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L’idea dell’Assoluto nel mondo attraverso la storia L’idea e l’aspirazione all’Assoluto nell’influenzare, sotto i diversi aspetti, la vita dei popoli, la loro arte e il loro sentire è stata da sempre una costante in tutte le civiltà: in ogni tempo esse hanno creduto all’esistenza di forze superiori. Greci e Romani credevano in numerose divinità simili all’uomo, ma molto più potenti; hanno arricchito i loro pantheon e la loro mitologia di esseri divini e semidivini, talvolta proiezioni delle loro pulsioni, dei loro desideri e del modo di interpretare la natura nel suo manifestarsi agli uomini. Gli Ebrei sono stati il primo popolo ad avere introdotto il monoteismo, ovvero la credenza in un unico Dio Onnipotente. La stessa fede caratterizza anche il Cristianesimo e l’Islam. Oggi, molti uomini, pur credendo in Dio, non aderiscono a nessuna confessione in particolare (agnostici) oppure rifiutano qualunque fede religiosa (atei). Le religioni tradizionali si fondano per lo più sulla venerazione delle forze naturali e sul culto degli antenati; quelle rivelate (GIUDAISMO, CRISTIANESIMO, ISLAM), credono in un Dio che si rivela nella storia, comunicando con l’uomo che risponde affidandosi alla divinità con un atto di fede. Le religioni orientali tendono a presentare la divinità come una forza impersonale e sono state da sempre inclini al panteismo, fin dal tempo in cui anche nelle antiche civiltà (egizia, mesopotamica, greca, romana ecc….) andavano diffondendosi le religioni politeistiche ….. LA RELIGIONE GRECO-ROMANA I GRECI E IL DIVINO I ROMANI E IL DIVINO LA RELIGIONE MISTERICA Misteri Eleusini Misteri orfici Londra British Museum, Rilievo con apoteosi di Omero (225-205 a.C.) I GRECI E IL DIVINO Il mondo greco ha avuto nei confronti del divino atteggiamenti diversi e talvolta contrapposti: si va così dal politeismo tradizionale, consacrato dai poemi omerici ed esiodei, accolti dal mito con le loro divinità antropomorfe, capricciose, litigiose e lascive, agli atteggiamenti più razionalistici di poeti e filosofi. Questi, attribuendo alla divinità una diversa caratterizzazione, le conferiscono una natura di volta in volta differente e, abbandonato ogni antropomorfismo, riescono a descriverla o come unica e trascendente o come totalmente estranea alle umane vicende o come dotata di una natura tale da risultare pressoché impossibile all’uomo comprenderla. “Stai attento a te, figlio di Tideo: indietro! Saranno sempre due razze distinte, quelle degli dèi immortali e degli uomini che camminano sulla terra” Omero, Iliade V, 440-442 Idria attica a figure rosse del cosiddetto “Pittore di Berlino”: Apollo sul tripode delfico. Tra le maggiori divinità dell’Olimpo greco, è il Dio che manda le punizioni e scaccia il male, ma è soprattutto il dio che si esprime per mezzo di numerosi oracoli; tra i più famosi, quello di Delfi. Mantova, Palazzo Tè, Giulio Romano (14991546): scena in cui è narrato e descritto l’episodio mitico dell’attacco dei Giganti alla dimora divina. La grandezza e la contraddizione degli dèi trova qui ampia e potente rappresentazione. Il rifiuto della divinità omerica è presente, per la prima volta in maniera dichiarata, in Senofane di Colofone (VI sec. a.C.). Lo stesso autore è anticipatore di una ricerca intorno ad una divinità onnicomprensiva, una e immobile. Tutto agli dèi attribuirono Omero ed Esiodo. Quanto presso gli uomini sono vergogna e biasimo: rubare, commettere adulterio, e ingannarsi l’un l’altro. Silli fr. 10 D. Nella sua totalità vede, nella sua totalità apprende, nella sua totalità ode. Della natura fr. 20 D. D’altra parte sono altrettanto note le posizioni di filosofi che, pur riconoscendo l’esistenza degli dèi, ne mettono in discussione la possibilità di un loro intervento nel mondo reale. Epicuro (IV-III secolo a.C.) afferma di loro: “[....] Per prima cosa considera la divinità come un essere indistruttibile e beato, secondo quanto suggerisce la comune nozione del divino, e non attribuire ad essa niente che sia estraneo all’immortalità o discorde dalla beatitudine; riguardo ad essa pensa invece a tutto ciò che è capace di preservare la felicità congiunta all’immortalità. Gli dèi esistono: evidente è infatti la loro conoscenza; non esistono piuttosto nella maniera in cui li considerano i più, perché così come li reputano vengono a toglier loro ogni fondamento di esistenza [....]” Lettera a Meneceo, 123 Protagora (V secolo a.C.), intanto, aveva già dichiarato il suo scetticismo, a proposito delle possibilità che hanno gli uomini di giungere ad una comprensione piena del divino: “Riguardo agli dèi, io non ho la possibilità di sapere né che esistono né che non esistono né di quale natura siano nella parvenza esteriore: molti infatti sono gli ostacoli che ne impediscono la conoscenza, la loro impercettibilità e la brevità della vita umana.” Degli dèi, fr. 4 D.K. Una rassegna del pensiero greco, su come andasse elaborando la sua idea sulle divinità, sulle qualità da attribuire loro o su un’entità superiore, unica e immutabile, non può certamente trascurare Platone e il neo-platonismo. Così Plotino (III secolo a.C.) descrive l’essenza dell’Uno, “generatrice di tutte le cose”: “[....] essa non è nessuna di quelle cose: essa non è pertanto “qualcosa”, né è qualità, né quantità, né Spirito, né Anima; non è neppure “in movimento” né, d’altronde, “in quiete”; non è “in uno spazio”; non è “in un tempo”; essa è invece l’Ideale solitario, tutto chiuso in se stesso o, meglio, l’Informe, che esiste prima di ogni ideale, prima del moto, prima della quiete; poiché tali valori aderiscono all’essere e lo fanno molteplice [....]”. VI, 9,3 Firenze. Museo degli Uffizi, Vaso Francois di Vulci (570 a.C.), Ares Platone aveva già asserito: “[....] Ne dobbiamo dunque concludere - affermai - che poiché dio è buono, egli non è la causa di tutto, come volgarmente si dice: egli è causa di una minima parte delle cose umane, non della maggioranza ché i nostri beni sono quasi un nulla di fronte ai nostri mali: egli è soltanto la causa dei beni; ma dei mali altrove che in dio va ricercato il principio [....]”