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Genitorialità e disturbi del comportamento nel

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Genitorialità e disturbi del comportamento nel
Genitorialità e disturbi del
comportamento nel bambino in
età prescolare
P.Bailo, E.Crivelli
S.C. Neuropsichiatria Infantile
Azienda Ospedaliero-Universitaria Maggiore della Carità
Genitorialità e psicopatologia del bambino in età prescolare
Convegno in ricordo di Marcella Balconi nel decennale della
sua scomparsa
Auditorium B.P.N. Novara
13 Novembre 2009
Premesse
 Valeria, 2 anni e 10 mesi, sembra aver preso la mamma in
ostaggio: la comanda a bacchetta, si fa cucinare solo quello
che vuole lei, salvo poi cambiare idea e decidere per un
piatto diverso, può essere messa a letto solo da lei, rifiuta di
indossare abiti che non siano stati scelti da lei a costo di
portare sempre lo stesso pigiama o la stessa maglia,
insomma bisogna fare quello che lei desidera, papà non ha
voce in capitolo….la famiglia è in ginocchio!
• Quando viene in consultazione,Valeria risulta essere una
microscopica bambina, un po’ sottopeso, molto paurosa e
timorosa…dà l’idea di fragilità, sembra presentare un ritardo
evolutivo …..
• Mi sorprendo a pensare che, se soffio un po’, potrebbe
volare via,…..mi domando perché dei genitori, adulti sani,
pensano di non avere nessun potere sul suo
comportamento , perché ritengono di non avere risorse?..
dalla consultazione emerge che considerano i suoi desideri
dei reali bisogni e di conseguenza si adeguano.
• Così Valeria in casa è una despota, così Valeria non è
abituata a tollerare la frustrazione, così non sa superare le
difficoltà. Siccome i suoi genitori non dicono mai di no non
sa cosa vuol dire andare su tutte le furie , avere la
sensazione di rompersi, ma poi trovare una possibilità,
dentro di sé, di riprendersi,di farcela. Così Valeria ha uno
sviluppo bloccato, la parte onnipotente e autoritaria non
lascia né spazio né crescita alla parte più infantile che deve
apprendere.
• La nostra relazione intende proporre alcune
considerazioni sui disturbi comportamentali del bambino
in età prescolare
• Ci riferiamo a quei bambini che, come Valeria, ci
vengono portati perché a casa o all’asilo appaiono
spesso ingestibili: mordono, picchiano, danno pugni,
fanno scenate, attaccano bambini più piccoli, sfidano,
tiranneggiano la famiglia, appaiono insofferenti ad ogni
regola.
• Sembra che l’aumento di tali disturbi sia in parte legato
ai cambiamenti delle modalità educative negli ultimi 20
anni
• Sappiamo anche, che pur essendo in gioco molti fattori
che concorrono a favorire l’insorgenza di disturbi del
comportamento nel bambino , alla fine i disturbi, se
permangono, finiranno per comprometterne lo sviluppo
della personalità. Le conseguenze saranno
un’autostima molto precaria, un’eccessiva dipendenza
dall’adulto e il bisogno di opporsi per affermare la
propria indipendenza
• Va tenuto conto che più il bambino è piccolo, più tende
ad essere aggressivo, esplosivo, non avendo altri mezzi
per esprimersi, poi verso i 3-4 anni comincia a
controllarsi per acquisire sui 6 anni la capacità di
rispettare le regole.
• Nella maggior parte dei casi i DDC della prima e
seconda infanzia scompaiono nelle età successive, però
è un fatto che stando a diversi studi, i soggetti che
ricevono una diagnosi di personalità antisociale in età
adulta ( che ha sostituito il vecchio termine di psicopatia)
hanno spesso avuto disturbi del comportamento già
nell’età prescolastica
• I disturbi del comportamento del bambino piccolo
spesso sono accompagnati da altri problemi:
enuresi, disturbi del linguaggio e soprattutto del
sonno (capricci per andare a dormire, risvegli
notturni, trasferimento nella notte nel lettone),
elementi depressivi, paure d’abbandono.
Frequenti sono i conflitti nella coppia genitoriale.
• Interventi precoci possono risultare utili
nell’interrompere modalità relazionali negative
tra il bambino e il suo ambiente prima che si
strutturi la personalità del bambino stesso
Orientamenti educativi attuali
La dott.ssa Crivelli ci racconta una vignetta osservata in un
bar.
 L’altra sera a mezzanotte perfino la cameriera del bar
non è riuscita a trattenersi ed ha commentato” ma è
questa l’ora di arrivare con un bambino!” di fronte ad un
vispissimo e sovraeccitato bimbo di 24 mesi dai riccioli
rasta. Vestito come un adulto in miniatura, terribilmente
scomodo, con gli occhiali da sole come i genitori ,
scorrazzava fra i tavolini assaggiando le bibite di chi era
distratto, sdraiandosi sotto i tavoli o al centro della sala,
di fronte allo sguardo divertito dei genitori e fra le risate
dei loro amici.
