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“aldone” quaranta

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“aldone” quaranta
“ALDONE” QUARANTA
LE ALPI: FONTE PERENNE DI VITA E LIBERTÀ.
DI
A LDO A . M OL A
Aldo Quaranta, ÒAldoneÓ per gli amici e poi nella
guerra partigiana, nella lunga operosa vita • stato
ripetutamente protagonista di momenti storici.
Non ne ha per˜ mai menato vanto, pago di aver
fatto la sua parte, con rigore e una vena insopprimibile dÕumorismo, che gli arriva da generazioni
di Òvecchi della montagnaÓ, da quegli uomini saggi
chÕegli stesso ha tante volte rievocato nei discorsi
per il 25 aprile o quando Borgo San Dalmazzo,
Òporta delle Alpi MarittimeÓ, gli confer“ la cittadinanza onoraria (1997). Nel 1924 - lÕanno del
delitto Matteotti: quando anche a Cuneo il tentativo del gruppo semiclandestino ÒItalia LiberaÓ,
nato dalla convergenza tra il Venerabile Angelo
Segre e il cattolico democratico ed ex combattente
Felice Bertolino, giˆ deputato del Partito Popolare
Italiano, sub“ persecuzioni e repressioni - il giovanissimo ÒAldoneÓ fond˜ unÕassociazione sportiva
dal nome programmatico: ÒLa Giovine ItaliaÓ,
come quella, politica, di Giuseppe Mazzini. Perci˜,
chiamato Òa rapportoÓ dal questore di Cuneo,
dovette mutarlo nel meno provocatorio Gruppo
Ginnico Italia. Ne facevan parte una trentina di
ragazzi della ÒCuneo vecchiaÓ poi descritta da
Franco Cordero in LÕOpera, che praticava ginnastica, atletica e foot-ball, con istruttore Cesare
Delprete, poi del Partito dÕAzione e padre dellÕindimenticabile Duilio. Lo stesso anno ÒAldoneÓ
sÕiscrisse allÕAssociazione S.A.R.I. (Sint Alpes
Robur Iuvenum), gruppo studentesco del Club
Alpino Italiano. Ne facevan parte Giuliano
Pellegrini, giovane militante del Partito Democratico
di Marcello Soleri e Marco Cassin, collaboratore
del ÒSubalpinoÓ diretto da Armando Scazzola, poi
rappresentante del Partito Liberale Italiano nel
Comitato di liberazione di Cuneo, il cugino di
ÒAldoneÓ, Dante Livio Bianco, compagno di tante
imprese alpinistiche e sciatori e, Modesto Soleri,
figlio del deputato cuneese giˆ ministro della
Guerra nellÕultimo governo Facta e che stese il
verbale della proclamazione dello stato dÕassedio
(28 ottobre 1922), Gigi Ventre, poi cognato di
Bianco, e Duccio Galimberti, figlio dellÕex ministro giolittiano ora avviato far da battistrada
allÕavvento del fascismo anche in Cuneo, nella
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Dall’alto delle
sue vette e dei
suoi gagliardi
novantun anni
Aldo Quaranta,
già direttore
della biblioteca
civica di Cuneo
in successione a
Lalla Romano,
comandante
della Iª Divisione
“Giustizia e
Libertà”, primo
“profeta” del
federalismo
all’interno dello
Stato, in un
libro dal piglio
giovanile
conduce alla
riscoperta del
Novecento,
locale e
nazionale.
“È la storia di
come - allora,
ora ... - una città
di provincia,
con un piede
Oltralpe, era
(può essere?)
capitale
europea ...”.
speranza, tardivamente soddisfatta, dÕun riscatto
dallÕoblio nel quale la cittˆ lÕaveva relegato con la
sconfitta nel duello con Soleri per il seggio di
Cuneo (1913) e la rivelazione dellÕimbarazzantissimo carteggio corso fra lui e i dirigenti della Fiat
(1916) per Òannientare per sempreÓ Giolitti e giolittiani: carte scoperte dal Òconsiglio di fabbricaÓ
durante lÕoccupazione della Fiat nel settembre del
1920 e pubblicate nellÕÓAvanti!Ó per svergognare
i Òmetodi di lotta dalla borghesiaÓ.
In montagna quei giovani erano liberi di dire ad
altissima voce quanto potevan solo sussurrare in
cittˆ: ormai gravata dalla foschia del conformismo,
avvolta nelle brume dei tradimenti coronati nel
1925 con lÕimposizione delle dimissioni a Giolitti
da presidente del Consiglio provinciale e ad
Antonio Bassignano da Sindaco del capoluogo.