. Platone, Repubblica, XVIII, 379b-d Roma. Museo Museo Nazionale, Trono Ludovisi (460 a.C.), Nascita di Afrodite. I ROMANI E IL DIVINO Lo spirito più pragmatico dei romani, meno inclini alla profondità e alle sottigliezze del pensiero greco, non li rese di certo estranei alla possibilità di interrogarsi sull’esistenza degli dèi, come a quella di concepire un’unità immutabile, eterna e indivisibile. Nel celebre “Elogio di Epicuro” il filosofo greco è ampiamente osannato da Lucrezio per avere, per primo, “infranto le porte dell’universo” “[....] E dunque prevalse il vivido vigore dell'animo, ed egli si inoltrò lontano, oltre le fiammeggianti mura del mondo, e il tutto immenso percorse con la mente e col cuore, a cui vittorioso riporta a noi quel che possa nascere, quel che non possa, infine per quale modo ogni cosa abbia un potere finito e un termine, profondamente confitto. Quindi la religione è a sua volta sottomessa e calpestata, mentre la vittoria ci uguaglia al cielo. Questo, a tale proposito, io temo: che per caso tu creda d'essere iniziato ai fondamenti d'una dottrina empia e d'entrare nella via della scelleratezza. Poiché invece, assai spesso, proprio la religione cagionò azioni scellerate ed empie [....]” De rerum Natura, 72-82 Assistiamo, in Lucrezio, ad una vera e propria condanna della religio, intesa qui come superstizione, come sentimento apportatore di comportamenti devianti rispetto alla razionalità (come nel caso di Ifigenia, la figlia di Agamennone, sacrificata alla vergine Diana affinché la flotta greca in partenza per Troia potesse avere un viaggio fausto e fortunato). In un vero e proprio “rovesciamento delle parti” la religione è sottomessa, mentre al greco Epicuro va il merito di aver reso possibile all’uomo di sentirsi simile ad un dio. Pompei. Casa del poeta tragico, Affresco (I secolo d. C.), scena del sacrificio di Ifigenia. Da un fronte opposto, Cicerone, dopo che, in sogno, Scipione l’Africano ha descritto al nipote Scipione Emiliano la dimora ultraterrena destinata ai virtuosi, ai grandi e ai forti reggitori degli stati dove potranno godere della meritata immortalità, fa dire all’Emiliano: “[....] Allora, o Africano, se davvero per chi vanta dei meriti verso la patria si apre una sorta di sentiero per l'accesso al cielo, io, sebbene fin dall'infanzia, calcando le orme di mio padre e le tue, non sia mai venuto meno al vostro decoro, adesso tuttavia, di fronte a una ricompensa così grande, mi impegnerò con attenzione molto maggiore». Ed egli: «Sì, impegnati e tieni sempre per certo che non tu sei mortale, ma lo è questo tuo corpo: non rappresenti infatti ciò che la tua figura esterna manifesta, ma l'essere di ciascuno di noi è la mente, non certo l'aspetto esteriore che si può indicare col dito. Sappi, dunque, che tu sei un dio, se davvero è un dio colui che vive, percepisce, ricorda, prevede, regge e regola e muove il corpo cui è preposto, negli stessi termini in cui quel dio sommo governa questo universo; e come quel dio eterno dà movimento all'universo, mortale sotto un certo aspetto, così l'anima eterna muove il fragile corpo [....]”. Cicerone, Dello Stato VI, 8, 26 LA RELIGIONE MISTERICA Il termine “Misteri” designa alcune esperienze religiose proprie del mondo antico (età ellenistico-romana) che offrivano risposta ai problemi estranei all’orizzonte della religione pubblica e concernevano il significato dell’esistenza e la salvezza dell’individuo. Si posero in alternativa al culto ufficiale. L’aspetto costitutivo è l’elemento iniziatico, il segreto nel senso di árreton, cioè di “indicibile”. Gli iniziati sono vincolati al silenzio rispetto ai non iniziati (il termine “mistero” sembra risalire alla radice indeuropea *mu, indicante il dito sulle labbra per intimare il silenzio; greco mýō: “sto chiuso”). La promessa di salvezza era fondata sul mito di una divinità che muore e rinasce e si connette ad una “visione periodica” del mondo, che comprende il ritmo vita-morte, alla luce dell’alternarsi delle stagioni e dei fenomeni naturali. Londra. Tate Gallery, Olio su tela, D. G. Rossetti (1828-1882), Proserpina. Misteri Eleusini: I più famosi tra i misteri del mondo antico sono quelli di Eleusi, legati al culto di Demetra e Persefone e celebrati ad Eleusi, città posta sul golfo saronico, a 20 km da Atene. L’iniziazione avveniva in due fasi: la prima rendeva mystaí (“coloro che hanno gli occhi chiusi” e attendono di vedere con la rivelazione o “hanno la bocca chiusa” e non possono rivelare segreti acquisiti); la seconda rendeva epóptai (“coloro che hanno la visione”). Ciò che avveniva all’interno del Telestérion doveva essere tenuto segreto. Gli iniziati potevano così divenire mystagogoí (guide dei misteri) e seguire così negli anni successivi il cammino dei nuovi iniziandi. Questi si preparavano ai misteri con sacrifici, abluzioni e alcuni giorni di digiuno rituale. Pompei. Villa dei Misteri (I secolo d.C.), scena tratta dalla rappresentazione figurata di una serie di momenti, probabilmente legati alla celebrazione di misteri. Si distinguono i “piccoli misteri” e i “grandi misteri”; i primi si svolgevano alla presenza dell’arconte re e dei sacerdoti di Eleusi; avevano una funzione di purificazione preliminare e culminavano con un sacrificio solenne a Demetra e Persefone e con abluzioni nel fiume Ilisso. I “grandi misteri” avevano la durata di almeno una settimana; secondo una tradizione erano stati rivelati da Demetra in occasione del suo passaggio ad Eleusi, durante la ricerca della figlia Persefone, rapita dal re degli inferi Ade che concesse a Persefone di tornare ogni anno sulla terra per un periodo determinato, durante il quale la terra fioriva, producendo frutti. Pertanto è probabile che i culti di Eleusi avessero, almeno inizialmente, un carattere agricolo. “Demetra dalle belle chiome, dea veneranda, io comincio a cantare, e con lei la figlia dalle belle caviglie, che Aidoneo rapì; lo conduceva Zeus dal fuoco profondo, che vede lontano, eludendo Demetra dalla spada d’oro, dea delle splendide messi mentre giocava con le fanciulle dal florido seno, figlie di Oceano, e coglieva fiori: rose, croco, e belle viole, sul tenero prato; e le iridi e il giacinto; e il narciso, che aveva generato, insidia per la fanciulla dal roseo volto, la terra, per volere di Zeus compiacendo il dio che molti uomini accoglie [....]” Inno a Demetra 1-9 Pompei. Villa dei Misteri (I secolo d.C.), scena tratta dalla rappresentazione figurata di una serie di momenti, probabilmente legati alla