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I materiali stradali

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I materiali stradali
I materiali stradali
I materiali stradali impiegati comunemente nelle sovrastrutture stradali sono quelli a cui è affidato il
compito di permettere il passaggio dei carichi pesanti che vengono a contatto con lo strato
superficiale della sovrastruttura (contatto che si estende anche agli strati più profondi dove tali
carichi vengono diffusi) e di trasmetterli sul terreno presente in sito (che deve essere in grado di
riceverli).
Sono materiali stradali in senso lato anche quelli utilizzati per la formazione di scarpate o per creare
gabbionate, terre armate od altre opere di raccordo con il terreno naturale presente prima della
costruzione stradale.
I mezzi su gomma trasmettono pressioni che possono superare i 10 Kg/cm2 e solo i conglomerati
compatti sono in grado di sopportare tali carichi senza eccessive deformazioni. Man mano che il
carico viene ripartito sugli strati sottostanti, il materiale può essere meno compatto e pregiato come
può essere un misto cementato o un conglomerato bituminoso povero, sino a passare a strati di
materiale inerte lapidei o terrosi di sottofondo.
In generale una strada è formata da:
- il corpo stradale, definito come “l’insieme di tutte le opere in terra e murarie che occorrono per
la realizzazione della strada e avente la funzione di ricevere e sostenere stabilmente i carichi dei
veicoli transitati e di ripartirli sul terreno naturale”;
- la sovrastruttura o piattaforma, definita come “la pavimentazione che deve consentire un
agevole e sicuro transito dei veicoli, proteggere dall’usura e dall’infiltrazione delle acque
meteoriche lo stato sottostante costituito dalla fondazione e ripartire su quest’ultima i carichi”.
Classificazione delle terre
Dal punto di vista tecnico il materiale utilizzato è genericamente chiamato “terra”e naturalmente è
un materiale che, sottoposto a carico, si comprime, si assesta e subisce un cedimento più o meno
grande nel tempo, tuttavia la terminologia utilizzata per il materiale impiegato nei lavori stradali
dipende essenzialmente dalla granulometria.
Prendendo in considerazione solo il materiale inorganico e lapideo cioè i cosiddetti inerti che
costituiscono una terra e che possono provenire sia da siti naturali come cave di fiume che essere
ottenuti dalla frantumazione delle rocce, le distinzioni terminologiche sono le seguenti:
- pietrisco, elementi litoidi con dimensione compresa tra i 25 ed i 71 mm
- pietrischetto, elementi litoidi con dimensioni comprese tra i 25 e i 10 mm
- graniglia, materiale litoide di frantumazione con dimensioni comprese tra i 2 e i 10 mm
- sabbia, materiale litoide di dimensione inferiore ai 2 mm ma superiore a 0,075 mm
- limo, materiale litoide con dimensioni comprese tra mm 0,1 e mm 0,02
- argilla, materiale di dimensioni sotto ai 0,02 mm e associato a particelle colloidali di
dimensioni inferiori a mm 0,002 aventi funzione di legante.
Le argille sono terre coerenti, vale a dire dotate di una certa resistenza a trazione, mentre ghiaia e
sabbia sono terre incoerenti, cioè sciolte, incapaci di avere a livello microscopico un legame
coesivo.
Le caratteristiche fisiche e meccaniche che interessano per la costruzione di una strada sono diverse
per le terre coerenti e per quelle incoerenti, a causa del loro differente comportamento sotto carico.
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© Calderini, RCS Libri Education
Un’argilla sotto carico si deforma dapprima istantaneamente e poi lentamente a causa della
fuoriuscita dell’acqua dai pori.
Entro un certo limite queste deformazioni scompaiono al cessare del carico, cioè si possono
considerare a comportamento elastico, oltre quel limite le deformazioni sono dovute a spostamenti
dei granuli e sono quindi irreversibili, cioè di tipo plastico.
I materiali lapidei possono essere impiegati per formare misti lapidei oppure conglomerati
bituminosi o cementizi, ove il legante è il bitume o il cemento; possono essere addittivati con calce
idraulica per migliorarne, con tecniche di stabilizzazione, la compressibilità o la sensibilità
all’acqua o aumentarne le caratteristiche di resistenza.
Caratteristiche fisiche dei terreni
Il contenuto d’acqua è il rapporto tra il peso dell’acqua contenuta nei pori e il peso della materia
secca e si esprime in percentuale.
L’indice dei pori è il rapporto fra il volume dei vuoti e quello dei granuli (cioè della materia secca
e supposta compatta).
La densità o peso specifico apparente è il rapporto fra il peso del campione ed il suo volume;
ovviamente la densità dipende dal contenuto di acqua (fra il minimo della terra secca e il massimo
della terra satura).
Ad esempio per la sabbia il peso specifico apparente varia da un minimo di 14 KN/m3 per sabbie
asciutte e sciolte, ad un massimo di 23 KN/m3 per la sabbie bagnate e compatte.