 Trattato come un adulto, il bambino non capisce perché
non può condividere tutta la vita con i genitori. Invaso dal
senso di compiacimento e di onnipotenza nel sentirsi
come loro, interloquire con i grandi, tenere banco fino a
tardi perché dovrebbe rinunciare ad avere le stesse
cose che hanno mamma e papà?
 I genitori faticano a contenere le pretese di onnipotenza
del bambino, ritengono spesso che imporre limiti ai figli
sia qualcosa di arbitrario e troppo doloroso per i bambini.
 La preoccupazione di dialogare col bambino, di tener
conto del suo punto di vista, che è un incontestabile
acquisizione dell’educazione moderna, prende spesso il
sopravvento sulla necessità non meno importante di
poter
mettere fine ad una discussione che sta
diventando infinita e di imporre il punto di vista
dell’adulto.
 Spesso i genitori si meravigliano che il bambino non
obbedisca spontaneamente, rispondendo ai loro sforzi
di spiegazione, e così dimenticano che i loro bambini
stanno cercando un confronto anche conflittuale che per
loro è necessario per poter crescere e strutturarsi.
(Durieux e Du Bled: Psichiatrie de l’enfant)
• LINDA, 3 anni: i pasti a casa di Linda sono snervanti,
Linda non sta seduta a tavola, si alza in continuazione ,
mangia a singhiozzo, va e viene a piacimento, i genitori
non sanno più come attirare la sua attenzione per
riportarla al tavolo. Eppure al nido mangia benissimo,
seduta e composta. La psicologa domanda a Linda
“perché all’Asilo stai seduta?” la risposta di Linda è
disarmante “ perché là non ci si può alzare!”
 Tutto avviene come se la conflittualità dovesse rimanere
al di fuori della famiglia, lasciando agli educatori di nidi e
scuole il ruolo di cattivi che espongono i bambini a
frustrazioni nella misura in cui cercano di dar loro delle
regole. Padri e madri sembrano voler ridurre il loro ruolo
a quello di buoni genitori gratificanti. Questo è dovuto
anche alla
svalorizzazione della funzione paterna
detentrice una volta dell’autorità , e alla situazione di
molte madri che lavorano e hanno poco tempo per stare
con i loro bambini ( i nonni sono ancora più indulgenti).
Evitare frustrazioni sarebbe, per la madre che lavora, un
modo per compensare i suoi sensi di colpa per l’assenza
da casa.
 I genitori hanno anche timore ad esercitare l’autorità per
paura di perdere l’amore dei figli.
 Inoltre se diminuiscono i divieti , aumentano nei confronti
dei bambini, sempre meno numerosi, le attese esplicite e
implicite in termini di riuscita e di prestazioni .
Il bambino infatti è per lo più pianificato, è stato
desiderato per anni, spesso è l’unico, è un piccolo
tesoro, depositario di enormi investimenti affettivi.
• Si indeboliscono le differenze generazionali, tanti genitori
aspirano ad essere soprattutto gli amici del proprio figlio.
• Questa ipervalorizzazione del bambino inibisce lo
sviluppo di una conflittualità strutturante per la crescita.
Infatti la lunga dipendenza del bambino dai suoi genitori
comporta di necessità per il piccolo un investimento
ambivalente delle figure di riferimento : amate perché
soccorrono nel bisogno e odiate perché limitano l’
autonomia e non sono spesso presenti quando le si
vorrebbe.
• I bambini si trovano richiesti di realizzare le aspettative
dei genitori a scapito del lavoro psichico di separazione
e individuazione che devono condurre per proprio conto.
 A questo proposito Pietropolli Charmet osserva che la
famiglia da etica è diventata affettiva, non trasmette più
valori, regole, modelli per imparare a controllare i propri
desideri, ma ricerca l’ideale del vivere bene insieme,
evitando o appianando possibili conflitti.
Le cause dei disturbi del
comportamento
• Tutte le ricerche concordano sulla necessità di più fattori
in gioco perché si manifestino tali disturbi .
• Vorremmo ricordare a questo proposito quanto scriveva
Marcella Balconi più di 50 anni fa: Si potrà parlare
spesso piuttosto che di bambini “difficili”, di ambienti e
situazioni “difficili”, di genitori ed educatori “difficili”, che
presentano cioè, senza volerlo, un inceppo al normale
sviluppo..…. Bambini normali che si rifiutano di accettare
reazioni anormali di un ambiente malato, possono
diventare elemento perturbatore ed essere considerati
difficili ….solo attraverso lo studio dell’ ambiente, della
personalità dei genitori, della personalità del
bambino,noi possiamo ricercare ed accertare le cause
dei suoi disturbi
FATTORI BIOLOGICI
• Già il diverso rapporto maschi- femmine è significativo,il
rapporto è di 4-5:1 a favore dei maschi .Nelle femmine è
probabilmente d’aiuto il precoce sviluppo delle
competenze comunicative, protettivo rispetto
all’impulsività aggressiva ( in una nostra casistica su 450
bambini con disturbo del linguaggio, il 65% era maschio
e il 35% era femmina).
