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Cari amici di Luce e Ombra, prima di tutto, i più sinceri auguri per un
Cari amici di Luce e Ombra,
prima di tutto, i più sinceri auguri per un sereno e creativo 2015
da parte di tutti noi !
La Fondazione/Biblioteca Bozzano –De Boni di Bologna sta attraversando una fase di ristrutturazione e nuovo ordinamento,
e sempre più importante e preziosa è la vostra adesione, che ci
consente di andare avanti, conservare, divulgare e ampliare i
vastissimi materiali che ospita, svolgere una proficua attività culturale e tenere le Giornate di Studio. Vi chiediamo quindi di rinnovare la vostra adesione, che prevede l’invio di Luce e Ombra,
unica rivista in Italia ad aver raggiunto il 115° anno di età, e di
farla conoscere ai vostri amici e conoscenti che potrebbero essere interessati. Per poter proseguire serenamente il nostro lavoro,
che tutti noi svolgiamo a titolo di volontariato, abbiamo bisogno
di ampliare le adesioni, e per questo ci affidiamo a voi, confidando nella vostra generosità e iniziativa. Grazie!
Veniamo ora ai contenuti di questo primo numero del 2015, che
ci sembra ricco e interessante. Apre la rivista un breve ma intenso
articolo di Padre Andreas Resch su una sua personale esperienza di OBE, che ha avuto per lui conseguenze fondamentali. Segue
l’inchiesta del prof. Erlendur Haraldson sulle apparizioni: un lavoro magistrale che in anteprima ha voluto affidare alla nostra
rivista. Nella ricorrenza del centenario della nascita del medium
Demofilo Fidani ne vengono poi ripercorsi, da parte di Silvio Ravaldini e Paola Giovetti che l’hanno personalmente conosciuto, i
lunghi anni di attività medianica, con la produzione di fenomeni
eccezionali quali scrittura e voce diretta, levitazione del medium
stesso e altro. Tre articoli, a forma Paola Giovetti, Gianfranco Cuccoli e Maria Longhena sui suggestivi “Luoghi di forza” ricordano
la Giornata di Studio che si è svolta a novembre 2014 nei locali della Fondazione. Altri articoli (L’angelo del dolore di S. Laghi,
Omaggio a Piancastelli di M. Carraro, Parapsicologia in Egitto di
A.Parra, un’intervista all’avvocato Maria Grazia Piccinini, la cui
figlia morì nel terremoto de L’Aquila, e Accadeva ieri di Giulia P.
Tenti dedicato a Giovanni Papini), il Notiziario e le Recensioni
completano il fascicolo.
Buona lettura e ancora auguri
La redazione di Luce e Ombra
ADESIONE ALLA FONDAZIONE
Aderire alla Fondazione Biblioteca - De Boni significa contribuire
a gestire una delle più importanti biblioteche di ricerca psichica
in Europa. La Biblioteca è un punto di riferimento insostituibile
per studiosi, ricercatori e persone interessate alla tematica.
A chi aderisce alla Fondazione viene inviata gratuitamente la
rivista trimestrale Luce e Ombra, che ne è l’organo ufficiale.
Luce e Ombra è la più antica rivista del settore, avendo festeggiato i cento anni di vita nel 2000.
L’adesione è annuale e prevede tre quote:
€ 40 ordinario,
€ 50 sostenitore
€ 60 benefattore
c.c. postale 28894400 intestato a
Fondazione Biblioteca Bozzano De Boni
c/o Ravaldini C.P. 61 – 40122 Bologna
oppure
bonifico bancario presso
Banca Popolare dell’Emilia Romagna – Agenzia n. 7 – Bologna
Conto Corrente Bancario n. 715965
Fondazione Biblioteca Bozzano - De Boni
Via Marconi, 8 – Bologna
IBAN IT56N0538702406000000715965
Indicare se si tratta di nuova adesione o rinnovo
Luce e Ombra, vol. 115, fasc. 1, gennaio-marzo 2015, pagg. 3-5
La mia esperienza fuori dal corpo
Andreas Resch
Il dr. P. Andreas Resch è professore emerito di psicologia clinica e paranormologia presso l’Accademia Alfonsiana di Roma, che fa parte dell’Università del Laterano. E’ membro dell’Ordine dei Redentoristi, direttore
dell’Istituto per le Zone Frontiere della Scienza di Innsbruck, titolare
della casa editrice Resch Verlag, editore della rivista Grenzgebiete der
Wissenschaft e di numerosi volumi sulle tematiche “di confine della
scienza”. Desidero ringraziare Padre Resch, amico personale da tanti
anni, per aver permesso di pubblicare su Luce e Ombra questa sua particolarissima esperienza, che si riallaccia ad altre esperienze della stessa
qualità e ha avuto per lui conseguenze fondamentali. (P.G.)
Nel maggio del 2013 mi trovai in
condizioni di salute molto precarie a causa di una infezione completamente sconosciuta che mi
provocò una febbre altissima che
potè essere abbassata solo dopo
dodici giorni grazie alle cure di un
infettologo della clinica universitaria di Innsbruck. Dopo molte ricerche e un consulto dell’Istituto
di Medicina Tropicale di Vienna,
potè essere fatta una diagnosi e
di conseguenza intrapresa una
terapia. Questo spiega come mai
mi sia trovato molto vicino alla
morte.
Il 20 maggio 2013, completamente incapace di muovermi e
indebolito all’estremo, ma pienamente consapevole, mi trova-
Andreas Resch
4 Andreas Resch
vo nel reparto di cardiologia della clinica universitaria di Innsbruck,
e riflettevo tra me e me. All’improvviso, in piena coscienza, per tutta
la larghezza del mio letto nella stanza si aprì una pianura che poco
per volta riempì tutto il mio orizzonte. Contemporaneamente vidi me
stesso sotto forma di una piccola figura camminare in questa pianura
che si dilatava con un contorno bruno fino al firmamento. Ed ecco che
mi colse un sentimento infinito di libertà e ampiezza, senza alcuna limitazione del corpo e della stanza d’ospedale. Semplicemente ero in
cammino con un sentimento completamente sconosciuto di felicità
che abbracciava tutto. Sebbene vedessi me stesso camminare in quella
pianura, il sentimento di felicità era così potente e coinvolgente che la
mia figura divenne qualcosa di totalmente marginale, che si limitava
a simboleggiarmi come individuo mentre il mio sentimento di felicità
abbracciava tutto quell’orizzonte senza confini. Ero indescrivibilmente felice in quel mare di felicità.
Diversamente da altre esperienze fuori dal corpo che conoscevo,
non percepii colori luminosi, oggetti o persone, ma soltanto un panorama aperto, privo di confini, nel quale mi vedevo muovermi; anche
come osservatore ero pervaso da uno sconfinato sentimento di felicità, così forte che non esisteva più pensiero, volontà e visione, ma soltanto pienezza. Era una qualità totalmente nuova di felicità che non è
possibile paragonare a nessun’altra esperienza consapevole nella vita
nel corpo. Tutti i tipi di stati alterati di coscienza, come sogno, ipnosi, lucidità, estasi, psico-estasi e biostasi non sono paragonabili a quel
sentimento. Non sono in grado di valutare per quanto tempo io sia
rimasto in quella condizione, perché la mia percezione del tempo e
dello spazio era svanita.
Lentamente la pianura nella quale mi muovevo e l’orizzonte divennero sempre più piccoli finchè mi ritrovai nel mio letto e nel mio
corpo, con l’improvvisa sensazione di essere in una prigione. Fu uno
schock sconfinato, la perdita totale della libertà e della felicità, che in
un primo momento mi tolse ogni capacità di orientamento. La sensazione di limitatezza e di disagio fisico era così forte che non riuscivo
a farmene una ragione. Tentai in ogni modo di ritornare a quella condizione senza spazio e senza tempo e di recuperare quel senso di felicità, ma fu inutile: inchiodato al tempo e allo spazio, dovetti prendere
atto della mia impossibilità di muovermi a causa dell’infezione e della
limitatezza del mio letto. Come è noto, le esperienze fuori dal corpo
e quelle in punto di morte non possono essere stimolate, avvengono
spontaneamente.
Questa limitatezza del letto e della stanza d’ospedale mi davano
l’impressione di essere in un altro mondo. Solo molto lentamente di-
La mia esperienza fuori dal corpo
5
venni consapevole della mia situazione reale. Mi rimase il ricordo di
ciò che avevo vissuto, ma l’esperienza stessa era perduta. Con il tempo ho catalogato quanto avevo vissuto come un’esperienza in punto
di morte, tema del quale mi occupo da molti anni, e ho trovato piena
corrispondenza con diverse casi di esperienza fuori dal corpo; nel mio
vissuto mancavano tuttavia l’esperienza del tunnel, l’incontro con altre entità, la percezione di voci, canti o luci: tutto era concentrato sulla
sensazione di felicità. Forse nel mio caso si era trattato di una estasi.
Anche accettando tutte le possibili critiche, non si può negare che
esiste una dimensione esperienziale libera dalla corporeità, non paragonabile ad alcuna forma di coscienza come il sogno, l’ipnosi, il sentimento oceanico ecc. O forse si tratta di un incontro con l’Anima Mundi,
o addirittura con la Trascendenza? Di una cosa sono assolutamente
convinto: si è trattato di una esperienza sganciata da spazio e tempo,
pervasa da una sensazione di felicità che può essere definita soltanto
celestiale. Ora per me la morte non soltanto ha perso ogni aspetto negativo, ma è divenuta speranza di un ritorno a ciò che già ho vissuto.
(Traduzione di P. Giovetti)
Summary
Prof. P. Andreas Resch, director of the Institut fuer Grenzgebiete der Wissenschaft (Innsbruck), describes in this short but intense article his particular outof-body experience in a moment of serious physical desease; an experience of
infinite happiness and love, where time and space did not exist and which let
him lose any negative aspect of death.
AI LETTORI DI LUCE E OMBRA
Nell’ambito della ristrutturazione in atto alla Fondazione
Biblioteca, abbiamo copie in eccedenza della rivista
Luce e Ombra a partire dal 1947 fino ad oggi.
Chi fosse interessato ad averne, ce lo faccia sapere
tramite mail a: [email protected].
In cambio chiediamo le spese
di spedizione e un’offerta libera.
Luce e Ombra, vol. 115, fasc. 1, gennaio-marzo 2015, pagg. 6-20
Inchiesta sulle apparizioni
Erlendur Haraldsson
Il professor Erlendur Haraldsson è nato a Reykjavik (Islanda) e ha lavorato come giornalista e scrittore. Ha studiato psicologia a Monaco e
a Friburgo in Germania e si è laureato col prof. Hans Bender. Ha svolto
una vasta attività di ricerca e insegnamento presso il dipartimento di
psichiatria dell’Università di Charlottesville (Virginia, USA); dal 1973 è
docente di psicologia all’Università di Reykjavik. Attualmente è professore emerito. Autore di numerose pubblicazioni sui temi delle esperienze
in punto di morte e delle apparizioni, il prof. Haraldsson ci ha permesso
di pubblicare questo suo studio su casi di apparizioni nel suo paese di
origine. (P.G.)
Più di cento anni fa i fondatori della Society for Psychical Research (SPR) fecero
il primo studio sistematico sulle apparizioni1. Con la loro accuratissima analisi
giunsero alla constatazione che le apparizioni erano frequenti e che le persone
che facevano questo tipo di esperienza
erano sane e normali.
Un’altra constatazione fu che alcune di questa “allucinazioni” o fantasmi,
come li chiamarono, sembravano avere una base reale. Alcune dipendevano
da eventi che si erano verificati in altri
luoghi. Queste “allucinazioni veridiche”
Erlendur Haraldsson
furono distinte dalla massa di allucinazioni senza base reale. Esse sembravano essere più di “semplici allucinazioni”: si collegavano infatti a un
1 Gurney/Myers/Podmore: Phantasm of the Living (1886). H. Sidgwich & Committee:
Report on the census of hallucinations (1894)
Inchiesta sulle apparizioni
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evento esterno e risultavano di notevole importanza per il percipiente.
In questi casi i percipienti hanno la visione di una persona che conoscono e soltanto in seguito vengono a sapere che proprio nel momento
della loro visione questa era inaspettatamente morta. Nelle allucinazioni veridiche un’informazione ignota al percipiente sembra agire su
di lui in maniera inspiegabile. Certe allucinazioni veridiche sono collettive, cioè vengono percepite contemporaneamente da più persone.
Fin dalla prima indagine della SPR le allucinazioni veridiche hanno
dato spunto a discussioni e speculazioni. Studiosi di impostazione teoretica e pratica hanno discusso su come esse debbano essere interpretate e fino a che punto siano meritevoli di credito. I casi più eclatanti
sono rimasti senza spiegazione e non pochi scienziati le hanno interpretate come una possibile risposta al problema della continuazione
della vita dopo la morte fisica.
Nel 1975 l’autore realizzò in Islanda una vasta inchiesta sulle esperienze e le credenze religiose e paranormali. Agli intervistati veniva
posta questa domanda: “Ha percepito o sentito la presenza di una persona defunta?” Le risposte positive furono il 31% (36% donne, 24%
uomini). Un’analoga inchiesta condotta nel 1976 negli USA da McCready e Greeley (The ultimate value of the American population) dimostrò
che l’alta percentuale di contatti con i defunti non era una caratteristica specifica dell’Islanda: la percentuale di risposte positive fu infatti
del 27%. In seguito questo aspetto fu integrato nell’European Human
Value Study: nell’Europa occidentale il 25% degli intervistati riferì di
contatti con i trapassati, negli USA nel 1987 la percentuale salì al 41%.
Persino nella Cina comunista il 40% degli studenti universitari disse
di aver avuto esperienze di contatto con i trapassati. Nessuno di questi
studi riporta però il racconto delle esperienze.
Il presente studio tratta di un progetto che ha richiesto molti anni
di lavoro per essere condotto a termine. Nel 1974 conducemmo uno
studio rappresentativo di esperienze parapsicologiche in Islanda: il
31% riferì di incontri con defunti. Una ulteriore inchiesta è del 1985;
il presente lavoro comprende 337 casi.
Di che genere sono queste esperienze di cui parla una parte non
trascurabile della popolazione? Come vengono percepiti i defunti?
Quali sensi sono coinvolti? E’ vero che, come dice la voce popolare,
queste esperienze avvengono per lo più in ambiente buio e cupo? E’
vero anche che questi eventi si verificano soprattutto quando le persone piangono una persona cara scomparsa e quando si trovano in dormiveglia o in stato di riposo? Chi sono i defunti e quali caratteristiche
mostrano? Esistono le apparizioni veridiche? Quante sono le apparizioni percepite collettivamente?
8 Erlendur Haraldsson
Metodi di indagine
I partecipanti all’inchiesta erano per lo più della regione di Reykjavik e
di Akureyri; dei 337 intervistati 186 erano uomini e 151 donne; il 29%
aveva frequentato solo la scuola d’obbligo, il 58% la scuola superiore
e il 13 % l’università. L’età era molto varia: 11% erano al di sotto dei
29 anni, il 25% tra i 30 e i 59, il 18% tra 60 e 69 e il 17% aveva più di
69 anni.
30 domande del questionario che abbiamo utilizzato riguardavano
il contenuto e le circostanze della percezione: la forma sensoriale con
cui la persona defunta era stata percepita, in che maniera la persona
era apparsa e poi scomparsa, condizioni di luce, ora, durata dell’apparizione, quando era avvenuta, fino a che punto l’evento era sembrato
reale ecc.
20 domande si riferivano all’apparizione stessa: se era stata riconosciuta dall’osservatore, se era sua parente, di che sesso era, che età
aveva al momento della morte, causa della morte, circostanze di vita
della persona defunta ecc.
36 domande si riferivano direttamente all’osservatore: cosa stava
facendo al momento dell’apparizione? In che condizioni psicofisiche
si trovava? Era in lutto per la morte della persona defunta? Era da solo
e insieme ad altri? Nel caso che fossero state presenti altre persone
– avevano avuto anche loro la stessa apparizione? Che effetto aveva
avuto l’evento sull’osservatore? Che rapporto aveva col paranormale
prima dell’evento?
Per raccogliere le testimonianze si era proceduto in questo modo:
nel 1980/81 a cinque riviste popolari fu accluso un breve questionario
di una sola pagina: si trattava di due giornali per i pescatori e l’industria del pesce (5800 abbonati); due riviste di spiritismo, medianità,
teosofia e nuovi movimenti religiosi (3000 abbonati) e una rivista letta prevalentamente dalla gente di campagna. La domanda che ponevamo era questa: “In stato di veglia, avete avvertito o sperimentato la
presenza di una persona defunta?”
Se la risposta era sì, ponevamo altre domande: se avevano avuto
un’apparizione, se avevano sentito la voce di una persona defunta,
udito un rumore, avvertito un contatto e comunque sentito in qualche
modo la presenza di una persona defunta. Chiedemmo anche nome,
indirizzo e numero di telefono.
Ottenemmo 700 questionari con risposte positive. Alcuni riguardavano casi che non rientravano nel nostro programma, come sogni o
esperienze con i medium, e furono subito scartati. Con gli altri facemmo lunghe interviste telefoniche, che registrammo su nastro: questo
lavoro si protrasse fino al 1986. Sebbene desiderassimo avere lo stes-
Inchiesta sulle apparizioni
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so numero di testimoni maschi e femmine, alla fine il numero dei maschi risultò maggiore di quello delle femmine. Nei casi di visioni collettive, intervistammo anche le altre persone coinvolte; avemmo inoltre
la possibilità di verificare i dati che i testimoni ci davano attraverso
la vasta documentazione sulla popolazione islandese custodita presso
l’Università d’Islanda.
L’Islanda è ricca di fiumi e cascate
Risultati
I contatti con i defunti di cui ci parlarono i nostri intervistati erano avvenuti
in maniere molto diverse. Per il 90% si trattava di impressioni di carattere
sensoriale, cioè visuale, auditiva, tattile, olfattiva o mista. Nel 10% dei casi
c’era stata soltanto una forte sensazione di presenza.
Le percezioni visuali sono le più numerose e costituiscono il 60% dei casi.
Molto diverso il contenuto, come mostrano questi esempi:
“Avvenne tre anni fa. Sedevo in giardino e leggevo un libro. Quando alzai lo
sguardo vidi mia nonna defunta davanti a me, così come era in vita. Il giorno
dopo lo raccontai a mia madre, che disse: ‘Ma è bellissimo! Ieri era il suo compleanno!? Io l’avevo dimenticato”.
“Avevo da poco cominciato a lavorare in una fabbrica quando all’altra estremità della macchina della quale mi stato occupando vidi passare un uomo.
Andò verso una parete nelle vicinanze della macchina e poi tornò indietro. Volli
vedere chi fosse, ma non riuscii a trovare nessuno. Quando lo raccontai ai miei
10 Erlendur Haraldsson
collaboratori e descrissi l’uomo, loro rimasero convinti che si trattase di un’entità che era stata visualizzata anche da altri. Si trattava del precedente direttore della ditta, che si era suicidato”.
“Nel febbraio del 1960 portai mia moglie all’ospedale. Era malata da settimane. Andai a trovarla la sera stessa e vidi che indossava una camicia da notte
blu. Speravo di rivederla il giorno dopo, ma lei morì quella notte. Il giorno dopo
venne mia nuora per scegliere un abito per la sepoltura. Il giorno dopo ancora
arrivai a casa tardi e presi il Libro dei Salmi per scegliere i salmi per il funerale.
Improvvisamente mi vidi davanti mia moglie, circondata da una luce bianca
ovale. La vidi molto chiaramente: teneva le mani sul colletto della camicia da
notte, non quella che le avevo visto addosso l’ultima volta, ma una rosa chiaro
che portava solo raramente. Mi spavantai e lei scomparve. Non sapevo che cosa
avesse scelto per lei mia nuora, ma risultò che aveva scelto proprio quella camicia rosa.”
L’80% delle apparizioni visuali furono viste a occhi aperti; nel 7% dei casi
il percipiente vide la persona defunta come con l’occhio spirituale, mentre
nel 4% dei casi non risultò chiaro se l’apparizione era stata percepita interiormente o esteriormente, come nel caso che segue:
“Da ragazza presi in affitto a Reykjavik una stanza che in precedenza era
stata un deposito per legna da ardere e nella quale prima di me non aveva ancora abitato nessuno.
Una cascata nella verdissima campagna islandese
Inchiesta sulle apparizioni
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Non possiedo doti di sensitività, tuttavia poco per volta cominciai a
rendermi conto che in quella stanza c’era una persona, un uomo, una
presenza benevola, Quando venne l’inverno, cominciai poco per volta a
scoprire che aspetto aveva. Era un uomo gentile, e io sentivo che mi chiedeva incessantemente di pregare per lui. Una sera avevo spento la luce
e mi ero voltata verso la parete per dormire; ed ecco che mi resi conto
che qualcuno mi copriva, come fa una mamma col suo bambino. Era
quest’uomo, che si curvava su di me e insieme mi chiedeva di pregare
per lui. Non udii parole, era piuttosto come se io fossi penetrata da un
messaggio, così almeno mi sembrò…non so come spiegarlo…Compresi il
messaggio sebbene non venisse espresso a parole. Quando andai a pagare l’affitto il padrone mi chiese schrzando se nella stanza avevo notato
qualcosa. Subito sua moglie lo rimproverò dicendo che non doveva porre
domande del genere. Io non ebbi esitazioni e dissi: ‘Sì, nella mia camera c’è un uomo, un uomo giovane, molto cordiale’. Lui sembrò irritato e
mi chiese perché dicessi una cosa del genere. Io ripetei che l’uomo era
cordiale, si occupava di me e io non avevo problemi. Lui allora mi chiese
di descrivere quell’uomo e io lo feci: portamento sicuro, capelli ricciuti,
fisionomia insolita che descrissi dettagliatamente. Il padrone di casa fu
molto stupito e mi guardò incredulo. Mi chiese se sapessi che cosa era
successo in quella stanza e io risposi che non ne avevo la minima idea.
Lui allora rispose: ‘In quella stanza molto tempo fa un uomo si è suicidato e la sua descrizione gli si attaglia perfettamente’. Tutto questo non
mi turbò, sentivo che era una presenza benevola e che mi era grata delle
mie preghiere”.
Anche le percezioni uditive sono frequenti: il 28% delle esperienze
sono di questo tipo. Ecco due casi raccontati da pescatori che erano
stati messi in guardia da un pericolo che li minacciava:
“Ero giovane ed era a pesca da solo su una piccola barca. All’improvviso sentii una voce che mi diceva in tono di comando di lasciar stare le
esche e di remare verso terra. La sentii molto chiaramente. Feci come
mi era stato ordinato senza sapere perché. Appena fui entrato in porto
si alzò improvvisamente una violenta tempesta, tanto che faticai ad attraccare. Non riconobbi la voce, ma in seguito la misi in relazione con
mio fratello che era annegato in mare poco tempo prima”.
“Mi trovavo su una barca da pesca, il tempo era tempestoso e pioveva, tuttavia avevamo gettato le reti e dovevamo essere svegliati la
mattina dopo alle sei. Io dormivo con gli altri nella piccola cabina, un
uomo stava di sorveglianza. Alle cinque circa io e gli altri ci svegliammo
quando qualcuno gridò: ‘Alzatevi!’ Andai alla porta della cabina e chiesi
12 Erlendur Haraldsson
all’uomo di guardia se aveva chiamato. Lui disse di no, era ancora presto. Mi rimisi nella cuccetta e non mi era ancora addormentato quando
qualcuno gridò di nuovo:’Alzatevi! Volete alzarvi dunque!’ Era come se
qualcuno gridasse ad appena due metri di distanza. Ci svegliammo tutti
e saltammo dal letto, cosa che mi colpì, perchè in genere i marinai non
reagivano così prontamente. Dissi al macchinista di mettere in moto e
di manovrare in modo da recuperare le reti. Quando lui entrò nella sala
macchine si accorse che la dinamo aveva preso fuoco. Solo a fatica riuscì a togliere la corrente e a bloccare tutto. Sono convinto che se fosse
arrivato più tardi le fiamme ci avrebbero avvolto e ci sarebbe stata un’esplosione. Non riconobbi la voce che si esprimeva alla tipica maniera dei
marinai. Ho però motivo di ritenere che fosse il mio defunto nonno”.
