza di cui all'articolo 62, comma 1, n. 4 c.p.
perché ciò avrebbe determinato una possibile
violazione del principio del ne bis in idem, portando a
valutare due volte un medesimo aspetto della
condotta;
• E’ ammessa l’applicazione della causa di non punibilità
anche quando la legge prevede la particolare tenuità
del danno o del pericolo come circostanza attenuante:
se tutto ciò è evidente per l’art. 62/1 n. 4 c.p. (che
riferisce la tenuità all’evento), qualche dubbio sorge
per norme come l’art. 323-bis c.p. (ove la tenuità
potrebbe essere riferita anche alla condotta).
I reati che prevedono soglie
•
•
•
Fin dai primi commenti si è profilata la scelta di non applicare l’art. 131-bis c.p. ai
reati fondati sul superamento di una soglia, poiché essa definisce di per sé una
particolare tenuità del danno o del pericolo, confinandola già nell’ambito del
penalmente irrilevante. In sostanza la presenza di soglie di punibilità andrebbe
intesa come una sorta di presunzione legale di rilevanza penale dei fatti che si
collocano al di sopra delle soglie stesse, incompatibile con l’istituto ex art. 131 bis
c.p.
Sebbene tale scelta veda molti d’accordo per i reati fiscali, dubbi sorgono per
contravvenzioni come l’art. 186 C.d.S.: difficile immaginare l’impossibilità di
escludere l’operatività della causa di non punibilità per ipotesi di superamento
minimo della soglia prevista alla lettera b). Nel momento in cui si riconosce che le
soglie misurano l’offesa rilevante, non vi è motivo per escludere in via di principio
una particolare tenuità dell’offesa in relazione ai fatti che si collocano di poco
sopra le soglie stesse.
Di recente Cass. 8.4.2015 n. 15449 si espressa, sia pure implicitamente, sul punto
affermando che l’istituto ex art. 131 bis c.p. è applicabile al reato tributario di
sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte di ammontare superiore a €
50.000 (art. 11 DL 74/2000).
Dubbi costituzionali legati
al limite d pena
• E’ stato già sollevato un dubbio di compatibilità dell’istituto con il
canone costituzionale della ragionevolezza con riferimento alla
scelta di ancorare la nuova previsione normativa al massimo
edittale (fissato a tutela del reo, segnando il limite estremo della
minaccia, la soglia oltre cui non può spingersi la reazione statale) e
non già, come sarebbe stato più corretto, al minimo edittale (fissato
a tutela dell’ordinamento, esprimendo la soglia di indefettibilità cui
tale tutela è ancorata).
• La casistica può essere sconfinata sul punto: si pensi al caso del
sequestro di persona (art. 605 c.p.) la cui pena edittale (da 6 mesi a
8 anni) esclude il ricorso all’art. 131bis c.p., al contrario del
trattenimento di minore all’estero (art. 574-bis c.p.) che in realtà,
spesso, appare ben più grave del sequestro nella sua minima
espressione offensiva.
Indici: 1.tenuità dell’offesa
• La tenuità dell’offesa a sua volta si articola in due indici: modalità condotta
e esiguità danno o pericolo.
• Manca un riferimento specifico all’intensità della colpevolezza anche se il
richiamo all’art. 133 c.p. consente di recuperare i parametri del grado della
colpa e dell’intensità del dolo.
• E’ esclusa la tenuità: a) quando la condotta incide in modo definitivo e
irreparabile sul bene “vita” della vittima, ovvero, in modo molto rilevante,
sull'incolumità personale della stessa: sono le ipotesi di omicidio colposo
(art. 589 c.p., solo il primo comma perché il secondo è di per sé escluso
per il limite massimo edittale della pena, superiore ai cinque anni) ovvero
di lesioni gravissime (art. 590 c.p.), anche come conseguenza non voluta di
altro reato (art. 586 c.p.) ovvero in danno di animali; b) quando ricorrono
alcune delle circostanze aggravanti: l'aver agito per motivi abietti e futili, o
con crudeltà, o l'aver adoperato sevizie o l'aver profittato delle condizioni
di minorata difesa della vittima, anche in riferimento all'età della stessa.