Al contenuto d’acqua sono legati i passaggi fra i diversi stati fisici:
- limite di liquidità Ll, segna il passaggio fra lo stato fluido e lo stato plastico; si determina
sperimentalmente con l’apparecchio di Casagrande e varia molto da terra a terra (dal 20%
per le sabbie all’80% per le argille grasse);
- limite di plasticità Lp, segna il passaggio dallo stato plastico a quello semisolido o
polverulento;
- indice di plasticità Ip, è la differenza fra il limite di liquidità e il limite di plasticità
- ritiro, è il rapporto fra la diminuzione di volume per essiccamento e il volume iniziale, esso
fornisce un criterio di massima circa la compressibilità delle terre soprattutto le argille che si
può considerare: buona se il ritiro è inferiore al 5%, discreta se è inferiore al 10%, cattiva se
è inferiore al 15%, pessima oltre il 15%.
Poiché in natura raramente i terreni risultano inseribili in un preciso componente granulometrico,
ma normalmente sono variamente assortiti, ed anzi ad un buon assortimento si tende tecnicamente
nella formazione dei rilevati o sottofondi stradali, le terre si classificano mediante l’indice di
gruppo (I.G.), che risulta dalla seguente espressione:
I.G. = 0,2a + 0,005ac + 0,01bd
dove:
a = passante al setaccio 200 A.S.T.M. meno 35, (con massimo 40)
b = passante al setaccio 200 A.S.T.M. meno 15, (con massimo 40)
c = limite di liquidità meno 40, (minimo 0 e massimo 40)
d = indice di plasticità meno 10, (minimo 0 e massimo 20).
L’Indice di Gruppo qualifica il comportamento statico di una terra, con portanza tanto migliore
quanto più basso è l’indice:
- se I.G.= 0 il terreno risulta buono
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-
se 1 £ I.G. £ 10 il terreno risulta mediocre
se 10 < I.G. £ 20 il terreno risulta cattivo o pessimo.
Un’altra classificazione più completa è quella americana dell’Istituto di ricerca Highway Research
Board (H.R.B.) che raggruppa i terreni in 8 classi in base alle stesse caratteristiche dell’indice di
gruppo (granulometria, limite di liquidità e indice di plasticità) indicandoli con la lettera A ed un
numero indice da 1 a 8.
I numeri più bassi A1, A2, A3 indicano i terreni a grani grossi (ghiaia e sabbia), quelli intermedi A4,
A5 rappresentano i limi, quelli più alti A6, A7 le argille, infine A8 indica i terreni organici o torbosi di
nessun interesse pratico.
Le norme italiane CNR-UNI 10006 (Vedasi fig. 1) hanno utilizzato la classificazione H.R.B. ma
sono state ritirate dall’UNI nel 2004 con l’intenzione di sostituirle con norme europee.
Tuttavia rimangono un riferimento per il vuoto normativo creatosi in assenza di altre adeguate
normative suppletive, perché le normative europee non hanno esaurito a tutt’oggi le informazioni
date dalla precedente UNI 10006, soprattutto a riguardo delle possibilità di impiego degli inerti.
Fig. 1 - Classificazione dei terreni secondo HRB–AASHTO e CNR-UNI 10006
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Le norme armonizzate
Le norme armonizzate emanate a livello europeo vengono recepite dagli stati membri attraverso i
propri organismi di normazione. Per l’Italia l’organismo di riferimento è l’UNI, Ente Nazionale
Italiano di Unificazione, che, oltre a partecipare all’elaborazione delle norme armonizzate, traduce e
pubblica le norme europee EN.
Le norme nella loro versione italiana, sono denominate UNI-EN e contengono le caratteristiche del
prodotto che devono essere certificate al fine della sua messa in commercio.
Le norme armonizzate sono dunque norme di prodotto ma nulla hanno a che fare con l’accettazione
del prodotto stesso nei lavori e nelle opere cui i prodotti sono destinati.
Tale accettazione dipende infatti dalla legislazione nazionale che dovrebbe emanare delle norme
tecniche di impiego dei prodotti, in cui sono definite le specifiche che i prodotti devono possedere
al fine di essere impiegati nelle opere.
Nelle norme armonizzate viene lasciata aperta la possibilità di non certificare quelle caratteristiche
che non sono regolamentate dalla normativa nazionale di impiego di almeno uno stato membro.
Per quel che concerne in particolare gli aggregati, i valori limite e le categorie relative alle
caratteristiche meccaniche, fisiche e chimiche cui i prodotti appartengono sono definite nelle norme
armonizzate di seguito elencate:
• EN 12620
Aggregati per calcestruzzi
• EN 13139
Aggregati per malte
• EN 13043
Aggregati per conglomerati bituminosi
• EN 13242
Aggregati per miscele stradali, legate e non legate
• EN 13055–1 Aggregati leggeri per calcestruzzi e malte
• pr EN 13055–2
Aggregati leggeri per applicazioni stradali
• EN 13450
Aggregati per massicciate ferroviarie
• EN 13383–1 Pietrame per scogliere
Gli aggregati riciclati
Gli aggregati riciclati trovano per lo più impiego nella costruzione e manutenzione di strade, in
genere nella forma di miscele non legate.
Il panorama normativo italiano concernente l’impiego di aggregati riciclati nelle opere di ingegneria
civile e nelle costruzioni stradali ha subito nel mese di marzo 2004 un radicale sconvolgimento a
seguito del ritiro della norma tecnica di riferimento, la UNI 10006:2002, per rispondere alle
specificazioni esplicitate nelle norme armonizzate di produzione europea.
