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Il gardioul - Le minoranze Linguistiche Calabresi

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Il gardioul - Le minoranze Linguistiche Calabresi
Brano tratto da articolo di Hans Peter Kunert (Università della Calabria), apparso su QUADERNI DI “I FONÌ DIKÌMA”, ASSOCIAZIONE CULTURALE “ODISSEAS” BOVA MARINA La parlata di Guardia Piemontese, in provincia di Cosenza, è una forma di occitano alpino originaria, per la maggior parte, delle valli valdesi del Piemonte e, in particolare, della bassa val Pellice. L’occitano è una lingua che in Italia è nota soprattutto sotto il nome di provenzale. È la lingua dei trovatori, ma per secoli è stata la lingua di tutto il sud della Francia. Oltre ai trovatori esiste un’importante letteratura in lingua d’oc che dura fino ai giorni nostri. Si pensi solo a Frederic Mistral, premio Nobel per la letteratura, o ad autori moderni come Joan Bodon. Purtroppo, oggi, la lingua è parlata poco ed è in serio pericolo. In Calabria l’occitano è arrivato con i Valdesi, che giunsero nel sud d’Italia attorno al XIV secolo, probabilmente più per motivi economici che a causa di persecuzioni religiose. Si stabilirono nella valle del Crati, a nord di Cosenza, e sulla costa tirrenica, a Guardia per l’appunto. Nel XVI secolo i Valdesi di Guardia e di San Sisto aderirono alla Riforma Protestante e si riunivano apertamente per praticare il loro culto. Allo stesso tempo, la Chiesa cattolica organizzò l’Inquisizione per contrastare i movimenti protestanti. Così anche in Calabria la Chiesa cercò di portare i Valdesi sulla via della fede cattolica, e laddove non ci riuscì, represse il movimento protestante, ricorrendo anche a massacri degli “eretici” (1561). Nonostante il divieto di sposarsi tra “ultramontani” e di parlare la propria lingua, a Guardia si è conservata. Questo è sicuramente dovuto all’isolamento del paese sulla sua collina a 514 metri sopra il mare. Fino a metà del Novecento non c’era una strada che collegasse il paese con la costa e con gli altri paesi della zona. Oggi la comunicazione è semplice, l’italiano penetra dappertutto grazie alla scuola e ai media. Inoltre il paese è spopolato a causa della mancanza di lavoro e la conseguente emigrazione. Così anche il guardiolo che fino a poco fa era la lingua quotidiana di una consistente parte della popolazione viene parlato sempre di meno, anche se si cerca di rimediare a questa situazione stabilendo un uso scritto della parlata e insegnando il guardiolo nella scuola. La legge 482 dello stato italiano e la legge 15 della regione Calabria hanno fornito una base legislativa per queste iniziative. La provincia di Cosenza finanzia alcuni progetti di recupero e tutela dell’occitano di Calabria. Sono stati realizzati un manuale per l’insegnamento dell’occitano nella scuola, un vocabolario su CD‐ROM (scaricabile anche dal sito internet del comune: www.comune.guardiapiemontese.cs.it) e una grammatica. Si tengono corsi per gli insegnanti nella scuola e, naturalmente, corsi per gli alunni. Ogni anno si organizzano la Primavera occitana ad aprile e la Settimana occitana ad agosto a cui partecipano anche Occitani del Piemonte e di Oltralpe. Questi scambi dovrebbero portare i guardioli a una reoccitanizzazione della loro parlata che negli ultimi tempi è stata fortemente influenzata dal calabrese. Il guardiolo non si salverà, se utilizzato solo all’interno della comunità. L’occitano di Guardia deve essere una chiave per aprire ai Guardioli anche il mondo degli altri Occitani, in Piemonte e oltre. Il gardioul, tratto da A. GENRE, apparso in AA VV, I Calabro valdesi, Claudiana Editrice, Torino, 1986. La parlata di La Gardië è, in effetti, gallo‐romanza; un confine, non immediatamente percepibile, ma reale e un tempo esteso a comprendere una ben più vasta area, corre netto intorno allo sperone montuoso su cui sorge il paese e segna un vallo, una frontiera che solo il bi‐ o trilinguismo dei Guardioli permette di superare, garantendo l’integrazione con il mondo circostante. In realtà si tratta di resti, anche se ben conservati, di una parlata che ormai accomuna solo qualche centinaio di persone. Oggi è difficile sapere quale sia stata esattamente l’area occupata complessivamente dai coloni occitani. E’ comunque certo che essa era più vasta di quanto non appaia dalle notizie storiche sinora reperite relative agli stanziamenti valdesi, poiché sondaggi relativamente recenti hanno mostrato che tracce linguistiche occitane, che paiono richiamare varietà del sud della Francia, affiorano anche nel lessico di altre località calabresi. (…) In primo luogo, (…) questi resti potrebbero testimoniare o di un uso dell’occitano qui particolarmente diffuso e vitale, segno di una notevole presenza di parlanti, o di forti motivazioni culturali che possono aver giustificato la conservazione di tale codice, come potrebbe essere l’appartenenza dei coloni al Valdismo. (…) Ci si dovrà piuttosto stupire che l’occitano si sia conservato a Guardia, la quale non era certamente meno esposta delle altre comunità alla sorveglianza dell’Inquisizione, che anzi, come è stato rilevato, vi divenne permanente, con la fondazione del convento dei Domenicani. Tuttavia non è forse impossibile individuare i motivi di questa comunità linguistica. Gli storici ricordano come a Guardia venissero concentrati i graziati delle diverse località, probabilmente per isolarli e per facilitare il compito dei sorveglianti. (…) Nel dopoguerra, come è noto, le cose cambiarono ovunque e quindi anche a Guardia. Le mutate condizioni sociali e le sempre crescenti occasioni e possibilità di scambio e di diffusione culturale investirono con un’azione rovinosa e incoercibile tutte le parlate dialettali (…) è una graduale calabresizzazione (e italianizzazione) del Guardiolo. 
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