Quei giovani per˜ non si dettero per vinti. Il liceo
di Cuneo - nelle cui aule in buona parte essi si
formarono - era, s“, sotto lÕaspetto formale,
ÒessotericoÓ, abbastanza allineato con lÕincipiente
regime: ma dopotutto in cittˆ questo arriv˜ quasi
cinque anni dopo che a Roma. E molti docenti
continuavano quindi a trasmettere esotericamente
quantÕavevavo appreso fra etˆ del positivismo e etˆ
idealistica; tra Roberto Ardig˜ e Benedetto Croce,
un Morselli e il Giovanni Gentile ÒantemarciaÓ.
Dalla provincia passati a Torino, quegli stessi giovani non si rassegnarono affatto a subire. Quando
nel 1928 i militanti del GUF (gruppo universitario
fascista) torinese inscenarono una manifestazione
contro lÕanziano Francesco Ruffini, che in Senato
aveva votato contro la riforma elettorale, in linea
con Giolitti,
ÒAldoneÓ fu in
prima fila nella
contro manifestazione a favore del
senatore. Con lui
si raccolse una
quindicina di giovani: Modesto
Soleri, suo cugino
Livio Bianco,
Alfredo Perelli
(poi militante di Giustizia e Libertˆ), Aldo Garosci,
Aldo Agosti, Alessandro Galante, Garrone... e
Mario Andreis, che ricorda proprio ÒAldoneÓ come
il pi• pugnace. ComÕera normale per chi andava
orgoglioso della sua stazza di alpigiano e - dirˆ poi
- un poco invidiava il medico della sua originaria
Entraque (Ferdinando Dematteis), che correva dai
malati con gli sci dÕottima marca norvegese, e il
portalettere ÒGiuliettoÓ (Giulio Gerardi), che
usando lo stesso mezzo per andare da una frazione
allÕaltra si fece gambe da campione olimpionico e,
quando fu lÕora, di imbattibile staffetta partigiana.
Quella remota ÒiniziazioneÓ rimase decisiva per
la formazione di Aldo Quaranta. Laureato in
giurisprudenza, a metˆ degli Anni Trenta venne
nominato direttore della Biblioteca Civica di
Cuneo in successione al primo funzionario vincitore del concorso voluto dal sindaco, senatore
Giambattista Imberti, e dal fondatore del Museo
Civico dÕArte e Storia, Euclide Milano: la neolaureata in lettere, originaria di Demonte, Graziella
(Lalla) Romano. Trasferita nella nuova prestigiosa
sede di palazzo Audiffredi, in via Cacciatori delle
Alpi, due passi dal ginnasio-liceo, per Quaranta la
Biblioteca doveva divenire un grande servizio per
la cittadinanza: il suo incremento doveva essere il
frutto del dialogo tra ÒistituzioneÓ e utenza, in
una concezione dÕavanguardia, di Òservizio pubblicoÓ come cantiere aperto.
La grande stagione di Aldo Quaranta venne con
lÕintervento dellÕItalia in guerra. DallÕottobre 1940
allÕaprile 1942 egli fece parte della Commissione
di armistizio italo-francese e successivamente fu
alle dirette dipendenze del Comandante della IV
Armata, generale Mario Vercellino, e del suo capo
di stato maggiore, generale Alessandro Trabucchi,
che lo apprezzavano per la sua profonda conoscenza del territorio e dei problemi francesi
oltrechŽ per la perfetta padronanza della lingua.
In tale veste pot• seguire da vicino le sorti della
IV Armata: frazionata in nuclei lungo circa 400 km
di costa francese, nel suo insieme germanofoba e egli attest˜ - Ònon ideologicamente alleata col
fascismoÓ. Privo di comando tattico e in ripiegamento verso lÕItalia giˆ prima dellÕ8 Settembre,
allÕarmistizio il comando dÕArmata non ebbe altra
indicazione dal capo di stato maggiore, generale
Mario Roatta, se non di fare Òci˜ che potevaÓ.