Tale norma è sostituita da un set di norme costituito da quelle già emanate, come le seguenti:
- UNI–EN–ISO 14688–1:2003 Identificazione e classificazione dei terreni
- UNI–EN 13242:2004 Aggregati per miscele non legate e legate idraulicamente destinate a
lavori stradali e lavori di ingegneria civile
- UNI–EN 13285:2004 Miscele non legate – Specifiche e da quelle in fase di predisposizione
come ad esempio la UNI–EN 14227 ed altre.
La prima (UNI–EN–ISO 14688–1:2003) è una norma riguardante il riconoscimento “in situ” dei
terreni e fornisce metodi manuali e visivi per la classificazione. Non esiste più la classificazione
delle terre nei gruppi definiti dalla UNI 10006, e neppure esistono le indicazioni riguardanti gli usi
delle terre fornite dalla vecchia norma.
La seconda elencata (UNI–EN 13242:2004) è la norma che fornisce le linee guida per la marcatura
CE degli aggregati destinati a miscele legate idraulicamente e non legate per usi stradali che
anch’essa non dice nulla a proposito degli usi degli aggregati e delle miscele cui essi sono destinati.
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Le specifiche tecniche delle miscele di aggregati destinate ad usi stradali sono date dalla UNI–EN
13285 la quale fornisce le indicazioni sulla designazione della miscela in termini di dimensione del
sopravaglio (0/D), caratterizza il fuso granulometrico relativo a ciascuna designazione ed indica i
metodi per la determinazione dell’umidità ottimale di costipamento.
Tale norma però non da alcuna indicazione sulle proprietà fisiche e meccaniche che gli aggregati
componenti la miscela devono possedere al fine di essere impiegati correttamente, rimandando (in
un circolo vizioso) alla UNI–EN 13242:2004.
Gli organi preposti alla soluzione del problema, rappresentato da questa lacuna normativa (UNI,
Servizio Tecnico Centrale del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, Ministero delle Attività
Produttive), come pure i più illustri esperti della materia, del mondo accademico e delle
associazioni di settore (ANCE, ANPAR, ecc.), suggeriscono, per il momento, che saranno i
committenti dei lavori, nei capitolati d’opera, a fornire le specifiche tecniche di riferimento, con una
soluzione di buon senso per quanto non ancora normato: mantenere i criteri e le indicazioni inserite
nella normativa abitualmente utilizzata, riportando, nei contenuti, l’UNI 10006 e le norme di buona
tecnica CNR in essa citate, senza farne espresso riferimento.
I criteri di accettazione degli aggregati per usi stradali sono attualmente in fase di elaborazione da
parte di un apposito gruppo di lavoro dell’UNI e saranno oggetto di un Decreto Legislativo che
conterrà tra le altre, le prescrizioni relative all’utilizzo dei materiali di cui alla UNI–EN 13242.
Criteri previsti negli attuali capitolati nella formazione di rilevati
Valori del modulo Md e del grado di costipamento G % adottati nelle prescrizioni costruttive per il
corpo del rilevato.
Modulo Md
(Mpa)
20
15
20-40 (°)
Società Autostrade
ANAS
F.S.
G
%
90-95 (*)
90-95 (*)
95
(*) valore del grado di costipamento per gli ultimo 30 cm
(°) valore per il modulo per il bordo (entro 1 m dal ciglio) ed il centro del rilevato
Caratteristiche dello strato anticapillare
Società Autostrade
Granulometria
2-50 mm
ANAS
2-50 mm
F.S.
2-200 mm
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passante
4 mm = =
2 mm ≤ 15%
0,075 mm ≤ 3%
4 mm ≤ 15%
2 mm ≤ 5%
0,075 mm = =
spessore
30-50 mm
50 cm
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Qualità dell’ultimo strato del rilevato
Società Autostrade
ANAS
F.S.
Terre utilizzate
(CNR-UNI)
Da A1 ad A3
A1
A1, A24, A3
Md
(Mpa)
80
80
G
%
95
95
98
Spessore
(cm)
30
30÷60
30÷34
Fig. 2
Problematiche nella realizzazione di scavi o nella costruzione di rilevati
Esempio: estratto dal capitolato ANAS per la realizzazione degli scavi e dei rilevati
Per gli accertamenti relativi alla determinazione della natura delle terre, del grado di costipamento e
del contenuto di umidità di esse, si dovrà provvedere a tutte le prove necessarie ai fini della loro
possibilità e modalità d’impiego, che verranno fatte eseguire dalla Direzione dei Lavori presso il
Centro Sperimentale dell’ANAS di Cesano (Roma) o presso altri Laboratori ufficiali a cura e spese
dell’Amministrazione Appaltante, secondo quanto riportato nel Capitolato Generale d’Appalto
D.M. 145/2000.
Le terre verranno caratterizzate e classificate secondo le Norme CNR-UNI 10006/1963.
Nell’esecuzione sia degli scavi sia dei rilevati l’Impresa è tenuta ad effettuare a propria cura e spese
l’estirpamento di piante, arbusti e relative radici esistenti sia sui terreni da scavare che su quelli
destinati all’impianto dei rilevati, nonché, in quest’ultimo caso, al riempimento delle buche
effettuate in dipendenza dell’estirpamento delle radici e delle piante, che dovrà essere effettuato con
materiale idoneo messo in opera a strati di conveniente spessore e costipato.