Non di rado (30% dei casi) si tratta di percezioni auditive che riproducono caratteristiche tipiche della persona defunta in oggetto:
“Poco tempo dopo la morte di mio padre andai a casa sua con mio
fratello. Sapevamo che non c’era nessuno. Ed ecco che udimmo il nostro
anziano padre al piano di sopra alla sua scrivania; poi si mosse, andò in
giro per la stanza, aprì la porta e la richiuse. Noi ci fermammo e rimanemmo in ascolto. Dissi: ‘Non c’è alcun dubbio, è lui!’ E mio fratello: ‘E’
chiaro come il sole…!’ Salimmo ma non trovammo nessuno. E tuttavia
l’avevamo sentito senza possibilità di dubbio. Aveva 85 anni quando era
morto, aveva il tipico passo strascicato degli anziani”.
Prendemmo subito contatto col fratello il quale ci confermò che ricordava benissimo quel fatto. Quando gli leggemmo il racconto sopra
riportato confermò ogni cosa.
Nel 13% dei casi si è trattato di percezioni tattili, della sensazione di
essere toccati. Due terzi di queste percezioni erano collegate ad altre
percezioni di tipo diverso. Ecco un esempio:
“Mia madre e mio suocero morirono a pochi mesi di distanza uno
dall’altro e io percepii uno di loro, credo che fosse mia madre. Ero seduto davanti a un tavolo e stavo lavorando quando sentii qualcuno venire
verso di me da dietro, chinarsi su di me e toccarmi forte le spalle. Dapprima pensai che fosse qualcuno della casa: mi voltai, ma non vidi nessuno.
Allora mi resi conto di cosa era stato…una presa fredda e solida! Rimasi
molto colpito e mi alzai di scatto pensando che forse qualcuno aveva
cercato di consolarmi dato che era piuttosto depresso. Avevo la sensazione precisa che qualcuno fosse venuto a confortarmi…Non ho mai più
avuto un’esperienza del genere.”
Il caso che segue unisce percezione auditiva, visuale e tattile:
Inchiesta sulle apparizioni
13
“Nella notte successiva alla morte di mio marito non riuscivo a dormire. Ero a casa nel mio letto e mi sentivo molto sola. Improvvisamente
mi resi conto che lui era accanto al letto. Sembrava avvolto nella nebbia. Lo vidi e sentii una mano che mi accarezzava i capelli mentre lui
recitava un paio di versi di una famosa poesia che diceva quanto fosse
bello riposare e poi un giorno destarsi colmi di gioia eterna. Dopo questa
esperienza mi sentii completamente cambiata”.
Le esperienze olfattive sono quelle meno rappresentate, soltanto il
4%. Alcuni casi di questo genere sono veramente molto interessanti
anche se nella letteratura non è mai stata prestata loro molta attenzione. Ecco tre casi:
“Vivevo a Sandgerli, dove da due mesi avevamo comprato una casa.
Mio marito era al lavoro, io ero sola a casa. All’improvviso vidi un uomo
entrare dalla porta anteriore e andare in cucina. Tutto avvenne in piena
luce e svanì velocemente. Subito dopo percepii un forte odore di liquore. Io non faccio mai uso di alcool. Arrivò mio marito e chiese chi fosse
venuto in visita. Gli risposi che non era venuto nessuno. ‘Ma qui c’è un
fortissimo odore di liquore!’ Io insistetti nel dire che non era venuto nessuno. Quando il giorno dopo mio marito venne a cena, disse: ‘Non c’è da
stupirsi che ieri sera ci fosse in casa tanto odore di liquore. Erlingur, dal
quale abbiamo comprato la casa, si è perso ieri nel Siglufjord.’ Erlingur
aveva l’abitudine di bere molto alcool e si temeva che fosse caduto nel
porto e fosse annegato. Due settimane più tardi il mare portò a terra il
suo cadavere. Al momento della mia apparizione non avevo idea di quello che era accaduto.”
“Scesi dal letto e sentii improvvisamente un ben preciso profumo,
quello che usava sempre mia moglie, che era morta già da qualche tempo. Per quel profumo non c’era spiegazione ne’ motivazione: io penso
che mia moglie volesse attirare la mia attenzione su di lei e in questo
modo confortarmi”.
Mia nipote morì di cancro ai polmoni. Le persone con questa malattia
hanno un cattivo odore, l’odore di qualcosa che va in putrefazione. Una
domenica mattina, qualche tempo dopo la sua morte, sentii molto chiaramente in cucina, dove stavo lavorando, questo cattivo odore. Mi guardai intorno cercandone la causa, ma non trovai niente. Un’ora dopo suo
marito venne inaspettatamente a trovarmi: io misi subito in relazione i
due fatti. Non pensavo a lei, perché dalla sua morte era passato parecchio
tempo, almeno un anno. Era lo stesso odore che aveva addosso quando
era gravemente ammalata. Pensai a lei solo quando arrivò suo marito”.
14 Erlendur Haraldsson
Circa il 10% delle persone raccontarono fatti che consistevano semplicemente in una forte sensazione di presenza. Ecco qualche esempio:
“Avevo dei problemi agli occhi e non mi sentivo bene.. Una mattina
– ero sveglia ma con gli occhi chiusi – ebbi l’impressione che la mia defunta madre fosse accanto al mio letto. Lei si curvò su di me e io credetti
anche di sentire il suo respiro. Ero sveglissima ma non volevo aprire gli
occhi perché ero sicura che non l’avrei vista. Sono certa che lei fosse là e
controllasse lo stato dei miei occhi. Per tutto il tempo che rimase sapevo
che era curva sul mio viso”.
“Mi ero appena alzato. Una donna defunta, che avevo conosciuto
bene, venne da me e mi prese tra le braccia. Questa percezione durò solo
alcuni secondi. Quando lo raccontai a mia figlia, lei mi disse: ‘La notte
scorsa anche io l’ho sognata’.
“Ero in campagna e volevo far visita a mio nonno. Il viaggio era piacevole e non avevo fretta: avevo intenzione di fermarmi per due giorni
a Blanda. All’improvviso avvertii la presenza di mio nonno accanto a
me. Immediatamente pensai che fosse morto, andai all’ufficio postale e
telefonai. Mi fu confermato che era morto il giorno prima”
Un vulcano islandese in attività
Inchiesta sulle apparizioni
15
Circostanze delle esperienze
La nostra inchiesta non fornisce alcuna conferma della credenza comune che le apparizioni si presentino prevalentemente nell’oscurità
o al crepuscolo. La metà dei casi (52%) è avvenuta o in piena luce del
giorno (36%) o con la luce elettrica, il 33% al crepuscolo, il 10% al
buio e circa il 4% in condizioni variabili.
Si ritiene anche che le apparizioni si presentino di frequente quando la coscienza non è pienamente attiva oppure si trova in stato di
rilassamento. Nella metà dei nostri casi (49%) il percipiente era al lavoro o comunque in qualche modo attivo. Il 22% stava riposando. Una
percentuale del 28% ha avuta la sua esperienza subito prima di addormentarsi o al risveglio, sovente in maniera molto forte. Il caso che
segue si verificò al risveglio di un uomo sulla barca da pesca:
“Avvenne nell’estate del 1966. Mi trovavo tra veglia e sonno, ma di
colpo mi svegliai completamente. Vidi un uomo accanto alla stufa della
cabina, chino su di essa, intento a fare qualcosa. Notai che l’uomo non
faceva parte dell’equipaggio; mi mossi per controllare ma in quel momento lui scomparve. In seguito venni a sapere che era morto bruciato
in quella stessa cabina. Non era morto tra le fiamme, era stato soffocato
dal fumo. Ricordo benissimo che indossava un pullover blu e aveva una
sciarpa intorno al collo. La mia descrizione corrispondeva esattamente
a quanto sentii dire in seguito su di lui”.
Nella letteratura sulle apparizioni si legge che il lutto è una della
cause principali, se non la causa delle percezioni. Tra i nostri percipienti soltanto il 21% era in lutto quando aveva avuto l’apparizione.
Le apparizioni sembrano quindi relativamente indipendenti dallo stato di coscienza della persona che le percepisce.
La maggioranza degli incontri (84%) riguardava persone note al
percipiente. Più o meno la metà dei defunti (46%) erano parenti, il
24% conoscenti, il resto (30%) estranei che furono identificati soltanto in seguito sulla base di informazioni.
Sorprendentemente le apparizioni erano soprattutto di uomini
(67%).
Incontri con persone morte di morte violenta
Nel caso che segue la persona percepita aveva commesso suicidio:
“Jakob era ricoverato in un sanatorio nel quale lavoravo. Era depresso
e io cercavo in tutti i modi di rendere il suo soggiorno più piacevole.
Un giorno lo invitai a farci visita a casa: lui era originario della stessa
regione di mio marito e avrebbero potuto parlare insieme di tante cose.
Lui accettò volentieri e promise di venire il giorno dopo. Quella notte mi
16 Erlendur Haraldsson
svegliai con la sensazione di essere totalmente priva di forze. Ero come
paralizzata. All’improvviso mi accorsi che la porta della camera da letto
si apriva e sulla soglia c’era Jakob col viso coperto di sangue. Lo guardai
per un bel pezzo, incapace di parlare o di muovermi. Poi lui scomparve
e io ebbi l’impressione che chiudesse la porta dietro di sé. Tornai in me,
svegliai mio marito e gli raccontai quello che avevo visto. ‘Sono certissima che al sanatorio è successo qualcosa!, gli dissi. Appena si fece giorno
telefonai e chiesi notizie di Jakob. Mi fu risposto che durante la notte si
era tolto la vita”.
Interrogammo il marito il quale ci confermò che sua moglie l‘aveva
svegliato verso la mezzanotte e gli aveva raccontato quello che aveva
visto. Fino alla mattina non avevano saputo niente del destino di Jakob.
La percipiente, che intervistammo nel 1982, non conosceva il cognome
di Jakob. Dopo ulteriori ricerche riuscimmo a identificare Jakob e ad
avere altre notizie su di lui. La mattina dell’8 ottobre 1962 si scoprì che
Jakob era scomparso dalla sua camera. Fu chiamata la polizia e poche
ore dopo lo si trovò a qualche centinaio di metri sotto il ponte del fiume
che passava vicino al sanatorio. Era affogato. Aveva due grandi ferite
alla testa e gravi fratture al cranio, il che spiega come mai la percipiente
l’avesse visto col viso coperto di sangue. Il fiume scorre tra rocce laviche
molto frastagliate, certamente responsabili delle ferite alla testa. Una
ragazza che lavorava al sanatorio e che a mezzanotte stava tornando a
casa da una serata danzante, aveva incontrato Jakob, il quale le aveva
detto che era uscito dalla sua stanza dalla finestra. Prima di sparire nel
buio, aveva detto alla ragazza di portare i suoi saluti a sua moglie.
La nostra indagine ha mostrato che un numero molto alto di apparizioni (30%) riguardavano casi di morte violenta (incidente 23%,
suicidio 4,49%, assassinio 5%). Più o meno la stessa proporzione si
riscontra nella già citata inchiesta Phantasm of the Living: la morte
violenta sembra quindi essere un fattore predisponente delle apparizioni. Risulta anche che nei casi di morte violenta si modifichi alquanto il rapporto tra percipiente e percepito; cioè chi percepisce è spesso
un estraneo, o quasi estraneo, rispetto all’apparizione. Al contrario nei
casi di morte naturale il rapporto tra percipiente e percepito risulta
più stretto (parenti, amici intimi e così via).
Incontri in prossimità della morte
Un’altra caratteristica importante degli incontri con i trapassati riguarda la frequenza delle apparizioni in prossimità della morte. Nel
14 % dei casi in cui l’ora della morte era nota, si è constatato che l’incontro era avvenuto nel giro di 24 ore prima o dopo l’evento. Nella
Inchiesta sulle apparizioni
17
metà dei casi (7%) nel giro di un’ora. Ancora più sorprendente è il
fatto che nella maggioranza dei casi (86%) la persona che aveva avuto l’apparizione non sapeva che la persona che aveva visto era morta
o morente. Addirittura nelle apparizioni avvenute nel giro di un’ora
l’89% dei percipienti ignorava totalmente la morte della persona percepita. Ecco due esempi:
“Mia moglie ed io avevamo in affido una bambina di due anni e mezzo. Una notte mi svegliai con l’impressione che accanto al letto ci fosse
una donna che mi disse. ‘Mi chiamo Margret’. Poi scomparve attraverso
la porta. Guardai l’orologio e vidi che erano esattamente le 3,30. Il giorno successivo venni a sapere che la nonna della bambina, che abitava in
una regione lontana, era morta improvvisamente di infarto esattamente a quell’ora. Si chiamava Margret. Io non sapevo nulla del suo stato di
salute e non ricordavo il suo nome. In vita mia non l’avevo mai vista”.
La moglie del percipiente ci confermò che suo marito le aveva raccontato il fatto subito la mattina dopo, prima di sapere della morte di
Margret.
Il caso che segue ebbe come protagonista un noto parlamentare:
“Sono stato per 18 anni membro del Parlamento e in questo periodo
ho avuto contatti con molte persone con cui ero in ottimi rapporti. Una
di queste era Karl Kristjansson. Eravamo amici e anche dopo il nostro
pensionamento rimanemmo saltuariamente in contatto. In un giorno
d’inverno, come facevo di solito dopo pranzo, andai nella stalla e mi
misi a lavorare: dopo un poco mi resi conto all’improvviso che Karl era
davanti a me e mi diceva una cosa strana: ‘Sei stato fortunato, ce l’hai
fatta!’ Poi scomparve. La sera stessa la radio annunciò la sua morte.
Venni a sapere anche che era stato colto da infarto ed era stato portato
nell’ospedale civile di Reykjavik, dove era morto. Un anno prima anch’io
ero stato portato in quell’ospedale in seguito a un infarto, ma fortunatamente mi ero ripreso e diversamente da lui ero tornato a casa. In questo
contesto mi furono chiare le sue parole:’Sei stato fortunato!’.”
Scopo e significato delle apparizioni
Il caso sopra riportato suggerisce la domanda del significato delle apparizioni. Nella nostra inchiesta nel 28% dei casi l’apparizione sembrava avere uno scopo ben preciso. Ecco un esempio:
“Avvenne poco tempo dopo la morte di mio padre. Ero a letto e dormivo, ma mi svegliai di colpo con la sensazione che accanto a me ci fosse
qualcosa. Vidi infatti mio padre, lo guardai bene, allungai la mano e lo
toccai. Era come sempre, indossava una camicia azzurra…Scese dal letto e andò nella camera di fronte alla mia, quella che aveva occupato lui.
18 Erlendur Haraldsson
Alla parete era appeso un grande orologio, in passato mi aveva pregato
di darlo a suo nipote a Reykjavik…”
Il padre del percipiante era tornato per ricordare al figlio la sua promessa.
Nei rimanenti casi non abbiamo individuato uno scopo, all’infuori
forse di quello di far capire che “il defunto era presente”, quindi vivo.
Incontri collettivi
Nella metà dei nostri casi (167) all’apparizione era presente una seconda persona. Siamo stati in grado di raccogliere diverse testimonianze. Eccone una:
“Avevo circa 20 anni. A mezzogiorno mio padre e io eravano seduti
in cucina. Io vidi molto chiaramente una donna venire verso di noi; non
dissi niente, ma mi accorsi che anche mio padre la vedeva. Gli chiesi che
cosa vedesse e lui rispose: ‘Di sicuro la stessa cosa che vedi tu’. Poi disse
che conosceva quella donna che era morta qualche tempo prima. Due
o tre ore dopo mio padre, che era pastore, ricevette una telefonata: il
marito della donna che ci era apparsa era morto. Noi l’avevamo vista
nell’ora in cui lui era trapassato”.
Interrogammo il padre della percipiente, che ci confermò il racconto della figlia.
Ecco ora il caso di un giovane che fu visto da più di due persone in
un periodo in cui viveva in una regione lontana. L’apparizione non fu
percepita nello stesso momento e neppure nello stesso luogo:
“Stavo pattinando quando mi sembrò di vedere il mio amico Erik.
Pensai che fosse una cosa senza senso e continuai a fare i miei volteggi.
Poco dopo me lo rividi vicino, e di nuovo pensai che non era possibile,
che era senz’altro un’allucinazione e cercai di pensare ad altro. Provai
un’impressione strana, un po’ comica, mi guardai intorno e vidi il suo
viso. Allora fui certo che Erik era morto. Andai a casa e ne parlai. Naturalmente tutti mi dissero che dicevo delle follie. La mattina dopo arrivò
un telegramma con la notizia della sua morte. Non avevamo il telefono”.
Erik aveva la tubercolosi ed era morto in sanatorio all’età di 16
anni. Quando interrogammo la sorella del percipiente, Thora, lei ricordò che suo fratello era pallido e sconvolto quando era tornato a casa e
aveva raccontato che era venuto Erik e lui l’aveva visto. Thora ci disse
che anche altre persone avevano visto Erik dopo la sua morte, sebbene
mai due persone contemporaneamente. A Thora era capitato questo:
“Avvenne d’inverno. Cercavo di riunire le pecore e di farle entrare nel
fienile, ma non ci riuscivo, loro continuavano ad andare dove volevano.
Vidi allora che Erik era accanto alla porta. Con la mano indicava la di-
Inchiesta sulle apparizioni
19
rezione ovest, dove viveva sua madre. Poi scomparve e io riuscii a far
entrare le pecore. In quell’inverno la madre di Erik morì di tubercolosi”.
Thora era del parere che, indicando la fattoria dove viveva sua madre, Erik avesse voluto mostrare la sua preoccupazione per lo stato di
salute di lei e far capire che sarebbe morta presto, cosa che in effetti
avvenne, anche se non subito.
Un’analisi accurata dei casi ha mostrato che spesso le osservazioni
collettive non avvengono contemporaneamente. Lo dimostra il caso
che segue, riferito da un noto avvocato islandese:
Avvenne subito dopo la fine dei miei studi, Stavo tornando a casa da
una serata di ballo e non avevo bevuto una sola goccia di alcool. Erano circa le quattro del mattino ed era chiaro come d’estate. Sulla mia
strada dalla città verso casa passavo su una collina spoglia di vegetazione quando mi venne incontro una donna un po’ curva, con uno scialle sulla testa. Non le prestai attenzione, ma quando mi fu vicina lei mi
diede il buongiorno. Io non reagii. Subito dopo mi accorsi che la donna
aveva cambiato direzione e mi seguiva a poca distanza. Provai un certo
disagio, trovai strana la cosa. Se mi fermavo, si fermava anche lei. Per
tranquillizzarmi, cominciai a pregare. Quando arrivai nelle vicinanze
della mia casa, lei scomparve. La casa nella quale abitavo confinava con
la clinica psichiatrica dove lavorava mio padre. Andai nella mia stanza, mio fratello Agnar si svegliò e disse tutto assonnato: ‘Che cosa ci fa
qui questa vecchia? Perché l’hai portata con te?’ Gli dissi di non dire
stupidaggini e di rimettersi a dormire, anche se sapevo bene che cosa
intendeva dire. In quel momento io non vidi la donna, ma mio fratello
sembrava vederla. Lasciai la stanza per andare a bere un caffè; quando
tornai Agnar si svegliò di nuovo e chiese: ‘Che cosa fa ancora qui questa
donna?’ Gli dissi di smetterla, non c’era nessuna donna, lui vaneggiava e
doveva rimettersi a dormire. Il giorno dopo a pranzo dissi a mio fratello:
‘Che sciocchezze dicevi stanotte? Continuavi a parlare di una donna nella nostra camera da letto’. ‘Sì’, rispose lui, ‘mi sembrava che una donna
anziana fosse entrata nella nostra camera insieme a te’. Allora nostro
padre prestò attenzione e mi chiese:’Questa notte hai visto qualcosa?’ Io
allora gli raccontai della donna. ‘E’ strano’, osservò lui, ‘stamani alle tre
circa è morta la vecchia Vigga’. La descrizione che gli feci corrispondeva
perfettamente alla persona che mio padre conosceva.”
Interrogammo anche il fratello, che confermò ogni cosa.
Discussione
Che cosa possiamo imparare dalla nostra raccolta di dati sulle apparizioni di defunti? Fino a che punto sono paragonabili ai dati raccolti più
20 Erlendur Haraldsson
di cento anni fa dai grandi ricercatori britannici?
Noi abbiamo raccolto dati che sono molto simili a quelli del lavoro pioneristico britannico – in un altro tempo e in un altro Paese. Ciò
conferma l’analogia generale di simili esperienze al di là dei condizionamenti temporali e spaziali. Le apparizioni collettive e i casi in cui i
percipienti ricevono impressioni corrette su persone che al momento
della percezione sono a loro sconosciute dimostrano che l’opinione
della scienza ufficiale che ritiene che si tratti di “allucinazioni” è attualmente insoddisfacente, così come apparve insoddisfacente ai ricercatori Myers, Podmore, Gurney e Sidwick più di cento anni fa. Noi
riteniamo che questa casistica costituisca una indicazione positiva nel
senso del proseguimento della vita dopo la morte.
Di particolare interesse l’analisi dei casi di apparizioni di persone
morte di morte violenta: chi è morto in questo modo si manifesta sovente anche nei casi di reincarnazione (ricordi spontanei dei bambini)
e attraverso i medium (personalità cosiddette “drop-in”). Sono casi
che rivestono un carattere che può essere definito invasivo anche perché non di rado la persona defunta è sconosciuta al percipiente e assume un ruolo attivo che esclude la partecipazione inconsapevole di chi
percepisce. A mio giudizio è molto importante portare avanti ulteriori
ricerche sia nel campo delle apparizioni che in quello medianico per le
importanti implicazioni relativamente al problema della sopravvivenza alla morte.
(traduzione di P. Giovetti)
Summary
Personal encounters with the dead are reported by 25% of Western European and 30% of Americans. 337 Icelanders reporting such experiences were interviewed at length. They reported sensory experiences (apparitions) of a deceased person, 69% visual, 28% auditory, 13% tactile and 4% olfactory. Fewer
than half of the experiences occurred in twilight or dankness. In half of the cases
the experiencers were actively engaged or working. Very prominent were apparitions of those who died violently; in the majority of the cases the percipient did
not know that the person had died. A fair number of collective experiences were
reported. The author suggests that apparitions may support the hypothesis of
life after death.
Luce e Ombra, vol. 115, fasc. 1, gennaio-marzo 2015
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Pillole di saggezza
Per iniziare bene il 2015, 115° anno di vita della nostra
rivista, eccovi un’antica, sempre nuova parabola proposta da
Roberto Assagioli, il creatore della psicosintesi, e che noi a
nostra volta proponiamo alla riflessione dei nostri lettori:
“Un visitatore entrò nel cantiere dove nel Medioevo si stava
costruendo una cattedrale, incontrò un tagliapietre e gli chiese: ‘Che cosa stai facendo?’ L’altro rispose con malumore: ‘Non
vedi, sto tagliando delle pietre’. Così egli mostrava che considerava quel lavoro increscioso e senza valore.
Il visitatore passò oltre e incontrò un secondo tagliapietre
al quale pose la stessa domanda.
‘Sto guadagnando da vivere per me e la mia famiglia’, rispose l’operaio, mostrando una certa soddisfazione.
L’altro proseguì e trovando un terzo tagliapietre chiese anche a lui cosa stesse facendo. Questi rispose gioiosamente: ‘Sto
costruendo una cattedrale!’ Egli aveva compreso il significato
e lo scopo del suo lavoro, si era reso conto che la sua opera
umile era altrettanto necessaria quanto quella dell’architetto e quindi in un certo senso aveva lo stesso valore della sua.
Perciò eseguiva il suo lavoro volentieri, anzi con entusiasmo”.
Ed ecco il commento di Assagioli: “Ricordiamo l’esempio
di quel saggio operaio, riconosciamo e restiamo sempre consapevoli che per quanto le nostre capacità sembrino limitate
e umili le nostre occupazioni, in realtà siamo particelle della
Vita Universale, partecipiamo allo svolgimento del Piano Cosmico, siamo ‘collaboratori di Dio’. In questo modo potremo
accettare ogni situazione, svolgere ogni compito volonterosamente, con costante buon umore”.
Buon anno nuovo a tutti!