celebrazione di misteri. Nell’immagine una scena di gioia legata verosimilmente alla nascita di Dioniso. Orfismo: Il movimento religioso noto con il nome di orfismo, fu fondato secondo la tradizione dal cantore tracio Orfeo. Possediamo conoscenze imperfette e frammentarie, tuttavia gli studi sulla sua genesi mostrano il movimento come una riforma iniziata in seno alla religione di Dioniso e destinata a rovesciarla in senso ascetico. Orfeo è visto come l’antico fondatore delle nuove pratiche iniziatiche (Vegetarianesimo e forme di disciplina spirituale). La dimensione formale poetica è requisito essenziale della religione orfica. Roma. Casa Museo di Giorgio de Chirico, Orfeo trovatore stanco, 1970. Napoli. Museo Archeologico Nazionale, Artemide efesia in alabastro e bronzo (II secolo d.C.). Venerata come dea della vegetazione e della fecondità umana e animale, è in particolare relazione con la vita femminile e con le religioni a carattere misterico. “Artemide canto, che strali agita d'oro, la vergine amica di strepiti, arciera che i cervi colpisce, sorella di Apollo che d'oro ha la spada la dea che su ombrosi monti, su rupi che il vento flagella, ebbra correndo alla caccia l'arco distende tutto fulgido d'oro, e dardi scocca mortiferi, treman le balze dei monti sublimi, l'urlo di fiere ferite riecheggia per l'ombre dell'immensa foresta; si turba la terra e il mare pescoso. Con animo ardente la dea d'ogni parte s'aggira e stirpi ferine distrugge. Se poi finalmente si stanca di strage, paga nell'animo lieto l'arciera divina l'arco rallenta e si reca al tempio di Febo, suo caro fratello, a Delfi famosa, per guidare alla danza le Muse e le Cariti. Ivi arco lasciato e faretra, si adorna di splendide vesti e si appresta a danzare. La voce immortale si eleva: cantano Leto di snelle caviglie come diede alla luce i suoi figli eminenti fra i numi immortali per senno e per opere. Salute, figli di Zeus e di Leto bella di chiome: a voi penserò un nuovo inno intonando.“ Inno orfico a Demetra L’EBRAISMO Caratteri generali Diffusione Simbolo Il nome di Dio La concezione di Dio Brani scelti CARATTERI GENERALI L’Ebraismo è una delle religioni più importanti nell’umanità, non tanto per il numero dei suoi fedeli, quanto per l’incidenza culturale e religiosa che ha avuto nel mondo. Si tratta infatti della storia di un popolo che ha attraversato circa quaranta secoli, alcuni molto sofferti e difficili, arrivando fino ai nostri giorni ancora forte e vitale; della più antica religione monoteista dell’umanità da cui derivano la religione cristiana e quella islamica. Spesso per indicare questa religione si usa il termine “giudaismo” che indica il ritorno degli ebrei nella loro terra, dopo l’esilio babilonese (tra il 538 e il 515 a.C.). Gli elementi caratteristici sono la fedeltà a Dio, alla Torah, al popolo e alla Terra secondo la promessa fatta da Dio ad Abramo. DIFFUSIONE Il numero totale degli ebrei ammonta oggi a quasi 18 milioni, ovvero allo 0,4% della popolazione mondiale. Il 44% vive in Nord America, il 22% nell’Asia Meridionale e il 18% nell’ex Unione sovietica. La religione ebraica è diffusa oggi in 112 paesi, ma solo in Israele costituisce la religione della maggioranza della popolazione; negli altri paesi è in posizione minoritaria. Il 41% di tutti gli Ebrei vive negli Stati Uniti e costituisce circa il 3% della popolazione; nell’ex Unione Sovietica rappresenta l’1,2% degli abitanti. Del milione e mezzo di ebrei che vivono in Europa, circa 600.000 si trovano in Francia e quasi 470.000 in Gran Bretagna. SIMBOLO La Stella di David, simbolo molto diffuso nel mondo antico, è composta dall’intreccio di due triangolo sovrapposti: uno con il vertice verso l’alto, l’altro con il vertice verso il basso. I due triangoli intrecciati rappresentano l’unione tra Dio e il popolo. Il candelabro a sette bracci “menorah”, è un antico simbolo ebraico che ricorda quelli che originariamente si trovavano nel Tempio di Gerusalemme. Il braccio centrale indica il sabato e gli altri sei i giorni della creazione. Indica, inoltre la capacità di Dio di vedere ogni cosa come se avesse sette occhi. Esso si collega direttamente ad un passo biblico (Es 25,31 sgg.) in cui si prescrive di ottenere dalla lavorazione di un unico pezzo d’oro un candelabro a sette bracci, ciascuno dei quali terminante in un calice a fiore di mandorlo. IL NOME DI DIO Dio rivela a Mosè il Suo Nome: “Io sono colui che È”, Io sono il Signore, “Dirai agli Israeliti: Io sono mi ha mandato a voi”, “Il Dio dei vostri padri, di Abramo, di Isacco e di Giacobbe mi ha mandato a voi”. La parola ebraica “Jahwè” deriva dal verbo “essere”; significa perciò che Egli è l’Esistente, l’Eterno. Esprime anche il suo “Essere creativo, la sua “presenza attiva” con il suo popolo. JHWH ci viene presentato come il Dio geloso (nel senso di esclusivo), “misericordioso e pietoso, lento all’ira , ricco di grazia e di fedeltà” (Es. 34,6), pronto al perdono e al castigo dei colpevoli. Mostrandosi nel relativo della storia JHWH è apparso come liberatore possibile, per un popolo eletto in modo unico. All’avvicinarsi dell’era cristiana, il giudaismo eviterà, per rispetto, di pronunciare il nome divino e gli sostituirà l’appellativo Adonai, il Signore (in greco Kyrios). Solo il sommo sacerdote ne pronunciava ancora il nome, entrando nel luogo santissimo il giorno del gran perdono ( Kippur). LA CONCEZIONE DI DIO La professione di fede d’Israele in JHWH suo Dio non ha mai trascurato di prendere radicalmente le distanze dagli idoli (idolatria), cioè dai quasi innumerevoli titolari dei pantheon egiziano e assiro babilonese e delle divinità cananee. Jhwh è l’unico Dio dell’universo, onnipotente creatore del cielo e della terra. La professione di fede giudaica sull’eternità e sull’unicità di Dio è basata sulle parole bibliche: “Ascolta Israele, Jhwh è il tuo Dio, Jhwh è unico” L’affermazione di JHWH è stata l’accettazione di un Assoluto che non tollerava alcuna immagine scolpita ( Es. 20,4), alcuna rappresentazione forgiata a misura degli uomini e delle loro necessità. Sostenendo che Dio è unico (monoteismo) e che tutto il resto è opera sua o non esiste, la fede in Dio ha come corollario e condizione la mondanizzazione del cielo e dellaTerra. Importante è il concetto di elezione, realtà che conferisce una missione ad un popolo specifico, non ad uso interno, ma a favore di tutto l’universo. Il monoteismo ebraico non è che il nome astratto di un rapporto concreto che è l’Alleanza. La nazione ebraica è testimone, attraverso la sua esistenza provvidenziale, umanamente inspiegabile, di un Signore che le dice: “ In mezzo alle nazioni che ti opprimono, io sono qui per te, io, l’Unico che denuncia questi idoli tanto vani quanto opprimenti”. BRANI SCELTI Lo Shema (letteralmente “ascolta”), è il credo della fede ebraica che proclama l’unicità di Dio, la ricompensa per i giusti, l’invito alla preghiera rituale in ricordo dell’alleanza. “Ascolta, Israele, [….] il Signore è il nostro Dio, il Signore è uno solo. Tu amerai il Signore tuo Dio, con tutto il cuore, con tutta l’anima e con tutte le forze [….] Ora, se obbedite ai comandi che oggi vi do, amando il Signore, vostro Dio e servendolo con tutto il cuore e con tutta l’anima, io darò al vostro presente la pioggia al suo tempo [….]