La Direzione dei Lavori, in relazione alla natura dei terreni di posa dei rilevati o delle fondazioni
stradali in trincea, potrà ordinare l’adozione di provvedimenti atti a prevenire la contaminazione dei
materiali d’apporto e fra questi provvedimenti la fornitura e la posa in opera di teli «geotessili»
aventi le caratteristiche adeguate allo scopo ed indicate nei rispettivi Capitolati Speciali ANAS .
Formazione dei piani di posa dei rilevati
Tali piani avranno l’estensione dell’intera area di appoggio e potranno essere continui od
opportunamente gradonati secondo i profili e le indicazioni che saranno dati dalla Direzione dei
Lavori in relazione alle pendenze dei siti d’impianto.
I piani suddetti saranno stabiliti di norma alla quota di cm 20 al di sotto del piano di campagna e
saranno ottenuti praticando i necessari scavi di sbancamento tenuto conto della natura e consistenza
delle formazioni costituenti i siti d’impianto preventivamente accertate, anche con l’ausilio di prove
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di portanza. Si è potuto constatare, tuttavia, che solitamente tale spessore non è sufficiente, pertanto
è auspicabile che il nuovo Capitolato Speciale preveda almeno 50 cm (terreno vegetale).
Quando alla suddetta quota si rinvengono terreni appartenenti ai gruppi A1, A2, A3 (classifica
CNR-UNI 10006) la preparazione dei piani di posa consisterà nella compattazione di uno strato
sottostante il piano di posa stesso per uno spessore non inferiore a cm 30, in modo da raggiungere
una densità secca pari almeno al 95% della densità massima AASHO modificata determinata in
laboratorio, modificando il grado di umidità delle terre fino a raggiungere il grado di umidità ottima
prima di eseguire il compattamento.
Quando invece i terreni rinvenuti alla quota di cm 20 al di sotto del piano di campagna
appartengono ai gruppi A4, A5, A6, A7 (classifica CNR-UNI 10006/1963), la Direzione dei Lavori
potrà ordinare, a suo insindacabile giudizio, l’approfondimento degli scavi per sostituire i materiali
in loco con materiale per la formazione dei rilevati appartenente ai gruppi A1 e A3.
Tale materiale dovrà essere compattato, al grado di umidità ottima, fino a raggiungere una
densità secca non inferiore al 90% della densità massima AASHO modificata.
La terra vegetale risultante dagli scavi potrà essere utilizzata per il rivestimento delle scarpate se
ordinato dalla Direzione dei Lavori mediante ordine di servizio.
E’ categoricamente vietata la messa in opera di tale terra per la costituzione dei rilevati.
Circa i mezzi costipanti e l’uso di essi si fa riferimento a quanto specificato nei riguardi del
costipamento dei rilevati.
Nei terreni in sito particolarmente sensibili all’azione delle acque, occorrerà tener conto dell’altezza
di falda delle acque sotterranee e predisporre, per livelli di falda molto superficiali, opportuni
drenaggi; questa lavorazione verrà compensata con i relativi prezzi di elenco.
Per terreni di natura torbosa o comunque ogni qualvolta la Direzione dei Lavori non ritenga le
precedenti lavorazioni atte a costituire un idoneo piano di posa per i rilevati, la Direzione stessa
ordinerà tutti quegli interventi che a suo giudizio saranno ritenuti adatti allo scopo, i quali saranno
eseguiti dall’Impresa a misura in base ai prezzi di elenco.
Si precisa che quanto sopra vale per la preparazione dei piani di posa dei rilevati su terreni naturali.
In caso di appoggio di nuovi a vecchi rilevati per l’ampliamento degli stessi, la preparazione del
piano di posa in corrispondenza delle scarpate esistenti sarà fatta procedendo alla gradonatura di
esse mediante la formazione di gradoni di altezza non inferiore a cm 50, previa rimozione della
cotica erbosa che potrà essere utilizzata per il rivestimento delle scarpate in quanto ordinato dalla
Direzione dei Lavori con ordine di servizio, portando il sovrappiù a discarica a cura e spese
dell’Impresa.
Anche il materiale di risulta proveniente dallo scavo dei gradoni al di sotto della cotica sarà
accantonato, se idoneo, o portato a rifiuto, se inutilizzabile.
Si procederà quindi al riempimento dei gradoni con il predetto materiale scavato ed accantonato, se
idoneo, o con altro idoneo delle stesse caratteristiche richieste per i materiali dei rilevati con le
stesse modalità per la posa in opera, compresa la compattazione.
Formazione dei piani di posa delle fondazioni stradali in trincea
Anche nei tratti in trincea, dopo aver effettuato lo scavo del cassonetto si dovrà provvedere alla
preparazione del piano di posa della sovrastruttura stradale, che verrà eseguita, a seconda della
natura del terreno, in base alle seguenti lavorazioni:
quando il terreno appartiene ai gruppi A1, A2, A3 (classifica CNR-UNI 10006) si procederà alla
compattazione dello strato di sottofondo che dovrà raggiungere in ogni caso una densità secca
almeno del 95% della densità di riferimento, per uno spessore di cm 30 al di sotto del piano di
cassonetto; quando il terreno appartiene ai gruppi A4, A5, A6, A7, A8 (classifica CNR-UNI 10006) la
Direzione dei Lavori potrà ordinare, a suo insindacabile giudizio, la sostituzione del terreno stesso
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con materiale arido per una profondità al di sotto del piano di cassonetto, che verrà stabilita secondo
i casi, mediante apposito ordine di servizio dalla Direzione dei Lavori.