• Le femmine poi di solito hanno più alti livelli di empatia
verso gli altri e sentono più facilmente il senso di colpa
per le azioni fatte, due fattori essenziali per la limitazione
dei gesti aggressivi.
• Inoltre utilizzano di più l’aggressività indiretta.
 Fattori
genetici:
Molte
ricerche
hanno
evidenziato che il comportamento oppositivo e
aggressivo, legato al temperamento, è in parte
ereditabile,
mentre
il
comportamento
delinquenziale risente soprattutto di fattori
ambientali: possiamo dire perciò che il grado in
cui un temperamento difficile di trasforma in
comportamento violento, dipende moltissimo
dall’ambiente sociale in cui il bambino cresce,
cioè le modalità di allevamento hanno un’ampia
possibilità di influenzare l’espressività dei geni.
Sviluppo Neurofisiologico
 Nel comportamento aggressivo le aree della corteccia
orbito-frontale non riescono ad esercitare il loro ruolo
inibitorio sulle regioni limbiche facenti parte del cervello
emotivo. Queste aeree cerebrali non sono mature alla
nascita, ma lo diventano negli anni successivi grazie alle
stimolazioni sociali che favoriscono la crescita di
connessioni cortico-limbiche.
 Il maltrattamento può alterare lo sviluppo del sistema
limbico, dell’amigdala e dell’ippocampo attraverso
un’esposizione eccessiva agli ormoni dello stress.
FATTORI SOCIO-AMBIENTALI
• Un attaccamento insicuro o disorganizzato.
• Bambini molto irritabili, con disturbi della regolazione
sono più predisposti a sviluppare DDC, a questo
proposito ricordiamo come facilmente si instaurano dei
circoli viziosi tra bambino e genitori che diventano a
poco a poco sempre più insofferenti l’uno dell’altro, per
cui genitori che con bambini più tranquilli potrebbero
sviluppare sufficienti capacità genitoriali, con quel
bambino difficile si sentono inadeguati nel loro ruolo
parentale.
Il senso di coerenza e di continuità sono essenziali per lo
sviluppo del sé infantile. Tutti quegli eventi che alterano
la stabilità e la prevedibilità dell’ambiente inducono un
vissuto di impotenza devastante per lo sviluppo psichico.
• disturbi psichiatrici nei genitori
• padri violenti, alcolizzati
• madri depresse
• eventi della vita come nascita di fratelli, incidenti, morti,
malattie di altri familiari, mancanza di un genitore
• gravi problemi economici e sociali
• mancanza di una rete protettiva intorno alla famiglia.
Affronteremo poco le cause socio-ambientali , ma è
indubbio che hanno un’importanza rilevantissima
Investimenti genitoriali e DC nel
bambino
 Tutti i genitori fanno investimenti emotivi sui figli,
attribuiscono loro attese , desideri, paure; una madre
quando ha un bambino piccolo proprio grazie al suo
intuito, alla sua sensibilità, alla sua capacità di
osservazione è in grado di capire il suo bambino,
attribuendogli vissuti emotivi, intenzioni ecc.
 Alcuni bambini pur essendo oggetto di proiezioni
genitoriali eccessive, non ne subiscono danni apparenti
 Altri, sia per una maggior vulnerabilità sia per il carattere
particolare delle proiezioni, ne riportano conseguenze
per il loro sviluppo. In quest’ultimo caso il
comportamento del bambino acquisisce il significato di
una lotta contro il carico affettivo che pesa su di lui.
 A volte i disturbi del bambino sembrano avere la
funzione di far emergere un problema familiare che pur
presente tendeva a stare sommerso.
 Sulla base di una revisione di diverse storie cliniche di
bambini con DDC ci è sembrato di poter dividere gli
investimenti genitorialI, potenzialmente patogeni per i
figli, in due categorie, pur consapevoli di correre
qualche rischio di semplificazione.
Genitori con aspetti depressivi
La mamma di Filippo ( 3 anni e mezzo) giunge a
consultazione piuttosto turbata: il piccolo la rifiuta.
Quando la signora rientra dal lavoro il figlio, chiuso
in casa col nonno materno, non vuole farla entrare.
Si barrica al di là della porta, le urla “vattene, non
voglio venire con te , resto col nonno” più volte la
signora è stata realmente chiusa fuori casa ed ha
dovuto attendere, seduta sui gradini (lei in lacrime ),
che il bambino si lasciasse convincere.