. Porrete dunque nel cuore e nell’anima queste mie parole; ve le legherete alla mano come un segno e le terrete come un pendaglio tra gli occhi” [….]. (Dt. 6,3-8; 11,13-21) “Tu sia lodato, Eterno, Dio nostro, re dell’universo”. Benedizione “Io sono il Signore, tuo Dio, che ti ho fatto uscire dal paese d’Egitto, dalla condizione di schiavitù: non avrai altri dèi di fronte a me. Non ti farai idolo né immagine alcuna di ciò che è lassù nel cielo né di ciò che è quaggiù sulla Terra, né di ciò che è nelle acque sotto la terra. Non ti prostrerai davanti a loro e non li servirai. Perché io il Signore, sono il tuo Dio, un Dio geloso, che punisce la colpa dei padri nei figli fino alla terza e alla quarta generazione, per coloro che mi odiano, ma che dimostra il suo favore fino a mille generazioni, per quelli che mi amano ed osservano i miei comandi. Non pronuncerai invano il nome del Signore, tuo Dio, perché il Signore non lascerà impunito chi pronuncia il nome invano. Ricordati del giorno di sabato per santificarlo: sei giorni faticherai e farai ogni tuo lavoro; ma il settimo giorno è il sabato in onore del Signore, tuo Dio , tu non farai alcun lavoro, né tu, né tuo figlio, né tua figlia, né il tuo schiavo, né la tua schiava, né il tuo bestiame, né il forestiero che dimora presso di te. Perché in sei giorni il Signore ha fatto il cielo e la terra e il mare e quanto è in essi, ma si è riposato il giorno settimo. Perciò il Signore ha benedetto il giorno di sabato e lo ha dichiarato sacro. Onora tuo padre e tua madre, perché si prolunghino i tuoi giorni nel paese che ti dà il Signore, tuo Dio. Non uccidere. Non commettere adulterio. Non rubare. Non pronunciare falsa testimonianza contro il tuo prossimo. Non desiderare la moglie del tuo prossimo, né il suo schiavo, né la sua schiava, né il suo bue, né il suo asino, né alcuna cosa che appartenga al tuo prossimo”. DECALOGO (Es. 20,2-17) IL CRISTIANESIMO Caratteri generali Diffusione Simbolo Concezione di Dio Dio nel messaggio evangelico Un Dio trinitario Le eresie cristologiche Cristo nell’arte Brani scelti CARATTERI GENERALI Il Cristianesimo è la più grande religione dell’umanità , fondata sul messaggio di Gesù di Nazareth, nato a Betlemme tra l’8 e il 4 a.C., riconosciuto dai credenti come Cristo (dal greco “unto”, consacrato da Dio ed equivalente al termine ebraico Messia) e Signore. Esso annuncia al mondo la “Buona notizia” dell’Amore di Dio nei confronti di tutti gli uomini, soprattutto per i più poveri e bisognosi, non solo da un punto di vista materiale, ma anche spirituale. DIFFUSIONE Il Cristianesimo, che ha connessioni profonde con l’Ebraismo , è fra le religioni più diffuse del mondo. Attualmente il numero totale dei cristiani è di circa un miliardo e mezzo, cioè il 32% della popolazione mondiale. Il 27% dei cristiani vive in Europa, il 25% nell’America Latina. IL Cristianesimo è diffuso in 223 paesi ed è la religione maggioritaria ( più del 50% della popolazione) in 138 Stati. SIMBOLO La croce, simbolo della crocifissione di Gesù, rappresenta il suo amore per l’umanità e sintetizza, anche visivamente, il messaggio cristiano. L’asta verticale si richiama direttamente a Dio, mentre quella orizzontale abbraccia tutti gli uomini. Il Cristianesimo con l’Incarnazione e la Resurrezione del Cristo è l’incrocio tra il cielo e la terra, tra la divinità e l’ umanità, testimoniando una speranza senza fine. LA CONCEZIONE DI DIO Nella religione cristiana Dio è considerato il Creatore e il Signore dell’universo che si è gradualmente rivelato all’uomo. Tale manifestazione ha raggiunto il compimento con il mistero dell’Incarnazione: Dio si è incarnato in Cristo, assumendo tutti i pregi e i limiti della condizione umana, fino a vincere anche sulla morte. Con la sua Risurrezione Cristo ha redento il mondo, riscattando e valorizzando ogni aspetto materiale (anche i corpi mortali risorgeranno), aprendolo ad una speranza senza fine. DIO NEL MESSAGGIO EVANGELICO Il nucleo della “Buona notizia” trasmesso da Gesù Cristo è incentrato sulla venuta imminente del Regno di Dio. Gesù riprende la presentazione che Dio aveva fatto di se stesso a Mosè: “Io sono il Dio di Abramo, il Dio di Isacco e di Giacobbe” e conclude: “Non è un Dio dei morti ma dei viventi” (Mc 12,26 ss.) Il Dio di Gesù è un Padre buono e misericordioso (Lc 15). Gesù non si stanca di testimoniare l’amore del Padre per i piccoli, i bambini, gli emarginati, i pubblici peccatori… L’affermazione più importante del cristianesimo riguardo al divino è che “Dio è Amore” ( 1 Gv 4,8). Se Dio è comunità d’Amore, gli uomini sono chiamati ad essere fratelli vivendo lo stesso Amore di Dio (Carità). Il Dio di Gesù Cristo non è un Padre bonario, ma il Giudice che fa la cernita tra il grano buono e la zizzania. Il grido “Abbà! Padre” manifesta l’intimità, ma anche la dipendenza radicale, lo stare di fronte, ma anche la distanza. Il termine affettuoso usato nei confronti di Dio, non era abituale nell’ebraismo del tempo. E’ lo stesso Gesù che può dire: “Nessuno conosce il Figlio se non il Padre e nessuno conosce il Padre se non il Figlio” (Mt. 11,27) e nel Getsemani: “Padre mio, se è possibile, passi da me questo calice!” ( Mt. 26,39). UN DIO TRINITARIO Le rappresentazioni di Dio mutuate dalla religione ebraica sono articolate in maniera trinitaria nel Cristianesimo. La Trinità (dal latino trinitas) indica la fede, basata