Esiguità del danno o del pericolo
•
•
•
•
Il danno o il pericolo devono risultare positivamente sussistenti (altrimenti
dovrebbe applicarsi il disposto dell’art. 49 c.p.) ma esigui.
L’apprezzamento dell’esiguità è rimessa totalmente alla valutazione discrezionale
del giudice con le ovvie ricadute in tema di disparità di vedute non solo da giudice
a giudice, ma anche da ambito territoriale ad ambito territoriale (si pensi alla
infinita questione interpretativa delle circostanze, in tema di stupefacenti, della
lieve entità e della quantità ingente).
L’esiguità è esclusa di diritto in talune ipotesi alcune delle quali ovvie e
pleonastiche (evento lesivo costituito da morte o lesioni gravissime), altre meno
scontate e francamente difficili da comprendere (crudeltà contro gli animali), altre
ancora scontate ma rare (i motivi abietti e futili si contestano praticamente solo
per l’omicidio volontario), altre infine facilmente aggirabili (la minorata difesa
anche in riferimento all’età della vittima la si può agevolmente non contestare o
escludere per cui si ricade in un problema di mera discrezionalità).
In un recente precedente di merito (Trib. Milano 9.4.2015 n. 3937) è stata
applicata la causa di non punibilità ad un reato di maltrattamenti di animali (art.
544 ter c.p.) consistiti nel colpire con calci un cane, che aveva urinato
sull’espositore di giornali di un’edicola, cagionandogli lesioni non gravi (l’unicità del
fatto, pur in presenza di una pluralità di comportamenti, escludeva l’abitualità).
Modalità della condotta
• Assumono rilievo i parametri ex art. 133 c.p.:
• A) natura, specie, mezzi, oggetto, tempo,
luogo e altre modalità della condotta;
• B) intensità del dolo e grado della colpa.
Indici: 2. non abitualità
• Si tratta di un indice negativo sul quale la legge prevede alcune ipotesi di
sussistenza ex lege:
• L'autore dichiarato delinquente abituale, professionale o per tendenza;
• L’autore abbia commesso altri reati della stessa indole anche se ciascun
fatto, isolatamente considerato, sia di particolare tenuità;
• L’autore abbia commesso reati che abbiano ad oggetto condotte plurime,
abituali e reiterate; importante ricaduta è quella di escludere reati quali
lo stalking, ma anche le molestie (art. 660 c.p.) e molti reati ambientali.
• Al di fuori di questa casistica si apre lo spazio per l’interprete che dovrà
tenere conto del fatto che non sia stato usato il termine, più usuale, di
«occasionalità». Un primo problema è quello della compatibilità tra «non
abitualità» e presenza di uno o più precedenti penali: tendenzialmente
ritengo che un precedente non possa costituire, da solo, elemento
ostativo al riconoscimento della particolare tenuità.
Abitualità
• In realtà, mentre risulta chiaro il riferimento al concetto di condotte
abituali (pensiamo ai delitti come quello di cui all’art. 572 c.p.),
meno chiaro è il richiamo alla condotte reiterate (che sembra un
mero sinonimo di abituali e che potrebbe appunto riferirsi al reato
di cui all’art. 612-bis c.p.) e alle condotte plurime (superflua
risultando l’ipotesi di continuazione).
• Va peraltro ricordato come esistano reati necessariamente abituali
(ad esempio art. 572 c.p.) esclusi tout court, ma anche reati
eventualmente abituali (art. 348 c.p. ma anche, per i migliori arresti
giurisprudenziali, art. 660 c.p.) che possono essere dichiarati non
punibili se consumati con un solo atto.
• Rientra nella casistica l’ipotesi della continuazione (art. 81/2 c.p.).
• Qualora siano contestati più reati, non della stessa indole, uno solo
dei quali astrattamente dichiarabile non punibile, è possibile
procedere per quest’ultimo ex art. 131 bis c.p.