Luce e Ombra
Luce e Ombra, vol. 115, fasc. 1, gennaio-marzo 2015, pagg. 22-37
RICORDANDO DEMOFILO FIDANI
Una medianità eccezionale
Paola Giovetti
Venti anni fa, nel 1994, moriva a Roma, la città dove era nato e sempre
vissuto, Demofilo Fidani, pittore e sceneggiatore, ma soprattutto medium: l’ultimo grande medium a effetti fisici, insieme a Roberto Setti
del Cerchio Firenze 77, mancato prematuramente dieci anni prima.
Dopo di loro, di quel livello non ce ne sono stati più.
Demofilo Fidani era nato nel 1914.
Quando lo conobbi, nel 1981, aveva
67 anni ed era un bel signore alto,
distinto, simpatico, molto brillante e ironico nella sua tipica parlata
romanesca. Io scrivevo allora per La
Domenica del Corriere, lui aveva deciso di rendere finalmente pubblica la sua medianità che fino a quel
momento era nota solo al ristretto
gruppo di amici con i quali da decenni sperimentava, e aveva scelto
me e il mio giornale, che riteneva il
più adatto, per parlare di sé e far conoscere la straordinaria fenomenologia che grazie a lui si produceva.
Fu così che andai a trovarlo, conobDemofilo Fidani
bi lui, sua moglie Mila, i suoi amici:
fui accolta con semplicità e fiducia, come un’amica di vecchia data, e in
casa Fidani mi trovai subito a mio perfetto agio. Grazie alla disponibilità dimostratami, potei raccogliere tante testimonianze e partecipare
a parecchie sedute dove ebbi modo di vedere molte cose. Ne riporto
qui una sintesi, cominciando dal modo insolito in cui Demofilo aveva
preso coscienza della sua medianità.
Ricordando Demofilo Fidani
23
A vent’anni, mi raccontò, aveva cominciato a prendere parte a sedute di carattere familiare organizzate dal suo amico Renato Piergili,
che divenne poi medico. Appassionato di spiritismo e medianità, molto preparato in materia e desideroso di sperimentare in proprio, Piergili aveva infatti invitato un gruppo di amici, tutti giovani sui vent’anni,
a riunirsi periodicamente per tentare di fare delle sedute. All’inizio ottennero raps e movimenti del tavolo, poi gradualmente sempre di più;
Renato preparò un cartellone con le lettere ed ebbero inizio le prime
conversazioni. Si manifestarono le prime “guide”: Beatrice, che disse
di essere stata una concertista di Torino vissuta nella seconda metà
dell’Ottocento, e la sua amica Eleonora che in vita era stata modista. I
dati delle due donne furono controllati e trovati esatti – e questi furono i primi fenomeni importanti ottenuti dal gruppo.
Va detto che fino a questo momento Demofilo Fidani non si era
affatto reso conto di essere lui il responsabile della fenomenologia:
partecipava alle sedute come gli altri, non cadeva in trance, anzi era
piuttosto scettico e critico. Col tempo però aveva cominciato a chiedersi chi poteva essere il medium – perché un medium doveva pur
esserci, e Beatrice indicò proprio lui. Per controllo Demofilo provò a
restare assente dalle sedute e si potè constatare che senza di lui non
succedeva niente.
Va a Renato Piergili il merito di aver saputo condurre Demofilo a
una sempre maggior consapevolezza e a un affinamento graduale delle proprie capacità. Ebbero inizio le scritture automatiche e fu proprio
mentre scriveva che Demofilo cadde per la prima volta in trance. E
per decenni le sedute si sono svolte mentre Demofilo dormiva, e lui si
dispiaceva molto di doversi accontentare di ascoltare le registrazioni
e di vedere gli scritti e gli apporti senza partecipare consapevolmenre
a niente. Qualche anno prima che io lo conoscessi, aveva chiesto alle
sue entità di poter partecipare da sveglio e loro lo avevano accontentato: poco per volta aveva cominciato a svegliarsi per qualche minuto,
poi sempre più a lungo, finchè aveva potuto stare sveglio per tutta la
durata della seduta.
Con la scrittura automatica arrivarono i primi messaggi di notevole
valore etico. Si presentò intanto un altro spirito guida, che fornì molte
prove di identificazione: disse di chiamarsi Gino Becapese e di aver
avuto in vita una piccola legatoria in via del Pantheon. Il negozio non
esisteva più da molti anni, ma un vecchio negoziante della zona affermò di ricordare bene un Gino Becapese che quando lui era ragazzino
aveva una legatoria in quella strada. Dopo trent’anni Gino ha lasciato il
posto a Carlo, che era ancora la guida del gruppo quando io cominciai
a frequentare le sedute di Demofilo.
24 Paola Giovetti
Oltre agli spiriti guida, nel corso delle sedute si sono manifestate
tante altre entità; soprattutto parenti e amici defunti dei presenti, che
si esprimevano per voce diretta o scrittura diretta: fenomeni rarissimi
che ben pochi medium sono stati in grado di produrre.
Assistere a una seduta a voce diretta, una voce cioè che non si manifesta attraverso il medium, ma è indipendente da lui e scaturisce da
diversi punti della stanza prendendo dal medium solo l’energia necessaria a manifestarsi, è un’esperienza particolare ed emozionante. Da
Demofilo ho sentito voci squillanti e voci roche, voci di uomo, donna,
vecchio, bambino, tutte diverse tra loro e molto caratteristiche: voci
che rispondevano alle domande dei presenti, scherzavano, davano consigli, parlavano contemporaneamente a tu per tu con persone diverse,
in colloqui individuali oppure si rivolgevano a tutti i presenti con parole
di valore generale. Carlo addirittura mi concesse un’intervista rispondendo con spirito e disponibilità a tutte le domande che volli porgli.
I discorsi svolti a voce diretta venivano spesso completati e integrati per iscritto: anche in questo caso con una modalità eccezionale, cioè
con la scrittura diretta. L’idea di provare a ottenere questo fenomeno
era stata come sempre di Renato Piergili, che aveva veramente l’animo
del ricercatore. Fin dagli inizi dell’attività egli aveva infatti cominciato
a mettere sui mobili fogli e matite. Per un certo tempo non successe
niente, poi arrivarono dei segni, degli scarabocchi, delle lettere e infine
dei messaggi firmati, vergati con calligrafie diverse tra loro e diverse
da quelle dei presenti. Oltre che in italiano, anche in lingue straniere: inglese, tedesco, latino, francese, una volta anche maltese. Qualche
volta arrivarono anche dei disegni riproducenti i volti delle entità.
Quando cominciai a frequentare Demofilo, la produzione di scritture avveniva in questo modo: un pacco di fogli per macchina da scrivere veniva posto su un tavolino basso che stava in mezzo ai presenti
(Demofilo assisteva sempre in disparte, seduto su un seggiolone appoggiandosi con le braccia a un tavolo che aveva davanti a sè: temeva
sempre di andare inconsapevolmente in trance e non voleva correre il
rischio di cadere).
Accanto ai fogli, alcune penne dipinte con la vernice fosforescente,
in modo da essere ben visibili. A un certo punto della seduta le penne
si muovevano, si alzavano, si sentiva un velocissimo fruscio, lo scorrere rapido sulla carta: questione di pochi secondi, poi le penne ricadevano sui fogli e alla fine delle seduta, quando si riaccendeva la
luce, si trovavano 8-10 fogli riempiti di scrittura: saluti per qualcuno
dei presenti, esortazioni dello spirito guida, messaggi di tipo morale,
comunicazioni personali per un membro del gruppo o anche per una
persona assente.
Ricordando Demofilo Fidani
25
Esempio di scrittura diretta firmata Rudolf Steiner
Sono arrivati anche messaggi firmati da personalità di grande spessore: Carducci, Leopardi, D’Annunzio, Trilussa, Kant e altri. In mia presenza arrivò un messaggio in tedesco firmato “Otto Bartoli”, un medico
svizzero vissuto nel secolo scorso, che interveniva – mi dissero – abbastanza spesso. Tradotto il messaggio era questo:
26 Paola Giovetti
“Osserva bene! Il gallo non inghiotte una sola goccia d’acqua senza
rivolgere lo sguardo al cielo. E la colomba non becca un sol chicco di
grano senza chinarsi verso la polvere in segno di preghiera. Ciò che essi
fanno inconsapevolmente, tu fallo consapevolmente, affinchè non ti debba vergognare davanti a loro!”
Esempio di scrittura diretta in francese
Ricordando Demofilo Fidani
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Nel 1980 fu chiesta alla presunta entità Einstein una definizione
della scienza, e la risposta fu questa:
“Nella mia vita nella materia sono stato come un fanciullo sulla riva
del mare, divertendomi nel trovare di tanto in tanto un sassolino più
liscio e una conchiglia più leggiadra del solito, mentre il grande mare, il
grande, immenso, infinito oceano della verità mi stava ancora inesplorato dinanzi”.
Ritratti di entità, alcuni dei quali riconosciuti
28 Paola Giovetti
Le entità parlavano spesso di Dio, che chiamavano “la Grande Luce”.
A una domanda sulla vita eterna si ottenne questa risposta:
“La vita eterna è la cosa più sublime, più bella che ci possa essere.
Essa non ha alcun riferimento col tempo materiale. E’ un continuo desiderio, una continua tensione dello spirito: un desiderio di amore, per conoscere sempre più e sempre meglio la bellezza impossibile a descriversi
della Grande Luce”.
Messaggio della guida spirituale “Carlo”
Ricordando Demofilo Fidani
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Nelle sedute di Demofilo si producevano anche apporti: per lo più
oggetti provenienti dal mondo della natura: conchiglie, fiori, sassi che
cadevano dall’alto ed erano destinati a qualcuno dei presenti. Per me
ci fu un sasso, che arrivò al buio producendo a mezz’aria un rumore
simile a una fucilata. Lo trovammo sul tavolino al centro della stanza,
profumatissimo: per anni ha conservato quell’aroma.
Le sedute di Demofilo si concludevano sempre con una sua levitazione, che costituiva un fenomeno straordinario e per certi aspetti
anche divertente. Demofilo me lo spiegò così: “Fino a non molto tempo
fa alla fine delle sedute succedevano ancora dei fenomeni: raps, spostamento di sedie e supellettili, sportelli che si aprivano. Tutte cose
inutili, dovute evidentemente alla mia energia medianica ancora in
azione e non sfruttata in modo intelligente. Io allora protestai e chiesi
a Carlo se non fosse possibile un miglior uso di quei residui di energia
medianica. Fui esaudito in una maniera superiore alle mie aspettative.
Da allora infatti ogni mia seduta si conclude con la mia levitazione fino
al soffitto, sedia compresa, e ritorno”.
“Che sensazioni provi mentre vieni sollevato?” gli chiesi.
“Ho sempre un po’ paura, sono emozionato. Sono certo che non mi
succederà mai niente, che loro non mi lasceranno cadere, però non
posso impedirmi di avere timore. E’ una curiosa sensazione sentirsi
sollevare da mani invisibili così in alto…Poi la sedia spesso dondola…
insomma, non vedo l’ora che mi posino per terra!”
Ho assistito alcune volte alle “ascensioni” di Demofilo, che pur avvenendo al buio potevano essere seguite in quanto egli spesso veniva illuminato da luci medianiche; e allora lo si poteva vedere benissimo sollevato a mezz’aria, ricavandone un effetto quantomeno sconcertante!
Che la levitazione avvenisse realmente, anche se non è mai stata
documentata da fotografie, è cosa che nessuno dei partecipanti ha mai
messo in dubbio: la voce di Demofilo, che commentava il fatto con apprensione raccomandandosi di essere riportato giù sano e salvo, veniva chiaramente dall’alto, spesso nello scendere i piedi della sedia o
quelli di Demofilo finivano addosso a qualcuno, lo spiraglio di luce che
penetrava dalla finestra socchiusa consentiva di vedere la sagoma di
Demofilo che veniva portata in alto e poi riportata a terra. In più c’erano le luci medianiche.
Il caso Aldo Giuffrè
A questa rapida carrellata voglio aggiungere la descrizione di un fatto
avvenuto in casa di Demofilo Fidani nel maggio 1982, me presente,
che ha avuto come protagonista il noto attore teatrale e cinematogra-
30 Paola Giovetti
fico Aldo Giuffrè, che gentilmente mi ha autorizzato a pubblicarlo.
Come molti ricorderanno, nell’inverno del 1981 Liana, moglie di
Aldo Giuffrè, era morta in un incidente stradale mentre viaggiava su
una macchina guidata dall’attore Gino Bramieri. Quella morte prematura e improvvisa aveva lasciato Giuffrè inconsolabile e nella sua
ricerca di un possibile contatto con sua moglie si era messo in contatto con me, che poco tempo prima avevo scritto per La Domenica del
Corriere vari articoli su Roberto Setti e il Cerchio Firenze 77, perché
facessi il possibile per farlo partecipare a una seduta. Giuffré e sua moglie credevano in questa fenomenologia e ne avevano anche qualche
esperienza. Telefonai a Luciana Campani, sorella di Roberto, le spiegai
la situazione e Aldo fu invitato. Però nonostante la buona volontà di
tutti non fu possibile arrivare a un incontro per gli impegni teatrali di
Giuffrè. Questo avveniva nella primavera del 1981, da allora non avevo
più avuto sue notizie.
Ed ecco che alla fine di maggio 1982 io partecipo a una seduta di
Demofilo. Come al solito, quando si riaccendono le luci troviamo diversi fogli scritti con calligrafie varie: messaggi rivolti ai presenti o a
persone assenti che tramite i partecipanti avevano rivolto domande
alle entità. Uno di questi fogli tuttavia risultava incomprensibile: iniziava con le parole “Mio caro Aldo” ed era firmato “Liana”.
Solo dopo un pezzo mi resi conto che il messaggio poteva essere
per Aldo Giuffrè. Questo il testo:
“Mio caro Aldo, so che tu cerchi un mezzo di consolazione, ma credimi che nessuno giova ai bisognosi, soprattutto quando uno spirito come
il tuo deve ancora superare uno stadio che poi lo conduce alla rassegnazione. Importante è che tu sappia intanto che io ti sono molto vicina e
soprattutto ti esorto a non abbandonarti dal lato fisico, perché la materia deve fare il suo corso. Sappi, carissimo Aldo, che io non ho sofferto
nulla e non ho alcun risentimento per nessuno. Ti abbraccio forte forte
e mando il mio amore a chi ha ancora un buon ricordo di me. Tua Liana
per sempre”.
Inutile dire che questo messaggio costituì una enorme sorpresa
per tutti. Subito lo comunicai a Giuffrè che lo accolse con gioia e commozione. Poco tempo dopo si incontrò con Demofilo e a breve scadenza partecipò a una seduta insieme a Milena, sorella di Liana. In
quell’occasione arrivò un altro messaggio e addirittura si sentì la voce
di Liana, che esortava a credere nella vita dopo la morte e alla propria
costante vicinanza.
In seguito Aldo Giuffrè mi ha scritto una lunga lettera per parlarmi
delle sue impressioni: ne riporto qualche stralcio:
“La prima cosa che mi è parsa straordinaria è stata la casualità con
Ricordando Demofilo Fidani
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la quale sono venuto in contatto con Demofilo Fidani. Per impegni di
lavoro per un anno non ero riuscito ad andare a Firenze; e quando finalmente libero dal lavoro stavo per contattati di nuovo per chiederti
cosa dovessi fare, tu mi hai telefonato per darmi la notizia sconcertante
e meravigliosa del messaggio di Liana. Quello che mi ha sconvolto è stato questo contatto inaspettato, non cercato in quel momento, e che io
attribuisco alla volontà di Liana di cercare una strada, l’unica forse che
potesse portarmi la sua parola. Evidentemente aveva capito che l’unica
persona che potesse farmi giungere quel messaggio eri tu, con cui avevo
avuto dei contatti…”
Durante la seduta la voce di Liana era stata riconosciuta da Aldo e
dalla sorella. Liana aveva rassicurato i suoi cari della sua condizione,
aveva detto di essere felice e aveva tenuto a “ringraziare Sandra”. Sandra, mi spiegò Aldo, era una signora che dopo la morte di Liana era
entrata in casa Giuffrè per occuparsi dell’andamento domestico e della
figlia ancora ragazzina. “Liana non l’aveva conosciuta, non sapeva neppure della sua esistenza. Anche questo ringraziamento a Sandra mi è
sembrata una cosa straordinaria”, concluse Aldo Giuffrè.
Di episodi di questa qualità è stata costellata l’esperienza medianica di Demofilo Fidani. Di uno dei più eclatanti tratta l’articolo di Silvio
Ravaldini.
Il caso De Boni: verifica grafologica di una
“scrittura diretta” ricevuta durante
una seduta di Demofilo Fidani
Silvio Ravaldini
Nel settembre 1986 moriva a Verona il dottor Gastone De Boni, che
tutti gli aderenti alla Fondazione ben conoscono. Poco tempo dopo sua
figlia Lina partecipò ad alcune sedute di Demofilo Fidani, nel corso
delle quali giunse per scrittura diretta un messaggio di Gastone. Tale
grafia, confrontata con quella autografa, apparve subito sorprendentemente uguale. Ma il nostro giudizio non aveva alcun valore probativo non avendo noi alcuna competenza in grafologia.
32 Silvio Ravaldini
D’accordo con Lina De Boni, decidemmo allora di far esaminare
questa scrittura diretta da esperti qualificati. Inviammo quindi all’Istituto Grafologico Girolamo Moretti di Urbino due campioni di scrittura:
uno, autografo, tolto dal quaderno di appunti del quale Gastone De
Boni si era servito negli ultimi tempi di vita per aggiornare il suo noto
volume L’uomo alla conquista dell’anima; l’altro, la scrittura diretta ottenuta nel corso della seduta del 7 novembre 1986. Il quesito posto
all’Istituto Grafologico, al quale non fu fornita alcuna notizia circa la
provenienza dei reperti inviati, fu questo: “Si desidera sapere se i due
scritti appartengono alla stessa persona”.
Scrittura autografa di Gastone De Boni
Ricordando Demofilo Fidani
33
Scrittura diretta dell’ “Entità” Gastone De Boni
In data 1° marzo 1988 l’Istituto Grafologico rispondeva con la lettera riprodotta qui di seguito, confermando che i due scritti erano
da attribuirsi a una sola persona e chiedendoci alcuni dati aggiuntivi
qualora avessimo desiderato una relazione motivata. Trasmettemmo
le notizie richieste, specificando che si trattava di un uomo affetto da
morbo di Parkinson (i disturbi psicomotori erano per altro già stati
rilevati dal grafologo), che il primo scritto, quello su carta rigata, era
stato eseguito dal soggetto all’età di 76 anni (quando De Boni stava aggiornando il suo libro), mentre l’altro, quello su carta bianca, era stato
eseguito all’età di 78 anni (De Boni morì a 78 anni e la sua scrittura
diretta era stata ottenuta 45 giorni dopo il decesso). Dell’ultimo scritto
si tacque ancora la provenienza.
34 Silvio Ravaldini
Riproduciamo le due lettere dell’Istituto Moretti, con parere peritale che conferma che i due scritti provengono da unica mano.
I° Lettera dell’ Istituto Grafologico Moretti 1/3/88
Ricordando Demofilo Fidani
35
36 Silvio Ravaldini
Parere peritale dell’Istituto Grafologico Moretti, 17/3/1988
Ricordando Demofilo Fidani
37
Di fronte a un fenomeno che ha riscontri oggettivi più unici che rari,
ci si può chiedere come esso si produca; si potrebbe infatti pensare
anche a un falso perpetrato da un medium o da qualcuno d’accordo
con lui. Ma la relazione peritale sotto riprodotta afferma chiaramente il contrario. Poiché il soggetto era affetto da morbo di Parkinson,
il grafologo specifica che “va escluso un imitatore non affetto da tale
morbo”. Inoltre la relazione si sofferma sulle caratteristiche delle due
scritture, che si presentavano analoghe, in particolare per quanto riguardava la “pressione” e i “gesti fuggitivi”, aggiungendo: “sono questi
ultimi dei gesti cui nessun imitatore avrebbe pensato perché era più
semplice costruire una lettera che, pur fatta con stentatezza, fosse stata
ben leggibile nella sua conformazione calligrafica”. La perizia del grafologo termina con le parole:
“Sulla base di tutti questi rilievi tra loro solidali si deve concludere
con certezza per l’analogia, cioè che i due scritti appartengono a una
stessa persona”.
In altre parole: la relazione peritale eseguita dall’Istituto Grafologico Moretti ci fornisce la conferma della sopravvivenza della personalità “Gastone De Boni” al processo trasformativo della morte.
Summary
The article describes the exceptional phenomena of the medium Demofilo Fidani of Rom (1914-1994). He started his mediumship when he was 20, developing gradually incredible capacities: lights, apports, materializations, direct
writing, direct voices, levitation of objects and of the medium himself. The author could be present in several séances and ask many persons, who were present for years and years. Demofilo séances were privat for many decades because
they were not compatible with his job. Only when Demofilo retired it as possible
for him to let know what happened in his house.
During a séance Lina, the daughter of De Boni received a message signed Gastone De Boni, her father, previous director of Luce e Ombra, who deceased one
month before (September 1986). In order to obtein a proof of identification, Silvio Ravaldini sent the message to the Italian Graphological Institute G. Moretti
(Urbino) together with one page of the note-book De Boni was using when alive.
The writing of De Boni was very particular because he was affected by the Parkinson desease. After examination of the two samples, the Institute confirmed
that they were written by the same person.
Luce e Ombra, vol. 115, fasc. 1, gennaio-marzo 2015, pagg. 38-40
Affinchè non succeda mai più
Paola Giovetti
Maria Grazia Piccinini, avvocato a Lanciano, è una donna determinata e coraggiosa
che ha sofferto il più grande dolore che una
madre possa provare: il 6 aprile 2009, nel
terremoto de L’ Aquila, ha perso la figlia
Ilaria.
Ilaria Rambaldi aveva 25 anni ed era
laureanda in ingegneria civile-architettura.
Morì insieme al fidanzato nel crollo del palazzo di sei piani nel quale abitava: unica
Ilaria Rambaldi
casa moderna, apparentemente molto bella, a crollare. Sono crollati palazzi antichi in quel terremoto, spiega la
mamma Maria Grazia Piccinini, le case moderne hanno avuto lesioni
ma non ci sono stati morti. Invece il condominio dove hanno perso la
vita Ilaria e tanti altri studenti è crollato totalmente, ridotto a un mucchio di macerie. Perché?
“Perché hanno costruito dove non si doveva costruire”, è la risposta. “Il sottosuolo è carsico, ci sono caverne di oltre 8 metri riempite
di terreno da riporto. In città lo si sapeva, tant’è vero che quella zona
è denominata ‘le grotte’. Quello italiano è un territorio sismico, esclusa la Sardegna e parte del Salento: infatti ogni 5/6 anni abbiamo un
terremoto. Ci sono state incuria e negligenza, è stato sottovalutato il
rischio. Da tempo c’erano ogni giorno scosse che impaurivano, ma la
Commissione Grandi Rischi rassicurava, diceva che a L’ Aquila bisognava imparare a convivere con quelle scosse… E così i ragazzi sono
rimasti: sono morti 55 studenti universitari che studiavano la Domenica delle Palme, studiavano seriamente, non erano andati a casa. Fu
mio marito, che è comandante dei vigili del fuoco, a tirar fuori nostra
figlia dalle macerie, dopo 36 ore di ricerca…”
Maria Grazia Piccinini racconta anche che Ilaria aveva una sorta di
Affinchè non succeda mai più
39
oscuro presagio di quello che poi è successo: “Fin dall’agosto precedente aveva ansia, angoscia, piangeva senza sapere perché. Stava preparando la tesi, io volevo organizzarle la festa di laurea, ma lei diceva
di lasciar stare, ripeteva che neppure sapeva se alla laurea ci sarebbe
arrivata. Non voleva fare progetti di lavoro… Secondo me aveva percezioni vaghe di ciò che doveva succedere”.