sulle Scritture del Nuovo Testamento, in un unico Dio (monoteismo) che si manifesta in tre persone (triade), uguali e distinte: Padre, Figlio e Spirito Santo. La formulazione del dogma trinitario è avvenuta gradualmente nei primi secoli della cristianità ed è stata definita dai Concili di Nicea (325) e Costantinopoli (381). Attualmente, insieme alla fede in Cristo risorto, è alla base del credo riconosciuto dalle principali confessioni cristiane. Quadro di scuola fiamminga (secolo XVI) raffigurante la Santa Trinità . Madrid, Prado. Tiziano, Visione della SS. Trinità (1551-1554). LE ERESIE CRISTOLOGICHE Durante la prima età cristiana vi sono state diverse interpretazioni circa il Dio uno e trino, composto da tre persone perfettamente uguali per natura e dignità • I Monarchiani che volevano conservare intatta e illimitata la “monarchia” di Dio, cioè la sua assoluta unicità, interpretarono la persona di Gesù Cristo come un uomo che è legato a Dio solo dal fatto di ospitare in sé la forza divina. • L’Adozionismo è una definizione globale per le diversi correnti che considerano Gesù Cristo un uomo provvisto di spirito divino adottato da Dio come figlio, e quindi tale per adozione, non per natura. • Il Modalismo è una concezione secondo la quale Cristo rappresenta un modo di manifestarsi di Dio. • Il Subordinazionismo ovvero la concezione della subordinazione del Figlio al Padre. • L’Arianesimo è la cristologia secondo cui Cristo non è per natura consustanziale al Padre, ma è solo la creatura più eccelsa di Dio. • I Macedoniani per i quali non è ammissibile l’estensione allo Spirito Santo della sostanza divina del Padre e del Figlio. • Gli Arminiani credono, invece, che l’Essere Divino sia composto da tre persone uguali per natura, ma di grado diverso. • Per i Sociniani Cristo è un uomo elevato da Dio a maestà divina ed è, da allora, Dio per l’eternità, mentre lo Spirito Santo è una forza che agisce per la santificazione degli uomini. CRISTO NELL’ARTE Tra le iconografie più potenti dell’arte si distingue quella del CRISTO PANTOCRATORE, affermatasi in età bizantina e medievale, soprattutto presente nei mosaici ed affreschi absidali. Gesù è ritratto in atteggiamento maestoso e severo, seduto su un trono, nell'atto di benedire con le tre dita della mano destra, secondo l'uso ortodosso. Il Cristo Pantocratore è raffigurato nei ricchi mosaici dorati che decorano le più importanti chiese cristiane, come la Basilica cattedrale di Morreale a Palermo o la basilica di Santa Sofia a Costantinopoli. BRANI SCELTI In Principio Dio creò il cielo e la terra. Ora la terra era informe e deserta e le tenebre ricoprivano l’abisso e lo spirito di Dio aleggiava sulle acque. (Genesi 1,1-2) Dio creò l’uomo a sua immagine; a immagine di Dio lo creò: maschio e femmina li creò. (Genesi 1,27) “Io sono il Dio di tuo padre, il Dio di Abramo, il Dio di Isacco, il Dio di Giacobbe”. Mosè allora si velò il viso, perché aveva paura di guardare verso Dio. ( Es. 3,6) “Il Padre vostro celeste perdonerà anche a voi; ma se voi non perdonerete agli uomini, neppure il Padre vostro perdonerà le vostre colpe”. (Mt. 6,14-15) “Io sono il Signore, tuo Dio, che ti ho fatto uscire dal paese d’Egitto, dalla condizione di schiavitù: non avrai altri dèi di fronte a me. Non ti farai idolo né immagine alcuna di ciò che è lassù nel cielo né di ciò che è quaggiù sulla Terra, né di ciò che è nelle acque sotto la terra. Non ti prostrerai davanti a loro e non li servirai. Perché io il Signore, sono il tuo Dio, un Dio geloso, che punisce la colpa dei padri nei figli fino alla terza e alla quarta generazione, per coloro che mi odiano, ma che dimostra il suo favore fino a mille generazioni, per quelli che mi amano ed osservano i miei comandi. Non pronuncerai invano il nome del Signore, tuo Dio, perché il Signore non lascerà impunito chi pronuncia il nome invano. Ricordati del giorno di sabato per santificarlo: sei giorni faticherai e farai ogni tuo lavoro; ma il settimo giorno è il sabato in onore del Signore, tuo Dio , tu non farai alcun lavoro, né tu, né tuo figlio, né tua figlia, né il tuo schiavo, né la tua schiava, né il tuo bestiame, né il forestiero che dimora presso di te. Perché in sei giorni il Signore ha fatto il cielo e la terra e il mare e quanto è in essi, ma si è riposato il giorno settimo. Perciò il Signore ha benedetto il giorno di sabato e lo ha dichiarato sacro. Onora tuo padre e tua madre, perché si prolunghino i tuoi giorni nel paese che ti dà il Signore, tuo Dio. Non uccidere. Non commettere adulterio. Non rubare. Non pronunciare falsa testimonianza contro il tuo prossimo. Non desiderare la moglie del tuo prossimo, né il suo schiavo, né la sua schiava, né il suo bue, né il suo asino, né alcuna cosa che appartenga al tuo prossimo”. DECALOGO (Es. 20,2-17) SIMBOLO DI NICEA – COSTANTINOPOLI Credo in un solo Dio onnipotente creatore del cielo e della terra, di tutte le cose visibili ed invisibili. Credo in un solo Signore, Gesù Cristo, unigenito Figlio di Dio, nato dal Padre, prima di tutti i secoli: Dio da Dio, Luce da Luce, Dio vero da Dio vero, generato, non creato, della stessa sostanza del Padre; per mezzo di Lui tutte le cose sono state create. Per noi uomini e per la nostra salvezza discese dal cielo, e per opera dello Spirito Santo si è incarnato nel seno della Vergine Maria e si è fatto uomo. Fu crocifisso per noi sotto Ponzio Pilato, morì e fu sepolto. Il terzo giorno è risuscitato, secondo le Scritture, e salito al cielo, siede alla destra del Padre. E di nuovo verrà a giudicare i vivi e i morti, ed il suo regno non avrà fine. Credo nello Spirito Santo, che è Signore e dà la vita, e procede dal Padre e dal Figlio: con il Padre e il Figlio è adorato e glorificato, e ha parlato per mezzo dei profeti. Credo la Chiesa, una, santa, cattolica e apostolica. Professo un solo Battesimo per il perdono dei peccati. Aspetto la Risurrezione dei morti e la vita del mondo che verrà. Amen Religione islamica Simbolo Diffusione attuale Caratteristiche generali Il fondatore Dio nell’Islam Brani scelti CARATTERI GENERALI L’Islam nasce nel VI sec. d.C. nella penisola arabica. Il termine deriva dall’arabo al-islam e indica l’abbandono o la sottomissione a Dio. Esso fonda il suo credo, il culto e la pratica di vita sul sublime Corano e sulla nobile Sunna, abbracciando tutti gli