Per la preparazione del piano di posa si dovrà raggiungere una densità secca almeno del 95% di
quella di riferimento per uno spessore di cm 30 al di sotto del piano di cassonetto.
Il comportamento globale dei cassonetti in trincea sarà controllato dalla Direzione dei Lavori
mediante la misurazione del modulo di compressibilità Md il cui valore, misurato in condizioni di
umidità prossima a quella di costipamento, al primo ciclo di carico e nell’intervallo di carico
compreso fra 0,15 e 0,25 N/mm2 non dovrà essere inferiore a 50 N/mm2.
Formazione dei rilevati
I rilevati devono essere eseguiti con le esatte forme e dimensioni indicate nei disegni di progetto,
ma non dovranno superare la quota del piano di appoggio della fondazione stradale.
Nella formazione dei rilevati saranno innanzitutto impiegate le materie provenienti da scavi di
sbancamento, di fondazione o di galleria appartenenti ad uno dei seguenti gruppi: A1, A2, A3 della
classifica CNR-UNI 10006/1963.
Il Capitolato attuale prescrive che l’ultimo strato del rilevato sottostante la fondazione stradale, per
uno spessore non inferiore a metri 2 costipato, debba essere costituito da terre dei gruppi A1, A2-4,
A2-5, A3 se reperibili negli scavi; altrimenti la Direzione dei Lavori potrà decidere se ordinare
l’esecuzione di tale ultimo strato con materiale di altri gruppi provenienti dagli scavi o con materie
dei predetti gruppi A1, A2-4, A2-5, A3 da prelevarsi in cava di prestito.
Per quanto riguarda le materie del gruppo A4 provenienti dagli scavi, la Direzione dei Lavori prima
dell’impiego potrà ordinarne l’eventuale correzione.
Possono essere altresì impiegati materiali di scavo provenienti da tagli in roccia da portare in
rilevato, se di natura ritenuta idonea dalla Direzione dei Lavori, ma dovrà provvedersi mediante
riduzione ad elementi di pezzatura massima non superiore a cm 20. Tali elementi rocciosi dovranno
essere distribuiti uniformemente nella massa del rilevato e non potranno essere impiegati per la
formazione dello strato superiore del rilevato per uno spessore di cm. 30 al di sotto del piano di
posa della fondazione stradale.
Per quanto riguarda il materiale proveniente da scavi di sbancamento e di fondazione appartenenti
ai gruppi A4, A5, A6, A7 si esaminerà di volta in volta l’eventualità di portarlo a rifiuto ovvero di
utilizzarlo, previa idonea correzione.
La Direzione dei Lavori potrà ordinare di eseguire rilevati con materiali corretti solo quando vi sia
la possibilità di effettuare un tratto completo di rilevato ben definito delimitato tra due sezioni
trasversali del corpo stradale.
Le materie di scavo, provenienti da tagli stradali o da qualsiasi altro lavoro che risultassero
esuberanti o non idonee per la formazione dei rilevati o riempimento dei cavi, dovranno essere
trasportate a rifiuto fuori della sede stradale, a debita distanza dai cigli, e sistemate
convenientemente, restando a carico dell’Impresa ogni spesa, ivi compresa ogni indennità per
occupazione delle aree di deposito ed il rilascio delle autorizzazioni necessarie da parte degli Enti
preposti alla tutela del territorio.
Le terre selezionate che vengono utilizzate, devono essere stese a strati il cui spessore finito è
prescritto a seconda della qualità dei terreni stessi e con pendenze trasversali tali da assicurare, dopo
compattazione, una chiusura granulometrica da permettere un facile deflusso superficiale delle
acque meteoriche così da evitare l’infiltrazione.
Materiali per la sovrastruttura
L’asfalto è un conglomerato, naturale o artificiale, composto da una componente di inerti (in genere
calcarei e porosi) impregnati di bitume (in natura sono presenti asfalti naturali ad esempio in
Abbruzzo e in Sicilia).
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Il bitume, il cui nome deriva dal latino “pix tumens” cioè pece nera, è presente naturalmente in
alcuni siti, ad esempio in Turchia o in Albania.
Il catrame è invece un sottoprodotto della distillazione dei petrolii, della lignite o del carbon
fossile.
I bitumi ed i catrami si utilizzano nella formazione di conglomerati chiamati indistintamente
conglomerati bituminosi impiegati nella pavimentazione stradale.
La pavimentazione stradale
La pavimentazione stradale ha il compito di:
• garantire una superficie adeguata di rotolamento dei pneumatici in modo da non sollecitare
eccessivamente con carichi dinamici l’autovettura e il conducente a cui si deve garantire un
certo confort;
• garantire una buona aderenza del pneumatico alla strada;
• ripartire le forze trasmesse dai veicoli sul terreno in modo che il terreno non si deformi
eccessivamente e in maniera elastica;
• permettere rapidamente il deflusso delle acque meteoriche e non ostacolare l’eliminazione di
altri agenti atmosferici pericolosi sul piano viario.