Il concorso formale
• I primi commentatori hanno sostenuto che, a
differenza dell’ipotesi della continuazione (art. 81/2
c.p.), non rientri nella casistica delle esclusioni
dall’applicazione dell’istituto l’ipotesi di concorso
formale (art. 81/1 c.p.).
• In realtà la Cass. Sez. 3 con ord. 7.5.2015 n. 2787 ha
rimesso alle Sez. Un. la questione «se il concorso
formale di reati escluda l’applicabilità dell’istituto della
non punibilità per particolare tenuità», in particolare se
il concorso formale possa farsi rientrare nel concetto di
«reati che abbiano ad oggetto condotte plurime».
Recidiva
• Si è posto il problema dell’applicabilità
dell’istituto al recidivo. Dal tenore letterale della
norma si evince che la recidiva, sebbene
accertata e applicata giudizialmente, non è
ostativa alla declaratoria di non punibilità purché
non reiterata e specifica (nel qual caso,
quand’anche non contestata, non risulta
applicabile l’istituto).
• Come indicato in relazione, la presenza di un
precedente giudiziario non è da solo ostativo al
riconoscimento della particolare tenuità.
Valutazione degli elementi sostanziali
• Non vi è dubbio che l’esclusione della punibilità
per particolare tenuità sia subordinata ad una
valutazione congiunta di tutti i parametri.
• Manca, a differenza dell’analogo istituto previsto
dall’art. 34 DL 274/2000, ogni riferimento alla
persona del reo, essendo irrilevante l’eventuale
pregiudizio che dal procedimento penale possa
derivare per le esigenze di lavoro, studio, famiglia
o salute.
Le norme procedurali
•
•
•
La delega non conteneva molti principi e criteri direttivi sulla disciplina processuale
benché sia quella la sede in cui devono essere risolti alcuni nodi essenziali sui
principali contro-interessi in gioco: il decreto si muove quindi alla ricerca di un
equilibrio tra l’esigenza di un’utilizzazione agile e anticipata del nuovo istituto
nell’iter procedimentale e l’adeguata tutela di contrapposti interessi della persona
offesa e dell’indagato.
Se, infatti, da un lato la parte offesa è portatrice di un diritto ad essere informata
ed interloquire nelle determinazioni sull’esercizio dell’azione penale; dall’altro
anche l’indagato vanta consimili interessi sia pure rivolti a diverse finalità (si ricordi
come il provvedimento di applicazione del nuovo istituto vada iscritto nel
casellario giudiziale per cui l’indagato potrebbe avere interesse ad una pronuncia
favorevole nel merito anche per evitare l’effetto preclusivo di una futura fruizione
dell’irrilevanza).
Giova segnalare la sostanziale impossibilità per l'indagato/imputato di rinunciare
alla definizione per particolare tenuità del fatto. Infatti è consentito il
contraddittorio, ma la volontà contraria dell'indagato/imputato alla definizione per
particolare tenuità del fatto non è ostativa alla pronuncia da parte del Giudice.
Art. 2
•
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La norma si occupa di disciplinare l'operatività dell'istituto nella fase più “delicata”, quella delle
indagini preliminari, nella quale il rischio di un uso dello stesso a scopo meramente deflattivo
appare, soprattutto in alcuni contesti giudiziari particolarmente “affollati”, maggiormente concreto.
La modifica è stata inserita nell'articolo 411 del Cpp («Altri casi di archiviazione») e prevede la
necessaria interlocuzione sulla neo introdotta causa di non punibilità da parte dell'indagato e della
parte offesa. Il primo perché potrebbe avere interesse alla celebrazione del processo per poter
ottenere una sentenza di assoluzione (anche per gli effetti in sede civile della pronuncia di non
punibilità, come ora si vedrà); la seconda perché, nei reati con vittima, la valutazione dell'esiguità
del danno o del pericolo non può prescindere dalla valutazione dell'interesse della parte offesa.
L'avviso della richiesta di archiviazione per particolare tenuità del fatto deve essere notificato alla p.
o. sempre, a prescindere dalla specifica richiesta formulata ai sensi dell'articolo 408 c.p.p.