aspetti dell’esistenza umana. Infatti è inseparabilmente religione (din), sistema di governo (dawla) e vita quotidiana (dunya). DIFFUSIONE ATTUALE I musulmani costituiscono la seconda comunità religiosa del mondo: il loro numero complessivo equivale a circa il 17% della popolazione mondiale. Di essi, circa il 65% vive nell’Asia Occidentale e Meridionale e il 26% in Africa. Attualmente l’Islam è diffuso in 162 paesi. Dei nove milioni circa di Musulmani che vivono in Europa, oltre due si trovano nella ex Iugoslavia, un milione e mezzo in Francia e un altro milione nella Repubblica Federale Tedesca. SIMBOLO La mezzaluna o hilal è diventato il simbolo universale dell’Islam. Ricorda l’evento miracoloso descritto nel Corano (sura 54) e il calendario lunare che regola la vita dei credenti. La mezzaluna insieme alla stella nascente è il simbolo di Allah che rischiara la vita di ogni fedele, come la luna di notte, indicandogli la strada da seguire, come la stella che indica il Nord. IL FONDATORE Maometto (Muhammad in arabo) era originario de La Mecca. A circa quarant’anni Dio gli si rivelò attraverso l’arcangelo Gabriele. Con la predicazione della rivelazione del Corano promosse il culto della Ka’ba per l’adorazione di un unico Dio (Allah). Il NOME DI DIO Il termine Allah, contrazione dell’espressione araba al-ilah, “la Divinità” per eccellenza, designa l’unico Essere Supremo. Con la parola ilah (siriano: alaha, ebraico: el) già usata in epoca preislamica, viene designata qualsiasi divinità in senso generico, mentre col termine Allah s’intende la divinità sola e unica; nel Corano il nome di Dio risulta accompagnato da numerosi attributi; la pietà islamica li ha raccolti formulandone l’elenco dei 99 bei nomi di Dio, di cui Allah è l’ultimo. C’è anche un centesimo nome che Dio rivela, personalmente, a pochi eletti. Dio nell’Islam La teologia islamica afferma la fede in Allah, Dio unico, trascendente, dotato di un’assoluta libertà. Tutto è creato da Dio ed è bene solo ciò che Egli vuole. All’uomo non resta, dunque, che affidarsi totalmente a Lui e adorarlo. Nel Corano il nome di Dio è frequente. In esso è affermata con insistenza l’unicità di Dio. Egli è potente, potentissimo, onnipotente, forte, dominatore, dominante, invincibile, signore e re….. La sua potenza si manifesta in modo primario nella creazione. Il libro sacro presenta anche la misericordia di Dio. Versetti rari ma espliciti esprimono la sua vicinanza all’uomo e il loro amore reciproco. La misericordia di Dio si misura soprattutto in base a questo immenso beneficio: la direzione o guida che Egli concede agli uomini dirigendoli verso di sé, attraverso l’invio dei profeti e il dono della sua Rivelazione. L’uomo deve tornare a Dio, in quanto suo creatore e giudice. “Dio solo è grande”: questa esclamazione apre la preghiera rituale musulmana e la scandisce con la sua ripetizione, stabilendo il primato assoluto di Dio. BRANI SCELTI “ Egli è l’unico Dio, il Dio eterno. Egli non genera e non è generato, e nessuno è pari a lui. (Corano 112) “La carità non consiste nel volgere i volti verso l’Oriente e l’Occidente, ma nel credere in Allah e nell’Ultimo giorno, negli Angeli, nel Libro e nei Profeti e nel dare, dei propri beni, per amore suo, ai parenti, agli orfani, ai poveri, ai viandanti diseredati, ai mendicanti e per liberare gli schiavi, e assolvere la sâlat e versare la zakat. Coloro che mantengono fede agli impegni presi, coloro che sono pazienti nelle avversità e nelle ristrettezze e nella guerra, ecco coloro che sono veritieri, ecco i timorati”. (Corano 2,177) “ Dite: <<Crediamo in Allah e in quello che è stato fatto Scendere su di noi e in quello che è stato fatto Scendere su Abramo, Ismaele, Isacco, Giacobbe E sulle tribù e in quello che è stato dato a Mosè. E a Gesù e in tutto quello che è stato dato ai Profeti da parte del loro Signore, non facciamo differenza alcuna tra di loro e a Lui siamo sottomessi>>” (Corano 2,13) “Gloria a te o Allah con la tua lode. Benedetto sia il tuo nome ed esaltata sia la tua magnificenza . Non c’è Dio tranne te” “Nel nome di Dio, clemente e misericordioso! Sia lode a Dio, il Signore del creato, il Clemente, il Misericordioso, il Padrone del giorno del Giudizio! Te noi invochiamo in aiuto: guidaci per la retta via, la via di coloro sui quali hai effuso la Tua grazia, la via di coloro con i quali non sei adirato, la via di quelli che non vagano nell’errore!” (Corano 1) “O Allah , allontanami dai miei peccati come allontani l’ Oriente dall’ Occidente; o Allah, purificami, dalle mie colpe come si purifica la veste bianca dalla sporcizia; o Allah, lava i miei peccati con l’ acqua la neve e la grandine” Caratteri generali della religione Origine e diffusione Simbolo I molteplici aspetti dell’induismo Samsara, Kama e Karma Divinità: la Trimurti e le divinità secondarie Brani scelti ORIGINE E DIFFUSIONE Il termine “indù”, come il nome dell'India, deriva dal sanscrito Shindu, fiume che i persiani chiamavano Hindu ed i greci traducevano come Indoí. Più tardi, a seguito dell'invasione islamica, l'India fu chiamata Hindustan. Il termine “Induismo” è di origine persiana e veniva usato per indicare gli abitanti dell’India non islamizzati; oggi per Induismo intendiamo quel complesso mosaico di religioni e di culture che, antico di tremila anni, nasce nel grande museo dell’umanità “India”. La storia dell'Induismo più antico viene suddivisa in due fasi: la fase vedica, caratterizzata dalla pratica dei sacrifici e dal culto di un numero molto elevato di divinità e la fase post-vedica o brahmanica, in cui sia il sacrificio, sia molte delle divinità vediche perdono importanza, e compare il dio creatore Prajapati (identificato con il Brahmā, l'Assoluto). Gli induisti rappresentano la terza comunità religiosa del mondo. La maggior parte di essi vive in Asia meridionale, e in particolare in India. Sono 650.000.000, cioè il 13% della popolazione mondiale, per il 99% in Asia e, in particolare, nella repubblica indiana. Distribuzione dei principali gruppi religiosi in India. Il colore rosa evidenzia la maggiore presenza induista rispetto alle altre, pur presenti, confessioni (mussulmana, cristiana, sikh). SIMBOLO Om (o Aum), la parola più santa per la religione Indù, è il più importante simbolo religioso dell‘Induismo, il suono primordiale, sintesi di ogni