La pavimentazione è formata da differenti strati di conglomerati bituminosi o cementizi, in cui le
percentuali di legante (bitume o cemento) variano a seconda del grado di resistenza e compattezza
che si vuole ottenere.
La differenza tra i vari tipi di pavimentazione è funzione della deformabilità che si vuole ottenere e
quindi si possono classificare le fondazioni in:
-
flessibili
semirigide
rigide
Gli strati tipici di una fondazione
flessibile sono:
- strato di usura
- strato di collegamento (binder)
- strato di base
- strato di fondazione
Fig. 3 - Schema di fondazione flessibile
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Gli strati tipici di una
fondazione semirigida sono:
- strato di usura
- strato di collegamento (binder)
- strato di base in misto bitumato
- secondo strato di base in misto
cementato
- strato di fondazione.
Fig. 4 - Schema di fondazione semirigida
Gli strati tipici di una fondazione rigida
sono:
- lastra di usura tipicamente in calcestruzzo
armato di buona resistenza
- strato di base in misto cementato;
- strato di fondazione in inerti compattati
ad elevato modulo di comprimibilità
Sono impiegate su strade sottoposte ad
elevata intensità di traffico o più
frequentemente negli aeroporti.
Fig. 5 - Schema di fondazione rigida
I conglomerati bituminosi
I conglomerati bituminosi sono confezionati a caldo in impianti fissi scaldando gli aggregati a
temperature di 150÷170°C e aggiungendo il legante a temperature di 150 ÷180°C in una quantità
tale da avvolgere tutti i granuli litici con una pellicola di adeguato spessore arrivando ad un volume
dei vuoti residui dopo costipamento come previsto da capitolato e solitamente inferiore al 5%.
Per far aderire i conglomerati agli strati sottostanti viene prima steso uno strato di ancoraggio con
emulsione bituminosa al 60÷65% per mezzo di macchine vibrofinitrici, poi viene steso il
conglomerato bituminoso ad una temperatura non inferiore a 130°C.
Le proprietà dei singoli elementi che formano il conglomerato bituminoso cambiano in base allo
strato da realizzare.
Per conglomerati ricchi di materiale fine (filler) si arriva a percentuale di vuoti del 2÷3% ed
aumenta la richiesta di bitume.
Più le pellicole sono sottili più il conglomerato risulta rigido e resistente.
Per dare la massima resistenza ai conglomerati si utilizza la seguente formula: b = 3,75
b = percentuale di bitume
S= superficie specifica degli inerti
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5
Σ con
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Fig. 6
La superficie specifica di alcuni inerti è la seguente
Tipologia di inerte
Filler passante setaccio 200 dim. medie 0,02 mm
Sabbia di frantumazione da 0 a 2 mm dim. medie 0,07 mm
Sabbia alluvionale da 0,315 a 0,5 mm, dimensioni medie del granulo 0,4 mm
Sabbia c.s. da 0 a 3 mm con polvere, dimensione media 0,122 mm
Sup spec. S in m2/kg
135
33
5,75
19
Sabbia di fiume da 0,315 mm a 3,15 mm, dimensione media del granulo 1 mm
2,30
Ghiaia piccola da 3 a 8 mm; dimensione media del granulo 4,9 mm
0,47
Ghiaia dai 5 ai 15 mm (pisello) dimensione. media del granulo 8,66 mm
0,27
Ghiaia grossa da 5 a 25 mm dimensioni medie del granulo 11 mm.
0,20
Per determinare approssimativamente la superficie specifica S di inerti che hanno dimensioni
2,3
comprese tra d e D si usa la seguente formula: Σ =
d×D
I conglomerati bituminosi devono essere stabili, deformabili, compatti, permeabili e garantire
l’aderenza.
Vi sono differenti prove di stabilità: a compressione semplice, a carico triassiale, a penetrazione,
ma la più nota è la prova Marshall
Con la prova Marshall (CNR 149/92) eseguita su provini di conglomerato bituminoso di forma
cilindrica precedentemente confezionati in laboratorio con opportuno compattatore di diametro
101,6 mm e spessore pari a 6,3 cm, si determina la resistenza a rottura espressa in Kg (stabilità).
Mentre si porta a rottura il provino si misura lo scorrimento delle due ganasce cioè la deformazione
che il provino subisce prima di rompersi, espressa in mm. Viene poi chiamata rigidezza il rapporto
tra i due valori Kg/mm (rigidità e scorrimento).
Non sempre è possibile estrarre un provino di tale spessore per cui vi sono dei fattori di correzione
in funzione dello spessore del provino.