L’ Aquila, casa dello studente
Dopo la morte di Ilaria, Maria Grazia Piccinini non si è fermata un
momento: “Subito ho voluto fare qualcosa perché le cose cambino. Ho
creato una Associazione intitolata a mia figlia che porta avanti questo
discorso. Ogni anno diamo premi per urbanistica, ingegneria, giornalismo, musica composta in memoria delle vittime del terremoto: vogliamo che la gente si renda conto. Siamo un paese a grande rischio sismico, ma facciamo ben poco per la sicurezza. Non dobbiamo snaturare il territorio, non dobbiamo costruire in luoghi a rischio, dobbiamo
fare prevenzione. L’ Associazione è basata sul volontariato, mettiamo
la nostra esperienza a disposizione dell’Ordine degli Architetti, degli
Ingegneri. E’ una lotta dura perché nessuno vuole investire in prevenzione. Renzi è stato il primo a dire che bisogna mettere in sicurezza
le scuole, l’idea è veramente apprezzabile, speriamo che divenga un
normale modo di vivere…”
Poi Maria Grazia Piccinini aggiunge: “Mi pare di lavorare in tandem
con Ilaria, sento il suo sostegno, quando non sono decisa in una cosa
attendo, e sento una guida, non può essere altro che lei!”
40 Paola Giovetti
Questa mamma razionale e concreta, di grande sensibilità, non ha
infatti mai pensato di aver perduto la figlia per sempre, ma ha cominciato subito a cercarla: “Volevo parlare con lei, fui indirizzata al Movimento della Speranza e lì ho conosciuto chi mi ha insegnato a registrare le voci. All’inizio non riuscivo, è stato difficile, ma poi ce l’ho fatta:
per raggiungere mia figlia avrei sperimentato qualsiasi cosa – purchè
onesta e corretta! Qualche volta ho anche scritto messaggi con la scrittura automatica, però non so se venga da lei o da me, visto che siamo
molto simili, e così ho preferito la psicofonia che è più oggettiva e non
consente dubbi. Ilaria in vita era molto generosa, aiutava tutti, a scuola
passava i compiti, non lasciava nessuno solo, e secondo me ha continuato anche dopo. L’Associazione, che ora è una Fondazione, penso che
l’abbia suggerita, o almeno appoggiata, lei; mi si aprono tante porte
che sembravano chiuse, si creano da sole tante opportunità, incontro
quasi per caso persone che impensabilmente aiutano…”
Poi questa mamma coraggiosa conclude: “Nonostante tutto mi sento fortunata: ho avuto una figlia che non è da tutti avere. Lei è andata
via, ma io ho trovato il modo di trasformare la tragedia in qualcosa di
positivo. Ho capacità e professionalità che hanno consentito al seme
di germogliare, e voglio mettere tutto ciò a disposizione di altri per
evitare che simili cose avvengano ancora”.
Per saperne di più: www.ilariarambaldionlus.it
Summary
Maria Grazia Piccinini, lawyer, lost her young daughter Ilaria in the terrible
heartquake of L’Aquila (April 2009). Ilaria died together with her partner and
many other students in the falling down of the modern palace she was living in.
Reason of the ruin: the palace was built in the wrong place and in the wrong
way. Her mother is now fighting with all her energy in order to catch the attention of the public opinion for the problem of prevention. She is sure to be in touch
with her deceased daughter, who – she firmly believes – helps her in this mission.
A tutti i lettori
Vi invitiamo a volerci cortesemente inviare
il vostro indirizzo di posta elettronica per una
migliore possibilità di contatto e collaborazione.
Grazie!
[email protected]
Luce e Ombra, vol. 115, fasc. 1, gennaio-marzo 2015, pagg. 41-48
Perch
L’ Angelo del dolore
Il dolore e la compassione
Sergio Antonio Laghi
La Compassione è “la Legge delle Leggi, Armonia Eterna, un’Essenza
Universale sconfinata, Luce della Giustizia perenne, congruenza di tutte
le cose, la legge dell’Amore Eterno”
H. P. Blavatsky (La voce del silenzio)
La compassione è un sentimento molto più profondo e nobile della
commiserazione.
La commiserazione ha le sue radici nella paura, nel timore cioè che
la stessa sventura che ha colpito un altro e alla quale stiamo assistendo, possa capitare a noi; spesso inoltre si accompagna a un senso di
condiscendenza.
42 Sergio Antonio Laghi
E’ stato giustamente detto che quando la nostra paura entra in contatto col dolore di qualcuno, diventa commiserazione, mentre quando
è il nostro amore a incontrare il dolore di qualcuno, diventa compassione.
La pratica della compassione comporta la consapevolezza che tutti gli esseri viventi, in base alla comune appartenenza all’albero della
vita sia pure in grado e in modo diverso, hanno una loro dignità che
va rispettata; tutti, sia pure in modo e in grado diverso, sentono e
soffrono e la loro sofferenza, spesso causata dalla crudeltà, dall’insensibilità e dall’ignoranza dell’Homo Sapiens Sapiens, va condivisa
e alleviata.
Angel of Grief, “L’Angelo del Dolore”, è una stupenda opera in marmo e pietra creata dallo scultore americano William Welmore Story
nato nel Massachussetts nel 1819, e trasferito in Italia nel 1848. Il
monumento funebre eretto in memoria della moglie Evelyn si trova
nel Cimitero Inglese di Roma.
Lo scultore lo terminò poco prima di morire. Lì è sepolto insieme
alla moglie e al piccolo figlio Joseph.
La scultura di Welmore offre una immagine di straziante umanità.
Un Angelo piangente in preda allo sconforto, al dolore più profondo
e senza speranza, si accascia su una tomba, un Angelo che evidentemente ha abdicato alla sua origine e alla sua funzione. Le sue ali, un
tempo levate verso l’alto, sono ora inerti e addossate al corpo.
“L’angelo - così lo descrive un critico d’arte - è inginocchiato davanti a un piedistallo, con la testa appoggiata sul suo braccio, mentre piange con il volto nascosto. La sua mano penzola impotente oltre il fronte
del piedistallo, e la curvatura delle dita così ben dettagliata conferisce
un’incredibile sensazione di tristezza e di vuoto all’intera parte frontale
della scultura. Alcuni fiori di pietra sono sparsi alla base del piedistallo,
come se l’angelo li avesse fatti cadere attanagliato dal dolore in un momento di sconforto. Anche le ali, che normalmente si ergerebbero alte,
diritte e fiere, sono tristemente curve e piene di grazia sulla schiena
dell’angelo, dando l’impressione che abbia perso la speranza. Il corpo
si è come abbandonato totalmente al suo dolore e la sensazione che
trasmette l’opera è di straziante umanità.”
Un angelo è un Essere puramente spirituale, un araldo dell’Altissimo, un messaggero dell’inconscio, portatore di un messaggio transpersonale, latore di una realtà che viene da un altro piano di coscienza, è un portatore di luce. Vederlo piangere è una cosa che desta una
emozione profonda e un senso di disagio.
L’ Angelo del dolore
43
Un angelo che piange e si addolora è un Angelo che ha scelto di
rinunciare alla sua natura angelica per divenire un essere umano - e
come tale non è più un angelo. Certe caratteristiche degli umani come
la compassione non sono proprie degli angeli.
Gesù piange davanti al sepolcro dell’amico Lazzaro, versa lacrime
di sangue nell’orto di Getsemani in preda a una angoscia mortale e,
sulla croce, esprime compassione per chi lo sta crocifiggendo. Ma
Gesù non è un essere totalmente spirituale ne’ un Dio mascherato da
uomo, è l’Uomo per eccellenza con tutti i sentimenti e il dolore di un
Uomo seppure nello stesso tempo in identità profonda con la Radice
Eterna.
Che cosa può fare piangere un Angelo? La scomparsa della persona amata, dopo una vita trascorsa insieme nella gioia e nel dolore?
Il dolore di un bambino piccolo che assiste ai funerali di sua madre?
Il suicidio di una povera creatura? Una madre che vede morire suo
figlio, mentre gli altri bambini giocano? Un pulcino neonato che viene gettato vivo nel tritacarne? La vista di un povero rospo mutilato e
martirizzato da un gruppo di monelli?
La scoperta dei neuroni specchio, le cellule nervose specializzate
che ci permettono di sentire come nostri i dolori e le gioie degli altri,
è la conferma tangibile della profonda verità contenuta nelle antiche
parole “ut unum sint” e “ta tvam asi”.
Non credo, come affermano i cosidetti “ riduttivisti dall’alto”, che
la virtù universale e altissima della compassione si possa ridurre alla
presenza di queste cellule nervose, credo al contrario che la Compassione universale si serva di queste strutture nervose per potere essere percepita dalla creatura umana.
Credo con Platone che ogni cosa abbia una radice in cielo; in altre
parole, credo che una funzione inferiore sussista onde vi possa essere
un significato superiore e non viceversa come invece affermano i moderni assertori del riduzionismo ontologico.
Mi è piaciuto associare l’immagine di questa splendida scultura
dell’Angelo piangente con tutti i sentimenti che essa inspira a due famose poesie purtroppo ormai dimenticate, e a me care fino dagli anni
dell’infanzia e della giovinezza: “La Priere” di Francis Jammes (18681938) messa in musica da George Brassen e “Le Crapaud” (Il Rospo)
di Victor Hugo.
Entrambe hanno sempre suscitato in me sentimenti di commozione profonda. Sono immagini che attivano i nostri neuroni specchio e
ci rendono migliori nella comprensione e compassione per il prossimo, per qualsiasi essere vivente che soffre o che gioisce.
44 Sergio Antonio Laghi
La Priere
Per il bambino che muore accanto a sua madre
mentre degli altri bambini si divertono in giardino;
e per l’uccello ferito che non sa come mai
la sua ala, all’improvviso, s’insanguina, e scende giù.
Per la fame e la sete, per il delirio ardente:
ti saluto, Maria.
Per i ragazzi picchiati dall’ubriaco che torna a casa,
per l’asino preso a calci nella pancia,
per l’umiliazione dell’innocente punito,
per la vergine venduta e che è stata spogliata:
ti saluto, Maria.
Per il mendicante che mai ha avuto altra corona
che il volo dei calabroni, amici dei gialli frutteti,
ed altro scettro che un bastone per scacciare i cani;
per il poeta a cui sanguina la fronte cinta
dalle spine dei desideri che non ha mai raggiunto:
ti saluto, Maria.
Per la vecchia che, traballando sotto troppo peso
grida, “Mio Dio!”, per lo sventurato le cui braccia
non han potuto appoggiarsi ad un amore umano
come Gesù crocifisso a Simone Cireneo;
per il cavallo schiacciato dal carro che tirava:
ti saluto, Maria.
Per i quattro orizzonti che crocifiggono il mondo,
per tutti coloro cui la carne si strappa e soccombe,
per chi è senza piedi, per chi è senza mani,
e per il giusto tacciato d’essere assassino:
ti saluto, Maria.
Per la madre cui han detto che suo figlio é guarito,
per l’uccello che soccorre l’uccello caduto dal nido,
per l’erba assetata che beve acqua di mare,
per il bacio perduto, per l’amore ricambiato
per il mendicante
che ritrova la sua moneta:
ti saluto, Maria
L’ Angelo del dolore
45
Alle immagini che Francis Jammes evocò più di un secolo fa io
vorrei raccomandare alla Madre Eterna anche le vittime, per lo più
ignorate, della crudeltà e insensibilità dell’uomo attuale. Innanzitutto
i suicidi, gli esseri più disperati, i più bisognosi della carezza e del sorriso di Dio che la splendida “preghiera in gennaio” di Fabrizio De Andrè meglio non poteva rappresentare (e che non sono ricordati nella
“Priere” forse a causa del cattolicesimo in realtà molto dogmatico di
Francis Jammes); e poi i feti fatti a pezzi, i bambini seviziati da adulti
sadici depravati e feroci, o barbaramente uccisi dagli stessi genitori
impazziti, i piccoli dimenticati in un’auto dai genitori e deceduti per
il calore.
E vorrei rammentare alla Madre Dolorosa gli orrori degli allevamenti intensivi dove i pulcini neonati scartati vengono gettati vivi nel
tritacarne o chiusi in un sacco e arsi vivi e dove le oche e le anatre
vengono ingozzate a forza e gli agnelli appesi a un uncino e sgozzati davanti agli occhi atterriti degli infelici compagni di sventura. E le
grida strazianti dei maiali al macello e il doloroso muggito dei vitelli
trascinati al supplizio e i cuccioli di foca massacrati brutalmente.
Le Crapaud, “Il rospo”, è una splendida toccante poesia di Victor
Hugo che mio padre mi leggeva nella traduzione di Giovanni Pascoli, durante l’infanzia. E’ un brano ispirato a un profondissimo senso
di umanità e che dato l’alto valore educativo dovrebbe essere letto e
commentato nelle scuole. Ne esiste una splendida traduzione moderna a firma Barbara X che invito a leggere e meditare.
Questo il fatto descritto da Victor Hugo: un rospo, la cui unica colpa è la sua cosidetta bruttezza,viene ferito dai passanti e poi preso di
mira, dileggiato e torturato da una banda di ragazzi i quali, al culmine
del loro crudele e insensato divertimento, decidono la sua sorte: finirà sotto un carro che sta sopraggiungendo trainato da un asino.
Ma l’asino, creatura malridotta e sventurata come il rospo, impartisce loro una ineffabile lezione: con un supremo sforzo, sotto i colpi
di frusta , riesce a deviare la traiettoria della ruota, e a salvare così la
vita al rospo. Questo gesto, con la potenza di un fulmine, fa breccia nel
cuore dei ragazzi: dal cielo, dall’alto o forse dal profondo della loro
interiorità, si ode allora una Voce che invita tutti ad essere buoni. Questo è il messaggio della poesia. Profonde e toccanti sono le parole con
cui il Poeta conclude la sua storia:
Oh, quale ineffabile spettacolo! L’ombra misericordiosa,
l’anima costretta al buio soccorre l’anima nelle tenebre,
l’idiota, mosso a compassione, si curva sull’essere ripugnante,
il buon dannato dà speranza a chi è stato accusato di malvagità!
46 Sergio Antonio Laghi
L’animale che si eleva, mentre l’uomo indietreggia!
Nell’irreale serenità del pallido crepuscolo,
l’orrenda bestia meditò per un istante e scoprì d’esser parte
di quella misteriosa e profonda dolcezza;
bastò che un lampo di grazia splendesse nel suo essere
per renderla del tutto simile a una stella eterna.
L’asino che era rientrato la sera, sovraccarico, distrutto,
morente, e sentiva sanguinare i suoi poveri zoccoli consunti,
aveva fatto qualche passo in più, aveva scartato e deviato
per non schiacciare un rospo nel fango.
Quest’asino meschino, sudicio, straziato dai colpi di bastone,
ha mostrato d’esser più nobile di Socrate e più grande di Platone.
Che vai cercando, filosofo? Oh, pensatore, stai elucubrando?
Volete forse trovare la verità fra queste nebbie maledette?
E allora credete, piangete, immergetevi nell’insondabile amore!
Chi è buono vede chiaro quando giunge all’oscuro bivio;
chi è buono dimora in un angolo di cielo. Oh, saggio,
la bontà che rischiara il volto del mondo,
la bontà, questo sguardo ingenuo del mattino,
la bontà, limpido raggio di sole che scalda l’ignoto,
l’istinto che, nella tenebra e nella sofferenza, ama,
è quel legame ineffabile e supremo
che equipara nell’ombra – ahimè, spesso così lugubre! Il grande innocente, l’Asino, a Dio il grande sapiente”
La compassione è l’Amore stesso di Dio che tocca il cuore degli uomini e si diffonde tramite questi ultimi, come un balsamo, a tutti gli
esseri viventi.
“L’amore per il prossimo- scriveva Simon Weil- è l’amore che scende
da Dio verso l’uomo. E’ anteriore a quello che sale dall’uomo verso Dio.
Dio è ansioso di scendere verso gli sventurati. Non appena un’anima, fosse anche l’ultima, la più miserabile, la più deforme è disposta
ad acconsentire, Dio si precipita in lei per poter guardare ed ascoltare
gli sventurati tramite suo. Solo col tempo l’anima si accorge di questa
presenza. Ma anche se non trovasse la parola per esprimerla, Dio è presente dovunque gli sventurati sono amati per se stessi”.
La compassione non è un istinto solidaristico di specie come quello
delle formiche o delle api, e neppure è una convenzione di categoria
come avviene tra gli aderenti a un partito o a una consorteria; essa è
la più alta delle virtù e come tutte le virtù è un istinto illuminato dalla
consapevolezza.
L’ Angelo del dolore
47
Ogni uomo compassionevole sente profondamente nel suo intimo
che ogni essere vivente ha diritto al rispetto della propria dignità.
L’uomo che, almeno sul nostro pianeta, sembra possedere il grado
più alto di intelletto, ha il sacrosanto dovere di proteggere e custodire
gli esseri viventi e di salvaguardarne la dignità. Siamo purtroppo ancora dominati dalla visione antropocentrica dell’uomo dominatore e
sfruttatore che attualmente impera nel nostro pianeta. La responsabilità dell’uomo in questo campo è enorme: egli ha il dovere di rispettare e di fare funzionare il disegno della Creazione.
Mi convincono molto di più certi appassionati interventi in difesa
delle creature chiuse nei lager degli allevamenti industriali, da parte
di persone che paradossalmente amano definirsi atee o agnostiche,
piuttosto che non le tiepide affermazioni di certi illustri porporati che
affermano con assoluta certezza che agli animali è preclusa l’eternità.
“Dio dorme nelle pietre, sogna nelle piante, si sveglia negli animali e
si contempla nell’uomo”, dice un detto orientale.
“La natura geme e soffre nelle doglie del parto” in attesa di essere
“liberata dalla schiavitù della corruzione per entrare nella libertà della
gloria dei figli di Dio”, afferma S.Paolo.
“Tutta la creazione è una realtà sponsale, in relazione con un Dio
sposo innamorato delle sue creature che vuole rendere partecipi del suo
amore in stretta comunione e alleanza”, precisa Madre Maria Fiamma
Maddalena Faberi in un suo splendida e lucida riflessione sul significato della sponsalità.
All’uomo dunque, e solo all’uomo, viene affidato il compito di salvaguardare tutte le creature in cui è presente sia pure in modo e in
grado diverso, l’Unico Olografico, ”Colui che ha mille nomi e non ne ha
nessuno”. Praticare la compassione non è solo sentire e condividere
interiormente il dolore degli altri, ma operare attivamente contro l’ignoranza, la crudeltà e la superbia di chi cerca di trasformare la terra
in un inferno.
Il Cristo non ha mani - dice un’antica preghiera del 14°secolo - ha
solo le nostre mani per fare il suo lavoro oggi.
Il Cristo non ha piedi, ha solo i nostri piedi per guidare l’uomo sui
suoi sentieri.
Il Cristo non ha labbra, ha solo le nostre labbra per raccontare di sé
agli uomini di oggi.
Noi siamo l’unica Bibbia che i popoli leggono ancora, siamo l’unico
messaggio di Dio scritto in opere e in parole.”
48 Sergio Antonio Laghi
Summary
The image of a big angel who cries in the grip of deep pain, abandoned on a
tomb, arouses a series of reflections in the human soul and brings back to memory poems and prayers from an almost forgotten past. What brings a creature
of light to share the pain of human beings if not compassion? This universal empathy is Love itself, which touches the human heart and spreads via the human
heart to all living beings.
Il pittore
medianico
brasiliano
Florencio
alla Fondazione
Nel pomeriggio del
22 gennaio il pittore
brasiliano Florenzio è
stato ospite della Biblioteca/Fondazione Bozzano-De Boni
dove ha tenuto una
seduta di pittura in trance: nel corso di meno di due ore ha dipinto
9 quadri di grande formato, lavorando per lo più direttamente con
le dita: quadri a firma Renoir, Monet, Van Gogh, Gauguin e altri (un
dolente e commovente volto di Cristo addirittura a firma Rembrandt), nello stile tipico dei rispettivi “autori”. Al risveglio dalla trance Florencio non ha nessuna memoria di quello che è avvenuto e i
quadri devono essergli mostrati perché ne prenda notizia. I quadri
vengono in genere venduti tra il pubblico presente e il ricavato va a
beneficio dei bambini delle favelas che Florencio sostiene nella sua
città Salvador de Bahia. Florencio ha 41 anni, svolge l’attività di medium da quando ne aveva sedici ed è docente di pedagogia presso
l’università della sua città.
Nel prossimo numero di “Luce e Ombra” riferiremo più dettagliatamente sulla seduta riportando anche le fotografie dei quadri realizzati nell’occasione.
Luce e Ombra, vol. 115, fasc. 1, gennaio-marzo 2015, pagg. 49-73
LUOGHI DI FORZA
Sabato 8 novembre presso la Fondazione/Biblioteca Bozzano De Boni
si è svolta una Giornata di studio sul tema “Luoghi di forza”. Riportiamo
qui di seguito alcuni degli interventi svolti in quell’occasione.
L’energia del luogo
Paola Giovetti
I cosiddetti “luoghi di forza” sono zone cariche di particolare energia,
che gli antichi ben conoscevano, tant’è vero che le scelsero per erigere monumenti e santuari destinati a imbrigliare e sfruttare al massimo le benefiche radiazioni terrestri e a mitigare gli aspetti negativi.
Oggi questa antica sapienza è stata in gran parte dimenticata, però
probabilmente ognuno di noi ne ha fatto, senza saperlo, esperienza.
Chi per esempio – per non citarne che alcuni - ha visitato luoghi come
Stonehenge, la Grande Piramide, Delfi, Olimpia, Paestum, l’abbazia di
Glastonbury in Inghilterra, la cattedrale di Santiago di Compostela in
Spagna o quella di Chartres in Francia, ha certamente percepito la forza, la pace e l’armonia che queste località emanano, e le avrà attribuite
alla bellezza della natura del luogo e dell’edificio. Il che è senz’altro
vero, ma c’è qualcosa di più: l’energia del luogo.
Gli antichi parlavano di genius loci, con cui intendevano l’essenza,
l’anima, la forza del luogo: una forza percepibile al punto da indurli a
interpretarla come una divinità, personificazione degli elementi naturali - monte, pianura, fonte o fiume che fosse. E sapevano costruire in
modo che la struttura dell’edificio fosse in armonia con la natura circostante e creasse con essa un unicum: si pensi al tempio greco e alla
sua sempre armoniosa collocazione.
Da dove viene questa energia? La terra non è un organismo inerte
e neutro, ma una creatura vivente, dove tutto è collegato e interagisce.
E come il corpo umano è percorso dal sistema arterioso e nervoso,
così la terra è percorsa e irrorata da un sistema di acque sotterranee
e correnti magnetiche che emanano vibrazioni. Tale situazione può
produrre risultati diversi, creando luoghi “positivi” (si parla allora di
50 Paola Giovetti
luoghi “alti” di energia, come quelli sopra citati) e luoghi “negativi”:
luoghi cioè che donano energia e benessere, e luoghi che succhiano
energia e addirittura possono provocare malattie - le cosìddette zone
geopatogene.
In questa sede ci occuperemo dei luoghi positivi. Per individuarli
si ricorre oggi a sofisticati sistemi di misurazione, ma gli antichi sapevano bene come riconoscerli; sapevano anche fino a che punto tale
riconoscimento fosse importante e, per esempio, prima di costruire
una città o anche un edificio pubblico recintavano lo spazio prescelto
e vi facevano pascolare un gregge. Dopo un anno studiavano il fegato
delle pecore, il cui stato di salute indicava se il luogo era idoneo per
costruire oppure no.
Il comportamento degli animali è molto significativo al riguardo.
Mucche, cavalli, capre, polli evitano i luoghi perturbati e, se costretti a
viverci, si ammalano: nelle nostre stalle capitava non di rado di vedere
una posta lasciata vuota in quanto il contadino sapeva per esperienza
che gli animali collocati lì si ammalavano. Cicogne e colombe evitano
di costruirsi il nido su punti che succhiano energia: di qui la voce popolare che attribuisce fortuna e prosperità alla casa sulla quale esse
nidificano. Anche le piante possono fungere da indicatori: infatti, se
collocate in zone perturbate, crescono male, il tronco si contorce, non
danno frutti, e addirittura si ammalano producendo a volte escrescenze che sono veri e propri tumori.