preghiera, rituale o formula sacra. È un segno carico di un messaggio simbolico profondo: è considerato come la vibrazione divina primitiva (Pranava) da cui ha avuto origine l'universo manifesto; rappresenta quindi la base metafisica di tutte le esistenze, l'abbraccio e la fusione di tutta la natura nella Verità Ultima. Da un punto di vista descrittivo, il “3” indica la trinità di dio, che crea, conserva e distrugge; la “O” è il simbolo meditativo del contatto con la divinità. CONCEZIONE DEL DIVINO L‘Induismo è contemporaneamente una religione monolatrica, panteista e politeista. È monolatrica perché non vi è alcuna difficoltà per gli indù nel definire l‘Assoluto, come unico, inconoscibile, misterioso e trascendente. Oltre alla trascendenza, altro carattere del divino è la sua onnipresenza (panteismo): ogni aspetto della natura e del cosmo è pervaso della presenza divina. Innumerevoli infine sono le potenze soprannaturali cui si tributa un culto: per questo possiamo parlare di politeismo. Nell’Induismo vi è la consapevolezza che dio è Infinito e si manifesta in infiniti modi: ogni singola divinità sottolinea un particolare aspetto di dio. Vengono attribuiti un nome e un aspetto diversi a ogni manifestazione e a ogni caratteristica dell’Assoluto. LA CONCEZIONE DELL’UOMO L’uomo è considerato una manifestazione divina; attraverso la scoperta del suo ātman (principio spirituale, il sé, l’anima individuale, eterna immutabile, non creata, indistruttibile) si manifestano le caratteristiche proprie del divino. La condizione umana può essere superata per giungere a quella divina, solo il divino è permanente: tutto quanto è temporaneo (maya: i rapporti con la famiglia, la casta, il corpo e la materia) deve annullarsi. L’uomo è legato al ciclo del tempo e delle eterne rinascite (saṃsāra) e ciò che determina la reincarnazione è il karma, ovvero l’effetto delle azioni nella vita successiva. La vita dell’uomo è perciò regolata, come il cosmo, dall’eterna legge del dharma (destino). Interesse e compito dell’uomo è quello di reincarnarsi in una forma di vita superiore a quella precedente, sino al raggiungimento della liberazione dal saṃsāra (moksa). LA TRIMURTI E LE DIVINITÀ SECONDARIE Nel pantheon induista numerose sono le figure di dèi e semidei, come pure personificazioni della natura , spiriti e demoni, di volta in volta guidati da una divinità centrale: Vishnu , Śiva o Durga. Vishnu (conservatore), Śiva (distruttore), insieme a Brahmā (creatore) costituiscono la Trimūrti. Il termine “trimurti” è composto da “tri-”, radice che rimanda al numero “tre” e da “mūrti”, “corpo solido”, “materia”, “forma” e, principalmente, “statua” o “immagine”. Alla Trimurti sono associate varie divinità secondarie. Brahmā: il regolatore della legge del karma e creatore dell'universo. Śiva: il distruttore e, nello stesso tempo, rigeneratore del mondo, colui che dispensa la morte, ma anche la vita. Vishnu: il conservatore del mondo. Egli si manifesta in determinati momenti della storia del cosmo attraverso un'incarnazione, per riportare l'ordine fra gli uomini, minacciati da una condizione di instabilità. Parvati: sposa di Siva, rappresenta la duplice personificazione dell’Assoluto. Rispecchia l’aspetto della madre del mondo che è al tempo stesso dispensatrice e distruttrice della vita. È particolarmente venerate dalle donne sposate che pregandola chiedono salute e longevità per i loro mariti. Sarasvati: colei che scorre. E’ protettrice della musica, della poesia, della sapienza e del discorso. E’ moglie di Brahma ed il suo attributo fondamentale è il suo Sithar. Ganesha: figlio di Siva e Parvati. E’ venerato sia da Buddhisti, Induisti e Giainisti. E’ il Dio della saggezza. Ganesha è protettore della scienza, della scrittura e della scuola. Inoltre viene invocato quando si deve sostenere qualche prova, perché elimina qualsiasi ostacolo e difficoltà. Ganesha viene considerato un essere colmo di amore e difficile da snervare. …"Privo di suono, senza forma, intangibile, non decadibile, senza sapore e odore, senza inizio e fine, immutabile, eterno, trascendente tutta la natura, ineffabile. Coloro i quali possono realizzarlo, ed essi solamente, sono liberi dalle fauci della morte" Katha Upanishad …"È attraverso la conoscenza superiore che raggiungeremo l'informale. La scienza divina ci svela la conoscenza di quella realtà che trascende i sensi, rivela il principio, la causa incausata di tutto, l'Uno che non ha forma né nome“ Mundaka Upanishad “Questo supremo Brahman, atman universale, immensa dimora di tutto ciò che esiste, più sottile di ogni cosa sottile, costante: in verità te stesso, perché Tu sei Quello” Kaivalya Upanishad “Quando si è conosciuto l’atman supremo, che riposa in un posto nascosto, senza parti e senza dualità, quale Testimone, esente dall’essere e dal non-essere, si perviene alla condizione dell’atman universale” Kaivalya Upanishad “Solo lo stolto crede nella staticità e nel principio dell’immodificabilità”. “Attraverso il solo studio delle scritture o con l’erudizione non si può realizzare l’ Atman, e nemmeno tramite l’intellettualismo e i dibattiti in aula” Katha Upanishad “Realtà, Conoscenza, Infinito sono Brahman. Nel mondo delle cose periture: nome, forma, tempo, spazio, causalità; quello che non perisce è l’Imperituro. Colui che dimora eternamente anche al di la del nome, della forma, del tempo-spazio e della causalità, e che viene designato con la parola Quello, ha nome Atman supremo. Io non posso esser scorto sotto le forme dello spazio, del soffio vitale e altre limitazioni. Sono libero dalla forma, dal nome e dall’azione. Sono il Brahman, fatto di Esistenza, Coscienza e Beatitudine. Questa è la Reale Scienza” Sarvasara Upanishad IL BUDDHISMO Caratteri generali Diffusione Simbolo L’idea di Dio Le divinità e il cosmo Il Buddha nelle diverse interpretazioni Il Nirvāna Brani scelti CARATTERI GENERALI Il termine “Buddhismo” deriva dal titolo onorifico del Buddha (sanscrito “il risvegliato”), attribuito al principe Siddhārta Gautama originario di Kapilavastu, nella regione himalayana. Il Buddhismo ebbe origine in India nel VI secolo a.C., in alternativa al Brahmanesimo, dopo che il principe scoprì, al termine di una lunga ricerca, la soluzione al problema del dolore umano; rimasto turbato all’incontro causale con la sofferenza e con la morte