Il 9 ÒAldoneÓ giunse a Cuneo. Fu lui a scrivere di
suo pugno, sotto dettatura del generale Vercellino,
lÕordine di scioglimento della IV Armata - di fatto
ormai dissolta - per scongiurare postume imputa-
zioni di diserzione nei confronti di quanti ormai
lÕavevano lasciata e che - disse Vercellino -, senza
quel provvedimento formale, erano Òvirtualmente
dei disertoriÓ. Ospitato nella sua Entraque il
comandante dellÕArmata, fu ancora Quaranta a
indurre Trabucchi a entrare nelle file della resistenza armata. Egli stesso, dÕintesa con il cugino,
Livio Bianco, organizz˜ in Valle Gesso un distaccamento della Banda ÒItalia LiberaÓ che nel
tempo divenne III Brigata della I Divisione
ÒGiustizia e LibertˆÓ.
Da ufficiale e alpigiano ÒAldoneÓ pratic˜ con fermezza un concetto chiaro: combattere il nemico,
cio• i tedeschi e i Òcorpi specialiÓ della RSI senza
conseguenze per la popolazione civile. I suoi partigiani - in massima parte valligiani - si batterono
sempre con coraggio e abnegazione: ma evitarono,
per quanto possibile di trasformare la lotta di liberazione dallÕoccupazione straniera in guerra civile
fratricida. Dopo lo sbarco franco-americano in
Provenza di metˆ Agosto 1944 anche la Valle
Gesso venne investita dai Tedeschi, che miravano
a tenere saldamente il crinale alpino e a controllare senza residui le retrovie del nuovo fronte.
Agli abitanti di Valdieri che gli chiedevano che
cosa fare egli disse che non lasciassero affatto le
case nŽ si dessero alla macchia. Sarebbero stati
rastrellati, braccati e passati per le armi.
Rimanessero invece nelle loro case a luci accese e
finestre spalancate. I tedeschi, quando giunsero,
appena unÕora dopo che i partigiani se neÕ erano
allontanati, Òtrovarono un paese normale e non
infierironoÓ. Cercavano combattenti, non civili
inermi.
Perci˜ allÕindomani della liberazione ÒAldoneÓ consultati i suoi uomini - decise che nessun partigiano dovesse accettare individualmente onorificenze o medaglie. Unici destinatari di riconoscimenti dovevano essere la bandiera della Brigata e
lÕintera popolazione della valle, che per venti mesi
aveva compartecipato - direttamente o indirettamente, in forme disparate ma sempre rischiose o
generose - alla resistenza contro lÕoccupazione.
ÒAldoneÓ non si fece sviare nei suoi sentimenti
pi• alti neppure dal saccheggio della sua casa da
parte dei militi delle RSI nŽ dal temporaneo fermo
della moglie, Lina Pernigotti, coraggiosissima staffetta partigiana. Nel febbraio 1945, in veste di
delegato della I Divisione alpina ÒGiustizia e
LibertˆÓ, con una squadra di dieci uomini, sci nei
piedi, valic˜ le Alpi filtrando attraverso la rete di
controllo germanica, il 12 raggiunse Belvedere, in
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Val VŽsubie, e di l“ raggiunse gli uomini della
ÒCarlo RosselliÓ, sin dallÕagosto passata dalla Valle
Stura in Francia. Prese quindi contatto con i capi
delle missioni militari alleate e ottenne dal generale americano Tuby lÕassicurazione che lÕaviazione anglo-americana non avrebbe pi• bombardato Cuneo e i centri della ÒGrandaÓ, sino ad
allora pi• volte e pesantemente colpiti, con vittime civili e danni gravissimi, ininfluenti dal
punto di vista militare e tali, invece, da indisporre
gli animi verso quei ÒliberatoriÓ. Gli venne anche
proposto di prendere contatto con il generale
Clark; prefer“ rientrare in Valle Gesso per
lÕinsurrezione finale. Egli stesso riusc“ a renderla
pi• indolore con una vasta e capillare campagna
di informazione presso i militari della divisione
RSI ÒLittorioÓ, di stanza anche nella sua zona di
competenza. Muniti dei salvacondotti loro distribuiti, molti di quegli uomini raggiunsero le file
partigiane sin dal marzo 1945. Perci˜ pot• indirizzare al comandante del 3¡ Reggimento Fanteria
della ÒLittorioÓ, colonnello Bianchi, un appello
subito famoso. Premesso che dal giorno dal loro
arrivo in Valle Gesso Òin nome dello stesso sangue
italiano che scorre in noi e in voi, nessun atto di
ostilitˆ • stato compiuto da parte delle formazioni
partigiane contro la sua persona o quella di militari alle sue dipendenzeÓ, gli intim˜ di cessare
qualsiasi azione civile o rappresaglia. Sulla fine
della guerra di liberazione ÒAldoneÓ divenne
comandante della I Divisione ÒGiustizia e
LibertˆÓ. Commissario politico, al suo fianco, fu
Faustino Dalmazzo. Il cugino, Livio Bianco, era
divenuto comandante delle ÒG.L.Ó del Piemonte,
in successione a Duccio Galimberti, assassinato a
Cuneo nella notte fra il 2 e il 3 dicembre 1944.