Per il resto il legislatore si è limitato a inserire la nuova causa di non punibilità nell'ambito della
disciplina ordinaria in materia di archiviazione: il giudice all'esito dell'opposizione deciderà ai sensi
dell'articolo 409, comma 2, c.p.p., con ordinanza; in assenza di opposizione potrà: a) accogliere la
richiesta di archiviazione e pronunciare la non punibilità, con decreto; b) non accogliere la richiesta
di archiviazione e disporre nuove indagini, ovvero chiedere al Pm di formulare l'imputazione, ai
sensi, rispettivamente dei commi 4 e 5 dell'articolo 409 c.p.p.
Quindi nella fase iniziale del procedimento, come del resto in quelle successive, la volontà di
indagato e parte offesa non sarà mai ostativa al riconoscimento della causa di non punibilità
dell’irrilevanza.
Archiviazione
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A) interlocuzione dell’indagato e della p.o.: necessaria da parte del richiedente PM, eventuale da
parte di indagato e p.o. che possono presentare opposizione;
B) il GIP archivia con decreto motivato in assenza di opposizione ovvero se la stessa è inammissibile
(ciò che accade quando non siano indicate le ragioni del dissenso ovvero le stesse siano
manifestamente infondate);
C) se è presentata opposizione, non inammissibile, il giudice fissa udienza al cui esito potrà
archiviare con ordinanza ovvero restituire gli atti al PM indicando nuove indagini ovvero ordinando
l’imputazione coatta;
D) se non è presentata opposizione il giudice può non accogliere la richiesta: in questo caso, pur in
assenza di specifico richiamo all’art. 409/2 c.p.p., deve fissare l’udienza camerale;
E) la fissazione dell’udienza camerale non va comunicata, in deroga alla disciplina ordinaria, al
Procuratore Generale;
F) il provvedimento di archiviazione può essere impugnato solo per ragioni procedurali (quando
non sia stato instaurato correttamente il contraddittorio);
G) se la richiesta di archiviazione è stata presentata per infondatezza della notizia di reato, al GIP
non è precluso di archiviare per tenuità del fatto: per salvaguardare il contraddittorio il giudice
dovrà invitare il PM a notificare all’indagato e alla p.o. l’avviso relativo a tale ipotesi.
Art. 3
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La norma prevede l'ipotesi che la causa di non punibilità si traduca in una sentenza
predibattimentale di non doversi procedere ai sensi dell' articolo 469 c.p.p.: in questo caso il
giudice deve previamente sentire anche la parte offesa, in camera di consiglio, se compare. Tale
interlocuzione non è invece prevista in sede di udienza preliminare ovvero in sede dibattimentale,
trattandosi di fasi in cui il contraddittorio è pienamente rispettato e garantito.
Il nuovo articolo 651-bis c.p.p. stabilisce che, in presenza di un giudicato relativo all'accertamento
della sussistenza del fatto, della sua illiceità penale e all'affermazione che l'imputato lo ha
commesso (accertamento che l'applicazione della nuova causa di non punibilità presuppone) esso
spieghi la sua efficacia nel giudizio civile o amministrativo per le restituzioni e per il risarcimento del
danno, rimanendo autonoma, in applicazione della delega, la determinazione del quantum degli
stessi.
Si stabilisce inoltre che la stessa efficacia abbia la sentenza irrevocabile di proscioglimento
pronunciata per particolare tenuità del fatto con il rito abbreviato, salvo che vi si opponga la parte
civile che non abbia accettato il rito abbreviato.
Quindi la pronuncia di non punibilità per particolare tenuità presuppone un’istruttoria completa,
con buona pace degli interessi deflattivi. Trascorso quindi il periodo iniziale di applicazione della
nuova normativa, si immagina che l’istituto della non punibilità per particolare tenuità del fatto
debba trovare applicazione principalmente in sede di indagini preliminari.