Nell’antichità le zone di energia positiva sono state utilizzate per
erigervi luoghi di culto, su cui successivamente sono state edificate
chiese e cappelle cristiane. Particolari vibrazioni energetiche sono
presenti nei luoghi dove si sono manifestate entità superiori (apparizioni della Vergine o di angeli), dove sono vissute personalità straordinarie come San Francesco o Padre Pio, dove sono custodite e venerate
reliquie di santi, i luoghi di pellegrinaggio dove le preghiere degli uomini hanno lasciato nel tempo una traccia invisibile ma intensa: valga
per tutto l’esempio del camino di Santiago, percorso per secoli da innumerevoli pellegrini.
Maestri nell’individuare i luoghi positivi sono stati i cinesi, che
idearono il Feng Shui, l’antica arte che in Cina è tuttora alla base del
rapporto uomo-natura. Il Feng Shui individua le correnti nascoste di
energia che percorrono la terra, allo stesso modo in cui i meridiani
dell’agopuntura percorrono il corpo umano, insegna a vivere in armonia con l’ambiente e a trarre il massimo beneficio dall’essere nel posto
giusto al momento giusto. Anche per noi occidentali, nonostante gli
abusi perpetrati negli ultimi decenni ai danni della natura e dell’ambiente, le cose stanno gradualmente cambiando. Cambia soprattutto la
Luoghi di forza
51
coscienza del singolo e poco per volta, silenziosamente, sta nascendo
una nuova scienza, la geobiologia, che dalla dottoressa Blanche Merzt,
ingegnere, pioniere in questo campo, è stata descritta come una disciplina “che studia il rapporto tra l’uomo, il suo benessere e la sua salute
e il luogo in cui vive, e insegna a vivere in armonia col mondo circostante, con l’universo, la terra, gli animali e le piante”. Praticata e divulgata soprattutto nei paesi anglosassoni, in questo inizio di millennio la
geobiologia si sta diffondendo anche in altri paesi, coinvolgendo molte
discipline: geologia, architettura, fisica, medicina, radiestesia, archeologia, arte, storia, religione.
Come si fa a individuare e misurare l’energia del luogo? Lo strumento migliore è e resterà sempre l’uomo, che armato di pendolo o
bacchetta rabdomantica reagisce agli stimoli dell’ambiente. Esistono
poi altri strumenti di misurazione: il contatore Geiger per registrare
la radioattività locale, il geomagnetometro per misurare le anomalie
del campo magnetico terrestre statico, il rayometer per la misurazione dell’energia in Hz e l’individuazione delle zone geopatogene, e il
biometer per misurare l’intensità dell’energia del luogo. Quest’ultimo
strumento, ideato dal fisico francese Alfred Bovis (1871-1947), ha una
scala media che va da 0 a 10.000 unità Bovis. Il valore medio neutrale
è 6500 unità; al di sotto di questo il luogo sottrae energia all’uomo, al
di sopra lo carica fisicamente. Un luogo con 7000-9000 unità Bovis è
considerato ottimale per l’uomo; oltre i 9000 il carico può risultare
eccessivo per chi vi soggiorna costantemente ; 10.000 unità portano
verso una coscienza superiore. La dottoressa Mertz ha misurato luoghi con 18.000 unità Bovis e anche più, specie luoghi sacri, traendone
la conclusione che la scelta di quel sito non poteva essere casuale. Tali
valori, dice, avvicinano alla sfera spirituale.
Facciamo ora un viaggio virtuale tra alcune delle località più celebri
del mondo, nelle quali sono stati riscontrati valori altissimi.
Mitreo di San Clemente, Roma. Perfetto esempio di sovrapposizione
di luoghi di culto di diversa tradizione nello stesso sito. Sotto all’attuale basilica ne fu scoperta un’altra protocristiana e più sotto ancora, a
un terzo livello, i locali dedicati al culto misterico, iniziatico, del dio
persiano Mitra: il mitreo, appunto, a forma di grotta, uno dei più belli
e meglio conservati che si conoscano. Al centro, su un cippo, è rappresentato il dio Mitra che uccide il terribile toro creato dal dio del male.
La volta è trapunta di fori che rappresentano le stelle, dai quali passava la luce del sole o della luna. Mitra era considerato il dio del cielo ed
era quindi una figura legata all’oltretomba e alla salvezza delle anime
dopo la morte.
52 Paola Giovetti
Il mitreo di San Clemente a Roma
Stonehenge (Inghilterra). Costruzione megalitica a pietre infisse, tipica della fine del neolitico e della prima età del ferro. Le misurazioni
col Carbonio 14 lo fanno risalire al 2800 a.C. Il grande cerchio di pietra di erge ancora oggi in tutta la sua maestà: nonostante gli insulti
del tempo e le massicce asportazioni di materiale avvenute nei secoli,
l’imponenza del monumento è straordinaria. Gli enormi massi, le “pietre blu”, vengono dai monti Presuli, che si trovano nel Galles a 360 km
di distanza. Si ritiene che Stonehenge fosse un sofisticato osservatorio
astronomico, testimonianza dell’antico rapporto tra l’uomo e il cielo, e
anche un luogo di culto e forse di ricerca scientifica: gli antichi sacerdoti erano esperti astronomi. Luogo straordinario anche dal punto di
vista energetico, come hanno testimoniato gli esperti.
Stonehenge (Inghilterra)
Luoghi di forza
53
Teotihuacan (Città del Messico). E’ il più importante centro cerimoniale dell’America Centrale. Le sue vestigia si estendono per un territorio di oltre 36 kmq, al centro del quale si trova il centro rituale, che ne
occupa il 10%. Risale al I° secolo d.C. e in lingua nuatl il nome significa
“luogo degli dei”. Le due piramidi maggiori sono dedicate rispettivamente al Sole e alla Luna: qui sono stati misurati valori intorno alle
20.000 unità Bovis. Un’energia vibrazionale altissima rimasta intatta
nonostante il tramontare dei popoli, delle culture e delle tradizioni religiose.
La Piramide del Sole di Teotihuacan
Delphi (Grecia). Collocato in splendida posizione non lontano dal
Il tempio di Apollo a Delfi (Grecia)
54 Paola Giovetti
golfo di Corinto, il celebre e frequentatissimo santuario nazionale greco era dedicato ad Apollo Pizio, cioè uccisore del drago Pitone. Qui la
Sibilla accoglieva i pellegrini e in trance dava responsi spesso veramente “sibillini”.
Glastonbury (Inghilterra). In questo luogo venne Giuseppe di Arimatea portando con sé il Graal, la coppa nella quale era stato raccolto
il sangue di Gesù in croce; egli costruì una prima piccola chiesa sulla
quale poi ne furono edificate altre. Quella di Glastonbury fu una potentissima abbazia, il cui abate non volle sottomettersi a Enrico VIII,
che lo fece giustiziare e ne incamerò i beni. L’abbazia e i locali adiacenti furono distrutti; ciò che resta testimonia però di una straordinaria
grandezza. Qui è stata scoperta la tomba di re Artù e della sua sposa.
Rovine dell’abbazia di Glastonbury
Taj Mahal (Agra, India). Straordinario mausoleo moghul di marmo bianco, fatto edificare dall’imperatore Shah Jahan in onore dell’amatissima moglie, morta a 38 anni nel dare alla luce il 14° figlio. Il
marmo proviene da cave distanti 300 km. Monumento all’amore, perfetta armonia e simmetria di forme, colori, ambientazione. E’ uno dei
monumenti più visitati e ammirati del mondo.
Luoghi di forza
55
Taj Mahal
Castel del Monte (Andria). Situato in zona isolata, collinare e boscosa, perfettamente conservato, il castello –di una eleganza pari soltanto
all’originalità - ha forma ottagonale e presenta agli spigoli altrettante
torri ottagonali; al centro ha un cortile anch’esso ottagonale. Ognuno
dei due piani ha otto stanze a forma di trapezio, oggi spoglie ma un tempo ricche di marmi, arredi e sculture. Di questo monumento si sa poco:
sembra che la sua costruzione sia legata ai Templari, i leggendari monaci-guerrieri difensori dei luoghi sacri e dei pelligrini. Tradizionalmente
però il castello è legato a Federico II, che forse lo volle come castello di
caccia, anche se
l’edificio non ha
nessuna delle
caratteristiche
dell’abitazione.
Un
autentico
luogo di forza, il
cui fascino è aumentato dal mistero che tuttora lo circonda.
Castel del Monte
56 Paola Giovetti
Santiago de Compostela (Spagna). La località è legata a Giacomo il
Maggiore, discepolo di Gesù, che dopo la crocifissione si recò a evangelizzare la Spagna. Dopo aver fondato alcune comunità tornò in Giudea
dove Erode Agrippa lo fece decapitare. I suoi discepoli però raccolsero
il corpo, lo imbarcarono su una nave e dopo sette giorni di navigazione
arrivarono in Galizia. Qui lo seppellirono e sul sepolcro eressero una
piccola cappella. Nel tempo però del sepolcro di san Giacomo (Jago per
gli spagnoli) si persero le tracce e non se ne seppe più nulla finchè un
eremita di nome Pelagio notò una stella luminosissima che illuminava
un’altura: chiamò quel sito Campus stellae (il campo della stella, da cui
Compostela) e ipotizzò che potesse essere quello dove era sepolto l’apostolo di Gesù. Gli scavi dimostrarono che aveva ragione. Sul luogo fu
edificata una prima chiesa e poi un’altra e il sepolcro di San Giacomo
divenne metà di infiniti pellegrinaggi: vi si recarono anche personalità
come san Francesco e santa Brigida di Svezia. Secoli di preghiere e pellegrinaggi hanno dotato questo luogo di una forza straordinaria: al di
sopra della cripta dove riposa il corpo del santo sono state riscontrate
ben 21.000 unità Bovis.
La cattedrale di Santiago di Compostela
Luoghi di forza
57
Chartres (Francia). La collina dove sorge la cattedrale è stata luogo di
culto e pellegrinaggio fin da tempi antichissimi. All’epoca della conquista della Gallia da parte di Cesare c’era un bosco di querce sacre, con
una sorgente venerata dai Celti. Quando la regione fu cristianizzata
qui fiorì il culto della Vergine. Varie chiese si sono sovrapposte, quella
attuale fu completata nel 1220. Perfetto gotico, esprime pienamente
la tensione verso l’alto. Dal punto di vista energetico la cattedrale è
stata molto studiata. Sotto la chiesa, a 37 metri di profondità, scorre un fiume e nella zona dell’altare si incontrano 14 canali artificiali:
situazione che rende la cattedrale una sorta di cassa armonica per le
vibrazioni del luogo e della sua energia. Le unità Bovis qui riscontrate
sono 18.000.
La cattedrale di Chartres
Monte Sant’Angelo (Gargano). Luogo specialissimo, dove sarebbe
apparso più volte l’arcangelo Michele per segnalare la sacralità del
luogo e interagire nella storia umana. La grotta dell’arcangelo, sulla
quale poi Carlo d’Angiò fece costruire una chiesa, è un luogo di grande suggestione: grandiosa caverna di potente raccoglimento, da secoli meta di pellegrini, dove l’arte ha lasciato preziose testimonianze.
58 Paola Giovetti
La grotta dell’arcangelo a Monte Sant’Angelo
Goetheanum (Dornach, Svizzera). Voluto da Rudolf Steiner come
sede per le sue molteplici attività, il Goetheanum (così chiamato in
onore di Goethe) sorge presso la cittadina svizzera di Dornach, a pochi
km da Basilea, su un terreno che Steiner trovò particolarmente “carico” e armonico, e quindi adeguato ai suoi scopi. Costruzione straordinaria e assolutamente innovativa per i tempi (inizio del XX secolo), il
Goetheanum è stato progettato e realizzato personalmente da Steiner.
Un luogo di forza al quale l’opera di un uomo speciale ha conferito
un’aura inimitabile: per usare le parole di Steiner stesso, “un simbolo
della vita spirituale dei tempi nuovi”.
Il Goetheanum di Rudelf Steiner a Dornach
Luoghi di forza
59
Il luogo di forza personale.
Abbiamo fin qui parlato di luoghi speciali; dedichiamo ora due parole
a un altro aspetto più semplice e quotidiano, ma non meno importante: il luogo di forza personale. Nella nostra epoca così stressata e
frenetica è infatti assai benefico poter contare su un luogo capace di
caricare, armonizzare, dare pace. Un simile luogo è importante come
il cibo, in quanto la nostra vitalità e il nostro benessere possono dipendere in vasta misura dal sito in cui viviamo o dove ci tratteniamo
a lungo.
Il luogo di forza personale non deve essere necessariamente una
celebre cattedrale, un grandioso monumento megalitico o una località
ricca di memorie storiche come quelle sopra descritte: può essere un
sito senza edifici prestigiosi, poco appariscente o addirittura modesto,
ma capace di donare equilibrio e serenità. Può trattarsi anche di un
angolo nella libera natura, o addirittura nel proprio giardino. A volte
può bastare mettersi sotto un albero sano e appoggiarsi al suo tronco
per assorbire la benefica energia della pianta e sentirsi meglio. Persino un angolino della casa può fungere da luogo di forza: un luogo cioè
particolarmente armonico e raccolto, dove ritirarsi a leggere, riposare,
meditare dopo le fatiche della giornata o prima di affrontarne di nuove. Per rendere questo angolino particolarmente gradevole e dispensatore di energie può essere opportuno collocarvi una fotografia del
luogo di forza che si conosce e che ci ha maggiormente coinvolti, per
esempio una cascata, una basilica, un antico tempio. In questo modo,
rievocando nella memoria le sensazioni e le emozioni provate, l’effetto
energetico sarà potenziato. Una volta trovato il proprio luogo di forza,
lo si può utilizzare – possibilmente da soli – per raccogliersi e recuperare energie.
Summary
In November 2014 the Fondazione/Biblioteca Bozzano-De Boni organized a
one-day conference about “Energy places”. Old people knew very well this energy and how to create buildings and temples which could bridle and make the
most of the positive radiations and mitigate the negative ones. In this article P.
Giovetti presents the subject in general and describes some of the most famous
monuments of the world. In the two following articles the archaeologist Maria
Longhena writes about the famous greeck temple of Delfi and the Italian cave
of the Sibilla of Cuma; and the architect Gianfranco Cuccoli describes the magnificent old European Cathedrals.
60 Maria Longhena
I santuari di Delfi e di Cuma
Gli oracoli delle Sibille e i luoghi delle forze sotterranee
Maria Longhena
Vi furono luoghi nel mondo antico che divennero importanti centri religiosi e meta
di pellegrinaggi nel corso di molti secoli.
Il più celebre dell’antica Grecia può essere considerato il santuario di Delfi, posto sulle estreme pendici del Parnaso, dedicato al Dio Apollo. Gli scavi archeologici
hanno dimostrato che in epoca micenea
Delfi, allora chiamata “Pitho”, era la sede
di una o più divinità femminili: nel successivo periodo classico, a questo culto ancestrale si sovrappose quello della celebre
divinità maschile, tutelare della Luce.
Tuttavia le protagoniste e le rappresentanti della religiosità di questo santuario
furono soprattutto le “Pizie”, ovvero le
sacerdotesse del dio, eredi dell’originaria
figura sacra femminile. Prima di proferire
Il dio Apollo con la lira,
i responsi, esse si sottoponevano a un cestatua del I secolo d.C.
rimoniale propiziatorio: bevevano l’acqua
della fonte Cassiotis, masticavano foglie di lauro e assorbivano i vapori
esalati da alcune fenditure del terreno che provocavano uno stato di
trance.
Questo era il vero segreto del santuario ellenico, e della sua importanza nata agli albori della storia: la sua ubicazione su un terreno particolare dal punto di vista geologico, che ancora oggi dà al visitatore la
sensazione di trovarsi in un luogo carico di energie molto particolari,
legate dunque alla terra, oltre che al fascino dei suoi monumenti straordinari e alla bellezza del paesaggio immutato nel tempo.
Rimanendo in ambito classico ma spostandoci in terra italica, un
luogo citato dalle fonti storiografiche richiama la sacralità di Delfi.
I santuari di Delfi e di Cuma
61
Siamo in Campania, a Cuma, nella zona vulcanica oggi chiamata
“Campi Flegrei”: qui, vicino al lago Averno che secondo gli antichi esalava vapori talmente tossici da annientare ogni forma di vita, la tradizione racconta che sorgeva l’antro della Sibilla.
Questa viene descritta quale tremenda profetessa che predice il futuro; a Enea fuggiasco da Troia consente di trovare l’accesso al Mondo
dell’Ade, per poter poi continuare il suo cammino. Anche qui,
come a Delfi, la maga-veggente,
dopo essere entrata in uno stato
di trance, entra in contatto con il
mondo dell’oltretomba e riesce a
vedere il futuro dei mortali.
Non è un caso che l’antro della Sibilla fosse ubicato proprio
in un’area geografica ricca di
fenomeni vulcanici, fra Cuma e
Pozzuoli, dove “ la terra ribolle”.
Dobbiamo a Virgilio la descrizione della trasformazione impresL’antro della Sibilla a Cuma
sionante del suo volto e dello
stato di incoscienza in cui cadeva al momento dell’oracolo: “E a lei che
parla così, davanti all’ingresso, d’un tratto non rimase lo stesso volto, il
colore, la chioma composta; ansima il petto, il cuore selvaggio si gonfia
di rabbia, sembra più alta e di voce sovrumana …”(Eneide, libro VI)
Un’antichissima tradizione dunque di sciamane o maghe, che prima
dell’avvento delle religioni classiche assunsero il ruolo - prettamente
femminile – di profetesse e indovine, ruolo che fu espressamente scelto in base alla conformazione molto speciale di certi luoghi, carichi di
energie legate a movimenti tellurici e ad acque o vapori di origine vulcanica. Esalando i vapori e bevendo le acque che scaturivano dalle sorgenti termali – aiutate dall’assunzione di sostanze psicotrope - le Pizie
e le Sibille del mondo antico alteravano la coscienza, cambiavano sembianze ed entravano in una dimensione inaccessibile ai comuni mortali,
stabilendo un contatto tra la vita e la morte, l’umano e il divino.
Mentre a Delfi, là dove un tempo esistevano solo acqua e roccia, sorse un complesso templare imponente e strutturato, a Cuma, nonostante l’importanza del culto e dell’oracolo, la Grotta, ovvero l’ “antro”
misterioso che ospitava la maga, rimase tale, suggerendo l’idea di una
dimensione quasi “selvaggia”, strettamente legata alla natura ed estranea all’opera dell’uomo.
62 Gianfranco Cuccoli
I misteri delle cattedrali
Luoghi di forza, luoghi di mistero
Gianfranco Cuccoli
Si può iniziare dicendo: “sin dai tempi più remoti l’uomo sentì una
grande attrazione verso la terra …..“.
“Come avranno potuto comunicare fra loro due uomini preistorici
cercando di andare oltre il significato dei pochi suoni gutturali faticosamente espressi? Con ogni probabilità si saranno seduti l’uno di fronte
all’altro, carichi di diffidenza ma al tempo stesso desiderosi di esprimersi e di divulgare ciò che la loro intelligenza, già per altro sviluppata,
suggeriva.
Certo l’incontro sulla riva sabbiosa di una desolata laguna sarà stato interrotto da scarsi fonemi male articolati e intervallato da lunghi
silenzi finchè uno dei nostri progenitori, quasi a far subito comprendere all’altro una certa superiorità di pensiero, avrà tracciato con l’indice
sulla sabbia un cerchio. Quella semplice figura, così scarna e primitiva, assumeva il magico significato dell’iniziale esoterismo e cioè della
tendenza – sempre presente nell’animo dell’uomo e quindi già insita nel
carattere di quel primitivo essere – di trasmettere una sorta di sapienza
iniziatica. E perchè mai un circolo e non una qualsivoglia forma geometrica?
Perchè quella traccia circolare sulla sabbia era l’inconscia proiezione del pensiero, un messaggio di ammirazione verso la natura che stava
attorno. Il sole era infatti un disco infuocato, la luna una forma enigmatica a volte circolare......; insomma una infinità di elementi naturali
suggerivano al nostro antichissimo progenitore di trasmettere all’altro
interlocutore un messaggio ricco di significati misteriosi e non ancora
decifrabili.”
E di segni parleremo più ampiamente nel merito del racconto dei
segni espressi nelle cattedrali. Infatti, anche a voler prescindere dal
significato semantico, il segno, ovvero il segno del cerchio che ho citato un attimo fa, insieme ad altri innumerevoli segni (quadrato ecc.)
determinerà gli spazi per la vita in comune, per esempio le dimore, i
I misteri delle cattedrali
63
luoghi di incontro come le cattedrali, appunto, là dove altri segni, le
figure, i racconti figurati e non prenderanno per mano chi li guarderà.
Ritornando a quella riva sabbiosa di una laguna desolata raccontata con splendida immaginazione da quel grande studioso di diagrammazione, esoterismo e architettura che è stato l’architetto bolognese
Luigi Vignali, si potrà dire con semplicità che “per forza” l’uomo rivolgeva un’attenzione speciale alla terra. E al cielo. In definitiva erano per
lui gli unici punti di riferimento per sopravvivere, quindi tutte le manifestazioni che la terra e il cielo proponevano, andavano a far parte del
bagaglio di esperienze e attaccamento che l’uomo viveva sulla propria
pelle, giorno dopo giorno.
L’uomo imparò così ad apprezzare particolarmente quegli aspetti
di energia e quei segni che riteneva utili a migliorare la propria esistenza, e ad appagare l’innato desiderio di credenza e speranza nella
divinità - o meglio ancora, in generale, ad associare a manifestazioni
naturali il mistero del loro essere e la sacralità di qualcosa di superiore, in poche parole della divinità.
Diamo per scontato, quindi, che intorno al primo secolo dopo l’anno Mille esistessero già, e già da tempo immemore, luoghi in cui vi erano manifestazioni di particolare energia legati a comportamenti insiti
nella struttura stessa della terra, quali ad esempio geomagnetismo,
percorsi d’acqua, spesso sotterranei, forze telluriche ecc., senza mai
che essi si separassero dall’osservazione e interpretazione dei segni
che si potevano rilevare nel cielo. In questi luoghi, che l’uomo considerava sacri, erano sorte edificazioni atte a celebrare le più disparate
divinità a cui si rivolgeva l’uomo per venerare le stesse e per supplicare aiuti. Gli edifici di culto si sovrapponevano e/o si sostituivano ai
precedenti, a seconda delle credenze prevalenti in quel momento, e
ciò avvenne anche per il culto in epoca cristiana.
Questo breve preambolo per meglio inquadrare l’argomento.
Allora: le cattedrali, i loro misteri, i segni iconici, le rappresentazioni, le relazioni con i luoghi ove si recepivano forze misteriose, in definitiva la sacralità diffusa che veniva incanalata in un discorso religioso
e culturale, legato a un’epoca del tutto particolare. Non mi soffermerò
che per un attimo sulle definizioni e differenze storico/etimologiche
tra Basilica (Casa del Signore), Duomo (che è sempre Casa del Signore,
ma la più importante della città), Cattedrale (Casa del Signore, molto
importante e sede della Cattedra del Vescovo). Gli aspetti che la “Casa
del Signore” assume in Europa sono molteplici, praticamente tutti nel
segno della Croce intesa come manifestazione di fede che ispirerà in
Europa per lungo tempo l’edificazione degli edifici sacri cristiani. Ricordiamo la prima Basilica di San Pietro, San Marco a Venezia, Santa
64 Gianfranco Cuccoli
Sabina a Roma dove si può constatare la presenza della diagrammazione generata dal simbolo del sacrificio del Cristo.
Nei vari passaggi costruttivi si può già vedere l’intensificarsi
dell’uso della diagrammazione con l’uso del triangolo o meglio del
segno della squadra, che coniugandosi con il cerchio fa capire come
le regole iniziatiche fossero già presenti anche in edificazioni sacre
definite “romaniche” e che diverranno ancora più pregnanti nei secoli
a seguire.
Cercherò in questa sede di puntare l’attenzione sullo sviluppo
dell’edificio sacro “Cattedrale” e in particolare sul complesso di genialità, sapere scientifico e iniziatico legato ai luoghi e alle forze misteriose dagli stessi, che iniziarono a evidenziarsi verso la fine del
primo secolo dopo il Mille, per poi affermarsi in modo evidentissimo
nel secondo secolo e oltre, in particolar modo in Francia, dove andava
nel frattempo consolidandosi territorialmente il potere della dinastia
capetingia.