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Valori per gli strati delle prova Marshall
Strati
Base
Collegamento
Usura
Capitolato ANAS
Stabilità Kg Rigidezza Kg/mm
>700
>250
>900
>300
>1000
>300
N.T.A. Autostrade
Stabilità Kg
Rigidezza Kg/mm
>800 (≥1000)
>250 (£400)
>1000 (≥1200)
300<R<400 (£500)
>1100 (≥1200)
300<R<450 (£500)
I valori tra parentesi si riferiscono a conglomerati bituminosi riciclati in centrale. Per quelli riciclati
in sito è sempre richiesta una stabilità Marshall ≥1200 e una rigidezza £500
Vi sono altre prove a cui deve sottostare una pavimentazione:
-
-
la deformazione, misurata come profondità alla quale penetra un cilindro di 25,2 mm di
diametro di acciaio a testa piana sotto prestabilite condizioni di carico e temperatura del
provino (vi sono anche altri metodi basati su impronte di carico più larghe e metodi che
misurano anche la deformazione a fatica della pavimentazione);
la macro rugosità superficiale, misurata con il sistema dell’altezza in sabbia, cioè si valuta
la superficie circolare massima sulla quale un volume noto di sabbia riesce a coprire tutte le
asperità superficiali (si ritiene accettabile un valore minimo superiore a 0,25 mm);
l’aderenza, misurata con l’apparecchio SCRIM (Sideway force Coefficient Routine
Investigation Machine) che consente la rilevazione sistematica delle caratteristiche di
aderenza trasversale di un manto stradale in presenza d’acqua attraverso un autocarro sul
quale è posizionato il complesso di misura, costituito da una ruota gonfiata alla pressione di
3,5 kg/cm2 (si misura il rapporto tra forza normale applicata e componente tangenziale); altri
metodi di misura ricorrono ad abrasimetri.
Strati delle pavimentazioni
Gli strati superficiali devono avere elevata resistenza meccanica alle sollecitazioni, elevata
aderenza, ed essere oggetto di scarse manutenzioni, invece lo strato di base deve avere elevata
resistenza alla fatica e poter subire deformazioni reversibili. Infine la fondazione deve trasferire i
carichi al terreno e non permettere la risalita dell’acqua o di materiali fini.
Le prescrizioni inerenti la percentuale dei vuoti e quella di bitume nei vari strati sono quelle raccolte
nella seguente tabella:
STRATO
CAPITOLATO ANAS
N.T.A. Autostrade S.p.A.
% bitume
% vuoti
% bitume
% vuoti
Base
3,5 ÷ 4,5
4÷7
4,0 ÷ 5,0
4÷7
Collegamento
4,0 ÷ 5,5
3÷7
4,5 ÷ 5,0
3÷6
Usura
4,5 ÷ 6,0
3÷6
4,5 ÷ 6,0
4÷6
Prescrizioni relative ai conglomerati bituminosi riportate sui capitolati tecnici di appalto
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Strato di usura
E’ realizzato in conglomerato bituminoso le
cui caratteristiche dipendono dalle proprietà
degli elementi che lo compongono.
Gli inerti devono presentare le caratteristiche
granulometriche indicate in fig. 7.
Fig. 7
Strato di collegamento (binder)
Lo strato di collegamento in conglomerato
bituminoso ha la funzione di collegamento tra
lo strato di base e quello di usura.
Fig. 8
Strato di base
Lo strato di base ha la funzione di sopportare
senza
deformazioni
permanenti
le
sollecitazioni trasmesse dai veicoli e di avere
un’adeguata flessibilità per resistere, sotto gli
stessi carichi, a qualunque eventuale
assestamento del sottofondo.
In particolare deve resistere ai fenomeni di
fatica, all’ormaiamento e, prevalentemente,
alle sollecitazioni di trazione. Quando è Fig. 9
costituito da conglomerato bituminoso, gli
inerti debbono rientrare nel seguente fuso
I conglomerati bituminosi speciali
Tra i conglomerati bituminosi speciali citiamo i conglomerati drenanti e gli antigelivi.
Nel confezionamento dei conglomerati bituminosi drenanti vengono utilizzati particolari
accorgimenti nella realizzazione della curva granulometrica, infatti vengono utilizzati
esclusivamente materiali derivanti da frantumazione a cui va aggiunta una percentuale di filler.
Il conglomerato viene poi modificato fisicamente, addizionando alla miscela una percentuale di
polimeri che gli conferiscono una più elevata stabilità e resistenza agli sbalzi termici e un ridotto
invecchiamento del legante.
In caso di pioggia, l’asfalto poroso dapprima assorbe l’acqua, evitando che si fermi in superficie,
poi la incanala fino ai lati della strada eliminando il fenomeno di “aquaplaning” dovuto al ristagno
di acqua sulla pavimentazione stradale.
La granulometria dell’inerte impiegato garantisce una macro-rugosità superficiale che conferisce al
conglomerato capacita di aderenza sul bagnato.
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Inoltre per la particolare distribuzione granulometrica il conglomerato drenante abbatte il rumore
generato dal traffico veicolare.
Il bitume modificato è più resistente rispetto al bitume tradizionale e il conglomerato ha una
notevole capacita di deformazione e di ritorno elastico.
In caso di pioggia si ottiene un miglioramento della visibilità grazie alla eliminazione degli spruzzi
e della nebbia d’acqua causati dai veicoli che può provocare vere barriere per i mezzi che seguono.
Si ha un miglioramento anche della visibilità notturna grazie all’eliminazione dell’effetto di
riflessione dei raggi luminosi sulla superficie bagnata.