Fuori dall’archiviazione
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A) in fase predibattimentale, disciplina parzialmente diversa da quella ordinaria ex art. 469 c.p.p.,
poiché all’obbligo di sentire PM e imputato (la cui opposizione è ostativa alla pronuncia), si
aggiunge anche la p.o. (sentita solo se comparsa e la cui opposizione non osta alla pronuncia);
B) non manca chi ha ritenuto che nessun potere di veto possa essere riconosciuto all’imputato e al
PM poiché se non è stata attivata la procedura di archiviazione è ragionevole che vi sarà sempre
opposizione del PM in sede predibattimentale (in questo senso si è pronunciata la giurisprudenza di
merito Trib. Asti 13,4,2015 n. 724);
C) la sentenza predibattimentale è inappellabile, è ammesso solo il ricorso in cassazione per
carenza dei presupposti di legge ovvero per mancato rispetto del contraddittorio;
D) dopo l’esercizio dell’azione penale, sia in udienza preliminare che in sede dibattimentale, non è
imposta alcuna interlocuzione poiché in tali fasi è già garantito il contraddittorio pieno;
E) avverso la sentenza sono ammessi gli ordinari strumenti di impugnazione;
F) l’esclusione della punibilità ex art. 131 bis c.p. configura un potere discrezionale del giudice ed il
mancato esercizio non impone una specifica motivazione se non richiesto l’istituto dall’interessato,
inoltre il merito della decisione non può essere oggetto di doglianze in sede di legittimità;
Le formule assolutorie
• Qualora si proceda in fase predibattimentale, il nuovo art.
469/1-bis c.p.p. indica quale formula assolutoria quella
dell’art. 529 c.p.p. (sentenza di non doversi procedere);
• In caso di applicazione dell’istituto all’esito del dibattimento
ovvero di giudizio abbreviato, la formula assolutoria è
quella dell’art. 530 c.p.p. (assoluzione in quanto…il reato è
stato commesso da persona…non punibile per altra
ragione).
• All’esito dell’udienza preliminare, l’art. 131 bis c.p. potrà
essere riconosciuto pronunciando sentenza di non luogo a
procedere ex art. 425 c.p.p. (persona non punibile per
qualsiasi causa).
Altri riti speciali e art. 129 c.p.p.
•
•
•
•
Per i riti speciali diversi dall’abbreviato e per il giudizio di cassazione l’istituto della
particolare tenuità presenta diversi aspetti problematici.
Il primo problema è quello del ricorso alla disposizione dell’art. 129 c.p.p. la cui
rubrica pare consentirlo (obbligo della immediata declaratoria di determinate
cause di non punibilità) anche se la norma non contempla l’ipotesi della causa di
non punibilità (fatto non sussiste, l’imputato non l’ha commesso, fatto non
costituisce reato, fatto non previsto dalla legge come reato, reato estinto,
mancanza condizione di procedibilità).
La giurisprudenza di legittimità ha più volte affermato che è rilevabile una causa di
non punibilità ex art. 129 c.p.p. dal giudice adito con richiesta ex art. 444 c.p.p.
(Cass. 6.12.2012 n. 48765 con riferimento all’art. 384 c.p.) ovvero nel giudizio di
cassazione (Cass. 15.2.2005 n. 25155 con riferimento all’art. 599 c.p.).
Il secondo problema è quello relativo alla necessità di assicurare l’interlocuzione
dell’imputato e della p.o. in ordine alla sussistenza dei presupposti richiesti dall’art.
131 bis c.p.: in caso di procedimento di applicazione pena il contraddittorio pare
assicurato (almeno verso l’imputato), non così per il procedimento per decreto
(per il quale la pronuncia ex art. 129 c.p.p. non può che essere pronunciata fuori
del contraddittorio) e per il giudizio immediato (che non consente la pronuncia ex
art. 129 c.p.p. ma solo il rigetto con restituzione atti al PM).
Applicabilità ai procedimenti in corso
• Trattandosi di norma chiaramente sostanziale, la nuova disciplina, in
quanto più favorevole al reo, è applicabile retroattivamente ai fatti
commessi prima dell’entrata in vigore dell’art. 131 bis c.p.
• In una recentissima decisione (Cass. Sez. 3, 8.4.2015 n. 15449, Mazzarotto)
i giudici di legittimità si sono pronunciati per l’immediata applicazione del
nuovo istituto nei processi e procedimenti in corso oltre che nel giudizio di
cassazione.