Siamo quindi nel periodo immediatamente seguente alla prima
Crociata per la conquista dei luoghi Santi del Cristianesimo, di Gerusalemme in particolare.
Quasi per effetto di un sortilegio o di una magia si assiste a un
improvviso quanto incredibile fiorire di costruzioni religiose, le Cattedrali, che vanno a rappresentare, quasi fossero punti esclamativi in
un racconto storico, emergenze straordinarie e quasi sempre fuori
scala, nel panorama urbanistico e territoriale della Francia, a cui farà
poi seguito una ripetizione per lo più in scala ridotta, nei secoli successivi, di edifici di culto che riprenderanno almeno in parte le caratteristiche di quelle primigenie.
E’ quello un momento di particolare fervore religioso, in Francia in
particolare, con la ripresa dell’esperienza mistica legata a personaggi
di particolare spessore e carisma quale Bernardo da Chiaravalle e del
suo particolare riguardo per il culto Mariano.
Assistiamo così al sorgere di ben undici Cattedrali su luoghi (per lo
più collinari) già un tempo teatro di riti pagani e/o druidici oppure in
sostituzione di preesistenti edifici religiosi cristiani, con la particolarità di essere disposti sul territorio secondo un disegno in gran parte
sovrapponibile con la Costellazione della Vergine. Questo raffronto
può, per altro, richiamare la simbologia e il significato esoterico della
Madonna Nera che fin dai tempi remoti era considerata la “Dea Madre”, come personificazione della “Madre Terra”.
Partendo da questi presupposti entriamo ora nel “corpo” delle caratteristiche peculiari delle Cattedrali, andando a indagare un po’ più
a fondo.
I misteri delle cattedrali
65
LINEE DI FORZA - praticamente quasi tutte le Cattedrali di cui parliamo sorgono in posizioni coincidenti con linee di forza geomagnetica, almeno secondo chi ritiene valide le varie ipotesi di diverse forme
distributive: linee, nodi, rete, ecc.
PRESENZE DI CORSI D’ACQUA, uno o più sotterranei, confluenti e/o
sovrapposti o incrociantisi.
FORZE TELLURICHE sottili (vibrazioni della terra) che difficilmente l’uomo è in grado di percepire a livello cosciente.
RICERCA, come caratteristica iniziatica principale, dell’equilibrio
del flusso energetico cosmo/tellurico.
TUTTI I SITI SONO SPAZI “SACRI” già da tempo immemore.
Tutte queste caratteristiche hanno come obiettivo principale “la
trasformazione dell’uomo in senso religioso”, ma contengono anche
messaggi alchemici nascosti di trasformazione dell’uomo. Al di là delle
varie interpretazioni che possono venir date al gotico, alle sue origini e ai suoi stilemi (ad esempio l’arco gotico discendente strettissimo
delle ogive che erano già comparse nel tardo romanico), mi pare estremamente interessante prendere come riferimento interpretativo, non
propriamente ortodosso, la magistrale interpretazione che delle Cattedrali troviamo nel libro del Fulcanelli “Il mistero delle Cattedrali”.
Come si legge in Wikipedia:
“Fulcanelli (.....) è lo pseudonimo di un autore di libri di alchimia
del XX secolo, la cui identità non è mai stata resa nota. Lo pseudonimo
utilizzato è formato dall’unione delle parole Vulcano ed Helio, due elementi che rimandano ai fuochi alchemici. Si è supposto potesse trattarsi
di Jean Julien Champagne, o René Adolphe Schwaller de Lubicz, o Camille Flammarion, o Pierre Dujol o Jules Violle, medico francese. Eugène
Canseliet (nato nel 1899) si è sempre dichiarato discepolo di Fulcanelli,
che parlò sempre attraverso Canseliet, che a sua volta curò le prefazioni
dei suoi libri.”
‘L’art gotique’, scrive, ‘altro non è che una deformazione ortografica
della parola argotique, la cui omofonia è perfetta….La cattedrale, dunque, è un capolavoro d’art goth o d’argot. I dizionari definiscono la parola argot come “il linguaggio particolare di tutti quegli individui che sono
interessati a scambiarsi le proprie opinioni senza essere capiti dagli altri che stanno intorno’.”
Fulcanelli ritiene, al pari di Victor Hugo nel libro Notre Dame de
Paris, le Cattedrali veri e propri “Libri di Pietra” mediante i quali si
tramandavano conoscenze ritenute tanto straordinarie che solamente
poche persone iniziate avrebbero potuto comprendere. Personalmen-
66 Gianfranco Cuccoli
te ritengo questa interpretazione del tutto condivisibile; ritengo anche
che il messaggio contenuto nel linguaggio iniziatico delle Cattedrali
sia estremamente interessante. Tra l’altro un sapere fino ad allora inusuale viene a sovrapporsi e a modificare quasi integralmente il modo
di pensare, progettare e costruire questi grandi edifici sacri, creando
una accelerazione eccezionale nel progredire delle conoscenze mentali e pratiche.
Sarà poi una pura coincidenza il fiorire delle Cattedrali, l’acquisizione di nuova e segreta sapienza morale scientifica e pratica, con il
ritorno dei Templari dalla Crociata?
Penso che ci siano molte possibilità di rispondere: NO!!
Cerchiamo ora di mettere una dietro l’altra alcune notizie sui misteri costruttivi e di leggere così qualche pagina dei “libri di pietra”. Le
notizie ufficiali che si leggono nei testi sono queste:
Le risorse
Le risorse per la costruzione di queste grandi opere architettoniche derivavano in gran parte dalle offerte dei fedeli, in denaro e/o soprattutto in manodopera, con il contributo di somme derivanti dalle
rendite vescovili. Non di rado i fondi si rivelavano insufficienti e allora
i lavori venivano interrotti. Si hanno così tempi di costruzione generalmente lunghi: 50 anni per quella di Chartres, 60 per Amiens, 80
per Parigi, 90 per Reims, 100 per Bourges, mentre la cattedrale di Beauvais non venne mai del tutto completata.
Gli architetti
Gli architetti erano scelti tra gli scalpellini ed erano coadiuvati da
un mastro muratore, un mastro carpentiere, un mastro fabbro, un mastro idraulico, un mastro scultore e un mastro vetraio. Tutti questi artigiani si formavano con un apprendistato di più anni e con viaggi in
diversi cantieri, dove potevano osservare le novità del mestiere.
L’architetto presentava al Vescovo e al Capitolo della cattedrale una
pianta e un modello della chiesa e se questi venivano approvati dirigeva i lavori, controllando il taglio e la scultura della pietra, organizzando
il cantiere, fornendo disegni dei partiti decorativi e delle iconografie e
scegliendo i materiali. Gli veniva affiancato un canonico come amministratore, con il compito di tenere i conti, contrattare gli acquisti e
pagare quanto dovuto a lui, ai suoi collaboratori e agli operai.
Il lavoro procedeva con il tracciamento della pianta, lo scavo delle
fondazioni, la cerimonia della posa della prima pietra, l’elevazione dei
muri, la copertura a volta e infine con la sistemazione di statue e bassorilievi. La vecchia chiesa doveva essere preservata per la continua-
I misteri delle cattedrali
Facciata della Cattedrale di Notre Dame ad Amiens
67
zione del culto e veniva
distrutta solo quando la
nuova cattedrale poteva
ospitare un altare dove il
rito potesse essere svolto.
La lunga durata dei
cantieri e vari motivi
contingenti
potevano
determinare la necessità
di variazioni di pianta, o
deviazioni di asse, o diversità nelle misure delle larghezze delle navate
o dell’altezza dei supporti, senza eccessive preoccupazioni di simmetria.
Si applicavano nella costruzione formule geometriche che venivano
poi tramandate ai propri
figli o apprendisti, che
determinavano le proporzioni dell’opera, in
continua evoluzione sul-
la base delle esperienze precedenti.
Gli architetti godevano di alta considerazione. Soprattutto a partire dal
XIII secolo molti di essi hanno lasciato traccia dei loro nomi in iscrizioni all’interno dell’edificio:
• Jean de Chelles a Parigi (1258);
• Pierre de Chelles, Jean Ravy e suo nipote Jean le Bouteiller, nella recinzione del coro della medesima chiesa, nella prima metà del XIV
secolo;
• Robert de Luzarche, Pierre e Renaud de Cormont nella cattedrale di
Amiens;
• Jean d’Orbais, Jean le Loup, Gaucher de Reims, Bernard de Soissons e Robert de Coucy nella Cattedrale di Reims;
• Jean des Champs a Clermont-Ferrand;
• Hugues Libergier a Reims (chiesa di Saint-Nicaise);
• Jean Vast nella cattedrale di Beauvais;
68 Gianfranco Cuccoli
Di altri conosciamo le opere grazie alle iscrizioni tombali, come
per Pierre de Montreuil (morto nel 1267).
Come sopra detto, questo è quanto si legge nelle cronache e storie
ufficiali, ma si ha ben ragione di credere che la tecnologia costruttiva
fosse del tutto originale, suggerita con evidenza da cognizioni matematiche, geometriche ed esoteriche riconducibili al tempo nuovo permeato di ermetismo, magie, cabale, in pratica di quelle correnti del
misticismo che ritenevano la creazione del mondo come “processo di
emanazioni in forma di lettere e di numeri”.
Gli architetti in quel tempo risultavano detentori di insegnamenti
segreti, cosmologici al pari dei sacerdoti egizi che dispensavano solo
ai loro discepoli un insegnamento magico, occulto, cioè di una dottrina
iniziatica applicata all’ ”Arte del Costruire”.
Come dice, ancora magnificamente, Luigi Vignali, “I capi Maestri
si affidavano nella progettazione degli edifici cultuali, a ideogrammi
costituiti da elementi geometrici inseriti in un cerchio di platoniana
memoria. La circonferenza rappresentava l’eclittica celeste con le relative dodici costellazioni e il triangolo equilatero, il quadrato e l’esagono componevano l’ideogramma-guida per la definizione architettonica
delle sezioni trasversali e delle fronti.”
E ancora: “Il reticolo d’impianto planimetrico di una costruzione
cultuale era solitamente formato <ad quadratum>, mentre <ad triangulum> era la diagrammazione dell’architettura emergente: tale era
infatti la “regola” dei franc-macons.”
Difficilmente, però, si sono conservati progetti e calcoli, e i nomi,
a parte qualche cronaca del tempo, restano ignoti come quelli degli
esecutori di sculture, vetrate ecc.
CARATTERITICHE COSTRUTTIVE E ARCHITETTONICHE
L’orientamento
Quasi tutte le cattedrali hanno l’abside rivolta verso sud-est e la facciata rivolta a nord-ovest, mentre i transetti del braccio trasversale sono
orientati lungo l’asse nord-est / sud-ovest. Questa particolare orientazione della chiesa era, così come ogni altro particolare delle cattedrali,
non casuale ma deliberatamente voluta, poiché in questo modo il fedele, entrando nell’edificio sacro, avrebbe camminato avanzando verso
l’Oriente, ovvero verso la Palestina, luogo di nascita del Cristianesimo.
I misteri delle cattedrali
69
La pianta
La pianta di quasi tutte le cattedrali gotiche ha la forma di una croce
latina. Questo è, secondo Fulcanelli, un ulteriore motivo per considerare le cattedrali come edifici esoterici, la croce infatti “é il geroglifico
alchemico del crogiuolo”. Ed è nel crogiuolo che la materia prima necessaria per la Grande Opera alchemica muore, per poi rinascere trasformata in qualcosa di più elevato (è quel processo di morte e rinascita iniziatiche che sono alla base dei riti di molte delle associazioni
massoniche tra le più famose).
Pianta della Cattedrale di Chartres
L’elevazione
Si ricerca l’effetto verticale assoluto, quasi a lanciare la costruzione
verso il cielo, quasi a volerlo toccare, e poi alla stregua dei menhir neolitici, delle piramidi, dei zigurrat a formare una sorta di antenna atta a
captare energie cosmiche emergenti dalla terra di sedime. Di frequente vengono erette delle torri ai lati della facciata, anche secondarie del
transetto (Chartres, Reims ecc.).
La muratura veniva realizzata con blocchi di pietra ben squadrati
e in genere era ricoperta all’interno da un intonaco sul quale erano
incisi finti giunti tra i blocchi. A volte erano presenti delle catene metalliche destinate a rinforzare le strutture. All’interno le navate sono
separate da grandi archi, sostenuti da pilastri polilobati.
70 Gianfranco Cuccoli
Notre Dame de Chartres
Navata della Cattedrale di Beauvais
Al di sopra delle arcate
la tribuna inizialmente presente (XII secolo) venne in
seguito rimpiazzata dal triforio (XIII secolo), realizzato nello spessore del muro e
aperto sulla navata centrale o
mediante una serie continua
di arcate (cattedrali di Chartres e di Reims), ovvero con
arcate inserite a gruppi in un
arco maggiore (cattedrale di
Amiens). Nel secondo quarto del secolo la galleria si
apre verso l’esterno e tutto lo
spazio della parete viene ad
essere occupato da finestre
altissime, rese possibili dalle
volte a crociera che riportano
le spinte ai quattro angoli. Le
volte sono sorrette da pilastri costituiti da un insieme
di sottili colonne che salgono
senza interruzioni fino all’imposta della volta, dove si trasformano nelle nervature di
questa, accentuando lo slancio verticale.
Le sculture e gli ornamenti
“La cattedrale propone degli ornamenti che non vengono scelti per piacere, ma per
presentare alla vista del popolo una teologia della Chiesa”
(Georges Duby). Lo stile delle
sculture si libera dagli schemi
tradizionali e si ha un nuovo
repertorio incentrato sull’osservazione degli elementi della natura (foglie, fiori e frutti),
mentre si diradano gli animali
I misteri delle cattedrali
71
mostruosi del repertorio romanico. I capitelli si riducono di importanza e dimensione così da non interrompere lo slancio verticale delle
colonne che formano i pilastri e proseguono poi, senza soluzioni di
continuità, nelle nervature della volta. Il corpo umano viene ad acquisire proporzioni e atteggiamenti più naturali e distesi mentre nei
portali le sculture, coi loro volumi, prendono il posto delle colonne.
Le forme, limitate dalle forme dell’architettura, si fanno sempre più
libere. I temi iconografici, destinati a trasmettere l’insegnamento religioso, si definiscono: il Giudizio
Universale rappresentato nelle
lunette dei portali, su più registri sovrapposti, la Vergine con
il Bambino in maestà e le scene
della vita del Cristo o della Vergine. A questi temi si aggiungono poi le occupazioni tipiche
delle stagioni e dei mesi o le
scienze del Trivio e del Quadrivio.
Gli scultori lavoravano sulla
base delle indicazioni impartite
dagli architetti e dei mastri, a
loro volta concordate con i canonici, sulla base di disegni.
La simbologia
Fonti iconografiche sono soprattutto la Bibbia (in particolare i Salmi, la Genesi, Ezechiele, i
Vangeli, l’Apocalisse), ma anche
Portale della Cattedrale di
Notre Dame de Reims
in alcuni casi i Vangeli Apocrifi
i testi patristici (Padri e Dottori
della Chiesa come sant’Agostino, sant’Ambrogio, san Giovanni Crisostomo, san Girolamo), i Bestiari protocristiani come il Physiologus,
che fu commentato anche da sant’Isidoro vescovo di Siviglia e altri
Bestiari molto in voga nel Medioevo, alcuni dei quali illustranti antiche leggende e credenze riespresse in senso cristiano.
Ricordiamo qui di seguito alcuni simboli che possono assumere
diverse connotazioni a seconda dei luoghi: drago, croce, rosone, cervo, cigno, cavallo, toro, cinghiale, cane, orso, serpente, gallo, uccelli,
gatto, lepre con l’uva, stella, scala e mulino, labirinto, la Vergine nera,
pentagramma, stella a sei punte, cripta, pozzo, ecc.
72 Gianfranco Cuccoli
Le vetrate
Notevole importanza hanno le grandi finestre con vetrate colorate
nelle quali si narravano storie bibliche e vite dei santi. Le vetrate erano
realizzate con un mosaico di pezzetti di vetro colorato sopra i quali
erano dipinti i particolari, uniti da piombi. Il vetro colorato era ottenuto mescolando ossidi diversi alla pasta in fusione.
Vetrate della Cattedrale di Notre Dame de Paris
Utilizzo
Questi edifici erano in pratica polifunzionali, dove naturalmente
prevalevano gli aspetti di carattere religioso, ma dove si svolgevano
anche altre manifestazioni della vita associativa urbana. Poteva ospitare funzioni assembleari, politiche, giurisdizionali, notarili, mercantili.
Conclusione
Come per tutti i libri, anche per “i libri di pietra” si dovrebbe arrivare all’ultima pagina, ma in questo caso mi pare assai difficile porre la
parola fine a un testo immenso come quello delle Cattedrali e dei loro
“misteri”.
I misteri delle cattedrali
73
Ancora più difficile dire che si è correttamente interpretato in questa breve relazione il significato vero e profondo dell’edificio Cattedrale e dei suoi misteri, anche e soprattutto in relazione al tema dei
luoghi di forza e dell’energia del luogo, quando il luogo in questo caso
ha generato edifici sacri dall’enorme complessità come le Cattedrali.
Per chi vi parla due interpretazioni, tra le molte possibili, possono
essere riportate, una di carattere alchemico/esoterico:
“La cattedrale è il corpo eterno di nostra Signora, dove il tempo non
scorre e dove avviene un fenomeno prodigioso, quello delle mutazioni.
L’universo infatti è in continua evoluzione, e così anche l’uomo. Come
nel centro della ruota si trova il mozzo, immobile, ma comunque causa
del moto, così la cattedrale movimento di pietra si trova al centro delle
mutazioni.”
E una un po’ eretica, che mi pare anche abbastanza pratica.
La cattedrale doveva poter essere letta con estrema facilità da una
popolazione medievale del periodo 1200/1300, per lo più analfabeta
e a cui si doveva e voleva impartire evidentemente una lezione evangelica la più completa possibile, tale da elevarla spiritualmente da una
parte e stupirla per le enormi dimensioni e la sacralità diffusa dall’alto. Il tutto con fini più pratici e molto meno religiosi e alchemici, non
evocati, ma sempre presenti: tenere costantemente “in riga” il popolo
minuto e la plebe in generale.
Infatti compaiono così alla visione dei fedeli veri e propri campionari di letture evangeliche raccontate per immagini e sculture, nel
complesso di facile impatto e comprensione, ma solo per quello che
doveva essere reso pubblico.
Ma a quale migliore predica figurata si poteva pensare?
Summary
Cathedrals, with their mysteries, their iconic signs and representations, their
connections to the places where one could perceive mysterious forces, the pervasive sanctity that was channelled into a religious and cultural discourse, attached to a distinctive epoch.
One can witness, almost as a result of a spell, a sudden and incredible flourishing of religious buildings, cathedrals in fact, which will represent, almost like
an exclamation marks in a historical narrative, extraordinary emergencies, almost always off the charts in the urban and territorial landscape of France,
which will then be followed on a smaller scale, in the following centuries, by
religious buildings that will resume, at least partly, the characteristics of the
primal ones.
74 Luce e Ombra, vol. 115, fasc. 1, gennaio-marzo 2015
SAPIENZA ANTICA
1. Qual è la prima di tutte le cose?
«Dio, perché Egli è sempre esistito.»
2. Qual è la più bella di tutte le cose?
«L’Universo, perché è l’opera di Dio.»
3. Qual è la più grande di tutte le cose?
«Lo Spazio, poiché esso contiene tutto ciò che è stato creato.»
4. Qual è la più costante di tutte le cose?
«La Speranza, poiché essa rimane con l’uomo,
dopo che egli ha perduto ogni altra cosa.»
5. Qual’è la migliore di tutte le cose?
«La Virtù, perché senza di questa non vi è nulla di buono.»
6. Qual è la più veloce di tutte le cose?
«Il Pensiero, perché in un attimo raggiunge
i più lontani confini dell’universo.»
7. Qual è la più forte di tutte le cose?
«La Necessità, poiché essa fa affrontare tutti i pericoli della vita.»
8. Qual è la più facile di tutte le cose?
«Dare consigli.»
Ma quando egli venne alla nona domanda, il Saggio pronunciò
un paradosso. Egli diede una risposta che il suo saccente
interlocutore mai comprese, ed alla quale la maggioranza
degli uomini darebbe solamente un significato superficiale.
La domanda fu:
9. Qual è la più difficile di tutte le cose?
«Conoscere se stesso»
E il Saggio di Mileto rispose:
«Questo era l’ammonimento all’uomo ignorante
da parte dell’antico Saggio; e questo ammonimento
vive e vale ancora oggi.
Luce e Ombra, vol. 115, fasc. 1, gennaio-marzo 2015, pagg. 75-80
Parapsicologia nell’Egitto dei faraoni
e nell’Egitto moderno
Alejandro Parra
Alejandro Parra si è laureato in psicologia presso l’Università di Scienze
Sociali di Buenos Aires ed è attualmenrte professore associato. E’ membro della Parapsychology Association e della Parapsychology Foundation; è inoltre membro associato della Società Argentina per la Ricerca
Scientifica.
La storia dell’Egitto, che conta oltre 7000 anni, è la più antica dell’umanità. L’Egitto è caratterizzato dal lunghissimo fiume Nilo, che divide il territorio ed è considerato il catalizzatore della sua civiltà. La
sua posizione collega i due continenti Asia e Africa e attraverso il mar
Mediterraneo l’avvicina all’Europa. Esso inoltre ha contribuito a dare
al carattere egiziano una personalità unica, dovuta – come dice il romanziere egiziano Gamal Hemdam - a due fattori: l’ambiente naturale,
cioè il Nilo e la sua valle, e il suo contorno multiculturale con le tante
subculture.
Tutto ciò ha reso l’Egitto una civiltà profondamente radicata nelle
tradizioni delle diverse culture che si susseguirono e sovrapposero nei
secoli e che espressero sempre un interesse particolare per il “mondo
invisibile”, fino a divenire uno dei suoi principali aspetti culturali.
Parapsicologia nell’Egitto Faraonico
Lo studio della personalità umana nell’Egitto Antico, più precisamente nell’epoca faraonica, ebbe inizio con un geroglifico di più di
quattromila anni fa, scritto da Ankh Khenso, che recita: “I più grandi
segreti dell’universo si trovano sotto la pelle, e non oltre te stesso”. Per
l’Egitto antico, la personalità umana si divide in quattro parti: Ab, che
si riferisce al cuore, alla mente o al pensiero; Khat che si riferisce al
corpo, a tutto ciò che è materiale e sensuale (o sessuale) in relazione
col fango della terra; Ba che si riferisce all’anima o allo spirito, che può
76 Alejandro Parra
uscire dal corpo al momento della morte e in seguito ritorna al “medesimo” corpo senza perdere la sua collocazione nell’altra vita immortale. Ka infine è il cosiddetto “corpo astrale”, compagno fin dalla nascita
e per tutta la vita, che continua a vivere dopo la morte. Non è chiaro
se è compagno nel bene o nel male, però custodisce il corpo dopo la
morte, come troviamo scritto in numerose tombe.
L’egiziano antico fu anche il primo a riconoscere la medianità, a credere che gli spiriti dei morti possano entrare nei corpi dei medium,
che la mente di determinati individui possa ricevere un messaggio
dall’oltretomba, che i medium siano in grado di comunicare con altri spiriti-guida e che sia possibile “vedere i morti” nel loro passaggio
nell’aldilà.
Gli antichi egiziani credevano anche nel malocchio e nella capacità
di procurare ferite a distanza o inviare la malasorte a una persona, e
usavano portare amuleti per proteggersi dal male: in particolare, l’occhio di Horus o l’occhio di Amon Ra e lo scarabeo (Abu Chafer), simbolo dell’alba (la salita del sole).
Gli egiziani credettero nella resurrezione prima dei cristiani. La resurrezione del corpo dipendeva dalle buone o cattive azione delle persone. Abbiamo traduzioni di antichi geroglifici trovati nelle piramidi
o nelle tombe, in cui le divinità hanno una vera e propria “contabilità”
delle buone o cattive azioni e assegnano una ricompensa o un castigo.
Per questo la civiltà egizia può essere considerata una cultura che per
la prima volta descrive una coscienza morale.