Per Quaranta - di antica formazione laica, risorgimentale, imbevuta dagli ideali di libertˆ, uguaglianza e fratellanza per generazioni coltivati
dalla sua famiglia anche nelle file della
Massoneria - ÒliberazioneÓ volle dire repubblica e
autonomia. Entr˜ quindi subito nel Partito
Repubblicano Italiano, guidato da Randolfo
Pacciardi, giˆ comandante del battaglione
ÒGaribaldiÓ nella guerra di Spagna e al di fuori
delle logiche spartitorie dei C.L.N.. Nel giugno
1946 egli fu candidato alla Assemblea Costituente
in una lista comprendente Raffaele Foa, Terenzio
Grandi, Vittorio Parmentola, il futuro storico
Carlo Pischedda e altri. LÕanno seguente nel P.R.I.
entrarono Ferruccio Parri, Ugo La Malfa e altri
che nel 1946, con Leandro Scamuzzi, Maurizio
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Meinero, Franco Antonicelli, Dino Giacosa si
erano candidati sotto lÕinsegna della Concentrazione
democratica repubblicana. Le delusioni non mancarono. Cocenti, anzi. Perci˜ ÒAldoneÓ fu tra i
protagonisti del noto episodio di ÒSanta LiberaÓ,
ove i partigiani giˆ garibaldini tornarono a imbracciare le armi contro lÕinvoluzione politica in atto,
evidenziata dallÕamnistia a criminali notori, rivendicando gli ideali per i quali erano caduti - spesso
torturati in modo efferrato - i loro compagni.
Anche ÒAldoneÓ accorse a Santa Libera.
ÒSi rientr˜ a Cuneo verso le cinque del mattino egli ricord˜ - con lÕintesa di ritrovarci verso le
dieci del giorno dopo per combinareÓ.
Ma lÕindomani i capi locali del PCI, Comollo e
Bazzanini, giˆ partigiani, dissero che ÒvÕera un
contrordine e la mobilitazione era sospesaÓ.
Per il primo anniversario della Liberazione
ÒAldoneÓ scrisse un appello che fin“ dritto filato
fra le carte della Direzione Generale di Pubblica
Sicurezza, a Roma. Esordiva: ÒCompagni! Partigiani!
Da oggi non dobbiamo pi• vergognarci di essere
stati partigiani perchŽ oggi, di fronte a tutti, ai
vivi e ai Morti, noi giuriamo di riprendere la
nostra bella guerra di LiberazioneÓ. Fatto lÕelenco
delle occasioni mancate e delle delusioni, il
comandante della I Divisione ÒG.L.Ó propose la
Federazione delle Repubbliche Italiane. Lo Stato
sarebbe risorto come patto di fratellanza fra le
Repubbliche Piemontese, Napoletana, Veneta,
Romana...; e i rispettivi Parlamenti avrebbero
discusso nella loro ÒlinguaÓ. Ci˜ malgrado
ÒAldoneÓ precis˜: ÒIl separatismo • da condannare. Noi siamo e vogliamo essere ItalianiÓ.
Alla vigilia della Costituente la sua proposta era
davvero esplosiva. Perci˜ i suoi comizi e i suoi
spostamenti vennero seguiti passo passo da chi
temeva potesse divenire il profeta di un nuovo e
pi• audace progetto di riforma dello Stato: la
devoluzione dal governo centrale a quelli locali di
una somma di poteri e lÕavvento di autonomie
mentre i maggiori partiti erano ormai intenzionati
a percorrere il viottolo del puro e semplice decentramento di compiti a propri organi periferici.