• Va chiarito se sia applicabile il solo comma 4 dell’art. 2 c.p., che pone il
giudicato quale limite all’applicabilità dello ius superveniens più
favorevole, ovvero anche il comma 2, che consente di revocare gli effetti
della condanna irrevocabile in caso di abolitio criminis: in caso positivo si
immagina il proliferare di incidenti di esecuzione ex art. 673 c.p.p.
• La Corte, peraltro, ha precisato che il suo sindacato è limitato all’esame
della astratta applicabilità della causa di non punibilità di cui all’art. 131 bis
c.p. al caso sottoposto al suo esame, e in caso di positiva delibazione si
procederà all’annullamento con rinvio al giudice di merito per la
valutazione di concreta applicabilità.
Altre questioni nel
giudizio di cassazione
• La terza Sez. della Cass., con due ordinanze in data
7.5.2015, ha rimesso alle Sez. Unite due questioni:
• 1) se in sede di legittimità possa essere dedotta per la
prima volta la questione dell’applicabilità dell’art. 131
bis c.p. introdotto con normativa successiva alla
presentazione del ricorso (proc. 44571/14).
• 2) se, a fronte di ricorso inammissibile perché
manifestamente infondato, sia consentito alla Corte di
valutare, anche d’ufficio, l’applicabilità dell’istituto ex
art. 131 bis c.p. introdotto con normativa successiva
alla presentazione del ricorso (proc. 52394/14).
Criticità del ricorso all’art. 469 c.p.p.
• La sentenza predibattimentale ex art. 469 c.p.p., essendo una decisione
anticipata di proscioglimento nei casi in cui l’azione penale non doveva
essere iniziata o proseguita, ovvero il reato è estinto (sostanzialmente nei
casi di remissione di querela, prescrizione, amnistia ecc…), era prevista
quando non fosse necessario assumere prove in dibattimento.
• La decisione ex art. 469 c.p.p. della causa di non punibilità ex art. 131 bis
c.p. crea un problema poiché il giudice, non potendosi prescindere da un
minimo accertamento allo scopo di ritenere sussistente il reato nelle
componenti oggettiva e soggettiva, nonché commesso dall’imputato,
dovrà, quanto meno, acquisire gli atti che consentano di escludere ogni
formula assolutoria più favorevole all’imputato.
• Inoltre il giudice dovrà ottenere quanto necessario per affermare
sussistenti tutti i presupposti per il riconoscimento del beneficio.
• Come procedere quindi? Immagino le situazioni più lineari ove i difensori
accoglieranno l’invito del giudice di acquisire una parte degli atti. Ma che
fare negli altri casi? Credo sia inevitabile aprire il dibattimento con l’ovvia
conseguenza del venir meno di ogni effetto deflattivo.
Criticità della decisione ordinaria
• Anche in questo caso il problema è costituito dalla necessità, per il
giudice, di ottenere quel minimo di atti che consentano di:
• 1) riconoscere l’esistenza di un reato perfetto in ogni sua
componente ed attribuibile all’imputato;
• 2) escludere la possibilità di pronunce assolutorie di maggiore
favore per l’imputato;
• 3) riconoscere la presenza di tutti gli elementi per applicare la causa
di non punibilità ex art. 131 bis c.p.
• Il problema è quindi identico a quello del caso precedente:
immagino le situazioni più lineari ove i difensori accoglieranno
l’invito del giudice di acquisire una parte degli atti. Ma che fare negli
altri casi? Credo sia inevitabile portare a termine il dibattimento con
l’ovvia conseguenza del venir meno di ogni effetto deflattivo.
Art. 4
• E’ stato previsto che i provvedimenti in
materia di particolare tenuità del fatto
vengano trascritti nel casellario giudiziario ai
fini della valutazione della abitualità della
condotta e, quindi, per evitare una possibile
applicazione “infinita” dell'istituto a favore del
medesimo imputato. Tale inserimento appare
molto utile perché consentirà di valutare in
termini statistici l'applicazione concreta di tale
istituto.