Fig. 10 - Asfalto drenante a sinistra e asfalto comune a destra
Pavimentazioni antineve ed antighiaccio
L’Iterchimica ha realizzato un additivo chimico, che si miscela con il conglomerato bituminoso
dello strato di usura (come un filler), denominato «Winterpav» che abbassa il punto di
congelamento dell’acqua di alcuni gradi sotto lo zero..
E’ efficace in maniera costante e continua nel tempo, in quanto gli elementi attivi del prodotto
migrano gradualmente verso l’esterno del film di bitume, fornendo sempre nuove particelle efficaci
per l’azione antigeliva. I benefici che si possono ottenere con questo additivo sono:
•
•
•
•
•
abbassamento della temperatura di congelamento dell’acqua
ostacola la formazione dei cristalli di ghiaccio
ritarda la formazione della patina scivolosa in caso di neve
diminuisce i costi di prevenzione invernale
diminuisce la possibilità di perdita di aderenza degli pneumatici
I calcestruzzi per le pavimentazioni rigide
I calcestruzzi utilizzati per le pavimentazioni stradali hanno caratteristiche differenti da quelli
utilizzati per le strutture poiché devono garantire oltre ad una resistenza flessionale, anche buona
lavorabilità e modesto ritiro. Inoltre, come nei conglomerati bituminosi, devono assicurare
resistenza agli urti, aderenza e regolarità al piano viabile.
Per questi calcestruzzi si utilizza una curva granulometrica continua, la cui dimensione massima
non deve superare i 30÷35 mm
Gli aggregati utilizzabili ai fini del confezionamento del calcestruzzo strutturale, devono possedere
marcatura CE secondo il DPR n.246/93 e successivi decreti attuativi, inoltre devono essere
conformi ai requisiti della normativa europea armonizzata UNI-EN 12620; mentre per gli aggregati
leggeri si deve far riferimento alla norma europea armonizzata UNI-EN 13055-1.
La marcatura CE non rappresenta un marchio di qualità del prodotto ma sta a significare che il
prodotto soddisfa i requisiti essenziali previsti e per l’impiego previsto.
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Invece le norme UNI 8520 parte 1 e 2 possono essere utilizzate per l’individuazione dei limiti di
accettabilità delle caratteristiche tecniche degli aggregati.
La curva del Fuller è una parabola di
equazione: p = 100
d
D
p = % di inerte passante al setaccio con
fori di diametro pari a d
D = diametro massimo dell’inerte.
Fig. 11 - Curva granulometrica del Fuller
Il rapporto acqua/cemento deve essere minore di 0,55.
Eventuali additivi ammessi possono essere:
•
•
•
•
plasticizzanti ed areanti: massimo 0,20÷0,40% rispetto al peso di cemento
superplasticizzanti: massimo 0,75÷1,5% rispetto al peso di cemento;
additivi per calcestruzzi a ritiro controllato o a ritiro compensato;
antigelivi
La preparazione del calcestruzzo avviene, solitamente “ a piè d’opera” e il trasporto si effettua
attraverso l’utilizzo di mezzi idonei e in breve tempo.
Nel caso non si possa installare un impianto di betonaggio, per grandi distanze la miscelazione
avviene a secco e, durante il trasporto con le autobetoniere, si effettua l’immissione delle
percentuali di cemento ed acqua come previsto dagli elaborati di progetto.
Dopo aver preparato il piano con le corrette pendenze, lo si umidifica per evitare la perdita di
umidità del calcestruzzo.
La stesa avviene con macchine a casseforme scorrevoli con apposita trave vibrante che ha il
compito di spargere il materiale, livellarlo e costiparlo.
La ruvidità è creata da un’apposita macchina dotata di un pettine che passa la superficie finita in
direzione trasversale al futuro moto dei veicoli.
Si applica, infine, un prodotto di “curing” per la protezione della presa cioè una membrana
antievaporante che agisce come film protettivo per stagionare il calcestruzzo, aumentandone le
prestazioni.
Per le lastre di cls, a maturazione avvenuta, normalmente è sufficiente raggiungere resistenze
cubiche comprese tra i 20 e 35 N/mm2.
Quando si prescrive un calcestruzzo a prestazione le normative da rispettare sono le seguenti:
UNI-EN 1008
UNI-EN 934-2
UNI-EN 12620
UNI-EN 450
UNI-EN 197-1
relativa all’ acqua di impasto;
relativa agli additivi;
relativa agli aggregati;
relativa alle ceneri volanti;
relativa al cemento.
Nella pavimentazione vanno previsti giunti di ritiro e giunti di dilatazione.
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I giunti di ritiro possono anche essere dei tagli non a tutta altezza per costringere il calcestruzzo a
fessurarsi linearmente e necessariamente in quella posizione precisa, evitando fessurazioni “a
ragnatela”; si possono evitare o ridurre con additivi antiritiro.
I giunti di dilatazione permettono il respiro termico della lastra, e sono a tutta altezza. Sono riempiti
di materiale plastico o sono fatti con una guaina plastica.
Vengono dimensionati in funzione del salto termico a cui deve sottostare la lastra ed in genere sono
disposti ogni 25÷30 m.
Tra lastra e lastra vi sono dei collegamenti “a spinotto” sui tagli dei giunti di dilatazione .
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