La storia della madre di Filippo era la storia di una
bambina che dopo aver ricevuto moltissimo era
stata – per problemi economici- lasciata a sé stessa
dai genitori, era una bambina sola a cui poteva
capitare di attendere per ore sulle scale il rientro di
qualche familiare….
• Si tratta di un gruppo che risente molto degli
orientamenti culturali a cui facevamo cenno prima e che
adotta un’educazione troppo indulgente
• Il genitore attribuisce al suo bambino i vissuti di quando
lui genitore era piccolo e sofferente in quanto non
riceveva sufficienti cure oppure era stato esposto,
all’improvviso, al venir meno di attenzioni .Molte mamme
o papà si dicono:” non ripeterò gli errori che i miei
genitori hanno commesso con me”.
• Il figlio è visto come più piccolo della sua età, non si può
dirgli dei no, non si può tollerare che dorma da solo
perché soffrirebbe troppo , cioè vengono sottovalutate
le capacità del bambino di tollerare le frustrazioni. In
questo modo si alimenta l’onnipotenza del bambino che
alla fine diventa ingestibile.
• Perchè abbiamo parlato di elementi depressivi?: perché i
genitori si sentono troppo in colpa a sgridare il bambino,
magari lo fanno, ma poi corrono a consolarlo, danno il
castigo, ma dopo poco glielo tolgono
 Le problematiche sembrano più legate all’area edipica:
difficoltà di triangolare, eccessivo protagonismo del
bambino, la coppia fatica a trovare momenti per la
propria intimità.
 La normale onnipotenza del bambino viene a volte
alimentata dai genitori che si compiacciono delle bravate
del figlio, della sua capacità di farsi valere a differenza
del bambino inibito che era stato il genitore.
 C’è insomma un aspetto idealizzato messo nel bambino:
è colui che restituirà al suo papà o alla sua mamma
quella bella infanzia che il genitore non ha potuto avere
• Il genitore quando il bambino spadroneggia non vede più
se stesso tiranneggiato ( costretto magari a dormire
male tutte le notti col figlio che occupa la maggior parte
del letto matrimoniale ) o il disagio che viene procurato
all’ambiente, ma considera solo il bambino che soffre e
fa di tutto per proteggerlo, di fatto impedendo interventi
normativi. Solo quando le provocazioni del bambino
diventano intollerabili come nel caso di Filippo si
decidono a chiedere una consulenza
• Le terapie focali, brevi con i genitori hanno abbastanza
successo, spesso si tratta di riconoscere loro la
legittimità di certi interventi direttivi, la consulenza li aiuta
a liberarsi dai sensi di colpa eccessivi per aver sgridato il
piccolo e a ripensare alla storia della loro infanzia
Genitore con aspetti persecutori
• I genitori di Giorgio, segnalato perché aggressivo alla
scuola materna e sospettato di aver dato fuoco ad una
poltrona, appartengono a due famiglie molto note ai
servizi sociali e alle strutture di NPI. La madre presenta
un disturbo depressivo, il padre un quadro borderline.
Giorgio è secondogenito da parte di madre e
primogenito da parte di padre. Da subito ha assunto il
ruolo di bambino “che toglie il fiato, che risucchia la vita”.
Quando era neonato i suoi pianti erano vissuti come
punitivi nei confronti della madre che voleva riposare, in
seguito non avrebbe dovuto urlare o giocare con tonalità
di voce forte perché doveva capire le cefalee della
nonna, non doveva fare richieste perché non doveva
svegliare papà che dormiva quasi tutto il giorno sotto
l’effetto di stupefacenti. I genitori alternavano prediche
infinite a momenti di rabbia in cui il bambino veniva
picchiato
• Queste situazioni sono più a rischio, si tratta per fortuna
di condizioni più rare che naturalmente, per provocare
seri danni ai bambini, devono accompagnarsi ad altre
carenze
• Il figlio quando esprime istanze autonome o ha
comportamenti opponenti, attiva nel genitore ricordi di
relazioni negative con figure parentali o di altri familiari
che potevano essere stati maltrattanti o scarsamente
rispondenti ai bisogni del genitore quando era piccolo.
Ad es. una mamma rivedeva nel figlio che la
tiranneggiava il proprio padre che non le dava alcuna
libertà
• Tali sentimenti di rabbia, gelosia, umiliazione vengono
rivissuti col bambino che in qualche modo ha una
funzione grilletto cioè quella di presentificare l’adulto
che maltrattava (o era inadeguato) della storia infantile
del genitore.
 Nei ricordi di questi genitori di solito troviamo un padre
autoritario, a volte francamente violento e una madre
succube, oppure una madre rigida poco affettiva e un
padre lontano e assente.