Iscrizione delle archiviazioni
• Nei primi commenti alla legge si legge, in modo costante, che tra i
provvedimenti da inserire nel casellario giudiziario rientra
certamente il decreto di archiviazione.
• Non mancano voci critiche che argomentano l’esclusione sulla base
del dato testuale secondo cui vanno iscritti…tutti i provvedimenti
giudiziari definitivi…che hanno dichiarato la non punibilità ai sensi
dell’art. 131 bis c.p.
• L’archiviazione è un provvedimento definitivo?
• Chi è favorevole all’iscrizione delle archiviazioni sostiene che anche
tali provvedimenti possono considerarsi definitivi, quando in
relazione ad essi non sia prevista l'impugnazione (decreto di
archiviazione) o sia trascorso il termine per proporla (ordinanza
archiviazione).
I precedenti: art. 27 DPR 448/88
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Art. 27. Sentenza di non luogo a procedere per irrilevanza del fatto
1. Durante le indagini preliminari, se risulta la tenuità del fatto e l'occasionalità del
comportamento, il pubblico ministero chiede al giudice sentenza di non luogo a
procedere per irrilevanza del fatto quando l'ulteriore corso del procedimento
pregiudica le esigenze educative del minorenne.
2. Sulla richiesta il giudice provvede in camera di consiglio sentiti il minorenne e
l'esercente la potestà dei genitori, nonché la persona offesa dal reato. Quando non
accoglie la richiesta il giudice dispone con ordinanza la restituzione degli atti al
pubblico ministero.
3. Contro la sentenza possono proporre appello il minorenne e il procuratore
generale presso la corte di appello. La corte di appello decide con le forme previste
dall'articolo 127 del codice di procedura penale e, se non conferma la sentenza,
dispone la restituzione degli atti al pubblico ministero.
4. Nell'udienza preliminare, nel giudizio direttissimo e nel giudizio immediato, il
giudice pronuncia di ufficio sentenza di non luogo a procedere per irrilevanza del
fatto, se ricorrono le condizioni previste dal comma 1.
Le differenze con l’art. 131 bis c.p.
• L’istituto previsto dall’art. 27 DPR 448/88 è
caratterizzato da peculiarità proprie, connesse
alla finalità prevalentemente recuperatoria
propria del processo minorile.
• L’irrilevanza penale del fatto può essere
dichiarata solo con sentenza e non con decreto di
archiviazione.
• L’applicazione è subordinata alla valutazione della
tenuità del fatto nonché alla occasionalità dello
stesso.
I precedenti: art. 34 DL 274/2000
• Art. 34. Esclusione della procedibilità nei casi di particolare tenuità del
fatto
• 1. Il fatto e' di particolare tenuita' quando, rispetto all'interesse tutelato,
l'esiguita' del danno o del pericolo che ne e' derivato, nonche' la sua
occasionalita' e il grado della colpevolezza non giustificano l'esercizio
dell'azione penale, tenuto conto altresi' del pregiudizio che l'ulteriore
corso del procedimento puo' recare alle esigenze di lavoro, di studio, di
famiglia o di salute della persona sottoposta ad indagini o dell'imputato.
• 2. Nel corso delle indagini preliminari, il giudice dichiara con decreto
d'archiviazione non doversi procedere per la particolare tenuita' del fatto,
solo se non risulta un interesse della persona offesa alla prosecuzione del
procedimento.
• 3. Se e' stata esercitata l'azione penale, la particolare tenuita' del fatto
puo' essere dichiarata con sentenza solo se l'imputato e la persona offesa
non si oppongono.
Le differenze con l’art. 131 bis c.p.