Parapsicologia nell’Egitto dei faraoni
77
Fenomeni psichici nell’Egitto post-faraonico
In Egitto convivono molte religioni, così che per l’egiziano moderno è normale il dialogo tra il mondo invisibile e il mondo fisico. Abbiamo molti aspetti di questo dialogo, come la credenza in un solo Dio
(Allah), gli angeli, i profeti, i testi sacri (principalmente il Corano), la
credenza nella resurrezione, la vita dopo la morte secondo le buone o
cattive azioni che l’individuo ha compiuto. L’attività quotidiana nella
vita era molto ritualizzata: pratiche di tecniche di guarigione e cura
mediante l’uso di libri sacri, celebrazione di cerimonie per la nascita e
la morte, pratiche culturali simili al battesimo dei bambini e l’estrema
unzione ai moribondi nel cattolicesimo.
“Molte persone credono nell’azione della mente sulla materia (psicocinesi), in particolare attraverso la forza della preghiera”, sostiene
la psicologa sociale Samah Khaled Zahran dell’Università Ain Shams
del Cairo. “Gli egiziani credono fermamente che Allah autorizzi la cura
attraverso la fede di chi prega sul paziente infermo, però Allah non
interviene direttamente nella cura in quanto questa dipende dalle
azioni buone o cattive della persona in oggetto. Quindi, secondo le
tradizioni egiziane, Allah non cura direttamente, ma permette che il
potere della preghiera (psicocinesi?) del devoto influisca sul paziente
infermo. In questo caso Allah decide se la persona può essere curata, oppure si ammala o anche muore. La sua vita dipende in grande
misura dal potere della fede, non solo quella dell’infermo ma anche
dall’intensità della preghiera del praticante”.
Questa credenza egiziana proviene da antiche tradizioni dell’Egitto
antico, che poi influirono sull’Islam e si trasmettono di generazione in
generazione nel corso dei secoli: non si tratta di una credenza comune ad altre culture islamiche del Medio Oriente.
“Anche la seconda forma può essere considerata una PK malefica
o inversa, ovvero l’azione dell’invidia, della gelosia, del risentimento
e di altri sentimenti negativi”, sostiene ancora Samah Khaled Zahran,
“e può colpire altre persone attraverso l’effetto nocivo del malocchio
o della malasorte”. Uno dei simboli più popolari è l’occhio di Khamisa,
oppure quello che gli europei chiamano “la mano di Fatima”, figlia del
profeta Maometto, un amuleto d’oro, argento, rame o altri metalli, che
dona ai luoghi o alle persone la protezione contro il malocchio e gli
effetti nocivi della magia nera.
Lo storico egiziano El Gamily nel suo libro Storia dell’anima (in arabo) sostiene che “quando un essere umano dorme la sua psiche (mente) esce dal corpo, senza destarlo, però resta collegata col dormiente
attraverso un cordone che esce dal sognatore e lo aiuta a fare sogni
lucidi. Intanto l’anima o lo spirito che è nel suo corpo lo mantiene in
78 Alejandro Parra
vita”. Egli afferma anche che “gli egiziani musulmani attribuiscono ai
sogni non soltanto la capacità di portare messaggi importanti, ma anche di presagire il bene o il male, essi cioè sono precognitivi”. Secondo
El Gamily gli egiziani ritengono che i sogni siano importanti anche
perché sono menzionati nei libri sacri. Furono i sogni a informare del
fatto che molti testi sacri (per es. il Corano) furono canalizzati per
dettato divino; essi consentirono anche di conoscere gli avvenimenti
futuri (per es. le profezie dell’arrivo del profeta Maometto).
Molti egiziani credono fermamente nei santi o “Al Awleaa”. Antropologi egiziani come Muhamed El Khesht definiscono “Al Awleaa” un
uomo di valore, buono e paziente, puro, modesto, casto, generoso,
educato, una persona molto intelligente. I Sufi per esempio credono
che queste caratteristiche li aiutino a pensare e meditare sull’universo
e a conseguire l’illuminazione. Alcuni Sufi ritengono che questo stato
di illuminazione possa modificare le capacità normali dell’individuo o
innescare processi che possono produrre fenomeni paranormali, ma
ritengono che solo questo cammino possa portare alla santità. Questi
uomini-santi dicono di possedere la capacità di guarire con mezzi non
convenzionali in medicina, di predire il futuro, di saper rispondere
alle domande delle persone o difendere i deboli e gli oppressi.
Il prestigioso sociologo egiziano Amin Eways sostiene che la società egiziana crede nei poteri occulti invisibili che controllano il
mondo fisico. Nella sua tesi di laurea “I messaggi dell’Imam El Shafie” Eways descrisse il fenomeno per il quale un Al Awleaa si mette in
comunicazione con i suoi “tutori morti“ (equivalenti agli spiriti-guida), o esseri cari defunti, il che riflette la credenza nel contatto con gli
spiriti e l’accettazione delle pratiche medianiche nel mondo islamico.
Eways classifica gli Al Awleaa in tre categorie: (1) guaritori del corpo,
(2) guaritori dei matrimoni (che cioè risolvono conflitti matrimoniali), (3) protettori che soddisfano le necessità o le richieste di altre persone. Molti psicologi sociali credono che il fenomeno della credenza
in un Al Awleaa svolga un ruolo cruciale nella società da due punti
di vista: come una forma di catarsi a causa delle loro sofferenze, per
le abilità straordinarie che il popolo attribuisce loro, e anche come
una forma di socializzazione in quanto questi santi vengono proposti
come modello ideale affinchè i bambini li imitino.
Ricerche recenti in parapsicologia in Egitto
Il caso più famoso reso noto dai mezzi di comunicazione è quello di
Sayed, un giovane dell’Alto Egitto che nel 1985 affermò di avere la capacità di piegare monete col potere del suo sguardo (come Uri Geller
Parapsicologia nell’Egitto dei faraoni
79
negli anni Settanta). Dava inoltre dimostrazioni di sansonismo, cioè
disponeva di una forza inusuale capace di sollevare una macchina di
1500 kg o un camion. Sayed scoprì questa forza straordinaria a sette
anni quando disse di aver sradicato con le sue mani un albero con tutte le radici. Fumava in media 200 sigarette al giorno, mangiava un kg
di margarina a colazione, per cena aveva bisogno di 2500 gr di carne
di pecora. Aveva undici figli, uno dei quali diceva di aver ereditato da
lui le sue capacità, così come Sayed diceva di averle ereditate da suo
padre.
Un altro caso ancora più strano è quello di Abd El Kareem, un uomo
di 27 anni di Asiut, il quale disse che nel 1989 mentre una mattina
stava dicendo le sue orazioni vide una luce a forma di tubo che discendeva da un disco volante che tre creature verdi con tre occhi avevano
collegato con fili elettrici al suo corpo. Da allora quest’uomo era stato
in grado di ingoiare vetro e legno senza riceverne danno. El Kareem
era un beduino semi-analfabeta, che non conosceva la letteratura ufologica; il suo caso suscitò l’interesse di alcuni specialisti che crearono
una commissione di quindici membri, tra i quali il dr. Salah Arafa che
operava da parte del Dipartimento di Scienze dell’Università Americana del Cairo, che ritenne che il caso di El Kareem fosse meritevole
di essere studiato; altri studiosi spagnoli e inglesi vennero in Egitto
per studiare questo caso, ma nessuno fu in grado di portare a termine
un’analisi accurata: tutti si ritirarono di fronte allo scetticismo della
comunità scientifica egiziana.
Negli ultimi anni non sono state compiute molte ricerche in Egitto
e i contributi della comunità psi sono stati scarsi. Qualche contributo
interessante comunque c’è stato: per esempio Seramin El Faramawy
ha scritto vari articoli sulla parapsicologia per diverse riviste egiziane
di divulgazione generale, e ha portato a termine vari esperimenti sulla “cognizione anomala” e la sua relazione con gli stimoli dell’ambiente, come lo studio delle vibrazioni elettromagnetiche tra due persone.
La psicologa sociale Samah Khaled Zahran dell’Università Ain Shams
del Cairo ha compiuto un’inchiesta per determinare quali variabili sociali e della personalità influiscono sulla percezione extrasensoriale.
Ha studiato il rapporto tra telepatia e sogno psi e la loro relazione
con età, igiene, problemi ed esperienze extrasensoriali. I risultati mostrarono che su queste esperienze influiscono i problemi psicologici
e sociali. Un secondo studio analizzò la percezione extrasensoriale in
materia di decisioni e relazioni sociali. Zahran esaminò anche il modo
in cui gli egiziani considerano le esperienze psichiche e come esse
possano influire sulla loro vita sociale; questa inchiesta le suggerì il
concetto di “parapsicologia sociale”.
80 Alejandro Parra
Di recente (aprile 2014) il parapsicologo argentino Alejandro Parra
ha visitato Il Cairo, invitato dalla Segreteria della Cultura del Governo
Egiziano e da Amin Al Serafi, direttore delle Attività Culturali del Cairo Opera House. Parra ha tenuto una conferenza dal titolo “Esperienze straordinarie: la ricerca sui fenomeni parapsicologici e altri eventi
inusuali”. In una sala piena di studenti e docenti cairoti desiderosi di
far conoscere le proprie esperienze paranormali e quelle dei loro conoscenti, Parra ha presentato i risultati delle sue ricerche nell’ambito
dell’Istituto di Psicologia Paranormale di Buenos Aires. Erano presenti
anche l’ambasciatore di Argentina in Egitto, Sergio Baur, e l’addetta
culturale dell’ambasciata di Spagna in Egitto, che hanno mostrato un
vivo interesse per la tematica.
In conclusione possiamo dire di aver trovato in Egitto un terreno
fertile e una prospettiva positiva per il futuro, tanto a livello accademico che popolare, nell’intento di educare le nuove generazioni di esperti al problema della psi, come essa funziona e come la si può utilizzare,
confermando che è importante indagare sui fenomeni psi i quali continuano a rappresentare un grande dilemma e una sfida per la scienza
contemporanea.
Summary
The psychologist Alejandro Parra received his PhD in psychology from the Universidad de Ciencias Empresariales y Sociales of Buenos Aires and he serves as
a psychotherapist in general clinical psychological practice in the Clinical Area
of the Institute of Paranormal Psychology. Parra is full member of the Parapsychology Association. In this article he explores the interest in paranormal and
spiritual phenomena in ancient Egypt, whose interest for the “invisible world”
was always great, and in modern Egypt. Not many scientific works have been
made in the present time, but the author, who was invited in Egypt and could
meet the scientific society, realized that in the academic world the interest for
this item is present and high.
Luce e Ombra, vol. 115, fasc. 1, gennaio-marzo 2015, pagg. 81-84
Omaggio a Corrado Piancastelli
Marcello Carraro
Nel luglio 2014 moriva improvvisamente il dott. Corrado Piancastelli,
giornalista, poeta, scrittore. Una
personalità poliedrica impegnata e
vivace, conosciuta principalmente
per essere il medium dell’Entità “A”
(Andrea) del Centro Italiano di Parapsicologia di Napoli (CIP), sciolto
dopo la sua morte.
Questa non è la sede adatta per
una valutazione critico-letteraria di
Corrado Piancastelli, piuttosto sentiamo la necessità di scoprire la sua
realtà umana, spirituale e medianica, e di ciò vogliamo trattare per far
emergere il vero e profondo valore
e l’azione svolta dal fratello Corrado.
Piancastelli non aveva un indirizzo “spirituale” forte e prevalente, ma era un umanista profondo e attento alle realtà del suo tempo.
Complessivamente queste sue notevoli doti, però, sono sempre rimaste in secondo piano rispetto alle sue eccezionali potenzialità e qualità
medianiche, quello straordinario stato di coscienza e fenomeno della
personalità che gli permetteva di essere il tramite terreno del Maestro
Andrea, suo Spirito-guida, poderosa entità spirituale per logica, sintesi e razionalità espressiva.
Piancastelli confessava di non sentirsi alla pari, di essere sopraffatto da questa figura di Maestro spirituale di enorme capacità dialettiche e sconfinata Conoscenza. Si è trattato infatti di un fenomeno assolutamente unico nel suo genere, sicuramente la più grande espressione medianica dei nostri tempi, estrinsecatasi per oltre sessant’anni.
82 Marcello Carraro
L’uomo Piancastelli si sentiva schiacciato sul piano umano e soffriva
profondamente per non riuscire a esprimere e a far comprendere pienamente anche le sue capacità culturali e le sue doti umane. Sofferenza e disagio interiore che lo accompagnarono per gran parte della sua
vita. Ѐ per questo che ora vorrei rendere omaggio a questa figura, per
il grande sacrificio e impegno che ha espresso durante un lunghissimo
periodo della sua esistenza. Pochi hanno capito e inteso la sua profonda frustrazione, e la tenacia e il coraggio con cui ha portato avanti il
suo progetto spirituale, perché Piancastelli era un uomo che intimamente aveva ben chiara la sua missione, che si è espressa in migliaia di
ore di sedute e in un’attività di sperimentazione scientifica su se stesso nella quale credeva fortemente, come elemento di dimostrazione
della validità e importanza del fenomeno medianico.
La medianità a incorporazione gli poneva un altro impegno gravoso oltre a quello delle lunghe ore di seduta di cui non aveva alcuna
memoria: doveva infatti ascoltare o rileggere tutto il materiale delle
sedute, oltreché studiarlo se voleva capire cosa era stato detto, e naturalmente non sempre aveva il tempo per farlo a fronte dei tanti impegni di lavoro e di vita, per cui paradossalmente non si considerava
un grande conoscitore delle importantissime comunicazioni che suo
tramite si producevano. Piancastelli ebbe due validissime collaboratrici: Lia Muccio, la prima moglie, la quale “sbobinava” le sedute dai
nastri magnetici, e Erminia Gargiulo che sposò dopo la morte di Lia e
che sovrintese a tutta la riproduzione informatica. Purtroppo anche
lei morì prima di lui, lasciandolo nuovamente vedovo.
Negli anni 1990-91 Piancastelli entrò in conflitto con il prof. Giorgio
di Simone che era stato la sua interfaccia pubblica: con lui era stato
molto legato per decenni, sino a quando – appunto in quegli anni – uscì
dall’anonimato che aveva fortemente praticato fino a quel momento.
Le ragioni dello scontro furono molteplici e sicuramente non ben comprese e approfondite. Il carattere di Piancastelli non era infatti equilibrato e neppure facile e conciliante. Egli assumeva a volte posizioni rigide che lo danneggiavano all’esterno, anche verso amici di lunga data,
si considerava infatti il “medium per eccellenza” e non derogò mai da
questa posizione, facendo una sola eccezione per Roberto Setti, il medium del Cerchio Firenze 77 (morto nel 1984) che considerava una
personalità seria e affidabile, rammaricandosi però che non avesse seguito il suo esempio riguardo alla sperimentazione scientifica. Al di là
di questo distinguo, Piancastelli e Setti furono le più grandi personalità dell’Alta Medianità del XX secolo e diedero veramente il massimo
attraverso la loro medianità e azione per la cultura spiritualista della
nostra epoca, ne furono veramente i massimi interpreti.
Omaggio a Corrado Piancastelli
83
L’ambito del CIP fu il campo d’azione fondamentale di Piancastelli,
e in esso non mancarono dissidi e contrapposizioni, nonché molteplici
errori d’impostazione metodica e organizzativa, ai quali egli tentò in
parte di porre rimedio senza molta avvedutezza complessiva. Il CIP
– al di là di tutto ciò – ha rappresentato comunque uno dei punti più
avanzati in assoluto dello spiritualismo contemporaneo; lì infatti si
svilupparono dottrine e visioni destinate, potenzialmente, a cambiare
radicalmente la concezione complessiva della realtà umana, etica, filosofica, religiosa ecc. Purtroppo molti temi non furono approfonditi e
altri toccati solo marginalmente, altri ancora neppure affrontati, ma il
compito era certamente immane e forse totalmente al di là delle possibilità dei singoli e dello stesso contesto. Certamente l’attività di diffusione del CIP è stato l’impegno più importante del prof. Giorgio di Simone, come lo furono i suoi testi e le sue pubblicazioni, ai quali Corrado Piancastelli non aggiunse molto, anche se la sua biografia, Il sorriso
di Giano, risulta basilare per comprendere la sua personale condizione
complessiva. Il fenomeno della medianità di Piancastelli era evidentemente molto più grande delle sue personali possibilità umane, una
sorta di grandezza indescrivibile e incontrollabile, non ben percepita,
compresa e sfruttata come tale. Nonostante ciò, Piancastelli applicò
tutto se stesso e, a parere di chi scrive, seguì comunque le giuste linee d’impostazione e i giusti obiettivi, quelli che complessivamente
erano richiesti dal suo momento storico e spirituale. Sviluppò bene la
sua funzione pionieristica specialmente nel campo della parapsicologia umanistica a proposito della quale scrisse, in una visuale felice e
armoniosa, l’opera I Fondamenti della parapsicologia umanistica, che
toccava un tema fondamentale della reale condizione umana e che è
forse il migliore in assoluto dei suoi scritti per intuizione e profonda
chiarezza espositiva. L’equilibrio esistenziale solitamente mal si associa ai grandi spiriti anche se a questo dovrebbero tendere, però complessivamente l’opera di Piancastelli seguì di fatto le grandi visioni e
indirizzi del suo Maestro: in questo non vediamo errore alcuno al di là
di tutto il malessere non conosciuto della sua personalità.
L’ultimo periodo della sua vita (da metà degli anni Novanta) vide
uno scadimento delle condizioni caratteriali – forse influenzate dalla
sua grande energia medianica – e divenne iroso, con scatti aggressivi
del tutto ingiustificati dei quali era peraltro conscio, come ebbe a confessare allo scrivente nel 1996. Aveva perso – diceva – la sua precedente calma e serenità.
Piancastelli aveva un grande obiettivo per il quale si batté strenuamente e in maniera continuativa: voleva dimostrare l’esistenza dell’anima, la sua realtà nell’uomo, un progetto certamente ambizioso e
84 Marcello Carraro
forse prematuro ma per nulla errato, profondamente coerente con la
visione spiritualista, e che parallelamente tendeva a una concezione
grandemente scientifica della medianità come fenomeno autentico
nell’uomo.
Siamo certi che ora il fratello Corrado ha ritrovato il suo grande Maestro di cui è stato il grande e impegnato tramite, e anche tutti coloro
che come lui hanno sostenuto la concezione spiritualista. Anche noi lo
sentiamo presente e vicino nella grandezza spirituale che certamente
possedeva, sicuri di reincontrarlo in un futuro senza tempo.
[email protected]
Dal 25 al 27 settembre 2015 a Cattolica il tradizione congresso del Movimento della Speranza
Il Congresso del Movimento della Speranza, giunto ormai alla
XXIX edizione, si svolgerà a Cattolica dal 25 al 27 settembre
2015, presso le strutture dell’Hotel Waldorf.
Questo il programma in via di definizione:
Luisiana Furlanetto e Nadia Renda: Medianità fisica: la ragione
crede a cio’ che l’occhio vede
Gabriella Ferrari: “La nostra nascita: 7 abbracci più 2
Krisztina Nemeth: HEALING VOICE- Guarigione spirituale
attraverso il canto medianico
Gianfranco Cuccoli: Archeologia e paranormale: il caso
Glastonbury
Grazia Francescato: Il mio incontro con gli angeli
Edda Cattani: Cos’è il Movimento della Speranza
Paola Gioovetti: Celebrità e misteri
Donatella Coda Zabetta: Sulla gioia
Osvaldo Sponzilli: Medicina vibrazionale e mondo dell’Anima
Carluccio Bonesso: Ti sei mai chiesto cos’è la felicità
e altri.
È prevista una Tavola Rotonda guidata dall’attore Enzo Decaro
sul tema “La fede e le opere”.
Numerosi sensitivi saranno a disposizione per incontri privati.
Nel prossimo numero di “Luce e Ombra” sarà pubblicato il programma definitivo.
85
Accadeva ieri
a cura di Giulia P. Tenti
Giovanni Papini intervista uno
spirito
Giovanni Papini (1881-1956),
scrittore e poeta fiorentino, indiscusso protagonista della vita
culturale italiana della prima
metà del Novecento, è autore di
molti racconti uno dei quali si
intitola Intervista con uno spirito ed è incluso nel primo volume
della sua Opera Omnia. Il racconto inizia con queste parole:
“In questi tempi di sedute medianiche e di comunicazioni spiritiche ho voluto entrare anch’io in
rapporti con uno spirito…”
Animato da una insaziabile
curiosità intellettuale, Papini si
interessò anche dei fenomeni
paranormali, avendo compagno
in queste sue scorribande esoteriche lo psichiatra RobertoAssagioli, anche lui residente a Firenze.
A quanto risulta, i due progettarono di partecipare alle sedute
della medium napoletana Eusapia Palladino, celebre per gli strabilianti fenomeni fisici che avvenivano nelle sue sedute: levitazioni, sollevamenti completi del
tavolo, venti freddi, apparizione
di mani fantasma che lasciavano
le loro impronte nell’argilla, luci
inspiegabili, apporti di oggetti e
altro ancora. Non abbiamo però
Giovanni Papini
testimonianze certe della partecipazione dei due studiosi alle
sedute.
Se non a quelle di Eusapia,
Papini partecipò di certo ad altre sedute medianiche: ne fa testimoninza il suo scritto sopra
citato che, sia pur pervaso dalla
tipica vis provocatoria dell’autore, rivela un’ottima conoscenza
della materia.
Capovolgendo ironicamente
i ruoli, ma non nascondendo attenzione e rispetto, Papini va subito oltre quella fenomenologia
che tanto intrigava gli scienziati
del tempo e passa direttamen-
86 Accadeva ieri
te ai contenuti del suo colloquio
con lo spirito.
“Appena ebbi chiamato lo spirito, mi accorsi subito che si trattava veramente di una ‘intelligenza
intelligente’ e non uno dei ‘soliti
ignoti’ che si limitano a trasportar tavole come facchini…’Leggo
nella tua anima’, cominciò lo spirito, ‘che non hai bisogno di giuochi scientifici per esser certo del
mio potere. Se tu fossi meno intelligente, potrei toglierti la seggiola
di sotto, far ballare per aria i tuoi
libri o tirarti i capelli fino a farti
male. Queste sono cose che fanno
impressione alle anime semplici
e agli scienziati, ma non val più
la pena di parlarne…Quello che
importa a noi, esseri intelligenti,
è stabilire relazioni regolari fra i
due mondi ed è per questo che ti
parlo’.
Lo spirito viene subito al dunque e spiega il sorprendente perchè della sua venuta:
“Voi vi immaginate di fare delle esperienze servendovi di noi e
vi illudete di arrivare a sapere chi
siamo, chi siamo stati e cosa facciamo e non vi siete accorti che
siamo noi che abbiamo compiuto queste esperienze per meglio
conoscervi! La nostra esistenza
è assai più antica delle pratiche
spiritiche e siamo proprio noi
che le abbiamo volontariamente
provocate per sapere qualcosa di
più della vostra vita e della vostra psicologia. Nei tempi passati
soltanto pochi fra noi avevano la
curiosità di conoscere gli uomini
e perciò le manifestazioni non avvenivano che in circostanze straordinarie. Da circa mezzo secolo,
invece, l’antropologia ha preso fra
noi un certo sviluppo e son cominciate fra gli spiriti grandi dispute
sulla questione se conveniva o no
stabilire rapporti regolari con esseri così inferiori a noi, come siete
voi. Finalmente abbiamo deciso di
sottomettervi a un periodo di prova e di fare una specie di inchiesta
sul vostro conto: per questo abbiamo inventato le sedute spiritiche
e abbiamo scelto quegli strumenti
di osservazione che voi chiamate
medium. Non avendo, come voi, la
noia di avere un corpo, abbiamo
avuto bisogno dei vostri corpi per
ottenere certe sensazioni e produrre certi effetti. Sappiate dunque che il medium non è che una
specie di canocchiale in carne e
ossa di cui ci serviamo per osservarvi meglio… Nello stesso tempo
in cui credevate di fare spontaneamente delle esperienze su di noi – e
con quali scarsi risultati lo sapete
meglio di me – noi siamo riusciti
invece a compiere numerosissime
esperienze su di voi e siamo giunti
ad avere una conoscenza delle vostre anime più profonda di quella
che voi stessi potete avere”.