 Queste coppie parentali , non avendo potuto elaborare le
loro esperienze infantili molto negative, rischiano di
rivivere, riattualizzare, quello che è loro capitato nel
rapporto col figlio.
 Ad esempio si identificano nei loro genitori e diventano
pure loro maltrattanti o assenti: questo è quello che
fanno certi padri quando sostengono che le botte
ricevute hanno fatto loro un gran bene, per cui
ripropongono gli stessi metodi educativi, oppure altri
padri quando sottovalutano i disturbi comportamentali
del figlio, ricordando che anche loro da piccoli erano stati
ingovernabili .
 Le madri più frequentemente sviluppano reazioni
depressive che possono portare a disinvestimenti .
 Altre madri che si erano sentite rifiutate quando erano
piccole, interpretano le istanze di autonomia del bambino
come rifiuti , la differenziazione diventa aggressività.
 Comunque la soglia di tolleranza alla frustrazione è
minima e basta poco nel comportamento del piccolo, per
scatenare ritorsioni da parte del genitore.
 Questi bambini, non sufficientemente tutelati dalla
madre, non internalizzano la funzione paraeccitatoria
materna (competenza materna nel difendere il suo
piccolo da un sovraccarico di eccitazioni che favorisce lo
sviluppo della capacità di tollerare l’attesa grazie a
fantasie, autoerotismo, oggetto transizionale, buoni
ricordi ecc,) sviluppano ad es. disturbi della regolazione ,
soprattutto del sonno , iperattività e difese maniacali.
• Le problematiche del bambino sembrano più legate al
legame primario con il care-giver. In alcuni casi la
madre stessa riferisce che sentiva fin dai primi mesi che
nel bambino c’era qualcosa che non andava.
• In questo gruppo, nei momenti di tensione, il bambino di
solito è visto come più grande della sua età, spesso i
genitori dicono che dovrebbe capire, dovrebbe render
conto del perché si comporta così, che non è possibile
che, dopo avergli già spiegato qualcosa più volte,
continui a tenere quel certo comportamento ecc. Gli si
attribuiscono responsabilità di azioni e fatti che il
bambino non è assolutamente in grado di gestire.
 L’ansia , il pianto del bambino, oltre un certo grado, non
inducono in loro reazioni depressive (del tipo sono una
mamma cattiva che ti faccio piangere, che non riesce ad
alleviare il tuo dolore), ma portano il genitore nella
misura in cui si sente troppo svilito e attaccato, a vivere il
bambino come persecutore. In quel momento il genitore
non vede più il bambino, ma solo se stesso che soffre e
che deve difendersi da chi lo fa soffrire ( in questo tipo
di genitore prevale la considerazione per se stesso che
soffre troppo mentre viene dimenticato il bambino e la
propria responsabilità di genitore )
• Conseguentemente l’educazione risulta incoerente e
discontinua
• Di solito i genitori sono meno disponibili ad affrontare
trattamenti, hanno meno insight e capacità di
raccontarsi, si mettono meno in gioco, le interruzioni
delle consultazioni sono più frequenti.
La coppia genitoriale
• Non esiste solo il genitore, ma anche la coppia che
agisce sul bambino. Molti studi hanno sottolineato
l’importanza del coparenting, cioè la conferma o la
disconferma che un genitore dà agli interventi dell’altro
genitore. Non riguarda il rapporto educativo diretto col
bambino, ma il sostegno o la critica all’attività educativa
del partner
• Capacità di triangolare: ci sono coppie che non hanno un
proprio spazio neanche in camera da letto o viceversa
coinvolgono il bambino nei loro dissidi .
Osservazione di un bambino con DDC
• Il caso di FEDERICO
• “Federico è seguito in trattamento psicoterapico da più di
un anno, ora ha quasi 6 anni. Presenta gravi disturbi del
comportamento, aggredisce i bambini all’improvviso con
morsi e spintoni, è sempre arrabbiato e pronto a
scattare.
• La mamma telefona prima della seduta per raccontarmi
che oggi è stata una giornata difficile, ha aggredito un
bambino portatore di handicap…
• Trovo F in corridoio sta scalciando l’aria, mosse di arti
marziali, volto teso , arrabbiatissimo. Come mi vede si
toglie la sciarpa e la butta per terra venendomi incontro.
La madre gli chiede di raccoglierla, F assesta un calcio
alla madre mentre continua ad agitare le braccia come
per colpire nemici immaginari.
 La madre insiste, ma lui continua. Io mi avvicino, dico
“andiamo è ora della tua seduta”, e mi incammino verso
lo studio aggiungendo: “farà freddo quando uscirai, forse
ti conviene averla la sciarpa”. Federico torna indietro a
raccoglierla e la porta con sè in seduta. Nello studio di
nuovo aggredisce l’aria per un poco, mentre io gli faccio
da coro commentando e dando voce ai suoi colpi “ pum
splasc, tiè a te e a te, fatti sotto…”F. mi guarda
incuriosito , smette e prende un libro: “Peter Pan” dice
“leggiamo”. Cerca Capitan Uncino, il suo idolo.”