Nei decenni seguenti Aldo Quaranta ha fatto ripetutamente sentire la sua voce: sempre fuori del
coro. Diversa anche rispetto allÕoriginaria pattuglia
del Partito dÕAzione. Il suo volumetto sulla
Brigata Valle Gesso ÒIldo VivantiÓ fu - e rimane un raro esempio di narrazione della guerra partigiana libera da enfasi e da sovrapposizioni interpretative ideologiche. Ripercorre la successione
di eventi nella loro nuda veritˆ e documenta la
partecipazione corale degli alpigiani alla lotta: a
conferma, se ve ne fosse bisogno, del dovere di
tributare riconoscimenti e plausi allÕintera Valle e
ai suoi comuni anzichŽ a singoli combattenti che
poco o nulla avrebbero fatto se non avessero
avuto alle spalle la moltitudine di persone generose, come Giovanna Dotto (ÒAnnaÓ) di Entraque,
classe 1912, che innumerevoli volte ÒrisigavaÓ come ella stessa scrisse - ma Òcon lÕaiuto di Dio e
piena di buona volontˆ (super˜) ogni incaglioÓ.
Decennio dopo decennio, unÕinvenzione dopo
lÕaltra - si pensi al ÒClub dellÕAglioÓ - e alla celebrazione del Cervino come ÒAlbero della LibertˆÓ
e alle tante iniziative da lui assunte come direttore
delle funivie del Cervino e Direttore generale del
Club Alpino Italiano - ÒAldoneÓ ha accumulato
una quantitˆ ingente di scritti, discorsi, abbozzi
dai quali, attraverso lunga preparazione, • infine
scaturito questo bel volume Vivere e morire a
testa alta, che spiega ÒLa Resistenza e lÕItalia del
dopo 25 AprileÓ: pagine disincantate e tuttavia
appassionate, gonfie di idealismo e al tempo stesso
limate dal realismo di chi, oltre la soglia dei
novantÕanni, dalla sua Valle Gesso guarda alla
ÒpianuraÓ con motivata, comprensibile e condivisibile preoccupazione e continua a lanciare m˜niti
per fermare un progresso che - scrive - rischia di
divenire regresso.
A volume pubblicato dal coraggioso editore
Fantino, il 1¡ Settembre 2000 ÒAldoneÓ ha diffuso
un Appello al sindaco di Limone, ad alcuni amici
e a sacerdoti per rievocare la nobile, ma quasi
dimenticata, figura di Luigi Cassin (1839-1916) il
figlio del deputato di Borgo San Dalmazzo,
Marco, caduto a Cameri durante unÕesercitazione
di volo, giˆ col grado di sottotenente degli alpini,
autore di una conferenza su neve e ski nel sentimento, da Quaranta riproposta allÕattenzione per
la sua fresca attualitˆ e anche come antidoto
contro ÒlÕAltzeimer dei PopoliÓ: cio• lÕoblio della
storia. Le provocazioni di ÒAldoneÓ - a noi pare possono essere (e vanno) discusse; possono
persino essere respinte in blocco. Prima, per˜,
vanno conosciute. Perci˜ raccomandiamo la lettura di questo ÒmonumentoÓ alle Alpi, fonte
perenne di giovinezza, lanciato dal novantunenne
ÒAldoneÓ. A testa alta. Sempre.
BRENDEL INTERPRETA BEETHOVEN
La Banca Regionale Europea sponsor del
ciclo I Concerti per pianoforte e orchestra
di Ludgwig van Beethoven promosso da
I Concerti del Quartetto di Milano.
Si • tenuto a Milano, nella seconda settimana
di ottobre, il ciclo I Concerti per pianoforte e
orchestra di Ludwig van Beethoven, promosso
da I Concerti del Quartetto in occasione del
cinquantesimo anniversario della sua attivitˆ.
Interpreti dÕeccezione Alfred Brendel, al
pianoforte, e la Tonhalle-Orchester Zurich, diretta
da David Zinmann. Il ciclo si • articolato in tre
serate, di cui la prima al Teatro alla Scala, con
lÕOuverture Coriolano, op. 62; il Concerto n. 5
in mi bemolle maggiore op. 73 ÒImperatoreÓ,
la Sinfonia n. 5 in do minore, op. 67.
Nella seconda serata sono stati eseguiti
lÕOuverture ÒLeonora n. 3Ó op. 72c; il Concerto
n. 2 in si bemolle maggiore,
op. 19; il Concerto n. 3 in do
minore, op. 37. Nella terza
serata, lÕOuverture Egmont,
op. 84; il Concerto n. 1 in do
maggiore, op. 15; il Concerto
n. 4 in sol maggiore, op. 58.
La critica • stata unanime
nellÕapprezzare lÕaltissimo
livello dellÕevento, sponsorizzato
dalla Banca Regionale Europea.
(1) ALDO QUARANTA. Vivere e morire a testa alta,
Borgo San Dalmazzo, Mauro Fantino Ed. 2000 pp. 214, £ 30.000.
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