L’inchiesta che lo spirito afferma di aver portato avanti con
i suoi colleghi non è stata, scrive
Papini, del tutto favorevole agli
esseri umani: paura, curiosità
infantile, superficialità, creduloneria o sciocco scetticismo sono
i nostri difetti, quelli che impe-
Accadeva Ieri
discono un contatto reale.. Difetti
gravi ma non irrimediabili, commenta ancora lo spirito, dai quali
possiamo emendarci:
“Non abbiamo ancora perduto
ogni speranza di rendervi degni
di entrare in vera comunione con
noi…”
Solo se ci impegnassimo al
massimo, aggiunge lo spirito, noi
umani potremmo pervenire a un
autentico, salutare contatto con
l’altra dimensione. Paradossale,
ma profondamente vero!
Spiritualista per vocazione,
Giovanni Papini parlò e scrisse
spesso dell’anima:
“Qual è la parte più alta, più ultima, più nobile e pura dell’uomo?”
87
si chiedeva. E rispondeva con sicurezza: “L’anima. Volendo agire
sull’uomo in senso innalzante, bisogna agire sull’anima; soltanto
nella direzione spirituale è possibile sperare in un cambiamento
di rotta, in un rivolgimento totale
degli esseri e dei valori. Nella vita
presente dell’individuo è già il
seme, il principio della vita futura
dell’uomo”.
Fuor di dubbio che l’apertura
allo spiritualismo e al mistero abbia costituito un terreno predisponente per la famosa conversione
di Papini al cattolicesimo, che avvenne intorno agli anni Venti con
la pubblicazione di uno dei suoi
libri più famosi, Storia di Cristo.
ALL’ATTENZIONE DEI LETTORI
L’allegato bollettino è da utilizzarsi
per il rinnovo dell’adesione alla Fondazione.
Chi avesse già provveduto, non ne tenga conto.
Ricordiamo che l’adesione alla Fondazione
è fondamentale per la vita della Fondazione stessa,
della Biblioteca, della rivista “Luce e Ombra”.
88 Notiziario
a cura di Paola Giovetti
XXI° GIORNATA DI STUDIO PRESSO LA FONDAZIONE
BIBLIOTECA BOZZANO DE BONI – 16 MAGGIO 2015
Si svolgerà il 16 maggio la XXI Giornata di Studio organizzata dalla Fondazione/Biblioteca Bozzano De Boni sul suggestivo tema
Le vie infinite della ricerca spirituale
Relatori:
• Krisztina Nemeth (cantante lirica, medium):
HEALING VOICE- Guarigione spirituale attraverso
il canto medianico (con coinvolgimento del pubblico)
• Giorgio Bongiovanni (stigmatizzato, ricercatore spirituale):
La verità sul terzo segreto di Fatima
• Elena Ledda (studiosa di G. D’Annunzio, archivista):
Spiritualità di Gabriele D’Annunzio
• Gianni Monduzzi (scrittore, editore):
Cercando Dio a modo mio
• Claudio Maneri (scrittore, ricercatore):
Cronaca di una Ri-nascita
Contributo alle spese per sostenere
le attività della Fondazione €15.
Si consiglia la prenotazione.
A Bologna il “viaggio oltre la
vita” degli Etruschi
Dal 25 ottobre al 22 febbraio è
stato possibile visitare a Bologna,
Palazzo Pepoli, sede del Museo
della Storia di Bologna, una mostra sugli etruschi centrata sul
loro concetto di Aldilà e sulle loro
credenze relative al “dopo”. La
mostra è stata realizzata in collaborazione col Museo Nazionale
di Villa Giulia di Roma, il maggior
museo etrusco d’Italia. In esposizione la tomba della Nave, dove il
Notiziario
tema del viaggio nell’Aldilà è presente per la prima volta, numerosi vasi e sculture relativi al tema
del grande viaggio, il clone del
Sarcofago degli Sposi rinvenuto a
Cerveteri, custodito a Villa Giulia
e non trasportabile, e tanti altri
oggetti che illustrano il concetto che gli etruschi avevano della
vita oltre la morte. Una mostra
originale e istruttiva, che contribuisce a far conoscere meglio un
popolo straordinario rimasto a
lungo misterioso.
I programmi della Comunità di
Findhorn
La comunità di Findhorn in Scozia è nata alcuni decenni or sono
in collaborazione con le forze
della natura ed è tesa a destare
il potenziale umano. Un soggiorno a Findhorn offre un approccio
olistico e invita a un cambiamento personale a livello di ecologia,
responsabilità personale, comunicazione, amore, gioia.
Ogni anno i responsabili di
Findhorn pubblicano una brochure con i programmi che vengono proposti. Base di tutto è
la cosidetta “experience week”,
la settimana di esperienza che
consente di rendersi conto di ciò
che Findhorn è e delle possibilità
che offre. Queste settimane sono
proposte ogni mese in inglese e
a volte anche in altre lingue, tra
cui l’italiano. Per il 2015 la settimana in italiano sarà dal 15 al
21 agosto. Poi durante tutto l’anno si susseguono corsi di ogni
89
tipo: dal management alla danza,
dalla pittura al giardinaggio, dal
gioco della trasformazione alla
meditazione e altro ancora. Per
maggiori informazioni: www.findhorn.org
Ulisse morì in Italia?
Le avventure di Ulisse si concludono, per chi conosce l’Odissea,
a Itaca dove il grande viaggiatore
ritrova moglie, figlio e regno. Di
quello che succede poi, Omero
non ci dice niente: il suo libro finisce con un sia pur faticoso happy end, al quale si può aggiungere lo scontatissimo “e vissero
felici e contenti”. Pare però che le
cose non siamo andate così e che
dopo il ritorno a Itaca l’infaticabile eroe non sia stato affatto in
pace, ma abbia dovuto affrontare altri guai e altri viaggi. Quanto meno ce ne parla un libro del
professor Nicola Calderone dal
titolo La seduzione di pietra (edizioni Calosci di Cortona), che si
basa sugli storici greci Teopompo e Licofrone, secondo i quali
Ulisse sarebbe arrivato nella città
italiana di Gortunaia, nella quale
è possibile identificare Cortona.
Come mai Ulisse lasciò Itaca? A
quanto sembra, per contrasti con
la moglie Penelope: l’eroe sarebbe tornato in Italia, dove avrebbe
incontrato Enea scampato alla distruzione di Troia; si sarebbe poi
rifugiato a Cortona, dove sarebbe
morto e sarebbe stato sepolto.
Se non si sa con esattezza dove
sia la tomba di Ulisse, ammesso
90 Notiziario
che veramente si trovi nella zona
di Cortona, è invece certo che a
Cortona morì e fu sepolto Pitagora: una tomba conosciuta come
“Grotta di Pitagora” è ancor oggi
molto visitata dai turisti.
A Cervia (RA) a maggio un convegno sul tema “Oltre il confine”
Si svolgerà nei giorni 22-23-24
maggio 2015 a Cervia (Ravenna),
su iniziativa di Carla Castagnini, promotrice dell’Associazione
Culturale “Casa dell’Albero” di
Fossoli (Carpi-MO) un convegno
sul tema “Oltre il confine”
(Club Hotel Dante – Tel 0544 977448)
Relatori: Giulietta Bandiera,
Enzo Braschi, Nader Butto, Mauro Cesati Cassin, Cristina Contini,
Mario Dalla Torre, Giuliano Falciani, Paola Giovetti, Fabio Manfredini, Luigi Maselli, Don Sergio Messina, Roberto Montefusco, Laura
Paradiso, Sue Rowlands, Agnese
Sartori, Igor Sibaldi, e altri.
Per informazioni
Centro Culturale l’Albero – Fossoli - Modena
[email protected]
Tel. 335 6684108
A Milano il 25 aprile un convegno su “Cancro e Anima”
Si svolgerà a Milano sabato 25
aprile 2015 (h. 10 – 20) presso l’Auditorium Pime (via Moisè Bianchi 94) un convegno sul
tema:
Cancro e Anima
La guarigione possibile
organizzato dal Gruppo Editoriale Anima
Una giornata per parlare del
nuovo approccio alla malattia,
della scelta terapeutica e della
rinascita possibile: una guarigione che non riguarda soltanto la
malattia in sé, ma anche l’anima
della persona ammalata.
Con la partecipazione di noti
medici integrati e le testimonianze di chi è guarito.
Moderatrice la nota giornalista e scrittrice Giulietta Bandiera.
Tra i relatori: Prof. Maurizio
Grandi, oncologo; Dott. Erica Poli
psichiatra, Prof. Piermario Biava
– oncologo, ricercatore e autore di libri. Prof. Franco Berrino,
medico epidemiologo (cancro e
alimentazione), Chiara Stoppa,
attrice – autrice del libro e dello spettacolo teatrale “Il ritratto
della salute - Alla faccia del cancro”, Dott. Ennio Caggiano, medico chirurgo esperto in medicina
difensiva; Padre Antonio Gentili,
barnabita, esperto di meditazione; Serena Milano, autrice del
libro “Ho scelto di guarire”; Stefano Tonelli, pittore; Beatrice Del
Borrello, ricercatrice spirituale.
Iscrizione €20
Per informazioni e prenotazioni:
Tel. 02 72080619 –
Email: amministrazione@anima
eventi.com
91
Recensioni
a cura di Paola Giovetti
Carmelo di Coimbra: Un cammino sotto lo sguardo di MariaBiografia di suor Lucia di Gesù,
Edizioni OCD, Roma 2014,
pagg. 532, € 24
Dieci anni fa, il 13 febbraio 2005,
moriva a Coimbra, nel Carmelo,
suor Lucia, la pastorella di Fatima: aveva 97 anni, essendo nata
nel 1907, ed era l’ultima sopravvissuta dei tre bambini che nel
lontano 1917 erano stati testimoni delle celebri apparizioni
della Madonna. Giacinta e Francisco, suoi cugini, appena più giovani di lei, erano morti poco tempo dopo le apparizioni, come la
Madonna aveva preannunciato,
Lucia era rimasta “per qualche
tempo ancora” per testimoniare.
E questo lei aveva fatto, pur nella
massima discrezione, per tutta la
sua lunga vita.
Entrata nella vita religiosa
come novizia nel 1926, prima
era stata suora dorotea e poi, a
partire del 1948, carmelitana a
Coimbra: finalmente la clausura,
che aveva sempre desiderato per
portersi dedicare totalmente alla
contemplazione e alla preghiera. Amatissima nel suo Paese e
in tutto il mondo cattolico, suor
Lucia – pur vivendo in clausura
- era sempre rimasta in contatto con l’esterno attraverso i suoi
scritti ed era ritornata più volte a
Fatima per ricorrenze e incontri
particolari.
Della sua vita all’interno del
monastero, del suo carattere,
delle sue esperienze spirituali,
delle sue occupazioni si sapeva
però pochissimo. Ora questo libro, redatto dalle monache del
Carmelo di Coimbra sulla base
dei loro ricordi personali, delle lettere di suor Lucia e a suor
Lucia e dei tanti altri suoi scritti,
viene a colmare una lacuna e ci fa
conoscere più da vicino una persona che non è esagerato definire straordinaria.
Assistiamo così, attraverso le
parole di Lucia stessa, a tutte le
vicende della sua vita: le apparizioni, a lei e ai cuginetti, dell’angelo che in un certo senso preparò i bambini allo Straordinario
che doveva venire, le sei apparizioni della Madonna che ebbero
il loro culmine nel “miracolo del
sole”; i messaggi della Vergine,
le difficoltà che accompagnarono e seguirono quegli eventi fino
al loro riconoscimento da parte
della Chiesa, la morte precoce
dei cugini, le scelte di vita di Lucia, l’entrata in convento e poi la
clausura, gli incontri con i Papi, il
famoso terzo segreto di cui tanto
si è parlato e certamente si conti-
92 Recensioni
nuerà a parlare. E poi gli incontri
fondamentali, quelli con la Madonna che ancora la visitò nella
sua cella e di cui Lucia ha lasciato
testimonianza.
Con mano felice le compagne
di Lucia, le carmelitane, raccontano anche la Lucia privata, il
suo carattere sempre allegro, il
suo gusto per gli amabili piccoli scherzi, la sua generosità nei
confronti di tutti, l’immensa devozione a Gesù e alla Madonna,
l’attesa gioiosa e fiduciosa del
gran momento in cui si sarebbe
riunita a loro.
Cinquecento e più pagine che
si leggono d’un fiato e che, a mio
giudizio, chi si interessa di spiritualità dovrebbe conoscere.
Raffaele e Tommaso De Chirico, Cagliostro, un Nobile Viaggiatore del XVIII secolo, Ed.
Mnamon, Milano, novembre
2014, pagg. 432, € 16.
Tommaso De Chirico, Il conte
di Cagliostro nel suo tempo, Ed.
Mnamon, Milano, novembre
2014, pagg. 316, € 14.
Entrambi i libri sono acquistabili presso il sito amazon.it, nei
due formati, ebook1 e stampa2.
1 Il titolo dell’ebook: Cagliostro, un Nobile
Viaggiatore del XVIII secolo, racchiude
nello stesso formato i due volumi cartacei
al prezzo di € 7. E’ reperibile anche presso
l’Editore mnamon.it., e nei siti: bookrepublic,
hoepli.it, ibs.it, feltrinelli.i
2 t. I due libri in formato cartaceo si vendono
separatamente, ma ne viene consigliato
l’acquisto contemporaneo.
Per contatti con l’Editore:
[email protected].
Nati dalla riflessione sugli studi di Raffaele De Chirico intorno
alla figura del conte di Cagliostro, trascritti e commentati dal
figlio Tommaso, i due libri sono il
frutto di un’appassionata ricerca
pluridecennale degli autori in biblioteche europee e negli archivi
di Stato italiani e vaticani.
Il primo libro, che è la stesura autografa dell’opera scritta
circa cinquant’anni fa da Raffaele, espone una versione inedita della storia del personaggio;
il secondo, suddiviso in sezioni,
comprendenti le biografie cronologiche del conte di Cagliostro,
di Giuseppe Balsamo, di Lorenza
Felciani e di Serafina Feliciani,
gli argomenti e i personaggi contemporanei, scritto a commento
e completamento del precedente
volume, offre un’ampia visione
panoramica, che si svolge nell’arco temporale all’incrocio di due
secoli, degli eventi più caratteristici della vita del Grande Maestro.
La narrazione si presenta
come un affresco storiografico
del tutto originale, e le figure
tratteggiate nei due volumi assumono dimensioni epiche, al
punto da far apparire irrilevante
quanto è stato finora scritto su
Cagliostro, personaggio che ha
sempre suscitato discordi e opposti giudizi.
Il testo, nel quale gli autori
Recensioni
propongono una teoria innovativa sulla vita, dai misteri della
nascita ai dubbi sulla morte, del
conte di Cagliostro, espone, con
prove documentate, una teoria
del tutto discordante dalla realtà sinora ufficialmente nota sul
protagonista e sui suoi comprimari, tesi che può essere così
sintetizzata: non solo il conte di
Cagliostro e Giuseppe Balsamo
erano due persone diverse, ma
anche le rispettive mogli, Serafina Feliciani e Lorenza Feliciani,
avevano una differente identità.
A parte questo contenuto,
dall’importanza peraltro non secondaria, il libro è anche il pretesto per fornire al pubblico in
generale, e ai bibliofili appassionati alle vicende del XVIII secolo
in particolare, una cronaca dettagliata e commentata del periodo
storico che va dalla soppressione della Compagnia di Gesù del
1773 alla Rivoluzione francese
del 1789.
I numerosi riferimenti a episodi e a personaggi dell’epoca,
che fanno da sfondo alle vicende del conte di Cagliostro, coinvolgono il lettore in un clima di
suspence tra realtà e romanzo.
Nel complesso, tutta l’opera ridimensiona l’immagine del conte di Cagliostro e del ruolo che
ha avuto nell’Illuminismo il suo
Rito di Massoneria Egizia, testo
di profonda impregnazione esoterica che scuote le coscienze e
porta una nuova ventata di spiritualismo in una società fondata
93
sul materialismo scientifico, politico e culturale.
(Luce e Ombra)
Donatella Coda Zabetta: Il coraggio di ascoltarsi – Guardare
le cose cambiando prospettiva, Edizioni Mediterranee Roma
2014, pag. 190, €13,50
L’autrice di questo piacevole e
simpatico libro, Donatella Coda
Zabetta, è una persona singolare.
Nata nel 1964, laureata in scienze
naturali, dopo più di vent’anni di
lavoro imprenditoriale ha deciso
di cambiare rotta, di dare un diverso indirizzo alla sua vita e da
qualche anno, più esattamente
dal 2009, si dedica a tempo pieno
alle cose che la interessano e la
coinvolgono veramente: la natura, gli animali (vive, oltre che col
marito e i figli, anche con due asini, cinque caprette, tre gatti e un
cane), la meditazione, la ricerca
interiore e lo studio delle religioni e delle antiche medicine tradizionali. Un programma davvero
invidiabile - e una grande grazia
potercisi dedicare completamente, anche se per Donatella arrivare a tanto non è stato indolore
e le è costato non poco a livello
personale e familiare.
Va detto anche che Donatella
canalizza e nel libro di cui ci stiamo occupando riporta il frutto
delle sue meditazioni profonde
che le portano conoscenze nuove
sui temi che più hanno a che fare
con la nostra interiorità e che
sono quelli ai quali il libro è dedi-
Recensioni
94 cato: spirito e materia, il dolore e
la sua accettazione, paure debolezze. mente, anima e coscienza,
karma e liberazione, il perdono,
l’amore, la verità e tanti altri.
Le canalizzazioni avvengono in
stato di meditazione profonda e
portano a Donatella gli insegnamenti di quelli che ha chiamato
Maestri della Gerarchia Spirituale, che le vengono incontro quando lei è nello stato di coscienza
giusto.
Come dice il sottotitolo, scopo
del libro è mostrare che si possono guardare le cose anche in maniera diversa da quella abituale e
che siamo noi i principali fautori
del nostro benessere, della nostra crescita e del nostro equilibrio interiore. Preso atto di questa potenzialità, non resta che
mettersi al lavoro per ampliare
i nostri orizzonti e dare un senso autentico al nostro esistere
– e in questo importantissimo
lavoro una aiuto può venire dal
libro di cui ci stiamo occupando,
dal quale si possono distillare
piccole-grandi gocce di saggezza. Il punto di vista dell’autrice
sui diversi temi trattati è sempre accompagnato da quello dei
Maestri, che ampliano, puntualizzano, spiegano. Un libro utile,
denso di notizie e riflessioni, che
si legge con vero piacere.
Louise E. Rhine: PsicocinesiLa Mente domina la Materia,
Golem Libri, Roma, pagg. 400
€16.00
Louise Rhine (1891-1983),
moglie di Joseph B. Rhine (18951980), il “padre” della parapsicologia moderna, e sua collega
e collaboratrice nell’attività di
ricerca presso la Duke University
di Durham (North Carolina), ha
dato un contributo importantissimo alla ricerca psichica. Mentre
il marito sperimentava in laboratorio col metodo quantitativo e
l’analisi statistica, lei raccoglieva
esperienze spontanee di telepatia, chiaroveggenza, precognizione e psicocinesi (PK): migliaia e
migliaia di casi che ha descritto
in vari libri, uno dei quali – dedicato alla psicocinesi – è quello
di cui ci stiamo occupando. Edito in versione originale col titolo Mind over Matter nel 1970, il
libro, pubblicato ora in Italia per
la prima volta nell’ottima traduzione di Alessio Casale, raccoglie una casistica imponente che
suggerisce la possibilità che la
mente possa influire sulla materia, e viene a colmare una lacuna,
in quanto sul tema “psicocinesi”
ben poco di sistematico e ben documentato era finora stato pubblicato nella nostra lingua. Una
potenzialità, quella di influire
con la mente sulla materia, poco
nota ma che merita di essere studiata con grande attenzione perchè la sua dimostrazione potrebbe modificare alquanto la visione
di noi stessi.
Come racconta nell’introduzione Sally, la figlia dei coniugi
Rhine che all’epoca già lavorava-
Recensioni
no alla Duke, lo stimolo a studiare
con metodo la psicocinesi venne
da un giocatore d’azzardo professionista che nel 1934 si presentò nel loro studio sostenendo
(e poi dimostrando) di riuscire,
in certi casi, a ottenere i risultati
voluti nel lancio dei dadi. Davvero è possibile influenzare la
caduta dei dadi o di altri oggetti
con la sola interazione mentale e
in maniera misurabile che escluda qualsiasi spiegazione alternativa? Di qui ebbe inizio la celebre
sperimentazione di laboratorio
con valutazione statistica di Joseph Rhine con i dadi, nonché
l’interesse di sua moglie per la
psicosinesi in generale: gli eventi che si verificano spontaneamente al momento della morte
di qualcuno (caduta di quadri,
orologi che si fermano, campanelli che suonano da soli ecc.),
l’influenzamento della caduta
dei dadi, delle biglie e sulle pellicole fotografiche, i test di imposizione delle mani sulle piante, sui
funghi, sugli esseri umani. Una
casistica vastissima, che chiunque si interessi di ricerca psichica dovrebbe conoscere. Il libro
contiene anche una utilissima
appendice, e cioè un aggiornamento sulla psicocinesi dal 1968
ad oggi del noto parapsicologo
dott. Massimo Biondi. All’editore di Golem Libri vanno quindi
di diritto molti complimenti per
questa iniziativa che sarà salutata con interesse dalla comunità
parapsicologica – e non solo.
95
Giorgio di Simone: …oltre ogni
angolo di cielo… Poesie, Liriche ed
Elegie - Edizioni del Centro Studi
Italiano di Parapsicologia – Genova 2014. pagg. 84. s. p.
Dopo una vita a contatto con i
fenomeni paranormali, particolarmente quelli medianici, scrivendo libri e articoli ove prevale
l’osservazione dovuta alla sua
esperienza nel campo della fenomenologia paranormale con
le relative conseguenze, Giorgio
di Simone ci stupisce non poco
con questa raccolta, praticamente scritta nell’arco di molti anni,
che rivela ancora una volta il suo
pensiero, dove prevale l’intuizione, come ci dice lo stesso Autore
nella premessa.
Giorgio di Simone non crede
in Dio nel senso religioso del termine. E’ certo che Dio c’è, che Dio
esiste, che è Infinito, per una serie di tanti importanti eventi oggettivi che hanno costellato tutta
la sua vita umana: Il soffio di Dio,
L’ Anticamera di Dio, La Connessione Divina sono i suoi ultimi lavori che dibattono il problema in
una maniera diversa, direi nuova;
non è semplice però far accettare
concetti e pensieri che vanno oltre il conformismo imperante.
Leggendo i versi di Giorgio di
Simone si capisce che provengono da un’anima che da sempre ha
ricercato la più ampia libertà di
pensiero e, si può proprio dire,
ha “…scandagliato ogni angolo di
cielo…”
“Symbole” e l’ “Entità A”, mae-
96 Luce e Ombra, vol. 115, fasc. 1, gennaio-marzo 2015
stri spirituali di grandissima evoluzione, che ha studiato e meditato a fondo, anno dopo anno,
rappresentano le sue certezze,
sono i suoi punti fermi, sono i
capisaldi dai quali è partito per
iniziare l’avventura umana che
l’ha portato verso una strada irta
di difficoltà, ma anche di grande
gratificazione,
Io l’ho seguito per la maggior parte della mia vita, in una
ricerca che offre tanto materiale all’uomo di buona volontà: la
ricerca dell’anima, che da molti,
purtroppo, è considerata superflua, perché l’anima è ritenuta
un ente astratto, inesistente. Ma
Giorgio di Simone ha raggiunto
anche un’altra certezza: è sicuro
che lo spirito, la nostra interiorità, o comunque la vogliamo chiamare, sopravviva dopo la morte
e segua un’evoluzione, una conoscenza eterna ed infinita.
Io devo ringraziarlo, perché
fu lui che mi diede la possibilità,
molti anni or sono, di seguire la
ricerca dell’anima a più alti livelli.
Dei suoi versi mi piace ricordare questi:
Vivere nel tempo
vuol dire non essere
(Silvio Ravaldini)
Il 5 per mille per sostenere le attività della
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mille è simile in tutti i modelli.
Il Presidente
Silvio Ravaldini
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