• Commento: Quando F aggredisce l’aria sembra
in cerca di un contenitore per i suoi impulsi. Nel
momento in cui la psicologa fa eco alle sue
esclamazioni rabbiose , gli manda anche questo
messaggio : “ accetto la tua rabbia, la faccio
mia , ma non ti attacco, cerco di farne un gioco.”
La psicologa trasforma la sua rabbia solitaria in
qualcosa che si può comunicare, condividere.
• Il bambino a questo punto è rassicurato , non
sente più il bisogno di combattere. Assistiamo,
per così dire in diretta, alla trasformazione
graduale dell’impulso che dall’agito si muove
verso l’area simbolica: il bambino infatti smette
di mimare lotte immaginarie e prende in mano il
libro di Capitan Uncino
 “Sfoglia il libro con violenza come per stropicciare le pagine,
strapparle...”. La psicologa precisa “ leggiamo vuol dire
guardiamo assieme e ascolto , non rompo il mio libro
preferito..accipicchia che succede?”F. chiude il libro subito e
prende “Il Re Leone”.. mi fa leggere il punto in cui il re
Mafasa spiega al piccolo Simba “quelli sono i nostri confini,
non devi mai oltrepassarli !...” e Simba esclama…”ma
credevo che un re potesse fare ciò che vuole!...” Resta
silenzioso e prende “La Carica dei 101”, la sfoglia da solo
mentre io commento i passaggi e la storia di questi piccoli,
rubati e poi salvati..Prende Winnie the Pooh, un libretto sulla
notte, cerca la pagina di Le Ombre della Notte dove il
piccolo canguro Ro ha un incubo e nel disegno il lettino , le
coperte, i giocattoli, la seggiolina, insomma ogni cosa della
sua stanza ha degli occhi cattivi e pare un mostro…
• Racconto con lui come a volte tutto il mondo pare
pericoloso, pieno di mostri che possono aggredirti ed
ecco allora che in preda alla paura ci pare che tutti
possano attaccarci e bisogna difendersi , picchiare per
primi, scalciare l’aria, essere sempre all’erta….F. tace e
prende il libro “La bella e la bestia”. Mi fa leggere dove
Belle dice della Bestia:”Non è malvagia. Anzi è buona e
gentile!..Preso dalla rabbia Gaston gridò:E’ pazza come
il suo vecchio, dobbiamo ammazzare subito la Bestia!”
 Commento:Le favole per i bambini sono delle ottime
occasioni per dare voce, rappresentare il loro mondo
interno, sono cioè dei
contenitori ideali per i loro
fantasmi: sono vere perché le emozioni in gioco il
bambino le sente realmente, sono finte e quindi non
pericolose perché appartengono ad un mondo
particolare ben separato dal mondo reale .
 Federico le usa come un adulto in psicoterapia farebbe
con delle libere associazioni, per parlare di sé, delle sue
paure, di come in quei momenti fa fatica a distinguere tra
realtà esterna e interna; ha bisogno di un adulto che lo
aiuti in questa difficile operazione, un adulto che non ha
paura dei fantasmi, che gli ricorda per esempio che la
sciarpa non è un pericoloso nemico, ma un indumento
che lo difende dal freddo.
 Si può supporre che in Federico ci sia una forma di
scissione, tra una parte con impulsi violenti diretti verso il
mondo esterno e un’altra parte fragile, disperata,
impersonata dal cangurino Ro spaventato dai suoi
incubi, o rappresentata dai cagnolini dalmati rubati da
Crudelia Demon nella Carica dei 101.
 L’onnipotenza di Simba che credeva che ogni cosa
potesse essere concessa ad un re, la violenza diretta
verso l’esterno, protegge il nucleo più intimo e autentico
del bimbo.
 In questo modo possiamo pensare che il bambino detto
violento, si procura da solo quelle rassicurazione che per
molte ragioni non riesce a sentire da parte degli adulti
vicino a lui.
 Tornando a F. ,la sua parte fragile, bisognosa di
rassicurazioni e contenimento, che lui protegge con gli
atti violenti, emerge in seduta, senza correre pericoli,
durante la lettura delle favole, perché c’è un adulto che
la sa capire e difendere.
• Dietro ad un bambino segnalato come aggressivo c’è
sempre un profondo senso di impotenza, di paura ,di
sentirsi minacciato che lui ci comunica attraverso il suo
comportamento.