dedicò tutta la vita a questo problema. Il Buddhismo non si pone domande che considera metafisiche, come ad esempio l’esistenza di Dio, ma nasce proprio con l’intento di insegnare a tutti quello che il giovane Siddhārta ha scoperto dopo una lunga notte di meditazione, in cui era diventato Buddha: l’origine del dolore e la via per liberarsene (Nirvāna). Rilievo della stele di Barhut (India), Immagine del Buddha. “il risvegliato”, principe indiano fondatore del Buddhismo. È rappresentato mentre la “buona legge” rivela agli dèi che ancora non ne erano a conoscenza. DIFFUSIONE Il Buddhismo si diffuse attraverso due scuole principali: quella mahāyāna (del “Grande Veicolo”) presente soprattutto in Tibet, in Cina, in Corea e in Giappone e che ha reinterpretato più ampiamente il pensiero del fondatore, e quella hināyanā (del “Piccolo Veicolo”) o theravāda (“dottrina degli anziani”), forma più antica e classica del Buddhismo, che conquistò il Sud-est asiatico. Il Buddhismo, diffuso in 84 paesi, ha una comunità di fedeli nel mondo pari a 360 milioni (dato aggiornato al 2004), in massima parte concentrati nell’Asia Sudorientale. In Europa comunità buddhiste vivono tra Gran Bretagna, Francia e Germania. Espansione del Buddhismo dalle origini al XV secolo con l’indicazione dei principali luoghi di culto con reliquie (stūpa), templi scavati nella roccia “caitya”, montagne sacre e altri importanti centri. I tre colori diversi fanno riferimento alle tre diverse principali scuole e correnti: Hināyāna, Mahāyāna e Vajrayāna. SIMBOLO La “ruota della legge” (dharmacakra) è il simbolo della dottrina del Buddha: si richiama nella tradizione indiana, al sole, il cui dio, Sūrya, siede in basso. La “ruota della vita” tibetana rappresenta il perpetuo ciclo delle nascite e delle morti nell’infinità circolare del tempo. L’IDEA DI DIO Il Buddha non ha mai risposto alla domanda sull’esistenza di Dio, non considerandola fondamentale ai fini della salvezza. Quando gli veniva chiesto se esisteva una divinità trascendente, egli si limitava ad indicare come via la strada che conduce gli esseri umani alla liberazione. Il Buddhismo è portatore di un’intuizione molto profonda della realtà dell’Assoluto, che può essere espresso solo “negativamente”, ovvero, dichiarando ciò che “non è”: così, negli Udāna (III,3), si afferma: “C’è un non-nato, non-causato, noncreato, non-formato....”. Tutto nel cosmo, esseri e cose, è impermanente, destinato al mutamento e alla distruzione; tutto è puro fenomeno: non vi è dunque né anima individuale, né Dio unico eterno e creatore. LE DIVINITÀ E IL COSMO Il posto e l’importanza della divinità sono del tutto secondari: la contestazione radicale del divino comporta la relativizzazione degli esseri celesti o divini. La cosmologia buddhista, accettando le diverse divinità appartenenti alle tradizioni religiose induiste, è tale da dare ampio spazio ad esseri concepiti come celesti incorporei ma “mortali”, dalla natura superiore a quella dell’uomo; con essi gli uomini devono trattare come con degli umani più potenti. Queste divinità non possono, però, concorrere alla salvezza dell’uomo ed esse stesse hanno bisogno di essere liberate dalla catena delle rinascite per accedere al Nirvāna. L’universo è costituito da più strati; il mondo degli uomini si trova tra i cieli al di sopra e gli inferi al di sotto. A ciascuno strato fanno capo classi differenti di esseri celesti, suddivisi in cinque categorie: dèi, esseri umani, animali, fantasmi e demoni. Tutti possono comparire sulla terra, ma di solito gli dèi abitano il cielo, i demoni gli inferi. Miniatura ottocentesca da Bali (Indocina): Buddha nell’incontro con gli spiriti del Bene e del Male IL BUDDHA NELLE DIVERSE INTERPRETAZIONI A seconda delle grandi correnti del Buddhismo, il Buddha e i Bodhisattva sono onorati come divinità e soggetti a diverse interpretazioni. La Hināyāna (Piccolo Veicolo) lo considera l’essere più saggio, più nobile e più benevolo dell’attuale era cosmica; egli stesso non si considera una divinità, bensì colui che indica la via della salvezza. Il Buddhismo Mahāyāna (Grande Veicolo) considera Gautama la manifestazione visibile di un Buddha ultraterreno dalla triplice essenza (trikaya “i tre corpi” del Buddha): il corpo della “creazione”, legata al tempo e allo spazio “il corpo del godimento”, “il corpo della legge”. Nel suo terzo aspetto il Buddha coincide con l’Assoluto: è pura essenza, illuminazione suprema; è la buddhità presente nella dimensione più profonda di tutti gli esseri e di tutte le cose. I tre corpi vengono concepiti come emanazione di un “Buddha originario” (Adibuddha), pura luce che, attraverso cinque meditazioni creano i cinque episodi centrali della vita del Buddha storico. I cinque Bodhisattva non possono però rendere partecipi l’uomo del loro Nirvāna. A farlo sono perciò i cinque Dhyani Bodhisattva (Bodhisattva della meditazione), creatori del mondo nel corso delle ere cosmiche. Il più celebrato tra questi è Avalokitésvara che rinuncia al Nirvāna per far sì che tutta l’umanità possa conseguire l’illuminazione. Bronzo indiano del XVI-XVII secolo con la raffigurazione del Bodhisattva Avalokitésvara con undici teste IL NIRVANA Secondo la dottrina del Hināyāna, il Nirvāna è la liberazione, già realizzabile in questa vita, dai legami che trattengono l’essere nel ciclo delle trasmigrazioni (saṃsāra ): i legami dell’ignoranza, del desiderio e dell’odio, dell’illusione e delle varie passioni. Vi si perviene grazie all’osservanza di una morale rigorosa e con la pratica assidua di meditazioni ed esercizi simili allo yoga. Il Nirvāna (letteralmente “dispersione estinzione” perciò, coincide con la liberazione definitiva da ogni rinascita. Divenuto arhant, l’uomo, così liberato, può ancora vivere a lungo, ma alla sua morte non rinascerà più in nessun modo: se quest’ultimo ha infatti ottenuto il suo Nirvāna è liberato dal ciclo delle trasmigrazioni. Seguire però la lunga Via della Liberazione per arrivare il più presto possibile al Nirvāna comporta l’obbligo di rinunciare alla vita ordinaria e di condurre una vita errante, di asceta “mendicante” (bhiksu, parola che viene di solito tradotta con “monaco”). BRANI SCELTI "In primo luogo a tutto ciò che è male rinuncia, e poi a credere nell'Io, renditi infine libero da tutto, e allora certo diverrai un saggio".