• L’istituto di cui all’art. 34 DL 274/2000:
• a) è qualificato causa di non procedibilità, in alternativa al
procedimento;
• b) è “connesso” all'occasionalità della condotta (e non alla
“non abitualità”), nonché al “grado di colpevolezza” e alle
“esigenze di lavoro, di studio, di famiglia o di salute della
persona sottoposta ad indagini o dell'imputato” (aspetti
assenti tanto nella delega quanto nel decreto delegato);
• c) può essere applicato anche dopo l'esercizio dell'azione
penale, ma in tal caso è subordinato alla mancata
opposizione dell'imputato e della parte offesa (mentre nel
decreto in esame l'opposizione andrà valutata dal giudice);
Correzioni
• Trattandosi, pertanto, di istituto nella sostanza nuovo
andrà verificata, con attenzione, la concreta
applicazione dello stesso nei tribunali durante l'intero
procedimento penale, confrontando sia i dati relativi
all'esercizio dell'azione penale all'esito delle indagini
prima e dopo l'intervento normativo, che quelli relativi
alla declaratoria di non punibilità con sentenza. Dei
risultati di tali accertamenti il legislatore dovrà tener
conto nell'adozione dei decreti correttivi ed integrativi
da redigersi entro 18 mesi dalla data di entrata in
vigore del presente decreto ai sensi del comma 3
dell'articolo 1 della legge delega.
Osservazioni e commento 1
• La finalità deflattiva rischia di divenire davvero
marginale posto che per reati bagatellari
esistono già, da tempo, soluzioni alternative
molto più agili poiché non postulano
adempimenti processuali particolari:
• A) la attesa della prescrizione, forzando la
disciplina del rinvio;
• B) il coraggioso utilizzo della archiviazione,
forzando il concetto di assenza del dolo.
Osservazioni e commento 2
• Si pone un dubbio di costituzionalità nella
previsione dell’applicabilità coattiva della non
punibilità nei confronti di chi si dichiari
innocente: forse sarebbe stato più lineare con
i principi di cui agli artt. 27 e 111 cost.
prevedere un meccanismo tale da considerare
necessario il consenso dell’indagato/imputato.
Osservazioni e commento 3
• Le previsioni procedurali presentano elementi tali da
rendere poco appetibile il ricorso all’applicazione
dell’istituto, tanto al PM nella fase delle indagini
preliminari (viste le complicate procedure di avviso),
quanto al giudice. La sentenza predibattimentale
sembra più votata a decisioni che non necessitano, a
differenza di quella sulla tenuità del fatto, di valutazioni
sostanziali pregnanti; la sentenza dibattimentale, anche
per l’efficacia che spiega nell’eventuale giudizio civile,
deve motivare in modo completo come una qualsiasi
sentenza di condanna, salvo poi adottare la scelta della
non punibilità per tenuità del fatto.
Osservazioni e commento 4
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La nuova normativa colloca «sulle spalle» dei magistrati l’onere di adottare scelte che, più
propriamente, dovevano essere assunte dalla classe politica attraverso una seria politica di
depenalizzazione.
La disposizione si pone in aperto contrasto con la tendenza del legislatore di questi ultimi anni,
tutta tesa a potenziare la «certezza del diritto» riducendo la «discrezionalità giudiziaria». Pensiamo,
ad esempio, alla riforma in tema di stupefacenti che prende il nome dai suoi promotori (GiovanardiFini) e che, nelle intenzioni manifeste del legislatore, era volta a ridurre la discrezionalità dei giudici
attraverso la normativizzazione dei criteri di prova.
Questo allontanamento dalla tendenza a «sottrarre il diritto alle corti» avviene poi in un momento
storico in cui il clima di serenità e di rispetto istituzionale dei poteri statuali con la magistratura è
tutt’altro che migliorato (si pensi alla normativa in tema di responsabilità civile dei magistrati),
laddove invece una delega «in bianco» come quella offerta dal nuovo istituto richiederebbe una
fiducia ed una stima nella magistratura che in questo momento storico pare davvero ai minimi
termini.
L’introduzione di vincoli tanto fumosi lascia intravedere una miriade di contrasti giurisprudenziali,
come dimostra il già avvenuto ricorso alle Sezioni Unite della Cassazione per le prime questioni di
cui ho dato notizia.
Un meccanismo che per funzionare deve essere di facile uso, rischia quindi di non svolgere il
compito per il quale era stato pensato (le statistiche interne del nostro Tribunale dimostrano la
modestia dell’impatto del nuovo istituto sul carico di lavoro complessivo).
Cesena, 22/05/2015
•Giovanni Trerè
[email protected]
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