• Se la violenza del bambino è spesso una difesa contro
dei fantasmi che si porta dentro, oltre che ad intervenire
sull’ambiente occorrerà aiutarlo attraverso la relazione, il
gioco a portarli su un piano simbolico, e a comunicarli
affrontando il conflitto ben espresso nelle ultime battute:
la Bestia è buona o cattiva? Diversamente sarà difficile
convincerlo ad accettare la responsabilità dei propri
impulsi distruttivi.
Come possiamo curare i DDC?
• Abbiamo detto che vi sono molte cause e quindi
si cercherà di intervenire sulle cause in gioco,
tenendo presenti alcune considerazioni più
generali.
• Tutta la letteratura sostiene che i bambini con
disturbi del comportamento hanno una difficoltà
nel rispecchiarsi negli altri, cioè un deficit di
empatia e scarsi o assenti sensi di colpa. Inoltre
la letteratura rileva che non vi è al momento
attuale un accordo sulle modalità terapeutiche
considerate specifiche ed efficaci per questa
patologia , i cui costi sociali restano molto alti
• La prevenzione per i disturbi del comportamento può
essere fatta garantendo al bambino un ambiente e
un’educazione stabile e coerente, non permissiva, dove
ci sia per lui prevedibilità, possibilità di controllo
sull’ambiente. Diversamente il bambino vive nello stress.
• Inoltre è importante che il bambino avverta
calore,interesse per sé, sostegno nei momenti difficili. In
questo modo il genitore diventa autorevole, può dare
regole e anche punizioni
• Essenziale è il lavoro in rete tra NPI, servizi educativi e
socioassistenziali
• Premessa comunque all’intervento di consultazione è
che i genitori devono essere considerati dei coterapeuti,
delle persone con cui collaborare per aiutare il bambino;
è sbagliato colpevolizzarli, se mai vanno aiutati ad
esercitare meglio le loro funzioni genitoriali ponendo
attenzione al coparenting e al prendere consapevolezza
della loro storia infantile.
• Oltre alla stabilità e prevedibilità dell’ambiente un altro
obiettivo fondamentale è migliorare l’autostima del
bambino.( molti bambini con questi disturbi hanno un
fondo depressivo)
 Per lo sviluppo dell’autostima è cruciale il processo di
illusione che, specie nel primo anno di vita, la madre
alimenta nel bambino, lasciandogli credere di essere lui
stesso l’artefice del mondo e il sole dei suoi genitori.
 Successivamente la mamma dovrà anche dar inizio ad
un secondo processo questa volta di disillusione per far
si che il bambino non resti in balia della sua
onnipotenza, occorre cioè che sia capace gradualmente
di portarlo ad accettare limiti e piccole frustrazioni, a
considerare di non essere il centro del mondo.
 Se questi due processi sono inadeguati ( ad es. per una
depressione materna nel primo caso, o per la nascita di
un fratellino nel secondo) il bambino vive una frattura
lacerante tra quello che è e quello che vorrebbe o
dovrebbe essere, ha l’impressione che le esperienze che
fa, siano per lui tutte negative e come farebbe con del
cibo cattivo, rifiuta di interiorizzarle anche quando sono
positive, ( come certe persone adulte che qualsiasi cosa
succeda vedono solo il lato negativo) per cui non
struttura delle risorse interne che gli permettono di
tollerare eventuali frustrazioni.
• Viceversa se questi 2 processi vanno a buon fine, il
bambino impara a servirsi di fantasie , oggetti
transizionali, buoni ricordi, autoerotismo ( dito in bocca),
attività ludiche e creative per sopportare
temporaneamente situazioni frustranti, di solitudine
senza perdere la fiducia in se stesso e negli altri.
• Diversamente per mantenere il suo bilancio narcisistico
ha bisogno di procurarsi, o con le buone o con le cattive,
continue conferme, soddisfazioni dall’esterno, restando
così molto dipendente dalle sue figure di riferimento.
 In questo modo, inoltre, non riesce ad introiettare
neppure i divieti genitoriali e non struttura il superio,
fondamentale per lo sviluppo dei sensi di colpa: la sua
difesa contro le esperienze negative resterà l’attacco
verso le fonti di frustrazione.
• Il disturbo comportamentale è pertanto sempre correlato
a una povertà di risorse interne, il disturbo poi peggiora
il deficit di autostima del bambino poiché espone il
bambino a punizioni, rifiuti e esclusioni che aggravano il
quadro.
• Spesso i genitori non elogiano un comportamento
positivo del bambino per non svegliare il can che dorme,
trascorrono meno tempo con lui perché è poco
piacevole, oppure lo controllano meno perché è troppo
faticoso. I bambini opponenti inducono i genitori a
rimandare al piccolo solo quello che non va, gli
propongono un’immagine negativa che rende il piccolo
meno fiducioso nelle proprie risorse interne.
• In qualche modo i genitori perdono la fiducia nelle loro
funzione di educatori. Bisogna aiutare i genitori a non
venire sopraffatti dalla rabbia e a non scoraggiarsi di
fronte alla mancanza di controllo degli impulsi del
bambino e all’assenza di empatia. Va migliorata la
capacità del genitore di monitorare e supervisionare il
bambino.
• Vanno aiutati a tollerare il dolore e il senso di colpa che
un atteggiamento normativo può indurre spiegando che
quando il bambino fa capricci e non sembra in grado di
controllare la sua prepotenza, si sente in balia delle sue
pulsioni e la sua autostima pertanto ne soffre perché
scopre di non essere padrone a casa sua: a volte i
bambini sembrano far di tutto per chiederci un intervento
diretto e deciso che interrompa conflitti infiniti e che
permetta loro di recuperare serenità interna
 Sappiamo che nei disturbi della condotta non sempre la
psicoterapia costituisce la prima indicazione e comunque
da sola non è sufficiente, spesso è utile una fase
preparatoria di lavoro con i genitori e un intervento
educativo sul bambino
teso a rinforzare la sua
l’autostima e quindi a migliorare la disponibilità a
interiorizzare buone esperienze e ad arricchire il suo
mondo interno , interrompendo scambi relazionali
negativi .
Un testo molto diffuso nel mondo anglosassone è il manuale di parent
training di Barkley intitolato : “Bambini provocatori”. Ecco alcune
indicazioni condivisibili del libro :
 aumentare il tempo dedicato al bambino e ai rinforzi positivi
 focalizzarsi sul problema piuttosto che sul bambino
 stimolare uno stile cooperativo
 coinvolgere il bambino nella soluzione dei problemi e premiare i
passi avanti compiuti
 usare humor
 enfatizzare i punti di forza e le aspettative positive
 focalizzarsi sul qui e ora ( il bambino vive nel presente: ricordargli
errori del passato o fargli promesse sul futuro serve relativamente)
 incrementare l’uso di lievi, immediate e coerenti punizioni in caso di
non condiscendenza
 ridurre la frequenza della ripetizione dei comandi in modo da
evitare il ritardo della risposta ( agisci non perderti a chiacchierare)
 riconoscere ed interrompere rapidamente l’escalation e il confronto
negativo col bambino.
 il bambino deve sapere che i comportamenti opponenti non gli
servono per fuggire o evitare richieste, ordini e comandi dei genitori:
bisogna ridurre l’imprevedibilità.
Da evitare:
 umiliare il bambino
 ignorarlo
 personalizzare troppo il problema
 rinfacciargli errori del passato
 attribuire ad attività di esplorazione intenzioni
aggressive ( vedi bambino piccolo che allaga il
bagno perché
affascinato dai rubinetti e
dall’acqua che ne scende)
CONCLUSIONI
• Nella relazione abbiamo sostenuto che i
bambini con temperamento aggressivo vanno
aiutati per evitare una progressione verso i
disturbi della condotta.
• Vorremmo però ricordare che la reattività anche
spiccata del bambino, se ben incanalata, può
diventare un formidabile propulsore per
l’autoaffermazione e per la crescita
dell’autostima del bambino come nel caso di
Davide
• Davide (20 mesi) vuole raggiungere la palla che è sopra
una sedia alta. Fa un po’ di tentativi ma non ci arriva, si
guarda attorno ma non scorge nessuno che gli può
essere complice. Gli viene una crisi di rabbia, scrolla la
sedia con collera, è decisamente stizzito, ma poi la palla
cade…..scopre che la rabbia e la frustrazione possono
essergli utili per ingegnarsi e raggiungere un obbiettivo.
La sua forte reattività potrà trasformarsi così nel tempo
in tenacia, coraggio, e potrà favorire lo sviluppo di una
personalità caratterizzata da capacità creativa, e
autonomia di giudizio e di pensiero
• Ci fa piacere concludere questa relazione sui bambini
cosiddetti difficili con quanto scriveva Marcella Balconi
nel 1953: “spetta però sempre alla società di offrire al
bambino un porto in cui egli sia al sicuro da rovinose
tempeste, un luogo tranquillo e sereno ove parenti ed
educatori, che lo capiscono, sappiano guidarlo con
affetto e fermezza.”
Bibliografia
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• Konicheckis A. Violence à la crèche: discontinuités et
communication. Neuropsychiatr Enfance Adolesc 2002; 50: 505511
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L’enfant et le chahut des projections parentales. Neuropsychiatr
Enfance Adolesc. 2002; 50: 71-80
• Palacio Espasa F. Manzano J, Zilkha N. Scenari della genitorialità:
la consultazione genitori- bambino. Raffaello Cortina Milano 2001
• Durieux M.-P. et Du Bled C., Parentalité et troubles du
comportement en clinique de la petite enfance : une approche
familiale, La psychiatrie de l'enfant 2006 ; 49:125-153
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